A trovare la forza

 

Ci sono momenti in cui ti senti una fiacca da far paura.

Stanno saccheggiando tutto.

Il fondo che si dice saudita (con sede a Londra, o magari nell’isola dei caimani) e dove non si vede un solo volto umano, si è appena impossessato di un altro luogo ancora che avrebbe potuto ospitare la nostra gente cacciata di casa.

Che caspita può fare un essere umano, con le sue dita congelate, a contrastare la potenza immane del nulla?

Anche perché non vorremmo contrastare, vorremmo fare, vorremmo vedere fiori che crescono.

Mi raccontano dell’anziano che ogni giorno esce di casa, va all’ultima edicola sopravissuta, si compra La Nazione, fa una passeggiata un po’ più larga e poi torna a casa e dice, “noi si aspetta la fine“. Che tanto hanno chiuso anche il circolo del Boschetto, dove almeno si poteva andare a giocare a carte.

Fa un gran freddo, e il senegalese con la sua paccottiglia che non mi serve mi saluta, e mi chiedo dove dorme.

Come me lo chiedo litigando con la piccola donna araba, anziana e velata e triste, che sta buttando i rifiuti del bedanbrecfas nel posto sbagliato.

Chissà come avrà fatto ad avere questo misero lavoro in nero, lei mi dice che i rifiuti dei turisti pesano e che lei non ce la fa ad andare fino ai cassonetti, costruiti una decina di anni fa su un cimitero del Dugento, che quando hanno scavato ho visto i teschi degli amici di Dante.

Poi lei stanca e vecchia dice, basta, ci vado lo stesso a buttare la roba nel cassonetto.

E mi sento male per averci litigato, e vorrei conoscere la sua storia.

Come conoscere la sua storia? Un uomo aggressivo, che la sgrida, come può entrare dentro la vita di una donna musulmana, rassicurarla, farle capire che possiamo fare qualcosa insieme? 

Lo posso fare con Yasmin che conosco da tanti anni, e sta seduta su una panchina del nostro giardino. In Egitto faceva l'avvocata, qui pulisce le case, e ha allevato due figli straordinari. Musulmana fino in fondo, altissima e bella, con il hijab che i laicisti vorrebbero strappare a tutte le donne, ha lo sguardo stanco.

Perché stanno per sfrattare anche lei e i suoi figli. E mentre impazzisco a cercare di pensare a chi conosco che potrebbe trovare loro casa, so solo dire, ricordati che hai degli amici. Ma degli amici, che ci fai?

Mi dicono che la cementificazione in Italia procede a 2,4 metri quadrati al secondo.

Poi mi raccontano che il comune che ha cementificato di più in tutta la Toscana è stato Campi sul Bisenzio; palazzi su palazzi, e Centri Commerciali a tinchitè.

E così una notte le acque sono calate dai monti, e grazie alla cementificazione, hanno distrutto in un attimo migliaia di case, e un ragazzo cui è appena cresciuta la barba ha passato ore a spalare fango.

A Campi, c’era la sinistra più sinistra, e hanno fatto tante cose belle, ma alla fine la politica è quella…

Il disastro di Campi mi fa pensare a una donna statunitense, portata dall’alluvione, come si dice da noi… arrivata, when I was young and gorgeous, a spalare fango nel 1966, oggi è anziana e le sue mani tremano, si dimentica tante cose.

Proprio dalle parti di Campi, stanno spingendo per farci un supermegaeroporto internazionale, che sterminerà gli aironi.

Nel nostro rione, c’era un convento, comprato con le donazioni di mille e mille piccole persone, che speravano di guadagnarci il Paradiso…

Fu rubato dallo Stato Italiano, che ne fece una caserma, per prendere ragazzi e trasformare qualcuno in un assassino e qualcuno in un morto ammazzato;

poi quando decisero che l’intelligenza artificiale uccideva meglio delle baionette, lo Stato vendette il tutto a un’imprenditrice che prende soldi dai miliardari che vogliono andarci a morire, ma in pace. Una vendita fatta in segreto, con una sola acquirente: una donna marocchina, proprio come probabilmente era quella troppo vecchia e stanca per andare a buttare i rifiuti nel cassonetto.

C’è il vecchio granaio dei Medici, che invece di farci case per gli sfrattati, ci hanno fatto una sede di startup con un immenso bar.

Ci troviamo al bar in sette, io dai capelli bianchi, loro con la pensione, ciascuno una storia: chi dirigeva gli archivi del Comune, chi insegnava ai bimbi, a cercare di fare qualcosa…

Per iniziare, dobbiamo, insieme, recuperare la biblioteca di un folle, Paolo Coccheri.

Che dal teatro era passato per un fulmine divino, a curarsi dei clochard e dei disgraziati del mondo. Che sono tanti e tanti e tanti.

Così per la notte, Paolo dallo sguardo altrove inventò la Ronda, che portava l’essenziale ai disperati che cercavano di dormire su spigoli e sassi sotto la pioggia.

Per il giorno, inventò, gli Angeli, che davano da mangiare e vestire ai tanti disperati che la nostra città nasconde sotto l’immensa finzione di Attrattore Turistico.

Angeli e Ronda si sono incontrati solo dopo la sua morte, quasi per caso.

Cammino allora per i colli, e capisco perché comunque, nonostante tutto, vale la pena dare la vita per Firenze.

Non è un pennacchio, ma è un airone grigio sulla statua alla fontana di Boboli

Dare la vita“… ci hanno abituati all’idea che significhi farsi ammazzare per gli interessi di qualcun altro.

Invece, dare la vita vuol dire semplicemente, donare le proprie forze per far vivere qualcosa.

Come ha fatto Paolo, che ci scriveva i bigliettini pieni di riflessioni e mi arrabbio con me stesso che non li ho conservati.

E poi Paolo è andato a morire, e il padrone di casa (che non vi dico chi era) ha detto, “toglieteci di mezzo questo ammasso di libri!”

In cima a San Miniato, Padre Bernardo ha deciso di fare sventolare la bandiera della Repubblica Fiorentina.

Padre Bernardo, dai buffi occhiali, le lunghe vesti bianche, ha fatto in modo che la chiesa di San Bartolomeo al Monte Oliveto, anno 1337…

… alle spalle il convento che sta collassando, ma è stato svenduto a qualche fondo speculativo (gli speculatori a volte intanto si impossessano, poi magari aspettano decenni)…

ma la chiesa, grazie a Dio, è in mano a una coppia: lei insegna canto jazz al conservatorio di Sassari, lui fa il poeta e teatro, e insieme hanno salvato per noi questo frammento di Firenze.

Incontro Valter, occhi ridenti, terza generazione (almeno?) di fabbri, sfrattato dalla sua officina.

Son quattr’anni che cerca un luogo dove mettere la forgia, fosse solo per insegnare ad altre generazioni cosa sia l’Arte.

Abbiamo visto un luogo nel nostro giardino dove c’è un camino, c’è un’artista greca e una californiana, magari insieme potremmo trovare il modo per trasformare quel buco in una nuova forgia?

Ma come, quali sono i mille regolamenti che ci impediscono di vivere, eppure dobbiamo conviverci? Solo per far sentire il martello che batte sull’incudine, dobbiamo farci geometri, architetti, avvocati, ragionieri, commercialisti…

Sui colli, da qualche parte dopo Bellosguardo

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9 risposte a A trovare la forza

  1. massimo scrive:

    Frasi, pensieri, considerazioni e constatazioni che ogni giorno, che ognuno di noi potrebbe e dovrebbe vedere e riflettere. Se solo lo volesse. Ma è più comodo non pensare, non vedere, non riflettere, non appassionarsi ….così è la vita.
    Grazie Miguel, e grazie ai tanti Valter e Paolo e alla piccola donna araba e a Jasmin e alle tante e tanti che a Natale dormiranno tra spifferi sulla dura pietra, su marmi e mosaici….

  2. Chiediamo contro il brutalismo della Tramvia che siano dipinti con i disegni di Botticelli, gli affreschi di Giotto, i panelli di Beato Angelico, le foto in sepia di Firenze degli Alinari per rendere Firenze ancora bella.

  3. Parla anche del miracolo del Cimitero degli Inglesi, anchessi un parte dei progetti di Paolo Coccheri, prima abbandonati a drogati, le tombe vandalizzati, poi restaurati, i giaggioli e altri fiori piantati in una progetto ‘Dalle tombe alle culle’, con famiglie dei Rom in estrema povertà venute dalla Romania, prima quasi anafabeti, ma bravi muratori, fabbri, falegnami, ecc., che ora sono tutti scolarizzati, con una grande apprezzamento per la Firenze di Dante.

    • Miguel Martinez scrive:

      Julia Bolton Holloway, un grande onore!

      Ecco cosa scrissi a proposito alcuni anni fa: https://kelebeklerblog.com/2019/01/04/julia-guardiana-dellisola-dei-morti/

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Martinez

        “Holloway”

        Ho riletto con piacere quello che scrivesti sulla Holloway.

        ‘Perché solo in Inghilterra si è formato – diciamo dai tempi di Blake – un atteggiamento verso il mondo e la vita che coglie le tenebre che avanzano, e che si fonda su un innamoramento per la vita, la natura e la storia, eppure riesce a sfuggire ai fanatismi, all’astio, alla chiusura delle menti, al culto delle Grandi Istituzioni.’

        Esiste un altro grande legame, oltre a quello degli anglofoni ‘italianizing’, fra l’Inghilterra e l’Italia.

        Ho avuto modo di leggere nell’originale pagine Turing, Galilei, D’Arcy Thompson, Fermi e Maxwell. Per lavoro leggo molti articoli di autori di vari paesi.

        Ebbene, l’attenzione per il fatto esemplare, la capacità di cercare un principio generale in una osservazione quotidiana, ancora oggi è prerogativa di pochi scienziati fuori dall’Inghilterra dall’Italia.

        E’ proprio una questione di modo di ragionare. Gli Asiatici espongono una quantità enorme di fatti e di nozioni, ma raramente sono capaci di spiegarle chiaramente. Gli Statunitensi hanno ereditato la piacevolezza dell’esposizione Inglese, ma – con le dovute eccezioni, come Feynman o Sagan – raramente escono dall’ultra-specializzazione. Francesi, Tedeschi e molti Russi – anche qui, non tutti: rifulge l’eccezione di Landau – adorano la forma-trattato, debitamente e chiaramente diviso in tomi, volumi paragrafi.

        Ma fuori da Galileo dove lo trovate un esempio che spiega il principio di inerzia meglio dell’aneddoto del marinaio che osserva un martello cadere dalla coffa della nave fin davanti ai suoi piedi, sulla tolda della nave? Fuori da Newton dove lo trovate un esperimento concettuale che spiega la relatività del moto meglio dell’esempio del secchio ruotante pieno d’acqua appeso a una corda? Ancora adesso la costante di gravitazione universale la si misura con una bilancia inventata da Cavendish prima della Rivoluzione Francese. Chi non è fisico mi creda sulla parola quando dico che la semplicità delle intuizioni di Fermi lascia a bocca aperta.

        Secondo me esiste una notevole umiltà di fondo nei confronti della nostra reale capacità di conoscere la natura. Negli Italiani è probabilmente un’eredità della filosofia classica; negli Inglesi una conseguenza del loro irrimediabile innamoramento per l’Italia. Goethe preferiva l’ingiustizia al disordine; l’Italiano è troppo scafato per credere che ci sia comunque una giustizia, quindi il disordine lo tollera benissimo (il che può renderlo oppresso da preti e moralisti) ed è scevro da preconcetti quando osserva la natura.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Miguel Martinez scrive:

          Per ADV

          “Ebbene, l’attenzione per il fatto esemplare, la capacità di cercare un principio generale in una osservazione quotidiana, ancora oggi è prerogativa di pochi scienziati fuori dall’Inghilterra dall’Italia. ”

          Verissimo.

          O pensa alla differenza tra Marx e Ruskin, quando spiegano l’alienazione capitalista.

        • Francesco scrive:

          Trovo difficile ignorare come il disordine sia figlio e padre di ingiustizia, e rimedio effimero, se mai lo è.

          I rentiers, che tu ed io dovremmo maledire più di ogni altra categoria di ladri, vivono di sofisticate giustificazioni del disordine.

          Ciao

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