I Fiduciosi e i Diffidenti

Su Internazionale, mi segnalano un articolo, firmato Wu Ming 1, Come nasce una teoria del complotto e come affrontarla.

Racconta del mondo dei complottisti americani credenti di QAnon, e descrive, senza cadere in eccessi demonizzanti, le loro credenze: la fede in un misterioso Q che su Internet svelerebbe a puntate i complotti orditi da una setta satanista, e l’eroica lotta contro la setta, condotta dietro le quinte del più improbabile di tutti i supereroi dopo Superciuk, lo speculatore immobiliare Donald Trump.[1]

Poi Wu Ming 1 ci rivela che il grande Q potrebbe essere la reincarnazione troll di un personaggio inventato da quattro scrittori bolognesi di sinistra nel 1999 per dimostrare quanto sia facile far credere a complotti: troppo bello per essere vero, ma ci voglio credere. [2]

Sento però che in questo articolo manca però qualcosa di fondamentale, che dovrebbe essere alla base di ogni discorso sul “complottismo”. [3]

Tutti tendiamo a “dividere in due l’umanità”, e quando lo facciamo, cambia la prospettive: i mondi di chi divide le persone tra “credenti e atei”, tra “padroni e proletari”, tra “rom e gagè” o tra “consumatori compulsivi e risparmiatori” sono molto diversi.

Una distinzione che io utilizzo è tra Diffidenti e Fiduciosi.

Parto citando l’opinionista inglese Oliver Kamm, che dice che l’ipotesi del Grande Reset

per quelli che vedono chi decide le politiche mondiali [global policymakers] come essenzialmente malintenzionati e con secondi fini [malign and scheming] invece che fondamentalmente benintenzionati, è stato un segno che tutta l’esperienza del lockdown era stata progettata da lungo tempo”.

I primi, li possiamo chiamare appunto i Diffidenti, i secondi i Fiduciosi. Noi da che parte stiamo?

Ogni parola che usa Kamm è importante.

I policymaker sono tutti quelli che hanno il potere reale di decidere, che siano politici, imprenditori, figure mediatiche, tecnici al posto giusto.

Sono milioni di persone (ce ne sono anche in Oltrarno), ma ognuno ha un proprio posto nella gerarchia. In linea di massima, i politici sono i più visibili, ma i meno importanti, perché sono troppo esposti, hanno mandato breve, devono affidarsi ai tecnici e devono affidarsi in genere ai soldi degli altri.[4]

I policymaker competono tra di loro, ma da servo di scena votato al segreto, so che preferiscono di solito mettersi d’accordo dietro le quinte.

Chiamiamo tutti questi i Potenti, nel semplicemente senso di chi può.

I Potenti sono globali, in un mondo interconnesso nulla sfugge agli effetti delle loro decisioni; e siccome tutti cercano di appropriarsi di risorse sempre maggiori, l’effetto è anche ambientale.[5]

Sono malintenzionati?

Non lo so. Però, la lotta per il potere tende, con mille sfumature, a premiare chi colpisce per primo, chi mente meglio, chi seduce di più. E chi è disposto a correre rischi più grossi. Gengis Khan sarebbe un potente oggi, come ieri.

Ma ci saranno persone che pensano che la concorrenza selezioni invece non i migliori, ma i più buoni, per cui lasciamo perdere se sono buoni o cattivi.

I Potenti sono scheming?

“Scheming” è un aggettivo che indica insieme l’astuzia, la capacità di fare progetti a lungo termine, tenere d’occhio le opportunità, saper mentire o sviare il discorso quando conviene, insomma di avere un fine e cercare in tutti i modi di realizzarlo.

Immaginatevi una finanziaria che ti chiede di affidarle i tuoi risparmi. Ti dice,

“non possiamo rivelare dove li investiremo, perché se qualcun altro se ne accorge, ci fregherà sui tempi; ma sappi che nel nostro giro, abbiamo dei Potenti tali che il guadagno è sicuro, purché si mantenga il segreto”.

E tu, che non sei un complottista fessacchiotto, ma una persona furba, ci metti i soldi, perché sai che è vero.

Ecco, alla faccia di tutti gli anticomplottisti, finanziarie del genere esistono: si chiamano, in inglese, special purpose acquisition companies o SPAC, popolarmente blank check companies, “società di assegni in bianco”. [4]

Esempio, la Pine Island Acquisition Corp., costituita il 21 agosto scorso negli Stati Uniti, che si presenta così:

“Crediamo che con le nostre entrature [access], rete ed esperienza, siamo ben posizionati per sfruttare le attuali e future opportunità nelle industrie aerospaziale, della difesa e dei servizi governativi”.

Sei giorni dopo la prima quotazione in borsa della Pine Island, il futuro presidente Biden ha annunciato che due “consulenti” della Pine Island diventeranno rispettivamente Segretario di Stato (Antony Blinken) e Segretario alla Difesa (Lloyd Austin), mentre Avril Haines, impiegato di una ditta di Blinken legata anch’essa alla Pine Island, dirigerà i servizi segreti.

Allora, un Fiducioso immaginerà che questi signori rinunceranno a qualunque attività negli interessi dei propri investitori: insomma, come scrive Kamm, siano sostanzialmente benintenzionati.

Un Diffidente immaginerà che cercheranno di creare “nuovi pericoli” di ogni sorta, che richiederanno nuovi appalti e nuovi investimenti.

Allora, molto semplicemente…

Se tu credi che i Potenti siano fondalmente benintenzionati, dirai,

“il principale nemico contro cui dovrebbero vigilare polizia e servizi segreti del mondo è un tizio che si mette le corna di bisonte in testa e dice che nei sotterranei di una pizzeria di Washington, che non ha sotterranei, si fanno sacrifici umani; perché uno così mette a rischio il serio lavoro per il progresso dell’umanità di imprenditori, politici, opinionisti e tecnoscienziati.”

Se tu pensi che i Potenti siano un po’ malign e molto scheming, dirai invece che

“un’immensa rete tra interessi sta consumando la biosfera, a mano a mano che esaurisce nuove risorse ci porta verso un regime di controllo totale,la trasformazione degli esseri viventi, la macchinizzazione di ogni vivente; e tutto questo viene enormemente accelerato da uno stato di emergenza globale.” [6]

Il conflitto tra questi due approcci mi sembra quello fondamentale, il resto sono storie.

Ma, siccome la gente vive di storie, non mi sorprende che molti Fiduciosi rivivano lo sbarco in Normandia a ogni misura emergenziale nuova, ogni arresto di un estremista, ogni matto psichiatrizzato, ogni nuovo tecnogadget; e viceversa, che molti Diffidenti fantastichino di rettili sotto forma umana, sacrifici satanici e altre amenità.

Anche se i media esagerano la percentuale, confondendo deliberatamente ad esempio chi crede che il Covid venga “diffuso apposta dalle antenne 5G” con chi informa che esistono molti studi sulla pericolosità per la salute delle radiazioni non-ionizzanti. E quando ogni posizione critica viene messa nello stesso calderone, e quel calderone viene criminalizzato, è facile che ci si confonda.

Io confesso di essere tra i Diffidenti, e mi dispiace vedere, con tanti nemici veri a disposizione, come molti Diffidenti facciano la guerra ai mulini a vento.

Ma siccome io non sono un mulino a vento, i mulinofobi non sono per me il problema principale.

Note:

[1] Wu Ming nota una cosa importante, citando quanto scrive sul New York Times una certa Michelle Goldberg: QAnon ridurrebbe

“la dissonanza cognitiva causata dal divario fra Trump come lo immaginano i suoi fedeli seguaci e Trump com’è nella realtà (…). Non ti metti a fantasticare che il tuo leader sia un genio nascosto se non ti rendi conto che agli occhi di molti sembra tutt’altro. Non ti serve una storia esoterica su come segretamente la tua parte stia vincendo, se sta vincendo davvero”.

[2] Da Colombo e Vespucci, l’Italia fa la storia dell’America. Pensiamo anche a quel bellissimo complotto inafferrabile secondo cui sarebbe stato Matteo Renzi ad abbattere Trump.

[3] Wu Ming 1 tocca anche molti altri temi, tra cui un’indovinata divagazione sulla ricaduta italiana del tema del “complotto satanista”, che condivido in larga parte.

L’autore invece non coglie la differenza radicale tra complottismo americano, ennesima riproduzione di un immaginario biblico-apocalittico, e i vari complottismi storici europei. E non si rende conto che i neo-complottismi europei sono tutti nati come traduzioni su Internet di creazioni americane, e non hanno affatto la stessa incisività.

[4] Roberto Saviano, in Gomorra, sottolinea il ruolo cruciale dei ragionieri della Camorra, senza i quali l’istituzione non potrebbe esistere, e che durano molto più dei pittoreschi boss di turno.

[5] Attenzione, dico gli effetti. Anche quelli assolutamente non desiderati dai Potenti, non sono ovviamente infallibili.

[6] Wu Ming si pone, per dire, dalla parte delle forze dell’ordine, già dal titolo, “come nasce una teoria del complotto, e come affrontarla“. Ammette però che

“I complotti sono sempre esistiti, esistono ed esisteranno. Un complotto consiste semplicemente in più persone che si mettono d’accordo in segreto per agire contro qualcun altro. Nel codice penale esistono i reati associativi, che sono reati di complotto.

Di solito i veri complotti politici: a) hanno un fine preciso; b) coinvolgono un numero di attori limitato; c) sono messi in pratica in modo imperfetto, perché la realtà è imperfetta; d) finiscono una volta scoperti e denunciati, cosa che solitamente avviene dopo un periodo piuttosto breve, anche se gli effetti possono persistere a lungo; e) sono inseriti nel loro contesto storico e inseparabilmente legati a esso.”

Insomma, tipo, “secondo me, la Meloni sotto sotto sta lavorando con Berlusconi per far fuori Salvini”.

Wu Ming 1 evidentemente non vuole riconoscere l’esistenza di grandi reti, di interazioni di interessi e tecnologie, spesso alla luce del sole o comunque perfettamente legali, che sono molto più interessanti e preoccupanti. Ma non è compito per i tutori dell’ordine sbirciare nel palazzo che stanno difendendo.

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473 risposte a I Fiduciosi e i Diffidenti

  1. Miguel Martinez scrive:

    Sul rapporto Covid-5G, esistono degli studiosi che sostengono la possibilità che l’esposizione a livelli di radiazione elettromagnetica mai esistiti prima sulla terra possano avere effetti imprevedibili sulle difese immunitarie di cellule che funzionano con connessioni elettriche.

    Il 5G, che di per sé non è una nuova forma di radiazione (casomai fa anche uso di frequenze finora usate in contesti diversi), ha proprio la funzione di moltiplicare enormemente la diffusione di apparecchi emittenti.

    Ma è un’ipotesi che non c’entra nulla con l’idea di qualche matto che le antenne emanino virus 🙂

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      Quanto alle radiazioni non ionizzanti, va ricordato che oggi in Italia il limite di legge sull’intensità media di campo elettrico in luoghi abitati e’ 6 V/m. Si supera tale valore giusto in un vagone dell’Alta Velocità in galleria quando tutti i posti sono occupati da passeggeri col telefonino acceso allo stesso momento. È vero che le sorgenti di 5G sono più capillarmente diffuse sul territorio, ma è anche vero che proprio per questo non hanno bisogno di usare campi a intensità molto alta.

      Quanto ai Diffidenti, l’errore non sta, credo, tanto nell’accettare che vi siano complotti, quanto che ci sia un unico, gigantesco Complotto (o una rete di complotti coordinati) che inclusa i social, le multinazionali, la finanza…. È un po’ come dire che i terrapiattisti sono combattuti dalla lobby dei costruttori di mappamondi. I complotti esistono, ma e’ molto piu’ semplice (e aderente al rasoio di Ockham) ammettere che inevitabilmente finiscano col cozzare gli unì contro gli altri, piuttosto che immaginare qualche Grande Vecchio o qualche Grande Piano all’opera nell’ombra. Se pure c’è (e ne dubito) il Grande Piano si scrive da sé, procedendo come la Fortuna nel Paradiso di Dante.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per AdV

        “Quanto ai Diffidenti, l’errore non sta, credo, tanto nell’accettare che vi siano complotti, quanto che ci sia un unico, gigantesco Complotto (o una rete di complotti coordinati) che inclusa i social, le multinazionali, la finanza….”

        E’ all’incirca ciò che dice Wu Ming.

        Per capire dove sia l’errore, basta prendere la lista degli investitori, poniamo, di un “social”, di una fabbrica di armi, di un’azienda farmaceutica e di una banca.

        Semplificando brutalmente, vedrai che tutte appartengono per il 60% alle stesse sei finanziarie, che hanno ciascuna il 10% delle azioni.

        Vuoi che facciano politiche tutte scoordinate tra di loro?

        Se lo fanno vuol dire che sono degli incompetenti.

        • werner scrive:

          Non ho capito. Quindi secondo te il “gigantesco Complotto” esiste e a tessere le fila sono gli azionisti delle grandi società finanziarie ?

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Werner

            “Non ho capito.”

            In genere, i capitali tendono a convergere, gli interessi tendono a collaborare (pur tra tanti conflitti), gli esseri umani sono dotati anche della capacità di fare progetti nel proprio interesse.

            E le decisioni politiche, ma anche le politiche della ricerca, non esistono su un altro pianeta.

            Poi chiamarlo “complotto” mi sembra riduttivo.

            • Carlo scrive:

              “Gli esseri umani sono dotati della capacità di fare progetti nel proprio interesse”, sì ma progetti a lungo o a breve termine? A me, sinceramente, sembra che tra i policymakers di oggi, con la gigantesca eccezione del regime cinese, l’unico “progetto” sia il guadagno (monetario o elettorale) a breve termine, cosa che, a mio parere, rende impossibile qualunque complotto.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Carlo

                “l’unico “progetto” sia il guadagno (monetario o elettorale) a breve termine”

                Il guadagno può essere anche a brevissimo termine: ci sono investimenti in borsa che durano, mi pare, poche frazioni di secondo.

                Quello che però non dobbiamo fare è trattare certa gente come se fossero cretini.

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          “scoordinate”

          Se ti è mai capitato di lavorare per un’azienda realmente grande (nel senso italiano, cioè con più di duecento dipendenti) saprai quanto poco comunichino tra loro i vari uffici. Tutta la fuffa sulla necessità della comunicazione infra-aziendale nasce da qui. Avendoci lavorato decenni, capirai il mio scetticismo.

          Ma anche se fosse… avere le stesse azioni in portafogli differenti non comporta affatto avere le stesse strategie di investimento, altrimenti i consulenti finanziari sarebbero in gran parte disoccupati. E nemmeno un Soros e ‘ in grado di prevedere davvero le conseguenze delle proprie scelte di oggi da qui a un trimestre. La diffidenza degli economisti verso il tentativo ripetuto dei fisici di invadere il loro campi, di fate cioè con l’indice di Borsa quello che si fa con le previsioni meteo, nasce da qui.

          Intendiamoci, non è che manchino le regolarità: il principio di Pareto ne è un esempio. Solo che appaiono svincolate dalle scelte di questo o quello operatore, per quanto grosso.

          Ecco perché alcuni esperti di mercato finanziari vengono etichettati come “guru”: averci azzeccato qualche volta dà loro un’aura di sciamano. Ha ragione Daouda: c’è una forte componente religiosa nel denaro, il mercato e’ l’unica divinità che chiede e ottiene sacrifici umani.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            l’unica???

            non mi pare

          • daouda scrive:

            il mercato ha le sue coperture ed è inutile che facciamo finta che dall’invenzione dell’elettricità il mondo di prima sia scomparso.

            Gli imbecilli combattono per un gold standard che, a conti fatti, già c’è ma non per noi.

            ADV se gurdi i simboli immersi in ambito accadamico ed artistico, non credo si potrebbe chiamare questa entità mercato, che ne è solo un aspetto.

        • Francesco scrive:

          Miguel

          se tu hai ragione, sulla struttura del capitalismo mondiale, spero ti renderai conto che quella struttura eccede di vari ordini di grandezza la capacità di coordinamento degli umani

          intelligenti quanto vuoi

          se è così, il massimo che le Sei Sorelle possono fare è dire a tutti: fate soldi. E sperare che qualcuno li ascolti.

          e non abbiamo neppure bisogno di inserire nel quadro gli infiniti “strati” di burocrati … i dirigenti della fabbrica di armi, i dirigenti dalla finanziaria “cannoni e baionette”, i dirigenti della holding “macchinari”, i dirigenti della mega-holding “manufatti”, i dirigenti della mega-mega-holding “beni” … e poi la struttura matriciale con i dirigenti finanziari, tecnologici, etc.

          un Paradiso per topini burocratici che al confronto i ministeri sovietici o cinesi (o giapponesi o il Pentagono) sono giochi per bambini ritardati

          🙂

      • Peucezio scrive:

        Andrea,
        non credo tanto che cozzino, ma che si coordinino in modo casuale e temporaneo, in base a esigenze contingenti.

        Semmai invece esiste un conformismo di fondo delle classi dirigenti, a maggior ragione ai livelli più alti (più è piccolo il gruppo, più è facile che tenda a una certa omogeneità), che condiziona gli indirizzi del loro agire.

        Oggi poi c’è la questione che non c’è un unico mondo, ma più mondi, molto integrati fra loro, ma anche in reale conflitto e competizione: oggi non c’è solo l’Occidente, ma anche la Cina, ecc., dove le dinamiche sono completamente diverse, le classi dirigenti hanno un’altra forma mentis e la gente comune ancora di più.

        Quindi il conformismo si rafforza molto, perché ci si compatta contro un nemico (o sentito come tale). In fondo, quando ci dicono “comportatevi bene, non ribellatevi, i governi cercano di proteggervi, abbiate fiducia nella scienza” ci si sta dicendo (anche inconsciamente da parte di chi lo dice, ma la dinamica profonda è questa) state tutti uniti e obbedite, che se no arriva l’orco con gli occhi a mandorla.

        A parole poi la sinistra è più dialogante con la Cina e la destra ha fatto della sinofobia la sua bandiera, ma è un gioco degli specchi, una finzione (non volta da nessuno: sono dinamiche di psicologia sociale): la destra proietta sulla Cina la sua paura delle classi dirigenti occidentali, perché ancora non riesce ad ammettere, per una sorta di orgoglio etnico e di attaccamento al proprio modelli culturale, che il marcio sta dalla nostra parte e che quella invece è una società in ascesa, organizzata, vitale, che probabilmente metterà in campo quelle energie e strategie che le classi dirigenti occidentali non sono più in grado di mettere in atto (per impreparazione, incapacità di coordinazione, incompetenza, disorganizzazione, mancanza di risolutezza, interiorizzazione morale dell’impotenza come cifra esistenziale) per risolvere i problemi epocali che abbiamo di fronte, energetici, ambientali, demografici, ecc.

        • daouda scrive:

          Peucezio sembra che tu sia cascato nella retorica che l’occidente stesso ha prodotto per martellarsi i cojoni.
          Anche questa inefficienza dei politici occidentali e dei loro mandanti è tutta da dimostrare se non sai quale progetto vogliono seguire e su quali principi lo stanno fondando.

          Anche tu caschi nell’agguato: l’occidente è vecchio ed ormai stupido.
          Complimenti!

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ daouda e peucezio

            Concordo con Daouda.

            L”Occidente ha vinto ché ha spogliato il denaro di ogni valenza sacra esteriore. San Gennaro è coperto d’oro, in processione a Napoli (l’unica grande città del mondo antico rimasta in Europa): la ricchezza ostentata lecitamente è quella del dio protettore della polis. Il capitalista , invece , può vestire in gramaglie come Durazzo o come Rockefeller, la moltiplicazione contabile dei profitti è l’unica virtù. Idolatrando la produzione stessa di ricchezza, l’Occidente demistifica e decostruisce gli idoli di tutti gli altri (l’armonia confuciana, la società senza classi…) come gli ipocriti orpelli che sono. La Cina vince nel momento in cui si fa Occidente: i grattacieli di Shanghai emettono pi gas serra di quelli di Las Vegas.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Peucezio scrive:

              Che vuo, dire: “si fa Occidente”?

              Anche i barbari si sono fatti romani, apparentemente, poi, diventati loro egemoni, è cambiato tutto.

              È ovvio che ogni civiltà parte dalle acquisizioni della precedente, un po’ smantellandole un po’ ereditandole, ma poi ogni civiltà è peculiare.

              L’Occidente liberal-capitalista borghese che tanto ami (e che secondo me è uno dei punti di massima abiezione della storia umana) resterà come uno dei tanti cicli storici dell’umanità, né più né meno.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                “si fa Occidente” nel senso che diventa indistinguibile da un paese occidentale, a meno di non spezzarsi (ad es. fra città costiere e campagne arretrate) nel tentativo. Solo così ha successo: la ragione è una. I giganteschi problemi creati dalla sovrappopolazione o li affronti all’occidentale o ti estingui. Che *occidentale” implichi “liberale”, tuttavia, è da vedere: occidentale era dopo tutto anche lo Engels di ” o socialismo o barbarie”.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Peucezio scrive:

                Andrea,
                certo, verissimo.

                Ma questa è ancora la fase di assimilazione del modello.

                Ma non potrà non essere rielaborato a modo loro, una volta che l’avranno assimilato e ne saranno diventati egemoni: niente si recepisce meccanicamente e la storia è sempre una dialettica, un’incontro fra elementi diversi, una fucina di nuove elaborazioni.
                Non c’è un “Occidente” come entità metafisica al quale la storia si ferma per l’eternità, raggiunta la Civitas Dei.

                E non c’è dubbio che c’è un Occidente non liberale: la Cina non è affatto liberale, è sovranista, non nel senso che si mette le felpe come Salvini, ma nel senso che subordina gli interessi privati a quelli nazionali e controlla le imprese strategiche.
                Ma questo, permettimi di dire, è un modo di essere “occidentale” a metà, perché, come tu m’insegni, l’Occidente è il luogo dei diritti individuali inviolabili, delle regole a tutela del singolo contro l’arbitrio dello stato: la Cina se ne strafrega dei diritti individuali inviolabili e delle regole a tutela del singolo contro l’arbitrio dello stato. In questo non è occidentale, è profondamente orientale.
                E il bello è che, proprio per questo, in questo periodo di crisi, funziona! Perché solo contenendo e dirigendo il caos creato dal capitalismo aggressivo e dai danni che fa all’equilibrio demografico e ambientale del pianeta si può sopravvivere (il modello americano ci porterebbe verso il baratro e quello europeo semplicemente non esiste: è un buco geopolitico, ma anche di cultura politica: il suo vecchio modello socialdemocratico si è dissolto e vi si è sostituita una sorta di inefficienza endemica che insegue il modello americano nell’accentuare le differenze e concentrare le ricchezze, con controspinte velleitarie e del tutto inefficaci a temperarne le conseguenze, che hanno il solo effetto di aumentare la tassazione a scapito del sistema economico generale, danneggiando sia l’imprenditoria che i ceti deboli).

                Andrea,
                EX ORIENTE LUX,
                ricordatelo sempre. 🙂

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — EX ORIENTE LUX —

                The sun may rise in the East at least it’s settled in a final location.

                RHCP, Californication.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                L’Occidente non è tanto il luogo dei “diritti umani” , quanto e innanzitutto il luogo del rasoio di Ockham – dal quale possono, non debbono necessariamente, discendere i dettami della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.

                E Ockham esige che il Cielo ovunque svanisca, sostituito dallo Spazio – come lamenta il Lewis di “Lontano dal pianeta di silenzioso”. Dove c’erano gli spiriti, ora c’e’ l’essere umano da solo.

                Questo e’ il lascito dell’Occidente che la Cina eredita, e senza questo la Cina non va da nessuna parte. Non previeni il contagio con l’agopuntura, ma col vaccino. Non curi l’impotenza con la polvere di corno di rinoceronte, ma col Viagra. Non scaldi le case con l’incenso, ma con l’energia elettrica.

                E il rasoio di Ockham, base del pensiero razionale che è la (credo) unica ancora di salvezza della specie dall’estinzione, elimina alla radice la superstiziosa illusione di poter affrontare problemi globali con un approccio locale (illusione denominata per brevità “sovranismo”) .

                A vedere quanto spendono in energie rinnovabili, internet superveloce e fusione nucleare è facile evitare di confondere la tendenza cinese – che si sarebbe tentati definire gollista – a scrollarsi di dosso il controllo di organizzazioni internazionali subordinate al Washington consensus con le salvinate di un Johnson o di un Trump.

                In un post del blog di Franco Cardini

                https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-307-3/#more-2439

                si spiegano bene (dal punto di vista di un credente) le alternative che ha di fronte a sè l’Occidente: alla fine rimangono o Cristo, o Nietzsche, o Epicuro.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Zeta

                “Dove c’erano gli spiriti, ora c’e’ l’essere umano da solo.”

                ricordo umilmente, oltre alla presenza di spiriti e di umani, quella dell’aria, dell’acqua, della biosfera, di un’infinità di esseri, che probabilmente costituiscono anche la maggior parte di ciò che chiamiamo “noi”.

              • Francesco scrive:

                >>> E Ockham esige che il Cielo ovunque svanisca, sostituito dallo Spazio

                Andrea, hai una citazione di Ockham che sostenga questa interpretazione? di solito gli antichi non erano cretini, pur con le dovute eccezioni

                ciao

  2. Miguel Martinez scrive:

    Il senatore Gary Peter, Democratico del Michigan, siede sulla commissione che si occupa della “internet policy”.

    Ha assunto come consulente e assistente un signore che fino a poco prima, faceva di mestiere il lobbista per Google.

    Per par condicio, il senatore repubblicano John Boozman, R-Ark., the responsabile della commissioe agricoltura, ha come assistente Martha Scott Poindexter, che lavora anche come lobbista professionale per Bunge, società che si occupa di trasporti nel settore dell’agribusiness.

    https://theintercept.com/2021/01/11/congress-lobbyists-biden/

    Anche presumendo la buona fede (e perché dovrei?), vale questo ragionamento, citato nello stesso articolo:

    ““We think decisions reveal a lot about people, and we believe most people are basically OK with their past decisions. So if you chose to lobby for Google last year, you’re unlikely to believe this year that Google is the consequence of dozens of illegal mergers and government action must render ‘Google’ unrecognizable,” said Hauser. “And that goes for all corporate lobbying: You’re choosing to associate yourself with a narrow private interest, and that will impact your ability to adjust when you’re suddenly tasked with working in the public interest.””

  3. Miguel Martinez scrive:

    Per ADV

    “I complotti esistono, ma e’ molto piu’ semplice (e aderente al rasoio di Ockham) ammettere che inevitabilmente finiscano col cozzare gli unì contro gli altri, piuttosto che immaginare qualche Grande Vecchio o qualche Grande Piano all’opera nell’ombra.”

    Ma il “Grande Vecchio” (a proposito, da dove viene la frase?) ovviamente non esiste.

    Esiste il bisogno umano insopprimibile di dare un volto umano alle cose, e di raccontare la storia come “storie”.

    In Italia, la destra se la prende con la Boldrini; la sinistra con Salvini, mica con il ceto medio in via di “proletarizzazione”, come si diceva una volta.

    Io cerco di evitarlo il più possibile, ma sono umano anch’io e quindi capisco che lo fa.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “insopprimibile”

      Vero, sono gli “idola tribus” di Bacone. Ma proprio perché insopprimibile, tale bisogno conferisce efficacia alla lotta contro i simboli. Impadronirsi della bandiera nemica è davvero vittoria tanto grande quanto quella sul campo. Sono d’accordo che non esistano, fuori dal consenso di chi ricorda come ricordiamo noi (definizione di “Patria” data da Paul Lagarde), simboli intrinsecamente buoni o cattivi. Questo non ci deve indebolire nella distruzione dei simboli die nostri nemici. “I pagani hanno torto, e i cristiani ragione” ci ricorda la Chanson de Roland.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  4. Miguel Martinez scrive:

    Comunque, a me non interessa difendere, che so, qualcuno che va in giro dicendo che Bill Gates costruisce antenne 5G a forma di simbolo fallico babilonese per far morire i bambini africani.

    Credo che chi lo fa, anche se in ottima fede, dica sciocchezze.

    Quello che non capisco è la violenza con cui tanti si scagliano contro questo illuso, come se fosse più pericoloso di Bill Gates. E si chieda la censura, se non il carcere per lui, e si accorre alla difesa del povero Bill Gates, che non può certo avere secondi fini in ciò che fa.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Perché quando le cazzate si diffondono e riguardano vaccini e autismo, il Covid che non esiste e compagnia, il cazzaro è davvero molto più pericoloso di Bill Gates.

      • roberto scrive:

        Totalmente d’accordo

      • Peucezio scrive:

        La gente ha sempre pensato le cose più assurde. Oggi se ne parla di più perché c’è internet.
        Sono i decisori che devono agire in base alle loro congizioni.
        E anche saper divulgare e diffondere le cognizioni scientifiche di base (voi non immaginate con quali argomenti ho sentito difendere la teoria terrapiattista da gente che ha fatto il liceo, il alcuni casi laureata in ingegneria; poi dice che non è vero che è colpa della scuola postsessantottesca…).

        Ma il problema è che i decisori sono solo un po’ meno ignoranti: non arrivano al terrapiattismo e al negazionismo sul covid, ma poco ci manca (parlo sempre dell’Occidente, non di società dove a scuola ti frustano se non impari la lezione).

        • roberto scrive:

          “La gente ha sempre pensato le cose più assurde.”

          certo, è la teoria di eco

          in effetti il problema è che se all’epoca della spagnola dicevo”il virus non esiste abbracciamoci tutti”, avevo un pubblico limitato alla portata della mia voce

          oggi il pubblico è potenzialmente universale, così come universali sono gli imbecilli disposti a credermi

          ecco perché un imbecille oggi è infinitamente più pericoloso di un imbecille di ieri

          • Peucezio scrive:

            Beh, no, perché sono tanti i diffusori ma anche il pubblico.
            E anche una volta, si diffondevano le leggende metropolitane, solo che non se ne conosceva la fonte originaria.

            La differenza secondo me non è tanto in ciò che le persone comuni possono divulgare, ma in ciò che possono ricevere in termini di informazioni, cioè il fatto che si ha a disposizione una mole di informazioni enorme, per cui la gente è meno preparata perché la scuola peggiore, ma è un po’ più smaliziata perché s’informa molto di più. Questo produce anche il complottismo (dall’essere smaliziati alla paranoia), ma rende nel complesso la gente meno acritica a ciò che le viene propinato da mezzi di comunicazione concentrati e banalizzatori (come la tv), perché ha tante fonti a disposizione, e questo secondo me nel complesso, al di là di certe fisiologiche distorsioni, è un bene.

          • Z. scrive:

            Ezio,

            — La differenza secondo me non è tanto in ciò che le persone comuni possono divulgare, ma in ciò che possono ricevere in termini di informazioni —

            Almeno in linea teorica, il web potrebbe offrire questa possibilità. In altre epoche, chissà, questo avrebbe persino potuto essere l’aspetto predominante.

            Ma oggi, in pratica, temo siano davvero in pochi ad avere la voglia, il tempo e la capacità per fare analisi approfondite, sicché il web funziona meglio come palchetto per chi è in cerca di pubblico. La cosa, peraltro, va molto al di là dei complottismi…

        • Z. scrive:

          Ezio,

          può darsi che – per varie ragioni, non necessariamente banali – il decisore medio non sia molto più competente del cittadino comune. Se è così, a maggior ragione emerge il problema evidenziato da MT.

          Peraltro, ho sentito diverse tesi su come smontare le bufale, non solo quella del mio concittadino articolista. Nessuna mi ha convinto, e devo dire che nessuna ad oggi ha funzionato. Quando il lettore vuole credere a qualcosa non c’è modo di convincerlo del contrario. Chi ci prova è venduto, è politicizzato ed è egli stesso una prova che il megacomplotto di turno è reale.

          Quindi sì, il cittadino comune oggi può essere molto più pericoloso di qualsiasi celebrità: oggettivamente, al di là di secondi fini veri o presunti.

          • Peucezio scrive:

            Z.,
            “Quando il lettore vuole credere a qualcosa non c’è modo di convincerlo del contrario. Chi ci prova è venduto, è politicizzato ed è egli stesso una prova che il megacomplotto di turno è reale.”

            Verissimo. Al 100%.
            Questi meccanismi non sono falsificabilie non reggono ad alcuna controprova o dimostrazione: sono articoli di fede.

            “Quindi sì, il cittadino comune oggi può essere molto più pericoloso di qualsiasi celebrità: oggettivamente, al di là di secondi fini veri o presunti.”

            Qui ti seguo molto meno. In che modo una certa percentuale, più ampia di prima, di paranoici, dovrebbe creare reali problemi?

          • Z. scrive:

            Non so se la percentuale di quelli che chiami “paranoici” sia più alta di prima. Forse, forse no. Ma certamente oggi è molto più facile avere un pubblico e far circolare e proliferare menzogne pericolose.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      Perché è lo stesso genere di illusioni che ha prodotto i Protocolli dei Savi di Sion. E abbiamo visto a cosa hanno portato i Protocolli.

      Il complottismo è la diretta negazione del rasoio di Ockham. E il sonno della ragione genera mostri.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “Perché è lo stesso genere di illusioni che ha prodotto i Protocolli dei Savi di Sion. E abbiamo visto a cosa hanno portato i Protocolli”

        Mi piacciono queste affermazioni chiare, con cui non sono d’accordo e quindi mi aiutano a mettere meglio a fuoco.

        Tu dici, delle “illusioni” producono i Protocolli, i Protocolli producono la persecuzione degli ebrei.

        Ecco, io ho una forma mentale proprio contraria a questa versione “idealista”.

        Per me, il disastro della Germania porta a uno sbandamento, nello sbandamento alcuni se la prendono con una precisa comunità umana. Tutti vogliamo un nemico “umano” e tangibile, e come dice Yuval Hariri, siamo una specie che si racconta storie.

        Ma tutto sarebbe finito a ridere, se Krupp non avesse cercato di far prevalere una politica di forte riarmo e grandi lavori pubblici, nonché la soppressione del caos e degli scioperi.

        Oggi abbiamo certamente uno sbandamento sociale e la tendenza di raccontarsi storie fantasiose.

        Solo che oggi consistono nel dire che Krupp è il nemico… perché è una lucertola.

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          Diciamo la stessa cosa da punti di vista diversi. Krupp ha potuto fare quello che ha fatto perchè c’era gente disposta a credere ai Protocolli, cioè a mettere Ockham sotto i piedi. (Aristotele direbbe che i Protocolli sono la causa efficiente della Shoah, non la causa prima. E lo rimangono ancor oggi, dato che il male è la pigrizia mentale sottostante al rifiuto di Ockham). Ecco perché il sonno della ragione produce mostri: mentre la ragione dorme c’è sempre chi se ne approfitta. (Visto che siamo dalle parti della Casa Bianca, possiamo ricordare che il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza).

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  5. Mauricius Tarvisii scrive:

    Ho letto in passato l’accostamento di Q al romanzo omonimo.

    Quanto a diffidenti e fiduciosi, un paio di riflessioni.
    La prima è che non esiste la categoria omogenea dei policymaker. Voi pensate davvero che Confindustria e Confcommercio la pensino allo stesso modo circa la chiusura dei pubblici esercizi? E pensate che Leonardo e Microsoft abbiano interessi del tutto coincidenti? Il mondo è più complesso di come viene regolarmente inteso.
    La storia del lockdown pronto da anni che aspettava la prima occasione per essere messo in atto è un’affermazione un tantino forte, nonché controintuitiva. Il problema ieri era la globalizzazione e oggi che non si può uscire di casa e che se sconfino in Slovenia devo farmi due settimane di isolamento? Certo, può essere in astratto che ci siano due fazioni tra i famosi Potenti, due fazioni che vogliono l’esatto opposto, ma allora torniamo alla prima considerazione: non esiste la Volontà dei Potenti.
    I politici vivono di consenso: devono accontentare tutti, potenti e meno potenti. In misura minima, persino nella peggiore autocrazia. Dunque, prima di dire “sono fiducioso/diffidente” devi dirti “questa misura è fatta per accontentare chi?”. E fidati che qualcosa è per accontentare te (fiducioso) e qualcosa è per accontentare altri (diffidente).

    Altro manicheismo?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per MT

      “la prima è che non esiste la categoria omogenea dei policymaker”

      Certo.

      Gli interessi del parco avventura di Fiesole sono contrari al lockdown, quelli di Amazon sono favorevoli.

      Bisogna considerare in quel caso i rapporti di forza.

      Secondo, ed è la cosa più facile da dimenticare, non “esiste” realmente né Amazon, né il Parco Avventura.

      Entrambi vivono per il flusso di capitali che li attraversano.

      Ecco che un’industria apparentemente potentissima come quella del fracking negli Stati Uniti può crollare, perché i capitali sono andati a speculare su altre cose.

      E oggi (scusate la bestemmia economica) ci sono in giro molto più “soldi” che “merci”.

      • roberto scrive:

        immagino che sul lockdown l’industria del petrolio abbia degli interessi più simili a quelli del parco avventura che a quelli di amazon, cosa che dovrebbe bilanciare i rapporti di forza (visto poi che le decisioni non si prendono certo a fiesole)

        • Miguel Martinez scrive:

          Per roberto

          “immagino che sul lockdown l’industria del petrolio abbia degli interessi più simili a quelli del parco avventura che a quelli di amazon, ”

          Certo, calcola però che non è che esiste un Petroliere con la sua cassa piena di dobloni.

          Il petroliere vive di investimenti altrui, che tendono a essere sempre più a breve termine. Chi ha il coltello dalla parte del manico è sempre di più il sistema delle finanziarie, e si è visto proprio nel caso del fracking:

          Il fracking, che è una delle cose meno efficienti al mondo dal punto di vista della redditività, si reggeva sul fatto che le finanziarie potevano sperare, investendoci a breve termine, in un lauto guadagno perché il fracking aveva un’aura di “svolta del futuro”. Appena passata l’illusione, le finanziarie (alcune spacciandosi pure per “amiche dell’ambiente”) hanno spostato i soldi altrove, in altre imprese spacciabili come “la svolta del futuro”.

          Adesso stiamo assistendo all’inizio della bolla delle “energie verdi”, che sono assai più aleatorie del petrolio, ma vanno bene lo stesso per muovere capitali.

          • Francesco scrive:

            OK ma sono sempre diffidente di queste spiegazioni “abbiamo trovato i cattivi! sono gli speculatori finanziari a breve!”

            suonano troppo come certi film USA che ti spiegano tutto con argomenti semplici

            di solito la realtà è molto complicata e per capirla occorre studiare, non basta guardare una bionda in una vasca da bagno che ti spiega i CDS

            anche se è molto più interessante farlo!

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Francesco

              ““abbiamo trovato i cattivi! ”

              Uno, non ho detto che sono cattivi.

              Ho dato quello come esempio del fatto che non bisogna prendere troppo sul serio la divisione tra “imprenditori nelle affascinanti tecniche del futuro” e “puzzolenti petroretrogadi untori di CO2”.

              • Francesco scrive:

                Miguel

                togli “cattivi” e metti “il gruppo umano che decide veramente” e ti va bene?

                mi chiedo fin dai tempi dell’università quale sia il peso effettivo della speculazione finanziaria a breve termine: è pula che vola per aria o è un’onda idiota che travolge a caso? le conseguenze sono molto rilevanti, nel giudicare il funzionamento del capitalismo nel lungo periodo (storico, non geologico)

    • Peucezio scrive:

      Mauricius,
      “Quanto a diffidenti e fiduciosi, un paio di riflessioni.”

      D’accordissimo in generale, però c’è anche un fattore culturale.
      Io oggi non potrei andare da casa mia a San Donato Milanese, a circa un quarto d’ora di macchina, ma un mio amico è appena andato alle Canarie.
      Ti viene un po’ il sospetto per cui nelle classi dirigenti si è diffusa una cultura per cui le reti dei legami comunitari siano, non dico pericolose, ma in fondo inutili, mentre è bene assecondare questo tourbillon di uomini e merci che girano il mondo in una trottola folle di contatti superficiali e assenza di ogni radicamento in un contesto stabile.
      E questo scherzo ci è costato la seconda ondata.
      Non è che Zingaretti, Conte o Di Maio pensino queste cose: non si pongono nemmeno il problema.
      Ma subiscono la pressione internazionale di tutti un sistema integrato che impone questa logica, secondo me non in modo del tutto innocente, perché ogni modello economico implica un modello sociale e culturale e c’è una qualche forma di adesione a tutto ciò in chi lo impone (d’altronde conosco gente che si sente perfettamente a suo agio nel tourbillon che ho descritto, pur non guadagnandoci nulla economicamente e non avendovi interessi in campo).

    • daouda scrive:

      La cupola ci sarà solo quando ci sarà un’egemonia mondiale il che presuppone che le fazioni in lotta o si fonderanno o si scanneranno, ma ciò non significa niente di diverso rispetto al dominio di uno statuale autonomo in un dato spaziotempo uranotellurico.
      Ci sono certo dei blocchi identificabili ma queste sono anche trasversali in uno stesso paese che non è dunque realmente indipendente.

      Di per sè ogni strategia politica è nell’ombra , il che non è né nuovo né strano.

  6. mirko scrive:

    Una riflessione sulle recenti vicende americane:

    Domenica 10 gennaio 2021, Battesimo del Signore

    EDITORIALE

    FRANCO CARDINI
    SE ATENE PIANGE…
    Ridere fa bene. Ridere con garbo delle cose serie è segno d’intelligenza. Saper ridere anche delle cose tragiche può addirittura, se fatto con misura, costituire una buona difesa apotropaica. Per questo è stato divertente vedere, fra i tanti messaggi circolanti on line in questi giorni, una bella foto generale dell’assedio al Capitol Hill di Washington accompagnata dal commento scritto: “Siccome a causa del Covid 19 gli americani non possono più andare dove vogliono, i golpes sono costretti a farseli a casa propria”. L’allusione riguarda ovviamente la Georgia, l’Ucraina, la Bielorussia, tanto per limitarsi ai casi più recenti. Poi ci sarebbero le bravate degli alleati europei degli USA, come il celebre duplice exploit franco-inglese del 2011, riuscito in Libia (con le note conseguenze…) e fallito in Siria.
    Ora si parla di possibile impeachment del tristo mister Trump, ad evitare che questi ultimi dieci giorni del suo potere possano portare a qualche decisione che si rivelerebbe tragica: e da lui si sarebbe da aspettarselo. Frattanto, il Grande Circo Informatico ci propone di tutto: perfino una serie d’interpretazioni a dir poco ridicole sul fatto che alcuni agenti di polizia dell’edificio parlamentare abbiano favorito l’ingresso dei facinorosi, il che – premesso che le responsabilità sono ancora tutte da appurare e forse non lo saranno mai – è facilissimamente spiegabile dato che il colpo di mano voluto da Chiomarancio un minimo di preparazione l’aveva; qualcuno suppone però che si sia stato anche un controcolpo di mano di poliziotti passati a Biden, ed è possibile anche questo. La situazione è grave, ma non seria.
    Ma insomma, che cosa sta accadendo? E il dramma si sta concludendo oppure è appena iniziato?
    “Se Atene piange…”: è la prima parte di una celebre pericope, suscettibile – come tutte le pericopi del mondo – d’infiniti sviluppi esegetici. Vediamone alcuni.
    “Se Atene piange, Sparta ride”; “Se Atene piange, Sparta non ride”; “Se Atene piange, Sparta ride?”; “Se Atene piange, Sparta ha poco da ridere”; e così via di questo passo.
    E, vi assicuro, non è un gioco. Avessimo tempo e spazio, potremmo allineare una ventina almeno di varianti di questa breve frase e dotare ciascuna di esse di un lungo commento.
    Tranquilli, non lo faremo. Ma qualche interrogativo bisogna pur porcelo.
    Lo hanno detto in tanti, in queste ultime ore, che Atene sta piangendo a calde lacrime. E l’Atene dei nostri tempi, naturalmente, sono gli Stati Uniti d’America. Basta guardare il panorama di Washington per convincercene. E se qualcuno obietta che l’Atene dell’antichità probabilmente era più bella, pazienza…come diciamo a Napoli (e lasciatelo dire anche a un non-napoletano ma vecchio allievo dell’Accademia aeronautica di Pozzuoli e vecchio docente del Suor Orsola), si’ o’ mellone è scito jianco, e tu co’cchì t’a vuo’ pijà?
    Gli Stati Uniti sono forse ancora l’Atene dei giorni nostri: o almeno molti ritengono che tali siano. Se penso ad Harvard, a Princeton, a Yale, alle università della “Ivy League”, ho anch’io l’impressione che – se gli Stati Uniti non sono Atene – quanto meno l’Atene del Novecento si sia trovata negli States, in quelle privilegiate isole accademiche: come l’Atene del Quattrocento riposava tra i colli fiorentini e quella sette-ottocentesca tra le solenni architetture neoclassiche berlinesi e il commovente neogotico dei colleges di Cambridge.
    Per la verità, i vecchi neocon e theocon d’un ventennio fa – ve le ricordate, le Teste d’Uovo della “Banda Bush”, i Cheney, i Rumsfeld, i Kagan? – pensavano piuttosto che gli USA fossero la nuova corazzata e muscolosa Roma, e l’Atene semmai l’intellettuale, decadente Europa. Ma l’avversaria tanto di Roma quanto di Atene – insomma, la novella Persia – con chi o che cosa doveva e magari ancora deve identificarsi?
    Prima di rispondere a ciò, chiediamoci però comunque in che cosa consistesse (e consista) l’“atenicità” degli USA di oggi. Si parla di Atene, quindi per definizione di una potenza colta e pacifica (anche se l’Atene del V secolo a.C., ad esempio, non era affatto pacifica). Par di sentirla, quasi unanime, la risposta: nel fatto che gli USA, al pari dell’Atene del V secolo a.C., è o è stata a lungo il luogo ideale della “perfetta democrazia”, raggiungendo e magari superando il “modello britannico”.
    Facile sarebbe replicare a ciò che l’antica Atene era una “perfetta democrazia” però con gli schiavi, e che esercitava un’egemonia durissima sui centri urbani minori ad essa collegati: e del resto l’Inghilterra è stata per secoli una “perfetta democrazia” che a lungo ha sostenuto e tutelato lo schiavismo e che poi si è sostenuta sulla base dei privilegi dei Lords prima, dello sfruttamento coloniale poi. Perché le vere e perfette democrazie, intese come equilibrio fra la libertà di ciascuno e il rispetto del parere di maggioranze correttamente espresse a governare e di minoranze tutelate nel suo diritto di correttamente controllare non esistono se non nel Regno di Utopia: e non c’è Platone, non c’è Machiavelli, non c’è Tocqueville che tengano.
    Gli Stati Uniti d’America sono nati all’ombra di legittime istanze di libertà e d’indipendenza garantite da una saggia Carta Costituzionale ispirata ad Atene, alle antiche – e mitiche – Anglo-Saxon freedoms, alla Magna Charta Libertatum, allo Spirit of Mayflower e alla Glorious Revolution e passata attraverso una Guerra d’Indipendenza molto più fratricida di quanto non si usi e si ami dire, una Guerra di Secessione ch’è stata un macello e che si è tirata dietro una secolare scia di odio e di vendetta, una pervicace oligarchia di duri piantatori trasformatisi in ancor più duri imprenditori e speculatori, una realtà costituzionale Sacra e Inviolabile ma di continuo inadeguata e quindi emendabile all’infinito (i leggendari “emendamenti”), lo sfruttamento cinico e indiscriminato delle disgrazie europee trasformate in ondate emigratorie di sottoproletari, l’inflessibile egemonia sul Meridione del continente americano (leggi “Dichiarazione Monroe”), il genocidio quasi totale dei Native Americans, le ipocrisie e le contraddizioni che hanno per lungo tempo impedito la soluzione del “problema afroamericano” dando luogo a innumerevoli forme di razzismo (anche teorizzato e insegnato nelle università) e di apartheid, la politica di brutale egemonia sul Pacifico fino al 1945 e sullo stesso Atlantico da allora in poi. Certo che ci sono stati, e tanti, i Martin Luther King e perfino i Malcolm X, pace all’anima loro e gloria alla loro memoria: Ma non sono bastati.
    E c’è dell’altro. Gli Stati Uniti d’America restano il paese nel quale le “differenze sociali”, che i libertarians proclamano fieri “naturali e sacrosante”, sono in realtà bieche, feroci ingiustizie; il paese tormentato da sacche di miseria e d’ignoranza uniche al mondo (visitatela, la deep America delle stars and stripes che sventolano sulle baracche); il paese dove il welfare state è rimasto globalmente a livelli dei quali si vergognerebbero l’Iraq e la Romania; il paese dell’impero anomico delle corporations delle vertiginose ricchezze e delle innominabili povertà benedette da miriadi di sètte gestite da fanatici American christians; il paese dov’è più facile al mondo tenere in casa un ben efficiente arsenale da guerra (da scaricare magari sui vicini, o nella scuola o nella sinagoga o nella moschea più prossime) e dove basta una vera o supposta infrazione stradale o una multa non pagata per perdere il diritto di voto – o perfino per venir ammazzato sul posto – se la tua pelle è un po’ troppo pigmentata. Gli Stati Uniti sono, ancora, un paese il parlamento del quale è strapieno di arcimiliardari, a cominciare da colui che si spera ancora per pochi giorni sta continuando a infestare la Casa Bianca. Ma un paese con un governo di nababbi e milioni di diseredati non è per caso molto simile a quella cosa che un politico di più o meno un secolo fa che divenne anche leader in Italia ed ebbe modo di combinare alcuni pasticci, ma che a volte colpiva anche lui nel segno, ebbe a definire – con espressione divenuta proverbiale – “plutocrazie”?
    Chi possono essere dunque i nemici di questo paese, che si gioveranno della sua crisi? Chi le Sparte o le Persie di quest’Atene, se l’Atene è questa? Anzitutto, quelle potenze in ascesa che debbono il loro attuale successo – totale o parziale che sia – al loro impegno e alla loro energia, come la Cina e la Russia; quindi, i paesi che fino ad oggi sono rimasti vittime di un’egemonia mondiale che l’America dell’unilateralismo ha vessato dalla fine della “guerra fredda” ad oggi: come l’Iran, molti paesi del Medio e del Vicino Oriente, molti paesi dell’America latina e qualcuno del sudest asiatico; infine la stessa Europa, che ha tutto l’interesse a sperare nella piena istaurazione di un multilateralismo effettivo sul piano mondiale, che ponga fine all’egemonia del governo statunitense sull’Organizzazione delle Nazioni Unite e al semicolonialismo politico-militare ch’esso esercita sull’Europa e sul Mediterraneo con l’alibi della NATO. La pesantezza con cui Trump intendeva imporre ai suoi “alleati” la sua politica fatta di embargos e che è finita in un grottesco bluff (che si spera non resterà comunque impunito: anche perché è costato alcune vite umane) è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: ma anche la cartina di tornasole.
    E vogliamo sperare che questa ridicola, tragicomica performance sia almeno l’avvio di un cambio di direzione, che consenta finalmente all’America di Biden di riprendere con maggior sicurezza il cammino già intrapreso (quanto meno nelle intenzioni) dalla presidenza Obama sulla via di una ridefinizione multilateralista dell’equilibrio internazionale: che non sarà affatto un’umiliazione e un ridimensionamento degli States, bensì al contrario l’apertura della speranza che essi possano tornare a collocarsi nel quadro di un processo di civilizzazione generale che possa correggere quelli che finora sono stati i guasti delle cosiddetta globalizzazione.
    L’America buona, l’America seria e operosa e pensosa della pace e della giustizia, esiste. Auguriamoci solo che all’imperialismo superbo e inesorabile del “sistema industriale-militare” già denunciato dal presidente Eisenhower nel 1960 alla fine del suo mandato, a quello isterico dei Bush e dei “cattivi profeti” del “Nuovo Secolo Americano” e a quello demenziale e selvaggio di Trump, entrambi di segno repubblicano, non torni a riemergere e a prevalere l’imperialismo “umanitario” democratico, quello fallimentare dei Wilson, dei Roosevelt, dei Kennedy e delle infauste Mistress Clinton e Albright che conosciamo già. Purtroppo abbiamo viceversa l’impressione che la stella nascente dell’universo politico femminile statunitense, la signora Kamala Harris vicepresidente di Biden, sia dell’identica stoffa delle altre due Dame: e che messe insieme le tre signore ricordino un po’ sinistramente le Moire. Ci avete fatto caso – come avrebbe detto il buon Aldo Fabrizi – che l’ingresso degli USA nelle due guerre mondiali si sia per due volte verificato in tempi di governo democratico, e che la terza guerra mondiale l’abbiamo rischiata sul serio con il democratico e charming JFK?
    Mesi fa, da questa stessa sede, risposi a chi mi chiedeva chi avrebbe vinto le elezioni formulando una facile profezia: avrebbe vinto il peggiore. Nel senso che ciascuna delle due probabilità aveva in sé, potenzialmente, una strada che portava alla rovina: restava solo da capire quale avremmo dovuto affrontare. Ora lo sappiamo. E i paesi aderenti alla NATO se ne accorgeranno presto.

    https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-309-1/#more-2473

    • Francesco scrive:

      sempre più trito e tristo, il Cardini

      anche quando la Storia gli darebbe la possibilità di non sbagliare, infila una serie di strafalcioni da pregiudizio impressionanti

      comunque il Trump voleva che i paesi europei pagassero per la propria difesa, di fatto ci stava obbligando a emanciparci … Cardini se ne è accorto?

      >>> lo sfruttamento cinico e indiscriminato delle disgrazie europee trasformate in ondate emigratorie di sottoproletari,

      questo cosa vuole dire? grazie a ogni esegeta

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Trump voleva che i paesi europei facessero i gendarmi dell’Impero. E’ ovvio che non succederà mai: il lavoro sporco l’Impero se lo deve fare da solo, se non vuole che partano le forze centrifughe.

        • Francesco scrive:

          esatto! a quello puntavo io, che Atene si abituasse a essere anche Sparta e così facendo diventasse … Costantinopoli

          e trattasse con Roma da pari a pari, oltre a non dipendere da Roma per la propria difesa dai vicini esuberanti

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Mica Atene è diventata Costantinopoli: Roma ha creato Costantinopoli come proprio clone e questa ha dominato Atene.

            • Francesco scrive:

              ed è sopravvissuta a Roma di parecchi secoli, anzi a un certo punto ha realizzato il massimo dell’umiliazione concepibile, la ha liberata!

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Costantinopoli era Roma, mica Atene trasformata.

              • Francesco scrive:

                lo so, non per questo non posso immaginare che noi europei ci si dia una svegliata e che gli USE diventino un attore politico e militare a livello mondiale

                dopo tutto Atene, Sparta e Roma sono solo simboli!

          • PinoMamet scrive:

            “che Atene si abituasse a essere anche Sparta e così facendo diventasse … Costantinopoli”

            Eh???

            Francè, ascolta un consiglio, lascia in pace i poveri greci antichi… 😉

        • Peucezio scrive:

          Quindi in fondo NON voleva che si facesse il lavoro sporco.

          Dalle mie parti si dice:
          ce uè, fà;
          ce non uè, manne
          .

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Vogliono la botte piena e la moglie ubriaca: schiavi armati e smart worker felici di esserlo e che non ti inculano quando ti volti dall’altra parte.

          • Francesco scrive:

            Trump credo si sarebbe accontentato che l’Europa pagasse il conto delle forze USA in Europa

            ma una parte del trumpismo era nel “bring our boys back”

            ciao

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              E in caso di rifiuto le forze di occupazione avrebbero levato le tende? Ma figurati…

              • Francesco scrive:

                secondo me con Trump il rischio c’era eccome, poi non è che manchi gente di buon senso nell’amministrazione USA e avrebbero cercato di fermarlo

                ma lui, di suo, avrebbe mandato affanculo gli alleati infidi e vampireschi e portato a casa i ragazzi

  7. mirko scrive:

    Dallo stesso sito, un’altra riflessione sulla democrazia che si difende da se stessa:

    Domenica 10 gennaio 2021, Battesimo del Signore

    GOD BLESS AMERICA

    DAVID NIERI
    LA DEMOCRAZIA DELLA SILICON VALLEY
    La premessa è d’obbligo: i fatti di Capitol Hill, sede del governo degli Stati Uniti a Washington, sono gravissimi; niente, sia chiaro, può giustificare gli atteggiamenti del presidente della potenza mondiale per elezione “divina”, ovvero gli Stati Uniti d’America. La follia di Donald Trump ha vistosamente tracimato, soprattutto negli ultimi mesi del suo mandato e in particolare dopo l’esito delle elezioni presidenziali.
    Sconfitto dal democratico Joe Biden, il tycoon non ha esitato a chiamare in causa brogli, complotti, inganni, appellandosi alla Corte Suprema fino a minacciare di non riconoscere la vittoria dell’avversario. È così che si è preparato “l’attacco alla democrazia” del 6 gennaio scorso, vera e propria giornata “epifanica”, quando alcuni dei più fervidi sostenitori repubblicani hanno fatto irruzione nella sede del Congresso interrompendo la “cerimonia” che avrebbe “incoronato” ufficialmente il quarantaseiesimo presidente a stelle e strisce.
    Sì, perché i media non hanno esitato a etichettare l’accaduto come la “giornata più nera della democrazia americana”, dimenticando chiaramente quanto nere siano ogni giorno le democrazie “esportate”, tanto per fare un esempio semplice. Le parole come al solito si sono sprecate, adagiandosi comodamente, a parte qualche rarissima eccezione, sul classico mainstream politicamente corretto che divide agevolmente i buoni dai cattivi, i democratici dagli anti. Da notare comunque le difese a oltranza e “di principio” da parte di molti fan di The Donald di casa nostra, che in genere rispondono idealmente allo spirito neocon di matrice yankee, pure quello esportato insieme alle democrazie, con i danni neanche tanto collaterali che si possono immaginare.
    Qualche dubbio comunque rimane, al netto di manie complottiste di bassa lega: ovvero, sono in tanti a chiedersi come abbia fatto un gruppo di manifestanti che sembrava uscito da un cinepanettone – purtroppo, va detto, ci sono state vittime, e quello non è un film – a entrare senza troppe “resistenze” all’interno del palazzo del Congresso. Ci sono video che mostrano i poliziotti di Washington mentre rimuovono le transenne e fanno entrare i facinorosi. Ma niente di tutto questo è stato mostrato dai media che informano e sulla cui qualità non è lecito nutrire riserve.
    Il “giorno più nero per la democrazia”, dicevamo. Risultato, secondo i media che informano, di una campagna di denigrazione dell’avversario e di incitamento all’insurrezione sobillata dal presidente Trump. C’è senz’altro del vero, anche se i continui riferimenti a un’America sempre più divisa mi lasciano perplesso. Gli Stati Uniti sono sempre stati divisi: Midwest, zone “profonde” e aree urbane hanno sempre avuto i loro punti di riferimento che nel corso degli ultimi decenni si sono consolidati. La divisione non è, a giudizio di chi scrive, tra repubblicani e democratici, o meglio, non si esprime semplicemente nel divario tra questi poli opposti (in teoria) ma complementari (in pratica). È la politica in generale a non rispondere più, da tempo, alle istanze di una nutrita schiera di cittadini, che vedono assottigliare il loro benessere e al tempo stesso la capacità di incidere sulla “democrazia rappresentativa”, che ovviamente non li rappresenta più. Troppo facile liquidarli come grezzi e primitivi, magari pensando pure di abolire il suffragio. Dall’altra parte ci sono i progressisti per elezione che affidano, oggi più di ieri, le loro domande esistenziali e professionali alle nuove tecnologie, accettando senza spirito critico le bombe intelligenti quando a sganciarle sono – intelligentemente – i democratici, magari di colore e politicamente correttissimi. Un matrimonio con il senso comune che tradisce spessissimo il buonsenso sfociando talora nel ridicolo, come dimostrano i recentissimi misfatti che riguardano Omero, Grease e amen (ma che dico: awoman!). In mezzo, coloro che mancano di diritti fondamentali: i neri, quel che rimane dei nativi americani, i dimenticati di un paese tuttora fortemente razzista, meritocratico ma solo in apparenza: tra i confini degli States vige sovente la legge della giungla, ovvero quella della forza, se condita di capitali tanto meglio.
    Le tecnologie, i social. È qui che si dipana l’arcano, è qui che si manifesta l’epifania dell’Epifania, una moneta, quella dell’antidemocrazia, a due facce. Che non è solo quella di Trump e della sua armata. Ce n’è un’altra, forse addirittura più grave. Perché se Trump si è giocato (giustamente) la faccia e pure la possibilità di ricandidarsi alle prossime elezioni tra quattro anni (potrebbe farlo), l’altra forma di antidemocrazia lavora più sottilmente con il sostegno degli “intellettuali”, dei media, dell’opinione pubblica che affida le ardue sentenze ai “post” (e non più ai posteri): la censura, l’oscuramento di un profilo social (Twitter, Facebook), oppure di un messaggio che “non risponde agli standard della comunità”. Attenzione, siamo di fronte a una nuova potenziale forma di dittatura che già sta mietendo centinaia di migliaia di vittime. E non è questione (solo) di contenuti offensivi, pornografici e via dicendo. No, è questione di opinioni. Al sottoscritto, ad esempio, circa due anni fa venne oscurato un post (che “violava gli standard”) in cui era riportato il passo di un libro di Thierry Meyssan riguardante la “morte” di Osama bin Laden. Non c’era niente di offensivo, si trattava di un’opinione, per lo più corroborata da documenti ufficiali. Qualcuno, tra i (re) censori della piattaforma di Zuckerberg, pensò bene di riservare anche a me un posto nel “girone dei bannati”, versione moderna dell’Inferno digitale dantesco.
    Ma se il sottoscritto è persona comune come tante, non è questo il caso del presidente degli Stati Uniti d’America. Che si è visto interrompere un collegamento in diretta tv durante lo spoglio dei voti e oscurare, in questi giorni, i profili Twitter e Facebook.
    Desidero affidare il commento a uno dei pochi “intellettuali” – quelli veri – rimasti in circolazione, Massimo Cacciari, che ha rilasciato questa dichiarazione all’agenzia Adnkronos:

    C’è un problema di fondo, che è al di là e al di fuori di Trump. È inaudito che imprenditori privati possano controllare e decidere chi possa parlare alla gente e chi no. Doveva esserci un’autorità ovviamente terza, di carattere politico, che decide se qualche messaggio che circola in rete è osceno, come certamente sono quelli di Trump. Che sia l’imprenditore a farlo, che è il padrone di queste reti, è una cosa semplicemente pazzesca. È uno dei sintomi più inauditi del crollo delle nostre democrazie. Non c’è dubbio alcuno. Perché come oggi è Trump, domani potrebbe essere chiunque altro, e lo decide Zuckerberg. È una cosa semplicemente pazzesca.

    Mentre Corriere della Sera e Repubblica si sono adoperati per dimostrare che l’“oscuramento” dei profili social del presidente non è altro che una grandissima espressione di democrazia, Gad Lerner non ha esitato a invitare gli imprenditori della Silicon Valley (e della California in genere) a oscurare i profili di “qualcuno di casa nostra”. Eccola, la fine della democrazia. Capitol Hill sarà un lontano ricordo – e forse tra qualche tempo neanche ce ne ricorderemo – quando le tecnologie avranno definitivamente rimosso la nostra libertà di opinione, pure su questioni di minima importanza. Quando le tecnologie, conoscendo benissimo le nostre identità, i nostri gusti, i nostri orientamenti sessuali, le nostre debolezze, ci renderanno numeri – ma grandi consumatori, beninteso – imponendoci il sapore del latte e del pane e recapitandoci direttamente a casa i generi alimentari di prima necessità. Ci ritroveremo tutti nelle aree urbane illuminate dalla civiltà, piene zeppe di persone che non conoscono il loro vicino di stanza, sole, depresse, impasticcate, ubriache di serotonina e ubbidienti alle istanze del nuovo diritto da reclamare. Ma cosa vuoi di più dalla vita, quando i profili social sono attivi. Questa sì che è democrazia.

    https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-309-2/#more-2471

    • PinoMamet scrive:

      “È inaudito che imprenditori privati possano controllare e decidere chi possa parlare alla gente e chi no”

      mi sembra un’analisi un po’ semplicistica.

      Che gli imprenditori privati decidano chi parla e chi no sui loro media o “piattaforme” non è inaudito: è normale.

      Io, mister X, possiedo il giornale tale, e sul mio giornale non accetto inserzioni razziste o articoli che incitano all’odio.

      Io, conte Pincopallinis, ho aperto il club dei sonnambuli in cui si entra in pantofole, e se qualcuno vuole entrare con gli stivali lo metto alla porta, anche se è il re d’Inghilterra- e se l’Inghilterra è il mio paese.

      Non è inaudito: è normalissimo.

      • Z. scrive:

        Una volta mi hanno sanzionato in un gioco online. Ho negoziato con l’amministrazione e ho patteggiato una riduzione di pena.

        Pare che l’accordo che avevo proposto a un avversario (tipo, se sgombri da lì non ti piallo) violasse le regole. Boh, sarà. Fatto sta che i miei alleati mi hanno pure bastonato, dato che questo indeboliva tutti loro, anziché gridare alla democrazia violata.

        Nel frattempo Salvini faceva un’interrogazione parlamentare perché FB gli aveva sospeso l’account e lui in Parlamento si annoiava. Non mi era chiaro che risposta dovesse dargli il governo italiano…

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Nei giochi on line il PvP viene normalmente regolamentato in modo che non provochi mai danni permanenti al giocatore sconfitto. E questo sia direttamente (limitando gli effetti delle azioni ostili) sia indirettamente (limitando gli effetti leciti della minaccia di azioni ostili).

          • Z. scrive:

            Spesso sì, ma non sempre.

            Nel gioco in questione era – e immagino sia ancora -del tutto normale asfaltare incessantemente i deboli fino all’eradicazione di fatto. Molto prima che “asfaltare” diventasse termine di uso corrente in politica.

            Nel caso di specie, probabilmente, la condotta sanzionata era di tipo opposto: ossia, il tentativo di ottenere il bottino senza combattere, mediante un accordo tra le parti, che potrebbe essere considerato lesivo per ciò stesso dei terzi. E in effetti c’erano regole precise sul massimo di risorse che un giocatore poteva trasferire ad altri nel corso della giornata.

      • Peucezio scrive:

        Il privato non esiste: se è una risorsa di pubblica utilità può essere sequestrato dallo stato, espropriato, la collettività ne dispone liberamente.

        Non esiste il padrone dell’aria o dell’acqua.

        E Facebook e Twitter sono l’aria e l’acqua di oggi, sono un monopolio reale di un bene che tutti vivono ormai come esistenzialmente indispensabile.

        • Z. scrive:

          FB e Twitter non sono né l’acqua né l’aria. Sono videogiochi come quello da cui avevano bannato me a suo tempo.

          Ho chiesto scusa, ho pagato pegno e sono stato riammesso. Senza frignate vittimistiche, che poi sono la cifra di troppa politica contemporanea 🙂

          • Peucezio scrive:

            Secondo me finché continuerai a ragionare in termini giuridici non coglierai mai la differenza fra la fiat e il meccanico con l’officina sotto casa mia.

        • Z. scrive:

          Altra cosa: qui non c’è un vero e proprio bene da espropriare (oddio, il server, ma poi?).

          Ma forse per “espropriare” tu intendevi altro, in senso lato: che lo Stato dovrebbe gestire in proprio i servizi di social networking, o comunque intervenire maggiormente nella gestione dei servizi di social networking.

          Magari ne parliamo di giorno quando mi sveglio del tutto 😀

          • Peucezio scrive:

            Il server, l’infrastruttura, i dipendenti, ma soprattutto il marchio.

            Oppure non espropria ma impone regole ferree (e alla prima che sgarri sei fuori dall’Italia, oscurato, con molta miliardaria): solo lo stato può farti censurare, tu di tua iniziativa non censuri un bel nulla.

        • Peucezio scrive:

          Z.,
          ragioniamo un attimo,

          domani l’Enel o chi per lei decide che le stai antipatico e non ti fornisce più l’elettricità, perché così le gira.
          Il tuo operatore di telefonia mobile ti toglie numero e linea e non puoi più usare il cell.
          Stessa cosa il tuo operatore fisso che usi per la connessione domestica.
          Se hai il riscaldamento autonomo, la società del gas decide di non erogartelo più; se è condominiale, ha preso in antipatia il tuo condominio e ti saluto.
          L’azienda di trasporti pubblici di Bologna ha deciso che le stai antipatico e non puoi più usare i suoi mezzi. E così Trenitalia, Italo, le compagnie aeree.
          E anche le autostrade, che sono pure state privatizzate, decidono che tu non puoi usarle.
          E sia la Rai che le televisioni commerciali decidono che d’ora in avanti ci vuole un sistema di riconoscimento del cliente e ti escludono.
          Che ne diresti?

          Molte di queste società sono statali, ma, appunto, lo sono proprio per dare determinate garanzie a tutta la collettività; negli Stati Uniti in genere sono private anche loro e comunque, nella tua logica, non c’è un principio per cui la stato deve controllare le imprese strategiche, che erogano servizi a milioni di utenti.
          In genere tutti queste imprese sono nate private anche in Italia.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “domani l’Enel o chi per lei decide che le stai antipatico e non ti fornisce più l’elettricità, perché così le gira.”

            Un articolo su come le aziende possano chiudere i conti in banca personali per motivi politici.

            Source : https://unherd.com/2020/10/how-corporations-can-delete-your-existence/?=refinnar
            How corporations can delete your existence
            Gavin Haynes
            Gavin Haynes is a journalist and former editor-at-large at Vice.
            October 29, 2020
            Let’s call her Laura. In September, Laura was out in Leeds City Centre, buying some bits, when her card was declined. Funny, she thought. She definitely wasn’t in the red. But these things happen, so she left the shop, tinting crimson, and dashed towards the nearest cashpoint.
            But her card wouldn’t work at the cashpoint either. She tried another one. With the same result.
            Laura opened the banking app on her phone. It said only ‘error’, then automatically closed.
            She finally abandoned her shopping and went into the nearest branch of Santander. There, the counter assistant seemed just as mystified. After about an hour of waiting, though, Laura was called through into the manager’s office.
            “I’m going to read a statement out for you,” the manager said. “But I’m not going to be able to answer any of your questions after that.”
            He read out:
            “We have locked your bank account. We can’t give you any more information. We might be in touch in future with more information. But we don’t know when that might be.”
            Could she have her money? No.
            But how was she supposed to get home? After all, she lived eight miles outside of Leeds, and now she had no bus fare. Apparently, this was not the bank’s business.
            This low-rent version of The Trial went on for another three weeks. Frequently, Laura would phone up Santander customer services. She’d be put on hold for ages. Then the phone would just go dead. She wrote to Santander to complain. They wrote back: they weren’t interested in her complaint and wouldn’t be taking it any further. Meanwhile, her rent, standing orders and Direct Debits stacked up, the late fees and penalties mushroomed around them, as life tumbled towards chaos.
            Nearly a month on, she received a letter from Santander:
            Under the terms and conditions… we can withdraw banking facilities at any time, and in line with company policy we don’t give further details.
            The account had been closed. Without apparent irony, the balance had been appended as a cheque.
            ‘Laura’ could be any of us. But she is also Laura Towler, one of the founders of Patriotic Alternative. Towler is a sort of next-gen BNP type, a net-savvy white identitarian who campaigns against mass-migration, and occasionally winks to her Telegram followers about ‘you know who’ (they know alright: The Jews). It would seem that Towler had been expelled from Santander for her views. But in line with the bank’s conditions, this has not been made clear.
            By a strange coincidence, in the same month, the same thing happened to Mark Collett, her Patriotic Alternative co-founder. Only, Collett doesn’t bank with Santander — he is with HSBC. Somehow, the same thing also happened, in different countries, to Europe’s leading young white identitarians: Brittany Pettibone and Martin Sellner.
            Coincidence abounds in the modern world. Last year, on the other side of the Atlantic, various alt-ish-Right figures who banked with JP Morgan Chase woke up on the same morning to find that they no longer banked with JP Morgan Chase. They included the chair of the Proud Boys Enrique Tarrio, former InfoWars staffer Joe Biggs, Project Veritas associate Laura Loomer, and Martina Markota, a Trump-supporting performance artist.

            Of those four, it’s the other Laura whose case drives home the full capriciousness of corporate power in a networked age. Loomer styles herself as the “most banned woman in the world”. In addition to Chase, she is banned from PayPal, from VenMo, from The Cash App, Airbnb and Instagram, from Lyft, Uber and UberEats, from the blogging monetisation platform WordAds and the t-shirt print-to-order site TeeSpring, from Twitter and Facebook — obviously — and from any one of a half dozen other platforms for digital congress.
            Some of these bans are strongly self-inflicted; controversy is her currency. She got booted from Uber in 2017 after ranting about being unable to find a taxi driver who wasn’t Muslim in Manhattan, in the hours after the NYC terror truck attack. Twitter banned her in 2018, after she laid into Ilhan Omar, the Muslim Congresswoman, claiming, scandalously, that Omar was part of a religion in which “homosexuals are oppressed”, and ”women are abused” and “forced to wear the hijab.” Later that month, wearing a gold ‘Juden’ star (Loomer is Jewish) she handcuffed herself to Twitter HQ, to protest the decision.
            But many of those bans are mere cascade effects. TeeSpring works with PayPal. PayPal had already declared Loomer an unperson, and thus they informed TeeSpring that they would have to stop supplying her. Ditto Venmo and The Cash App.
            You don’t want to mess with the people who make the widgets that undergird the financial system. In 2018, in response to activist pressure, MasterCard began choking off various far-Right and internet Right figures. That in turn meant their often lucrative Patreon accounts were cancelled: YouTube ‘Classical Liberal’ Carl Benjamin lost $12000 a month. Now, in a post-Covid world, where we’re often being told that cash is no longer acceptable, some are also being told that electronic banking is no longer for them. It’s an interesting crossroads.
            The likes of Towler might be distasteful. But if that alone is the bar for the arbitrary exercise of power by, say, the PR department of NatWest, then all kinds of people — from Cat Bin Lady down — stand to be unpersoned.
            Right of admission is always reserved — we all know this — and you might say that these examples are just the market at work. Except that some things are so fundamental to our everyday lives that they’re not so much markets as the thing that you need in order to use a market.
            In the dying days of Gordon Brown, an attempt was made to guarantee every citizen’s right to a current account. It was quickly shot down by the Big Five banks (after all, it wasn’t as if they owed the government any favours). A decade on, that tide is further out than it has ever been.
            In the banking system’s capacity to disable the individual without pro-actively doing them harm, there’s an echo of the elegance of the Chinese government’s social credit. “There was no file, no police warrant, no official advance notification. They just cut me off from the things I was once entitled to. What’s really scary is there’s nothing you can do about it,” was how Liu Hu put it — a Chinese journalist, who ran afoul of social credit in 2019. But perhaps Black Mirror’s ‘Nosedive’ episode would be a more apt comparison. In our hemisphere, that kind of deletion is done more cheerily, coated in the veneer of freedom of choice and association, by PR and HR, not by the grey monolith of The Party’s star council.

            Increasingly, we allow our corporations to police the soft boundaries of acceptable speech and thought, from Sainsbury’s rejection of ‘racist’ shoppers to the Yorkshire Tea wars to Tampax’s latest bloodbath.
            Ironically enough, the license that companies now take as part of their remit is a perfect mirror image of the Cake Problem: the oft-rehashed libertarian thought experiment, over whether a fundamentalist Christian cake-maker should be forced to bake a cake for a gay wedding. When US Libertarian Party candidate Gary Johnson was posed the question in 2016, he said that they should — and added that he would equally require a Jewish baker to make a Nazi wedding cake. The underlying principle is one of neutrality. Where two belief systems clash, if they remain polite and cooperative, shouldn’t the public still retain an underlying right of service?
            Evidently not.
            Another great thought experiment dawned in August of last year, when Laura Loomer stunned the Republican establishment by winning the GOP primary for Florida’s 21st Congressional District. The 21st is West Palm Beach, where Mar-a-Lago lives. Trump himself has already cast his vote for her.

            Clearly, Loomer’s campaign has been adversely affected by her various bans. At the time of her deletion, Loomer’s tweets were getting 150 million impressions a month. As she puts it: “They just assume that people can afford TV, and that they’re not going to get all their information through social media.” She might have wingnut tendencies, but Loomer is also half of the choice for voters in the 21st District.
            This year, “in the interests of transparency and fairness”, Twitter has given every single candidate standing in the US election a blue-check verified account. So, when she won her primary, she applied to have her accounts reinstated.
            No dice. She can’t get on Big Social, the broadcast networks are ignoring her, and her opponent, Lois Frankel, won’t even say her name, let alone debate her.
            Should she win — still a long shot — Loomer has sworn to spend her time on Capitol Hill breaking up the tech giants’ monopoly. So couldn’t it be said that they’re acting to titrate their own legislative environment?
            F.A. Hayek, and his prophet on earth Margaret Thatcher, saw the market as the best bulwark against tyrannical state power — that by pulling lots of little levers every day with our cash, we’d effectively be voting, in a constant dialogue of mini-democracy. It was only towards the end of their regime that the Thatcherites began to realise that some things — from trains down — remain public utilities in spirit, no matter who runs them.
            As the Hunter Biden story still freezes the New York Post’s Twitter feed, it seems the power of the corporate lever-pullers to mould the outer edges of democracy is as strong as it has ever been. We can vote with our wallets, sure. But what if the scope extends way beyond a single product line, into an entire kind of product, or the social architecture that makes products possible? What if the lever-pullers are our wallets?

            • Francesco scrive:

              allora ho ragione io a pensare che il vero golpe sia quello della sinistra Dem e non quello della gente con bestie in testa?

              😀

          • Z. scrive:

            Ragioniamo pure.

            Innanzitutto partiamo dalla fine: le società che tu hai citato non sono statali. Il MEF è azionista col 23,6% di Enel, leggo; il resto degli enti che hai citato non dipende dallo stato.

            Non è “statale” il tuo difensore d’ufficio, del resto, che certamente svolge un servizio necessario quanto gli enti da te citati, e che allo stesso modo deve sottostare a regole precise onde assicurarti un diritto costituzionalmente garantito.

            Quindi il problema non è soltanto cosa è statale e cosa no. E’ cosa il legislatore decide di proteggere.

            Ora, FB non è l’acqua potabile, ma un videogioco. E che lo Stato spenda le proprie energie per tutelare il tuo diritto ai videogiochi mi pare francamente inessenziale. Se ritieni che l’amministrazione di FB abbia violato la legge o gli accordi che ha preso con te non vedo perché la cosa dovrebbe riguardarmi. Così come a te non interessa se vengo sanzionato quando faccio giochi di strategia online.

            Semmai il problema da porsi potrebbe essere come evitare il rastrellamento incessante dei dati riservati di chi non è iscritto (chi si iscrive accetta di cederli).

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Zeta

              “Ora, FB non è l’acqua potabile, ma un videogioco. E che lo Stato spenda le proprie energie per tutelare il tuo diritto ai videogiochi mi pare francamente inessenziale. ”

              Con me sfondi tre porte aperte di fila.

              Però…

              Ogni volta che qualcuno vuole organizzare qualcosa, mi dà il numero di telefono e mi dice, “contattami su Whatsapp”.

              Ogni volta che un candidato politico cerca di comunicare qualcosa, può far attaccare i manifesti, fermare la gente per strada, o andare su Facebook e Twitter.

              Ogni ragazzo che vuol far vedere delle sue creazioni – video, musica, disegno – o va su Youtube/Instagram, oppure può rinunciare al sogno di fare qualunque cosa in quel campo.

              E’ una situazione orribile, che nasce proprio perché il videogioco cretino ha coinvolto l’intera specie umana e ha dato a quattro aziende il controllo delle comunicazioni tra le persone.

              Il problema adesso è che quelle quattro aziende hanno il controllo della comunicazione, come le sette sorelle l’avevano del petrolio. Solo che qui stiamo parlando di qualcosa di molto più intimo e quindi importante.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “lo Stato spenda le proprie energie per tutelare il tuo diritto ai videogiochi”

              Se Steam mi chiude senza giusta causa l’account vedi come faccio spendere energie allo Stato per tutelare i miei diritti sui videogiochi 😀

              • Francesco scrive:

                ORRSimpatiaMT!

                però che sia Miguel a ricordarci cosa sono diventati i Social network e quanto potere hanno sulla vita delle persone!

    • PinoMamet scrive:

      Allora:

      Facebook, Twitter e compagnia sono delle bacheche , su cui ognuno può appendere gratuitamente il suo manifesto, purché rispetti le regole che ha liberamente sottoscritto.

      Che questo regolamento venga applicato anche al potente politico è dal mio punto di vista una cosa sanissima e direi sacrosanta.

      Chi vuole il contrario sta affermando- sicuramente senza rendersene conto- il diritto del potente politico di commettere arbitrii.

      • PinoMamet scrive:

        Poi uno dice:

        “ma sai, mi sono preso la briga di leggermi tutte le regole, regoline, fregature e tranelli che ci sono: non mi piacciono affatto e non voglio stare su Facebook!”

        è un discorso completamente diverso…

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Questo sarebbe verissimo, se davvero ci fosse una pluralità di operatori in un libero mercato.
        Non c’è, però.

        • Moi scrive:

          Facebook, Twitter e compagnia sono delle bacheche , su cui ognuno può appendere gratuitamente il suo manifesto, purché rispetti le regole che ha liberamente sottoscritto.

          [cit.]

          ——————————

          … e tanti utenti che credevano che fosse il cesso dell’ autogrill, poverini ! 🙂

        • Francesco scrive:

          in effetti i Social Network sono un caso da manuale di monopolio naturale

          dove ci sono delle alternative, è perchè governi autoritari lo hanno imposto

          è più grave che l’IA abbia permesso di avere ciascuno una sua “bolla” da cui non si esce

          una volta poteva camminare per strada e vedere un interista fare una buona azione o uno juventino non rubare … oggi sui Social è impossibile e questo è molto nocivo

  8. Miguel Martinez scrive:

    Comunque penso che sarebbe un errore cercare spiegazioni universali.

    Semplicemente, credo che sottovalutiamo le convergenze tra le elite, pur nei loro conflitti interni;

    esageriamo il ruolo dei diversi “settori” dimenticando che c’è un interscambio incessante;

    pensiamo troppo in termini di “industrie” e troppo poco in termini di “capitali”;

    esageriamo l’importanza dei politici rispetto agli altri attori;

    sottovalutiamo il ruolo dello Stato come accomodante fornitore di infrastrutture e appalti e pagatore di esternalità per le imprese;

    diamo fiducia incondizionata alle dichiarazioni ufficiali di governi e imprenditori, mentre troveremmo matti quelli che la davano, che so, a Ivan il Terribile o ad Aristotele;

    e ci dimentichiamo come tutti gli sforzi di tutte le elite mirino a estrarre ancora più risorse, ancora più velocemente, e quindi anche la natura essenzialmente parassitaria di questa cosa.

    • Z. scrive:

      Non dobbiamo cercare spiegazioni universali…

      e via di spiegazioni universali!

      🙂

      PS: forte quella di Bui che crede di aver originato il complottismo. Te lo dicevo che è un articolo un pochino autocelebrativo!

  9. daouda scrive:

    Chi ha un attimo seguito la vicenda Q sa bene che questa accozzaglia fa leva su un’amalgama fra Jonh Birch Society, “Ku Klux Klan”, LaRouchismo ed apocalitticismo protestante con annessi influssi continentali del classico antimassonismo MA MA MA non può essere capito senza comprendere la controcultura cibernetica degli anni 80 agli albori di internet *.

    Cosa cazzo c’entra Luther Blisset? Si attribuiscono il merito senza nemmanco indagare la contrucultura altrui, ma fanno schifo, ritardati.

    A conti fatti però la distinzione che fai è inutile perché bisogna essere gli uni e gli altri. Parere mio, ad ogni modo è evidente che per quanto ciclico tu voglia essere approcci del tutto una visione lineare delle cose ( ugualmente evolutiva ed involutiva di converso ).

    Inoltre la diffidenza o la fiducia avrebbero ugualmente senso esulando ed anzi negando sia le loro buone intenioni che le cattive. Varrebbe lo stesso, quindi è un accessorio fallace che immetti soprattutto se mentalmente come fai disgiungi l’essere migliore dall’essere buono (ossia virtuoso) cadendo esattamente nella retorica umanista da Machiavelli in poi.

    Ad ogni odo dei due esempi che fai sono veri entrambi.

    Abbiamo poi parlato estesamente del fatto che il complottismo underground ed il mainstream ufficiale siano l’uno la faccia della medaglia dell’altro.

    Talasciando Wu Ming che per carità fanno vomitare il discorso Qanon è talmente banale che ridurlo agli Stati Uniti è non capire come il target siano stati appunto i destri DIFFIDENTI ma destri di tutto il mondo occidentalizzato.Basta guardare a Putin per vedere come colui che faccia esattamente il contrario di quel che afferma sia da qusti venerato avendo finaziato ed infiltrato tutte le paccottiglie destrose come insegnava il buon Lenin.

    I miliziani che sperano nei militari e nell’insurrection act , delusi, ormai iperfanatici, avranno solo l’intervento proprio per combattere stanti al retroterra culturale * che ha creato una frattura insanabile, come io avevo previsto rivolte e guerra semicivile.
    A che pro?
    E’ ovvio. Come Obama ha resto gli stati uniti fiacchi nelle continue guerre e nello stagnamento economico , così Biden.
    Le rivolte mineranno anche la credibilità oltre che le risorse. E’ pronto il passaggio di consegne cosicché non rimarrà che Putin come unico riferimento occidentale e la nuova destra psuedo restaurativa sorgerà!
    Dalla padella alla brace!

  10. Z. scrive:

    Secondo me, Miguel, dovresti abbandonare questa passione adolescenziale per le categorie in cui classificare la gente.

    Abbandona D&D. Cambia regolamento 🙂

    PS: la vita mi ha insegnato molto sui diffidenti. Non quelli che si bevono i complotti più improbabili, che sono tutt’altro che diffidenti (anzi, sono per ciò stesso assai creduloni). Quelli veri…

    • daouda scrive:

      hai centrato il punto, la vera dicotomia è tra creduloni di un tipo e creduloni di un altro.
      Il diffidente non è polare, è esattmente al centro come parodia del distaccato imparziale e valutatore.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Zeta

      “Abbandona D&D. Cambia regolamento ”

      non so cosa sia D&D, conoscevo D&S, “destra e sinistra”.

      Cogliendo comunque la tua ironia, ti rispondo seriamente.

      Non ho parlato di classificare, solo di “dividere in due l’umanità”. Credo che lo facciamo tutti, mica solo gli adolescenti.

      L’importante è capire che:

      – tutte le divisioni-in-due (anche “bambini dislessici di sei anni e il resto dell’umanità”) hanno una qualche validità, ci aiutano a vedere il mondo in modo diverso, purch<è capiamo che - sono tutte costruzioni arbitrarie. Quella Diffidenti contro Fiduciosi non vale più, che ne so, di Democratici contro Autoritari, di Razzisti contro Antirazzisti, o qualunque altra categoria simile.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        D&D

        Dungeon&Dragons. Un gioco.

      • Z. scrive:

        Diffidenti vs fiduciosi, nei termini in cui la metti tu, non mi sembra proficua.

        Nella tua classificazione diffidente significa “credulone che vede cospirazioni ovunque”: ce ne sono, ma non così tanti.

        Fiduciosi significa, mi sembra, “quelli che danno sempre ragione al governo”. In Italia non credo siano mai esistiti.

        Io almeno l’umanità la dividevo in chierici, guerrieri, maghi e ladri. Almeno erano quattro classi. Ma verso la fine dell’adolescenza sono passato a un regolamento senza classi 🙂

        • Peucezio scrive:

          A me pare che Miguel colga la prospettiva, le tendenze in atto, più che il momento attuale, mentre tu parli della classica italietta, ancora molto presente, ma per inerzia.

          Non dimentichiamoci che è vero che noi siamo diversissimi dagli USA.
          Ma in molte cose (non dico in tutte) è solo questione di scarto temporale: quello che lì succede vent’anni prima, qui succede vent’anni dopo.

    • Peucezio scrive:

      Z.,
      anche il discorso: “non ci sono categorie, ci sono solo individui” è una generalizzazione molto adolescenziale: in realtà non vuol dire nulla, è una petizione di principio.

      Al di là che questa attribuzione all’altro di adolescenzialità mi suona un po’ sciocca e infantile (che è peggio che adolescenziale 🙂 ) e anche poco rispettosa e un po’ gratuita (come lo è sempre l’abuso della tolleranza e cortesia altrui, a maggior ragione verso una persona più attempata), il punto di ogni discorso è quanto aggiunge di non scontato.
      Ogni astrazione generale, ogni proclama metodologico non ci consente di cogliere la specificità dei fenomeni.
      E negare che esistano gruppi è un discorso astratto, aprioristico, molto più che individuare dei gruppi. Poi l’individuazione dei gruppi può essere uno schematismo, una forzatura.
      Ma a ciò si oppone un’ulteriore articolazione del discorso (sottogruppi, altri gruppi trasversali a questi, distinguo e tutto il resto della complessità riscontrabile nelle cose umane) o un’obiezione di merito su come quei gruppi sono stati individuati.
      Dire che non va bene classificare la realtà è come dire che non va bene conoscere ma che l’unica presa d’atto possibile è quella di un caos indeterminato. Ma se così fosse, di cosa staremmo parlando? Tanto varrebbe tacere su tutto.

      In ogni caso, diffidare del metodo: quando un discorso eccepisce sul metodo anziché sul merito, nel 99% dei casi è una stronzata.

      • Z. scrive:

        Ezio, Miguel non è un professionista del piagnisteo come la destra mainstream italiana. E se si offende – ne dubito – non ha bisogno del tutore per dirmelo 🙂

        Poi sì, trovo che la fissazione per le categorie proclamate, in cui stipare a spintoni tutta la complessità del reale, sia una deviazione adolescenziale. Giustificabile in un adolescente, che sta iniziando a farsi un’idea del mondo.

        Il problema è proprio di merito: si finisce per deformare la realtà perché ci si innamora della teoria, e si chiamano “diffidenti” i creduloni che piacciono a noi 🙂

        • Miguel Martinez scrive:

          Zeta Uno

          ” trovo che la fissazione per le categorie proclamate, in cui stipare a spintoni tutta la complessità del reale, sia una deviazione adolescenziale”

          Zeta Due

          “Detestare la Gioventù è male.”

          • Z. scrive:

            Detestare la Gioventù non è una categoria.

            E’ un delitto.

            http://kelebeklerblog.com/2015/09/07/balcani-5-la-citta-dei-rumori-e-la-citta-dei-silenzi/#comment-367079

            Sappiamo tutti che anche nella criniera di un nobile cavallo da corsa si possono sempre trovare due o tre pidocchi.

            E chi va a caccia di pretesti per vilipendere la Juventus, costui vilipende una storia di decisioni irrevocabili, di rinnovamenti nella continuità, di forze propulsive. Di responsabilità morali, materiali e politiche.

            Ci sono tre parole in fondo al cuore, dice una celebre canzone milanese: la gioventù, la mamma ed il primo amore.

            La Juventus è tutte e tre le cose, assieme.

            PS: chi ben conosce la canzone milanese di cui trattasi – Ezio, ad esempio – potrebbe cogliere una vena carsica di ironia, nel riferimento al vero amore. Non è questo il caso 🙂

  11. Mauricius Tarvisii scrive:

    Q
    “Ku Klux Klan”

    Q sta per Qu Qlux Qlan

    QQQ, tradotto in valori numerici, 17 17 17 (triplice malasorte), sommati 51 (come gli stati federati più il Distretto di Columbia). Qu Qlux Qlan, poi, è 38 (numero atomico dello Stronzio) 74 (referendum sul divorzio che ha spalancato le porte al giender) 44 (che, stilizzato, assomiglia a SS in runico).
    I valori numerici sommati tra loro delle tre parole dà 156 (1+5=6), in base 5 1111, cioè il quadrato.

    C’è, però, chi dice che sia solo una coincidenza: lascio a voi decidere che interpretazione dare a questi elementi.

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per gli ottimisti, e per quelli che una volta se la prendevano con le musulmane con il niqab…

    Source : https://edition.cnn.com/world/live-news/coronavirus-pandemic-vaccine-updates-01-12-21/h_13f615c58ad6f0febd860d514e36fc99

    Di Helen Regan, Adam Renton, Ivana Kottasová, Florence Davey-Attlee e Ed Upright, CNN
    Aggiornato alle 11:58 ET, 12 gennaio 2021

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avvertito che le misure di allontanamento sociale dovranno rimanere in vigore “per il resto di quest’anno”, anche se le vaccinazioni sono in corso a livello globale, perché ci vuole tempo per costruire l’immunità del gregge.

    Lo scienziato capo dell’OMS, il dottor Soumya Swaminathan, ha detto che l’immunità del gregge – una situazione in cui la maggior parte della popolazione diventa immune al virus o perché è stata infettata e recuperata, o attraverso la vaccinazione – non sarà raggiunta quest’anno.

    Parlando ad un briefing di lunedì, Swaminathan ha detto:
    “Perché anche se i vaccini inizieranno a proteggere i più vulnerabili, non raggiungeremo alcun livello di immunità della popolazione, o di gregge nel 2021 e anche se ciò accadrà in pochi posti in alcuni paesi, non proteggerà le persone in tutto il mondo”.

    Swaminathan ha aggiunto che fino a quando non sarà raggiunta l’immunità del gregge, le misure di salute pubblica, come le maschere e l’allontanamento sociale, dovranno rimanere in vigore.

    I vaccini arriveranno”. Andranno in tutti i paesi, ma nel frattempo non dobbiamo dimenticare che ci sono misure che funzionano e… è davvero importante ricordare alla gente, sia ai governi che ai singoli individui, le responsabilità e le misure che continuiamo a dover praticare… per il prossimo… bene almeno per il resto dell’anno”, ha detto.

    Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)

  13. MatteoP scrive:

    ciao Miguel, grazie per questo articolo, che ho letto con molto piacere e con cui mi trovo molto d’accordo. Molto azzeccata la frecciatina a Wu Ming “tutore dell’ordine” 🙂
    Devo dire che è da molto che noto come la disposizione con cui guardiamo al mondo influenzi in maniera sostanziale il nostro pensiero. In maniera talmente sostanziale che cambiare idea è sempre un processo lungo e complesso (se avviene).
    Chi critica queste tue categorie secondo me dimentica da un lato che questa è una sola coppia di categorie, e noi ne possediamo molte per incasellare i nostri pensieri, e non certo assolute, da cui le molte sfumature. Dall’altro che tu definisci queste categorie in rapporto all’autorità (trovo forse questo termine il più corretto).
    Se si considerano i termini in maniera slegata dal proprio rapporto con l’autorità, come mi sembra suggerisca Z, in effetti agli estremi si finisce un po’ per assomigliarsi, da un lato gli adepti di Qanon dall’altro i “difensori a priori”. Ma il punto centrale secondo me sta proprio nel proprio rapporto con l’autorità, che inizio a pensare sia un tratto caratteriale. Negli anni ho visto davvero poche persone cambiare in questo senso. Anche perché è sempre più difficile fare discussioni serie, senza trovarsi a confrontarsi con posizioni estreme, che definiscono tutti quelli diversi da sé vuoi complottista vuoi venduto al sistema, vuoi fascista/rossobruno vuoi comunista, dopodiché il dibattito è finito ancora prima di iniziare. Sigh.
    Purtroppo mi pare che la spirale decrescente sia sempre più ripida, anche grazie alla continua distruzione del sistema educativo pubblico e di conseguenza della capacità di pensiero della popolazione, tra riduzione dei finanziamenti, burocrazia imperante, regole assurde, le 3 I, e ora la didattica a distanza per finire il lavoro. Ovviamente meno capacità di cogliere la complessità avranno le generazioni future più si assieperanno agli estremi di qualunque dibattito, rendendolo inutile così come è inutile adesso osare mettere qualche dubbio sulle verità rivelate dall’esperto/messia di turno.
    Mi chiedo se finiremo come Idiocracy o semplicemente vaporizzati…

    • Miguel Martinez scrive:

      Per MatteoP

      “Chi critica queste tue categorie secondo me dimentica da un lato che questa è una sola coppia di categorie,”

      hai colto perfettamente il senso, grazie!

      Sì, esistono moltissime coppie di poli a cui possiamo riferire l’umanità, tutti validi.

      Se in un supermercato, dobbiamo costruire i bagni, è importante dividere le persone tra “maschi” e “femmine”.

      Se dobbiamo togliere le barriere architettoniche, tra “abili” e “disabili”.

      La proporzione numerica cambia, le persone cambiano, ma entrambe le divisioni sono perfettamente valide, basta riconoscere sempre che ne esistano altre.

  14. Ros scrive:

    Fiduciosi = stanno economicamente e socialmente bene.
    Integrati (e giustamente guai a chi minaccia l’ordine costituito, il loro status, la loro “roba”);

    insieme a loro ad una considerevole parte di medi travet semipezzenti, ma condizionati dal conformismo e pronti a dichiararsi tali perché i media dicono che se non lo fai sei ignorante, pericoloso e parafascionazirazzista; ‘na bestia immonda.
    Hanno in sintesi paura dell’etichetta, stigma sociale che ne deriverebbe a dissentire anche solo timidamente e parzialmente;
    è inoltre una pacchia che basti il dirsi fiduciosi sputando sui diffidenti-complottisti, sui “cattivi”, chiamarli pubblicamente stupidi, incolti, webeti ecc. per accedere alla dimensione di acculturati (semicolti) e perbene (il bravobambinismo funziona sempre)

    Pessimisti = disoccupati, precari, esclusi, “deplorevoli”,
    poveri e poveracci in sintesi (e non è forse propriamente vero che ci credono al “complottismo”, a Q, alla buona fede di un Trump, sono semplicemente contro un sistema che li esclude ed emargina, o almeno lo sentono così, e si agganciano a chiunque sembri contro, a chiunque sia inviso ai Media mainstream)

    Socialmente hanno ormai poco o niente da perdere e da sperare.
    La cultura o l’intelligenza che i media strombazzano mancare non centrano,
    a mio parere centra solo lo stato sociale ed economico, oltre al conformismo.

    I media combattono abilmente il dissenso usando l’arma dello stigma sociale, del marchio di Caino; le etichette tormentone e di stagione, quel marchio di ignorante-deplorevole-bestia, se non stai e ti dichiari prontamente dalla parte giusta, l’unica e sola.

    In fondo mi pare la la vecchia solita lotta di classe rivisitata e camuffata.

    Chi è fiducioso sta più o meno bene nel “sistema”, e, o, ha paura dello stigma.

    Chi è pessimista no; e dello stigma dei media e del conformista travet-trinariciuto a rimorchio ormai se ne sbatte.

    Saluti a a tutti voi e a Martinez che seguo silente da un decennio.

    • Ros scrive:

      ps.
      i fiduciosi sono gli attualmente vincenti a vario titolo e misura del nuovo che avanza (Baricco li chiamava “I barbari” 2013, Feltrinelli)

      I diffidenti (li avevo appellati pessimisti, un lapsus) sono semplicemente la moltitudine dei perdenti della situazione;

      quelli che non riescono ne riusciranno (nemmanco forse vogliono) a trasmutarsi in “mercuriali” per citare Yuri Slezkine.

      I diffidenti apocalittici, i fiduciosi integrati, per citare quella contrapposizione di cui scriveva Eco.

      E sono legione che avanza; i nuovi poveri, gli impoveriti, o in via di povertà, i perdenti, gli “sdentati”;
      tutta l’ex classe cosiddetta media, piccolo piccolo borghese figlia, nipote e pronipote del boom, delle socialdemocrazie, di un modesto e laborioso benessere, dei figli che facevano socialmente meglio dei padri, del welfare e di Keynes ormai andate e sorpassate.

      Quelli a cui davvero è stato rubato il futuro, e pure il presente,
      e mica per il clima!

      Quelli senza discendenza.

      Che si sanno a istinto prossimi a sparire.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ros

        “tutta l’ex classe cosiddetta media, piccolo piccolo borghese figlia, nipote e pronipote del boom, delle socialdemocrazie, di un modesto e laborioso benessere, dei figli che facevano socialmente meglio dei padri, del welfare e di Keynes ormai andate e sorpassate.”

        Esatto!

  15. I politici non sono ‘potenti’, al massimo sono i figuranti dei potenti. Il potere vero non si espone pubblicamente (a parte rari casi).
    Anch’io mi colloco tra i ‘diffidenti’.
    Quanto alle teorie dei complotti, mi affido ad un’interpretazione meta-complottista: le teorie complottiste vengono fabbricate ad arte per tenerci occupati a discutere di questioni immaginarie, e distratti dai problemi reali.

  16. PinoMamet scrive:

    Vabbè, a tutti vada il mio augurio:

    Possiate vivere in tempi NON interessanti!!

  17. mirko scrive:

    Moi

    Una chicca per te:

    Trovata in rete: Ha nevicato per tutta la notte.
    Alle 08:00 faccio un uomo di neve.
    Alle 8:10 passa una femminista e mi chiede perché non ho fatto una donna di neve.
    8:15 faccio una donna di neve.
    8:17 la mia vicina femminista si lamenta del seno voluminoso della donna di neve perché dipinge le donne di neve come oggetti.
    8:20 una coppia gay che vive lì vicino mi guarda storto lamentandosi del perché non ci sono due uomini di neve.
    8:22 un transessuale passando mi dice che avrei dovuto fare un uomo di neve con parti rimovibili.
    8:25 dei vegani che abitano in fondo alla via si lamentano della carota usata come naso dicendo che è cibo e non una decorazione per pupazzi.
    8:28 passano delle persone di colore e mi danno del razzista perché la coppia di neve è bianca.
    8:31 dei musulmani sull’altro lato della strada chiedono che la donna di neve indossi un burka.
    8:40 arriva la polizia dicendo che alcune persone si sono offese.
    8:42 la mia vicina femminista si lamenta per la scopa che raffigura la donna umiliata e costretta a svolgere lavori domestici.
    8:43 un funzionario del ministero per le Pari Opportunità arriva e mi minaccia di denuncia.
    8:45 dei reporter del tg si avvicinano chiedendomi che differenza c’è tra l’uomo e la donna di neve. Io rispondo “le palle” e mi accusano di sessismo.
    9:00 appaio al telegiornale come sospetto terrorista, razzista, omofobo e intenzionato a sollevare problemi durante il maltempo.
    9:10 mi chiedono se ho dei complici.
    9:15 mi arrestano
    È UN MOMENTO STORICO DIFFICILE ..

  18. daouda scrive:

    Nessuno di voi però ama ragionare perché posto che il piano Q abbia ragione voi che fareste?
    Perché è evidente che c’è un obiettivo in questa faccenda ma voi non paventate un abbozzo di comprensione di nessuno degli scenari bollando tutto come un cazzata

    • daouda scrive:

      Voi non vedete né la sconfitta di Q che date per scontata, e dunque non vedete la loro vittoria.
      Poi c’è la loro mezza vittoria e dunque dall’altra la mezza sconfitta, se non vi fidate della piena vittoria e la loro totale sconfitta.
      Ergo se fosse attuato, non vedreste uguale.

      VOI SIETE GLI ASTRATTISTI. Per qusto parlate di fatti, vi avemo sgamato.

  19. Miguel Martinez scrive:

    Qualcuno ricorderà la favola di Esopo della contesa del sole e del vento.

    Di norma, i progressisti si rivolgono ai loro avversari più o meno come il famoso sindaco di Bergamo, che commentando le immagini dei matti che avevano dato l’assalto al Senato, scrisse:

    «Guardo e riguardo queste persone sfilare. Chi sono? Proletari, mi verrebbe da dire. Poveracci poco istruiti, marginali, facilmente manipolabili, junk food e fake news, marionette nelle mani di uno sciagurato li ha usati per il suo potere. È così che si diventa fascisti?».

    Il vento, insomma.

    Prendete invece Tulsi Gabbard… che se volete è molto a “sinistra” di Biden in quanto vuole fermare le guerre americani in giro per il mondo, vuole assistenza medica gratuita universale, è ambientalista, vorrebbe smantellare le lobby imprenditoriali…

    Ma sa dire alla gentaglia disprezzata da Gori, “vi voglio ascoltare, mettiamoci insieme”.

    Ora, guardate i commenti che Tulsi Gabbard, che ripeto è certamente “a sinistra” di Gori, riceve qui,

    https://www.youtube.com/watch?v=VCGp-zYjUKA&list=PLEbhOtC9klbDG22n–rCDbv02-n8l6agL&index=1

    quasi tutti da gente che dice, “io non ho mai sentito una democratica parlare così, io questa la voterei!”

    Che tradotto vuol dire, “ecco una persona che mi rispetta”.

    E questo semplice fatto, di sentirsi ascoltati, sentire che non ti si sputa in faccia, permette a questa gente di sciogliersi, di smettere di arroccarsi nella rancore, di riflettere; e da lì anche di capire e cambiare idea.

    Il sole.

    • Francesco scrive:

      se solo fosse cristiana, anzi cattolica, anzi una cattolica di destra, potrei innamorarmi anche di lei!

      😉

    • Z. scrive:

      Mah, io non conosco nessuno degli assalitori statunitensi. Conosco però dei fissati italiani con QAnon, e credimi se ti dico che parlarci sarebbe davvero tempo perso.

      Peraltro, non sono affatto proletari, né marginali, e nemmeno così poco istruiti.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Zeta

        “Mah, io non conosco nessuno degli assalitori statunitensi.”

        Nemmeno io. Conosco molti americani che appartengono all’immenso mondo in cui qualcosa come QAnon può dare un senso alla vita.

        E alla maggior parte di loro, Tulsi Gabbard saprebbe dare un senso più ricco, anche perché per una volta non sarebbero sulla difensiva.

      • Miguel Martinez scrive:

        per Zeta

        ” Conosco però dei fissati italiani con QAnon, e credimi se ti dico che parlarci sarebbe davvero tempo perso.”

        ho il sospetto che queste cose arrivino in Italia dall’America, come a suo tempo arrivarono in Italia dall’India i guru, o il maoismo dalla Cina.

        Alcuni eccentrici italiani, che avevano la fortuna di conoscere lingue straniere, si sono impossessati di cose che non hanno nulla a che vedere con la loro cultura, e ne hanno fatto una caricatura.

        • Z. scrive:

          Non sono sicuro che le persone in questione conoscano davvero le lingua straniere…

          Però capisco il punto. Può darsi che i qanonisti italiani siano diversi da quelli d’oltreoceano, di cui so ben poco.

  20. mirko scrive:

    Perché Tulsi Gabbard non è riuscita ad arrivare alla Casa Bianca?

    • roberto scrive:

      perché al di fuori delle hawaii nessuno l’ha votata

    • Miguel Martinez scrive:

      Per mirko

      “Perché Tulsi Gabbard non è riuscita ad arrivare alla Casa Bianca?”

      E chi se ne è accorto che esisteva?

      Non aveva nemmeno il sostegno della sinistra organizzata, come Bernie Sanders, e soprattutto – come Bernie Sanders – non aveva il sostegno dei mega-donatori del Partito Democratico.

      In fondo, non era nessuno.

    • Francesco scrive:

      voti, caro Duca, voti

      PS qualcuno ha notato che un uomo ha sconfitto una donna in Georgia nella elezioni per il Senato? dove sono le lamentele sessiste?

      PPS qualcuno ha i dati sui soldi spesi in quelle elezioni? io avrei come un sospetto ma IN CERTI CASI pecunia non olet

      PPPS quanto manca al 20? so’ stufo raga, so’ stufo

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Lei è Sanders si contendevano lo stesso elettorato, il Partito sparava addosso a entrambi e i vari giornaloni dicevano che erano di destra.

      • Z. scrive:

        No, ti prego, giornaloni e professoroni no… di Travaglio ne basta uno, e anche di Renzi!

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Il NYT e il Washington Post come li chiami?

          • Z. scrive:

            “Giornali”. E Zagrebelsky “professore”.

            🙂

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Li chiamerò “giornali” appena si smetterà di incensarli ben oltre i limiti dell’idolatria.

              • Francesco scrive:

                ORRAMT!

                in effetti “l’autorevole quotidiano” o “l’autorevole settimanale” è una delle cose più insopportabili che esistano

                anche perchè lo sono per i due minuti in cui si possono usare per sostenere la tesi di chi ne parla, poi spariscono per anni e anni

  21. Miguel Martinez scrive:

    Se contrastate Trump e la Gabbard…

    Trump dice, “vi considerano feccia? Fategli una pernacchia!”

    Che poi dà il perfetto pretesto a quelli che si sentono superiori, di dire, “guardate! E’ proprio feccia! fanno pure le pernacchie!”

    Gabbard dice…

    “siamo sulla stessa barca, abbiamo le stesse esperienze di vita, cerchiamo insieme come uscire da questo disastro, senza che nessuno giudichi l’altro, e comunque non esiste solo la politica, esistono anche mille altre cose”.

    Proprio per questo è affascinante vedere le corazze che si ammorbidiscono, gli omoni con i fucili che si mettono ad assaggiare le ricette vegane della donna induista e mezza samoana, e scoprono che sono pure buone.

  22. Miguel Martinez scrive:

    E ditemi se non abbiamo anche noi gli amerihani nell’animo:

    http://kelebeklerblog.com/2016/06/25/borbonosionismo-rock/

  23. MOI scrive:

    https://eu.usatoday.com/story/opinion/2021/01/13/trump-impeachment-pelosi-gift-to-captive-republicans-column/6627377002/

    Nancy Pelosi offers Republicans an impeachment gift, again: Will they take it this time?
    Trump is a tumor that needs to be cut from the GOP without any delay. And Pelosi is mercifully handing Republicans a scalpel.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “And Pelosi is mercifully handing Republicans a scalpel.”

      interessante. la signora Liz Cheney, alla tenera età di 22 anni, si è laureata con una tesi sui “Poteri di guerra del presidente”, e subito dopo è stata assunta nella ditta del tizio che aveva combinato l’Irangate. Poi siccome l’America è il paese delle opportunità, non sarà per il fatto che era figlia del vicepresidente, che l’hanno presa come ” Deputy Assistant Secretary of State for Near Eastern Affairs”, dove ha potuto spendere 29 milioni di dollari per promuovere i sostenitori dell’impero in Medio Oriente.

      E ho solo guardato Wikipedia…

      • Miguel Martinez scrive:

        Sempre per Moi

        Nell’articolo che citi:

        ” As the Cook Political Report’s Amy Walter recently noted, 54% of GOP respondents in an NBC/Wall Street Journal poll conducted in October said they identified more as a supporter of Donald Trump than as a supporter of the Republican Party.”

        L’immensa fascia dell’ex-classe operaia/media suburbana, in via di incenerimento, è qualcosa di completamente diverso dallo storico Partito Repubblicano dei protestanti/puritani della Costa Orientale.

        Questa fascia è anche inconciliabile con il partito Democratico (che pure in tempi storici fu il partito operaio), e quindi ha seguito un signore che ha detto, “vi considerano feccia? Fategli una pernacchia!”

        Spero moltissimo che impiccino Trump, perché allora non potrà più candidarsi… ma quella gente non è certo recuperabile dalla Liz Cheney, per fortuna.

        Che sia la volta buona per Tulsi?

      • Francesco scrive:

        Miguel

        ha visto il film Vice dedicato alla vita di Dick Cheney? molto interessante, per capire la psicologia dei cineasti di sinistra e molto speranzoso, per chi si chiede se i repubblicani possono recuperare gli elettori di Trump senza di lui

        ciao

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Francesco

          “ha visto il film Vice dedicato alla vita di Dick Cheney?”

          No, considero Dick e sua figlia Liz (che peraltro ha condotto la schiera dei senatori repubblicani che hanno votato per impicciare Trump) due delle massime figure criminali di questo secolo.

          • Francesco scrive:

            allora dovresti, è molto interessante proprio per chi lo demonizza

            PS Liz cosa ha mai fatto, a parte parlare male del matromonio gay pur avendo una sorella lesbica sposata con una donna?

  24. MOI scrive:

    cmq anche ” Nessuno ” di Gian Luigi Paragone a “La Gabbia” era avvincente … il primo in assoluto a fare il nome di Kalergi e dell’ opera Praktischer Idealismus sui Media Main Stream !

  25. Moi scrive:

    Due domandine magari stupide MA lecite :

    … Ma quante “marche” 😉 di Vaccino ci sono, in giro ?!
    Pfilzer [… il più “appealing” in assoluto come “immagine” sul Mercato, visto che l’ avrebbe stroglato un Discendente di Sopravvissuto alla Shoah !), Moderna, Johnson …

    … e il Libero Mercato, in materia, com’ è che funzia ?

    • Moi scrive:

      Be’, potrebbe diventare uno Status Symbol : “… razzista / antisemita, io ?!”

      …”Ma se mi vaccino con Pfilzer !” 😉

  26. daouda scrive:

    MIGUEL ti ho scoperto. Questo ritrovo è un esperimento sociale per far convivere l’inincontrabile.
    Tu che storia vuoi sfornare alle nostre spalle per far veleggiare la tua setta?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Daouda

      “Questo ritrovo è un esperimento sociale per far convivere l’inincontrabile.”

      Ci provo!

      “Tu che storia vuoi sfornare alle nostre spalle per far veleggiare la tua setta?”

      Voglio convincervi tutti a diventare cittadini statunitensi e votare per Tulsi Gabbard nel 2024.

      Poi mi nominerà console a Firenze.

      • daouda scrive:

        dai che palle fai il povero sovietico!

      • Francesco scrive:

        l’idea mi tenta molto Miguel

        solo che l’attuale normalità USA mi fa orrore, non ho nessun interesse a vivere nel paese in cui il giorno del Gay pride è festa nazionale obbligatoria in stile nord coreano

        quindi trattiamo, come direbbe Renzi

  27. Miguel Martinez scrive:

    Sono molto lontano dalla visione keynesiana-idealista di Maurizio Blondet, ma ha detto una cosa azzeccatissima:

    https://www.maurizioblondet.it/allora-trump-era-un-salvini/

    Trump è stato un Salvini più grosso e con la chioma arancione.

    In Usa si torna alla normalità. La transizione alla Casa Bianca avviene fluidamente.

    • daouda scrive:

      Gli obiettivi materializzati da Trump e Salvini sono diversi qualitativamente ma ottenuti , neanche se fondessimo B. e Salvini avresti l’utilità quantitativa di Trump oltretutto.

    • Peucezio scrive:

      Alla normalità non si torna, perché gli USA non sono più in grado di mantenerla.
      Biden è l’ultimo tentativo disperato di mantenere l’egemonia di prima.
      Probabilmente resteranno una potenza a lungo (o forse imploderanno presto, come io auspico), ma non credo che potranno avere la stessa forza espansiva di prima.

      • daouda scrive:

        Peucé Biden è l’ennesimo tentativo per MINARE e DEGRADARE la fu loro egemonia.
        Cazzo segui proprio tutti gli stilemi destroidi?

        • Peucezio scrive:

          Speriamo…

          Ma chi avrebbe interesse a degradare la loro egemonia?

        • daouda scrive:

          eh no, perché quel che viene dopo è molto peggio

          Gli usa sono sempre stati uno stato gregario…

          • Francesco scrive:

            daouda il britannico!

            😀

            • daouda scrive:

              ho dei dubbi che il british israel sia un costrutto artefatto.
              Difatti ormai si sa che l’aristorazia inglese si fuse con gli ebrei piantatesi in terra angla.
              Al ché puoi fare le tue deduzioni anche prché se aveste l’accorteza di studiare la guerra spionistica fra URSS ed USA, persa dai secondi, comprenderste l’importanza di Viktor Rothschild nel MI16

  28. Peucezio scrive:

    Miguel,
    su Tulsi Gabbard,

    vabbè, tu sei metà americano quindi è anche giusto che la vedi diversamente da me.

    Però non è meglio se gli Stati Uniti implodono proprio e poi si ricostruisce dalle macerie (in una prospettiva completamente diversa)? E la Tulsi non impedirebbe o rallenterebbe il processo?
    Tu non eri quello delle foglie secche da rimuovere per far rinascere la natura lussureggiante?

    Insomma, se è così brava (e non ne dubito minimamente), fanculo! Pigliamocela noi in Italia che stiamo alle pezze e avremmo bisogno di essere governati decentemente!

    • Francesco scrive:

      Peucezio, come sicuramente sai, la natura aborre il vuoto

      se gli USA implodono indovina cosa succederà … forse che qualcuno ne prenderà il posto? qualcuno per cui il controllo sociale assoluto è un ideale in corso di realizzazione e non un problema trattato da secoli?

      perchè va bene detestare gli USA o la Juventus o le finte bionde ma occorre pensare alle conseguenze

      • Miguel Martinez scrive:

        Per francesco

        “perchè va bene detestare gli USA o la Juventus o le finte bionde ma occorre pensare alle conseguenze”

        anche questo è vero

      • roberto scrive:

        “perchè va bene detestare gli USA o la Juventus o le finte bionde ma occorre pensare alle conseguenze”

        totalmente d’accordo…e già faccio fatica con l’inglese non ho molta voglia di iniziare con il cinese

        • Peucezio scrive:

          Pigrone che non sei altro!

          È così bello studiare una nuova lingua.

          Io non ho questo problema: non mi sono preso il disturbo di studiare l’inglese, figuriamoci se mi preoccupo di imparare il cinese.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Studiare una lingua è noioso, faticoso, ripetitivo e lungo. A ognuno le proprie perversioni.

          • roberto scrive:

            Per me dipende chiaramente dalle lingue

            Il greco lo sto studiando con enorme piacere ma mi sa che non lo imparerò mai decentemente
            Il francese l’ho imparato bene praticamente senza studiarlo
            L’inglese mi sembra frustrante perché mi sembra di non migliorare mai
            Il tedesco mi piace ma effettivamente lo trovo noioso da studiare

            Il problema è che sono molto zuccone e quindi studiare una lingua vuol dire sangue sudore e lacrime

          • PinoMamet scrive:

            “Il greco lo sto studiando con enorme piacere ma mi sa che non lo imparerò mai decentemente”

            Come me col gallese!

            “L’inglese mi sembra frustrante perché mi sembra di non migliorare mai”

            Come me col gallese!

            “Il tedesco mi piace ma effettivamente lo trovo noioso da studiare”

            Come col gallese! 😀 😀

            (ma il più frustrante di tutti è il Cherokee!!)

      • Z. scrive:

        No, non è vero.

        Detestare la Gioventù è male.

      • Peucezio scrive:

        Francesco,
        proprio a me mi dici ‘ste cose, che non vedo l’ora di essere una colonia del Celeste Impero?

        • Z. scrive:

          Ma sei sicuro che loro ti vogliano? 🙂

        • Francesco scrive:

          parliamone: cosa mi dici di come trattano gli Uiguri, i Mongoli, gli Honkonghini, di come si apprestano a trattare i Formosi e di come si comportano coi negri in Africa?

          non mi pare coincidano coi tuoi ideali multiculturali e relativisti. o che permettano ai sottoposti di non sapere il cinese

          🙂

  29. Z. scrive:

    Miguel,

    una cosa te la dico: se dopo i geometri inizi a prendertela coi ragionieri mi arrabbio.

    Viva i ragionieri 🙂

  30. izzaldin scrive:

    viato che qualche settimana fa parlai qui di censura al manifesto, in anticipo sui discorsi di ora sulla censura su internet, guardate cosa succede: Google rimuove la app del manifesto
    https://ilmanifesto.it/google-rimuove-senza-preavviso-la-app-del-manifesto-dal-play-store/

    • Miguel Martinez scrive:

      Per izzaldin

      ” Google rimuove la app del manifesto”

      molto interessante.

      E’ un po’ come quello che dice Davide Grasso, oltre alla vistosa censura del presidente degli Stati Uniti, c’è una crescente censura “a sinistra” – lo diceva peraltro anche Tulsi Gabbard che ci sarebbe stata.

      Siccome a Google, del Manifesto presumo che non gliene importi molto, deve averglielo chiesto qualcuno in Italia.

      Complottisticamente, mi chiedo se il Manifesto abbia fatto qualche inchiesta particolare, che avrebbe dato fastidio a qualcuno.

      • Francesco scrive:

        censura a sinistra? capisco che lamentarsi di questo è parte dell’identità della sinistra storica ma viene un pò da incazzarmi

        come riporta Moi, basta scrivere che si è contrari a genitore 1 e genitore 2 e si rischia di sparire dall’Internette – che per me sarebbe un bene ma culturalmente e politicamente è terribile!

        PS i mass media “per bene” hanno mai manifestato interesse alla propria perdita di credibilità? o si dicono che è colpa dei populisti?

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Genitore 1 e 2 è una roba amministrativa che serve a registrare i casi di adozione del figliastro: più elegante di correggere i moduli a penna.

          • Peucezio scrive:

            Quali moduli?

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              La roba di genitore 1 e 2 riguarda la modulistica dell’anagrafe. Scartoffie a cui nessuno pensa mai che a quanto pare hanno iniziato ad appassionare l’agone politico.

              • Moi scrive:

                Sulla prossima Edizione CEI della Bibbia, voglio leggere che Adamo, Abramo , Mosè e Noè erano … Genitoreunoarchi 😉 !

              • Peucezio scrive:

                E si pongono problemi di eleganza?
                E si fanno ancora su carta?
                Poveri noi…

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                I documenti si cerca di standardizzarli proprio perché solo così è pratico trattarli digitalmente.

              • Francesco scrive:

                e chissà perchè risultano ora importanti e interessanti, queste scartoffie

                a volte ti piace giocare all’ingenuo ragazzo di campagna, vero?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Credo che risultino interessanti perché purtroppo il mondo è pieno di imbecilli meschini. E alcuni imbecilli meschini pensano che registrare come maschio una lesbica o come femmina un gay a causa delle voci sui moduli sia umiliante per il cittadino e quindi divertente.
                Non credo di dover dedicare ai desiderata di tali imbecilli meschini il mio tempo.

              • Francesco scrive:

                no, non credo sia quello il problema

                credo sia più quello di emeriti criminali che si inventano il diritto a creare una “famiglia” quando è impossibile e alla fine di tutto arrivano a distruggere, cercare di distruggere, le famiglie reali

                tutto sommato, essendo convinto che il reale sia più forte del legale e del politico, mi va bene il modulino che hai linkato prima, ci penserà il tempo a sistemare le cose

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                L’adozione del figliastro è una realtà, infatti, che deve essere recepita da chi si ritrova a doverla censire per la corretta conservazione dei registri. Non so da dove derivi questa tua idea di impossibilità.

              • Peucezio scrive:

                L’adozione è una condizione giuridica: è una realtà nella misura in cui lo stato ritiene di consentirla.

                La convivenza materiale può essere uno stato di fatto.

                E anche questa può essere consentita o vietata dallo stato (ma essendo una condizione materiale, uno può riuscire a eludere il divieto).

                Che poi, sai che bell’esempio per il bambino farlo crescere in un contesto di immoralità e depravazione.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — Che poi, sai che bell’esempio per il bambino farlo crescere in un contesto di immoralità e depravazione. —

                L’omosessualità sarebbe immoralità e depravazione? Lo pensi davvero?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “una realtà nella misura in cui lo stato ritiene di consentirla”

                Esatto. E siccome l’ordinamento la consente, il ministero che non si adegua è fuori dalla realtà.

  31. daouda scrive:

    io vorrei ricordare a tutti che agustin baurrel è stato il primo teorizzatore del complotto jewsuita guardacaso giusto per far subito capire ch ei primi a perdere tempo co ste manovre so qulli che stanno in alto no i malati tipo Malanga pé cità uno degli ultimi arrivati ch mmo stta a rompe er cazzo co sto declassificamento

    • daouda scrive:

      sto rileggendo messaggi vecchi che sto cercando tramite google ( è più efficiente nun c’è n cazzo da fa ) su kelebeklerblog in tema di cospirazionismo ed, esulando da ciò, credo che opterò per ripubblicare un amarcord daoudiano ogni tanto quando me và, così ridemo!

  32. Ros scrive:

    Io sti benedetti complottisti, in genere, li ho sempre avvertiti come una sorta di nerd.

    Nerd un po attempati, che abboccano per trastullo a fare un infinita, tediosa e inconcludente tara spesso a semplici Psyop, spesso a complottini reali; ma sempre inutilmente.

    Spulciare, misurare, verificare documenti astrusi, tradurre teorie e cospirazioni storiche…..

    Tutta roba tipo “Dungeons & Dragons” e similia, mi è sempre parsa.
    Ma davvero pensate che le masse scontente stiano li a interessarsi di tali robe?
    Anche quando dimostrati reali molti complotti (fake e false flag, armi di distruzioni di massa, arsenali chimici e quant’altro si usa per attaccare e demonizzare il nemico in agenda) che cambia?
    Non cambia nulla in genere. Aspetto il giorno che si dirà loro papale papale: “si, è vero embé!”
    E’ una visione adolescenziale quella della loro efficacia, roba da club di perditempo, un po disadattati, un po bastian contrario per carattere; di quelli insomma che mal sopportano l’autorità.

    A me parrebbe che ad istinto tutti quei 75 milioni di americani che votano per Trump, votano – e voterebbero chiunque, se ben finanziato e supportato (e li casca l’asino! Chi finanzi e e supporta, e a qual fine?) soltanto contro un partito democratico di liberal benestanti che non considerano i loro reali problemi, le loro paure, e anzi li criminalizzano come identità e comunità. Che antepongono cose che vedono come stronzate ai loro reali, sociali e materiali problemi.

    Alla velocità dei cambiamenti cui non riescono a star dietro, a cavalcare e adattarsi.

    Quei 75 milioni di sbarcatori di un lunario possibile, ad appassionarsi di queste cose complottistiche vere o non vere che siano, non c’è li vedo proprio.
    Diranno magari “son satanisti e pedofili comunisti” ma giusto per insultare i loro nemici, mica perché ci credano davvero e sono stati li a passare giorni leggendo siti complottisti;

    per sentito dire.

    Leggere e faticoso, impegnativo, palloso, spessissimo è pure inutile, roba da culialcaldo, da testosterone basso (più una cosa da liberal insomma, sti nerd complottisti sono l’esatto rovescio della medaglia dei liberal-radicali e postmoderni, il loro esatto controcanto, la loro reazione esatta e contraria all’azione liberal)

    I liberal democratici – per quel che riguarda Sanders o la Gabbard- sembrano piuttosto cercare una polarizzazione, una divisione demonizzata, un divide et impera che non una conciliazione.
    Non sembrano voler coptare quei milioni di americani scontenti, tutt’altro. Non pare essere nella loro narrativa e progetto la conciliazione ma il contrario.

    Leggete questi articoli, cosa ne pensate?

    https://keinpfusch.net/loweel/i-bianchi-che-nessuno-vuole-vedere

    https://keinpfusch.net/loweel/i-bianchi-che-nessuno-vuole-vedere-2

    https://keinpfusch.net/loweel/i-bianchi-che-nessuno-vuole-vedere-3

    Questo interessa a quei 75 milioni, non i complotti.

    • roberto scrive:

      “Leggete questi articoli, cosa ne pensate?”

      ne parlavamo qualche post fa con daouda…credo effettivamente che il non pensare all’esistenza dei “bianchi poveri” (usiamo questa formula riassuntiva) sia un errore di prospettiva clamoroso.
      i “neri poveri” hanno le associazioni, BLM, positive actions, attivisti, eccetera (per quel poco che pu valere per le vite individuali)
      i “bianchi poveri” non hanno nessuno

      senza voler fare sgradevoli classifiche della disperazione, i bianchi poveri sono veramente soli e non mi stupisce affatto che votino per il piromane

    • roberto scrive:

      “per sentito dire.”

      io però ho l’impressione che sul sentito dire uno si possa creare dei castelli in aria veramente difficili da espugnare

      cioè se uno dei 75 milioni sente dire che obama è pedofilo e se è disposto ad accogliere questo messaggio, mica starà lì a leggersi pagine su pagine, crederà che obama è pedofilo perché “lo sa”

      pensa un po’ alla cosa del “abbiamo eletto il governo”. non è che tutti quelli che lo dicono si sono letti chissà che, ma prova a convincerli del fatto che hanno votato per eleggere un parlamento e non un governo…

    • roberto scrive:

      se avete una mezz’oretta da investire consiglio gli articoli segnalati da Ros, sono veramente interessanti!

      • Francesco scrive:

        provvederemo, grazie

        in effetti pare che Trump abbiamo convinto milioni e milioni di persone che le elezioni sono state rubate solo ribadendolo a ogni piè sospinto

        mi ricorda molto la campagna contro le centrali elettriche atomiche del partito radicale e dei verdi: se una bugia tocca la pancia dell’elettore, verrà creduta in ogni caso

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “Leggete questi articoli, cosa ne pensate?”

      Interessantissimi.

      Unico dubbio, quando la Feccia Bianca avrà imbracciato il fucile, senza coordinamento, senza soldi, senza mezzi di comunicazione, finiranno sotto le ruote dei carri armati o si adegueranno.

      Giustamente Keinpfusch sottolinea che comunque votano. E lì è un problema, perché i repubblicani, se non corteggiano almeno esteriormente la Feccia, non avranno mai abbastanza sostenitore per vincere; ma se li corteggiano, devono concedere loro qualcosa, e può essere rischioso.

      • daouda scrive:

        Miguel quella gente llà, hillbilly e red necks esistono da sempre e da sempre sono ritenuti deficienti zoticoni.
        Ora mi devi spiegare come mai i neo-con, che per vincere li avranno sfruttati anche loro, non tanto hanno risolto il problema che sti cazzi, ma più che altro cosa han loro concesso?

        Fanelli fatelo parlare di computer che almeno llì le cose le collega.

        MI chiedo come possiate basarvi su articoli del genere senza aver presente il quadro della Old Right, senza aver almeno una piccola comprensione e visuale su La Rouche, John Birch Society e Ku Klux Klan ed affini assieme all’evangelicismo “millenarista”.

        Cioè mmo uno si sveglia je dici che Bidet è pedofilo e ci crede? Dai cazzo ma che davero…quelli si non possono stare appresso ai democratici ma certe propagande vanno avanti da 40 anni almeno. La gente non è impermeabile, internet è accessibile a tutti.

        Credere che Q sia la solita cazzata complottista e non un progetto con un fine specifico è altrettanto idiota

      • daouda scrive:

        poi Miguel te ignori il sistema delle milizie. Ora certo soccombrebbero contro l’esercito, ma mica te la regalano eh

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Daouda

          “poi Miguel te ignori il sistema delle milizie.”

          preciso che al contrario delle tue certezze, tutte le cose che citi le conoscevo da molto prima che esistesse Internet.

          E anche abbastanza discretamente.

          Infatti, non a caso ho detto che Wu Ming 1 aveva sottovalutato ampiamente l’aspetto storico della cultura americana.

        • daouda scrive:

          “Unico dubbio, quando la Feccia Bianca avrà imbracciato il fucile, senza coordinamento, senza soldi, senza mezzi di comunicazione, finiranno sotto le ruote dei carri armati o si adegueranno”

          Beh se parlavi del retroterra di Q potevi citarne la genesi e se intendevi le milizie potevi risparmiarti in questa tua frase i SENZA visto che dovresti sapere quanti agganci hanno.

          Quindi fa come cazzo te pare, poi saprai saprai ma a capì quello nun si che nun sei bbono

    • Francesco scrive:

      x ROS

      ho letto i primi due, bene ma non benissimo

      il nostro è troppo preso dalla foga e si dimentica che in America sono in 300 milioni, non ci sono solo i negri di città e i bianchi poverissimi

      in questo è un pò Marx, gli piace tanto il quadro con operai e padroni che il resto o sparisce o viene infilato lì dentro a forza e malamente

      ora leggo il terzo pezzo

  33. Andrea Di Vita scrive:

    @ Ros

    Articoli eccellenti!

    La frase

    ‘Esiste una chiara dicotomia tra “creare le condizioni stabili per uscire dalla fame” e “dare da mangiare”. Sebbene la cosa piu’ meritevole sia la prima delle due, la seconda ha una rendita politica superiore.’

    sembra presa di peso da Orwell.

    Un unico appunto.

    Il fallimento, se c’e’, non è della “sinistra”, ma del capitalismo. Lo ammette implicitamente lo stesso autore, che pure non risparmia strali contro la sinistra (almeno quella USA) quando scrive alla fine del terzo articolo:

    ‘Se si deve imparare a pescare e poi andare a pescare da soli, allora deve valere per tutti, nelle stesse condizioni iniziali e con lo stesso impegno personale di tutti. O gli uccellini escono tutti dal nido, o non ne esce nessuno.’

    Questo è puro ‘o socialismo o barbarie’ di Engels: il progresso come progresso di ogni singolo, indipendentemente dalle capacità individuali, alternativo alla barbarie.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      ” O gli uccellini escono tutti dal nido, o non ne esce nessuno.’

      Devo chiedere a un ornitologo se nella vita reale succede così 🙂

    • Francesco scrive:

      no Andrea

      questa è astrattezza socialista, la forma più efferata di barbarie inventata dalla razza umana

      e le condizioni per realizzarla sono tali che neppure il PCC lo fa

      PS poi non capisco chi vieta di fare le cooperative di pescatori, sono una istituzione tipica dei regimi liberali. altro caso quelli che pretendono i pesci pescati da altri

  34. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Zeta

    “Per Zeta

    “Ora, FB non è l’acqua potabile, ma un videogioco. E che lo Stato spenda le proprie energie per tutelare il tuo diritto ai videogiochi mi pare francamente inessenziale. ””

    partendo dal totale accordo di principio con te… Il Manifesto non va su Google Apps perché vuole fare un videogioco.

    Ci va perché oggi il 99% della gente non compra un quotidiano cartaceo; e il 90% (cifra a caso) guarda le cose sullo smartphone e non sul desktop.

    E sullo smartphone, o passano per Google Apps, o non riescono ad abbonarsi al Manifesto (correggetemi se dico una fesseria tecnica, non avendo Smartphone o Google Apps o abbonamento al Manifesto).

    E a quel punto, il Manifesto, che con tutti i suoi difetti ha cose importanti da dire su ciò che succede al mondo, si troverà non solo a dover licenziare i suoi giornalisti sopravvissuti, ma a smettere di esistere.

    • Z. scrive:

      Miguel,

      — Il Manifesto non va su Google Apps perché vuole fare un videogioco. —

      Infatti mi sfugge il nesso. Si parlava del Tomo de’ Ceffi, mica di giornali…

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Zeta

        “Infatti mi sfugge il nesso.”

        Non parlavo di giornali, ma di Google Apps.

        Il nesso è che il dispositivo informatico, pur gestito da varie aziende, è alla fine una cosa sola.

        Come il petrolio è petrolio, che sia della Standard Oil o della Shell.

  35. Moi scrive:

    Radio popolare: “Giuseppe Conte ha depositato nome e marchio del suo partito. Si chiamerà Insieme”. Palazzo Chigi smentisce

    https://www.huffingtonpost.it/entry/radio-popolare-giuseppe-conte-ha-depositato-nome-e-marchio-del-suo-partito-si-chiamera-insieme_it_5ffdf6d6c5b6c77d85eab803

    L’emittente milanese: “Il premier è andato da un notaio romano nei giorni scorsi”

    • Moi scrive:

      Rispetto a internet in “itsmartyoudumbphone” 😉 … la radio è ancor più “archeologica” della TV, se non “paleontologica” … però “ci si può mettere anche lei” con le féich gnùss ! 😉

  36. Mauricius Tarvisii scrive:

    OT che unisce Bibbia, vichinghi, pellegrini medievali ed etnografie creative.

    In una tavola dei popoli che ho trovato in una guida per pellegrini islandese del XII secolo noto alcune identificazioni interessanti.

    http://www.septentrionalia.net/etexts/leidarvisir.pdf

    A pag. 6 del file (pag. 9 del documento) le identificazioni sono le seguenti

    Magog: Scizia – identificazione tradizionale
    Russia (Gardariki): Madai – identificazione innovativa, forse perché orientali
    Juban (Javan): Grecia – identificazione tradizionale

    Poi le lezioni vedo che si contraddicono.
    La prima (nel testo dell’edizione) è:
    Tiras: Bulgaria (parola con cui l’autore intende buona parte dei Balcani meridionali) – identificazione abbastanza tradizionale
    Tubal: Ungheria, Sassonia, Francia, Ispania – inedita, credo, e di incredibile estensione
    Gomer: Italia (ma in realtà in islandese vedo che la chiama “Romverialand”, cioè “terra dei Romani”), Danimarca, Svezia, Norvegia – interessante
    Masoc (Meshech): Gallia e Cappadocia – tradizionale per la Cappadocia, meno per la Gallia (forse accostata alla più vicina Galazia?)

    La seconda (nella nota b) è:
    Tiras: Bulgaria, Ungheria, Sassonia e Francia – nella prima parte (Bulgari e Magiari sono orientali e stanziati nei Balcani) abbastanza tradizionale, nella seconda forse per l’origine orientale (rispetto all’Impero Romano) delle tribù germaniche
    Tubal: Ispania, Italia (vedi sopra), Svezia, Danimarca e Norvegia – ancora più interessante
    Gomer: Gallia – l’associazione con i celti è antica
    Mosoc (Meshech): Cappadocia – tradizionale

    Mi sembra che la seconda versione potrebbe avere più senso.
    Vedo che gli Iberi originariamente associati a Tubal erano quelli caucasici, ma ho il sospetto che qui l’autore indichi gli spagnoli, visto che questo salto è ampiamente diffuso. L’associazione tra Romani e scandinavi non è un unico di questo testo, visto che nel Duecento le genealogie islandesi avrebbero trasformato gli dei nordici in antichi sovrani, tutti immancabilmente di stirpe troiana. Con l’effetto che gli islandesi si credevano più vicini a noi che ai tedeschi.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Sempre la stessa fonte dice che Ivrea, Milano, Fidenza, Venezia, Benevento, Bari, Giovinazzo, Monopoli e Brindisi e tanti altri luoghi della penisola sono in Italia, quindi direi che un nostro annoso dibattito possiamo dirlo chiuso 😀

      • Moi scrive:

        Italia come Espressione Geografica , ribatterebbe quel Qualcuno … come dire Scandinavia, o Iberia, o Siberia, o Hindustan , o Indocina ,ecc … 😉 😀

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Ho citato sopra che per l’autore le aree geografiche erano anche tavole dei popoli.

          • mirko scrive:

            Solo che il popolo italiano è un’invenzione recente.
            Se si fossero davvero sentiti un unico popolo, gli italiani non sarebbero rimasti divisi per oltre un millennio.

            • Peucezio scrive:

              Scusami, ma questa è una forzatura storica.
              Dai un’importanza enorme allo stato, come se dovesse coincidere con il popolo, ma questa è una distorsione ottocentesca e risorgimentale: un uomo d’Ancien Régime non si sarebbe mai sognato di concepire lo stato in questo modo. E tantomeno di pensare quindi che non ci fosse un popolo laddove non c’era uno stato.

              • mirko scrive:

                Se non si va d’accordo con quelli che ci sono più vicini per legami famigliari, di vicinato, tra comuni vicini, a maggior ragione si possono considerare fratelli, genti che parlano pure linguaggi incomprensibli?
                L’idea d’ìItalia fu per secoli solo una sega intellettuale ed elitaria, visto che per la STRAGRANDE maggioranza degli “italiani”, persino l’abitante di un altro comune era percepito come estraneo. Figuriamoci poi con quelli che abitavano molto più lontano!

              • mirko scrive:

                La vera forzatura storica è dare retta ai sogni di un’ELITE, per non vedere come gli “italiani” per oltre un millennio NON si sentissero tali, ne tantomeno fratelli tra loro.

              • PinoMamet scrive:

                “Se non si va d’accordo con quelli che ci sono più vicini per legami famigliari, di vicinato, tra comuni vicini..”

                beh, Mi’, diciamo che non è la formulazione più felice del concetto che vuoi esprimere 😉

                Faccio il tuo lavoro 😉 e riformulo così:
                si va più d’accordo con le persone più vicine e più simili a noi.
                Verissimo.

                Ma valido in tutto il mondo, anche nei posti più omogenei di tutti.

                Uno dei quali, scopro dal politologo-stratega che likò Mauricius un giorno (ora mi sfugge il nome)…
                è proprio l’Italia!

                In effetti le nostre diversità, che a noi sembrano enormi, sono risibili e minuscole viste da fuori, e l’Italia è uno dei paesi etnicamente più omogenei d’Europa, tra quelli di una certa estensione perlomeno.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Pin Mamet

                “In effetti le nostre diversità, che a noi sembrano enormi, sono risibili e minuscole viste da fuori, e l’Italia è uno dei paesi etnicamente più omogenei d’Europa, tra quelli di una certa estensione perlomeno.”

                Ma io sono convinto che esista una profonda “identità italiana”.

                Uno degli aspetti di questa identità consiste nell’avere come espressione politica il Campanile, e nel non aver bisogno di uno Stato Nazione (parlo dal punto di vista psicologico, non entro in merito al fatto se sia utile averne uno qualunque).

              • Z. scrive:

                Miguel, secondo me hai ragione sul campanile, se parli di mille anni fa.

                Se parli dell’Italia di oggi, mah, io campanili ne vedo pochini.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Zeta

                “Se parli dell’Italia di oggi, mah, io campanili ne vedo pochini.”

                Non so Bologna… Ci sono mille motivi di convenienza per restare in Italia, ma se facesse comodo, penso che la Toscana non esiterebbe a uscire dall’Italia.

                Detto così, è un po’ contorto, lo so.

                Ma si è prima fiorentini, poi toscani; poi italiani nella misura in cui conviene.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “la Toscana non esiterebbe a uscire dall’Italia”

                Secondo me no. Secondo me Firenze uscirebbe dall’Italia e poi l’Oltrarno da Firenze e poi fareste la secessione tu e il tuo vicino di casa prima di dividervi a vostra volta: è semplicemente scarso solidarismo unito alla mitologia delle piccole patrie.
                Credo che le regioni siano la piccola patria più debole tra tutte quelle che si possono ritagliare, tranne forse che in Veneto o in Sicilia, ma anche qui ho molti dubbi.

              • PinoMamet scrive:

                Io conosco decine di persone che a parole non esiterebbero un secondo a uscire dall’Italia.

                Qualcuno, più concreto, lo fa: esce dall’Italia 😉

                Gli altri, si limitano a immaginare la Piccola Patria (di solito, ha ragione Mauricius, a dimensione cittadina più che regionale) dove le cose finalmente funzionano bene.

                È molto comune… è una cosa tipica degli italiani 😉

              • PinoMamet scrive:

                “Ma io sono convinto che esista una profonda “identità italiana”.

                Uno degli aspetti di questa identità consiste nell’avere come espressione politica il Campanile, e nel non aver bisogno di uno Stato Nazione ”

                Concordo!!

                (vedi sopra).

              • Peucezio scrive:

                Mirko,
                “Se non si va d’accordo con quelli che ci sono più vicini per legami famigliari, di vicinato, tra comuni vicini, a maggior ragione si possono considerare fratelli, genti che parlano pure linguaggi incomprensibli?
                L’idea d’ìItalia fu per secoli solo una sega intellettuale ed elitaria, visto che per la STRAGRANDE maggioranza degli “italiani”, persino l’abitante di un altro comune era percepito come estraneo. Figuriamoci poi con quelli che abitavano molto più lontano!”

                Vabbè, ma questo vale per tutte le identità nazionali ed etniche allora, che sono consapevolezze oggi storiche e linguistiche, un tempo erudite.
                E vale anche per il Regno di Napoli, che era un Regno, non certo un’etnia.
                Figurati, non ci si capisce fra baresi e bitontini, si litiga fra cannetani e montronesi (oggi è folclore, ma un tempo erano mazzate di morte!), cosa è mai il Regno per un contadino pugliese o irpino o siciliano se non un signore ricco e potente che sta a Napoli e chiede tasse (ma rompe il cazzo meno del signore locale, per quanto è distante)?

                Poi non parlerei con questo disprezzo della cultura dotta.
                Io sono il primo ad essere legatissimo alla cultura popolare (che è la mia cultura d’elezione: esprime appieno il mio mondo estetico, morale e spirituale).

                Anche più di te, che ti occupi di storia (io invece perlopiù di idiomi orali e di folclore), quindi per forza di cose di documenti, redatti da gente istruita, quasi sempre in toscano, che sapeva benissimo cos’era l’Italia, insomma, di storia illustre, perché gli eventi, le storie e il sentire delle manzoniane “gente meccaniche” non ci sono arrivate, se non per qualche sprazzo, filtrato sempre e rielaborato dai dotti.
                Ma i dotti non sono solo eruditi di provincia, notai, ecc., è alta cultura. A te possono non piacere Dante e Leopardi (ma potrei citare qualsiasi letterato o uomo di cultura italiano pre-risorgimentale), ma non puoi banalizzare così la cultura ritenendola una sega mentale.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Ma io sono convinto che esista una profonda “identità italiana”.

                Uno degli aspetti di questa identità consiste nell’avere come espressione politica il Campanile, e nel non aver bisogno di uno Stato Nazione (parlo dal punto di vista psicologico, non entro in merito al fatto se sia utile averne uno qualunque).”

                Totalmente d’accordo.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                “Secondo me no. Secondo me Firenze uscirebbe dall’Italia e poi l’Oltrarno da Firenze e poi fareste la secessione tu e il tuo vicino di casa prima di dividervi a vostra volta: è semplicemente scarso solidarismo unito alla mitologia delle piccole patrie.
                Credo che le regioni siano la piccola patria più debole tra tutte quelle che si possono ritagliare, tranne forse che in Veneto o in Sicilia, ma anche qui ho molti dubbi.”

                Totalmente d’accordo.

                Io direi addirittura che il mio condominio uscirebbe dall’Italia e ogni condomino si farebbe un condominio a sé.
                L’italiano è individualista, familista e campanilista E diventa nazionalista all’estero e nel calcio.

                Z.,
                “Miguel, secondo me hai ragione sul campanile, se parli di mille anni fa.
                Se parli dell’Italia di oggi, mah, io campanili ne vedo pochini.”

                Ma il campanile, soprattutto poi quello di cui parla Miguel, non è tanto una struttura sociale o giuridica, ma psicologica e morale.
                L’italiano non ragiona MAI in termini di vantaggio dell’Italia. A tutti i livelli.
                È affezionato alla pasta al dente e al caffè espresso, ma non fa corpo, è alieno alla retorica, con lo straniero comincia a enumerare i vizi italiani, almeno fino a quando lo straniero non eccede e diventa insultante.

            • Z. scrive:

              Mi tocca dar ragione a Ezio…

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Mirko

              “Solo che il popolo italiano è un’invenzione recente.”

              O magari sono “i popoli” un’invenzione recente, ovunque?

            • PinoMamet scrive:

              “Se si fossero davvero sentiti un unico popolo, gli italiani non sarebbero rimasti divisi per oltre un millennio.”

              questa mi sembra come quella del rapper (nero) che diceva che i neri americani non avessero amato la schiavitù non sarebbero stati schiavi. 😉

              Ah, era anche un sostenitore di Trump!!

              • mirko scrive:

                Non è una risposta.

              • PinoMamet scrive:

                Mmm

                a me pare di sì…

                comunque hai un bel volere l’unità quando sei invaso da Francia, Spagna, Austria-Ungheria…

                in ogni caso, guarda i poveri kurdi: a me pare che l’unità la vorrebbero eccome!
                Ma niente da fare, la Turchia non è d’accordo.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Pino Mamet

                ” quando sei invaso da Francia, Spagna, Austria-Ungheria…”

                Esito a polemizzare con Pino Mamet, perché ha un sacco di idee interessanti, ma è pure un po’ zolfino 🙂

                Comunque, non credo che le tre potenze che citi fossero ‘nazioni’ che ‘invadevano’ un’altra nazione.

                Se Carlo VIII fosse riuscito a prendere il trono di Napoli, mica avrebbe fatto recitare nelle scuole elementari di Benevento “Nos Ancêtres les Gaulois”.

                E magari tornato a casa, avrebbe riempito la corte di Parigi di napoletani.

              • mirko scrive:

                Non è solo questione della volontà turca, ma di profonde divisoni religiose e linguistiche all’interno della galassia che definiamo curda.
                Anche l’idea di un unico popolo curdo è un costrutto recente, in cui non tutti gli interessati si riconoscono.

              • PinoMamet scrive:

                Sarà, ma a me sembra che sia soprattutto colpa dei carri armati 😉

              • mirko scrive:

                “comunque hai un bel volere l’unità quando sei invaso da Francia, Spagna, Austria-Ungheria…”

                Nel 1330-1402, i Visconti cercarono di unificare i territori del Regno d’Italia longobardo-carolingio, ma furono ostacolati dagli altri stati ITALIANI, Firenze e Venezia.
                E il loro progetto fallì. L’ideale unitario era appannaggio solo di elies intellettuali.

              • PinoMamet scrive:

                “Comunque, non credo che le tre potenze che citi fossero ‘nazioni’ che ‘invadevano’ un’altra nazione.”

                Naturalmente non lo erano!

                Ma la cosa valeva per loro come per chiunque altro, isole comprese 😉

                Mirkhond ci dice che l’ideale unitario italiano era un’idea di pochi intellettuali.

                E ha ragione!

                Ma la stessa cosa vale per tutti i popoli.

                Per quanto mi riguarda, conta pochissimo che il popolo X sia nato, o sia stato creato, nel X secolo avanti cristo, dopo Cristo, o ieri.

                Conta come sono oggi…

                oggi esistono delle persone che dicono “salut”, “truc”, “je sai pas”, vanno alla festa dei pompieri e alla parata del 14 luglio, e sono i francesi;

                ed esistono delle persone che dicono “vado perché si è fatta una certa”, “la qualunque”, “governo coi controcazzi”, e sono gli italiani.

              • mirko scrive:

                L’insularità credo che cementi un senso di omologazione tra i suoi abitanti, molto più forte.
                Inoltre l’Islanda fin dalla colonizzazione norvegese nel IX-X secolo, fu un’ unica entità statale, soggetta poi all’alta sovranità norvegese (dal 1264) e poi danese (fino al 1944).
                L’Italia invece rimase divisa per oltre un millennio, senza alcuna spinta dal basso alla riunificazione.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “gli italiani non sarebbero rimasti divisi per oltre un millennio”

              L’autore di quel testo che cito era islandese, pure convinto di essere tale. Eppure l’Islanda è indipendente dal 1944 e per via di un’occupazione straniera.

              • mirko scrive:

                L’Islanda è un’isola, con una popolazione etnicamente omogenea da sempre.

              • PinoMamet scrive:

                Beh, mica tanto, in realtà…

                leggiucchiando, salta fuori che anche gli islandesi c’hanno avuto i loro begli incroci.
                Tutto il mondo è paese!

              • mirko scrive:

                L’unico incrocio che mi risulta è con gli irlandesi deoprtativi come schiavi ai tempi delle razzie vichinghe del X secolo dopo Cristo.

              • PinoMamet scrive:

                Sì, beh, leggo che hanno un bel po’ di DNA “celtico” (scozzese e irlandese) e persino qualcosa di nativo-americano.

                (Naturalmente parlo così, per capirci, non esiste il “DNA celtico”, “latino” o “germanico”, o “masai” o “sioux” se è per questo… è solo per semplicità di farsi capire 😉 )

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “L’Islanda è un’isola, con una popolazione etnicamente omogenea da sempre.”

                Quindi ammetti anche tu che la statualità non può essere l’unico argomento?

      • PinoMamet scrive:

        Fidenza non solo è in Italia: ne è stata persino la capitale!

    • PinoMamet scrive:

      Comunque Maurì grazie! è fighissimo!!

  37. Moi scrive:

    A proposito di Punti Vittimi, Punte Vittime e Punt* Vittim* e fraintendimenti :

    “Cagnolini VS Bambini” … LegaNazionalePerLaDifesaDelCane VS Telefono Azzurro

    https://www.legadelcane.org/rassegna-stampa/telefono-azzurro-lancia-uno-spot-vergognoso/

  38. Moi scrive:

    Va bene : il Cittadino (termine coniato a Fine Settecento, quindi passi il Neutro Maschile …) elegge il Parlamento e NON il Governo … MA ritengo che la Continuità NON abbia ad essere un Optional : confido e spero, quindi a ‘sto punto, il Conte TER !

    • Moi scrive:

      … e l’ Aghino del Bilancione 😉 roschia di essere supereroisticamente Captain Cringe 😉 Clemente Mastella !

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “Va bene : il Cittadino (termine coniato a Fine Settecento, quindi passi il Neutro Maschile …) elegge il Parlamento e NON il Governo”

      tecnicamente è ovvio che è così.

      Però io ho votato Cinque Stelle sperando che come risultato, si realizzassero in Italia alcune delle cose che il M5S aveva promesso.

      Tipo, chiudere per sempre la Tav Lione-Torino, bloccare l’espansione dell’aeroporto di Firenze, stroncare quelli che stanno buttando giù le Alpi Apuane, e così via; e per questo ero anche disposto a mandare giù cose discutibili come il reddito di cittadinanza.

      Poi è chiaro che il processo tecnico è complicato, ma il cittadino italiano che vota, vota per come vuole farsi governare.

      Ed è sgradevole sentirsi dire, “ma lo sapevi che hai votato solo per il parlamento, il governo è tutta un’altra faccenda”

      • Moi scrive:

        SE poi aggiungi, come in queste ore, la ricerca spasmodica all’evenienza di “Responsabili” o “Mercenari”, a seconda del punto di vista …

      • mirko scrive:

        “Però io ho votato Cinque Stelle sperando che come risultato, si realizzassero in Italia alcune delle cose che il M5S aveva promesso.

        Tipo, chiudere per sempre la Tav Lione-Torino, bloccare l’espansione dell’aeroporto di Firenze, stroncare quelli che stanno buttando giù le Alpi Apuane, e così via;”

        Lo stesso motivo per cui li avevo votati io.

      • Z. scrive:

        Miguel,

        sarà sgradevole, però lo sapevi 🙂

        PS: cos’è che non ti piace del “reddito di cittadinanza”? Dal mio punto di vista è un istituto grottesco (seppur forse nobile negli intenti), ma dal tuo?

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Ma intendiamo il reddito di cittadinanza in senso stretto (denaro dato a tutti i cittadini in quanto tali), il reddito minimo garantito (si individua una soglia e si dà ai cittadini quello che serve per raggiungerla, secondo l’immagine della “tassazione negativa”) o il reddito di cittadinanza dell’ordinamento italiano (una misura assistenziale rivolta principalmente a disoccupati e inoccupati, la cui quantificazione è parametrata su un modello simile a quello del reddito minimo garantito, invece che sulla base del reddito perso, come succede vagamente per la Naspi)?

        • Z. scrive:

          Credo che Miguel intendesse l’ultimo, che poi era quello nel programma 5S.

          Secondo me è rivolto per lo più a chi si tiene distante dal mondo del lavoro regolare, però…

          Perché la Naspi è vagamente parametrata? Come funziona?

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            La Naspi si calcola sulla base di una media dell’imponibile contributivo (cioè della retribuzione) degli ultimi quattro anni, con una funzione decrescente con l’aumentare della misura (l’imponibile medio viene trasformato al 75% sotto una certa soglia e al 25% sopra) ed un massimale relativamente basso.
            Non c’è il livellamento estremo della cassa integrazione, comunque, perché il massimale è più elevato.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Zeta

          “sarà sgradevole, però lo sapevi”

          usiamo il verbo “governare” in senso non tecnico: credo che anche tu, quando voti, lo fai perché vuoi che in Italia passino certe leggi e non altre.

          Leggi fatte forse dal “governo” in senso stretto, ma comunque approvate dal parlamento.

          In questo senso, credo che votiamo tutti “per il governo”.

          • roberto scrive:

            “ lo fai perché vuoi che in Italia passino certe leggi e non altre.”

            Certo, ma di già che se voto per un partito che avrà il 5%, il mio voto tanto varrà
            So che se voto per un partito che arriva al 35%, beh so che non potrò vedere realizzato tutto e tutto dipenderà dalla capacità dei politici votati di realizzare le loro idee nel margine che hanno (lo so fa un po’ ridere e per i pentastellati ancora di più)
            So che se voto per un partito che ha in programma delle cose straordinarie, quelle cose straordinarie non saranno realizzate se il mio partito non ha la maggioranza
            Non ho più 18 anni. Ahimè.

          • Z. scrive:

            Miguel,

            — Leggi fatte forse dal “governo” in senso stretto, ma comunque approvate dal parlamento. —

            Credo sia più vero il contrario, ma a parte questo non credo che tutti votino “per il governo”. Molti votano per stizza, per animabellismo, per identitarismo, per abitudine. O per “dare un segnale”: questi ultimi sono detti “elettori-semaforo”.

  39. Miguel Martinez scrive:

    Per ADV

    Rasoio di Ockham, cui rispose nel 1945 René Guenon, scrivendo Il regno della quantità e i segni dei tempi, al Cairo.

    Analizzando l’intero destino del mondo, senza nemmeno citare robe secondarie come comunismo, nazismo, guerra mondiale, capitalismo, democrazia, Stati Uniti, destra, sinistra, Chiesa cattolica, e andando invece al sodo.

    “Il bisogno di semplificare, per quel che ha di illegittimo e abusivo, è, come abbiamo detto, un tratto distintivo della mentalità moderna. In virtù di questo bisogno, applicato al campo scientifico, certi filosofi sono arrivati a sostenere, come una specie di «pseudoprincipio» logico, l’affermazione che «la natura agisce sempre per le vie più semplici». Si tratta evidentemente di un postulato del tutto gratuito, in quanto non si vede che cosa possa obbligare la natura ad agire proprio così e non altrimenti; condizioni ben diverse dalla semplicità possono intervenire nelle sue operazioni ed avere la meglio su di essa, sì da determinarla ad agire attraverso vie le quali, almeno dal nostro punto di vista, appaiono spesso molto complicate. In verità, questo «pseudoprincipio» non è niente di più che un augurio formulato per una specie di «pigrizia mentale»: ci si augura che le cose siano il più possibile semplici, perché, se lo fossero in effetti, sarebbero tanto più facili da capire; e inoltre ciò si accorda bene con la concezione tutta moderna e profana di una scienza «alla portata di tutti», cosa manifestamente possibile solo a patto che la sua semplicità arrivi a livello «infantile», e che qualsiasi considerazione d’ordine superiore o realmente profondo ne sia rigorosamente esclusa.”

    • Moi scrive:

      Il Rasoio di Ockham, quando NON fa comodo, prende il nome di “Facilonerìa”… 😉

    • Z. scrive:

      Un intero articolo costruito su di un argomento fantoccio. Miseriaccia delle miseriaccIe 😀

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      Citazione per citazione, rispondo con una frase di Einstein:

      “Il metafisico ritiene che ciò che è fondamentale, che è semplice sia anche vero. Il fisico ritiene che ciò che è vero sia fondamentalmente semplice. E’ una fede come quella del metafisico, ma è la fede su cui si basa il progresso della scienza.”

      Einstein non dice che la natura sia semplice. Dice che il fisico crede che lo sia. E siccome il progresso della scienza è reale – se no non saremmo qui a chiacchierare amabilmente separati da schermi di elettroni interagenti – evidentemente qualcosa di valido in questa fede del fisico c’e’.

      La legge fisica è la formulazione di una regolarità, cioè di un comportamento che non cambia. Trovare ciò che non cambia in un mondo che cambia, e interpretare il secondo sulla base del primo, è la definizione stessa di “spiegazione”. (Ha ispirato lo stesso concetto di “giudizio” in Kant). Non avremmo gli orologi – e non parleremmo di misura del tempo – se non ci fossero fenomeni che si ripetono (il battito del polso, il sorgere del Sole…), ossia che non cambiano. Ed è più semplice descrivere ciò che non cambia: da qui si parte per ogni spiegazione. Guénon ha torto quando dice che la scienza sia alla portata di tutti: è alla portata di chi riesce a dedicare la vita alla continua, assidua, monacale pratica della semplificazione, che Galileo chiama “difalcare l’esperienza”. Quando Democrito dice: “nulla esiste se non gli atomi e il vuoto” sbaracca il campo da ogni “considerazione d’ordine superiore o realmente profonda”, e lo sbaracca perchè inutile. Come Michelangelo che per scolpire il David toglie dal blocco il marmo in eccesso: con la differenza che in natura il David sotto il marmo in eccesso c’è già.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Democrito fa una semplice petizione di principio, priva di qualsiasi ragione o anche solo plausibilità. Poi puoi passare tutta la vita dietro al suo materialismo come dietro alla Juventus o ai soldi. E sappiamo che da una certa età in poi non tornerai indietro solo per paura di ammettere che hai sprecato la maggior parte della vita.

        Preferisco di gran lunga Galileo, che con l’esperienza si confronta e cerca di decifrarla.

        I fenomeni che si ripetono … aveva già risposto Eraclito a questa patetica illusione.

        per chiudere: se funziona vuol dire che funziona, non che sia vero, questa sarebbe metafisica mal fatta!

        ciao

        • Z. scrive:

          L’acqua scorre, ma il fiume è sempre fermo. Eraclito, quando io ero giovane, era considerato per ceri versi filosofo della staticità!

  40. Mauricius Tarvisii scrive:

    Di ADV mi sorprende molto il modo molto medievale di intervenire, cioè molto ricco di citazioni di autorità a sostegno della tesi portata. E questo nonostante questa sia la cultura da lui contannata.

    • Francesco scrive:

      Ha un approccio sentimentale ai dibattiti: se uno che gli piace ha detto una cosa, allora per lui la citazione basta e avanza.

      In effetti non pare avere il sospetto che certe persone per altri non siano affatto autorevoli.

  41. mirko scrive:

    “e l’Italia è uno dei paesi etnicamente più omogenei d’Europa, tra quelli di una certa estensione perlomeno.”

    Falsissimo, vista la grande diversità dei popoli dell’Italia preromana, per non parlare di tutti gli apporti allogeni giunti dai tempi dei Romani in poi.
    Il popolo italiano è una costruzione otto-novecentesca, fondata su seghe mentali di un’elite.

    • Moi scrive:

      Sminuire o negare l’ evidenza della variegata realtà Italiana è una fissa da Espertoni di Limes … etnicamente forse non variegatissimo, ma culturalmente sì, eccome !

      • Moi scrive:

        Identificare l’ Italianità con la “Whiteness” è una cosa recentissima , spesso per polemizzare con i SJWs che invocano ogni 2×3 il “Melting Pot” … senza capire che, per esistere, esso NON va nominato ! 😀

        Nel senso che in America nei Melting Pot fanno molti “agglomerati”e poche “leghe” , in senso chmico 😉 !

        • Moi scrive:

          Insomma, certi SJWs mi sembrano dei “Sizzi Buonisti” 😉 … ma con la stessa “materia prima” 😉 in testa !

          Diffidate di chi si autofustiga di “Previlegio” [sic] in quanto “Caucasico” [sic] .

        • PinoMamet scrive:

          Non mi pare che Dario Fabbri sia un simil Sizzi, né un fissato con la bianchezza…

          comunque che gli italiani, visti dall’estero, siano molto meno diversificati di quanto si vedono loro, è evidenza spannometrica comune.

          • Peucezio scrive:

            Però questo vuol dire fino a un certo punto.
            Per un francese i non francesi sono tutti uguali.
            Non parliamo degli americani, che probabilmente pensano che inglesi e cinesi siano parenti stretti (insieme agli alieni).
            Poi vengono in Italia e rimangono stupiti dall’estrema varietà: già il fatto stesso che esistano i dialetti, non mutuamente comprensibili, diversi a distanze minime colpisce molto la loro immaginazione.

          • PinoMamet scrive:

            Ma io non dico per un francese o un americano:

            io dico per un italiano, all’estero.

    • PinoMamet scrive:

      “Falsissimo, vista la grande diversità dei popoli dell’Italia preromana”

      Mi’, però l’Italia pre-romana è una cosa di “decine e decine di anni fa” come dicevano dei Greci nella famosa scena di Mediterraneo 😉

      Poi in effetti, senza andare tanto in là ne ltempo e nello spazio: oh, in Belgio stanno Fiamminghi e Valloni, in Francia francesi, corsi e bretoni, in Spagna catalani, castigliani e baschi, in Regno Unito inglesi, scozzesi, gallesi e irlandesi (e manxesi)…

      in Italia chi ci sta? gli italiani.

      Sì, vabbè, hanno delle differenze regionali, capirai…

      (a parte le minoranze storiche albanesi e greche, cimbre ecc., che è sostanzialmente roba di folklore ma so’ italiani, e a parte i tedeschi alto-atesini di recente acquisizione, l’unica eccezione seria sono forse i sardi… ).

      • mirko scrive:

        Si, ma per secoli NON si sono certo sentiti un unico popolo.

      • PinoMamet scrive:

        Ricordo che un mio compagno di scuola era albanese-siciliano e una mia amica è veneta-cimbra…
        oh, sono italiani, si “sentono” (per usare un termine che non mi piace) italiani, vivono da italiani ecc. ecc.
        Poi uno sa (un po’) l’albanese antico, e l’altra non sa per niente il tedesco-cimbro, ma la cosa finisce lì…

        Peraltro un’altra mia amica è valdostana con cognome francese, ed è una delle più ferventi patriote italiane e antifrancesi che conosca…
        (un’altra sua, e mia amica, valdostana, è di origine e cognome meridionale, come mezza Val d’Aosta…)

        • mirko scrive:

          Anni fa andai in un comune arbershe sul Pollino. Ti assicuro che si sentivano albanesi e a noi ci chiamavano latini, a rimarcare una profonda differenza tra noi e loro.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Io i greci ce li ho in famiglia e quel lato del parentado al massimo lo si teneva nascosto perché campagnolo, mica perché c’era una profonda differenza. Sì, “parlavano strano”, ma non era assolutamente questo il punto: lo stesso trattamento lo hanno sempre ricevuto anche quelli dei paesi romanzofoni.

            • mirko scrive:

              Per gli Arbereshe del Pollino e della Sila, la questione è un pò diversa, visti i conflitti col circostante ambiente “latino”, soprattutto per via del rito bizantino e per lo schieramento antiborbonico degli Arbereshe durante il risorgimento.

          • PinoMamet scrive:

            Ora che ci penso, ho conosciuto anche un paio di greci salentini…

          • Peucezio scrive:

            Mirko,
            “Anni fa andai in un comune arbershe sul Pollino. Ti assicuro che si sentivano albanesi e a noi ci chiamavano latini, a rimarcare una profonda differenza tra noi e loro.”

            San Costantino o San Paolo Albanese per caso?
            Non ci sono stato, ma conosco gente di lì.

            Devo dire che mi paiono italiani tipici, fatti e finiti.
            Ma con l’orgoglio della loro identità storica.
            Che però non mi suona molto diverso da quello dell’erudito locale che dice: “eh, ma nel nostro dialetto ci sono molti temini di origine greca… eh, ma abbiamo molte parole arabe…”. Non è la stessa cosa, d’accordo, ma non credo che per mentalità, cultura, ecc. siano diversi dagli altri italiani, al di là di questo loro antico dialetto incomprensibile per i vicini (non meno di quanto lo sia il materano, pur romanzo e apulo-barese, per tutti i vicini, altamurani, ferrandinesi, ginosini, ecc.) e della liturgia orientale, che alla fin fine è anche quella una curiosità storica. In passato forse avevano davvero caratteristiche specifiche, oggi lo escluderei.

            Tra l’altro Biasutti spiegava che nulla distingueva fenotipicamente e antropometricamente i vari greci, arbëreshë, ecc. ecc. dagli abitanti dei dintorni né li accomunava alle loro nazioni di origine (sarebbe interessante avere dati genetici).

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “sarebbe interessante avere dati genetici”

              Molto limitatamente: contrariamente a quello che pensa l’opinione pubblica che di genetica non ha capito niente, non esistono “geni italiani” o “geni albanesi”.

            • PinoMamet scrive:

              Premesso che concordo con Mauricius, i miei conoscenti siculo-albanesi mi paiono del tutto italiani.

              I miei studenti e studentesse albanesi qualche volta hanno invece delle fisionomie un po’ tipiche loro.

        • mirko scrive:

          Sono comunque sentimenti sviluppatisi recentemente, dovuti alle migrazioni interne, scolarizzazione di massa e televisione, e tutti elementi posteriori all’unificazione dell’Italia.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Da quello che ho visto, gli aostani parlano con un accento del nordovest e il francese credo sia la lingua delle vecchie targhe in giro per la loro città…

          • PinoMamet scrive:

            I miei amici mi confermano che il francese è una lingua che si studia a scuola, e che qualche politico locale si sforza di parlare (malissimo).

            I vecchi locali di origine locale (quindi una minoranza della popolazione) parlano semmai patois, in ambito famigliare.

            • Peucezio scrive:

              Sì, non capirò mai ‘ste minoranze per conto terzi.

              Perché un ticinese deve parlare toscano (e le ultimissime leve ormai lo fanno abitualmente 🙁 )?
              È molto bello che conosca Dante, la cultura italiana, ecc., ma come lingua di studio, letteraria.

              E questi franco-provenzali che stanno in Italia ma si sono francesizzati?

              E per quale cazzo di motivo i sammarinesi non hanno il loro dialetto romagnolo come lingua ufficiale?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “E questi franco-provenzali che stanno in Italia ma si sono francesizzati?”

                Perché si può essere francesi anche senza vivere in Francia.

                “E per quale cazzo di motivo i sammarinesi non hanno il loro dialetto romagnolo come lingua ufficiale?”

                Perché si può essere italiani anche se non si vive nello Stato chiamato Italia.

              • PinoMamet scrive:

                Peucè, la spiegazione è molto semplice:

                bisogna campare, e si campa in questo mondo, non in quello dei libri.

                In questo mondo qua, ad Aosta risulta molto più semplice parlare l’italiano che il francese.

                Visto che entrambe le lingue vanno sostanzialmente apprese a scuola, vincerà sempre quella che parla la maggioranza della popolazione.

                Poi c’è il dialetto, che si porta dietro lo stigma di tutti i dialetti: è roba da cafoni, se lo parli vuol dire che non hai studiato, al massimo lo puoi parlare in casa ecc.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                hai ragione. Ma i sammarinesi dicono di non essere italiani (ovviamente è una fesseria): perché non sono conseguenti?

                Pino,
                purtroppo è come dici.
                A ‘sto punto viene da dire: perché non imparano tutti direttamente l’inglese da piccolo, così hanno mille vantaggi?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Perché studiando italiano e inglese, prevarrebbe nel quotidiano comunque l’italiano per praticità. Quello che conta è ciò che parla chi ti circonda, mica la statistica globale.

              • Peucezio scrive:

                Anche questo è vero…

                Però queste dinamiche non sono poi così scontate.
                In teoria nella Svizzera tedesca poteva succedere lo stesso che nel Canton Ticino, invece accade l’esatto opposto, malgrado mille ragioni pratiche osterebbero.

  42. Moi scrive:

    Punti di Vista :

    Voltagabbana … Responsabili … Costruttori (questultima è la è più involontariamente comica di tutte !)

    • Moi scrive:

      Ancor prima di “Voltgabbana” sentivamo dire “Mercenari” … insomma : che evoluzione linguistica ultrarapida , la lingua Italiana ! 😉

  43. Moi scrive:

    Una roba che ho sentito dire ma mi tengo in briga ad approfondire … in ogni caso mi pare un po’ una cazzata. Reggetevi forte 🙂 : gira voce che i “nasi caucasici” siano i più difficili da “tamponare” !

  44. Moi scrive:

    A proposito … com’è che i Turchi spaccano sempre il cazzo con (mi scappa da ridere solo a scriverlo …) l’ “islamofobia” in Leuropa 😉 MA quando i Cinesi “mettono in riga” gli Uiguri , invece , fanno pippa ?! 😉

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “MA quando i Cinesi “mettono in riga” gli Uiguri , invece , fanno pippa ?!”

      Se segui un po’ le cose che scrivono i turchi, vedrai che sugli Uiguri rompono tre volte: perché i cinesi sono comunisti, perché gli uiguri sono musulmani ma soprattutto, cosa infinitamente più importante, perché sono turchi!

      Poi non so se il governo turco sfrutta la cosa per ricattare il governo cinese, certamente sfrutta la comunità turca in Germania per sfruttare il governo tedesco.

      • mirko scrive:

        Come potrebbe ricattare il colosso cinese? Aizzando il separatismo uiguro?
        Se lo facesse la Cina finirebbe per sinizzare totalmente il Sinkiang.

        • Peucezio scrive:

          Che poi mi chiedo che cavolo aspetta a farlo.

          Secondo me i cinesi prima o poi si stuferanno dell’Islam: in fondo è incompatibile con il loro sistema statuale e sociale. E allora altro che chiesa parallela nazionale e robe simili: scatteranno i calci nel culo, come diceva Pozzetto. E forse non solo all’interno. L’Islam è un complesso geopolitico forte. Disunito, proteiforme, ma all’occorrenza con un potere destabilizzante enorme.
          Gli imperi asiatici invece alla lunga mirano alla stabilità (non sono come gli Americani, che prosperano solo nel caos). Il giorno in cui l’Occidente non avesse più la forza sufficiente a frenare gli imperi asiatici fuori dai loro confini (oggi sembra fantascienza, ma non è detto che quel momento sia così lontano), non so cosa potrebbe accadere.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            I calci in culo sono già scattati, solo che la gente non fa apostasia solo perché lo chiede il sovrano conquistatore.

            • Peucezio scrive:

              Ehm, intendevo calci in culo di quelli per cui dopo vai a professare la tua fede in compagnia delle Urì… Sai, gli asiatici in genere non si formalizzano troppo.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                La Cina non può permettersi una guerra civile in questo momento: il nemico interno si trasformerebbe troppo facilmente in un utilissimo proxy di tutti i suoi nemici (USA, India, ecc.).

              • Peucezio scrive:

                Esatto.
                Oggi i nemici della Cina sono ancora troppo forti.
                Per questo parlavo di un futuro che non saprei collocare (ma non credo ci vorranno secoli, sempre che la storia non cambi direzione: nulla è prevedibile in pieno).

              • Peucezio scrive:

                E non mi riferivo solo ai mussulmani che stanno dentro ai confini cinesi.
                Secondo me, liquidato l’Occidente (che ormai è una palla al piede per il mondo, una specie di appendice che sopravvive per inerzia), ci sarà uno scontro epocale fra Imperi Asiatici e Islam e l’esito mi pare abbastanza scontato.

            • Peucezio scrive:

              Comunque non è neanche tanto vero ciò che dici: la storia sembra smentirlo in moltissimi casi.

          • Moi scrive:

            L’Islam è un complesso geopolitico forte. Disunito, proteiforme, ma all’occorrenza con un potere destabilizzante enorme.

            ———

            … Già, proprio così.

  45. mirko scrive:

    Perché i Cinesi potrebbero incenerire i Turchi con l’atomica. 🙂

  46. Moi scrive:

    Realisticamente (!) escludendo Elezioni Anticipate a Giugno … confido in un Conte Ter come “Male Minore” !

  47. Moi scrive:

    … e “Maie Italia 23” ?! … Dal nome , sembra il profilo utente d’una Tik Tokeress 😉 lesbica vegana capelli blu a mèche viola su Tik Tok ! 😀

    • Peucezio scrive:

      “Sin dalla seconda *metà del xix° secolo*, questa ricostruzione storica è
      stata opera di talentuosi *manipolatori del passato*, la cui *fervida
      immaginazione* ha ideato, sulla base di pezzi di memoria religiosa,
      ebraica e cristiana, una*continuità genealogica per il popolo ebreo*.”

      (non chiedetemi perché sono venuti gli asterischi)

      Però siamo sempre là. La gente in Europa e ovunque ha sempre pensato che gli ebrei, quelli che vedeva in giro, nel ghetto, ecc. ecc., fossero quelli della Bibbia, con tutta la loro storia in Palestina, ecc. Per i cristiani quelli che avevano ucciso Cristo (sempre in Palestina), per i mussulmani non so, per gli ebrei stessi appunto gente che veniva da quel posto lì.
      In tutto ciò non vedo cosa c’entri il sionismo. Il sionismo è la versione laica, nazionalista e moderna di quest’idea: il sionismo laicizza la cosa e vuole il ritorno il Palestina per creare uno stato come gli altri, mentre la tradizione ebraica interpreta il legame con la Palestina come un’origine storica e al tempo stesso dottrinale e simbolica.
      Pino mi correggerà se sbaglio.

      In tutto ciò la teoria cazara, indipendentemente dal merito, è una cosa modernissima, credo novecentesca, erudita.
      La preoccupazione di reinterpretare e falsificare o comunque leggere criticamente le scritture e la tradizione è una preoccupazione filologica e storica moderna e laica.
      Che capovolge l’assunto sionista (appartenenza alla Palestina non per motivi simbolico-religiosi ma etnici) assumendone però il metodo (è il sangue, il DNA a fondare il diritto sulla terra, quindi, se non discendi dai popoli che un tempo abitavano la Palestina, non sei legittimato a starci).

      • mirko scrive:

        Vabbè, però l’articolo sottolinea come gli Ebrei di oggi in stragrande maggioranza NON siano i discendenti di quelli biblici palestinesi, ma da convertiti al Giudaismo.
        E non cita solo i Khazari.

        • Peucezio scrive:

          Sì, sì, è chiaro. Come sai sono molto scettico su questo (anche se non ho approfondito moltissimo la teoria cazara Nè altre analoghe; magari prima o poi lo farò più seriamente).

          Ma mi interessava rilevare la logica che c’è dietro: sono operazioni anche legittime sul piano storico, ma in cui traspare un intento ideologico. Ma l’intento ideologico secondo me contraddice i suoi stessi assunti, perché inverte solo l’esito facendo finta di criticare il metodo.

          • mirko scrive:

            Non ho capito.

            • Peucezio scrive:

              Sì, scusa, ho scritto in modo un po’ involuto.

              Provo a spiegarmi meglio.
              Il tizio accusa il sionismo di aver inventato un popolo fittizio.
              In epoca d’Ancien Régime per i popoli non si cercava una base etnico-razziale e anche sul piano linguistico si percepivano le diversità, ma non si facevano classificazioni genealogiche scientifiche. E anche il metodo storico-filologico era meno affinato.
              In sostanza un popolo era un popolo se percepito o autopercepito come tale.
              Tutti nel ‘600 o nel Medioevo sapevano chi erano gli Ebrei.

              Il sionismo è una delle tante espressioni del nazionalismo ottocentesco, che invece studia misure craniometriche, alberi genealogici delle lingue, documenti storici in modo metodico e oggettivo, prendendo anche cantonate o, più spesso, tagliando un po’ con l’accetta.
              In sostanza ciò che è un popolo non è più ciò che si percepisce, che fa parte dell’immaginario collettivo di quel popolo e degli altri rispetto ad esso, ma una sorta di dato scientifico, più o meno fondato.
              Questo signore fa esattamente la stessa operazione alla rovescia.
              Vuole sfatare un’invenzione moderna (così professa quando dice: “Sin dalla seconda metà del XIX secolo, questa ricostruzione storica è stata opera di talentuosi manipolatori del passato”), ma la sua è un’invenzione ancora più moderna: vuole oggettivizzare ciò che, per la mentalità di un tempo, era un dato evidente della coscienza collettiva, ma solo in modo diverso.

              Non so se sono stato più comprensibile…

            • Peucezio scrive:

              Cioè, per chiarire meglio, non sono entrato nel merito di quello che lui dice.

              Ma m’interessava rilevare la contraddizione non tanto del suo assunto, ma della logica che vi soggiace.
              Non sto dicendo che ciò che dice sia falso (anche se ci credo poco, ma non è questo il punto), dico che ciò che cerca di far uscire dalla porta, fa rientrare dalla finestra.

    • PinoMamet scrive:

      Sono piuttosto d’accordo con Peucezio…

      ho letto l’articolo, quando lo hai postato:

      ci ho trovato alcune notizie interessanti, diverse imprecisioni e qualche falsità.
      Inoltre come sai non credo alla “teoria cazara”.

      A parte questo, sono d’accordo, e mi pare anzi indubitabile, che gli ebrei europei siano.. .europei, quelli berberi berberi ecc.
      (Peraltro un’ebrea di origine berbero marocchina è iscritta nella nostra comunità. È francofona).

      E sicuramente perlomeno una parte della popolazione palestinese (credo i cristiani più dei musulmani) discende dall’antica popolazione locale (non esclusivamente ebraica).

      Non vedo però come questo possa delegittimare lo Stato di Israele moderno, più di quanto la constatazione che George Washington non discendeva dai Sioux possa delegittimare gli USA.

      • mirko scrive:

        Washington non ha mai preteso di discendere dai Nativi americani.
        Gli Ebrei di Israele invece si ritengono discendenti di quelli che abitavano in Palestina 2000 e più anni fa.
        Il che è falso nella stragrande maggioranza dei casi.
        Però in nome di quella pretesa discendenza, hanno espropriato e contunano ad espropriare gli abitanti indigeni della Palestina.
        Oggi nel silenzio e nel dimenticatoio più totale, a partire dai “fratelli” arabi per finire all’Occidente.

        • Peucezio scrive:

          Detto così però sembra che se io ti caccio da casa tua ma lo dichiaro, ho diritto a cacciarti.

          Ovviamente, Mirko, sono pienamente d’accordo con te nella solidarietà totale e incondizionata ai Palestinesi e circa l’illegittimità di Israele, ma ciò è del tutto indipendente dalla remota origine degli ebrei: non è che gli argentini di origine italiana possono invadere l’Italia e farsi uno stato loro qui da noi, con lo spagnolo come lingua ufficiale e prendendo il controllo del paese, perché hanno nonni italiani. E in quel caso sono passate sì e no tre o quattro generazioni o poco più.

      • PinoMamet scrive:

        “Gli Ebrei di Israele invece si ritengono discendenti di quelli che abitavano in Palestina 2000 e più anni fa.”

        Fidati: direi di no. la maggioranza degli ebrei, perlomeno dei laici ashkenaziti, pensa di non avere troppa parentela “genetica” con gli antichi semiti.
        Ma la cosa importa pochissimo.

        “Però in nome di quella pretesa discendenza, hanno espropriato e contunano ad espropriare gli abitanti indigeni della Palestina.”

        Questo è un malinteso. Ne capisco benissimo l’origine, ma resta un malinteso.
        L’Ebraismo religioso (e il sionismo ne è in fondo un derivato laico, ma partiamo dalle origini) ritiene che quella terra di Israele sia destinata agli ebrei . Di qualunque origine, anche se appena convertiti nelle isole Fiji.
        La genetica c’entra pochissimo.

        “Oggi nel silenzio e nel dimenticatoio più totale, a partire dai “fratelli” arabi per finire all’Occidente.”

        beh, ancora una settimana fa l’Iran ha promesso che entro qualche anno distruggerà Israele… 😉

        a parte questo, hai ragione, mi pare che la causa palestinese sia sempre meno popolare nel mondo arabo/musulmano.

        • mirko scrive:

          Resta il fatto che hanno espropriato e continuano ad espropriare gli abitanti indigeni della Palestina.
          Evidentemente ci sono tragedie di serie A e tragedie di serie B……

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          “Questo è un malinteso. Ne capisco benissimo l’origine, ma resta un malinteso.
          L’Ebraismo religioso (e il sionismo ne è in fondo un derivato laico, ma partiamo dalle origini) ritiene che quella terra di Israele sia destinata agli ebrei . Di qualunque origine, anche se appena convertiti nelle isole Fiji.
          La genetica c’entra pochissimo.”

          Infatti, da non conoscitore della società israeliana mi sono fatto esattamente la stessa idea.

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        “Non vedo però come questo possa delegittimare lo Stato di Israele moderno, più di quanto la constatazione che George Washington non discendeva dai Sioux possa delegittimare gli USA.”

        Infatti sono illegittimi sia Israele che gli USA 🙂
        Ma perché frutto di due espropri moderni, documentati ed evidenti a tutti a danno dei popoli del posto: non c’è bisogno di tirare in ballo strane teorie che ricostruiscono in modo congetturale cose di secoli fa.

  48. Peucezio scrive:

    Circa l’Italia,
    sono ovviamente d’accordo sul senso generale degli interventi di Pino.

    Un paio di puntualizzazioni:
    1) sono scettico sul fatto che la disunità italiana sia dipesa da forze esterne: in epoca tardo-medievale e rinascimentale saremmo potuti essere una potenza egemone europea, ma ci dividevamo fra noi. Pensa solo alla proiezione geopolitica di Venezia, all’autorità morale e spirituale dello Stato della Chiesa, alla potenza economico-finanziaria, politica e culturale di Firenze, alla forza e al prestigio dello stato di Milano, al peso territoriale e demografico di quello di Napoli.
    Tutte queste forze sommate ci avrebbero fatto mettere nel taschino francesi, inglesi, spagnoli, tutti…
    Ma il punto è che non si sarebbero mai potute sommare, per un inveterato carattere italiano (che è la dimostrazione che ESISTE un carattere italiano, con buona pace di Mirko: quando senti gente che non fa retorica nazionalistica, hai già capito di essere in Italia, quindi l’Italia c’è eccome e tanto più c’è, quanto più si rinnega e si autoboicotta).

    2)”“e l’Italia è uno dei paesi etnicamente più omogenei d’Europa, tra quelli di una certa estensione perlomeno.”

    Beh, no, questo mi pare eccessivo.
    Credo invece che nessun luogo al mondo abbia una varietà paragonabile alla nostra.
    In senso culturale, ma, visto che parli di etnie, anche fenotipico (l’ho studiato e risulta abbastanza evidente) e anche sul piano genetico c’è molta varietà.
    Ma questo è un tratto distintivo, che ci rende ancora più caratterizzati e peculiari, quindi italiani.

    Mirko
    “Falsissimo, vista la grande diversità dei popoli dell’Italia preromana, per non parlare di tutti gli apporti allogeni giunti dai tempi dei Romani in poi.
    Il popolo italiano è una costruzione otto-novecentesca, fondata su seghe mentali di un’elite.”

    D’accordo sulla prima parte (ridimensionando gli apporti), ma l’idea della costruzione otto-novecentesca, scusami, con tutto l’affetto e il rispetto è proprio un falso storico.
    Non dobbiamo confondere l’idea nazionale ottocentesca, con il suo retaggio di erudizione linguistica e di biologismo darwinista a tratti razzista, con la coscienza dell’esistenza dell’Italia e dell’italianità.
    Tutti sapevano chi erano i francesi o gli inglesi anche nel ‘500, benché non esistesse il nazionalismo gioacobino e statalista moderno. E lo stesso vale per gli italiani: in tutta Europa, Italia compresa, si parla dell’Italia, degli italiani, della letteratura e della lingua italiana, ecc.
    Con l’unica differenza che non c’era uno stato italiano (come non ce n’era uno tedesco).

    Certo, di tutto ciò parlavano gli scrittori e i dotti. Ma questo vale per tutti i popoli.
    Mio zio mi diceva che nei paesini dell’Extremadura negli anni ’50 c’era gente che non aveva mai sentito nominare Madrid. Non so se sia proprio così, ma ai contadini non è mai importato nulla di francesi, spagnoli, ecc.
    Tutt’al più ci sono identità di confine: un valtellinese o un trentino sapeva benissimo che oltre il tale paese ci sono i todeschi, che parlano in un modo che non si capisce. Ma queste identità non erano tanto nazionali, quanto legate a una romanità lato sensu contrapposta a una germanicità: i soldati, anche ignoranti, cui era rivolto il Giuramento di Strasburgo nelle due versioni capivano benissimo che c’era l’altra parte dei romani che parlava non romane ma teudisce o viceversa.

    • PinoMamet scrive:

      “In senso culturale, ma, visto che parli di etnie, anche fenotipico (l’ho studiato e risulta abbastanza evidente) e anche sul piano genetico c’è molta varietà.”

      Non sono molto d’accordo su questo. Sarà che vivo, appunto, in Emilia Romagna, ma…

      in senso culturale, le “grandi” differenze tra varie parti d’Italia sono roba da entomologo… o da bravissimo dialettologo come sei tu 😉

      Gira e rigira, sono sempre le stesse quattro tradizioni, a volte con i nomi diversi nei diversi dialetti, ma sempre quelle sono.
      Semplifico ma neanche troppo.

      L’unica vera differenza è una sottile, impalbabile (e forse nulla) distanza tra l’area gallo-italica e quella italo-italica 😉 ma anche lì sospetto che sia una roba recente!!

      Di fatto, l’Italia “oltre il vallo SS” come lo chiama immaginosamente il nostro Mirko, ha sempre fatto politicamente e culturalmente (anche nel senso di cultura popolare) parte del mondo italico, seguendone le vicende storiche, artistiche ecc.;
      e ha semplicemente dei dialetti che “suonano un pochino più francesi” (quelli emiliani più dei lombardi! e infinitamente più di quelli veneti che non lo suonano per niente).

      Quanto ai fenotipi, ma… io vedo decine di studenti tutti i giorni, e ancora dal viso mi risulta impossibile distinguere meridionali e settentrionali. L’unica è il cognome, e qualche volta neanche quello… 😉

      • Peucezio scrive:

        Mah, non ho affatto questa percezione: se penso a milanesi e pugliesi di stesso ceto ed età a volte vedo antropologie sorprendenti per quanto siano radicalmente diverse, a livello cognitivo, espressivo, ecc.

        È anche vero che le differenze si stanno stemperando molto velocemente, ma mica solo in Italia: fra un po’ ti sfido a distinguere qualunque abitante del mondo da un altro. Certo, ci vorrà un po’ di tempo, ma io noto una forte accelerazione proprio di questi tempi: normale che a livello interno sia più evidente, perché c’è anche la lingua, la tv, il sistema scolastico a unificare.

        Circa i fenotipi, è vero, ma non parlo di differenze molto evidenti all’occhio. Ciò che dici vale per gran parte dell’Europa in genere: magari un tedesco del nord lo riconosci, ma ti sfido a distinguere un greco, gran parte dei francesi, un bulgaro, ma anche molti inglesi del sud-ovest, ecc. da un italiano.
        Prendi i turchi… Qualcuno ha tratti decisamente esotici, ma per il resto quale turco non potresti scambiare per italiano?
        In Spagna c’è molta più omogeneità fenotipica e quando sei lì lo noti. Ma il tipo prevalente è un tipo che in Italia puoi trovare benissimo fra i tanti che ci sono qui, quindi quando vai lì ti colpisce la maggiore omogeneità, ma non c’è un tratto specifico che a occhio (e anche antropometricamente) troveresti estraneo al fenotipo italiano.

      • PinoMamet scrive:

        “Mah, non ho affatto questa percezione: se penso a milanesi e pugliesi di stesso ceto ed età a volte vedo antropologie sorprendenti per quanto siano radicalmente diverse, a livello cognitivo, espressivo, ecc.”

        Questo è vero, e in effetti quando parli dei contadini pugliesi, per esempio, sento descrivere un tipo umano diversissimo dagli “yeomen” emiliani che conosco io…

  49. mirko scrive:

    Peucezio

    Come sai, riguardo a cosa sia l’Italia non andremo mai d’accordo. La cultura alta diventa una sega mentale dal momento che non ha agganci in una realtà variegata e policentrica che NON sentiva il bisogno di unificarsi in un aggregato statuale che la stragrande maggioranza degli “italiani” nemmeno capiva.
    Quanto al Regno, i Borbone vi diffusero la canzone napoletana per crearvi quello che si può definire un sentimento “nazionale” o identitario condiviso.
    Al momento della conquista piemontese, un embrione (sia pure imperfetto) di tale sentimento esisteva già e, stando a Franco Molfese fu una delle cause dell’espolsione del brigantaggio antinunitario.

    • Peucezio scrive:

      D’accordo, ma io non ti chiedo certo di essere affezionato all’idea di italianità. So che non lo sarai mai e mi va benissimo così: apprezzo e rispetto le diverse sensibilità e individuo un fondo nobile in questo tuo sentimento, che pure non condivido, in quanto legato al rifiuito di elementi di modernità omologante, di retorica nazionalista ottocentesca borghese, ecc.

      Però è giusto anche riconoscere la realtà delle cose. Io non mi sognerei mai, per nazionalismo italiano, di dire, chessò, che i contadini pugliesi o veneti del Medioevo si sentivano italiani e che avevano il tricolore (che sarà inventato secoli dopo da quattro massoni) in casa.
      Ma capisci che se dici che l’Italia (non certo in una declinazione ottocentesca e giacobina, ma nemmeno come concetto identitario e culturale nel modo in cui poteva essere concepito nel mondo d’Ancien Régime) non è mai esistita prima dell”800 capisci che è difficile seguirti su questo terreno e confrontarsi in modo serio, perché non è così e tu lo sai benissimo.
      Poi puoi anche non sentirti in consonanza con Dante e con tutta la cultura italiana dalle origini. Ma ci vuole anche un minimo di rispetto: che vuol dire “seghe mentali”? Tutta la cultura italiana di sei secoli è una sega mentale?

      A me piacciono molto alcune manifestazioni della cultura italiana e mondiale, molto meno altre. Amo l’architettura, gli affreschi medievali perché molto integrati con essa, mentre una tela esposta in una pinacoteca mi dice pochissimo. Ma non per questo dico che Caravaggio è un imbrattatele o che gli impressionisti sono spazzatura. Non amo molta parte della musica classica, nel senso che non la ascolto mai, non l’ho mai coltivata, ma mica dico che è una merda o un passatempo ozioso.
      Si può discutere criticamente un costrutto culturale, anche ridimensionarlo, relativizzarlo, storicizzarlo, ma banalizzarlo in questo modo secondo me è un’operazione piuttosto fuori luogo, che rischia di essere troppo ideologica.

      Insomma, mi sembra che a volte tu scrivi un po’ con le viscere.
      Va bene. Ti conosciamo e ci siamo abituati: ognuno ha il suo temperamento.
      Ma è giusto anche che io te lo faccia notare, soprattutto se dici cose che non mi risultano storicamente fondate (o fondate in parte, ma declinate in un modo eccessivo e non rispondente ai dati fattuali).

      • mirko scrive:

        Pensala come ti pare, ma l’ideale di un’elite, avulso dalle masse non è sufficiente a definire una comunanza che la stragrande maggioranza degli “italiani” non sentiva e non capiva.

        • Peucezio scrive:

          Ma questo non lo nego.

          Dico che un’identità può fondarsi anche sulla cultura illustre: non ci sono solo identità popolari.

          Cioè il popolo può avere certe caratteristiche, affinità e differenze, ma esserne coscienti è altra cosa.

          In epoche di mancata alfabetizzazione di massa i ceti popolari sono in generale abbastanza alieni a ogni tipo di costrutto astratto, non legato al loro orizzonte quotidiano di vita, quindi è naturale che l’idea stessa di nazione non esista se non fra i dotti.

          La nazione in origine altro non è che la tribù in armi, che prende i bastoni (queste sono le armi) e va a randellare la tribù vicina per fotterle il bestiame.
          Poi si sono create società molto complesse e strutturate.
          E a quel punto è chiaro che ci sono due livelli e la nazione è un’astrazione che interessa al re, a un nugolo di funzionari e a un po’ di dotti, mentre la gente pensa in termini di villaggio.

        • Peucezio scrive:

          Bisogna anche dire che l’Italia era una società ricca e complessa e non c’era solo il contadino del sud, ma anche l’artigiano toscano o umbro, che magari non sapeva il latino ma sapeva leggere e scrivere quasi decentemente, recitava Dante e sapeva benissimo cos’era l’Italia.
          Parliamo quasi certamente di una minoranza, ma nemmeno di una cittadella di poche centinaia di dotti avulsi completamente da tutto il resto della società.

          • mirko scrive:

            Vabbè questo è un blog formato quasi tutto da settentrionali e settentrionalizzati, e tutti curiosamente innamorati dell’unità d’Italia.
            Che pensano sia una cosa nata nella notte dei tempi e non un costrutto recente, fondatosi su astratti ideali elitari che per secoli non dicevano nulla alle masse.

            • Peucezio scrive:

              basta che non includi me, che odio l’unità d’Italia e non sono in nulla settentrionalizzato 🙂

            • PinoMamet scrive:

              mah…

              la verità invece è che io non vorrei rinunciare a Napoli, semplicemente.

              Ma neanche a Vicenza o Siena o Siracusa.

              Magari Biella! Se proprio devo, dai, forse potrei fare a meno di Biella 😉

              • mirko scrive:

                Io vorrei rinunciare a Bologna e alla Romagna.
                Proprio non mi attirano.
                A differenza della Lombardia, e della Liguria (ma anche Lunigiana e Garfagnana).
                Oltre che all’amatissima Ascoli.

              • PinoMamet scrive:

                Sono gusti, ma Bologna, aldilà del mondo studentesco, è in realtà una bellissima città, e la Romagna interna è paesaggisticamente molto bella, nella parte collinare…

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                che cavolo ti avranno mai fatto i poveri biellesi…
                😀

                Come quando ce l’avevi con Casalpusterlengo, che invece è un posto carinissimo, un po’ come tutte quelle zone della Bassa, vicino al Po.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                battute a parte ovviamente sono d’accordo con te.

  50. mirko scrive:

    “Ma il punto è che non si sarebbero mai potute sommare, per un inveterato carattere italiano (che è la dimostrazione che ESISTE un carattere italiano, con buona pace di Mirko: quando senti gente che non fa retorica nazionalistica, hai già capito di essere in Italia, quindi l’Italia c’è eccome e tanto più c’è, quanto più si rinnega e si autoboicotta).”

    Si è quel che si crede di essere. Se gli italiani non si sentivano tali, allora è corretto che non siano identificati come tali.
    Il sentimento di “comunanza” era sentito solo da un’esigua elite intellettuale, che NON riusciva a trasmettere tale astratto ideale alle masse.

    • Peucezio scrive:

      Ma guarda che le scelte nell’agire non c’entrano con ciò che ci si sente.
      Oggi nessun italiano dubita di essere italiano, eppure passiamo la vita ad andarci in quel posto l’uno con l’altro. E i risultati si vedono.

      Ma questo succede in ogni microcomunità, persino fra fratelli.
      I baresi hanno dubbi sull’essere baresi? E ti pare siano sempre tutti solidali fra loro?

      All’estero, almeno a livello nazionale, spesso c’è anche il senso di solidarietà nazionale (sicuramente più che da noi).
      Ma il senso di coesione non si identifica necessariamente con la percezione della propria appartenenza: un popolo può essere litigiosissimo al suo interno, pure avendo chiarissima la percezione dell’essere un popolo distinto dagli altri.

  51. mirko scrive:

    “Credo invece che nessun luogo al mondo abbia una varietà paragonabile alla nostra.
    In senso culturale, ma, visto che parli di etnie, anche fenotipico (l’ho studiato e risulta abbastanza evidente) e anche sul piano genetico c’è molta varietà.”

    E allora dove starebbe questa “unità”?

  52. mirko scrive:

    “(ridimensionando gli apporti)”

    Il censimento degli abitanti dell’Italia sotto Augusto stabilì che gli abitanti della Penisola erano 7.000.000, di cui 3.000.000 di schiavi.

    • Peucezio scrive:

      Forse quello è stato l’ultimo momento in cui ci sono stati apporti rilevanti.
      Ma bisogna vedere quanto questi schiavi hanno figliato rispetto ai liberi, che fine hanno fatto…
      Comunque solo la genetica, se usata bene, può risolvere questi quesiti, perché un documento può sbagliare, ma le molecole sono lì, non possono mentire.

      • PinoMamet scrive:

        A quasi proposito:

        vedo su youtube un interessante intervento di Barbero sulla peste, per meglio dire sulla peste del Trecento specificamente, ed en passant su varie pestilenze che hanno spopolato il mondo per tanto tempo.

        Che l’Italia, e vaste zone dell’Impero romano, fossero state quasi spopolate dalle calamità già lo sapevo (i Romani, ricorda Barbero, per tanto tempo ovviarono facendo entrare e stanziare i barbari).

        Scopro però qualcosa che già mi avevano detto a Siena, ma ricordavo male, cioè che la popolazione europea dopo la Peste Nera era la metà di quella prima…

        E mi viene da pensare, ricollegandomi a quando dice Peucezio: a salvarsi, a potersi permettere almeno una dieta equilibrata e un ritiro in posti isolati, dovevano essere stati in maggioranza i ceti benestanti.

        Oltretutto, quella fu solo una di varie “pesti” che hanno spopolato l’Europa per secoli, colpendo verosimilmente prima e di più i più poveri.

        Perciò quando la casa reale inglese trova “miracolosamente” antenati nobili, e di prim’ordine, alla borghesotta (ma carina 😉 ) Kate Middleton, o quando quei programmi televisivi USA scoprono inevitabilmente antenati altolocati a questo o quel personaggio pubblico, o quando il vicino di casa si fissa di essere discendente di Carlo Magno o dell’imperatore di Bisanzio… (beh, quello forse è un po’ esagerato 😉 )

        ecco, magari qualcosina di vero può esserci.

  53. mirko scrive:

    “Non dobbiamo confondere l’idea nazionale ottocentesca, con il suo retaggio di erudizione linguistica e di biologismo darwinista a tratti razzista, con la coscienza dell’esistenza dell’Italia e dell’italianità.”

    Fino a quell’epoca l’idea d’Italia era retaggio di un’elite intellettuale, che non trasmetteva tale ideale alle masse.
    Che si sentivano appartenenti al proprio campanile o al massimo sudditi dello stato di cui erano parte.

    • PinoMamet scrive:

      Ma questo era identico ovunque e non dimostra niente.

      Prima di tutto, a noi rimangono le cose scritte, di quelli che scrivevano, non degli analfabeti. E quelli che scrivevano in Italia sono praticamente concordi su questo punto…
      (mentre in Spagna, tra catalani e baschi, beh…)

      E poi, certi argomenti interessano gli intellettuali, e non gli altri. È normalissimo che sia così e non si capisce perché l’Italia debba fare eccezione.

      Infine, quando l’idea nazionale sette-ottocentesca ha preso piede, e ha avuto qualche speranza di successo, bisogna ammettere che ci è riuscita in un tempo direi breve (diciamo da Napoleone al 1860?) e con un apporto “popolare” direi superiore a quanto mi sarei aspettato, sentendo parlare gli italiani di oggi .
      Naturalmente non sono mancati i contrari e le contraddizioni: non mancano mai.

      Ma tutto sommato, beh, per essere un’idea di così pochi intellettuali come dici tu
      (ma poi, erano davvero così pochi?)
      bisogna ammettere che ha avuto un seguito inaspettato (Viva V.E.R.D.I., le cinque giornate di Milano… ecc. ecc.)

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “a noi rimangono le cose scritte, di quelli che scrivevano, non degli analfabeti”

        Infatti non ho mai capito gli sbilanciamenti su cosa pensassero gli analfabeti di una volta. Capisco i tentativi di formulare ipotesi, ma “il popolo pensava che…” mi pare sempre un’affermazione rischiosa.
        Intanto perché ci si basava su quello che altri gli mettevano in bocca, quindi non esattamente fonti neutrali. Poi perché non si sa mai se quello che ci viene raccontato fosse davvero l’opinione di una maggioranza o semplicemente il comportamento di una minoranza rumorosa.
        Sul serio, dire “gli americani sono contro Biden” perché dei tizi hanno assaltato il Senato è una fesseria. Per questo dire “i vandeani erano pro-borbonici” perché c’è stata la rivolta richiederebbe un’estrema prudenza.

        • mirko scrive:

          Non pensavano di certo di essere un unico popolo, visto che non andavano d’accordo tra vicini.
          Figuriamoci con gente più lontana che parlava linguaggi incomprensibili, e che solo una elite di coltissimi, poteva essere in grado di percepire come “fratelli”.

        • Peucezio scrive:

          Qui fai un ragionamento a posteriori: se la conseguenza è palesemente assurda, la premessa non può che essere fallace.
          E va bene.

          Ma trovo pertinente anche l’obiezione metologica sulle fonti che fa Mauricius.

          Cioè possiamo congetturare finché vogliamo, ma è sempre molto difficile sapere cosa pensava la gente comune.

          Forse l’unica strada è indagare oggi le società analfabete (le poche rimaste) o comunque quelle che presentano maggiori analogie (o minore distanza) con quelle del passato che vogliamo indagare.
          È un’approssimazione molto grossolana, ma un antropologo probabilmente farebbe così.

          • mirko scrive:

            Scusa, ma se non si va d’accordo con quelli del comune confinante, ci si può a maggior ragione sentire “fratelli” con gente più lontana e che per giunta parla in modo incomprensibile ai nostri orecchi?
            Chi dal basso, senza gli adeguati strumenti dati dalla cultura, può percepire una comunanza con quelli che appaiono degli allogeni?

            • Peucezio scrive:

              Sì, ma su questo hai ragione e mi pare difficilmente discutibile.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “se non si va d’accordo con quelli del comune confinante”

              In Veneto si riempiono la bocca di “nazione veneta” e poi dicono “Venezia e Mestre, colera e peste”.
              E non c’entra con l’alterità di Venezia con il Veneto continentale, perché Mestre è culturalmente Veneto continentale, solo che ha il difetto di essere la città vicina.

          • PinoMamet scrive:

            “Scusa, ma se non si va d’accordo con quelli del comune confinante..”

            continuo a non capire questo esempio, sarà perché io vado d’accordo con tutti…

            I parmigiani odiano i reggiani (a ragione) ma mica pensano a disfare l’unità d’Italia per questo…

      • mirko scrive:

        Senza la Francia e L’Inghilterra, l’Italia non si sarebbe mai unita. Tantomeno dal basso.

        • PinoMamet scrive:

          Sicuramente i coreani del nord e quelli del sud sono ancora divisi per questo, perché “non si sentono parte dello stesso popolo” 😉

      • Peucezio scrive:

        D’accordissimo su tutto il resto, ma l’apporto popolare alle Cine Giornate credo sia stato marginale, al di là della retorica.

        Io credo che Mirko faccia benissimo a smontare appunto la retorica risorgimentalista, solo che esagera, retrodatando certi concetti e proiettando nel passato una questione nazionale che, intesa in termini moderni, è ovvio che non si possa applicare al passato.

        Semmai io mi porrei un grosso problema relativo all’oggi.
        Ma siamo sicuri che il nostro sistema, che ha avuto grandi successi negli anni della ricostruzione e del boom, oggi regga?
        Siamo cioè sicuri che questo costrutto dell’italianità abbia oggi una base che non sia puramente regressiva e disfunzionale?
        In sostanza, al di là del retaggio storico, ha senso oggi essere italiani, cioè identificarsi in una società e in uno stato in disfacimento, in decomposizione, che è distruttivo per il suo stesso tessuto e per gli individui che la compongono?

        In teoria sarei un nazionalista, nel senso che vorrei uno stato assertivo con una proiezione geopolitica forte.
        Ma evidente che oggi questo è utopico: le nostre classi dirigenti sono completamente organiche a interessi anti-italiani e questo non crea il minimo disagio all’italiano medio, che quindi in fondo è solidale anche lui allo smantellamento dell’Italia, della sua prosperità e del mantenimento del suo livello minimo di benessere.

        Non è che allora forse ha ragione Miguel: lo stato o qualunque entità rappresenti “l’Italia” è oggi un cancro disfunzionale e se qualcosa di buono può nascere (non parlo di ragioni estetiche o ideali, ma proprio di sopravvivenza spicciola, materiale, perché fra un po’ non avremo nemmeno il pane, altro che le cure mediche), può nascere solo dai calcianti oltrarnini o dai tizi che coltivano la terra fuori Firenze o robe di questo genere?
        Comincio a credere che strani esperimenti microcomunitari o, più realisticamente, una reazione dal basso di un’Italia minima e del tutto disarticolata sia l’unica alternativa ad andarcene tutti a cercare una vita decente altrove (e io sono uno di quelli messi bene, con vari paracadute, che lo farebbe solo per migliorare il suo status, non certo per sopravvivere; anche se ormai dubito di tutto: un domani arriva un tizio stile Pol Pot e fa i campi di sterminio: gli italiani non direbbero nemmeno bah, anzi, direbbero che in fondo sta gestendo bene), lasciando il paese agli immigrati (che alla fine rimetterebbero forse un po’ in sesto le cose, non essendo gravati dai nostri vizi endemici, ma sono scettico: purtroppo imparano in fretta).

        Lo dico perché l’Italia è diventata una palla al piede per gli italiani: è proprio la misura della scarpa che non va al nostro piede.
        Lo stato e la nazione come la concepiamo sono modelli aggregativi fra i tanti sperimentati dall’uomo: oggi probabilmente funziona bene in Cina, ma non da noi.
        E da noi ha funzionato in brevi parentesi storiche: con tutto il rispetto per l’autostrada del Sole e la meravigliosa commedia all’Italiana, fra qualche secolo saremo ricordati per il Rinascimento, non per queste cose: ciò che di più grande abbiamo fatto, lo abbiamo fatto da disuniti: non da italiani.
        O, meglio, da italiani fin del midollo, ma italiani senza Italia.

  54. mirko scrive:

    Solo nell’800, non certo prima.

  55. mirko scrive:

    “con un apporto “popolare” direi superiore a quanto mi sarei aspettato,”

    Siamo sicuri che appoggiassero
    l’ideale unitario? Oppure furono solo lotte convergenti, in cui i popolani aspiravano a ben altri e più concreti obiettivi, tipo la terra?
    La Sicilia si ribellò diverse volte contro i Borbone tra il 1820 e il 1860, contribuendo al successo di Garibaldi, ma la stragrande maggioranza di quegli insorti volevano l’Italia oppure la Sicilia indipendente?
    Cioé questi NON sopportavano di appartenere ad un Regno ITALIANO continentale, e avrebbero agognato di entrarne in un altro pure più distante geograficamente e culturalmente?
    Nel 1860 i contadini siciliani pensavano che la Talia di cui parlava Garibaldi fosse la moglie di Vittorio Emanuele.
    Che, ai loro occhi doveva diventare il nuovo re di Sicilia.

    • PinoMamet scrive:

      Sono sicuro che esistessero anche non analfabeti in Sicilia 😉

      ma a parte questo, i soldati indiani per due secoli sono stati fedelissimi ai re britannici e inneggiavano a “Victoria, very good man”, ma questo significa che l’India non volesse davvero l’indipendenza?

    • Peucezio scrive:

      A questo giro sono d’accordo con Mirko.

      Tra l’altro spesso la ribellione è un atto di opportunismo (sembra una contraddizione, ma non lo è): si intuisce chi è il vincente e si dà un bel calcio nel sedere al perdente.
      Mi duole dirlo, ma le plebi meridionali non avevano un sentimento identitario al di là delle esigenze spicciole di sopravvivenza e quindi si ribellavano per il pane e se magari capitava pure che avessero sentore che stava per arrivare un nuovo dominatore, erano pronti a ingraziarselo, anche liquidando con la violenza quello precedente.
      Sembra immorale, ma se devo dare da mangiare ai figli, ragiono così, a tutte le latitudini. Il sud era più povero, quindi lo faceva di più.
      E oltretutto non si sentiva organico da secoli a nessuna realtà statuale, perché era stato sfruttato e sottomesso troppo (anche se poi credo ci sia del vero anche in quel primo embrione di identità meridionale borbonica di cui parla Mirko, perché eravamo comunque nell”800: maggiore prosperità, la diffusione di un’idea di stato nazionale, quindi ciò che succederà poi agli italiani postunitari non sorprende che un minimo cominciasse già ad accadere, su scala minore, ad alcuni meridionali: comincava a penetrare l’idea tutta moderna che stato e popolo si identificano e quindi, così come si può voler ricondurre il primo al secondo, qualcuno faceva anche il contrario).

  56. mirko scrive:

    “Sono sicuro che esistessero anche non analfabeti in Sicilia”

    Erano una minoranza.

  57. Peucezio scrive:

    Qui però dobbiamo un po’ distinguere le questioni.

    1) una cosa è la percezione popolare di un senso di appartenenza, e questa, relativamente all’Italianità, è una cosa moderna.

    2) Una cosa la solidarietà e il senso di fratellanza che da essa consegue. E questa non c’è nemmeno adesso e probabilmente non c’è mai stata: al massimo l’avevano i Romani, originari o acquisiti, ma non si è mai più rivista, non a livello di massa almeno.

    3) Una cosa la genesi storica del concetto di italianità, che invece è antica e si continua ininterrottamente, con varie declinazioni, ma a livello colto.

    4) un’altra cosa ancora sono le affinità oggettive fra italiani. Che non c’entrano nulla sia con la consapevolezza che con la solidarietà. Si può essere simili e non saperlo; si può essere simili e scannarsi. O anche ignorarsi.
    Ma che esista un tratto comune, di cui la complessità è proprio parte integrante, mi pare evidente su molti piani. Nelle architetture storiche e nel paesaggio agricolo, pur nelle notevoli diversità poi, è chiarissimo.
    A livello linguistico la cosa è un po’ più complessa: per l’Italia peninsulare, pur nell’eterogeneità, c’è un’affinità di fondo che dà una fisionomia peculiare, che accomuna il toscano al siciliano con tutto ciò che c’è in mezzo e lo distingue dal resto della Romània e delle lingue del mondo. Per l’Italia settentrionale la cosa è un po’ meno semplice, perché, se non fosse per il fatto che c’è stato il toscano come lingua tetto per secoli (con l’influenza che questo comporta, ma anche come criterio classificatorio moderno un po’ forzato a dire il vero), avremmo davvero un’area ascrivibile più alla Romània occidentale (e come tale viene infatti classificata), cioè a occitano, francese, lingue iberiche, che non ai sistemi italiani in senso stretto.

    • PinoMamet scrive:

      1) lo trovo una questione non misurabile, e comunque probabilmente identica ovunque

      2) l’unico popolo che conosco che abbia questo senso di fratellanza interno sono gli israeliani; o per meglio dire, gli israeliani ebrei laici.

      3) sono d’accordo;

      4) sono meno d’accordo. Gli italiani settentrionali hanno scoperto di essere “settentrionali” solo dopo l’unificazione d’Italia
      (l’unico, e sottolineo unico esempio che conosca un po’ simile, è Fra Salimbene da Parma, che forse semplicemente trovava antipatici i meridionali per motivi personali, visto che non ho letto nulla del genere da parte di nessun altro prima di metà 1800 perlomeno)
      e che questo corrispondesse a una qualche differenziazione “etnica” o linguistica
      (i famosi Galli con tanto di elmo cornuto dei raduni leghisti…) è un’idea ancora più recente…

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        però qui anche tu mi confondi la percezione di sé coi dati oggettivi.
        Faccio un lungo commento per spiegare la distinzione e mi ci ricadi nel commentarlo a tua volta? 🙂

  58. mirko scrive:

    “Di fatto, l’Italia “oltre il vallo SS” come lo chiama immaginosamente il nostro Mirko”

    Mi sa che non sono l’unico ad immaginarlo:

    https://www.associazionegilbertooneto.org/Libri/PadaniaSeparatistaNew.jpg

    https://www.associazionegilbertooneto.org/Pubblicazioni.aspx#win10

    • PinoMamet scrive:

      Sì, sono a conoscenza dell’esistenza dei leghisti, grazie 😉

      anni fa ne ho persino conosciuto un’esemplare, con l’apostrofo perché era una femmina, bresciana (e anche carina!), anzi, pardon, di Orzinuovi che “è tutta un’altra cultura” 😉

      • Moi scrive:

        Mi sembrano mappature molto da provincialotti che guardano la mappa dei dialetti … e poi ne fanno una questione di Politica Blut und Boden campata in aria.

        • Moi scrive:

          Pensare che in Emilia Romagna l’identità sia sentita come un fatto “genetico” è indice o di grande ignoranza o di grande malafede … e non saprei cosa sia peggio !

    • Peucezio scrive:

      Oneto…
      mùurte e bbùune, come si dice in Puglia, ho un pessimo ricordo di una sua conferenza: un vero razzista antimeridionale, personaggio sgradevole.

      • mirko scrive:

        Però era ostile all’unificazione dell’Italia, e rispetto a Salvini, ho nostalgia di quel tipo di leghisti.

        • Peucezio scrive:

          Ah, quindi in nome dell’anti-italianità ti va bene un vero razzista antimeridionale (perché di questo si tratta)?

          Ho conosciuto tanti settentrionali anti-unitari, molti di loro senza nemmeno un’ombra di sentimento anti-meridionale.
          Ma ti assicuro che Oneto era un che ci considerava Untermenschen.

          • mirko scrive:

            Almeno lui lo dichiarava. Altri invece Italia, Italia, Italia, ma poi disprezzano ugualmente chi è a sud della linea Sarzana-Senigallia.
            Vedasi nella pseudo-accogliente Bologna e in Romagna.

            • Peucezio scrive:

              Mah, non ho mai capito perché sei così prevenuto verso gli emiliani.

              Ma non vedo perché dovrei compiacermi che uno a cui faccio schifo debba pure dirmi in faccia “mi fai schifo!”. E dirlo pubblicamente a tutti legittimando socialmente tale sentimento.
              Se proprio gli faccio schifo (non si può piacere a tutti), se lo tenga almeno per sé.

              • mirko scrive:

                Perché non sopporto il razzismo celato dietro la falsa accoglienza.

              • PinoMamet scrive:

                Mi’, però scusami se ti dico una cosa.

                Gli emiliani, i romagnoli, o i pugliesi, non hanno un cervello solo. Sono milioni di persone diverse, ognuno con la sua testa.

                Hai sentito un paio di casi di cronaca di stronzi bolognesi che ce l’hanno con i meridionali: bene, cioè male.
                Io ho sentito diversi casi di settentrionali accolti malissimo in Calabria, con gomme tagliate e minacce varie, colpevoli di essere turisti.
                Ne traggo la conclusione che tutti i calabresi sono razzisti? Ma figuriamoci.

              • mirko scrive:

                Non andrei mai un un posto dove non sono il benvenuto.
                A nord come a sud.

              • PinoMamet scrive:

                Non ci sono posti dove non sei il benvenuto.

                Ci sono persone che possono trovarti simpatico o antipatico, essere normali o stronze, razziste o non razziste.

              • mirko scrive:

                Non sempre è cosi….

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Colpevoli di essere turisti…”

                Successo! Auto rigata, copricerchione staccato e biglietto antisettentrionale 😀
                In Puglia. Ma si sa che i pugliesi sono tutti razzisti 😀

  59. mirko scrive:

    Ci si riferiva al famoso Vallo, però.

    • Moi scrive:

      Quando ci si riferisce a un’ invenzione priva di fondamento, si può dire tutto e il suo contrario … che non ci si sbaglia mai in ogni caso ! 😉

      • mirko scrive:

        Un’invenzione potrebbe diventare realtà. 😉

        • PinoMamet scrive:

          Ehm… fidati, quell’invenzione lì no. Direi proprio che non importa a nessuno, a e quei due o tre che ancora ci credono non importano comunque quei confini lì…

          • mirko scrive:

            Agli autori di quella pubblicazione linkata, quei confini interessano eccome.

          • PinoMamet scrive:

            Beh, io leggo sei nomi, e sette con quello di Oneto.

            Diciamo che per ora non corriamo rischi 😉

          • PinoMamet scrive:

            No, vabbè, questa la copio e incollo perché è troppo divertente- non nel senso che intendo loro 😉

            “Ti rendi conto di essere padano quando un amico meridionale si rivolge a te chiedendoti se gli puoi prestare un “giravite”, ma tu conosci il giradischi, il girasole, il girarrosto, persino un giramondo, ma sul “giravite” non puoi che dire “passo” e rispondergli “non ho la minima idea di cosa sia”.

            Così lui ti guarda, ci pensa su un attimo e poi ti sussurra “il cacciavite” e dentro di te tu pensi: Aaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhh ecco cos’è…””

            Cosa c’è d di divertente?

            Che io sempre pensato che “giravite” (come talvolta chiamato in casa) fosse il regionalismo emiliano, e “cacciavite” il termine corretto italiano!
            😀

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “cacciavite s. m. [comp. di cacciare e vite2] (pl. invar. o anche cacciaviti). – Arnese che serve a stringere e ad allentare viti (per il quale sarebbe più propria la meno corrente denominazione di giravite)”

              https://www.treccani.it/vocabolario/cacciavite/

              Tra l’altro io l’ho sempre chiamato giravite senza dargli nessuna connotazione geografica.

              • Moi scrive:

                Io ho sepre sentito dire “cacciavite” … “giravite” mai ma cazzo, su : è intuitivo , cosa sia ! … Come se dici “carta da culo” anziché “carta igienica” ! 😉

                …. Invece talvolta (!) ho sentito dire nettamente “calcia-vite” [sic !] da gente che fa dei “ciappini”, magari un po’in età e poco scolarizzata … ma che lavora benissimo !

              • Moi scrive:

                Del tipo : “Slungami mò il calcia-vite, che quelle viti qui adesso le stricco entrambe e tre !” 😉

                … ma ripeto, fanno ottimi lavori all’atto pratico ! 😀

            • PinoMamet scrive:

              Anch’io li sento tutti e due, ma in dialetto mi pare di sentire molto di più “giravite”, che suona molto più eufonico, nella parlata di qua (“giravidi” o “giravida”) di “cacciavite” (“cazavidi” o “cassavida”);

              sentire usare come esempio di meridionalismo tipico mi pare la dica lunga sul retroterra culturale degli estensori di quel sito
              (“a casa mia sia dice così, chiunque dica diversamente è un terùn e devo fargli l’inganno della cadrèga!” 😀 😀 )

              insomma, senza offesa: mi sembrano quattro pirla.

              • roberto scrive:

                Sono contento! Ero stato accusato di fare un francesismo da “tournevis”

              • Moi scrive:

                @ PINO

                Ma “calcia[sic]-vite” si dice a Parma ?

              • Moi scrive:

                Ho cercato “calcia[sic]-vite” in Google,e c’è chi lo ha scritto …

              • habsburgicus scrive:

                @Roberto
                Ero stato accusato di fare un francesismo da “tournevis”

                qui si dice “turnavìs”

              • Moi scrive:

                Ripeto : per me, NON capire “giravite” (… e non credo di averlo mai sentito) è come NON capire “carta da culo ” : Intùito Zero !!!

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              non ho capito però donde l’hai attinto.
              Link…?

              • Moi scrive:

                “a casa mia sia dice così, chiunque dica diversamente è un terùn e devo fargli l’inganno della cadrèga!

                —————

                Esite anche l’inverso: che SE NON si dice in Marucònia 😉 allora è roba da Polentoni … l’importante 😉 è non consultare mai un dizionario prima di “dissare” 😉 il Nord o il Sud !

                Io cerco sempre di verificare, prima di sentenziare … anche se l’ idioma dialettale che in assoluto mi crea più dubbi è, in assoluto, il Romanesco : spacciato per Italiano corretto già da RAI e Cinecittà fin dai primissimi Anni Cinquianta !

                Gli unici “localismi ” che considero corretti “a scatola chiusa” (cioè “a dizionario chiuso ” …) sono i Toscanismi !

  60. Moi scrive:

    He he he … trovati i Mercenari/Voltagabbana/Responsabili/Costruttori (chiamateli come kzzo vi pare …) Zingaretti vuole una nuova Legge Elettorale con sbarra del 5% … così fa fuori Italia Viva ! 😉

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