Discussioni con un contropresidio di transattivisti, venuti da tutta Italia per prendersela con il presidio di ecologiste e femministe che criticano la somministrazione di bloccanti della pubertà ai minori.

I transattivisti hanno visi giovanili e simpatici, e la cosa un po’ buffa, per cui se sembrano uomini, immagino che siano nati donne e viceversa, ma va bene così.
Hanno tutti un’aria molto normale, magari un po’ da compagni alternativi, ma nessuno ha quell’aria perversamente erotica che i media associano ai “trans”.
E mi rendo conto di come la società dello spettacolo generi una complicità tra gli antagonismi: questi ragazzi dall’aria normale distribuiscono volantini dove ostentano invece proprio le immagini di trans perversi dell’immaginario generale (notate che non ci sono corpi in età da INPS).

Sono molto aggressivi, strappano i volantini dell’altra parte, rifiutano all’inizio ogni dialogo.
La cosa non mi preoccupa, capita dai tempi di Sparta che quando si è giovani, si parte in guerra insieme e si pensa di avere la ragione dalla propria.
Marzo è il mese di Marte…

Mi colpisce però come ripetano sempre gli stessi ragionamenti, che fino a qualche anno fa nemmeno esistevano.
Sicuramente sono sempre esistite persone che in qualche modo recitavano il ruolo che la specifica società assegnava all’altro sesso, ma i ragionamenti attuali sono tutt’altra cosa.
Ragionamenti che ho letto prima su siti americani, e finalmente sento tradotti in italiano, a volte con qualche buffo fraintendimento linguistico.
Sono venuti per difendere dalle critiche uno dei luoghi in cui lo Stato distribuisce bloccanti della pubertà a bambini diagnosticati con “disforia di genere” (“bambini” suona brutto, e quindi nella ricostruzione del linguaggio, loro dicono, “persone piccole“).
Cosa sia questa disforia, quel momento in cui una bambina sanguina e sente il proprio corpo come un mostro alieno, è aperto a mille ipotesi, ma oggi a un’unica certezza. Dove solo la chimica può far ritornare il sorriso.
Frammenti di dialogo, strappati con una certa perseveranza.
Mandano a parlare con me con un ex uomo, romano, che mi racconta di come abbia vissuto un’amnesia completa dai quattro ai tredici anni e oscilla tra il dire di avere avuto anche altre problematiche, e il dire che il suo problema è solo che non gli hanno dato gli ormoni femminili prima della pubertà, per cui non ha una voce da donna.
In realtà il timbro di voce e tutto l’aspetto è senz’altro gradevole, poi mi chiedo come sarà quando inizierà a diventare calvo, ma in questi casi non si pensa spesso al futuro.
Il ragionare polemico con uno sconosciuto che deve dimostrare la sua tesi è sempre irto di ostacoli, ma la persona è intelligente anche se troppo tesa, e si ragiona piuttosto bene, finché non ci incagliamo quando la persona indica l’amica che organizza il presidio – “Quella Lì ci odia“. E giù frasi macchinali sull’Odio Transfobico.
Ora, Quella Lì è amica mia, e quindi la conosco meglio di lui.
So che l’amica si mette in gioco perché ha molto da ridire sull’industria farmaceutica mondiale.
Non so bene cosa voglia dire “odiare”, ma forse lei odia davvero Bill Gates.
Certamente paventa la medicalizzazione/meccanizzazione dell’esistenza umana stessa, ma sicuramente non odia chi sta parlando con me.
Mi viene in mente che è un meccanismo universale.
Ogni volta che un messicano manda maledizioni contro il capitalismo statunitense, c’è qualche sfigato yankee che abita in un trailer che si sente il bersaglio di “odio antiamericano” e si prepara ad arruolarsi nell’esercito.
La guerra è sempre il frutto di quel misterioso, inspiegabile Odio che gli Altri provano verso di noi.
Cerco di dire…
“Tu hai fatto delle scelte molto particolari nella vita, e non vorresti essere giudicato… come fai a essere sicuro di sapere perché altri hanno fatto altre scelte?
Tu dici che chi è contro i bloccanti della pubertà è contro le Persone Trans… secondo te, chi era contro i vaccini obbligatori per il Covid era contro le Persone Covid?“
“E che c’entra, io ero in piazza contro il Green Pass!”
Ma il muro s’innalza, e poco dopo diventa rigidissimo, quando interviene una femminista, che sostiene che i pregiudizi contro i trans “femminilizzati” nascono dal pregiudizio contro le donne…
e a un certo punto la femminista dice, senza cattiveria, “i ragazzi trans…”
La persona romana caccia un urlo e lancia una sfilza di bestemmie, perché sente di essere stata trattata da uomo. Tanto può il genere grammaticale…
A questo punto interviene un altra persona (eventuali desinenze femminili si riferiscono al sostantivo, “persona”).
Minuta, capelli lunghi ben curati, occhi azzurri, voce assolutamente femminile, abbigliamento normale ma sostanzialmente femminile…
“Mi presento, signora, sono il dottor Marco C., ho 21 anni. Tutti possiamo sbagliare, per questo la Prassi Corretta consiste nel chiedere prima, quali sono i suoi Pronomi?”
Intervengo…
“ma i ‘pronomi’ hanno senso solo in un contesto anglofono…”
“Certamente, lei mi scuserà, sono italiano ma ho vissuto a lungo in contesti anglofoni… io ho cominciato a prendere gli ormoni in giovanissima età per un problema legato alle ovaie…”
L’amica femminista interviene,
“ma se io ti vedo, io vedo una ragazza, in tutto e per tutto…”
“Signora, vede che lei ragiona per stereotipi? Lei è una Persona Cis, perché si riconosce nel Sesso Assegnato alla Nascita.
Io non voglio assolutamente eliminare la mia femminilità, ma proprio per questo lei dovrebbe chiedermi quali sono i miei pronomi!”
E mi chiedo come sarebbe questa persona, se non si nascondesse dietro tutto questo fumo di linguaggio, mi piacerebbe trovare le parole per suscitare parole autentiche… e poi la scuso, in fondo ci siamo incontrati sul campo di battaglia e non a prendere un tè insieme.