C’è un angolo d’Europa in cui basta avere la pelle leggermente più scura della media per rischiare di essere rapiti, torturati, violentati, uccisi… basta perché ti incendino la casa e ti tolgano tutto ciò che hai.
Si tratta del Kosovo, l’unico posto in Europa dove i Rom avevano case e lavoro e vivevano in pace con i loro vicini; dove potevano studiare a scuola nella loro lingua e dove avevano persino un ministro nel governo.
Grazie alla guerra che abbiamo fatto con tanta leggerezza, i nostri alleati hanno ripulito il Kosovo dagli “zingari” in un pogrom che non ha precedenti dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. 30.000 soldati della NATO non hanno fatto nulla per impedire questo genocidio.
Migliaia di famiglia hanno perso tutto in pochi giorni; chi è sopravvissuto è andato in Serbia -paese sotto embargo che ospita già un milione di profughi; in Montenegro o in Macedonia – paesi sull’orlo della guerra civile. Un piccolo nucleo è rimasto nel Kosovo, assediato in tendopoli e ghetti: chi si reca a fare la spesa o in ospedale rischia la vita.Molti si sono fatti prestare denaro al dieci per cento al mese per poter salire sugli scafi dei mafiosi nostrani e stranieri per attraversare l’Adriatico, e non tutti sono arrivati vivi; e chi è arrivato vive spesso in campi da far accapponare la pelle.
Le allegre fantasie sullo “spirito zingaro” non devono farci dimenticare le parole di chi è rimasto laggiù: le madri Rom del campo di Stenkovac 2 in Macedonia, che vi giriamo così come le abbiamo raccolte:
“Madri di tutto il mondo, mentre vi scriviamo questo appello, le nostre mani sono congelate, l’unica luce è la fiammella della candela che si muove al vento nella nostra tenda.
“Invece del calore della stufa, l’unico calore che possiamo dare ai nostri figli è il nostro amore materno e la speranza in un futuro migliore. Madri di tutto il mondo, per favore aiutateci, aiutate i nostri bambini in questo, il peggiore momento di tutta la nostra vita.”
Ulteriori articoli sull’espulsione dei Roma e degli ebrei dal Kosovo.
Fotografie di Theo Fruendt
Nella foto in alto si vede Jasemina e sua figlia in un campo dell’UNHCR attaccato direttamente alla centrale termoelettrica inquinante e maleodorante di Obilic II. Per diverse settimane, l’UNHCR si è limitato a consegnare fagioli, zucchero e farina. Quasi tutti i bambini si sono ammalati, ma il medico albanese si è rifiutato di curarli.