Transizioni

Discussioni con un contropresidio di transattivisti, venuti da tutta Italia per prendersela con il presidio di ecologiste e femministe che criticano la somministrazione di bloccanti della pubertà ai minori.

Il presidio contro i bloccanti

I transattivisti hanno visi giovanili e simpatici, e la cosa un po’ buffa, per cui se sembrano uomini, immagino che siano nati donne e viceversa, ma va bene così.

Hanno tutti un’aria molto normale, magari un po’ da compagni alternativi, ma nessuno ha quell’aria perversamente erotica che i media associano ai “trans”.

E mi rendo conto di come la società dello spettacolo generi una complicità tra gli antagonismi: questi ragazzi dall’aria normale distribuiscono volantini dove ostentano invece proprio le immagini di trans perversi dell’immaginario generale (notate che non ci sono corpi in età da INPS).

Sono molto aggressivi, strappano i volantini dell’altra parte, rifiutano all’inizio ogni dialogo.

La cosa non mi preoccupa, capita dai tempi di Sparta che quando si è giovani, si parte in guerra insieme e si pensa di avere la ragione dalla propria.

Marzo è il mese di Marte…

Ho avvisato prima di fare una foto, proteggendo la privatezza di persone che avevano scelto di farsi vedere in piazza. Ecco perché coprono dei visi che non avrebbero nulla di mostruoso.

Mi colpisce però come ripetano sempre gli stessi ragionamenti, che fino a qualche anno fa nemmeno esistevano.

Sicuramente sono sempre esistite persone che in qualche modo recitavano il ruolo che la specifica società assegnava all’altro sesso, ma i ragionamenti attuali sono tutt’altra cosa.

Ragionamenti che ho letto prima su siti americani, e finalmente sento tradotti in italiano, a volte con qualche buffo fraintendimento linguistico.

Sono venuti per difendere dalle critiche uno dei luoghi in cui lo Stato distribuisce bloccanti della pubertà a bambini diagnosticati con “disforia di genere” (“bambini” suona brutto, e quindi nella ricostruzione del linguaggio, loro dicono, “persone piccole“).

Cosa sia questa disforia, quel momento in cui una bambina sanguina e sente il proprio corpo come un mostro alieno, è aperto a mille ipotesi, ma oggi a un’unica certezza. Dove solo la chimica può far ritornare il sorriso.

Frammenti di dialogo, strappati con una certa perseveranza.

Mandano a parlare con me con un ex uomo, romano, che mi racconta di come abbia vissuto un’amnesia completa dai quattro ai tredici anni e oscilla tra il dire di avere avuto anche altre problematiche, e il dire che il suo problema è solo che non gli hanno dato gli ormoni femminili prima della pubertà, per cui non ha una voce da donna.

In realtà il timbro di voce e tutto l’aspetto è senz’altro gradevole, poi mi chiedo come sarà quando inizierà a diventare calvo, ma in questi casi non si pensa spesso al futuro.

Il ragionare polemico con uno sconosciuto che deve dimostrare la sua tesi è sempre irto di ostacoli, ma la persona è intelligente anche se troppo tesa, e si ragiona piuttosto bene, finché non ci incagliamo quando la persona indica l’amica che organizza il presidio – “Quella Lì ci odia“. E giù frasi macchinali sull’Odio Transfobico.

Ora, Quella Lì è amica mia, e quindi la conosco meglio di lui.

So che l’amica si mette in gioco perché ha molto da ridire sull’industria farmaceutica mondiale.

Non so bene cosa voglia dire “odiare”, ma forse lei odia davvero Bill Gates.

Certamente paventa la medicalizzazione/meccanizzazione dell’esistenza umana stessa, ma sicuramente non odia chi sta parlando con me.

Mi viene in mente che è un meccanismo universale.

Ogni volta che un messicano manda maledizioni contro il capitalismo statunitense, c’è qualche sfigato yankee che abita in un trailer che si sente il bersaglio di “odio antiamericano” e si prepara ad arruolarsi nell’esercito.

La guerra è sempre il frutto di quel misterioso, inspiegabile Odio che gli Altri provano verso di noi.

Cerco di dire…

“Tu hai fatto delle scelte molto particolari nella vita, e non vorresti essere giudicato… come fai a essere sicuro di sapere perché altri hanno fatto altre scelte?

Tu dici che chi è contro i bloccanti della pubertà è contro le Persone Trans… secondo te, chi era contro i vaccini obbligatori per il Covid era contro le Persone Covid?

“E che c’entra, io ero in piazza contro il Green Pass!”

Ma il muro s’innalza, e poco dopo diventa rigidissimo, quando interviene una femminista, che sostiene che i pregiudizi contro i trans “femminilizzati” nascono dal pregiudizio contro le donne…

e a un certo punto la femminista dice, senza cattiveria, “i ragazzi trans…”

La persona romana caccia un urlo e lancia una sfilza di bestemmie, perché sente di essere stata trattata da uomo. Tanto può il genere grammaticale…

A questo punto interviene un altra persona (eventuali desinenze femminili si riferiscono al sostantivo, “persona”).

Minuta, capelli lunghi ben curati, occhi azzurri, voce assolutamente femminile, abbigliamento normale ma sostanzialmente femminile…

“Mi presento, signora, sono il dottor Marco C., ho 21 anni. Tutti possiamo sbagliare, per questo la Prassi Corretta consiste nel chiedere prima, quali sono i suoi Pronomi?”

Intervengo…

“ma i ‘pronomi’ hanno senso solo in un contesto anglofono…”

“Certamente, lei mi scuserà, sono italiano ma ho vissuto a lungo in contesti anglofoni… io ho cominciato a prendere gli ormoni in giovanissima età per un problema legato alle ovaie…”

L’amica femminista interviene,

“ma se io ti vedo, io vedo una ragazza, in tutto e per tutto…”

“Signora, vede che lei ragiona per stereotipi? Lei è una Persona Cis, perché si riconosce nel Sesso Assegnato alla Nascita.

Io non voglio assolutamente eliminare la mia femminilità, ma proprio per questo lei dovrebbe chiedermi quali sono i miei pronomi!”

E mi chiedo come sarebbe questa persona, se non si nascondesse dietro tutto questo fumo di linguaggio, mi piacerebbe trovare le parole per suscitare parole autentiche… e poi la scuso, in fondo ci siamo incontrati sul campo di battaglia e non a prendere un tè insieme.

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“I quartieri a chi li vive, non a chi ci specula!”

Oggi, al mercatino mensile degli Angeli della Città, abbiamo raccolto le firme fisiche per la petizione (che potete trovare anche online a https://www.change.org/barnabiti-oltrarno) contro la trasformazione della chiesa di San Carlo ai Barnabiti in un infopoint per turisti, e per un patto di amministrazione condivisa tra cittadini attivi e istituzioni per la sua gestione.

A fare la fila a firmare, c’erano tutti, dai ragazzi dell’occupazione di Via del Leone alle suore, con in mezzo anche tanti residenti stranieri che non vivono Firenze come un bevificio.

“I quartieri a chi li vive non a chi ci specula”
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Lettera aperta a Paolo Ermini

Chiedo scusa ai lettori non fiorentini, ma forse anche loro possano trovare qualcosa di interessante qui

L’altro giorno, abbiamo lanciato una petizione su Change.org a sostegno di una proposta degli Angeli della Città di Firenze, che da quattordici anni hanno l’uso precario di una stanza nell’annesso dell’ex-chiesa di San Carlo ai Barnabiti, in Oltrarno.

San Carlo è una bella chiesa sconsacrata, che in passato ha ospitato concerti, spettacoli teatrali, mostre d’arte, conferenze e persino una palestra per le vicine scuole.

La chiesa ha ospitato persino l‘Artusi Week, scusate l’anglicismo osceno per dire qualcosa di meravigliosamente centritalico…

Ma il posto ha bisogno di un buon restauro, e infatti le istituzioni hanno investito cifre non da poco in questi anni per renderlo agibile e per restaurare gli affreschi – ma prima di dire altro, lasciateci finire di leggere tutte le determinazioni dirigenziali, che noi siamo pignoli.

E’ tutto da capire lo stato effettivo dei lavori.

Ciò che lascia di stucco sono le dichiarazioni dei politici, che avrebbero deciso di farne un futuro “infopoint per i turisti” – ci immaginiamo un povero impiegato che passa la giornata gridando “alò mister tiurist plis com iir!” mentre quello scappa via con la sua app onnisciente.

Non hanno consultato nessuno di noi, nemmeno gli Angeli della Città – una ventina di volontari che distribuiscono pacchi alimentari a quasi duemila famiglie, e fanno molto altro.

A questo punto, assieme agli Angeli, ci siamo riuniti nei nostri luoghi: al Portierato di Quartiere, in parrocchia a prescindere dalla fede, al Giardino Nidiaci, e abbiamo gettato le basi di un progetto tutto da definire,

“per raggiungere un accordo con il Comune affinché lo spazio dell’ex chiesa  dei Barnabiti non venga impiegato per la realizzazione di un InfoPoint per turisti, ma venga gestito da un Comitato del quartiere per l’organizzazione di eventi culturali, educativi e sociali a fruizione  degli abitanti di San Frediano e di tutti i cittadini.”

Mi dicono che su Facebook è intervenuto sul tema Paolo Ermini, direttore-fondatore del Corriere fiorentino, da poco in pensione ma sempre presente.

Paolo Ermini ha scritto:

“La proposta degli Angeli per farci una struttura gestita da un Comitato di zona è una manifestazione di buona volontà, ma molto pericolosa. Un Comitato non ha personalità giuridica e non può gestire alcunché. Non vorremmo che l’ex chiesa diventasse un Centro Sociale, modello via del Leone.

E’ un segno di come alcune importanti novità sfuggano anche a persone attente come Paolo Ermini.

Lui cita un’occupazione, quella di Via del Leone: se ne può pensare ciò che si vuole di certi stili “alternativi” (come anche di tanti stili “perbene”), ma oggettivamente non ha mai creato problemi per il quartiere, a differenza di legalissimi locali gestiti da figure ben più discutibili.

Qui però è in ballo qualcosa di completamente diverso: la rivoluzione silenziosa in corso da quando Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà, ha spezzato la vecchia idea, per cui le istituzioni sospettano di avere davanti sempre e solo privati/furbi, a cui fare concessioni e da arginare.

Facendo leva sul secondo comma dell’articolo 118 della Costituzione, Labsus ha introdotto un’idea del tutto nuova: i cittadini, singoli o associati, possono collaborare con le istituzioni nel perseguire l’interesse generale. La pensionata che ogni giorno spazza il marciapiede davanti a casa a titolo gratuito non sta rubando lavoro ai dipendenti statali, sta contribuendo all’interesse generale.

Siamo tornati da poco da un viaggio in varie città europee a condividere esperienze di Commoning, di comunità locali che, in collaborazione con le istituzioni, riescono a risolvere un sacco di problemi da soli.

Ad esempio, siamo stati ad Amsterdam, dove il regolamento del Comune sui “diritti di rione” (buurtrechten) inizia con queste parole di buonsenso:

“Als bewoner kent u de buurt waarin u woont natuurlijk het best”

“Come abitante, tu naturalmente sei quello che conosce meglio il rione in cui vivi”

Una verità che non c’è bisogno di studiarsi l’olandese, per capirla.

Ora, noi che natuurlijk conosciamo il rione in cui viviamo meglio, vogliamo lanciare un contro/bando in cui chiediamo a tutti i cittadini del rione, cosa propongono per un luogo così speciale, che deve unire (come facevano in fondo le chiese di una volta, checchè ne possiamo pensare del cristianesimo) bellezza, cultura, spirito di rione e la vicinanza ai bisogni elementari delle persone.

Dalla violincellista che non ha dove suonare Bach, a chi ha un passeggino da donare alla mamma sfrattata.

Proponiamo di raccogliere tutte queste idee in un progetto, da studiare in tutti i dettagli, per proporre un Patto di collaborazione al Comune.

No, a firmare il Patto non dovrà essere una personalità giuridica“, perché non lo prevede la legge italiana.

Basterà la/il presidente di un’associazione (potrà essere un Comitato, un’Associazione di Promozione Sociale, un’Organizzazione di Volontariato, poco importa) a firmare, perché qualcuno deve giustamente prendersi la responsabilità assicurativa e tutto il resto.

Ma non dovrà mai diventare la concessione privata per quell’associazione, dovrà restare sempre a disposizione di chi vive il rione.

Caro Paolo, se mi permetti di darti del tu, vuoi partecipare anche tu?

Sono sicuro che avrai tanta esperienza e tante idee utili da contribuire.

Scrivici se vuoi: barnabiti@protonmail.com

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Un centro per il rione

Pubblico molto volentieri il comunicato che tra varie realtà abbiamo condiviso e scritto ieri, per un importante spazio del nostro rione. E c’è pure la petizione su Change.org!

COMUNICAZIONE AI CITTADINI:

IPOTESI DI INSEDIAMENTO DI UN INFO POINT NELLA EX CHIESA DI SAN CARLO AI  BARNABITI IN VIA SANT’ AGOSTINO



PREMESSE:

  1. La ex chiesa dei Barnabiti e gli  spazi adiacenti  erano nella disponibilità del Quartiere 1 e dovevano essere destinati ad uso comune dei cittadini. E invece il Comune ha dichiarato di volerne fare un “infopoint per i turisti”.
  2. Da dodici anni  l’associazione di volontariato Angeli della Città che opera  nei locali adiacenti ai Barnabiti, chiede al Quartiere ulteriori spazi esistenti nella struttura per meglio organizzare le proprie attività e questi gli sono sempre stati negati
  3. I servizi sociali del Comune collaborano con gli Angeli ritenendoli un punto di riferimento per il pagamento di utenze casa e affitti, per la distribuzione di alimenti e buoni spesa, per l’attività di orientamento per iter burocratici a persone in stato di necessità
  4. Il Comune in più occasioni ha rimarcato la volontà di favorire e agevolare i residenti e i cittadini “resistenti” dei quartieri storici piuttosto che favorire la cultura del turismo mordi e fuggi, degli studentati, ecc.

RICHIESTA:
Si chiede che lo spazio denominato chiesa dei Barnabiti  venga destinato ad uso della cittadinanza, a proposte a favore degli abitanti del quartiere, nonché delle associazioni di volontariato operanti nel territorio.

INVITO AI CITTADINI

Domenica prossima 19 Marzo alle ore 15 vi invitiamo nella sede degli Angeli della Città, via S. Agostino 19, a firmare una petizione per raggiungere un accordo con il Comune affinché lo spazio dell’ex chiesa  dei Barnabiti non venga impiegato per la realizzazione di un InfoPoint per turisti, ma venga gestito da un Comitato del quartiere per l’organizzazione di eventi culturali, educativi e sociali a fruizione  degli abitanti di San Frediano e di tutti i cittadini.

Sito: angelidellacittaonlus.wordpress.com/

Facebook: Angeli della Città Onlus

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Il bicchiere mezzo pieno

Noi facciamo “politica” in senso lato ogni volta che interagiamo con la società umana che abbiamo attorno.

In genere facciamo politica contro.

Impedire i licenziamenti, il bullismo, la gentrificazione, il cambiamento climatico, la transfobia, l’immigrazione indiscriminata, le troppe tasse, l’imperialismo yankee, il fascismo, il comunismo, la discriminazione, icchevotu…

Tutte cose che hanno un colpevole.

Putin Meloni Soros Schlein Renzi Nardella Casapound Biden Conti Salvini Trump il Papa Marx Adolf Hitler il sindaco di Montegruffoli Vittorio Feltri 

E c’è la fantasia che se solo riuscissimo a togliere di mezzo quel colpevole, scomparirebbero tutte le suddette schifezze…

Il colpevole lo identifichiamo notandone ogni singolo difetto, che sia una strage o un errore di sintassi non importa; e censurando rigorosamente ogni cosa positiva che il colpevole possa aver fatto.

Automaticamente, se il colpevole è lui, noi siamo innocenti.

Ma dall’innocenza, passiamo alla potenza: siamo automaticamente eletti a giudici e a boia, tutto insieme.

Ed ecco che la politica, da Destra o da Sinistra o da dove volete voi, esiste solo in funzione del nemico da sterminare: ci sturiamo il naso, mentre il politico che abbiamo votato spara lo ZyklonB sui nostri nemici.

In tutto questo, riusciamo a prendere di mira un umano, un esserino alto manco du’ metri e destinato a crepare presto, che passa almeno un terzo della sua vita a fare sogni e incubi, e gran parte del resto suddiviso tra fame, paura e lussuria.

Ora, anch’io sono un esserino alto manco du’ metri, e tutto il tempo che risparmio a pensar male di altra gentaglia come me, è tempo risparmiato.

Anch’io ho pensato tanto male di altri, e quindi di riflesso bene di me stesso.

Ma adesso, mi sarei anche stufato.

Voglio pensare soprattutto a ciò che riesco a fare, a cogliere, assieme alle persone cui voglio bene e di cui mi fido, tutte le occasioni positive, a costruire e non a distruggere.

Guardare la vita, il Mondo, la Toscana (l’Italia, saltiamola che non ci interessa), il Comune, il Quartiere, il Gonfalone,

come un bicchiere mezzo pieno.

Costruiamo il mondo come se fossimo crepe nel cemento.

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La caduta del Leviatano

Rubo al blog di Ugo Bardi la presentazione del libro, La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, di Jacopo Simonetta e Igor Giussani. 

L'ho ordinato dalla libreria di quartiere, ma tarda ad arrivare; non esito però a dargli la massima pubblicità senza averlo ancora letto, visto il ruolo decisivo che ha svolto nella mia formazione un altro libro firmato da Jacopo Simonetta (e Luca Pardi), Picco per capre.

‘LA CADUTA DEL DEL LEVIATANO’

ovvero

NASCITA, CRESCITA, DINAMICA E FATO DELLA CIVILTÀ’ INDUSTRIALE.

“LA CADUTA DEL LEVIATANO. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” è un libro che si propone di superare la consueta narrativa circa l’insostenibilità e l’iniquità del capitalismo contemporaneo. Non cova infatti, né intenti vendicativi, né assolutori e si astiene dal proporre soluzioni più o meno utopiche. Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere!

Nella metafora di Hobbes, il Leviatano era formato da un intero popolo fedele ad un monarca assoluto.

Nella nostra trattazione è invece una realtà fisica ben definita come “struttura dissipativa auto-organizzata evolutiva”. L’intero pianeta risulta oramai ricoperto dal suo corpo immane, costituito non solo da oltre 8 miliardi di esseri umani, ma anche da quasi 40.000 miliardi di tonnellate di catrame, metallo, cemento, colture e bestiame che costituiscono oramai un’unica mega-macchina globale di cui il sistema economico capitalista, nelle sue varie articolazioni, costituisce il metabolismo.

Una struttura estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo. Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre.

Attingendo alle più disparate discipline (dalla fisica alla mitologia, dall’economia alla filosofia, dalla storia all’ecologia) il discorso si dipana per oltre 400 pagine che si sforzano di descrivere fenomeni complessi nella maniera più semplice e divulgativa possibile. L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.

Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.

Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. Perfino molti premi Nobel dell’economia hanno avanzato teorie basate sulla presunta capacità dell’ingegno umano di violare la fisica e le leggi naturali. Ecco perché il libro si impegna a demistificare concetti tanto alla moda quanto antiscientifici, allo scopo di analizzare il Fato del Leviatano nel modo più realistico possibile.

Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero.

Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali.

Malgrado un noto aforisma, ben difficilmente una farfalla scatena un uragano e, comunque, non potremo mai sapere se la tempesta in corso in Italia sia stata davvero innescata da una farfalla brasiliana che volava un secolo fa.

In compenso, conosciamo abbastanza bene alcune delle leggi che governano energia, materia ed informazione per capire che la forza inarrestabile del capitalismo si deve ad una peculiarità che lo differenzia da molti altri arrangiamenti socio-economici elaborati nella storia: quella di estremizzare la tendenza innata delle strutture dissipative, ossia distruggere il proprio “intorno” per crescere in dimensione e complessità.

Così, il capitalismo ha letteralmente mangiato l’intero pianeta e con esso tutti i popoli che lo abitano, annientandoli o assorbendoli. Un’invenzione formidabile dunque, che ha prodotto la più grande civiltà di tutti i tempi e consentito all’uomo azioni un tempo ritenute prerogativa degli Dei, come volare e raggiungere la Luna. Ma ad un prezzo: accelerare una dinamica propria di tutte le strutture che assorbono e dissipano energia: l’invecchiamento e la morte. O, per meglio dire, il degrado ed il collasso.

Infatti, malgrado sia nato poco più di quattro secoli or sono e sia giunto a compimento appena trent’anni fa, il Leviatano appare già vecchio e malandato. Il libro illustra quindi i principali malanni che lo affliggono, in ultima analisi tutti dipendenti dalla sua fisiologia perché la stessa dinamica che, in un pianeta ricco di risorse e di biosfera, ha causato la sua smisurata crescita, nel mondo attuale dove ormai abbondano solo gli umani e i relativi schiavi (animali, vegetali e meccanici) sta rapidamente portando al collasso ed alla disintegrazione del Leviatano e quindi del capitalismo, che ne è l’apparato digerente. Al punto che, per sopravvivere, sta ormai divorando non più solo la biosfera ed i poveri del mondo, ma anche buona parte dei capitalisti e dello stesso Capitale.

Normalmente, le opere che affrontano tematiche affini a quelle de La caduta del Leviatano si chiudono con una serie di consigli e buone pratiche per correggere la rotta e salvarsi. Qui non ne troverete perché il sistema non è correggibile, al massimo se ne possono mitigare in modo molto limitato alcune tendenze. E dunque?

Ognuno cercherà il modo di cavarsela il meno peggio possibile secondo le sue opportunità e possibilità, ma noi esortiamo i lettori affinché pensino anche a coloro che verranno dopo di noi. In fondo, l’unico evento capace di cancellare l’umanità sarebbe un collasso generalizzato della biosfera, innescato dall’estinzione di massa in corso e vivacemente sostenuta dalle autorità di ogni ordine e grado, in ogni angolo del mondo, al grido di “Rilanciamo la crescita!”.

Non sappiamo se la Vita sulla Terra sopravvivrà, ma è possibile ed è pertanto legittimo sperarlo. In caso positivo, i nostri più o meno remoti discendenti dovranno creare nuove civiltà con il poco di utile che avremo lasciato loro. E di cosa ha bisogno una civiltà? Acqua dolce, cibo, biodiversità, un clima vivibile, ecc., ma non basta.

Ha bisogno anche di un mito fondatore perché è la mitologia e non la scienza che guida l’umanità, ora più che mai e così sarà anche in futuro. Perciò, mentre vi preoccuperete di salvare i vostri risparmi, di imparare l’orticoltura e le pratiche agroecologiche o di contrastare le speculazioni dei palazzinari amici del sindaco, pensate ad un mito che possa dare un senso a quanto vi accade ed una speranza per un futuro che nessuno di noi vedrà.

Contrariamente al pensiero comune, una nuova mitologia è più importante di una nuova tecnologia perché attribuire un senso a ciò che ci accade e nutrire una qualunque forma di speranza sono due bisogni assoluti per noi umani, senza i quali non riusciamo a sopravvivere a lungo.

Dunque è imperativo elaborare una “grande narrativa” in grado di sostituire il mito del Progresso che ci ha condotti nell’impasse i cui ci troviamo, consapevoli che i miti fondatori sono sempre opere collettive che maturano nel tempo. Nessuno ne è l’autore, ma molti vi partecipano.

SINOSSI

CAPITOLO 1 – Illustra la natura del Leviatano unitamente ai concetti di “struttura dissipativa” e di “superorganismo”, necessari per comprendere la dinamica interna del Leviatano, derivante in ultima analisi da leggi fisiche.

CAPITOLO 2 – Tratteggia la genesi storica del Leviatano. Partendo da alcune peculiarità che rendono unica la specie umana attuale e rappresentano i necessari presupposti per lo sviluppo del Leviatano. Si delineano quindi i passaggi storici fondamentali e alcuni dei soggetti che, ispirandosi a presupposti ideologici diversi, hanno storicamente contrastato il formarsi del Leviatano.

CAPITOLO 3 – Descrive sommariamente la tecnostruttura che non solo permette al Leviatano di esistere, ma che ne è parte integrante e sostanziale, assieme all’intera umanità con i suoi organismi simbionti, commensali e parassiti.

CAPITOLO 4 – Si analizza l’“economia-mondo” che struttura gerarchicamente il pianeta in regioni centrali e periferiche, organizzando i flussi di materia, energia ed informazione caratterizzanti l’economia e la società globalizzata. Viene quindi spiegata la dinamica interna del sistema economico che alimenta il Leviatano, evidenziando l’importanza degli incrementi nella disponibilità di cibo ed energia per costruire società sempre più complesse. Infine, si accenna all’impossibilità di un’economia effettivamente circolare e dunque all’inevitabile alterazione dei cicli bio-geo-chimici da cui dipende la continuità della vita sulla Terra.

CAPITOLO 5 – Si affrontano la mistica del Progresso e i correlati miti della Macchina, del Mercato e della Crescita economica infinita, che hanno plasmato i modelli di pensiero dominanti negli ultimi due secoli, servendo anche a legittimare sia le profonde ineguaglianze sociali e inter-generazionali (spacciate per temporanee), sia il degrado dell’ambiente (ritenuto un fatto inevitabile e marginale).

CAPITOLO 6 – Si elencano le principali dinamiche perverse che stanno minando la funzionalità del sistema socio-economico globale, con le relative ricadute ambientali e sociali. Fra queste, si richiama l’attenzione su fenomeni apparentemente paradossali come l’erosione del reddito da capitale e la pauperizzazione di parte crescente dei capitalisti per opera del capitalismo stesso.

CAPITOLO 7 – Si tenta una diagnosi spiegando perché le “patologie” che affliggono il Leviatano non sono contingenti e neppure reversibili, essendo dovute ai profondi danni inferti alla biosfera ed al degrado quali-quantitativo delle risorse.

CAPITOLO 8 – Disamina delle fosche prospettive dal punto di vista storico e sistemico con particolare attenzione al fatto che, al variare della disponibilità di risorse e della salute della biosfera, le medesime dinamiche che hanno creato il Leviatano lo stanno ora distruggendo.

CAPITOLO 9 – La “morte del Leviatano” appare quindi un fatto procrastinabile, ma inevitabile e le conseguenze saranno di portata tale da modificare irreversibilmente non solo la storia dell’umanità, ma anche quella della biosfera tutta. Del resto, le prime avvisaglie di un tale evento sono già evidenti sotto il profilo ecologico, energetico ed economico. Si tratteggiano poi brevemente i principali tentativi di reazione alla crisi globale, soprattutto in Occidente.

CAPITOLO 10 – Abbozza una proposta avulsa dagli aspetti tecnici e pratici della crisi, bensì concentrata sul modo più appropriato di pensare ad essa, alla ricerca degli elementi su cui costruire un nuovo Mito Fondatore che possa sostituire quello ormai defunto del Progresso, per sostenerci e orientarci nei prossimi decenni che saranno probabilmente fra i più difficili dell’intera storia umana.

L’opera è stata sottoposta a Richard Heinberg, noto giornalista e scientifico e senior fellow del Post Carbon Institute, che si è così espresso: “Questa e’ la panoramica piú completa ed accurata della condizione umana nel 21° secolo in cui mi sia mai imbattuto”.

PER DISCUTERNE

Esistono una pagina FB ed un profilo Instagram (la_caduta_del_leviatano) dedicati al libro che, al di là dall’intento promozionale, possono essere sede di discussione. Occasioni per parlare direttamente di questi argomenti ci saranno in occasione delle presentazioni pubbliche che saranno annunciate sui canali social, man mano che saranno organizzate.

Per ora sono state fissate le seguenti:

15 aprile, presso Comunità dell’Isolotto, Via degli Aceri, 1 – Firenze. Ore 21:00

18 aprile presso Conventino Caffé Letterario, Via Giano della Bella, 20 – Firenze. Ore 18:00

21 aprile presso Circolo Arci Via Vittorio Veneto, 54 – Pontasserchio, comune di San Giuliano Terme (PI). Ore 17:30

Il libro si può acquistare in libreria, sul sito Web della Albatros Il Filo Edizioni, su Amazon e i principali bookstore on line.

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Il cacciucco e il gender

Immaginate un vegano finlandese a Livorno, che si rifiuta di mangiare il cacciucco.

E un livornese gli fa, “siieeh, e secondo te a Pisa cucinan bene!”

Perché è convinto che il mondo si divida tra pisani e livornesi, e che l’unico motivo per criticare qualcosa di livornese sia il tifo per Pisa.

Ieri avevo segnalato la prossima presentazione a Firenze di un libro di Silvia Guerini, Dal corpo neutro al cyborg postumano. Riflessioni critiche all’ideologia gender.

Poco dopo arriva un commento sul blog:

“dopo piu di 2000 anni di repressioni,regole e divieti….la volete finire? lasciate libere le persone di sperimentare e sperimentarsi liberamente,nella loro sessualità e nella loro vita. o il detto “ama il prossimo tuo”vale solo per chi ci piace e aderisce alle vostre visioni?”

All’inizio non capisco proprio. Poi mi rendo conto che la commentatrice deve aver scambiato Silvia Guerini con un’esponente, addirittura, della Chiesa cattolica.

Nella locandina che ho pubblicato non c’è una parola sulla libertà sessuale e nessun segno di simpatie cattoliche. C’è solo quella parola, gender. Che come il cacciucco si potrebbe criticare per mille motivi.

Però siccome la Guerini è critica verso il cacciucco del gender, per la nostra commentatrice deve essere per forza pisana, cioè credere al Papa e alla resurrezione di Gesù e al matrimonio monogamico.

Ma magari c’è gente che divide il mondo in maniera completamente diversa, no eh?

Silvia Guerini è un’amica di Bergamo, che se vi divertono le etichette potete classificare come ecofemminista, vegana e anarchica, definizioni da cui ricaverete più o meno le stesse informazioni che avrete su di me facendo una foto della giacca che indosso d’inverno, con la sua tagana.

Silvia ha scelto, peggio per lei, di mettersi su una delle linee fondamentali di frattura del mondo.

Siamo diversissimi di carattere, ma ciò che ci unisce è proprio il fatto di aver colto quella stessa linea.

Le linee di frattura del mondo reale non corrispondono mai alle linee di frattura delle tifoserie.

Non corrispondono nemmeno a quella tra sessualità regolamentata cattolica e altre sessualità.

Stiamo vivendo un’accelerazione dei tempi, nel flusso dei capitali e delle tecnoscienze, che sta cambiando radicalmente l’esistenza stessa della vita su quest’unico pianeta su cui ci è dato nascere e morire.

Silvia ha colto una linea di frattura che sfugge a tanti ambientalisti: i capitali riescono a sbucaltare le montagne e le nubi e il fondo del mare, perché non anche i corpi umani?

I corpi umani più esposti, per tante ragioni, sono i corpi femminili.

La prima e più antica esposizione è lindustria della prostituzione. Che è un po’ la radice su cui innestano tutte le altre malepiante moderne.

E che oggi trova l’immancabile eufemismo anglobale in sex work.

Collateral damage, che è quella cosa che succede quando tiri una bomba su un asilo nido per sbaglio e crepano i bimbetti, è diventato un italianissimo danno collaterale, ma sex work non l’han ancora tradotto.

Sono molto meno sicuro di Silvia su come si possa affrontare la questione della prostituzione, ma è ovvio che se si parte dal principio che il corpo è disponibile, è merce tra le merci, il corpo può diventare qualunque cosa.

Fecondazione in vitro, utero trapiantato e pure affittato, contratti con cui donne ucraine vendono i propri figli a ricchi americani, gravidanza extrauterina sono solo alcune delle possibilità di un’industria che sta muovendo i primi passi verso la creazione di un cyborg.

Uno di questi passi si sta compiendo a gran velocità, come al solito, innanzitutto negli Stati Uniti: la creazione dei bambini trans.

Si parte dal fatto che è sempre esistita una minuscola minoranza di persone nate di un sesso, che vorrebbe vivere qualche aspetto del genere – cioè il tipico ruolo sociale – delle persone di un altro sesso. Tenendo presente che lo stesso ruolo di genere cambia spesso radicalmente di cultura in cultura.

Quindi, per salto illogico, nasce ciò che possiamo chiamare l’ideologia del gender: il sesso non esiste, e qui interviene l’anglobale – io sarei un AMAB, un assigned male at birth, per capriccio di un medico.

"Ideologia del gender" è ovviamente un termine che usano solo i critici. Gli altri non diranno mai di avere un'ideologia, sono solo umili portatori di una verità incontestabile. E chi parla di "ideologia" nega la Verità.
8 marzo 2021, a Firenze, un maschio vestito da cagnetto sadomaso aggredisce le femministe che criticano la prostituzione

Per l’ideologia del gender, la mia “vera” natura non è il mio sesso, bensì il mio genere interiore: e se il mio corpo non si adatta al mio genere – se soffro di “disforia di genere” – è il corpo che sbaglia.

Ogni cultura diagnostica il disagio secondo l’ottica del momento: la ragazzina strana del Medioevo era posseduta dal demonio, ai tempi di Mesmer era una faccenda di magnetismo, per Freud si trattava di isteria e negli ultimi decenni si sono susseguite altre ondate di spiegazioni.

"Credete sempre alla vittima, perché è pura!" fu il grido di chi, negli anni Novanta, negli Stati Uniti, lanciò la moda del Panico Satanico, dove almeno 12.000 famiglie furono distrutte dalle accuse - mosse da bambini, certo, ma guidate da psichiatri - di stupri, incesti, pedofilia e sacrifici umani.

E forse la cosa più curiosa è che le ragazzine strane sembrano adattare i loro sintomi alle spiegazioni: quelle del Medioevo bestemmiavano con un gran vocione, quelle dei tempi dello spiritismo raccontavano in trance dell’aldilà, e quelle di oggi sanno di essere un uomo.

Esiste quindi da sempre uno strano rapporto tra la persona fragile che vive il disagio e il diagnosta, che sia lo sciamano o lo psichiatra. Come se quest’ultimo modellasse in qualche misura l’informe disagio.

La novità non sta nelle “stranezze” o nelle presunte “devianze”.

Sta nel fatto che la tecnologia oggi permette per la prima volta di “correggere un corpo sbagliato“.

Per sei mesi, la femminuccia si appassiona al pallone, il maschietto gioca con le bambole, ecco dimostrato l’Errore Corporale

La prima tappa consiste nell’impedire lo sviluppo naturale del corpo, con i noti bloccanti di pubertà, usati in origine per trattare il cancro al seno o alla prostata.

Questo vuol dire che occorre non diagnosticare, ma prognosticare.

Non ha senso, infatti, somministrare bloccanti di pubertà a chi è già cresciuto.

L’indovino-psichiatra deve prevedere che il bambino svilupperà in futuro un corpo sbagliato, e bisogna prevenire la natura, ancora prima che ciò avvenga.

La seconda tappa consiste nell’andare contro il flusso di tutto il corpo, riempiendolo di ormoni del sesso corretto, cioè contrari a quelli del corpo sbagliato.

La terza tappa consiste nell’intervenire con la sega a pagamento, verso i diciott’anni.

L’escissione di tette o pisello, lo scavo di cunicoli e la costruzione di protesi, che sia pagata dal privato o dal pubblico, come vogliamo chiamarla?

E’ lì che vediamo tutta la carica ideologica che nascondono le parole.

Perché ciò che per alcuni anglobalofoni è gender-affirming surgery, per altri è mutilazione genitale.

Attorno a una questione come questa, lasciamo che si formino alleanze e ostilità nuove.

Alla fine, la linea di frattura è anche tra sensibilità.

Ci sono persone che si sentono degli io che modellano il mondo a loro piacimento:

i futuristi della volontà,

quelli che mettono l’anima contro il corpo,

quelli hanno sempre la soluzione in tasca, che vedono la terra come qualcosa da segnare con autostrade e bisturi,

gli speculatori immobiliari,

i prometeisti – e in fondo, la figura di Prometeo esalta gli estremisti di destra, ma anche quelli di sinistra ed è il padre di tutti i capitalisti.

Nulla di nuovo, ci era già arrivato Ovidio

I geometri del mondo, insomma:

“Estrarre denaro dalle zolle di terra. Prendere il denaro, investirlo in terra, navi, merci, armi. Ecco la nascita congiunta del capitalismo e dell’imperialismo. Richiede terra, innanzitutto; ma anche un’operazione di calcolo: misurare e riconfigurare la terra, ricavarne dei numeri astratti che poi possano diventare moneta.”

Ma dall’altra parte ci sono le complicità inattese tra persone dalle mille identità e storie diverse, che invece sanno di essere insieme mortali e molto fragili, eppure in relazione inscindibile con una vita che sorge ed emerge ovunque, e che diffidano degli organizzatori, dei tecnici, dei dominatori, comunque denominati.

Silvia Guerini
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“Nessuna/o nasce in un ‘corpo sbagliato'”

Tra un po’, Silvia Guerini sarà a Firenze.

Si prevedono scintille.

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