Storie di Terre Sante e di corde rosse

Ogni tanto, fa bene rinfrescare la Memoria delle Nostre Radici Giudeocristiane e Occidentali.

Partiamo dal Libro di Giosuè, dove narra la fine di Gerico, la cui unica colpa era di trovarsi al momento sbagliato al posto sbagliato.

Qui degli evangelici statunitensi ci regalano una giocosa presentazione della storiella, per bambini, con tanto di immagine dei protagonisti:

Giosuè infiltra due spie a Gerico, e questi non si sa come, finiscono nella casa di una sex worker (ishah zonah), Rahàb, dove passano la notte in una maniera che possiamo immaginare spensierata.

Solo che qualcuno se ne accorge:

Ma fu riferito al re di Gerico: «Ecco alcuni degli Israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il paese».  Allora il re di Gerico mandò a dire a Rahab: «Fa’ uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il paese».

La maitresse Rahàb risponde:

«Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero. Ma quando stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete».

In realtà, i due uomini lei “li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva accatastato”.

Rahàb però non è ingenua. Il discorso attribuitole è stato infarcito secoli dopo di riferimenti a un certo Yahweh, mentre la divinità di Gerico era probabilmente il dio (maschio) lunare Yarikh, ma il concetto di fondo è chiaro:

“So che Yahweh vi ha assegnato il paese, che il terrore da voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi,  perché abbiamo sentito come Yahweh ha prosciugato le acque del Mare Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall’Egitto e come avete trattato i due re Amorrei, che erano oltre il Giordano, Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio.

[…]  Ora giuratemi per Yahweh che, come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio padre; datemi dunque un segno certo che lascerete vivi mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte».

L’anonimo autore coglie bene la situazione di una donna che fa una professione autonoma ad alto rischio, deve pure badare a tutta una famiglia ed è cosciente che tutta la sua cità sta per essere sterminata.

Lei, che ha la casa sulle mura, fa calare con una corda rossa le due spie dalla sua finestra. Le spie quindi le dicono:

“Quando noi entreremo nel paese, legherai questa cordicella di filo scarlatto alla finestra, per la quale ci hai fatto scendere e radunerai presso di te in casa tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre.Chiunque allora uscirà dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sulla sua testa e noi non ne avremo colpa; chiunque invece sarà con te in casa, il suo sangue ricada sulla nostra testa, se gli si metterà addosso una mano».

Qualcuno ipotizza che con la sua corda, la signora Rahàb abbia inventato così i distretti a luci rosse.

Gli israeliti assediano Gerico, e il Comandante Giosuè prepara gli assedianti:

“La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio (ha’ir heremhi ve kal asher bah) per Yahweh; soltanto Rahàb, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati.”

Sia i cattolici della CEI, che i protestanti della Parola.net, traducono herem con “votati allo sterminio”.

Ma il concetto è molto più profondo.

Haram in arabo è una radice che compare in parole che descrivono ciò che è proibito, come la carne di maiale, ma anche la zona sacra di cui fa parte la Mecca, la donna stessa (pensate al famoso harem), il sangue mestruale, il vino, vietato in vita e goduto in Paradiso, l’onore, il rispetto, l’omicidio o l’incesto: infatti, Gerico non deve solo essere distrutto, deve essere santificato, versando a Yahweh il sangue di ogni essere vivente.

Tranne la prostituta Rahàb, tutto ciò che si trova in Gerico è “votato allo sterminio”; anche gli oggetti preziosi devono essere accantonati solo per il culto religioso.

“Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore».

Al suono delle trombe, le mura di Gerico crollano.

Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.”

Ma da veri gentiluomini, risparmiano Rahàb e la sua famiglia, anzi permetteranno loro di vivere in mezzo agli israeliti. L’episodio spiega infatti perché vi fossero dei cananei sopravvissuti, nonostante le chiare prescrizioni del Deuteronomio:

“Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia. Non ti imparenterai con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli.”

Ma siccome la carne è debole, lo stesso Deuteronomio aveva generosamente concesso, “se vedrai tra i prigionieri una donna bella d’aspetto e ti sentirai legato a lei tanto da volerla prendere in moglie, te la condurrai a casa.”

Il mito di Rahàb contiene in sé quindi anche un elemento di trasgressiva tolleranza: nella tradizione rabbinica, avrebbe addirittura sposato Giosuè, come la Malinche del Messico; e sarebbe anche stata tra gli antenati di Gesù, secondo Matteo.

Giosuè lancia la maledizione finale su Gerico:

“In quella circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si alzerà e ricostruirà questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!».

Questo racconto ha un lieto fine: recentemente, gli archeologi hanno scoperto che all’epoca dell’ingresso degli israeliti, Gerico – la città più antica del mondo – non esisteva più. E quindi lo sterminio probabilmente era solo un caso di wishful thinking.

Con ineffabile arte decorativa, i teologi cristiani avrebbero portato questa storia tra le nuvole – la corda scarlatta sarebbe stato il sangue di Cristo, le spie sarebbero stata la grazia divina che visita i peccatori, rahàb – che vuol dire “largo” – avrebbe indicato l’estensione del Patto ai Gentili.

Poi il mito di Rahàb si fonderà con un altro, quello degli Stati Uniti, il paese eletto dove il successo è prova della grazia divina.

Tanti secolo dopo, un predicatore evangelico di Dallas, nel lontano Texas, avrebbe riesumato la storia della sex worker archetipica per polemizzare con il telepredicatore Benny Hinn, che si era permesso di dire che gli arabi erano “fratelli”:

Rahab la prostituta non stava lì con un braccio intorno ai Cananei e l’altro intorno agli Israeliti, vero? La crisi mediorientale di oggi non è diversa da quella di Rahab-Gerico, solo che i cristiani evangelici – i VERI CRISTIANI NATI – sono i Rahab del tempo della fine. (Gerico è stata la prima terra conquistata dagli israeliti e ha avuto il sostegno di una non israelita: Rahab. Rahab fu benedetta per il suo sostegno perché stava sostenendo la parte “giusta”, quella di Dio).

La prova che il popolo palestinese è maledetto è tutta intorno a loro. Sono senza lavoro e senza reddito. Sono in profonda disperazione. All’interno del loro stesso campo, non ricevono giustizia. È un popolo disperato che ricorre a qualsiasi cosa per salvare la faccia. Tutto questo non è dovuto a Israele, ma a loro. Conoscete la Bibbia abbastanza bene da sapere che quando un popolo è oppresso, generalmente è a causa del peccato.

Qui potete leggere una versione femminista della storia di Rahàb, scritta da Athalya Brenner-Idan, tragicamente ironica.

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642 risposte a Storie di Terre Sante e di corde rosse

  1. mirkhond scrive:

    “Questo racconto ha un lieto fine: recentemente, gli archeologi hanno scoperto che all’epoca dell’ingresso degli israeliti, Gerico – la città più antica del mondo – non esisteva più. E quindi lo sterminio probabilmente era solo un caso di wishful thinking.”

    Al riguardo, consiglio la lettura del libro di due archeologi israeliani, Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman, Le Tracce di Mosè.

  2. mirkhond scrive:

    Nel testo, i due archeologi, in base agli scavi condotti in Israele e alla comparazione con le civiltà coeve del Medio Oriente antico, giungono alla conclusione che il racconto biblico, anteriore al X-IX secolo a.C., sia una rielaborazione del passato ebraico, alla luce delle vicende delle deportazioni assiro-babilonesi dei secoli VIII-VI a.C., e del nuovo credo monoteista, perfezionatosi nell’esilio babilonese.
    Da qui il retroiettare in un lontano passato, aspettative e problematiche che i Giudei reduci da Babilonia si trovarono ad affrontare al loro ritorno in Canaan.

  3. PinoMamet scrive:

    “La prova che il popolo palestinese è maledetto è tutta intorno a loro. Sono senza lavoro e senza reddito”

    La logica di certi protestanti è fantastica…

    Tutto sommato, sono felice di essere in Italia: una terra con una lunga tradizione cattolica.
    e i cattolici hanno tanti difetti, ma tanti.

    Ma hanno l’intelligenza di prendere la Bibbia come il sergente LoRusso di Mediterraneo prendeva l’informazione che anche Alessandro Magno era una checca:
    “Va bene, ma sono cose.. di antichi greci… cose successe… decine e decine di anni fa!”
    😉

    • Peucezio scrive:

      Come un tizio di Altamura di cui una volta ascoltai una registrazione.
      Raccontava aneddoti popolari su Gesù e San Pietro e poi ci teneva a specificare che erano cose successe molto prima che lui nascesse.

    • Peucezio scrive:

      Aneddotica per aneddotica, una volta, moltissimi anni fa (ero adolescente), mi sembra a Casamassima, in provincia di Bari, c’era la chiesa matrice avvolta nelle impalcature per un restauro: non si riusciva a capire lo stile architettonico e chiesi dunque a un passante di che epoca fosse.
      Mi fa: “eh, chi si ricorda, io l’ho sempre vista qui”.

      Un po’ come la barzelletta milanese del brumista.

  4. rutt1 scrive:

    Non sono religioso, a parte il catechismo cattolico forzato nel lontano passato, e un interesse schietto ma amatoriale per le religioni nel meno lontano passato.

    Ho sempre avuto il sospetto che il concetto di ‘radici giudaico-cristiane’ dell’occidente sia una invenzione protestante.
    Mi pare che di fatto il protestantesimo e in particolare quello degli evangelisti è una specie di karaoke del giudaismo più commerciale, quello di David Parenzo o Luca Barbareschi per esempio — e vi imploro di credermi: lo dico come constatazione senza alcun disprezzo.

    Per quello che ne so io il raccordo tra cristianesimo occidentale e giudaismo si chiama Platone e Neoplatonismo, quindi semmai le radici sono greche o grecoromane. Detto senza alcun campanilismo, non ho i busti degli imperatori esposti a casa.

    Cristianesimo cattolico e ortodosso mi pare di aver capito che vedano l’antico testamento,

    Con ineffabile arte decorativa, i teologi cristiani avrebbero portato questa storia tra le nuvole – la corda scarlatta sarebbe stato il sangue di Cristo, le spie sarebbero stata la grazia divina che visita i peccatori, rahàb – che vuol dire “largo” – avrebbe indicato l’estensione del Patto ai Gentili.

    …come una specie di anticipazione di quello che succederà nel nuovo testamento.

    Credo che prima del XX secolo nessun cristiano, men che meno cattolico, avrebbe considerato uno di fede ebraica “cugino” o “fratello maggiore” in senso religioso. Può darsi che mi sbaglio.

    Immagino valga lo stesso per qualsiasi ebreo — visto che il cristianesimo per un ebreo o un mussulmano è una religione che si fonda su un certo numero di bestemmie da lapidazione.

    Quindi queste radici che ci vengono pubblicizzate come chiave di volta della nostra identità sono abbastanza superficiali.

    Io credo che, superficialità per superficialità, il cristianesimo abbia molto di più in comune con l’induismo che con le altre religioni abramitiche; pensate solo all’importanza che le immagini hanno in induismo e cristianesimo.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per rutt1

      “Io credo che, superficialità per superficialità, il cristianesimo abbia molto di più in comune con l’induismo che con le altre religioni abramitiche; pensate solo all’importanza che le immagini hanno in induismo e cristianesimo.”

      Quando dici “cristianesimo” ovviamente intendi – come sopra – cattolicesimo e ortodossia.

      Bella riflessione. Anzi, penso che molti fondamentalisti cristiani (evangelici) statunitensi sarebbero d’accordo!

    • Ros scrive:

      rutt1 “…Io credo che, superficialità per superficialità, il cristianesimo abbia molto di più in comune con l’induismo che con le altre religioni abramitiche; pensate solo all’importanza che le immagini hanno in induismo e cristianesimo…”

      Interessante😀

      https://www.centrostudilaruna.it/il-christo-serpente-cristianesimo-e-misteri-antichi-parte-i.html

      https://www.centrostudilaruna.it/author/musashi

      Bart D. Ehrman “I cristianesimi perduti” (2012, Carocci).

      Daniel Boyarin “Il Vangelo ebraico. Le vere origini del cristianesimo” (2012, Castelvecchi).

      Giorgio Jossa “Il cristianesimo antico dalle origini al Concilio di Nicea”
      Giorgio Jossa “Dal messia al Cristo. Le origini della cristologia”

      James D. G. Dunn “Per i primi cristiani Gesù era Dio. La testimonianza del Nuovo Testamento” (2019, Claudiana).

      Jean Daniélou. Miti pagani, mistero cristiano (Arkeios).

      Marco Pelagatti “Cristiani e pagani, un conflitto inconciliabile” (A X I S m u n d i)
      https://axismundi.blog/2021/02/02/cristiani-e-pagani-un-conflitto-inconciliabile/

      Paolo Galiano “Culti cristiani e culti gentili nel folklore balcanico”
      https://simmetriainstitute.com/it/ricerca.html?q=Paolo+Galiano

      Valentino Bellucci “La Gnosi Cristiana” (2016, Harmakis)

      Rudolf Bultmann “Il cristianesimo primitivo” (Garzanti)

      Ulisse di Bartolomei “Il cristianesimo e il testamento contestato”

      Quella della comparazione con L’Induismo è assai sfiziosa.

      Raimon Panikkar “Parliamo dello stesso Dio” (Jaca Book).

      http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/filosofiacomparata/griffiths.htm
      “Advaita Vedanta e Cristianesimo. L’esperienza di Bede Griffiths”.

      • Ros scrive:

        Non intendo fare polpettoni sincretisti campati in aria😉😏 sia chiaro.

        Un’idea (mediata dalla lettura selvaggia dei cosi sopracitati, e d’altri a caso lotteria e sorteggio) modesta😊, la tengo.

        Se trovo il tempo, e il coraggio di superare la pigrizia accidiosa e accanazzata che comoda e calduccia mi avvolge carezzevole la esplico😃

        • Ros scrive:

          rutt1:
          “…Io credo che, superficialità per superficialità…”

          In superficialità comparata ho Laurea cum lode e slinguata alla francese accademica;
          mi inviti a nozze di sollazzo ed abboffata😁

      • rutt1 scrive:

        Grazie per la esauriente bibliografia, molto interessante.

    • PinoMamet scrive:

      Credo di essere d’accordo con Rutt1.

      Non credo che Parenzo e Barbareschi c’entrino qualcosa con la nascita del Protestantesimo 😉 (scherzo, ho capito cosa vuol dire) ma insomma molto Protestantesimo è “antico Testamento for dummies “.
      Che è una cosa molto diversa dell’ebraismo ma abbastanza somigliante superficialmente da trarre in inganno.

      Mentre sicuramente il Cristianesimo, visto laicamente e senza volontà polemica o offensiva, si basa su una “mitologia ” e su un “pantheon “, una narrazione molto più complessa e ricca di quella dell’ebraismo almeno nella sua forma attuale.

      (Maiuscole e minuscole casuali: scrivo dal cell..)

      • PinoMamet scrive:

        Comunque le “radici giudaico cristiane” sono un falso clamoroso.

        È esistita semmai una filosofia medievale islamico-cristiano-giudaica con radici aristoteliche o neoplatoniche.

        Il resto sono guerre, ghetti, conversione libere o forzate, urla spari grida e botte, l’han menàa via l’era già mo’ quasi mez di…

        • Francesco scrive:

          Scusa ma il fatto che i cristiani abbiano tenuto tutto il Vecchio Testamento nelle loro scritture non è argomento decisivo?

          Al netto di aver tenuto i libri e perseguitato gli Ebrei, of course.

          • PinoMamet scrive:

            Beh, in senso strettamente culturale… è difficile darti torto…

            e sai quanto odio darti ragione! 😀

          • Peucezio scrive:

            Francesco,
            lo hanno tenuto ma interpretandolo per lo più in senso allegorico.

            Poi, certo, le radici ebraiche (non giudaiche, che non è la stessa cosa: il giudaismo, Pino mi corregga se sbaglio, è quello dopo la distruzione del tempio) del cristianesimo, sia pure insieme a lemeneit appunto neoplatonici, ecc., sono difficilmente contestabili.

            • Francesco scrive:

              Beh, nel mio Nuovo Testamento si parla continuamente di Giudei, sia nei Vangeli sia in San Paolo.

              Non so se è un caso.

              E sull’interpretazione allegorica non credo di essere d’accordo, i cristiani sono “il nuovo Israele” e i fatti narrati nell’AT sono anche prefigurazione della missione del Messia. Ma restano fatti veri e propri, direi.

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          “urla spari grida e botte, l’han menàa via l’era già mo’ quasi mez di…”

          Sei anche un conoscitore della produzione musicale di Walter Valdi??

          Comunque d’accordo su tutto.

    • roberto scrive:

      rutt1

      “Ho sempre avuto il sospetto che il concetto di ‘radici giudaico-cristiane’ dell’occidente sia una invenzione protestante”

      non so se sia un’invenzione protestante, forse per deformazione professionale associo la discussione sulle radici giudaico cristiane alla abortita costituzione europea (ignoranza mia, ma ho l’impressione che prima non esistesse proprio questo dibattito) e quindi alla figura del cattolicesimo tradizionale di giscard d’estaing

      per il resto sono d’accordo sia con te che con pino per quanto riguarda le radici giudaiche (mi viene sempre in mente una tradizione popolare dei pirenei francesi secondo la quale a pasqua un ciocco di legno che rappresenta l’ebreo viene portato in chiesa, sputacchiato, colpito e maledetto…ok non si fa più ed è meglio il ciocco che l’ebreo, ma si concilia male con il discorso delle radici)

      ovviamente discorso diverso per le radici cristiane…anche il più ateo fra di noi vive circondato da chiese, si riposa la domenica e fa festa a natale

      • Peucezio scrive:

        Roberto,
        ” ‘radici giudaico-cristiane’ ”

        Credo che sia merda postconciliare mischiata con un po’ di cristianismo e scontro di civiltà post-11 settembre.

        Quel coglione di Fini si riempiva sempre la bocca con la cultura giudaico-cristiana.
        Don Curzio Nitoglia una volta disse che Fini non ha la più pallida idea né di cosa sia il cristianesimo, né di cosa sia il giudaismo, né di cosa sia la cultura.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Radici giudaico-cristiane

        Era inclusivismo di destra, per non dire “radici cristiane”. osì facendo:
        – non sembri antisemita
        – e abbastanza evidente chi sia il terzo escluso che non vuoi tra i piedi

    • Peucezio scrive:

      Rutt1,
      “Credo che prima del XX secolo nessun cristiano, men che meno cattolico, avrebbe considerato uno di fede ebraica “cugino” o “fratello maggiore” in senso religioso. Può darsi che mi sbaglio.”

      Non sbagli affatto.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Moni Ovadia scrive:

    1 nov 2023 — Grazie per la solidarietà

    Oggi voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno manifestato la loro solidarietà in difesa della libertà di pensiero e di parola e comunicare loro l’esito della controversia
    Numerosi membri del Consiglio Comunale di Ferrara – fra i quali anche i rappresentanti del PD – hanno chiesto le mie dimissioni dalla Direzione Generale del Teatro Comunale Claudio Abbado per le mie dichiarazioni sul conflitto israelo/palestinese nelle quali esprimevo solidarietà con il popolo palestinese, stigmatizzando le responsabilità del governo israeliano.
    In seguito a questo attacco, avevo avanzato le mie dimissioni principalmente per non arrecare danno all’attività del teatro e al lavoro dei suoi dipendenti e, per la non secondaria ragione di difendere il principio universale e costituzionale alla libertà di opinione.
    Ieri il Consiglio di Amministrazione del Teatro, organo indipendente preposto a governare il Teatro, il Consiglio di Amministrazione del Teatro, ha emesso un comunicato affermando che non vi ė materia per chiedere le mie dimissioni, avendo io pieno titolo ad esprimere le mie opinioni personali come qualsiasi cittadino.
    La vicenda si chiude qui e io rimango al mio posto esprimendovi la mia profonda gratitudine per il conforto e la forza che mi avete trasmesso con la vostro fattivo sostegno.

    • Lucia scrive:

      No aspetta, quindi niente purghe? E i manifestanti pro Palestina possono manifestare in Germania? Questi occidentali schiavi degli U$A sono proprio astuti, ma tanto noi sappiamo che non c’è libertà!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Lucia

        “E i manifestanti pro Palestina possono manifestare in Germania?”

        Credo che dipenda dalle autorità locali, cerca comunque sui motori di ricerca germany ban palestine protest

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Lucia

          ““E i manifestanti pro Palestina possono manifestare in Germania?””

          Deve essere una scelta difficile. Perché una manifestazione autorizzata è la cosa più innocua del mondo e diventa invisibile: qui a Firenze hanno “non vietato” due manifestazioni per la Palestina, non credo che ci fosse nemmeno un giornalista e mi sembra che nessuno ne abbia parlato.

          Ma immagino anche le autorità in Germania che pensano ai “titoli del giorno dopo”: “Nel paese dell’Olocausto folle di antisemiti inneggiano al massacro di ebrei, sotto gli occhi della polizia che non fa niente!” perché qualcuno ha gridato “Palestina libera!”

          Meglio vietare. Ma vietare vuol dire trattare da inferiori sei milioni di immigrati, qualcuno si incavola, e ne nasce lo stesso una “notizia” che mette in imbarazzo le autorità.

          Presumo che l’oscillazione (vietare quasi sempre ma non sempre) dipenda da questo.

          In Francia il divieto è stato totale, e anche riaffermato da un tribunale, poi sollevato quando c’erano decine di migliaia di persone pronte a scendere in piazza, per evitare un Genova 2001. Infatti, una volta permessa la manifestazione, non è successo nulla.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “E i manifestanti pro Palestina possono manifestare in Germania?”

        Dalla lettura del pezzo non saprei dire e non saprei nemmeno intuire come tu abbia ricavato quell’informazione.

        • Lucia scrive:

          Qualche giorno fa ho postato un articolo tedesco dove si riporta di svariate e pacifiche manifestazione pro Palestina in Germania. Pacifiche. Credo di averlo postato nei commenti all’articolo precedente, o al massimo quello prima ancora.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Sì, ma se io rispondessi a questo tuo commento dicendo “allora andare contromano è pericoloso”, un ingenuo lettore potrebbe supporre che ci sia una connessione tra la mia considerazione sui sensi di marcia e il contenuto del tuo commento.

            • Lucia scrive:

              Allora, se ben capisco la tua critica è che alla notizia su Moni Ovadia riportata da Miguel io avrei risposto in modo ben poco comprensibile?
              Può essere, scusa 😅

              Adesso cerco di spiegarmi: secondo me fra la non-dimissione di Ovadia e la notizia falsa ma più volte ripetuta che in Germania (in Francia non so quindi non mi pronuncio, mi permetto tuttalpiù di dubitarne ..) non si possa manifestare pro Palestina corre un fil rouge. E a quel punto ho scritto in quel modo … Francescano, nel senso del collega commentatore del post. O forse Moiano 🫣 data l’astrusità

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Lucia

                “secondo me fra la non-dimissione di Ovadia e la notizia falsa ma più volte ripetuta che in Germania (in Francia non so quindi non mi pronuncio, mi permetto tuttalpiù di dubitarne ..) non si possa manifestare pro Palestina corre un fil rouge.”

                Mi soffermo solo sulla questione delle manifestazioni in Germania e in Francia.

                Almeno a leggere i media cui si accede tramite motore di ricerca, le manifestazioni sono state quasi sempre vietate: in Francia in generale (tranne l’ultima a Parigi che io sappia, che è stata prima vietata, poi un tribunale ha affermato la correttezza del divieto e infine è stata permessa) e in Germania su base locale.

                Non so se dopo che è stata permessa l’ultima manifestazione a Parigi, lo stato francese abbia cambiato politica.

                Non capisco cosa c’entri Moni Ovadia, che prima si è dimesso dietro pressione, poi è stato invitato a rimanere e ha deciso di accettare.

                Non vedo un filo rosso che penzoli dalla stanza di Rahàb 🙂

              • Francesco scrive:

                Prova a impegnarti che lo vedi bene!

                E’ quello del chiagne e fotte, per citare Moi.

    • Peucezio scrive:

      Credo sia successo banalmente questo.

      All’indomani del 7 ottobre c’era l’isteria filo-israeliana. Ora, sotto i riflettori mondiali, stanno massacrando 10 o 20 volte la quantità di gente morta in quell’attacco e quindi perfino in un clima di soffocante conformismo c’è qualche minimo di ritegno a vietare la solidarietà ai Palestinesi.

      Questo significa che ormai la libertà di parola e sottoposta e subordinata via via alle ondate emotive che si verificano.
      Poi quello della pancia era Salvini.

      • Francesco scrive:

        Devo confessare che l’isteria filo-israeliana me la sono persa.

        Neppure nei film dell’orrore c’è una tale mancanza di empatia per la tortura e il massacro di donne e bambini.

        E non solo in questo blog, parlo in generale della rete e della comunicazione, pure quella mainstream.

        • Lucia scrive:

          Uhm, è vero che se si fosse compiuto un attacco del genere contro o Rohingya, gli Uoguri o i San/Boscimani non ci sarebbe stato tanto parlarne, ed è ingiusto. Però non credo che nessuno avrebbe nemmeno festeggiato in piazza, com’è accaduto. (Sui festeggiamenti nei quartieri “banlieosi” di alcune città europee, aggiungerei che per quanto ne so sono avvenuti a notizia ancora calda, quando l’entità dell’attacco soprattutto verso la popolazione civile non era chiara. Darei loro quindi il beneficio del dubbio, se avrebbero festeggiato comunque sapendo dei bambini uccisi…)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Lucia

            “Però non credo che nessuno avrebbe nemmeno festeggiato in piazza, com’è accaduto. ”

            Penso proprio di sì, invece.

            Penso a certi induisti (mica tutti ovviamente) che festeggiano ogni volta che il Pakistan perde a cricket, figuriamoci se non festeggerebbero per un missile che colpisca Islamabad.

            Credo che sia molto umano, lo Spirito di Guerra si imposessa di tutti noi molto facilmente, specie se si è giovani maschi.

            E mettiti nei panni poi dei tifosi della squadra amatoriale di Villasperduta che ha perso ogni partita da quando è nata, che ricevono la notizia che la loro squadra ha appena segnato tre gol contro la Juve.

            Per lo stesso motivo non ho nessuno problema con i video che fanno vedere (mi riferisco alla precedente grande offensiva israeliana contro Gaza) israeliani sui tetti che applaudono guardando i missili che colpiscono le case dei residenti di Gaza.

            E’ una reazione perfettamente naturale, e bisognerebbe essere dei santi o dei saggi per non cascarci.

          • Peucezio scrive:

            Lucia,
            “Uhm, è vero che se si fosse compiuto un attacco del genere contro o Rohingya, gli Uoguri o i San/Boscimani non ci sarebbe stato tanto parlarne, ed è ingiusto”

            Veramente i Rohingya e gli Uiguri sono alleati dell’Occidente tanto quanto. Certo, non sono un pezzo dell’Occidente, come Israele.

            Non dimentichiamo che il filo-islamismo si dimentica solo quando c’entra Israele, perché in tutti gli altri scacchieri l’Occidente è filoislamico (per meglio dire, filo-sunnita).
            Perfino le reazioni militari all’11 settembre sono state presentate come anti-islamiche, lo scontro di civiltà e tutto il resto delle cagate, ma in realtà sono state l’esatto opposto: hanno abbattuto Saddam perché era un capo di stato laicista sostenuto dalle minoranze cristiane.

            Vabbè, in Afghanistan non potevano tirarsi indietro, sono stati proprio provocati, ma quello lo definirei un regolamento di conti interno alla galassia wasp-ebraico-wahabita, cioè al sistema di potere saudita-statunitense legato al petrolio, ecc.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “Devo confessare che l’isteria filo-israeliana me la sono persa”

          Di quell’attacco ne parlano ancora sul sito dell’Ansa a distanza di un mese.

          “Neppure nei film dell’orrore c’è una tale mancanza di empatia per la tortura e il massacro di donne e bambini”

          In effetti sorprende anche me il fatto che non solo non sembra fregartene niente dei morti ammazzati di Gaza, ma che sia messo anche a scrivere suggerimenti per genocidare la gente di laggiù.

          • Francesco scrive:

            MT

            tu confermi ogni volta le mie peggiori aspettative sul genere umano

            ogni maledetta volta

            potresti mica sorprendermi, una volta?

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Cioè ti aspettavi di non poter scrivere mostruosità senza che poi nessuno te ne chiedesse conto mentre davi del mostro agli altri?

              • Francesco scrive:

                Io ho suggerito un sistema per evitare che morisse anche solo una persona, lì a Gaza.

                Certo, a scapito della credibilità di Hamas, che però fa parte delle mostruosità e più ci perde meglio è per il mondo intero.

                E sul clima mediatico non ho scritto nessuna mostruosità ma descritto quello che succede davvero.

        • PinoMamet scrive:

          “Uhm, è vero che se si fosse compiuto un attacco del genere contro o Rohingya, gli Uoguri o i San/Boscimani non ci sarebbe stato tanto parlarne, ed è ingiusto. Però non credo che nessuno avrebbe nemmeno festeggiato in piazza, com’è accaduto.”

          OMDAL

          Ma tutto l’argomento Israele-Palestina è un campo minato.

          Il fatto è che la percezione muta completamente, gira di 180 gradi, appena si cambia “tifo”.

          I filo-palestinesi vedono le news dominate da Israele.
          I filo-israeliani vedono le piazze dominate dalla Palestina.

          I filo-israeliani condannano la brutalità di Hamas e accusano gli altri di non volerla condannare.
          I filo-palestinesi condannano la brutalità della reazione israeliana e accusano gli altri di non volerla condannare.

          Una cosa così si vede solo con Russia-Ucraina:
          cioè, si vedrebbe, se qualcuno avesse la pazineza di andare a vedere i rispettivi siti.

          “Voi russi avete bombardato un albergo! Noi ucraini abbiamo distrutto un obiettivo militare!”
          “Voi ucraini avete ucciso due civili in Donbass! Noi russi abbiamo distrutto una fabbrica di armi!”
          “Voi russi arruolate criminali di guerra! Noi ucraini abbiamo un battaglione di russi che combatte per noi!”
          “Voi ucraini arruolate criminali di guerra! Noi russi abbiamo un battaglione di ex prigionieri ucraini che combatte per noi…”

          • Moi scrive:

            Sì, è molto triste il tifo da stadio per guerre lontane … Israele VS Palestina è la più collaudata di tutte.

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ moi

              “triste”

              Triste sì, ma fisiologico.

              Quando praticamente tutti i mass media e tutti i partiti prendono per partito preso le parti di sionisti e banderisti ridicolizzando o insultando chi dissente a dispetto dell’evidenza dei fatti (ma lo stesso identico discorso varrebbe a parti invertite, ovviamente) è logico che chi dissente si polarizzi, creando appunto il fenomeno delle opposte tifoserie (una delle quali però include anche l’arbitro). E’ la tattica di governo formulata da Stalin a suo tempo con la tesi della “intensificazione della lotta”: tanto più il nemico è isolato e in minoranza, tanto più subdolo inevitabilmente diventa, con tanta maggiore decisione andrà isolato e neutralizzato. Di solito solo il tempo fa giustizia.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                “a dispetto dell’evidenza dei fatti”

                ???

                come hai dimostrato alcune centinaia di volte, non a dispetto a ma in aderenza all’evidenza dei fatti.

                puoi benissimo insultare i mass media ma non puoi pensare di farci fessi, tanto meno ripetendo due sloganucci in croce.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “ripetendo due sloganucci in croce”

                Ma se il tuo punto forte è proprio la punzecchiata e via?

                Dai, per guadagnarci una tua punzecchiata, non obbligarci come sempre a pagine di documentazione!!!!!!!!!!!!!!!!

              • Francesco scrive:

                punzecchiare sì ma solo IN VERITATE!

                cerco di evitare le battute fini a se stesse e se, sparandola grossa, sbaglio, lo ammetto

                altri invece non hanno mai sbagliato in 10 anni e peggio per i fatti, quando li smentiscono

          • Miguel Martinez scrive:

            Per PinoMamet

            “Ma tutto l’argomento Israele-Palestina è un campo minato.”

            Verissimo.

            Non sono un giudice non posso “condannare” niente e nessuno.

            Ogni guerra è un orrore totale, assoluto, e non ci sono “regole” da rispettare o da violare, come non esiste la tortura buona e quella cattiva.

            Se fossi un palestinese, farei come Hamas, se fossi un israeliano, farei come fa l’esercito israeliano. Oppure me ne andrei via, potendo.

            Quello che mi interessa sono però è come reagiscono a queste cose quelli che contano da noi (non posso dire molto su quelli che contano in Cina): i governi, le grandi imprese, i media, i fabbricanti di armi.

            Che alla fine non sono ragazzini palestinesi o israeliani coinvolti dal tifo locale.

        • Giangà scrive:

          “Neppure nei film dell’orrore c’è una tale mancanza di empatia per la tortura e il massacro di donne e bambini.”

          Non direi. Non mi ricordo una così grande mobilitazione ai tempi del massacro di Piombo Fuso nel capodanno 2009. Stavolta credo sia diverso vista la grande diffusione di foto e video attraverso i social.

          • Francesco scrive:

            Sospetto che ci sia l’usuale problema linguistico, che tipicamente si risolveva con il vecchio metodo di combattere una guerra.

  6. roberto scrive:

    OT interrompo un attimo la guerra in palestina per segnalarvi che se c’è una cosa da seguire nei prossimi mesi è questa (modifica della direttiva sul packaging)

    https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20231023IPR08128/packaging-new-eu-rules-to-reduce-reuse-and-recycle

    purtroppo scandalosamente solo in inglese e francese….ma vabbé il popolo sovrano vuole ridurre il budget dell’UE et tant’é, le lingue sono le prime sacrificate

  7. Francesco scrive:

    Colgo l’occasione per ringraziare il Papa, che mettendo da parte il nefasto Sinodo sulla Sinodalità, ha detto belle parole cattoliche sulle guerre in corso.

    Una boccata d’aria respirabile, utile anche a chi come me rischia di rimare intrappolato da una parte.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Grandioso. Qualche giorno dopo che i delegati israeliani si sono presentati all’Onu indossando la stella gialla, leggo su Repubblica:

    “La situazione dell’antisemitismo è in forte peggioramento come avviene sempre quando qualcuno vuole mettere patologicamente in collegamento le vicende medio orientali con le questioni della popolazione ebraica”. Lele Fiano, ex parlamentare Pd, membro della comunità ebraica milanese, figlio del deportato Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, è preoccupato per i recenti attacchi a cimiteri, attività economiche e altre istituzioni ebraiche in Austria, Francia, Germania e per l’oltraggio alle pietre di inciampo che si sono verificati anche a Roma, negli scorsi giorni”

  9. Francesco scrive:

    Miguel

    mi sa che mi stai contagiando.

    Anche a me viene da chiedermi: cui prodest il 7 ottobre? non ai palestinesi di Gaza. I capi di Hamas mi pare siano al sicuro all’estero e sono ancora più potenti di prima.

    Ma cosa ha prodotto nel teatro politico del Medio Oriente? la fine del processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi sunniti conservatori. Il ritorno in auge dei paesi anti-israeliani, che poi è l’Iran. Col Qatar che gioca su tutti i tavoli e la Turchia che per ora è a distanza (qui ti chiedo, come vedrebbero gli Arabi un ritorno dei Turchi?).

    Persiani, Russi, Cinesi, tutta gente esterna al conflitto che guadagna molto da questa sua recrudescenza. Palestinesi, Israeliani, Statunitensi, tutti ci rimettono, in termini di morti e/o politici.

    Sei d’accordo?

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma le cose devono sempre convenire a qualcuno? Le rivolte normalmente scoppiano e basta, senza troppe riflessioni su cosa succederà dopo.

    • Miguel Martinez scrive:

      per Francesco

      “Anche a me viene da chiedermi: cui prodest il 7 ottobre?”

      E’ sempre bene chiedersi “chi trae vantaggio da”, anche senza farne la causa di un evento: per dire, se c’è un terremoto, fanno sicuramente un sacco di soldi degli appaltatori senza scrupoli, ma non vuol dire che hanno causato il terremoto.

      La domanda più difficile è se giova o no a Netanyahu, che ha fatto una figura paurosa per l’incredibile mancanza di sorveglianza del confine più difficile d’Israele, ma sta anche preparando una vendetta memorabile che potrà farlo diventare di nuovo popolare. Penso che solo una persona che conosca molto bene la realtà israeliana possa rispondere.

      Per i palestinesi, peggio di come stavano già non è che potevano stare, e prima o poi li avrebbero comunque ribombardati come hanno fatto decine di volte (in questi giorni, 134 morti nel West Bank, dove non c’è Hamas…). Ma certo non ci hanno guadagnato nulla, tranne il senso di aver per la prima volta segnato un gol. Quindi anche lì, boh…

      Per Hamas come organizzazione, dal numero di capi che Israele dice di aver ucciso, non mi sembra proprio che stiano tutti all’estero. Comunque verranno sterminati alla fine, per cui direi che non ci hanno guadagnato, se non come “eroi per la storia”.

      La Repubblica Islamica dell’Iran, la Siria e l’alleanza cristiano-sciita in Libano rischiano l’annientamento, e infatti stanno attenti a non andare oltre le chiacchiere.

      La Turchia sicuramente ci guadagna, nell’ammirazione del mondo islamico. Come ha guadagnato in Azerbaijan contro gli armeni, e come sta guadagnando contro l’Europa e contro la Russia tutte e due insieme.

      Per la Russia è un po’ di pressione in meno sul fronte ucraino, ma è anche vero che ci sono centinaia di migliaia di cittadini russi solo nominalmente ebrei (molti, mi dicono, cristianortodossi praticanti) in Israele.

      Gli Stati Uniti sicuramente ci guadagnano un prepotente ritorno nel Mediterraneo, e la possibilità per l’industria bellica di schierare dalla propria parte anche la destra che era recalcitrante sulla guerra in Ucraina.

      Israele come nazione (non Netanyahu) guadagna un enorme passo in avanti verso la soluzione finale della questione palestinese.

      La Cina forse ci guadagna, come potenza “moderata e al di sopra delle parti a differenza degli Stati Uniti”.

      • Francesco scrive:

        >>> Per i palestinesi, peggio di come stavano già non è che potevano stare

        non corretto.

        >>> Per Hamas come organizzazione, [] Comunque verranno sterminati alla fine

        ottimista

        >>> La Repubblica Islamica dell’Iran, la Siria e l’alleanza cristiano-sciita in Libano rischiano l’annientamento

        insomma, la prima è a un passo dalla Bomba e non corre nessun rischio, la seconda (intesa come Assad) sta benissimo, il terzo picchia su Israele sapendo che non ha le forze per un vero attacco (e l’ultimo è andato molto male). Non è che ti stai peucizzando?

        >>> Per la Russia è un po’ di pressione in meno sul fronte ucraino,

        ecco, appunto, cosa vuoi di più, cioccolata con panna?

        >>> Gli Stati Uniti sicuramente ci guadagnano un prepotente ritorno nel Mediterraneo, e la possibilità per l’industria bellica di schierare dalla propria parte anche la destra che era recalcitrante sulla guerra in Ucraina.

        se lo dici tu, a me non pare affatto, solo un nuovo fronte che distoglie risorse da quelli num 1 (Taiwan) e num 2 (Ucraina), proprio mentre pareva che la diplomazia stesse sistemando le cose.

        >>> Israele [] guadagna un enorme passo in avanti verso la soluzione finale della questione palestinese.

        Vediamo, per ora i palestinesi di Gaza sono ancora lì e l’ex alleato turco elogia pubblicamente Hamas.

        credo di non essere molto in sintonia con la tua valutazione

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Francesco

          “Gli Stati Uniti sicuramente ci guadagnano”

          L’errore – che ti perdono perché a differenza di me sei nato nel vecchio Continente – è pensare agli Stati Uniti come una “nazione normale” che preferirebbe avere solo un nemico e non due ai confini.

          Ai confini degli Stati Uniti, non ci sono nemici: ci sono Canada e Messico.

          Gli Stati Uniti i nemici se li vanno cercando in giro per il mondo.

          Pur di scovarne, se li sono andati a cercare in Vietnam, in Afghanistan, in Iraq, in Somalia.

          Più ne hanno, più guadagnano le industrie, più risorse si controllano, meglio vanno le cose.

          Perché, a differenza dei paesi normali, non paga il contribuente: si paga spacciando buoni del tesoro che tutto il mondo deve comprare per mantenere stabile il dollaro in cui fanno i loro commerci.

      • Lucia scrive:

        “La Repubblica Islamica dell’Iran, la Siria e l’alleanza cristiano-sciita in Libano”
        Loro ci guadagnano di ricompattare una popolazione piuttosto scontenta (che poi è quello a cui hanno sempre puntato, chiaramente se a loro dei palestinesi interessasse qualcosa si sarebbero da tempo mossi perché ottengano diritti, per una qualche soluzione reale)

  10. Peucezio scrive:

    Secondo me, la cosa più interessante non è né capire le conseguenze delle cose (chi ci guadagna), né le cause dirette (chi l’ha ordito, per quale scopo), ma di che cosa le cose sono sintomi.
    Cioè questa cosa cosa ci sta dicendo sugli equilibri, le dinamiche, le trasformazioni locali e mondiali?

    Interessante per esempio l’accenno di Mauricius sul fatto che la diffusione sempre maggiore di tecnologie sempre più sofisticate crea una sorta di anomia: l’ultimo fesso può fare un casino enorme.

    Inoltre parrebbe registrarsi una certa vivacità dello scontro Occidente vs resto del mondo che parrebbe andare verso una progressiva polarizzazione di posizioni e una maggiore conflittualità.

    • Francesco scrive:

      Sì, l’ultima cosa mi pare evidente e preoccupante: solo l’Occidente è ipocrita, il resto del mondo mi pare propenso a scegliere la violenza come prima opzione con molto maggiore entusiasmo.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ francesco

        “ipocrita”

        Non è l’ipocrisia che mi spaventa: a quella ci si abitua.

        Sono le bombe H che ho in casa.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          Pensa che paura ho io all’idea che uno come te abbia delle bombe H a casa!!!

          😀

          PS non capisco la tua preoccupazione. Quando la NATO si scioglierà, il nuovo giro di isolazionismo riporterà a casa i loro ragazzi e resteremo senza basi USA. Allora sì che ci sarà da preoccuparsi!

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            “preoccuparsi”

            È tipico del delirio temere pericoli ipotetici e ignorare quelli reali.

            Il johnwainismo non fa eccezione.

            Tu che sai di economia mi insegni che Putin era un fornitore, Biden è un concorrente.

            Io che so di militari ti dico che non ci sono Bombe che prima o poi non vengano usate.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              Io che so di economia so che Biden è un cliente dieci (a dir pochissimo) volte più importante di Putin.

              Io che non so nulla, so che le armi atomiche sono dei game changers e che le vecchie regole non valgono più. Il mondo ci ha messo un 15 anni a capirlo ma poi ci è arrivato.

              Io che so di politica ti ricordo che Putin non era solo un fornitore, è anche un nemico. E che già Lenin insegnava ai capitalisti a stare attenti!

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ francesco

                “Fornitore”

                È difficile commerciare con Biden se il tuo metano costa cinque volte più di quello che pagavi a Putin.

                “nemico”

                Nemico degli USA che gli volevano mettere i missili pure nel cesso del Cremlino (cit. Crozza), certamente. Di certo non nemico mio.

                “game changers”

                Non esiste un diritto divino che impedisca a chi detiene armi atomiche di usarle. Se si sente davvero minacciato, perso per perso lo farà. E anche se non si sente minacciato, come ampliamente dimostrano i due soli casi in cui finora sono state impiegate armi atomiche. E in tal caso vorrei tanto evitare che lo facesse da casa mia, visto che il destinatario la prima cosa che farà per limitare i propri danni sarà di colpire me. O credi che il fallout non arrivi da Ghedi a Milano? Oppure magari ti illudi che per difendere Milano Biden sua disposto a rischiare Detroit o Minneapolis… 😅

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                Andrea

                sei deprimente e stancante. uccidi il Socrate in me!

                1) sarà colpa di Biden se abbiamo chiuso col nucleare?
                2) Crozza è solo un comico; l’Ucraina non è una dipendenza della Russia; nessuno ha proposto di installare armi nucleari NATO in Ucraina.
                3) la Deterrenza non è basata sul diritto divino ma sulla paura.

                Ora, perchè mi ammorbi con cattive bugie?

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Francesco

                “Biden”

                1) No. E’ colpa di Biden fare la cresta sul metano che ci vende dopo averci chiesto di non comprarne più da Putin, quando tutt’ora un quarto delle centrali USA va avanti con l’uranio Russo (su cui NON c’è embargo).

                2) Crozza è un comico, ma “ridendo corrigere mores”. L’Ucraina è uno Stato fallito che dopo il golpe di Majdan gli oligarchi della gazione vincente hanno svenduto alle multinazionali USA della soja, e il cui governo paga cinquantamila dollari al mese per le ‘consulenze’ del figlio del Presidente degli USA.
                Le armi NATO in Ucraina non saranno nucleari, ma intanto in piena pandemia la NATO non ha trovato di meglio ce fare le sue manovre in Ucraina (che non è nemmeno membro NATO). Putin magari è un criminale, ma non è un fesso.

                3) La deterrenza è basata sulla paura. E niente fa più paura alle persone ragionevoli degli Stati coi religiosi al governo. Ci sono due Stati oggi che ne sono dominati: Israele e l’Iran. Quali dei due è più probabile ce abbia l’atomica oggi?

                Se davvero ti senti ammorbato, allora mi sa che hai problemi pure di olfatto, oltre che di miopia.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

  11. Peucezio scrive:

    O.T. totale,

    Moi,
    è un vero peccato che tu sia un algoritmo di intelligenza artificiale senza consistenza corporea e soprattutto che io non abbia nessun mezzo per scriverti in privato, se no ti avrei raccontato una cosa simpatica (c’entra la tua Bologna).

    • Francesco scrive:

      Mah, capisco quanto scocci ma far notare che tifare per Hamas è una cosa bruttina mi pare del tutto legittimo.

      Eh mai io sto coi palestinesi è una scusa un pò sottile, secondo me.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Non so, tu l’altra settimana ci riferivi le tue idee per un genocidio degli abitanti di Gaza, per cui forse dovremmo rivedere la definizione di “bruttino”.

        • Francesco scrive:

          Genocidio? forse ma deciso da Hamas. Quindi quelli bruttini sarebbero loro.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “Scusi se ho messo il mio piede sotto il Suo”

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            “deciso da Hamas”

            Questa è la difesa di Priebke al processo per le Fosse Ardeatine.

            In fondo, se i Partigiani non facevano l’attentato di via Rasella i 335 delle Fosse Ardeatine mica morivano.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Be’, è vero: non è un caso che noi stiamo dalla parte di Kant, adesso.

              • Ros scrive:

                @Mauricius Tarvisii : “Be’, è vero: non è un caso che noi stiamo dalla parte di Kant, adesso”

                ma non ti leggevano (pardon il “leggevano”, non intendevo offendere con un termine triviale;
                meditavano, ecco!😀)
                le “Enneidi” di Plotino? o i Veda?

                O forse quellila’ erano le finissime e mistico-estetizzanti SS, con i loro bellissimi stivali?

                Kant mi pare miserello poca cosa terra terra – poco Iperboreo insomma per i nostri monaci guerrieri spirituali – ma, forse, buono (ottimo e abbondante) per il villico palato dei banderisti ucraini😃

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Kant è un poveretto che ha individuato due imperativi categorici morali, uno formale (il dovere per il dovere) e uno sostanziale (l’uomo come fine e mai come mezzo), di cui viene sempre ricordato il primo e mai il secondo.
                Eppure immaginate il comandante sul campo che dice “non posso mandare i miei uomini all’assalto perché così li trasformerei in mero mezzo per il fine superiore del bene della Patria” o il soldato che non spara al nemico perché se no lo trasformerebbe in un mezzo per vincere la guerra.

            • giuseppe motta scrive:

              è anche la difesa dei filorussi nella guerra in Ucraina, dei filoamericani nella guerra in Iraq, dei filogovernativi nei fatti di Genova

              è sempre colpa di chi muore, del resto lo cantava anche De André

            • Francesco scrive:

              Io lo ho già chiesto: la rappresaglia come è considerata dal diritto di guerra? se ricordo i tedeschi per le Fosse Ardeatine sono finiti nei guai per i 5 fucilati di troppo ma non sono affatto sicuro.

              PS io volevo evitare i morti palestinesi che già ci sono. E mettere pressione su Hamas. Non ho ben capito la proposta di MT.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “Io lo ho già chiesto: la rappresaglia come è considerata dal diritto di guerra? se ricordo i tedeschi per le Fosse Ardeatine sono finiti nei guai per i 5 fucilati di troppo ma non sono affatto sicuro.”

                Moltissimi anni fa, lessi un testo statunitense sull’occupazione del sud d’Italia, e mi ricordo che anche lì si parlava del diritto di rappresaglia 10 a uno nel caso di attentati fascisti (non so se sia mai stato applicato, era un documento però delle truppe di occupazione).

                Ma non ho mai approfondito, e ti parlo di letture di molti anni fa.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “la rappresaglia come è considerata dal diritto di guerra?”

                Non esiste il diritto di rappresaglia sui civili.

                Art. 33

                Nessuna persona protetta può essere punita per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d’intimidazione o di terrorismo, sono vietate.

                È proibito il saccheggio.

                Sono proibite le misure di rappresaglia nei confronti delle persone protette e dei loro beni.

                https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1951/300_302_297/it

              • Francesco scrive:

                Quindi come ci si aspetta che reagisca un esercito di fronte a civili che fanno attacchi/attentati?

                Grazie

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “Quindi come ci si aspetta che reagisca un esercito di fronte a civili che fanno attacchi/attentati?”

                Quello che aveva la risposta più chiara era il signor Kappler, ma temo che sia attualmente irraggiungibile per domande di questo tipo.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Francesco

                “rappresaglia”

                La rappresaglia contro civili da parte di una potenza occupante è ammessa in ragione di 10 a uno, ma è comunque vietata se coinvolge feriti, prigionieri di guerra, personale sanitario e naufraghi. Non devono comunque essere interessati i luoghi di culto.

                https://www.cronologia.it/storia/a1945s.htm

                https://www.eda.admin.ch/dam/eda/it/documents/publications/GlossarezurAussenpolitik/ABC-Humanitaeren-Voelkerrechts_it.pdf

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Quindi come ci si aspetta che reagisca un esercito di fronte a civili che fanno attacchi/attentati?”

                C’è molta confusione sul punto, confusione che è stata alimentata ad arte dai media per l’Ucraina.

                Il civile di cui si parla è il civile come persona protetta dalla convenzione, cioè il non combattente. Non è inteso come civile “non militare”.
                Il combattente di Hamas non è un militare, ma non è un civile ai fini della convenzione. Il bambino nell’ospedale pediatrico, invece, è un civile.

              • Francesco scrive:

                Grazie per le non risposte.

                Però non offendetevi se le vado a cercare altrove.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ecco, bravo: fai una ricerca. Con Google non dovrebbe essere difficoltoso.
                Poi facci sapere che veramente vere risposte trovi.

    • PinoMamet scrive:

      Quello contro Zerocalcare mi sembra bullismo giornalistico.

      Mi pare chiaro che io al posto suo sarei andato; lui no, e non per ragioni di soldi come calunniano i detrattori (gli converrebbe molto di più stare zitto, atnto più che non è più il ragazzino che fa i fumetti in cantina ma un autore riconosciuto, con diversi titoli all’attivo e una serie su Netflix già alla seconda stagione, venduta in tutti i paesi…)

      nè per incoerenza come sragionano i vari Cruciani ed emuli vari (l’argomento “allora smetta di usare tecnologia made in Israel” è talmente stupido che non vale la pena discuterne…)

      tra l’altro se c’è un autore che ha messo il culo nei posti di cui parla, e si è dato da fare concretamente con coerenza e sacrificio, è proprio Zerocalcare, che in Kurdistan c’è andato davvero…

      • Lucia scrive:

        Sì anche io pur non essendo d’accordo con lui lo trovo coerente. Mi sarebbe piaciuto nel suo comunicato leggere una mezza riga di condanna sul 7 ottobre, ma per il resto ineccepibile.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Lucia

          “Mi sarebbe piaciuto nel suo comunicato leggere una mezza riga di condanna sul 7 ottobre”

          Mi incuriosisce questo concetto di “condanna”.

          E’ una cosa che non ho mai capito.

          Il termine è giudiziario: “io Lucia X condanno Miguel Martinez a due mesi di silenzio per aver scritto che…”

          Forse intendi, “a me Lucia X che non ho alcun potere o autorità, non piace ciò che Miguel Martinez ha scritto”?

          Questo lo capisco.

          • Miguel Martinez scrive:

            “condanna”

            Io personalmente, visto che sono un blogger messicano dell’Oltrarno nel 2023, non avrei mai lanciato una bomba atomica da un aereo statunitense su una città giapponese nel 1945.

            Detto questo, chi sono io per “giudicare”?

            Posso tirare fuori il Presidente Truman dalla sua tomba e picchiarlo?

            No.

            Posso invece ricavarne una lezione: che gli Stati Uniti – come è ovvio e naturale – sono una potenza, che da sempre fa quello che è nel suo interesse (o meglio nell’interesse dei suoi ceti dominanti), costi quello che costi agli altri.

            Un comportamento profondamente umano, ma non mi metto certo a servirli “perché quelli sono dalla parte del Bene contro il Male”.

            • Roberto scrive:

              Miguel

              “Detto questo, chi sono io per “giudicare”?”

              In fin dei conti sei un essere umano, e cosa c’è di più umano di giudicare?
              Hai sicuramente delle idee, delle opinioni, una visione del mondo e, come tutti, giudichi in continuazione tutto e tutti utilizzando il tuo metro

              Non vedo cosa ci sia di strano, né perché tu debba essere l’unico essere umano al mondo non giudicante….magari non ti piace esprimere il tuo giudizio, e questa è un’altra storia, ma mi pare davvero inverosimile che tu non abbia giudizi

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “In fin dei conti sei un essere umano, e cosa c’è di più umano di giudicare?”

                Per me assolutamente no.

                Ho delle cose soggettive che provo, ho i miei amori e i miei odi, cerco di capire sapendo che non posso capire se non vivo l’esperienza dell’altro.

                Ma spero di non avere mai dei “giudizi”.

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                d’accordo, ma il punto è che l’esortazione alla condanna viene usata come una clava ricattatoria, come una precondizione, un viatico di legittimità morale dell’interlocutore.

                Cioè le tue idee hanno cittadinanza solo se paghi l’obolo di condannare quello che IO stabilisco che tu debba condannare.

                E no, la libertà di parola sotto condizione, previo atto di ossequio al tabù obbligatorio non è libertà di parola, è dittatura ideologica.

              • Roberto scrive:

                Peucezio carissimo

                “Cioè le tue idee hanno cittadinanza solo se paghi l’obolo di condannare quello che IO stabilisco che tu debba condannare.”

                Ma posso avere anche io il diritto di esprimere la mia idea liberamente? O il discorso censura vale solo a certe idee?

                Io non voglio certo mettere sotto tutela la libertà di parola di zerocalcare, molto più banalmente e semplicemente ho anche io delle idee ed esprimo giudizi in base alle mie idee. In questo caso il mio giudizio, che spero la psicopolizia benpensante mi permetta di avere, è “peccato che zerocalcare non abbia speso una sola parola sulla strage del 7 ottobre….e peccato pure che non sia andato a Lucca, poteva manifestare tutta la sua solidarietà ai palestinesi andando alla fiera”

                Spero che questo post non debba essere cancellato come “giudizio” o “censura”….

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Roberto

                ” In questo caso il mio giudizio, che spero la psicopolizia benpensante mi permetta di avere”

                Non è un giudizio quello che esprimi, è un parere.

                Tipo, mi sarebbe piaciuto che Zerocalcalcare si fosse fatto crescere la barba, perché mi sembra che abbia la faccia adatta.

                Del tutto legittimo (e qui non abbiamo mai censurato le opinioni, anche le più insolite), ma se usiamo il linguaggio dei tribunali (“giudizio”, “condanna”) falsamo tutto.

                E arrogandoci il ruolo di giudici, facciamo finta non di esprimere un parere, ma una “legge”.

                Stiamo dicendo, non “come ci piacerebbe che facesse Tizio”, ma “come dovrebbe agire Tizio”, che è cosa del tutto diversa.

              • roberto scrive:

                miguel

                “Non è un giudizio quello che esprimi, è un parere.”

                davvero non capisco.

                se io scrivo “zerocalcare ha sbagliato a non spendere una parola per l’attentato del 7 ottobre” oppure “zerocalcare avrebbe dovuto spendere due parole per l’attentato del 7 ottobre” cos’è un giudizio o un parere?

                secondo me ti attorcigli all’uso delle parole per negare quella cosa palese che scrivevo ieri, e cioè che tutti esprimiamo giudizi su tutto (o chiamali pareri se vuoi, mi sembra davvero la stessa cosa)

                PS i giudici scrivono sentenze o ordinanze non giudizi.
                la parola “condanna” (e quella “giudizio” ovviamente) può essere usata anche fuori dai tribunali

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “se io scrivo “zerocalcare ha sbagliato a non spendere una parola per l’attentato del 7 ottobre” oppure “zerocalcare avrebbe dovuto spendere due parole per l’attentato del 7 ottobre” cos’è un giudizio o un parere?”

                E’ semplicemente un’affermazione senza senso.

                Io posso dire, “mi sarebbe piaciuto che ZC avesse espresso ostilità verso Hamas, oppure si fosse messo a piangere vedendo le immagini dei morti del 7 ottobre”.

                Io non posso dire che “ha sbagliato”: mica ha detto che 2 più 2 fa 5, né tantomeno che “avrebbe dovuto”.

                E’ proprio questo l’inganno dietro parole come “giudizio” o “condanna”, perché fanno pensare a un terzo elemento, diverso da me che “opino” e dalla persona su cui opino, una norma, un valore assoluto. Che guarda caso io conosce e seguo, e quell’altro viola.

              • giuseppe motta scrive:

                però roberto questo continuo pretendere condanne da parte di chiunque…

                ad esempio s e io voglio esprimere orrore per l’azione di Hamas dovrei essere libero di farlo senza che nessuno mi punti il dito contro perché non ho previamente “condannato” il regime imposto a Gaza

                questa è un’abitudine diffusa a destra come a sinistra e francamente la trovo sbagliata

              • roberto scrive:

                Miguel

                “Io non posso dire che “ha sbagliato””

                e se dico “per me ha sbagliato”?
                posso?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “e se dico “per me ha sbagliato”?
                posso?”

                Ma non chiedere il permesso a me!

                Tu puoi dire (anche qui) tutto quello che vuoi.

                Dire “sbagliato” secondo me… è sbagliato. Nel senso che presuppone come dicevo un “corretto”, un “giusto”, al di là di sopra di noi.

                So benissimo che “per me ha sbagliato” è un’espressione comune, ma il senso è ambiguo.

                Non si capisce se voglia dire:

                1) “io al posto suo avrei preferito fare così…” e va bene (solo che non siamo “al posto suo”)

                2) “io che so qual è la Legge Morale dico, per me, che lui l’ha violata”

                Perché non dire semplicemente, “mi sarebbe piaciuto se lui avesse…”?

                Che poi anche questo è un po’ingannevole: Se ZC avesse fatto ciò che ti sarebbe piaciuto, non avrebbe fatto notizia, tu non lo avresti saputo, e quindi non ti sarebbe piaciuto.

              • roberto scrive:

                Giuseppe

                “la trovo sbagliata”

                aspettiamo la reazione di miguel, può essere che non si possa dire “la trovo sbagliata”
                🙂

                di nuovo, non pretendo nulla da nessuno, figuriamoci…

                ho scritto
                ““peccato che zerocalcare non abbia speso una sola parola sulla strage del 7 ottobre….e peccato pure che non sia andato a Lucca, poteva manifestare tutta la sua solidarietà ai palestinesi andando alla fiera””

              • Roberto scrive:

                Miguel

                “Dire “sbagliato” secondo me… è sbagliato. Nel senso che presuppone come dicevo un “corretto”, un “giusto”, al di là di sopra di noi.”

                Direi che hai riassunto perfettamente la discussione.
                Tu hai una visione del mondo, e nella tua visione del mondo dire è sbagliato “è sbagliato”

                Io ho una mia visione del mondo ed in base a quella dico che certe cose sono sbagliate.

                Se voglio utilizzare altri parametri, chessò il diritto, dirò “è illegale”, “è illecito” eccetera

                Poi ci sarà quello religioso che usa ancora un altro parametro e dirà “è peccato”

          • Roberto scrive:

            Miguel

            “Forse intendI”

            Siccome a dio piacendo non siamo in un’aula di tribunale, immagino che Lucia voglia semplicemente dire che le sarebbe piaciuto leggere nel comunicato di zero calcare delle parole tipo “il bombardamento dopo i tragici fatti del 7 ottobre” (davvero il minimo)

            • Lucia scrive:

              Grazie Roberto, esatto…
              Certo, se questo non è il suo sentire sarebbe forse* ipocrita aggiungerlo, però ecco, dal momento che io in generale apprezzo Zero Calcare, un po’ mi spiace notare che, a quanto sembra, degli isrealiani non gliene importi nulla.
              *Cercare di mantenere almeno formalmente, almeno nel discorso pubblico una certa apertura mentale verso le ragioni della controparte non mi sembra però ipocrita

              • Lucia scrive:

                Peucezio “una clava ricattatoria, come una precondizione”
                uhm, non ho scritto che per questo ha sbagliato tutto e senza quella “precondizione” la sua decisione o il suo comunicato vadano condannati

              • PinoMamet scrive:

                “un po’ mi spiace notare che, a quanto sembra, degli isrealiani non gliene importi nulla”

                Beh ho letto una sua dichiarazione nella quale distingue tra popolo e governo: israeliano ovviamente.

                Contro Hamas nulla. Sembra esista solo la reazione israeliana… come se avessero reagito contro ll niente.

                Dispiace un po’ anche a me, anche perché Strappare lungo i bordi è stata bene accolta in Israele, mi pare.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “Contro Hamas nulla. Sembra esista solo la reazione israeliana… come se avessero reagito contro ll niente. ”

                Senza voler polemizzare, ma non è che la questione palestinese sia nata il 7 ottobre del 2023.

              • roberto scrive:

                Miguel

                “non è che la questione palestinese sia nata il 7 ottobre del 2023.”

                certo, ma la guerra di questi giorni direi proprio di si

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “certo, ma la guerra di questi giorni direi proprio di si”

                E’ nata con l’assedio di Gaza, che dura da un quarto di secolo.

                Non sto dicendo che l’assedio non sia “giusto”: trovo perfettamente comprensibile che Israele cerchi di chiudere il massimo numero di palestinesi dietro il filo spinato e fuori dal loro territorio. Lo farei anch’io se fossi al posto loro, non intendo la minima “condanna”.

                Semplicemente, un’evasione (violenta) da un carcere non si può valutare senza porsi domande sulla carcerazione stessa. Certo, poi, uno può prendere la catena di cause ed effetti in qualunque punto gli fa comodo.

              • PinoMamet scrive:

                “Senza voler polemizzare, ma non è che la questione palestinese sia nata il 7 ottobre del 2023.”

                Ma io non chiedo a Zerocalcare un giudizio, o un parere, sulla questione palestinese.
                Non gli chiedo proprio niente, in realtà.

                Ma visto che di sua volontà si è espresso contro la reazione israeliana, viene da chiedersi, beh, reazione contro cosa? Il traffico?
                O sarà mica l’attacco terroristico pianificato, pardon, insurrezione popolare spontanea?

              • PinoMamet scrive:

                Notare che definendolo attacco terroristico pianificato da Hamas, io scagiono la popolazione palestinese dal… parere che goda nell’ammazzare vecchi e stuprare ragazze.
                Anche perché non lo credo affatto .

              • PinoMamet scrive:

                Se invece si pensa che Zerocalcare non abbia partecipato a Lucca comics perché proprio Israele non gli va giù, beh, tocca dar ragione un pochino ai suoi critici:

                Strappare lungo i bordi (non so altre sue opere, probabilmente anche quelle) è disponibile anche in Israele, non risulta che si sia mai lamentato di questo fatto…

              • giuseppe motta scrive:

                non ho capito

                siccome una delle sue opere è piaciuta in Israele non dovrebbe criticare la politica di Israele?

                se io scrivo un’opera che piace negli U.S.A. allora non posso criticare le bombe su Belgrado (specie se lo faccio senza aver “condannato” Milosevic)?

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Roberto

                “guerra”

                Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in “Palombella Rossa”.

                Per la Treccani la “guerra” è “un conflitto aperto e dichiarato fra due Stati o gruppi organizzati nella sua forma più cruenta”.

                https://www.treccani.it/vocabolario/guerra_res-35ae0294-dff5-11eb-94e0-00271042e8d9/

                Differisce dunque dalla “rappresaglia”, che stando alla stessa fonte è “un’azione o misura punitiva violenta e disumana, indiscriminata, adottata dalla potenza occupante contro la popolazione del territorio occupato quando questa abbia causato qualche danno a propri funzionari o militari”.

                https://www.treccani.it/enciclopedia/rappresaglia_%28Dizionario-di-Storia%29/

                Secondo l’art.2 della Convenzione di Ginevra del 1929
                una rappresaglia deve comunque risparmiare feriti, personale sanitario e luoghi di culto. Persino quando la rappresaglia implichi la fucilazione di ostaggi, il numero dei fucilati non deve superare il decupli del numero delle vittime della potenza occupante.

                https://www.cronologia.it/storia/a1945s.htm

                https://www.eda.admin.ch/dam/eda/it/documents/publications/GlossarezurAussenpolitik/ABC-Humanitaeren-Voelkerrechts_it.pdf

                Non occorre che raccolga le informazioni di cronaca di questi giorni per evidenziare come l’operato del governo di Israele a Gaza non solo sia una rappresaglia per l’attacco terroristico del 7 ottobre, ma anche che superi di gran lunga i limiti pur elastici del diritto internazionale.

                Insomma, si può discutere se l’operato del governo di Israele a Gaza sia un crimine di guerra o un crime contro l’umanità.

                Ma in ogni caso sempre crimine è.

                E rifiutarsi di aderire a un festival del fumetto sponsorizzato da criminali mi sembra francamente il minimo.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Secondo l’art.2 della Convenzione di Ginevra del 1929
                una rappresaglia deve comunque risparmiare feriti, personale sanitario e luoghi di culto. Persino quando la rappresaglia implichi la fucilazione di ostaggi, il numero dei fucilati non deve superare il decupli del numero delle vittime della potenza occupante.”

                Mi ero dimenticato di questa cosa, che avevo letto anni fa su qualche testo neofascista, che diceva che le rappresaglie tipo Fosse Ardeatine erano autorizzate proprio dalla Convenzione di Ginevra (Priebke sarebbe stato condannato per i 5 in più). E non è stato abrogato? Cioè è tuttora lecito per un’organizzazione, pardon, esercito catturare “ostaggi” a caso e fucilarli per ogni loro militante, pardon, soldato ucciso?

              • PinoMamet scrive:

                “non ho capito”

                Eh, me sa… 😉

                Comunque vedo che Zerocalcare condanna anche le violenze di Hamas, nella striscia che ho letto oggi.

                Ottimo.
                Ripeto, segue la sua coscienza, massima stima.

              • roberto scrive:

                Andrea

                ti ringrazio di avermi ricordato della convenzione di ginevra, non ci avrei mai pensato senza di te (ricambio ricordandoti che H2O è l’acqua)

                permettimi di reagire a questo
                “E rifiutarsi di aderire a un festival del fumetto sponsorizzato da criminali mi sembra francamente il minimo.”

                1. non ho detto che zerocalcare abbia sbagliato a non andare a lucca
                2. ” sponsorizzato da criminali” mi sembra francamente un pochino surrealista. come ben sai il manifesto del festiva di quest’anno è stato disegnato da due fumettisti israeliani e l’ambasciata israeliana ha dato il patrocinio. c’est tout
                3. in ogni caso considerato il punto 2, capisco benissimo che zerocalcare abbia preferito non andarci (secondo me sarebbe stato molto più significativo andarci, ma vabbé)
                4. l’unico punto che sottolineo è che mi sembra abbastanza curiosa quest’idea che un giorno gli israeliani si sono svegliati e hanno deciso di distruggere gaza

              • giuseppe motta scrive:

                pino non era una forma retorica, non ho proprio capito

                se scrivo due righe contro l’aggressione di Hamas non significa che condivido le azioni dall’altra parte

                e viceversa

                non siamo tutti politici o diplomatici e l’abitudine di pretendere continue “condanne” è diffusa ma non la condivido

              • giuseppe motta scrive:

                no Miguel

                Priebke non è stato condannato per “5 in più”

                è una bufala diffusa a destra però

              • Miguel Martinez scrive:

                per giuseppe motta

                “Priebke non è stato condannato per “5 in più”

                è una bufala diffusa a destra però”

                ok, ma non mi interessava Priebke; mi interessa capire se oggi sia ancora lecito prendere ostaggi e fucilarne dieci per ognuno dei “nostri”, o se è stata abrogata questa norma.

              • Peucezio scrive:

                Comunque Zerocalcare resta un pezzo di merda, che ai tempi del covid si collocò come tipico esponente del pensiero “legittimo”, chiusurista, vaccinista, ecc.

                Ora fa il filo-palestinese perché nel suo contesto è quasi un dovere.
                Per carità, lo apprezzo, ma non basta a riscattarlo dall’altra cosa, perché nei tipi come Zerocalcare sento puzza di conformismo.

              • PinoMamet scrive:

                “non siamo tutti politici o diplomatici e l’abitudine di pretendere continue “condanne” è diffusa ma non la condivido”

                hai ragionissima, ma ripeto, io a Zerocalcare, o a chiunque altro, non chiedo condanne o altro.

                È lui che si è inguaiato da solo con una dichiarazione, moderata finché vuoi, ma che era destinata a creare polemiche.

                Poi quelle che ne sono nate, ripeto anche questo, per me è bullismo mediatico contro di lui.

              • giuseppe motta scrive:

                letto

                una lunghissima apologia illustrata, in sostanza

                ribadisco che forse Peucezio non ha tutti i torti

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “un giorno gli israeliani si sono svegliati e hanno deciso di distruggere gaza”

              Assolutamente ridicolo: si sa che sono solo i palestinesi quelli che un giorno si svegliano e decidono di fare del male agli israeliani!

              • roberto scrive:

                mauricius,
                non è affatto vero! loro stessi cioè hamas, ha dichiarato che si preparavano da almeno un anno

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Vero? E tutto senza alcuna ragione al di fuori di cattiveria ed antisemitismo.
                Al contrario, i militari israeliani – contrariamente a tutte le altre forze armate del mondo – sicuramente non pianificano nulla, in quanto non sono uomini come me e te (o bestie come gli arabi), ma creature angelicate che non possono nemmeno concepire la pianificazione del male.

              • roberto scrive:

                mauricius

                ti faccio notare per l’ennesima volta che quando ti rivolgi a me, in realtà rispondi ad un personaggio curioso che vive nella tua testa e che ha idee che non sono le mie.

                per questo c’è bisogno di uno psicologo, e io non posso aiutarti. certo risponderti non è una cosa utile

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Può benissimo essere che io sia pazzo (anzi, sicuramente lo sono e ti ringrazio per la diagnosi), ma non ti sembra strano che tu sia sempre in disaccordo con le mie obiezioni alle opinioni di questo personaggio immaginario che la mia mente malata si è costruita? In tale sistematico disaccordo che quasi quasi – ma sicuramente mi sbaglio – dai l’impressione di essere in qualche misura d’accordo con questo personaggio immaginario?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Proviamo, per esempio, a ricostruire il mio scambio con il mio corrispondente immaginario.
                Io percepisco un suo commento che suona tipo “non possiamo giudicare Israele senza considerare che ha agito sulla base di una precedente condotta di Hamas”. Io replico obiettando che anche Hamas agisce sulla base di precedenti condotte di Israele, ma che se ne parla come se le sue azioni fossero immotivate. La risposta della mia proiezione mentale è che Hamas pianifica le cose brutte che fa. Io rispondo che qualsiasi forza armata o combattente pianifica e che negare che gli israeliani lo facciano significa sostenerne una ridicola eccezionalità.
                E a questo punto compare il vero roberto che mi dice che sto rispondendo ad un personaggio immaginario che suppongo abbia postato commenti immaginari. Solo che il roberto reale non ci tiene a precisarci in cosa il suo pensiero differisca da quello espresso nei commenti da me immaginati a cui ho replicato.

              • roberto scrive:

                mauricius,

                visto che devo perdere tempo…

                io ho solo sostenuto che se non ci fosse stato l’attacco del 7 ottobre non ci sarebbe stata…beh la reazione all’attacco del 7 ottobre

                non ho mai scritto (e non penso) che

                1. “i militari israeliani – contrariamente a tutte le altre forze armate del mondo – sicuramente non pianificano nulla”
                2. in quanto non sono uomini come me e te
                3. (o bestie come gli arabi)
                4. ma creature angelicate
                5. che non possono nemmeno concepire la pianificazione del male.

                quindi che vuoi che ti risponda?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Quindi, Hamas è giustificata quanto Israele per il pregresso? Il fatto che Hamas abbia pianificato non fa venir meno la giustificazione perché anche Israele pianifica?

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                però, scusami, con tutta la simpatia,
                a me sembra che tu ti appigli sempre a un minimo passaggio logico di dettaglio, di per sé ineccepibile, perdendo di vista la questione fondamentale.

                Se uno insiste ossessivamente che Hamas ha ucciso in modo brutale ed efferato dei civili innocenti, dice una cosa ovvia e che condividerebbero più o meno tutti.

                Ma il punto è che se questo serve a supportare tutti i soprusi della parte più ricca del mondo verso la parte più povera e le legittimare ossessivamente tale ingiustizia, qualcosa non torna.

                Solo che tu controbatti dicendo: “io non sto facendo l’apologia della parte ricca del mondo, sto solo dicendo che Hamas non doveva uccidere i ragazzi del rave, che Putin non doveva aggredire uno stato sovrano, ecc. ecc.”.
                E chi se ne fotte?

                Certo, in linea di principio è ineccepibile.
                Ma oscura le ragioni e i torti generali.
                E soprattutto diventa un tuo espediente dialettico, forse inconsapevole, per sostenere quello che in realtà pensi davvero, e cioè che l’Occidente abbia ragione, ma non lo espliciti e ti trinceri dietro il fatto che in sé affermare l’esistenza di un sorpuso minore non significa negarne uno maggiore della controparte.
                Ma di quello maggiore della controparte non ne parli mai.
                È un espediente retorico capzioso e fallace, perché nascondi dietro la correttezza formale di un’affermazione la fallacia della tesi principale che vi sottende (i più ricchi, potenti e militarmente forti del mondo sono dalla parte del giusto e pertanto fanno bene a opprimere gli altri), ma che non esprimi mai in forma esplicita.

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “Ma oscura le ragioni e i torti generali”

                No guarda, uccidere un migliaio di persone non è un dettaglio e non oscura le ragioni e i torto generali

                È una porcata da qualsiasi lato la vedi

                Vuoi dirmi che spianare Gaza sia una porcata? D’accordo, ma non esclude la prima porcata

                Vuoi dirmi che chiudere i palestinesi a Gaza è stata una porcata? Certo ma non toglie che la strage successiva sia una porcata

                Non è che un male giustifica l’altro è non è che qualsiasi cosa sia “occidente” abbia torto per principio

                E scusami anche tu ma chiaramente per te l’Occidente ha sempre torto, il “discorso pubblico” è sempre sbagliato e usi ogni artificio retorico possibile per giustificare questa visione

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                mi confermi in pieno ciò che ho sostenuto su di te.
                Allora rivolgo io a te l’obiezione che tu rivolgi a Zerocalcare.
                Perché non parli mai delle vittime dell’altra parte?
                Di tua iniziativa intendo.
                E comunque che valore ha insistere che Hamas ha fatto una porcata? Chi nega che uccidere i ragazzini al rave in modo efferato sia un crimine?

                Insomma, se uno ammazza 1000 persone e uno ne ammazza 10.000 e un signore viene ossessivamente a dirci che quei 10.000 non tolgono che quei mille siano un crimine, qualcosa non torna. Che senso ha ribadirlo se non in nome di una precisa presa di posizione di parte. A favore di quello che ne uccide 10.000 contro quello che ne uccide 1000.

                Io do sempre torto all’Occidente e ai media mainestram?
                E che c’è di male?
                Spiegami perché la parte più ricca del mondo che lo è diventata e continua a esserlo grazie a un sistema economico, politico e militare che tiene di fatto soggiogate le altre avrebbe ragione.
                E in che cosa si salverebbe o cosa avrebbe di difendibile la retorica mediatica che giustifica questo stato di cose.

                Sì, secondo me l’Occidente ha sempre torto.
                Perché destabilizza il resto del mondo, sostiene sempre i peggiori contro i meno peggio, gli integralisti contro i regimi pluralisti, ha colpito popoli, come l’Iraq, che ha una storia di cinquemila anni e una civiltà luminosa e si è macchiato di crimini immensi in tantissimi luoghi della terra.
                L’Occidente è un cancro, è un bubbone purulento che ammorba il mondo, destrutturando le società, affamandole, riducendole alla miseria, fomentando guerre feroci fra poverissimi.
                E in tutto ciò si ammanta di superiorità morale perché è democratico, come se fosse un merito e non un privilegio, come se il fatto che in Inghilterra la gente sceglie da chi farsi governare (ammesso che sia, ma almeno formalmente…) fosse un vantaggio per chi sta nel Congo (a morire di fame).

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “mezza riga di condanna sul 7 ottobre”

          Appena Hamas sponsorizzerà il Lucca Comics scommetto che arriverà.

          • Peucezio scrive:

            Ecco,
            peccato che Hamas abbia cose molto più importanti a cui pensare, altrimenti poteva fare una dichiarazione pubblica di apprezzamento e supporto al Lucca Comics.
            Quelli l’avrebbero respinta, ma loro potevano insistere, dicendo che tale loro sostegno è del tutto unilaterale e gratuito e non implica l’accettazione dell’interessato.

  12. Moi scrive:

    Più che altro c’è da perdere fede e speme nell’ umanità per quei video dove Giovani Israeliani , su Social tipo TikTok locali, hanno girato video in cui prendono in giro i Palestinesi assediati fra le macerie e tagliati fuori da ogni comunicazione con il mondo esterno … alla Striscia di Gaza direttamente !

    Lo dico molto amareggiato, da persona che non ha mai avuto in simpatia un certo fanatismo religioso a mio avviso connaturato all’ Islam … purtroppo.

    • PinoMamet scrive:

      Mah, a me arrivano ogni giorno decine di video israeliani, ebraici e o filo-israeliani, di vario tipo, su vari media.

      Gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi, cioè: “Israele ha diritto di difendersi” e “Se canti form the river to the sea vuol dire che vuoi il geneocidio degli israeliani ebrei”.

      Video di presa in giro dei palestinesi non ne ho ancora visti (per fortuna), ma so che ce ne sono diversi in cui si prende in giro “Pallywood”.

      Ah, ora che ci penso ne ho visto uno in cui si criticava una blogger di gaza che diceva che Gaza è una “prigione a cielo aperto” senza libertà ecc., facendo vedere i suoi viaggi all’estero con, permanenza in begli alberghi e ristoranti, estetista di Gaza in una bella location ecc.

    • il modulo del dissenso informato scrive:

      @Moi
      Non capisco cosa c’entri il fanatismo religioso, musulmano o di qualsiasi altra religione,da che mondo è mondo si gioisce se il nemico viene mazzulato , e lo si sfotte pure per le sue disgrazie, se no che nemico è.

    • Miguel Martinez scrive:

      per Moi

      “Più che altro c’è da perdere fede e speme nell’ umanità per quei video dove Giovani Israeliani , su Social tipo TikTok locali, hanno girato video in cui prendono in giro i Palestinesi assediati fra le macerie”

      Non ho presente, ma mi sembra appunto molto umano farlo. Il nemico è un nemico, e come tale deve avere tante caratteristiche: essere astuto e stupido, terrificante e ridicolo, fanatico e ipocrita, pericoloso e vigliacco. Tutto insieme.

      Non so se anche i palestinesi fanno video del genere, credo che siano infinitamente meno scafati sui social, ma se potessero li farebbero uguali.

  13. Moi scrive:

    Gli influencer israeliani prendono in giro i palestinesi su TikTok? Cosa sappiamo su questo trend

    continua su: https://www.fanpage.it/innovazione/tecnologia/gli-influencer-israeliani-prendono-in-giro-i-palestinesi-su-tiktok-cosa-sappiamo-su-questo-trend/
    https://www.fanpage.it/

    —————-

    E’ questo …

    • PinoMamet scrive:

      Che dire… per fortuna non ho tiktok.

      Alla stupidità non c’è limite.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per PinoMamet

        “Alla stupidità non c’è limite.”

        Credo che sia una riflessione importante.

        A volte la stupidità però è utile per cogliere un sintomo: la canzoncina bomb Saddam, che cito nell’altro post, è in sé stupida e irrilevante, come è stupido e irrilevante “StopTerrorism”, che chiede lo sterminio del “popolo talibano”.

        Ma queste cose sono anche straordinariamente sintomatiche dello Spirito di Guerra, e di come si impossessa delle anime.

        Anzi, più sono “stupide”, cioè prive di mediazione intellettuale, più sono interessanti.

        Ripeto, non sto parlando dei video che sfottono i palestinesi, perché non li conosco, il mio è un discorso più generale.

  14. Peucezio scrive:

    Roberto,
    “è “peccato che zerocalcare non abbia speso una sola parola sulla strage del 7 ottobre….”

    Tu puoi avere ed esprimere tutti i pareri che vuoi, ci mancherebbe.
    Ma nella logica “avrebbe dovuto anche condannare X” intanto c’è l’idea che Tizio non deve avere ed esprimere le sue idee ma le tue.
    E inoltre c’è l’idea che solo l’esprimere il parere X legittima a esprimere il parere Y.
    E tra l’altro non vale mai il contrario.
    Non ho mai sentito che a chi sostiene le ragioni di Zelenskij e condanna Putin venga rivolta l’obiezione “sì, ma devi anche condannare i crimini del Donbass”.
    Ma a chiunque fa notare le colpe degli Ucraini o dell’Occidente viene sempre rivolta l’esortazione a prendere le distanze da Putin.

    Ecco, io trovo inaccettabile che esistano precondizioni di legittimità di un’opinione: le opinioni si discutono ognuna nel merito, non funzionano secondo logiche compensative.

    • Roberto scrive:

      Peucezio

      Cribbio non ho mai detto che la posizione di zerocalcare sua illegittima, ma solo che a me non convince

      Dai, veramente mi sembra che qui siamo alla polizia del pensiero!
      Dire non è giusto non va bene
      Gli impersonali non vanno bene
      E il politically correct non va bene

      Ma come cazzarola parlate a casa!?!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Cribbio non ho mai detto che la posizione di zerocalcare sua illegittima, ma solo che a me non convince”

        Succede proprio perché usi termini come “giudicare, condannare, sbagliare, non va bene” che fanno pensare in termini di legittimità/illegittimità.

        Se avessi detto, “non mi convince”, “non mi piace”, “io al posto suo avrei…, mi tappo le orecchie quando sento… ” non sarebbe nata la discussione.

        Che mica è un tentativo di censurare nessuno, ma un tentativo di capire la non-neutralità di un certo linguaggio.

        • Miguel Martinez scrive:

          “capire la non-neutralità di un certo linguaggio”

          penso sia una cosa fondamentale.

          Immaginiamo due frasi, entrambe descrivono lo stesso fenomeno:

          “la forza pubblica può usare la forza per liberare la pubblica via nell’interesse della mobilità collettiva”

          “dei poliziotti hanno picchiato e alcuni ragazzi che reggevano cartelli in cui rivendicavano il diritto di protestare”

          In entrambi i casi, la descrizione dei fatti mi sembra più o meno accurata. Ma nessuna delle due è neutrale.

        • roberto scrive:

          miguel

          “che fanno pensare”

          noto l’uso dell’impersonale.

          forse vuoi dire che a te, che sei fiorentino ad honorem, le parole “giudizio” o “condanna” fanno pensare ai tribunali?

          io penso di averle usate un miliardo di volte al di fuori delle aule di tribunale ….

          ….se perdiamo questa partita siamo *condannati* (mica andiamo in prigione, semplicemente andiamo in terza divisione)….

          …occazzo dovevo girare a sinistra, mi sono *sbagliato*…ma no, no è giusto che ora siamo *condannati* a prendere tale strada…

          o il proverbio “Chi più ha giudizio, più ne adoperi”

          e a fare il finto colto
          “Ah, cieca umana mente, come i giudizi tuoi son vani e torti” (tasso)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            frasi interessanti:

            “….se perdiamo questa partita siamo *condannati* (mica andiamo in prigione, semplicemente andiamo in terza divisione)….

            Qui secondo me la “condanna” ci sta benissimo: il fatto oggettivo che in una certa circostanza, un regolamento ti obbliga a fare una certa cosa

            …occazzo dovevo girare a sinistra, mi sono *sbagliato*…ma no, no è giusto che ora siamo *condannati* a prendere tale strada…

            anche qui uguale: la strada giusta (rispetto alla meta che ci eravamo fissati)era quella a destra, quindi questa è quella sbagliata; e la decisione sbagliata ci obbliga a prendere una strada meno utile.

            o il proverbio “Chi più ha giudizio, più ne adoperi”

            Credo che qui “giudizio” abbia un senso molto diverso: Treccani “assennatezza, buon senso, criterio, discernimento, (non com.) saviezza, senno, sensatezza”. Che però non è il senso che si intende quando si parla di “giudicare” l’azione del 7 ottobre: il “giudizio” in questo senso ci porta a cercare di capire cosa volevano ottenere, quale possibilità abbiano di realizzarlo, ecc.

            Ripeto, in tutto questo, nessunissima intenzione di censura. Semplicemente una riflessione sull’uso di linguaggi non neutrali.

            Sai benissimo che è completamente diverso scrivere, “ZC non ha condannato Hamas” e “ZC non ha voluto esprimere le proprie emozioni riguardo alle immagini che ha visto al telegiornale”. Che pure descrivono la stessa cosa.

  15. Peucezio scrive:

    Miguel,
    “Siccome la classe operaia in Italia è ormai abbastanza garantita, e comunque è in via di estinzione, tendono a pensare ai “deboli oppressi” lontani (tipo Palestina o neri statunitensi) oppure ai “deboli oppressi” un po’ casi individuali (il trans con la sindrome di down, tanto per caricaturare).”

    Ti rispondo qui per comodità, anziché nell’altro post.
    Qui però c’è qualcosa in più.

    Lo studente che negli anni ’70 empatizzava con Ho Chi Min o con l’operaio della Fiat o con Allende contro Pinochet un minimo di capacità di pensare agli squilibri sostanziali di forza e di risorse ce l’aveva ancora.
    Anche se è lì che si sono poste le basi delle distorsioni attuali, quando il problema ha smesso di essere rissollevare le sorti dei poveri d’Italia (i pochi rimasti che stavano scomparendo allora) o del mondo ed è diventato quello di consentire alle donne borghesi di divorziare liberamente (le popolane non lo facevano per vincoli culturali e sociali, non certo giuridici).

    Mentre oggi ormai non c’è più nessun ritegno nello stare coi benestanti (che siano omosessuali, donne, gente che non sa di che sesso è, genitori che vogliono farsi fabbricare un figlio su misura) e si è completamente perso il senso delle proporzioni delle tragedie.

    Quando mai la sinistra era stata occidentalista?
    Mentre oggi è istericamente con Zelenskij e gli USA contro Putin e la destra si è adeguata un po’ obtorto collo (poi è scattato il solito meccanismo per cui ci si autoconvince delle cose che si dicono per convenienza o costretti).

    Per questo questo ritorno di solidarietà così forte verso la Palestina non torna, ha qualcosa di contraddittorio, di strano.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Mentre oggi è istericamente con Zelenskij e gli USA contro Putin”

      ???

      Boh, non so che sinistre frequenti tu.

      Io frequento quelle che domani organizzano il corteo contro la sede NATO a Rovezzano, qui a Firenze:

      https://www.comune.fi.it/comunicati-stampa/comando-nato-firenze-palagi-e-bundu-spc-manifestazione-rompere-il-silenzio-di

      Avranno mille difetti, ma non sono certo “istericamente con Zelenskij e gli USA contro Putin”.

      Se è per questo, non lo è nemmeno la maggior parte della gente impegnata nel PD che conosco: casomai fanno finta di niente per evitare guai, “obtorto collo” quanto quelli di Destra di cui parli. Magari con un linguaggio più mellifluo.

      Si può benissimo dire che il PD da noi fa gli interessi delle grandi imprese (che non sono omosessuali, non hanno nemmeno un sesso, hanno atti costitutivi e statuti),

      e certo ha fatto poco per gli sfrattati o per prevenire la bed-n-brecfizzazione del Centro Storico o per promuovere i trasporti pubblici o per salvare i licenziati della GKN, ma stai sicuro che la Destra non ha fatto nulla, anzi…

      • Peucezio scrive:

        Beh, i politici e giornalisti della sinistra istituzionale sono stati istericamente zelenskiani fin dall’inizio, anzi, sono antiputiniani isterici da anni, la Meloni si è adeguata ed è scattata sull’attenti appena c’è stata l’invasione da parte di Putin e gli altri si sono adeguati obtorto collo, per poi appropriarsi anche loro della retorica ucrainista.
        Sono molti anni che la sinistra mainstream in Italia è istericamente antirussa. Vabbè che non guardi la tv, ma ci sono i giornali online…
        insomma, ci sarà anche, a Firenze, qualche vecchio comunistone che per fedeltà stalinista di partito è confluito nel Pd a cui stanno ancora sulle palle gli americani e sotto sotto vede ancora i russi come sovietici, ma il mondo non è solo Firenze o le realtà locali: esiste la politica nazionale, i grandi giornali… mentre le realtà locali non hanno peso sulle scelte decisionali fondamentali.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Vabbè che non guardi la tv, ma ci sono i giornali online…”

          Di chi stai parlando, tolti quelli che “certo scusa scusa condanniamo l’aggressione di Putin, ci mancherebbe, certo scusa scusa votiamo anche noi per mandare le armi ma speriamo che ci sia la pace, e adesso parliamo di argomenti che mi fanno più comodo”.

          • Peucezio scrive:

            Lo schema è semplice.
            Ogni posizione non conforme è delegittimata alla base, per cui non c’è una vera discussione, ma la rivendicazione reiterata e ossessiva della legittimità morale di un’unica posizione.

            Chi poi pur solidarizzando con l’Ucraina eccepisce anche solo in parte sull’invio di armi deve mettere le mani avanti dicendo di non essere putiniano.
            Cioè l’espressione del pensiero e subordinata a una precondizione di sostanziale allineamento, quindi di NON espressione di un vero pensiero.

            A te pare una cosa neutra questa?
            Ti assicuro che fino a prima del Covid non avveniva.
            Se non su un solo argomento, il nazionalsocialismo e l’Olocausto; e in misura meno radicale sul fascismo.
            Su tutto il resto ogni posizione era legittima e c’era un vero scontro, a volte anche volgare, scomposto, ma fatto di reale contrapposizione fra idee alternative.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Ti assicuro che fino a prima del Covid non avveniva.”

              No, succede da quando ci sono i nuovi media, da quando siamo tutti nell’Acquario di Facebook https://www.nazioneindiana.com/2012/06/08/nellacquario-di-facebook/

              Cioè da quando noi siamo tutti pesci che galleggiano in totale visibilità davanti a persone che in un trenta secondi ci possono “identificare” secondo schemi elementari e riempirci di insulti davanti a tutti, per poi passare a linciare qualcun altro.

              A quel punto ogni discussione diventa impossibile.

              Cogli benissimo i sintomi, ma credo che tu trascuri troppo spesso i contesti in cui nascono i sintomi.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                non è così.
                Ti assicuro che prima del covid i social c’erano già e avevano lo stesso peso di oggi eppure in tv (che tu non guardi, io sì) c’era molta più libertà nei dibattiti politici.

                Non c’entrano i social, è il trapasso generazionale, che ovviamente diventa evidente quando raggiunge la massa critica e la cesura può essere innescata o slatentizzata da eventi importanti.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ti assicuro che prima del covid i social c’erano già e avevano lo stesso peso di oggi eppure in tv (che tu non guardi, io sì) c’era molta più libertà nei dibattiti politici.”

                Sulla tv, non saprei dire.

                Il Covid è sicuramente uno spartiacque, perché per la prima volta da decenni, c’è stata una “vera paura”. Non voglio entrare in merito ai contenuti, ma chiaramente c’era un’unica narrazione “ufficiale”, condivisa da tutte le forze politiche e dai media, secondo cui un determinato comportamento poteva salvare milioni di vite, un altro distruggerne altrettante.

                Quindi abbiamo avuto per la prima volta una “emergenza”, uno “stato di guerra”, e nelle guerre, come diceva qualcuno, “i disertori si fucilano”. E ci sono stati episodi tremendi, come l’attacco ai portuali in sciopero, nonché (e qui prego Roberto di non obbligarmi a cercare le innumerevoli fonti in merito) la via libera alla censura algoritmica.

                Quindi sono d’accordo che abbia fatto precipitare la situazione in peggio. Ma non è stato per via di un “messianismo di sinistra” o roba del genere.

    • Roberto scrive:

      Peucezio

      Alla sinistra (non intendo istituzionale, intendo quelli che vanno in piazza per manifestare) è sempre piaciuta la “resistenza”, e più è piccolo il resistente e grande l’oppressore meglio è

      Quindi i palestinesi che resistono agli israeliani, i Viêt-cong che resistono agli americani (e anche gli obiettori che resistono al governo), il sub comandante Marcos che resiste a non so più chi, Aung San su ky che resiste alla giunta, gli afghani che resistono a tutti, le donne afghane che resistono ai talibani, i curdi che resistono a iranianisiruaniturchiirakeni, i sarawi che resistono ai marocchini….l’unica eccezione come facevo notare due anni fa con un po’ di sorpresa sono gli ucraini che si fottono

      Nota che non mi esprimo minimamente sul valore di queste cause (anzi lo dico, la stragrande maggioranza sono sacrosante) ma fotografo il fenomeno “alla sinistra piacciono i resistenti”

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Nota che non mi esprimo minimamente sul valore di queste cause (anzi lo dico, la stragrande maggioranza sono sacrosante) ma fotografo il fenomeno “alla sinistra piacciono i resistenti””

        Abbastanza vero!

        Poi ho un caro amico di Sinistra che si batte praticamente quasi da solo “a fianco della resistenza antimperialista ucraina”: https://utopiarossa.blogspot.com/

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Forse perché in Ucraina non c’è resistenza, ma un conflitto territoriale tra due governi e due superpotenze. Tanto è vero che anche le rivolte del Donbass, che pure erano più simili allo schema tradizionale di resistenza, hanno scaldato i cuori solo di una piccola nicchia.

      • Peucezio scrive:

        Roberto,
        ma come la mettiamo col Cossovo e con l’Ucraina?
        I cossovari sono più piccoli dei serbi, e il Donbass è più piccolo dello stato Ucraino, ma gli USA sono molto più grandi della Serbia e la Russia dell’Ucraina.

        Inoltre ci sono cause e guerre che le piazze ignorano completamente.

        Probabilmente c’è del vero in quello che dici, ma non esaurisce la questione.

    • Lucia scrive:

      ed è diventato “quello di consentire alle donne borghesi di divorziare liberamente (le popolane non lo facevano per vincoli culturali e sociali, non certo giuridici).”

      Peucezio, ma davvero, a cosa ti servono questi stereotipi (la borghese debosciata, la popolana di gran fede e un po’ ingenua, gli schiavi dell’Occidente con i paraocchi)? Ora, io non ti conosco personalmente e quindi spero di non suonare troppo accusatoria, nel caso scusami, io mi riferisco solo a quello che scrivi in queste settimane.
      Tu mostri parecchia sensibilità verso gruppi di persone in condizioni subordinate e sfavorite (a parte gli ucraini che si fottano, cit. 😂) ma gli individui comuni con le loro scelte di vita, che si barcamenano cercando di godersi la vita e stare bene no, quello lo possono solo fare i pochi eletti (uomini) che si salvano l’anima imponendo una morale al popolino.
      Questo avrebbe forse qualche senso in una società non scolarizzata*, ma per fortuna anche tua nel mondo è sempre meno il caso.
      *Ma poi neanche, anche individui tecnicamente ignoranti possono essere tutt’altro che stupidi e refrattari a farsi comandare con scudiscio e aspersorio

      Impara un po’ da Miguel, ad osservare le persone reali 😉 e potresti essere al contempo meno pessimista e meno idealista

      • Lucia scrive:

        (poi non capisco perché di linguistica devi parlare in privato con Moi e non con tutti noi 😠)

        • Peucezio scrive:

          Non è per la linguistica: qui ne parlo sempre.

          È per la vita privata.
          Mi sento libero qui dentro di fare affermazioni anche “eretiche” rispetto ai tabù correnti proprio in virtù dell’anonimato, quindi qui dentro non posso parlare di cose che coinvolgono altre persone, facendo nomi.
          Ma puoi contattarmi in privato, se sei curiosa della faccenda: basta chiedere la mia mail a Miguel.

        • Peucezio scrive:

          Moi è più direttamente interessato, essendo emiliano.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Lucia

        “Peucezio, ma davvero, a cosa ti servono questi stereotipi”

        Credo che a Peucezio piaccia indicare strade che la gente evita di solito di percorrere, e questo va a suo onore. Tutto ciò che ci può aprire orizzonti diversi è sempre utile, ovviamente se sappiamo farne qualcosa di utile.

        Ma poi le assolutizza, e per assolutizzarle deve demonizzare le altre strade possibili.

        E questo lo fa spesso prendendo casi estremi, cosa che tutti possono fare con tutto.

        E’ facile dire che se una persona ha disegnato una svastica su un muro in un continente di mezzo miliardo di persone, “l’antisemitismo dilaga”.

        Allo stesso modo, è facile dire che un esponente di Sinistra ha detto che la NATO protegge la Democrazia e il Progresso, e da lì dedurre che ogni persona che si dichiara di Sinistra al mondo è “schierata fanaticamente con gli USA”.

        • Peucezio scrive:

          Io non assolutizzo, sintetizzo, non mi metto a fare mille noiosi distinguo ma voglio arrivare al nocciolo.

          Non perché i distinguo non valgano, ma perché li do per scontati.

          Il problema è che mi prendete sempre alla lettera, anziché cogliere l’essenza di quello che voglio dire.

          Dire che i comunisti (nel senso berlusconiano degli ex comunisti, non di chi ci si proclama oggi, che sono poche persone per lo più decenti e poco conformiste) sono diventati tutti atlantisti (in realtà lo erano già nel ’43 a dire il vero) non significa dire che lo sono TUTTI, significa dire che lo sono la maggior parte, che l’atlantismo dà il seno, l’impronta della sinistra istituzionale contemporanea.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “, significa dire che lo sono la maggior parte, che l’atlantismo dà il senso, l’impronta della sinistra istituzionale contemporanea.”

            Intanto, hai distinto la sinistra istituzionale da quella non istituzionale, è già più chiaro. Ma la sinistra istituzionale non osa esprimere simpatie filopalestinesi, per cui mi sembra che cada il discorso che facevi prima (“la sinistra era fino a ieri filo-USA, oggi è filopalestinese”).

            Ma non sono d’accordo con quello che dici.

            Certo, a chi vuole fare carriera (e qui la fai a sinistra) conviene farsi vedere amico della NATO;

            Il PD poi è una coalizione tra ex-comunisti ed ex-cattolici, e tutti devono sempre tenere d’occhio il voto dei Moderati senza il quale si perde.

            Casomai molti nel PD vorrebbero un’Europa più forte e più indipendente dagli Stati Uniti, ma poi mettono nel cassetto il sogno.

          • Peucezio scrive:

            Il senso

          • Peucezio scrive:

            Secondo me parliamo proprio di cose diverse.
            Tu di interessi, di dinamiche politiche.
            Io delle antropologie che ci sono dietro.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Secondo me parliamo proprio di cose diverse.
              Tu di interessi, di dinamiche politiche.
              Io delle antropologie che ci sono dietro.”

              L’antropologia è lo studio delle “dinamiche politiche”, cioè della maniera in cui gli esseri umani strutturano i rapporti di potere tra di loro, come si relazionano, i mondi immaginari che costruiscono.

              Probabilmente siamo anche d’accordo su una cosa:

              1) La società rigida degli Uomini d’Acciaio, delle caserme, delle grandi fabbriche, delle scuole dure, del divieto del dialetto in nome dell’Organizzazione, degli orari rigidi, delle bandiere e dei monumenti ai caduti, è finita. Per me, grazie a Dio.

              2) Il problema è che al posto suo – come aveva previsto Guénon – abbiamo degli atomi individualizzati che girano nello spazio, sempre più velocemente, legati soltanto dal flusso di denaro; narcisisti per forza (migliaia e migliaia di ore di TV a dirti “tu sei così speciale da meritare il nostro prodotto”). E dove anzi il cliente viene istigato a scoprire dentro di sé infiniti bisogni a cui ha diritto.

              Con un sistema sempre più robotizzato che non ha bisogno dell’obbedienza di braccia umane. E dove gli orrori avvengono in modo invisibile – nessuno deve più torcere il collo al pollo, la carne nasce in sterili vaschette di plastica, e gli smarfi non nascono nelle miniere di coltan del Congo, ma sugli scaffali della Apple.

              Tutto questo crea un’antropologia che si ritrova certamente più in parole come “diritti” che in parole come “doveri”; “libertà” piuttosto che “patria”, eccetera. E che si sentono già “vittime” se non hanno Tutto e Subito.

              E quindi più vicini a un linguaggio legato alla Sinistra che a un linguaggio legato alla Destra.

              • Peucezio scrive:

                Siamo sempre là: alla fine torniamo sempre sugli stessi punti.

                Il quadro che tu descrivi ha molti punti di forza e non è certo peregrino, ma secondo me ha anche alcuni punti deboli importanti.

                1) come mai allora ci si chiede ossessivamente di vivere peggio? Di rinunciare all’auto privata, di usare meno riscaldamento, il gas aumenta, i voli anche per cui sempre meno turismo di massa a Sharm El Sheik o come cazzo di scrive, casa non di proprietà, insomma, ci chiedono di ridimensionarci in tutto alla faccia del consumismo.
                2) Non mi pare affatto che siamo in un mondo di diritti e non più di doveri. A me sembra semmai che siamo sempre più in un mondo di divieti. E non potrai mai convincermi che il non poter scherzare su nulla, non poter esprimere opinioni libere su nulla, ecc. sia una forma di assecondamento edonistico delle pulsioni di tutti. No. Si chiama repressione.
                La libertà ormai è una parolaccia: a ogni livello si cerca di comprimerla, di controllarla, di colpevolizzarla, di contenerla e condizionarla.
                Ma non con la blandizie, non col consumismo che ci fa credere di essere liberi rendendoci tutti uguali. No, questo era negli anni ’80.
                Proprio con la minaccia, la punizione, il bieco volto poliziesco della repressione, che sia quella dell’algoritmo di facebook, della polizia vera o dell’azienda che ti licenzia perché sui social hai scritto cose non conformi.
                Questo non è consumismo, questo è stalinismo. Ancora senza di concentramento, ma con tanto di confinamenti e coprifuochi.
                Un mondo iperconsumista che vuole soddisfare milioni di atomi impazziti e infantili non ti vieta brutalmente di andare al bar, con tanto di sanzioni, vigili, multe, al massimo ti fa desiderare ardentemente la realtà virtuale e la scopata con l’intelligenza artificiale, al punto da toglierti ogni desiderio di uscire.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                ” come mai allora ci si chiede ossessivamente di vivere peggio?”

                Credo che tu confonda diversi piani.

                Qualunque organizzazione si basa, alla fine, sulla violenza. Anche il commesso che non si presenta puntuale al lavoro subisce la violenza di venire licenziato e quindi magari di perdere la casa perché non può pagare l’affitto.

                Normalmente, uno se ne accorge solo quando la violenza lo tocca da vicino: lo stato ti obbliga ad avere la carta d’identità e il codice fiscale pena la non esistenza, e non ci pensiamo; lo stato aggiunge improvvisamente il Green Pass e qualcuno lo percepisce come violenza.

                Io percepisco come violenza il fatto che per sopravvivere, mi si impone sempre di più a versare soldi a multinazionali straniere per comprarmi uno smarfo con cui le stesse multinazionali mi possono spiare; tu probabilmente no.

                La violenza dello stato è ovunque, a partire da quelle che sembra siano più di 100.000 leggi in Italia.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “La violenza dello stato è ovunque, a partire da quelle che sembra siano più di 100.000 leggi in Italia.”

                Quindi, prima cosa, la violenza di stato esiste già, te ne accorgi solo quando ci cozzi contro.

                Seconda cosa, questa violenza non è di “destra” o di “sinistra”, nel senso che il governo di “sinistra” ti può vietare di fare il saluto romano, quello di destra ti può vietare di fare la rave party. Infatti, i governi hanno sempre e solo due leve: la carota dei fondi pubblici e il bastone delle leggi repressive. Che sono da sempre in aumento: avevamo già documentato qui di come le pene per reati associativi/politici in Italia fossero già nel 2000 più gravi di quelle sotto il fascismo, figuriamoci oggi.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Seconda cosa, questa violenza non è di “destra” o di “sinistra”, ”

                Terza cosa, da sempre esistono leggi con divieti simbolici:

                https://www.money.it/Vilipendio-significato-pene-reato-tipologie

                “Il significato di vilipendio, come già esposto, consiste nel “tenere a vile” l’oggetto del dileggiato, implicandone una svalutazione del valore o un oltraggio nei suoi confronti.

                Il reato di vilipendio è inteso come negazione del prestigio, rispetto o fiducia nei confronti di istituzioni (civili o religiose) o oggetti dotati di particolare valore (bandiera, cadaveri, oggetti di culto).”

                E qui concorderai che la “Sinistra” non c’entra niente, anzi.

                Se aggiungiamo al sacro storico (“bandiera, istituzioni, oggetti di culto”) il sacro contemporaneo – l’Individuo sempre pronto con il suo Avvocato a strillare e chiedere soldi appena lo sminuiscono nella sua Immagine, è inevitabile che si imponga ovunque un clima repressivo su espressioni “non conformi. E su questo sono d’accordo con te. Ma è uno stare peggio solo per quel raro e strano individuo che vuol fare il diverso, cosa non molto diffusa nella specie umana.

              • Miguel Martinez scrive:

                ” Ma è uno stare peggio solo per quel raro e strano individuo che vuol fare il diverso, cosa non molto diffusa nella specie umana.”

                Se un poliziotto dal marcato accento calabrese impone a me di usare lo smarfo e vieta a te di andare a cento chilometri orari sulla tua BMW in centro, tu ne deduci che i calabresi vogliono farci stare tutti male.

                Lo deduci perché il soggetto che opera – il poliziotto, diciamo le “istituzioni” – è lo stesso.

                E infatti, sono le stesse istituzioni che ci impongono, e gli stessi media che predicano, cose diverse tra di loro.

                E’ lo stesso stato che vieta ai migranti africani di entrare in Italia, che li rinchiude in lager quando ci arrivano, che multano quello che dice “i negri puzzano”, che allargano incessantemente le autostrade, che impongono limiti di velocità, che finanziano la guerra con le nostre tasse, che pagano le bandiere della pace sulle facciate dei comuni, che finanziano le aziende petrolifere con i nostri soldi e pagano cooperative di sfigati per fare opuscoletti educativi sul CO2.

                Tra tutte queste cose contraddittorie, puoi scegliere a caso alcuni elementi e metterli insieme.

              • Peucezio scrive:

                Forse davvero sta finendo una parentesi speciale, come tu stesso a volte dici.

                Cioè c’è stato un momento di vacche grasse per tutti e ora non è più sostenibile.

                Ma intanto questo è incompatibile col blandire una massa di consumatori infantilizzati che vogliono capricciosamente e rabbiosamente essere assecondati in tutto.

                Questo significa far scontrare prepotentemente costoro col principio di realtà, farci sbattere proprio il muso contro.

                E inoltre non è un tirare i remi in barca neutro. Anche negli anni ’50 la gente era più povera, ma mica c’era questo moralismo colpevolizzante di oggi.
                Non c’era la retorica antivitalista, la polizia del linguaggio, l’intimidazione continua verso chi trasgredisce le leggi del pensiero unico.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                “parentesi”

                Mi convinci al 50%.

                Che stia finendo una parentesi speciale, in cui tutti sono stati bombardati dalla pubblicità a pensare di poter avere sempre tutto dal macchinone a rate alma vacanza a Sharm El Sheik coi voli low cost, e’ verissimo ed è legato ai noti problemi energetici cui Martinez fa spesso riferimento.

                La facciata contro la realtà che tu pronostichi prenderà forse la solita forma di una guerra.

                Ma pur se è vero che oggi esiste una repressione onnipresente – per cui è obbligatorio mostrarsi in un certo modo, non dire certe cose ecc. – non ricordo affatto che in passato la repressione fosse inferiore.

                Mia madre mi raccontava che al paese quando aveva quattordici anni alla festa del patrono si ballava in piazza; non poteva ballare con un coetaneo che immediatamente mezzo paese speculava sulle prossime nozze.

                E in anni più recenti, quando ero bambino io il disprezzo verso l’omosessuale era universale e sistematico, al punto che a otto-nove anni venni sguaiatamente deriso da parenti pure carissimi quando dissi che avrei voluto dei pantaloni di un bel rosso vivo invece del solito blu.

                Ancora quando avevo dodici anni ricordo benissimo un conoscente casuale che al momento del ritorno in Sudafrica dove era emigrato concordava con i parenti modalità e orari delle uscite serali della figlia, che controllava con telefonate intercontinentali.

                Sono certo casi estremi. Ma non credo di ricordare un clima di minor repressione e controllo sociale in passato. Anzi.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Sono certo casi estremi. Ma non credo di ricordare un clima di minor repressione e controllo sociale in passato. Anzi.”

                Infatti.

                Casomai il controllo si è spersonalizzato.

              • Peucezio scrive:

                Andrea,
                credo che il momento di massima libertà sia stato fra gli anni ’60 (l’esordio) e gli anni ’80 (prima dell’ondata moralistica dipietrista, che influì anche sul costume e sul sesso).

                Ma anche prima c’era poco moralismo, solo che quello che c’era riguardava le donne.
                Ma più che moralismo era un sistema di regole e tabù.
                Che però comportava comunque repressione.
                Cioè l’uomo poteva avere anche tre amanti, andare a puttane e nessuno lo giudicava, mentre la donna per risultare rispettabile doveva essere estremamente repressa.
                Oggi la repressione è più paritaria. Per ora però non investe i comportamenti sessuali in sé, almeno nei fatti: i ragazzini e le ragazzine se ne fottono del moralismo imperante, delle sparate sessuofobiche delle femministe, ecc. ecc. e scopano come ricci. Almeno i cozzali, gli altri forse meno.

              • paniscus scrive:

                Peucezio:

                consumatori infantilizzati che vogliono capricciosamente e rabbiosamente essere assecondati in tutto.—-

                Però, sinceramente, non capisco perché mai il tizio che pretende che il figlio somaro sia promosso a colpi di minacce avvocatesche e di carte bollate, o il semi-trans non ancora chiarito che pretende di essere chiamato “uomo con l’utero” o “uomo con le mestruazioni”invece che “donna”, questi sarebbero consumatori infantilizzati con capricci ingiustificabili,

                mentre l’ardito ruspante che pretende di andare a 100 all’ora in automobile tutti i giorni, o di mangiare carne tutti i giorni e di avercela a disposizione a costi bassi, quelli invece NON sarebbero esempi di consumatori infantilizzati con capricci ingiustificabili.

                Potresti chiarire?

                NON vale l’ argomentazione secondo cui “correre in macchina e mangiare la bistecca è normale perché si è sempre fatto così, mentre il ricorso a scuola o il cambiamento di genere no” .

              • paniscus scrive:

                “se ne fottono del moralismo imperante, … ecc. ecc. e scopano come ricci. “—-

                Veramente sono anni che ci ripeti continuamente le lamentele sul fatto che la gioventù di oggi è introversa, timorosa, morta di sonno, conformista, perfettina, lagnosa, e non ha più nessun gusto della trasgressione… come mai cambi idea così all’improvviso?

              • paniscus scrive:

                Peucezio:

                “Ma anche prima c’era poco moralismo, solo che quello che c’era riguardava le donne.”
                —————

                Ah, hai detto niente.

                Il 50% della popolazione ti sembra un piccolo particolare irrilevante?

      • Peucezio scrive:

        Lucia,
        sai che però non ho capito bene l’essenza della tua obiezione?
        Io mi sento estraneo alla sensibilità borghese, anche se inevitabilmente la incarno anch’io, nel senso che non sono cresciuto in mezzo alla strada.
        Ma nelle scelte estetiche e valoriali e in una serie di interessi e passioni che coltivo, cerco di chiamarmene fuori.

        Poi riconosco che certi miei discorsi possono apparire schematici, ma non perché io davvero penso che gli individui e la complessità delle storie reali si possano appiattire in un modello, ma per amore di sintesi, per cogliere quel quid, quel comune denominatore che nella varietà e complessità del mondo mi dia comunque quel minimo di coordinate, di bussola.

        Un po’ come le mille sfumature di un’immagine, che puoi comunque ricondurre alla combinazione di tre o quattro colori primari variamente mischiati.

        • Lucia scrive:

          “Io non assolutizzo, sintetizzo”
          Allora facciamo così, ti sintetizzo in nome di tutte le donne che non è solo un vezzo borghese poter divorziare e vivere indipendenti dalla famiglia d’origine o dove ci si ritrova! Non serve essere divorziati per capirlo, si tratta proprio di un minimo di diritti civili.
          (E questa possibilità è una gran bella cosa anche per gli uomini, direi)

          • Lucia scrive:

            Anzi scusa, non è un vezzo borghese tout court

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Lucia

              “Anzi scusa, non è un vezzo borghese tout court”

              Premesso che sono totalmente d’accordo con te, è ANCHE inevitabilmente una faccenda “borghese”, nel senso che dipende da un certo livello economico, che permette almeno di immaginare la possibilità di sostenersi da soli. Peraltro conosco un discreto numero di maschi ridotti sul lastrico, per il vezzo di certi magistrati di considerare che “solo le donne possono allevare i bambini”, e quindi di togliere tutto all’uomo. Poi i maschi gridano allo strapotere femminista, ma a me sembra il contrario.

              In un’economia di sopravvivenza, penso che il divieto di divorzio sia una garanzia per le donne: lo dico avendo visto i pericoli del ripudio nel mondo islamico.

              Comunque, ripeto, rispetto alla nostra società urbana moderna, finché dura, sono totalmente d’accordo con Lucia.

              • Lucia scrive:

                “In un’economia di sopravvivenza, penso che il divieto di divorzio sia una garanzia per le donne: lo dico avendo visto i pericoli del ripudio nel mondo islamico.”

                Giustissimo, senza indipendenza economica il mio discorso non ha senso.
                E spero che in un futuro, essendo che i genitori sempre più si suddividono i compiti familiari, non esista più o molto meno la situazione che tu descrivi sulle difficoltà del marito dopo il divorzio. Anche il fatto che ci saranno divorzi di coppie dello stesso sesso potrà sparigliare le carte 🙂
                Rimango perplessa di come mi pare (ma è sentito dire e la parte che raccontava erano uomini dirattamente coinvolti, quindi non super partes) qui in Germania, dove c’è uno stato sociale molto più generoso, vi siano situazioni simili sul “vitalizio” che dopo il divorzio l’uomo deve sborsare… per mantenere non solo i figli ma il livello di vita della ex-coniuge.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Lucia

                “vi siano situazioni simili sul “vitalizio” che dopo il divorzio l’uomo deve sborsare”

                Credo che ogni divorzio sia un caso a sé, e vorrei evitare di schierarmi astrattamente.

                In questo periodo sto seguendo il divorzio di un mio amico italiano da una moglie tedesca. Lei, la conosco poco; lui è una persona straordinariamente sensibile e con un gran senso del dovere. Ovviamente il caso lo conosco solo dalla parte di lui, ma come la racconta lui, lei gli chiede 1400 euro al mese (e non credo che lui li guadagni) e la custodia esclusiva delle figlie, da portare in Germania.

                Però al momento le figlie vanno a scuola in Italia, lei è andata a Berlino; per cui lui versa a lei soldi che non ha, e deve anche mantenere direttamente le figlie. E ha anche dovuto dare a lei la casa, anche se lei sta a Berlino, per cui la casa è vuota.

                E’ tutto in attesa di sentenze varie, per cui non mi permetto di dire cosa decideranno i giudici. Ma in questi casi in genere decidono che “solo una donna è in grado di fare davvero la mamma”. Che non mi sembra una tesi femminista.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Che non mi sembra una tesi femminista”

                Perché no? Il femminismo è un movimento rivendicativo, per cui se conviene dire che la donna merita un determinato trattamento perché è l’unica a saper veramente essere/fare/ecc. va benissimo.

              • paniscus scrive:

                E spero che in un futuro (…) non esista più o molto meno la situazione (…) sulle difficoltà del marito dopo il divorzio.
                ———————–

                Per quanto posso dedurre da casi personali che conosco io,

                le polemiche immani sul fatto che “la donna venga privilegiata” dalle decisioni in tribunale e che l’uomo si ritrovi sempre svantaggiato,

                emergono quasi sempre in contesti in cui c’era già una fortissima disparità di impegni e di comportamenti quotidiani tra i due genitori, anche quando la coppia stava ancora insieme.

                Io ho sempre avuto il sentore che molti dei “padri separati che si lamentano”, siano di quelli che scoprono di voler fare i padri solo dopo la separazione, mentre prima si facevano andare benissimo il fatto che la suddivisione dell’accudimento dei figli fosse fortemente sbilanciata dalla parte della donna (e che il marito, magari, nemmeno sapesse in quale cassetto stavano i pigiami, o in quale orario ricevessero gli insegnanti, o quale fosse il numero di telefono del pediatra, perché “ci aveva sempre pensato la madre” e “a me non è stato mai chiesto di interessarmene“).

                Se il bambino, nelle attività di tutti i giorni, è abituato a dipendere all’80% dalla madre e solo al 20% dal padre, cosa ci sarebbe di strano se la stessa situazione si prolunga anche dopo la separazione?

                Le coppie che erano abituate a una collaborazione paritaria anche prima, di questi problemi ne hanno molti di meno.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Paniscus

                “Io ho sempre avuto il sentore che molti dei “padri separati che si lamentano”, siano di quelli che scoprono di voler fare i padri solo dopo la separazione”

                Nel singolo caso specifico, il babbo in questione mi sembra che fosse molto presente. Ripeto, singolo caso specifico.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Se il bambino, nelle attività di tutti i giorni, è abituato a dipendere all’80% dalla madre e solo al 20% dal padre, cosa ci sarebbe di strano se la stessa situazione si prolunga anche dopo la separazione? ”

                Non ho mai visto concretamente fare questo accertamento in giudizio: solitamente già nell’udienza presidenziale il figlio viene collocato senza troppi pensieri prevalentemente presso la madre e poi si sanziona questo status quo.

              • paniscus scrive:

                “solitamente già nell’udienza presidenziale il figlio viene collocato senza troppi pensieri “—-

                Intendi dire che non ci sono coppie (scoppiate) che chiedono esplicitamente l’affidamento equilibrato alla pari, perché convinte che sia giusto così?

                Il giudice fa tutto di testa sua e non tiene conto di nient’altro?

              • Lucia scrive:

                MT
                “Il femminismo è un movimento rivendicativo”

                No no, il femminismo è un movimento di liberazione di femmine E maschi, per cui dò ragione a Miguel e spero che più femminismo significhi anche minor spinta a sottoporsi a pesanti interventi chirurgici ed ormonali per rientrare in predeterminate categorie (ma chi poi si sottopone a questi interventi sono pochi e a seguito di un lungo percorso, quindi non voglio peucezzizar.. ehm, sintetizzare troppo 🤭)

                Spero – e non è inverosimile, spesso si rimane colpiti dai casi limite e il resto non viene registrato – che sulla questione divorzi abbia ragione Paniscus. Quasi tutti i padri di famiglia che conosco si occupano molto dei loro figli (a cominciare da mio marito), e nel malaugurato caso che ci siano separazioni auguro loro che le cose vadano nel modo meno spiacevole possibile!

          • Roberto scrive:

            Direi in effetti che vale anche per gli uomini

          • Peucezio scrive:

            Astrazioni.
            I discorsi vanno calati nei contesti sociali, non sono petizioni di principio.

            • Lucia scrive:

              Peucezio, io almeno in questa discussione sono astratta quanto sono non emiliana 😏 (però, riguardo alla faccenda “di Moi”, fai bene a non scrivere sul blog cose che potrebbero ledere il privato tuo o di altri, ci mancherebbe!)
              Buon fine settimana!

  16. Peucezio scrive:

    Miguel,
    “Allora, proviamo a ragionare.
    Ciò che dissolve le comunità è la globalizzazione dell’economia e la creazione di nicchie interconnesse e delocalizzate: l’industria del turismo, dello spettacolo, della finanza, ecc. sono tutte nicchie transnazionali, dove il dirigente Airbnb si incontra con quello di New York, ma non con il proprio vicino di casa.”
    […]
    “Ecco perché non si possono accettare lezioni da un Salvini che arriva a Firenze e dice dell’espansione dell’aeroporto, “più la gente si muove meglio è!””

    Appunto.
    L’immigrazione è funzionale a tale schema, il radicamento no.
    La Boldrini è l’ideologa implicita del mondo che descrivi.

    La destra cavalca le identità in modo velleitario e ridicolo: accetta e incoraggia tutto il resto della filiera, ma fa finta di opporsi al movimento degli uomini (solo di quelli poveri). Fa finta, perché poi non lo fa davvero.

    Almeno in Italia.

    Negli USA Trump (e per assurdo anche Biden) ha spezzato la globalizzazione: gli operai americani hanno ricominciato a lavorare, si sta di nuovo sviluppando un’industria americana non delocalizzata.

    Certo è che questa frattura geopolitica (quindi militare, ma anche economica, ideologica, ecc.) fra Occidente e resto del mondo, se da una parte produce un’oscena retorica identitaria occidentalista, quantomeno inceppa l’ingranaggio che hai descritto, che vuole un mondo indifferenziato, privo di ostacoli di sorta, dove tutto è fungibile, sppostabile, immateriale.

    • paniscus scrive:

      “Appunto.
      L’immigrazione è funzionale a tale schema, il radicamento no.
      La Boldrini è l’ideologa implicita del mondo che descrivi.”—-

      Francamente, non capisco proprio cosa c’entri la logica della mobilità internazionale di borghesi benestanti al servizio di grandi reti imprenditoriali planetarie (cioè, ad esempio, il milanese che va a fare il funzionario di Amazon a Dubai, o il texano che arriva a Firenze per gestire una rete di 20 punti vendita di McDonald, con ottimi stipendi e benefit di tutti i tipi),

      con gli sbarchi di massa (clandestini e rischiosissimi) di milioni di persone senza nessuna prospettiva, con qualifiche culturali e professionali molto basse, che tentano disperatamente di raggiungere qualche posto dove si stia meno peggio che a casa loro, anche a costo di fare una vita da fuoricasta emarginati.

      Francamente non ci vedo proprio niente in comune, semmai uno dei due fenomeni è un sottoprodotto spontaneo dell’altro, ma non certo una presunta “parte dello stesso complotto”. Dire che “la Boldrini li caldeggia tutti e due”, non basta come dimostrazione…

      • Peucezio scrive:

        Non si tratta di complotto, ma di sensibilità, orientamenti.

        Questa gente odia il radicamento, le strutture, la storia, il fatto che non nasciamo dal nulla e non siamo nel nulla ma abbiamo un radicamento, un retaggio, viviamo in una comunità, con dei legami, dei vincoli, un passato, un presente all’interno di una rete sociale, culturale, con una fisionomia definita.
        Sono nichilisti, perseguono la distruzione per la distruzione, vogliono un mondo di nomadi sradicate e irrelate, alienate.

        • Peucezio scrive:

          Lo sradicamento borghese del fighetto cosmpolita e quello del povero cristo costretto a emigrare per fame sono ugualmente funzionali.

          • Lucia scrive:

            Però Peucezio, una persona può anche mettere radici altrove 😉
            Il processo migratorio può essere traumatico, ma in molti casi non lo è. E non significa dimenticarsi da dove veniamo o la “storia” (ammesso che la si conosca, io per prima ne so molto meno di voi, ma il contadino radicatissimo nella pianura padana da generazioni nell’800 ne sapeva proprio zero, di storia)

            • PinoMamet scrive:

              Che sarà anche esistito, ‘sto famoso contadino radicatissimo, ma qui trovo le famiglie contadine che si chiamano con cognomi veneti e siciliani, e fino a lì…
              Ma anche francesi e spagnoli, e qui insomma non mi torna già più.

              Poi erano tutt’altro che radicate: chi non aveva terra, o andava da famiglio fin nel bresciano, o a lavorare nei boschi fino in Corsica, o andava a far ballare la scimmia fino in Russia (no, davvero)… e nel migliore dei casi, per San Martino doveva appunto “fare Sanmartino ” caricare tutto su un carretto e via.
              Certo chi aveva un podere se lo teneva stretto, ma tutto ‘sto radicamento…

              • Lucia scrive:

                È vero, ci avevo pensato mentre lo scrivevo ma appunto, pensando al passato non mi venivano in mente categorie davvero così fisse. E allora ho optato per il luogo comune.

              • Lucia scrive:

                Certo che però ex falso quodlibet sequitur…

            • Peucezio scrive:

              Lucia,
              “Però Peucezio, una persona può anche mettere radici altrove 😉 ”

              Ma certo.
              La civiltà si regge su un equilibrio fra radicamento e scambio, mobilità, fra stasi e dinamismo.
              Non difendo la sclerotizzazione archeologica, che comunque in genere non dura.
              Ma nemmeno il nichilismo distruttore, che crea un’umanità atomizzata e quindi tutta uguale dappertutto.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ma nemmeno il nichilismo distruttore, che crea un’umanità atomizzata e quindi tutta uguale dappertutto.”

                Torniamo sempre lì: leggere René Guénon, Il regno della quantità e i segni dei tempi.

                Il nichilismo distruttore non è una scelta, tipo “io tifo Lazio, no io tifo Roma”.

                E’ un processo storico.

                Che si manifesta attraverso l’automobile che si guida, lo smarfo con cui si comunica e tutto il resto.

                Non si chiama “Boldrini”. Se vogliamo proprio dare un nome al nichilismo distruttore, diciamo “aeroporto”.

              • Peucezio scrive:

                Ma sono tutti e due.
                La Boldrini è l’ideologa, poi ci vogliono i tecnici che fanno l’aeroporto.

              • Peucezio scrive:

                Gli ideologi del progresso (che è poi in realtà una spinta disgregante di ritorno alla materia bruta, come ho già spiegato) non sono quelli della destra, che sono regressivi e tutto sommato irrilevanti, sono la parte di società in sintonia con lo Zeitgeist, sono gli illuminati progressisti appunto.

        • Peucezio scrive:

          “monadi”.

          Beh, anche “nomadi”, ma allora devo cambiare le concordanze. 😀

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Questa gente odia”

          Abbiamo trovato dove sta l’errore!

          Pensare che noi amiamo qualcosa, e illuderci che qualcuno sia disposto a una gran fatica per distruggere la cosa che amiamo.

          E’ proprio qui che si annida lo Spirito di Guerra: gli antisemiti odiano Israele perché odiano Dio; gli antistatunitensi odiano gli Stati Uniti perché odiano la libertà; gli antimusulmani odiano l’Islam perché non vogliono riconoscere la vera fede.

          Nessuno odia il fatto che la gente dell’Oltrarno faccia comunità, si saluti per strada, abbia legami, ecc.

          Legami che ricordo non sono solo quelli che vengono dal passato, ma sono quelli che nascono tra la mamma sanfredianina e quella keniota che allevano insieme i figli.

          Però c’è chi vede questo luogo come una merce, una cosa che si possa comprare e vendere e mettere sul mercato globale. Vede il fondo in cui l’artigiano faceva meraviglie come un perfetto pub per studenti americani.

          I distruttori di “storia”, i nemici della “comunità”, del “radicamento”, dei “vincoli” sono davvero nichilisti, ma lo sono perché pensano che vite e pietre e storia si possano trasformare magicamente in una cosa che esiste solo nella nostra immaginazione: i SOLDI.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per peucezio

            “Pensare che noi amiamo qualcosa, e illuderci che qualcuno sia disposto a una gran fatica per distruggere la cosa che amiamo.”

            Questo leggere un odio inesistente nelle intenzioni altrui è una cosa che mi ha colpito leggendo testi dell’area di al-Qaida.

            Dicevano cose anche interessanti a proposito dell’impero statunitense, ma restavo davvero sorpreso a leggere la motivazione che attribuivano al Nemico:

            Gli Stati Uniti vogliono continuare le Crociate, perché vogliono negare all’umanità il messaggio monoteista di Muhammad e preservare l’idolatria trinitaria.

            La cosa è perfettamente coerente dentro il sistema islamico, ma ditemi quanti funzionari della NATO la pensano così.

            • Peucezio scrive:

              Forse “odio” non è il termine esatto.
              E comunque non si tratta di ciò che amo, si tratta semplicemente dell’essere contro il nulla.

              Torniamo a Empedocle (e Freud) di cui abbiamo discusso con Andrea parlando della guerra: esiste il kosmos ma anche il caos, la materia tende all’aggregazione, ma anche alla disgregazione. Che se vuoi è inerzia, anche se paradossalmente assume forme aggressive. Cioè è il retaggio della materia informe, inanimata.

              Un mio zio, con un’immagine volutamente a suo modo metaforica, non certo scientifica, diceva che nelle nostre molecole c’è la memoria di quando queste erano materia bruta e che questa è la base del nostro sentimento della morte, di thanatos.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E comunque non si tratta di ciò che amo, si tratta semplicemente dell’essere contro il nulla.”

                Guarda che capisco e condivido.

                Nel caso mio, si tratta proprio di amore: io amo la comunità della nostra gente. Sto bene quando esco di casa per fare la spesa, e incontro un sacco di persone che conosco, anche per scambiarci banalità. Sono innamorato dei sassi e degli alberi di questo luogo.

                Però capisco che chi ci sta distruggendo, non lo fa perché odia ciò che amo.

                Lo fa perché vuole qualcos’altro, a suo avviso di positivo, tipo estrarre dai nostri luoghi i soldi per mandare suo figlio a studiare in un’università molto costosa.

              • Peucezio scrive:

                Anch’io amo i miei mondi, in parte diversi ma in fondo simili ai tuoi.

                Ma non penso c’entri il vantaggio.

                Io credo che il progresso sia fondamentalmente una struttura nevrotica.
                Possiamo anche non chiamarla odio, ma bisogno di controllo, fastidio per la realtà così com’è, narcisismo.

                E forse tutto ciò serve, perché altrimenti campavamo quarant’anni coi denti marci e ci morivano sei figli su otto.
                Ma ci sono forme di distruzione gratuite. Che apporto ha dato al mondo la distruzione di Cluny?
                E se proprio un domani non ci sarà più nessuno a voler fare l’artigiano in Oltrarno, perché è cambiata l’economia, la società, le esigenze, ecc., che costo reale ha tutelare i pochi anziani che ci sono fino alla fine, quando tanto ci sono un miliardo di altri posti con cui speculare?

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ peucezio

          “nichilisti”

          Si può essere nichilisti in due modi, credo (con tutte le sfumature incluse fra i due estremi).

          O arrivandoci per educazione e ragionamento – e questo è il modo tipico del borghese con la casa a Milano, il lavoro a Dubai e le vacanze a Madeira – o per fame.

          Il secondo metodo e’ quello dei milioni di poveracci che per necessità vera o presunta si staccano dalle loro radici, appunto, e vanno raminghi in terra straniera per non piu’ tornare.

          Le “radici” in realtà sono un mito tanto quanto il giardino dell’Eden, il Buon Selvaggio, le Piccole Pattie, il Blut und Boden e la Razza.

          La canzone più bella della musica leggera Italiana (al pari del meglio di De Andrè) è anche la più falsa: “I ragazzi della via Gluck”. La nostalgia è sempre alimentata dall’oblio dello squallore.

          La razza umana – l’unica – è nomade e sradicata per definizione.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Peucezio scrive:

            Ma no, Celentano era un ragazzo di origine meridionale che viveva in un quartiere dove c’era gente di provenienze svariatissime e che costituiva un esempio di una periferia della Milano industriale degli anni ’60, quanto di più lontano si possa immaginare da un mondo bucolico e immoto, fermo nei secoli.
            E lo stesso Luciano Beretta, autore del pezzo, ha descritto in altri suoi testi bozzetti di milanesità novecentesca tipici di un mondo urbano, composito, in evoluzione, la prostituta, la ballerina di teatro partita dal nulla, la matta, ecc. ecc.

            Ma questi mondi compositi avevano una fisionomia.
            Invece io parlo di totale alienazione, di personaggi senza storia e senza identità, proiettati in un mondo anonimizzato, grigio, senza struttura, senza fisionomia, senza colori.

            Non venirmi a dire che le banlieue francesi sono grandi espressioni del progresso umano. Sono solo posti di merda per i perdenti del mondo, per farli abbrutire.

            • Peucezio scrive:

              Te lo dico perché non conosco personalmente Celentano, ma quel milieu artistico, sociale e umano (la Milano della canzone, dello spettacolo, ecc., di quell’epoca), pur non avendolo vissuto per ragioni anagrafiche, lo conosco bene, perché conosco un po’ di gente che l’ha conosciuto direttamente, che ne ha fatto più o meno parte.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “quanto di più lontano si possa immaginare da un mondo bucolico e immoto”

              Ma infatti credo che ADV si riferisca a quella pseudonostalgia di ciò che non si conosce e non si è mai conosciuto e che per questo si idealizza.

              • Peucezio scrive:

                Ma Celentano la trasformazione di quei posti l’ha vista davvero.
                Quelle erano zone contigue alla Stazione Centrale che si sono andate urbanizzando in quegli anni, mentre allora erano a macchia di leopardo e c’erano ancora zone verdi, case di ringhiera col bagno comune, ecc.

                Anche se lui gioca sullo stereotipo bucolico, descrive una pagina precisa di evoluzione urbanistica di Milano.
                Basta vedere per esempio la carta tecnica comunale del 1956, che fotografa quindi esattamente la situazione ai tempi della gioventù del cantante, per vedere come intorno alla via Gluck ci fossero ampie zone non edificate.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                “Celentano”

                Fermo restando che considero quella canzone un capolavoro al livello di certe opere del Pascoli, la differenza fondamentale che vedo fra la nostalgia cantata da Celentano e quella, che so, della “Cavallina storna” è che il Pascoli rimpiange una felicità perduta senza alcuna sua colpa o responsabilità (per via cioè dell’assassinio di cui rimase vittima il padre), mentre da via Gluck e dal mondo sospeso fra città e campagna la gente nella realtà è scappata a gambe levate.

                Alcune tremende trasformazioni urbanistiche in Italia sono state certo motivate dalla speculazione (penso a certe zone della periferia Genovese) o dalla politica (come lo sventramento che porto a vita della Conciliazione a Roma).

                Ma milioni di persone hanno volontariamente abbandonato le campagne dove con tutte le loro tradizioni e la solidarietà fra vicini al paesello facevano la miseria per andarsi a rintanare in buchi di periferia e a lavorare in fabbrica pur di avere l’acqua calda in casa, la luce elettrica, la radio e dopo un po’ anche l’utilitaria e la TV.

                Altro che lavarsi nel cortile come i ragazzi della via Gluck. Altro che “nuovo fascismo” del consumismo tanto in uggia al fine intellettuale Pasolini.

                Più consorzi antitubercolari e meno mammane. Più Simmenthal e meno caciocavallo. Più calze di nylon e meno processioni del santo patrono. Più domeniche pomeriggio passare a lavare la macchina e meno passate a giocare a tressette all’osteria. Meno “Pane amore e fantasia” e più “Poveri ma belli”.

                Queste le scelte volontarie del popolo.

                Il Pascoli sì che stava male a ricordare il passato perduto. Basta leggersi il suo “Dieci agosto” per rendersene conto.

                Ma la via Gluck di Celentano, così come l’antimodernismo ostentato di Pasolini, sono manifestazioni della più sincera delle passioni dell’Italiano istruito: lo snobismo.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Peucezio scrive:

                Andrea,
                d’accordo su tutto: è un dato di fatto.
                Che poi siano stati più felici è da stabilire, ma lo hanno fatto.

                Io mi riferivo a un dettaglio, una curiosità.
                Il mondo della via Gluck non è un mondo arcaico, è un mondo di passaggio. Le case di ringhiera ci sono ancora, conosco tanta gente che ci abita.

                E ti dirò che tutti gli anziani che conosco rimpiangono la Milano di quegli anni. Freddo cane, nebbia, quella vera, disagi, case grigie, fabbriche, smog e un po’ dopo anche criminalità, anni di piombo, violenza politica e comune.
                Sarà pure che si rimpiange la gioventù.
                Ma io la mia non la rimpiango affatto: faceva schifo.

              • PinoMamet scrive:

                Tu però sei, come dire, molto particolare, Peuce’ 😉

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                tu mi devi dire come cazzo si fa a rimpiangere un’infanzia parcheggiati davanti alla televisione a vedere i cartoni animati giapponesi.

                Per carità, la mia infanzia è stata molto protetta, accudita, nel complesso decisamente serena…

                Ma da qui a rimpiangerla.

                L’infanzia di per sé ha solo una funzione preparatoria della vita adulta: si è un uomo in potenza. Quindi non avrebbe un valore intrinseco: è come la preparazione di un piatto: conta il mangiarlo.

                Però questa incapacità del bambino di attingere alle soddisfazioni sostanziali della vita (scopare, avere un ruolo famigliuare e sociale riconosciuto, modificare la realtà circostante) è compensata dalla spensieratezza e dalla libertà di correre nei prati, giocare con gli altri bambini, fare quel cazzo che si vuole perché nulla dipende da sé e a tutto pensano gli adulti, per cui, se li si intralca sono legnate, ma per il resto fai quello che vuoi.
                Almeno, negli anni ’50 era così. Non si andava più in fabbrica a 12 anni, ma si giocava ancora per strada.
                Si andava sì a scuola, ma da discoli, temendo le punizioni, le bacchettate, i ceci, ma non interiorizzando il dovere della promozione e il resto, cioè non assumendosi la responsabilità del risultato scolastico.

                La mia generazione è cresciuta chiusa in casa o a scuola, prendendo la scuola sul serio, non sa nemmeno cosa sia il fiume, l’albero, l’arrampicarsi a rubare le mele…

                E non è questione di città e campagna: i miei amici attempati di Milano mi raccontano proprio queste cose qua, perché città e campagna si compenetravano, a venti minuti a piedi dal Duomo c’erano le cascine con gli animali.
                E soprattutto si cresceva insieme, nel quartiere, perché si stava sempre fuori, d’estate e d’inverno, con la neve, a casa si tornava solo per cenare e andare a dormire, perché non c’era l’iperprotezione apprensiva che è arrivata dopo, a maggior ragione nelle famiglie borghesi.

                La mia generazione sta invecchiando male.
                Su facebook leggo questi post squallidissimi con immagini dei cartoni animati e delle serie tv della nostra epoca, che dicono che se sai chi sono questi personaggi hai vissuto un’infanzia strepitosa.
                Queste forme di nostalgismo generazionale le trovo davvero deprimenti, patetiche.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “tu mi devi dire come cazzo si fa a rimpiangere un’infanzia parcheggiati davanti alla televisione a vedere i cartoni animati giapponesi.”

                Grazie della condivisione!

                Al di là del tuo vissuto personale, possiamo trovarci delle leggi generali?

                Cioè che la Grande Alienazione nasce dall’urbanistica moderna che crea zone di lavoro/dormitori/aree divertimento collegate da auto?

                Che quello che una volta era delegato alla creatività individuale (di cui tu tante volte hai citato esempi, parlando di anziani cantori e affini) diventa merce, in mano alle multinazionali dello spettacolo, che poi te lo rifilano in casa?

                Che lo spettacolo si finanzia con lo spaccio pubblicitario delle merci che opera su tutti i sette vizi capitali?

                Che tutto l’insieme crea l’isolamento dell’individuo sradicato, coccolato, narcisista e uguale ovunque, incapace di percepire le stagioni, senza contatto con il proprio corpo?

                Che tutto questo ha creato un’area come la Pianura padana dove non cresce un filo di roba naturale, ma dove i fiumi ogni tanto esplodono e che ha l’aria più inquinata di tutta l’Europa?

                Insomma, siccome siamo pienamente d’accordo sui sintomi, nel cercare le cause, possiamo andare un po’ oltre l’antipatia della Boldrini?

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Al di là del tuo vissuto personale, possiamo trovarci delle leggi generali?”

                Guarda che non è il vissuto personale, ma di una generazione.
                Nessuno mi ci obbligava, ero io che li volevo guardare. Ricordo anche la campagna moralizzatrice contro Goldrake, di cui ho letto decenni dopo.
                Il fatto è che, tranne bambini cresciuti in campagna o in contesti molti vivaci, che alternative avevamo?

                “Insomma, siccome siamo pienamente d’accordo sui sintomi, nel cercare le cause, possiamo andare un po’ oltre l’antipatia della Boldrini?”

                Vabbè, ma è ovvio, la Boldrini è un sintomo, si prende a esempio, è solo una nevrotica signora romana con le sue fisse: in realtà non conta un cazzo.

                Ma non credo sia solo questione di urbanistica, l’urbanistica è anche una conseguenza.

                Rispetto a ciò di cui stiamo parlando è questione di imborghesimento.

                Sicuramente avrò già citato qui dentro quel verso di una canzone milanese che poneva, come simbolo della signorilità, riferito ai bambini, giughen domà in cà ‘giocano solo in casa’.
                Ecco: lì c’è tutto.
                I privilegiati stanno tappati in casa.

                Un mio zio, da bambino (anni ’30), a un suo amichetto di scuola benestante che gli diceva che a casa loro ognuno aveva una sua camera da letto e dromiva solo, rispose, mentendo ovviamente, che nella sua ognuno aveva una sua sala da pranzo e mangiava da solo.

                Ecco, il benessere significa minima interazione possibile con gli altri esseri umani.
                Perché ogni interazione umana è uno sforzo, un compromesso, l’incontro con un’alterità peculiare, non riducibile a una propria proiezione.

                E l’economia, che cerca di perseguire ciò che tutti percepiscono come benessere, asseconda tale istanza.

                Per inciso, tanto per completare l’aneddoto, la replica di mio zio all’amichetto arrivò dopo che mio nonno passò a scuola a dirgli non so cosa e siccome mio nonno era gerarca ed era vestito di tutto punto con camica nera, fez e tutto, l’insegnante gli tributò un saluto romano con estrema deferenza, cosa che fece sentire mio zio molto orgoglioso e quindi gli ispirò quest’idea bellissima delle sale da pranzo individuali.

        • Roberto scrive:

          Peucezio

          “Questa gente odia il radicamento, le strutture, la storia, il fatto che non nasciamo dal nulla e non siamo nel nulla ma abbiamo un radicamento, un retaggio, viviamo in una comunità, con dei legami, dei vincoli, un passato, un presente all’interno di una rete sociale, culturale, con una fisionomia definita.
          Sono nichilisti, perseguono la distruzione per la distruzione, vogliono un mondo di nomadi sradicate e irrelate, alienate.”

          Ma francamente…che ne sai?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Paniscus

        “Francamente non ci vedo proprio niente in comune, semmai uno dei due fenomeni è un sottoprodotto spontaneo dell’altro”

        Sì ecco: il fenomeno è unico, ma il manager fiorentino a Dubai sconvolge gli equilibri del mondo mille volte di più del ghanese che arriva a Firenze

  17. Peucezio scrive:

    Miguel,
    ““Sì, ma è interessante la posizione della sinistra non istituzionale, che è quella più rappresentativa.”

    Ma perché sarebbe “più rappresentativa”?”

    Qui però ci vedo però da sempre un limite nella tua analisi dei fenomeni.
    Ci sono gli idealisti, magari un po’ ingenui e velleitari, che siano giovani studenti o dei centri sociali o che siano vecchi sessantottini, e poi ci sono i veri giochi di potere.

    Non è così, perché l’humus che produce i modelli di pensiero e di azione delle classi dirigenti non è un grigio pensiero pragmatico, ma proprio le mode, gli speudo-idealismi e i finti anticonformismi giovanili in cui tali classi dirigenti sono cresciute.

    E le case editrici, il mondo universitario, i giornali alternativi, la musica, il cinema (parliamo delle cose che c’erano quando erano ragazzi gli attuali cinquanta-sessantenni: le serie netflix e tiktok non c’erano ancora) plasmano gli orientamenti e le sensibilità dei ceti egemoni molto di più dei manuali di economia.
    E anche oggi plasmano gli orientamenti e i conformismi degli adulti.

    Credi che se negli anni ’70 i giovani di allora fossero stati plasmati dalla mentalità pragmatica democristiana, oggi avremmo questo capitalismo cinico travestito in parte di edonismo (sempre meno) in parte di moralismo?
    Avremmo un capitalismo veteronovecentesco, pragmatico, quello in cui viveva la borghesia di allora, dei genitori delle attuali classi dirigenti, conservatori quanto alla morale famigliare, sessuale, ecc., ma che credevano in un progresso tecnico vecchio stampo, non colorato, sostenibile e profumato, ma invasivo, efficiente, grigio.

    Non capirò mai come mai tu sottovaluti così tanto il ruolo dell’ideologia nel plasmare il mondo.
    E il ruolo del conformismo nel plasmare l’ideologia.

    Sembra quasi che tu pensi che le ideologie siano in fondo tutto sommato buone, ancorché a volte un po’ ingenue e velleitarie, ma poi c’è la realtà concreta prosaica e asettica.

    Ma il mondo di oggi è il prodotto della Riforma, dell’Illuminismo, del positivismo, dell’egemonia della cultura di sinistra nel secondo Novecento.
    L’ideologia teocratica medievale NON avrebbe prodotto il sistema capitalistico moderno.

    Ma non perché le idee plasmino magicamente la realtà (ammesso che non lo facciano), ma perché le idee plasmano le menti di chi le assorbe e quindi i suoi comportamenti, le sue scelte, il suo modo di strutturare il suo lavoro.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Non capirò mai come mai tu sottovaluti così tanto il ruolo dell’ideologia nel plasmare il mondo.”

      Che ti devo dire… Mi baso sulla mia esperienza.

      Credo di conoscere da vicino una gran parte della “Sinistra”, istituzionale e non, di una città dove le sinistre, sommate, hanno preso il 75% del voto alle ultime elezioni comunali.

      E vedo sì, quelli che si battono nelle piccole cose, quelli che fanno gli autoreferenziali tra il fumo delle canne, quelli che giorno dopo giorno stanno sul pezzo per questioni dure e difficili, quelli che da due anni cercano di mandare avanti la fabbrica da cui sono stati licenziati, quelli che stanno nel Partito Unico e cercano di fare cose buone, quelli che stanno nel Partito Unico e cercano di fare carriera, quelli che fanno le occupazioni e quelli che mandano i carabinieri per buttarli fuori, quelli che organizzano i prestiti senza interessi per chi gode di una “garanzia sociale”, quelli che preparano da mangiare per centinaia di senza fissa dimora.

      Bene, non mi sembrano particolarmente plasmati dall’ideologia di cui parli tu, anche se hanno la tendenza a pensare troppo spesso – come sottolinea Roberto – che “le vittime hanno sempre ragione” e quindi fare un unico confuso calderone in cui ci può finire anche qualche furbo come Soumahoro.

      L’ideologia di cui parli, che io chiamerei “liberalstatunitense”, esiste, ma non nasce da sola: nasce perché è l’unica ideologia possibile per un sistema che considera tutti come individui/consumatore equivalenti e interscambiabili. Che possono quindi fare tutto ciò che i loro soldi permettono loro di fare, anche comprarsi l’utero di una poveraccia in Ucraina.

      E questa ideologia si diffonde attraverso un’intera cultura pubblicitaria che bombarda gli individui sin dalla loro nascita, ormai da più generazioni, nel contesto della Cultura dello Spettacolo.

      Ma la cultura spettacolare nasce perché funziona, perché lavora su cose che ci sono nella psiche delle persone.

      • Peucezio scrive:

        Ho capito qual è il punto.

        Il fatto è che tu applichi alle cose grandi la logica delle microrealtà.

        La descrizione che tu mi fai è convincentissima e non ho dubbi che la gente di sinistra che tu hai presente sia gente non solo decente, ma che tutto sommato fa cose buone.

        Il punto è come si traduce questo retroterra ideologico e antropologico quando si applica a scelte strategiche su scala nazionale e internazionale e inoltre quando è alla base del discorso mediatico e quindi plasma il modo di pensare comune.

        E anche a livello locale bisogna distinguere.

        Anche Milano è una realtà locale, ma essendo una sorta di capitale de facto, di grande città finanziaria e di servizi, funziona secondo logiche un po’ di plastica.

        Bene, a Milano la sinistra istituzionale fa danni immensi. Perché questa amministrazione biciclettara creando quest’oasi di fighetti che stanno in quartieri sempre più puliti e con meno macchine sta espellendo dalla città tutti i ceti medi e mediobassi: l’area C sale di prezzo, il biglietto dei mezzi pubblici pure, i parcheggi a pagamento pure e si estendono come zone e come orari, le macchine cui è consentito l’accesso sono sempre più ecologiche e quindi costose, in sostanza si sta creando una città a misura di ricchi.
        Tra l’altro c’è un libro, Lucia Tozzi “L’invezione di Milano”, che non ho letto, se non qualche pagina, ma descrive proprio questa dinamica escludente di Milano città sempre più finanziaria e miliardaria, oasi di biciclettari fighetti (e di suv elettrici da ottanta mila euro) e di sceicchi miliardari proprietari di grattacieli.

        Ecco, a Milano la sinistra produce questo.
        E l’ideologia ecologista, antiautomobilista, sostenibile, frocia, fa da supporto ideologico perfetto.
        Ma non è mica un pretesto o un imbellettamento.
        Come capì benissimo Preve, la sinistra post-marxista, sessantottarda, spinellata era perfetta come base non solo ideologica, ma proprio antropologica del capitalismo postindustriale, liquido, ecc.
        Preve sarà stato pure un nostalgico dell”800, ma proprio perché vedeva la contemporaneità con lenti talmente lucide, che la rifiutava e sceglieva Hegel e Marx.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Il punto è come si traduce questo retroterra ideologico e antropologico”

          Certo. Si applica così: “come facciamo a vincere le elezioni nazionali, senza spaventare gli Stati Uniti, senza terrorizzare la Confindustria, prendendoci i voti dei moderati ma facendo un po’ di scena sui Valori di Sinistra”. E siccome lo scopo è vincere le elezioni, i Valori vanno messi su quelli più innocui (tipo matrimoni gay), attenuando gli altri (tipo pace, stipendio minimo, ecc.).

          Poi tocchi un tema che non c’entra niente con l’atlantismo, che è quello della mobilità. E qui sono d’accordo che è estremamente complesso, ogni cosa che tocchi ha effetti su effetti. Tra l’altro il 18 novembre stiamo organizzando noi un incontro qui sulla mobilità, cercando di coinvolgere tante realtà e persone normali del rione.

          Ma ti assicuro che il mondo è pieno di ciclisti filopalestinesi (e immagino anche filoisraeliani, perché no?).

        • Peucezio scrive:

          Sai che proprio io non credo che la gente abbia tutto questo pragmatismo e senso pratico che le attribuisci.

          Tantomeno questa gente qua: questi non sono democristiani abituati a districarsi fra compromessi, esigenze cogenti, ecc.
          Questi sono bambini cresciuti secondo un’educazione assecondante.

          Qua dobbiamo capirci su una cosa.
          Tu parli della realtà.

          Ma l’uomo occidentale contemporaneo ha smarrito il principio di realtà.

          Che poi è una cosa che capisci benissimo anche tu quando parli del messianesimo apocalittico americano: lì ti è chiaro che c’è un retroterra culturale e antropologico che produce una scarsa inclinazione al compromesso e il senso di una missione sacra da compiere a costo di milioni o virtualmente anche miliardi di morti, propri e altrui.

          Non capisco come mai non colga che le classi dirigenti dell’Italia di oggi sono, sia pure in forma diversa e per certi versi caricaturale (ma per fortuna anche meno radicale e apocalittica), anche loro cresciute a pane e America ma, soprattutto, viziate o comunque estraniate dal senso della negoziazione con l’alterità e che tutta la loro retorica lo riflette.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “Non capisco come mai non colga che le classi dirigenti dell’Italia di oggi sono, sia pure in forma diversa e per certi versi caricaturale (ma per fortuna anche meno radicale e apocalittica), anche loro cresciute a pane e America”

            Perché con le “classi dirigenti” di una città importante ho a che fare tutti i giorni.

            So cos’è un politico, so cos’è un giornalista, so cos’è un accademico, so cos’è un urbanista, so cos’è un imprenditore.

            Poi certo, non conosco il capo economista che detta gli investimenti della Banca d’Italia, ma non credo che sia così pazzescamente diverso dal simpatico signore che detta gli investimenti della Fondazione Cassa di Risparmio.

            E non credo che l’Università di Firenze conti infinitamente meno di quella di Roma.

            O che gli Agnelli ragionino in modo tanto diverso dai proprietari di grandi aziende multinazionali che operano anche nel fiorentino.

            Poi se tu conosci gente davvero molte volte più potente, che segue altre logiche, descrivimela.

            • Peucezio scrive:

              Ma no, bisognerebbe vedere la stessa gente se dovesse gestire non le buche delle strade ma la politica estera.

              E comunque io ho sempre l’impressione (vale anche per me, sia chiaro) che guardiamo le persone con i nostri occhiali.

              Nardella ha fatto l’ordinanza contro la prostituzione.
              Quali interessi avvantaggia? Quali speculazioni economiche ci sono dietro?
              Se non è puro moralismo sessuofobico quello?
              Tu mi dirai: “ma non ci crede, lo fa per accontentare questo o quello, per darsi un’immagine di un certo tipo”.
              Va bene, ma così spostiamo il problema: il moralista non è lui ma coloro presso cui si vuole accreditare, che saranno potenti, altrimenti che glie ne frega di accreditarsi presso lo spazzino o la commessa del negozio di alimentari?

            • Peucezio scrive:

              Io non conosco amministratori pubblici, né locali né tantomeno nazionali.
              Conosco gente comune e vedo un salto generazionale a partire dai nati negli anni ’50-’60. Sono più giudicanti, moralisti, parlano più secondo principi, hanno minore ancoramento alla realtà, minore inclinazione al compromesso, un pensiero più astratto e a tratti intransigente.
              E la classe dirigente non viene da Marte, è un pezzo della società.

        • Peucezio scrive:

          Questi, in tutto quello che fanno, ci credono.

          Anche perché si è smarrito un altro principio fondamentale, quello fra il proprio pensiero e la propaganda, che qualunque statista o politico anche di medio livello del passato dava per scontato, come la cosa più ovvia del mondo.
          Questi sono talmente coglioni e moralisti, che sono sinceri.
          Ovviamente qualcosa la omettono anche loro, qualche dissimulazione inevitabilmente la fanno. Ma è la cifra del loro sentire, della loro sensibilità politica e valoriale che è basata sulla sincerità, sul “faccio quello che ritengo giusto” e “dico quello che faccio”.

          Finché continuerai a sottovalutare la sincerità umana, credo che non ci capiremo 🙂

          • Peucezio scrive:

            Scusa, “quello della distinzione fra il proprio pensiero…”

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “Questi, in tutto quello che fanno, ci credono.”

            Boh, nella mia esperienza, le persone che contano convincono se stesse di seguire dei “valori”, quindi sì, “ci credono”.

            Credo alla pace?

            Certo! Bandiere arcobaleno ovunque!

            Quindi, cioè, beh, mica si può fare la pace così, non mi ascolterebbero, certo, non voglio essere accusato di antisemitismo, anzi io sono pure antirazzista!, ma certo, so che gli ebrei hanno sofferto, ma sai che carino se ci fossero due stati per due popoli, non ho avuto il tempo di guardare la mappa e vedere esattamente dove, ma certo il Terrorismo è una cosa terribile, condanno, condanno! Ma magari anche i palestinesi poveretti… certo, no no no, non faccio apologia di Terrorismo, voglio vincere le elezioni…

            Che ci vuole a crederci davvero?

        • Lucia scrive:

          “Ecco, a Milano la sinistra produce questo.”
          Uhm, la destra dei primi ‘2000 non produceva più o meno le stesse cose? Davvero si preoccupava che le classi sociali disagiate/umili potessero vivere in zone centrali? Curavano il patrimonio di case Aler?

          • Peucezio scrive:

            Allora, la Moratti era come la sinistra.
            Ma Formentini e Albertini sono stati sindaci vecchia maniera, senza la mania di pedonalizzazioni, ztl, parcheggi a pagamento e cicliabili, che servono solo a tenere lontani dalla città i poveri e la gente che lavora, che ha vecchie macchine inquinanti e puzzolenti, che danno fastidio ai signori che vivono in centro.

            • paniscus scrive:

              potresti spiegare meglio il motivo per cui tu consideri “poveri” quelli che pretendono di muoversi in macchina tutti i giorni, e invece consideri privilegiati quelli che vanno in bicicletta o usano i mezzi pubblici?

              • paniscus scrive:

                aggiungo: io, da quando non uso quasi più l’automobile privata (se non per le emergenze, o per pochissimi viaggi lunghi ogni tanto)… non solo sto meglio fisicamente, ma oggettivamente spendo molto meno in carburante, parcheggi, e manutenzione del veicolo.

                Per cui, non capisco perché il fare a meno della macchina (o anche avercela ma comunque usarla poco) debba essere considerato un privilegio per ricchi, visto che in termini economici io ci ho solo guadagnato…

              • Moi scrive:

                Forse allude tipo al muratore / operaio con Terza Media che abita in periferia ma deve andare a un cantiere / capannone in fondo a una strada provinciale che affluisce a una strada statale in zona già campagna … e magari ci torna by night per sentirsi, in modo illusivo / consolatorio da mille frustrazioni, un po’ Sceicco .

                … Almeno Habsburgicus l’ ha capita ! 😉

              • Roberto scrive:

                Paniscus

                “poveri” quelli che pretendono di muoversi in macchina tutti i giorni,”

                Semplicemente un po’ dappertutto ormai i centri delle città stanno diventando talmente cari da rendere impossibile viverci a chi non ha soldi

                Firenze sarà l’eccezione che conferma la regola, ma comprare casa in centro a Bologna, o a Parigi o a Lussemburgo o a Roma (per dirti città in cui ho vissuto) è davvero cosa da ricchi

                Ora è evidentemente più facile girare in bicicletta o a piedi se abiti in un centro dove tutto è a portata di mano.
                Attualmente se devo andare a comprare il pane, andare in farmacia, comprare due verdure e andare alla posta partendo dalla mia casetta in mezzo alla foresta dovrei fare una decina di km. A me piace camminare ma non ho due ore da perdere per una cosa del genere, e mi piace moderatamente andare in giro in bici, solo che con le buste della spesa e sotto la pioggia ne ho voglia il giusto

                A Bologna vivevo in pieno centro (affitto da studente…) e in effetti non prendevo proprio mai la macchina se non per i viaggi e la sera per andare a giocare a basket se eravamo fuori città

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Firenze sarà l’eccezione che conferma la regola”

                Firenze è la regola che conferma la regola 🙂 Nel senso che tutto ciò che scrivi vale anche per Firenze.

              • Peucezio scrive:

                Quello che è ingiusto è che tutto questo serve a impedire ai poveri l’accesso al centro (che diventa sempre più grande, fino a identificarsi con l’area uirbana cittadina, lasciando fuori i suburbi più periferici, i vari comuni-doprmitorio della cintura).
                E non è che i poveri entrano in città per sfizio, ma per lavorare.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E non è che i poveri entrano in città per sfizio, ma per lavorare.”

                Allora, il modello americano di città si è esteso a tutto il mondo: centro pieno di uffici di giorno, disabitato di notte; periferia “A” di fabbriche e congegni e centri commerciali; periferia “B” dormitorio per benestanti; periferia “C” un po’ dormitorio per manodopera, un po’ ghetto per disperati.

                Questi luoghi si collegano tra di loro con interminabili chilometri di asfalto, percorsi da individui solitari in enormi attrezzi di acciaio dal peso di una tonnellata l’una, che occupano un’enorme parte della città stessa, da cui cacciano pedoni, bambini, giardini.

                Questo è il PROBLEMA. Solo se lo capiamo, possiamo iniziare la difficile ricerca di SOLUZIONI.

                Riunire ciò che è stato disperso.

                Fare in modo che la gente debba spostarsi il meno possibile.

                Fare in modo che durante gli spostamenti, occupino meno spazio possibile.

                Fare in modo che quando non stanno sui mezzi, i mezzi occupino il meno spazio possibile.

                Ormai è una questione di sopravvivenza, e ben vengano le misure che portano in questa direzione.

                Poi è chiaro che tutti possono chiedere, “perché tocca a me e non a…”?

                A Milano so che lo stesso Comune che magari fa qualcosa per liberare spazi dalle auto in centro sta permettendo la cementificazione di una vasta area dalle parti di San Siro. E so che sta commettendo abomini in nome delle Olimpiadi Invernali.

                E certamente trova più facile pesare sulle auto di singoli individui, che stroncare le grandi speculazioni.

                Io farei entrambi, solo che poi non mi voterebbe nessuno.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                alla lista andrebbero aggiunti i quartieri vecchi gentrificati, che la sera brulicano di locali e dove vanno a vivere gioventù varia, artisti, ecc.

                Comunque secondo me valuti la cosa con occhi troppo fiorentini, anzi, oltrarnini.

                A Milano in centro non c’è più nessun tessuto sociale o economico locale da tutelare, è puro terziario. Al massimo ci passeggiano immigrati e tamarri, che però lo fanno in piazza Duomo e Corso Vittorio Emanuele, che sono già isole pedonali da decenni.

                A Bari il centro storico è Bari Vecchia che sono tutti vicoli, non percorribili dalle auto in ogni caso.
                E il centro ottocentesco (Murat, che è solo una parte del cosiddetto Murattiano) sono tutti negozi (costosi) e qualche abitazione di benestanti.

                Roma sappiamo bene che è fatta per lo più, in centro, di strade strette dove le macchine non sono mai passate o quasi e che comunque si stanno gentrificando tutte.

                Ho presente anche Napoli, Palermo, Genova, Bologna, Siena, ecc. ecc.
                Non ho presente un solo esempio di quartiere con una sua identità e fisionomia sociale, che stia venendo stravolta dall’accesso indiscriminato dei macchinoni.
                Dappertutto succede l’opposto: le piazze e i luoghi, da essere vissuti, pieni di negozi, dove la gente si reca in macchina e vedi macchine parcheggiate ovunque, diventano luoghi pedolanizzati, gentrificati, senza più negozi ma solo locali per turisti e b&b.

                Anche perché ormai in Italia si rendono le città a misura di turista e il turista non si muove certo in macchina.

                Gli Stati Uniti sono tutt’altro modello: grandi spazi, tutti hanno la macchina, macchinoni enormi anche quando in Italia erano tutte utilitarie, grandi quartieri di ville e case autonome… Tutta roba che in Italia c’è pochissimo.
                In Italia se pedonalizzi e gentrifichi, togli spazi agli abitanti storici, che non andranno in villette, ma in squallidi quartieri perifetici.
                E si sposteranno coi mezzi, perché l’accesso al centro delle macchine è sempre più costoso e scoraggiato, ma ci metteranno più tempo, avranno più disagi, perché comunque il centro del lavoro e dei servizi resta per lo più in centro.
                E comunque se tutti sono fuori, è chiaro che non possono arrivare centinaia di migliaia di macchine in centro: non ci stanno fisicamente. Ma bastava non cacciarli rendendo inavvicinabile il centro per via dei costi degli alloggi.

              • Peucezio scrive:

                D’altronde per avere una rappresentazione icastica del rapporto fra auto e vita, basta vedere le vecchie foto degli anni ’60, ’70 o ’80, con tantissimi luoghi oggi pedonalizzati, allora pieni di macchine parcheggiate o in transito.
                Pensa di quante piazze importanti e minori di città italiane si può dire questo; pensa alle vecchie cartoline.

                Quegli stessi luoghi erano pieni di vita reale, negozi, bar di quartiere, luoghi d’incontro di vario tipo, gente del posto che li viveva.

                Oggi, come ho scritto sopra, ci sono solo locali fighetti per tursiti e sempre più b&b.
                Oppure uffici, per cui la gente arirva, entra, esce, torna a casa e non vive nulla della piazza o del quartiere.

                Non sto dicendo che non bisogni pedonalizzare nulla, sia chiaro: tanti interventi hanno reso più fruibili luoghi oggettivamente belli.
                Dico che il recedere delle automobili coincide ogni volta col recedere della vita e gli scambi della gente del posto e con una valorizzazione immobiliare a discapito dei ceti bassi.

                D’altronde è dagli anni ’60 che l’automobile non è uno status symbol ma un mezzo popolare.
                Togliere al povero cristo l’auto significa sottrargli una grande libertà di movimento che al ricco resta comunque, perché può permettersi auto ecologiche, ogni tipo di pedaggio, parcheggio a pagamento, può prendere un taxi, può fare quel cazzo che vuole.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Non sto dicendo che non bisogni pedonalizzare nulla, sia chiaro: tanti interventi hanno reso più fruibili luoghi oggettivamente belli.
                Dico che il recedere delle automobili coincide ogni volta col recedere della vita e gli scambi della gente del posto e con una valorizzazione immobiliare a discapito dei ceti bassi.”

                Sono parzialmente d’accordo.

                Il centro zona Duomo qui è radicalmente pedonalizzato e totalmente disumanizzato.

                Infatti, noi ci siamo opposti alla pedonalizzazione del rione.

                L’ideale sarebbe la ZTL 24/7 che permette ai residenti di starci, riduca la movida notturna; la castrazione pubblica per i guidatori di NCC; il divieto di Suv; tanti autobussini elettrici; niente parcheggi sotterranei o a pagamento; un sistema che freni i furti delle biciclette; la sistemazione di dossi e l’alternanza dei lati di parcheggio per rallentare il traffico.

                Con una certa tolleranza per le vecchie auto anche se inquinanti, perché inquina anche la produzione di nuove auto.

                E poi soprattutto una feroce legge anti-AirBnB.

              • Miguel Martinez scrive:

                Sempre sui trasporti…

                Credo che si potrebbero fare grandi investimenti sulla sicurezza delle bici.

                Tutti quelli che hanno una bici a Firenze, se le sono trovate prima o poi rubate: è la forma più comune di delinquenza in città, che non viene nemmeno denunciata.

                E ti vengono rubate due, tre, cinque volte…

                Io credo che uno Stato che riesce a creare il Ponte Morandi, e pure a rifarlo, dovrebbe mettere a disposizione sistemi per evitare il furto delle bici.

                Ad esempio, esistono dei contenitori che possono ospitare tantissime bici. Certamente non sono perfettamente in linea con l’estetica urbana, ma occupano più o meno lo spazio che occupa un suv. E ognuno toglierebbe di mezzo dieci suv.

                Nessuno chiede il permesso alla sovrintendenza per parcheggiare in centro il suo suv, magari davanti a un palazzo storico.

              • Miguel Martinez scrive:

                Personalmente, non ho la patente; giro a piedi, qualche rara volta in autobus, due volte l’anno in macchina di qualcun altro.

                Non uso quasi mai la bici, per tre motivi:

                1) il rischio di furto

                2) il fatto che le strade sono studiate esclusivamente per gli automobilisti

                3) non sai bene dove parcheggiare la bici

                Se magari invece di fare la guerra alle auto vecchie di dieci anni (lo dico senza sottovalutare il loro potere inquinante), lo Stato (e non solo i singoli comuni) lavorasse su questo, potremmo superare la piovosa, ventosa, fredda Olanda.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                mi paiono tutte misure condivisibili.

                Solo non capisco il divieto dei parcheggi sotterranei.
                Non impattano sulle strade, la circolazione dei pedoni, della gente del luogo e consentono ad altri di arrivare da voi senza dare fastidio.

                D’accordo ridurre il turismo selvaggio, ma se non si può arrivare da voi in macchina in nessun modo, vi condannate all’isolamento sociale: non ci sono solo i turisti a muoversi e loro non si muovono in macchina.

                Io darei qualunque cosa perché sotto casa mia rimuovessero quelle oscene strisce blu.
                Certo, io come residente non pago, ma tanto faccio fatica lo stesso a trovare posto, ma la sera, non di giorno, perché tornano tutti i residenti (mentre di giorno c’è un flusso di gente che viene per i negozi, sta poco e poi va via e si trova sempre parcheggio).
                Ma se uno mi viene a trovare deve pagare. Io lo trovo semplicemente mostruoso. È in un certo senso come se ci avessero chiuso in carcere.
                E sono sicurissimo che a tutti gli altri residenti piace. Perché la gente è diventata misantropa.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Solo non capisco il divieto dei parcheggi sotterranei.”

                A Firenze, il PD sta imponendo ben 15 parcheggi sotterranei in centro storico, praticamente una per piazza.

                Sopra, si pedonalizza.

                Sotto, si affida a una ditta privata un lavoro complicatissimo di scavo (i geologi mi assicurano che non si possono fare, ma è un’altra storia).

                La ditta privata riceve per decenni un introito, affittando o vendendo spazi a chi o è residente, o ha un’attività in zona.

                Conseguenze:

                1) il residente che aveva il posto auto gratis sulla strada, lo perde.

                2) un signore che magari risiede a Padova, ma ha fatto sfrattare un artigiano e ha trasformato la sua bottega in un localino, può far parcheggiare i propri clienti nel parcheggio sotterraneo.

                3) il residente con la modica cifra di qualche decina di migliaio di euro può comprarsi un posto macchina che prima gli spettava di diritto, grazie alla ZTL

                4) Firenze Parcheggi – un monopolio pubblico-privato che qualche anno fa era in mano a Marco Carrai, console onorario d’Israele – trasforma quindici piazze di Firenze in mezzi per fare rendita.

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “Quello che è ingiusto è che tutto questo serve a impedire ai poveri l’accesso al centro”

                Si su questo sono totalmente d’accordo, e rilancio: non vedo perché andare in centro solo per sfizio non debba essere cosa meritevole di tutela

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Si su questo sono totalmente d’accordo, e rilancio: non vedo perché andare in centro solo per sfizio non debba essere cosa meritevole di tutela”

                E’ meritevole di tutela, ovunque, chi abita in un certo luogo.

                Il residente automunito dell’Oltrarno, lo stabilisce anche il Concilio Vaticano Secondo e la Costituzione degli Stati Uniti, ha diritto a:

                1) non essere sfrattato di casa se paga regolarmente l’affitto per farne un airbnb

                2) non essere sfrattato dalla sua bottega se fa l’artigiano e paga regolarmente l’affitto per farne un localino per movidari

                3) il diritto di parcheggiare l’auto vicino casa, e anche di uscire la sera e ritornare e trovare un posto libero entro un chilometro da dove abita

                4) non essere costretto a comprarsi un posto auto a 50.000 euro in uno spazio privato, per fare posto a chi abita in un quartiere in cui invece il parcheggio è gratuito

              • Roberto scrive:

                Miguel

                “la castrazione pubblica per i guidatori di NCC”

                E perché mai!?!

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                ““la castrazione pubblica per i guidatori di NCC”

                E perché mai!?!”

                Dai, mi accusi sempre di spararla grossa, e questa volta sono perfettamente cosciente di averlo fatto!

                In realtà mi accontenterei di pochi tratti di corda:

                https://it.wikipedia.org/wiki/Tratto_di_corda

              • Roberto scrive:

                Miguel

                Volevo giusto sapere che male hanno fatto gli autisti NCC

                A me a Roma hanno salvato in varie occasioni rispetto a quella banda di pirati che passa sotto il nome “tassisti”

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Volevo giusto sapere che male hanno fatto gli autisti NCC”

                Prova a camminare per una stradina “pedonalizzata” del centro, schiacciato in mezzo a cento statunitensi che marciano in senso contrario, e trovarti un incrocio tra un carro armato e un mezzo delle pompe funebri che ti strombazza perché ti devi spostare, poi ti parcheggia sulle strisce pedonali, e tu devi pure fare l’umile e girargli attorno.

                Poi te ne trovi una fila intera che possono parcheggiare dove vogliono.

              • Roberto scrive:

                Miguel,

                Per quello bastano i vigili

                si so che in Italia in generale e a Firenze in particolare non è possibile parlare di rispetto delle regole stradali…ma da qui ad eliminare un servizio utile….che poi appunto se i tassisti non fossero dei pirati non ci sarebbe bisogno di NCC

  18. Ros scrive:

    @Peucezio
    “…Questi sono talmente coglioni e moralisti, che sono sinceri…”

    “…o comunque estraniate dal senso della negoziazione con l’alterità e che tutta la loro retorica lo riflette…”

    “…questi non sono democristiani abituati a districarsi fra compromessi, esigenze cogenti, ecc.
    Questi sono bambini cresciuti…”

    “… ma l’uomo occidentale contemporaneo ha smarrito il principio di realtà…”

    Come mi capita sempre con i tuoi commenti, mi sono piaciuti assai 😃 ma un po’ meno mi hanno – razionalmente – convinto.

    Mi spiego: ne fai un discorso generale quando nel particolare poi ci cascherebbe una mandria di asini😏😉😀

    È un esercizio di demagogia? Di retorica?
    Di assolutismo riduttivo?

    Potrei farti l’elenco di politici “sinistrorsi” (e sinistrati) che ricalcano fedelmente il tuo pensiero e un controelenco d’egual numero che ci fanno, e marciano, alla grande (a mio parere).

    Beninteso, non ti sto facendo le pulci poiché non concordo,
    piuttosto MI sto facendo le pulci poiché tenderei a concordare😀

    Ad adagiarmici.

    Peccando, appunto, di generalismo facile… e un tantinello demagogico.

    Che facciamo? Di tutta l’erba un fascio?😉😁😊

    Quindi, mi dissocio dal mio essere piacevolmente – ma, aiméh, imprecisamente – d’accordo.

    La ratio – pignola e scassapalle – non ci accompagna.

    Ciao (scusa la pedanteria prolissa)😉😀
    Ros

    ps
    ovvio che una posizione nel commentare bisogna pur prenderla;
    e tu l’hai pur presa.
    Mica si può solo relativizzare a oltranza menando il torrone, e dicendo poi nulla😏😉

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Ros

      “Beninteso, non ti sto facendo le pulci poiché non concordo,
      piuttosto MI sto facendo le pulci poiché tenderei a concordare😀”

      Bellissimo! Vale peraltro per tutti quelli con cui discuto qui

    • Peucezio scrive:

      Ros,
      sono sostanzialmente d’accordo con te, nel senso che io individuo l’aspetto non banale, che sfugge al senso comune e quindi ci tengo a ribaltare lo schema degli interessi che predominano sulle idealità, perché mi sembra che la matrice messianica della contemporaneità non venga abbastanza colta, ma, sia chiaro, non penso affatto che non esistano anche interessi, pragmatismi, ecc. ecc.
      Dico che non mi sembra che diano il segno o comunque che non sono l’elemento peculiare della politica di oggi, che ama invece demonizzare, metterla sul piano morale.

      • Ros scrive:

        @Peucezio: “…ma, sia chiaro, non penso affatto che non esistano anche interessi, pragmatismi, ecc. ecc.
        Dico che non mi sembra che diano il segno o comunque che non sono l’elemento peculiare della politica di oggi, che ama invece demonizzare, metterla sul piano morale”

        e in ciò cogli (spesso bene, sempre da leggere😀)
        lo zeitgeist, la Weltanschauung comandata e sinceramente, scioccoservilmente, sentita marchettara …

        O meglio: “L’aria che tira”, mi verrebbe a dire, citando un fù programma-pollaio-teatrante compagnia di giro un cincinnino cairoarino parzialino per holodomor pensionati rincoglioniti pesudoinformati dlla burina parvenu ex pariolina intellighenzia giornalistica nostrana😙
        (sulla 7 (fu) condotto da tal Myrta Merlino che oggidì magnificamente finta, posticcia e incongrua coglie, con un salto mortale carpiato clamorosamente sbagliato, l’eredità …

        (coglie??? imbarazzantemente male🐽☣☢⚠❌ imita, diciamo pure😎)
        …l’eredità – dicevo – sentimentalpescivendolare da vajassa tuttacore (dammi tre parole sole cuore amore💖💖💖), evitape(pe)ròniana – di Forcelle e casalingue scambiste di Voghera e inesistenti bassi a Secondigliano – da madonna cicconiana al meglio del posticcio petaloso… ne coglie “l’Oprah Winfrey Show” della fù Barbara D’Urso a mediaset(téte!🤡)

        Ciao😀
        ps
        belli sempre e comunque i (jmmj) fenomeni di costume😀
        https://www.youtube.com/watch?v=L0_SorOKpp4&t=2s

        come Tommaso Labranca buonanima ci benedice assiste e insegna.

        “Il piccolo isolazionista. Prolegomeni ad una metafisica della periferia” Castelvecchi, 2006.

        “Chaltron Hescon. Fenomenologia del cialtronismo
        contemporaneo” Einaudi, 1998.

        “Neoproletariato. La sconfitta del popolo e il trionfo dell’eleghanzia” Castelvecchi, 2002.

        “Andy Warhol era un coatto. Vivere e capire il trash” Castelvecchi, 1994.

        “Estasi del pecoreccio. Perché non possiamo non dirci brianzoli” Castelvecchi, 1995.
        https://www.elledecor.com/it/people/a43410168/labrancoteque-il-libro-per-tutti-quelli-a-cui-tommaso-labranca-manca-tantissimo/
        e, per dessert, la – per dire – commossa, sincera ed ammirata: “Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca” di Claudio Giunta; 2000 Il Mulino.
        Quel Claudio Giunta de: “Come non scrivere. Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano” UTET

        …che MAI! vorremmo vedere applicato ad annullar ruspanza Kitschiauola

  19. Miguel Martinez scrive:

    Sul Fatto Quotidiano, leggo la testimonianza del fratello di Saman Abbas…

    Dove si scopre che il “musulmano fanatico che ha ucciso la figlia” era invece uno che si sbronzava di birra:

    “Ci sono stati molti episodi in cui papà picchiava la mamma, da quando siamo in Italia succedeva quasi sempre”. “Una sera mia madre scoprì dove mio padre nascondeva le lattine di birra, le trovò in un sacco, le prese e mio padre le corse dietro, la spinse. Lei sbatté la testa contro la terra e tutti i vestiti erano strappati. Alzava talmente le mani che distruggeva tutto. Lei stava sempre zitta, per proteggere noi”,

    • giuseppe motta scrive:

      un musulmano che beve birra non è esattamente una rarità…

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Giuseppe Motta

        “un musulmano che beve birra non è esattamente una rarità…”

        Certo, ma cambia tutto, se vogliamo dire, alla Salvini, che “un musulmano ha ammazzato la figliola per motivi religiosi”.

        L’Islam vieta alle figliole di farfalleggiare con chi vogliono.

        L’Islam vieta di bere alcolici.

        Se un padre ammazza la figliola perché farfalleggia,

        ma si beve alcolici come se niente fosse,

        se ne accorge la moglie che applica il principio islamico di

        أْمُرُونَ بِالمَعْرُوفِ ويَنْهَوْنَ عَنِ المُنْكَرِ(richiamo al noto e invito a desistere dal vietato)

        e lui invece punisce la moglie perché lei invita a rispettare “il sentiero che porta all’abbeveratoio”

        a questo punto è semplicemente un Padre Padrone e non è un musulmano.

        Dalle mie reminiscenze, un comportamento del genere darebbe alla moglie il diritto di dichiararlo un non musulmano, e quindi a rivendicare il divorzio.

        • Moi scrive:

          semplicemente un Padre Padrone e non è un musulmano.

          —————–

          dettaglio che per le femministe cambia tutto … per paura di sembrare di dx : assurdo, ma vero !

        • PinoMamet scrive:

          Beh a quanto si leggeva la ragazza è stata ammazzata perché avrebbe disonorato la famiglia frequentando il ragazzo che amava, pure pakistano e musulmano, mandando così a monte il fidanzamento combinato dalla famiglia con un altro pakistano e musulmano della “casta giusta” cioè più importante.

          Ora, nell’Islam sarebbero tutti uguali, e in Pakistan non esisterebbero caste…

          La realtà è sempre più complessa del giornalismo.

        • Francesco scrive:

          “a questo punto è semplicemente un Padre Padrone e non è un musulmano.”

          Ok, questa me la segno a futuro utilizzo pro domo catholica mea.

  20. Peucezio scrive:

    Miguel, Ros e gli altri,

    Voglio chiarire meglio il mio pensiero.
    Laddove ci sono interessi contrapposti, c’è negoziazione, compromesso, riconoscimento dell’altro. Posso essere tuo nemico, io miei interessi possono confliggere con i tuoi, possiamo fare una guerra oppure trovare un accordo.
    Ma non voglio distruggere te, non ti ritengo indegno, non mi sento portatore di una superiorità morale.
    Cacciari proprio l’altra sera in tv diceva che la politica è fatta di interessi contrapposti. Questa è la sana fisiologia delle cose.
    Ma se non ti riconosco legittimità, cittadinanza nel mondo, ti devo annientare, perché il problema non è fare i miei interessi, il mio problema è la tua stessa esistenza.
    Col Male non si negozia, non si scende a compromessi. Il Male è il Male.
    Ed è così almeno dalla II Guerra Mondiale, con l’idea mostruosa della resa senza condizioni.
    Ma, direi, dalla Rivoluzione Francese, dal momento cioè in cui si esce dal sistema di regole consolidato e si pretende di costruire un mondo migliore e più giusto.
    Nel Sei-settecento nessuna potenza si considerava portatrice di una missione etica. C’erano le guerre, la diplomazia i “labirinti de’ politici maneggio et il rimbombo de’ bellici oricalchi”: si giocava all’interno di un sistema in cui tutti si legittimavano reciprocamente, dentro un quadro di regole e di codici condivisi.
    Ecco, per me questa è la civiltà nel senso più alto.
    L’ideale sarebbe un mondo senza guerre e senza interessi confliggenti, ma fino ad allora il meglio o il meno peggio e la reciproca legittimazione di tutti verso tutti.

    • Ros scrive:

      “…Più passa il tempo, più ci rendiamo conto che la Prima guerra mondiale è stata all’origine di tutti i nostri mali.
      Nel 1914 erano quasi cento anni, dal tempo di Waterloo, che l’Inghilterra non combatteva in Europa. Durante questo lunghissimo periodo di pace la ricchezza delle nazioni più avanzate, dove era nata l’industria del carbone e dell’acciaio, era salita a livelli esponenziali, in particolare in Inghilterra, guardata come la più opulenta nazione della terra in tutta la storia umana. Era anche la meno amata. Ma questa invidia, aveva detto Lord Palmerston, doveva essere tenuta nel conto generale. Le scienze e le matematiche erano ammirate e praticate in qualsiasi campo che volesse essere credibile. Negli ultimi quarant’anni dell’Ottocento c’erano state più invenzioni che nei duemila anni precedenti: la macchina fotografica, l’elettricità, il telefono, il telegrafo, la radio, il cinema, i raggi X, i vaccini e molte cose utilissime che rendevano la vita, se non felice, almeno molto più comoda. Le città si erano trasformate in mechanical paradise, dove l’umanità finalmente si era tolta di dosso quel fardello che si trascinava dietro dalla cacciata dall’Eden. A partire da questo momento la fatica fisica del lavoro manuale venne resa sopportabile grazie alle macchine.

      Ma improvvisamente, nel 1914, l’Europa precipitò in un buco nero. Tutti dicevano che si sarebbe trattato di una guerra breve. Solo pochi artisti, in veste di veggenti, con la loro capacità di percepire onde magnetiche negative, intuirono quello che stava succedendo: «Le civiltà stanno sprofondando in questo abisso di sangue e di oscurità, un fatto così tragico che non si può nemmeno raccontare» aveva scritto Henry James.

      Sembrava che i cento anni di pace avessero fatto male, che invece di tranquillizzare i popoli e mantenerli calmi nel diffuso benessere avessero risvegliato in loro l’istinto bellicoso. Come era possibile che popolazioni con la stessa cultura, che vivevano in città molto simili, che ogni giorno prendevano il tram per andare a lavorare, avevano gli stessi orari e lo stesso grado di educazione, scambiavano visite gradite con i vicini di confine e tutte insieme costituivano un complesso chiamato Europa, di cui c’era da essere orgogliosi, di colpo si fossero gettate nella più irrazionale delle attività: la guerra?

      Un grande storico americano, Mark Mazower, ha intitolato un suo libro Dark continent (pubblicato in Italia con il titolo Le ombre dell’Europa) riferendosi non all’Africa ma all’Europa, che non è mai stata così dark, “lugubre”, come nel ventesimo secolo. Quando l’Inghilterra entrò in guerra nell’agosto del ’14, molti ebbero l’impressione che lo facesse in maniera casuale. Nessuno o quasi si ricordava dell’attentato a Sarajevo avvenuto due mesi prima. Il morto ammazzato era l’erede al trono dell’impero asburgico, l’arciduca Francesco Ferdinando, ma il fattaccio non aveva commosso gli inglesi: l’attentato si era svolto in un paese balcanico turbolento, un posto remoto.
      Dall’Inghilterra si guardava con forte sospetto il comportamento del Kaiser di Germania, che con le sue manie militari era attorniato da generaloni che facevano tintinnare le sciabole in modo che il loro sinistro rumore si propagasse per tutta l’Europa. Ma molti, soprattutto nelle alte sfere della Germania, pensavano che i tedeschi, lanciati verso il primato, dovessero impegnarsi in guerre economiche e non militari. I potentissimi industriali della Ruhr non avrebbero mai permesso ai generali prussiani di rovinare un mercato così promettente come quello europeo. Ma nel 1914 tutto cambiò.

      Sono passati cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale e il materiale a disposizione degli storici è diventato immenso e sempre più difficile da gestire. Tuttavia nessuno dei nuovi testi ha mai risposto alle domande che ciclicamente sorgono sulla Prima guerra mondiale: la guerra era inevitabile, indipendentemente dalle sue cause? Perché l’Inghilterra decise di intervenire in un conflitto che riguardava solo il continente? Era vero che la stampa anglosassone spinse il governo a intervenire a ogni costo, come pensava Karl Kraus? Che livello di colpevolezza si può attribuire alla diplomazia segreta e alla corsa agli armamenti avvenuta all’insaputa di quasi tutti i governi?

      Per Niall Ferguson, considerato il più brillante storico della nuova generazione e autore di Il grido dei morti. La prima guerra mondiale: il più atroce conflitto di ogni tempo, come per Paul Johnson, l’autore di The Offshore Islanders, la Prima guerra mondiale è stato il più grande errore del ventesimo secolo. Nel libro di Ferguson si riprende una moda storico-letteraria chiamata If, “se”. Così, se gli inglesi non fossero scesi in guerra a fianco dei francesi, questi ultimi sarebbero stati sconfitti dai tedeschi. Ma sarebbe stata una sconfitta sopportabile, molto più di quella subita ventisette anni dopo dalle Panzer-Division dei nazisti. La Germania, diventata la prima potenza europea, sarebbe stata controllata da un’Inghilterra rimasta integra. La Russia non sarebbe caduta in mano ai bolscevichi. Hitler sarebbe rimasto a Vienna a dipingere pessimi acquarelli e Mussolini non avrebbe compiuto nessuna marcia su Roma.
      Ma era impossibile arrestare la furia bellicosa che aveva preso anche gli anglosassoni. «Una vera voglia di menare le mani» avrebbe detto Winston Churchill. Gli unici che resistevano erano i pacifisti guidati da Bertrand Russell e una parte del partito laburista. Il più intelligente contestatore fu Ramsay MacDonald. Alla Camera dei Comuni attaccò con sarcasmo il discorso di Edward Grey. Il ministro degli Esteri aveva dichiarato che l’Inghilterra era entrata in guerra in nome dell’onore: «Abbiamo combattuto in Crimea per l’onore, siamo andati a combattere i boeri in Sudafrica per l’onore e adesso per l’onore dobbiamo difendere il Belgio».

      Così cominciò una guerra di cui non si conoscevano le ragioni. Cosa ci faceva la Gran Bretagna insieme alla Russia, suo nemico per tutto il secolo diciannovesimo, due imperialismi che si azzannavano a vicenda? E perché improvvisamente la Germania era diventata il nemico pubblico numero uno per gli inglesi? E David Lloyd George prima della guerra non aveva dichiarato che le relazioni tra la Germania e l’Inghilterra erano migliorate? Ma come dicevano i greci: «Gli dei sconvolgono la mente degli uomini che vogliono perdere». Quando mai si era visto un vescovo di Londra, così come accadde durante un sermone dell’avvento nel 1915, urlare dal pulpito: «Ammazzate i tedeschi, ammazzate i cattivi come i buoni, ammazzate i giovani come i vecchi, ammazzateli tutti! Prima che la civiltà del mondo muoia ammazzate per i principi della cristianità. E chi morirà in questa battaglia sarà considerato un martire!»…”
      cap. “Le colpe della guerra” da Stefano Malatesta “La vanità della cavalleria e altre storie di guerra” (Neri Pozza)

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Ros & tutti

        “1914”

        Dal discorso del ministro della Difesa di Jedesland:

        “Le nostre intenzioni sono interamente pacifiche. Ne abbiamo dato ampiamente prova coi trattati che abbiamo ratificato coi nostri vicini. Tuttavia, se prendiamo in considerazione lo stato di generale inquietudine in cui versa il resto del mondo e le minacce verso di noi che ne derivano, il Governo verrebbe meno ai suoi doveri se non prendesse misure adeguate al rafforzamento della nostro amato Paese”.

        Il discorso del ministro della difesa di Andersland, il vicino di Jedesland, è esattamente lo stesso.

        A. Rapoport, “L.F.Richardson’s mathematical theory of war”, J. Conflict Resolution, 1, 3 (1957)

        https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/002200275700100301

        L’isteria guerriera è potente perché alimentata dalla paura. Non dalla paura di una minaccia reale, ma potenziale. Non dal timore di venire derubati oggi – timore che una pacata analisi della situazione può fugare – ma da quello di venire saccheggiati domani, se non saremo diventati abbastanza forti da prevenirlo. Ed è un timore incoercibile, perché la paura più forte non è quella che ha il povero di non poter diventare ricco ma quella del ricco di ridiventare povero. (È quella che oggi si chiama “trappola di Tucidide”). E maggiore la ricchezza, maggiori sia questo timore sia la quantità di risorse che si possono destinare alla difesa senza intaccare il proprio tenore di vita, maggiore la tentazione dei vicini di fare altrettanto. Come ogni altra paura, anche questa si tiene sotto controllo e rimane sotto traccia, ché altrimenti la vita quotidiana sarebbe impossibile. Ma in situazioni di crisi si scatena, come il panico. La ricchezza (che si teme di perdere e che consente il riarmo a scopo preventivo) si accumula su tempi molto più lunghi di quelli necessari a scaricare l’isteria guerriera.

        La somiglianza con i terremoti è evidente. Grandi tensioni sottotraccia crescono lentamente, poi giunti a un certo limite una frattura anche piccola si propaga in tempi relativamente brevissimi e si ha il sisma.

        Finché tutto ricomincia.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Miguel Martinez scrive:

          Per ADV

          “L’isteria guerriera è potente perché alimentata dalla paura.”

          Esatto!

          E spiega anche l’impotenza del pacifismo, che si oppone alla “aggressività”. Ma è proprio la paura della presunta “aggressività” altrui, il desiderio quindi di “pace”, che fa scatenare l’isteria guerriera.

          • Miguel Martinez scrive:

            Anzi (e su questo penso che Peucezio concorderà), più una società è ricca e si sente moralmente buona, pacifica, giusta, mite, più si spaventa e si indigna quando sente che l’Altro è “aggressivo”. E più è tentato a condurre la “war to end all wars”.

        • Ros scrive:

          la I° guerra mondiale è stata una delle più strambe e demenziali mattanze della nostra intera storia bellica umana.
          Per molti versi condotta in modo assurdo ed estemporaneo.
          A quanto pare ti stavano inventando ex novo un modo di fare la guerra.

          Surreale!

          Credo fosse poiché hanno dovuto bene o male (spesso a pois e a fantasia🤡🤡🤡)
          rabberciare un vecchio modo di combattere con uno nuovo dato dalle ultime invenzioni tecnologiche, areoplani compresi. I mitici Assi del cielo “chi vola vale, chi non vola è un vile…
          https://www.storicang.it/a/gli-assi-dellaviazione_14622

          In quel balordo e pittoresco conflitto si son viste convivere armature medievali steampunk munite di mazze ferrate per lotte corpo a corpo e gas nervini, mostarda piaganti e grandi “Berta” (42 cm M-Gerät 14 L/12 … a chi ce l’aveva più grosso😎)
          e (poveri, innocenti) cavalli con la maschera antigas costruita appositamente per loro, bardati come carri del totentanz.

          Inviterei a guardare l’opera di Otto Dix;
          grandissimo (mica per dire… ora ci vuole!) artista (Nuova oggettività, anche e tra l’altro, non etichettabile.) tedesco che vi partecipò attivamente (pure la IIà si dovette fare, suo malgrado.
          Che odiava la guerra, Hitler, i nazisti, la propaganda e la demagogia, le stronzate patriottiche e nazionaliste e i blablàblà… ma se c’era da ballare ballava)
          https://www.bing.com/images/search?q=otto+dix&form=HDRSC3&first=1

          Piccola bibliografia (tranquilli, non ve ne priverei mai😊😉😁):

          Giorgio Rochat “Gli Arditi della Grande Guerra. Origini, battaglie e miti” (2023, LEG) (Andrea è per te!😀😉).
          Max Hastings “Catastrofe 1914. L’Europa in guerra” (2014, Neri Pozza).
          Niall Ferguson “Il grido dei morti” (Mondadori).
          Paolo Malaguti “Prima dell’alba” (2017, Neri Pozza).
          Peter Englund “La bellezza e l’orrore” (2012, Einaudi)
          Robert Gerwarth “La rabbia dei vinti. La guerra dopo la guerra 1917-1923” (2019, Laterza).
          Paul Jankowski “La battaglia di Verdun” (2014, Il Mulino).
          Pat Barker “Rigenerazione. La trilogia” (2023, Einaudi).
          Oliver Janz “1914-1918. La grande guerra” (2014, Einaudi).
          Mitja Juren “La leggenda dei mitraglieri incatenati” (2017, Gaspari)
          Mark Thompson “La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919” (Il Saggiatore).
          Margaret MacMillan “1914. Come la luce si spense sul mondo di ieri” (Rizzoli).
          Marina Della Putta Johnston “Mito e realtà della grande guerra” (2020, Marsilio).
          Frederic Manning “Fino all’ultimo uomo” (2004, Piemme).
          Christopher Clark “I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra” (2016, Laterza).
          Basil H. Liddell Hart “La prima guerra mondiale. 1914-1918” (2015, Bur)
          Barbara W. Tuchman “I cannoni d’agosto, Perché l’Europa sprofondò nella grande guerra” (2023, Neri Pozza).
          Antonio Gibelli “La guerra grande. Storie di gente comune” (2014, Laterza).
          Angelo Ventrone ” Grande guerra e Novecento” (2015, Donzelli).
          “Nelle tempeste d’acciaio” e il “Diario di guerra 1914-1918” di Ernst Jünger
          …e infine un tocchetto inpressionante,poetico e struggente:
          Michele Caccamo “Fili di rame e d’amore” (2021, Lit)
          https://www.ibs.it/fili-di-rame-d-amore-libro-michele-caccamo/e/9788869939426
          “Anna Coleman Ladd, scultrice, dedicò la sua vita a ricostruire con maschere di rame i volti dei soldati mutilati durante la Prima Guerra Mondiale. Il suo diario immaginario, gli episodi ivi raccontati, la sua storia rivivono nel sentimento di due giovani ricercatori del futuro, incaricati da un Governo Mondiale di resettare la memoria storica da tutti i device. La forza che la Ladd prestava nel riparare l’animo di quegli uomini, prima ancora che i loro volti, emerge nel tratteggio poetico – a tratti romantico – dell’autore. Il romanzo è una riflessione sull’estetica della vita, e sulla necessità di riportare l’umanità al valore antico e autentico delle virtù.”

            • Ros scrive:

              e Caporetto? (che ci dobbiamo sempre fare riconoscere noi italiani😳)
              Sotto, la “battaglia” vista in prima persona dalla “Volpe del deserto”, ci rimediò una Gran Croce di ferro al merito nel comico fattaccio.
              In seguito fu alleato nostro, in Africa specialmodo:

              è lunghetto lo stralcetto ma vale😀

              “Mattina del 27 ottobre 1917. Un tenente del battaglione tedesco di montagna Württenberg, seminascosto da un masso in una pietraia, ha rinfoderato la pistola di ordinanza e sta guardando con attenzione i movimenti dei soldati della brigata Salerno, attestati su una cima delle Alpi Giulie dal nome impronunciabile (provate: Mrzli Vrh). Dietro di lui è scaglionato lungo il pendio un distaccamento del battaglione, tre compagnie di fucilieri e una di mitraglieri con sei mitragliatrici pesanti, meno di cento uomini in tutto, gente esperta, resistente alle fatiche come i “muli di Mario”, i legionari romani che marciavano anche per venti ore di seguito, portandosi dietro armi e viveri. Senza essere delle vere truppe d’assalto, questi montanari sono rapidi nelle azioni e rudi nelle esecuzioni, del tutto simili ai professionisti che alcuni stati tedeschi, a suo tempo, mandavano in giro per il mondo. E ora, sparsi nella pietraia, aspettano l’ordine per salire di altri tre-quattrocento metri e prendere il caposaldo, anche se sono in una proporzione di uno contro trenta. Ma il tenente sembra esitare e continua a guardare con il cannocchiale. Pochi minuti prima si era trovato di fronte una compagnia di bersaglieri, riuscendo a portarsi fuori tiro mentre questi facevano finta di imbracciare i loro moschetti.

              La grande offensiva delle divisioni asburgiche e tedesche sul fronte dell’Isonzo, la prima congiunta dei due paesi e anche la prima in senso assoluto, rispetto alle dieci o undici lanciate da Luigi Cadorna, è guidata dal prussiano Otto von Below, uno di quegli Junker che hanno trovato nella guerra l’unica attività diciamo così all’altezza dell’eccessiva stima che hanno di loro stessi, e sta andando al di là delle previsioni ottimistiche e andrebbe ancora meglio se non ci fosse il cattivo tempo a ostacolarla. Il bombardamento delle postazioni nemiche che l’ha preceduta, iniziato all’alba del 24 ottobre, ha annientato con i gas tossici la prima linea. Molti nostri soldati non hanno sparato nemmeno un colpo e i loro corpi verranno ritrovati in terra accanto alle mitragliatrici. I superstiti, prima di essere avviati ai campi di prigionia, hanno visto entrare in Italia, attraverso i varchi aperti dalle truppe d’assalto (Sturm-bataillon) alcune tra le formazioni più aggressive d’Europa: i “diavoli bruni” della Carinzia, i cacciatori austriaci, gli Jäger prussiani, i croati, i reggimenti bosniaci comandati da Felix, principe di Schwarzenberg. Il parco tecnologico delle nuove armi, le migliori e cioè le più letali del mondo, arrivato dalla Germania per la magna occasione, comprende lanciafiamme potentissimi, mitragliatrici, un’infinita gamma di granate, obici e tutto quanto l’industria della Germania ha saputo produrre con la sua nota capacità. Da qualche zaino spuntano le mazze ferrate, pericolose solo se maneggiate con furore nei corpo a corpo da qualcuno della Pomerania che si sente un cavaliere teutonico. E Carlo Emilio Gadda, fatto prigioniero nei pressi di Caporetto, racconta di aver visto i fantaccini che portavano una mappa ritagliata della regione appesa al collo. Ognuno doveva sapere in ogni momento qual era la sua posizione. Mentre nell’esercito italiano in rotta verso il Piave, nemmeno gli ufficiali superiori hanno in testa le coordinate geografiche, come si capisce leggendo Giorni di guerra, il bellissimo libro di un’altra colonna della letteratura italiana del Novecento, Giovanni Comisso. Lo sforzo militare organizzativo è stato enorme. Dopo gli scontri sulla Bainsizza, favorevoli agli italiani, a Berlino si sono resi conto che il loro alleato, in fase di sfaldamento già prima del ’14, non avrebbe retto ancora molto all’usura di una guerra che giorno dopo giorno come una sorda lima gli sta segando le gambe. Nello stesso tempo le impressionanti vittorie di annientamento sui russi a Riga e dintorni, ottenute dal duo iperprussiano Hindenburg-Ludendorff, veramente orribile sul piano estetico ma assolutamente first class per l’arte della guerra, avevano evidenziato una situazione paradossale: esisteva una grande strategia basata sulla velocità, su immense manovre e su un famoso detto napoleonico (le battaglie si vincono durante la ritirata del nemico trasformando la ritirata in una mattanza: a Waterloo lo stesso Napoleone sperimentò sulla sua pelle cosa significava aver battuto, ma non eliminato Blücher) che poteva essere applicato non solo alle pianure sarmatiche ma anche sulle Alpi. Si trattava di qualcosa assolutamente all’opposto della guerra delle trincee, che si stava portando via migliaia di morti a metro quadro e che tendeva a prolungarsi in eterno. Mentre ora si cercava una soluzione rapida, perché gli stati moderni non si potevano concedere il lusso di un conflitto a lunga scadenza come aveva detto Von Schlieffen.

              Il distaccamento del tenente Rommel era stato uno dei primi a entrare nei territori nemici. Aveva il compito di conquistare tutte le fortificazioni degli italiani lungo l’asse che portava a Cividale, compito che per la verità era stato affidato a tutto il battaglione. Ma il giovanotto, che nella Seconda guerra mondiale diventerà il soldato più famoso dell’intero conflitto, avvolto da una leggenda di esotica invincibilità, e conosciuto con un soprannome che sottolineava la sua abilità nel mettere nel sacco gli avversari, si era piazzato all’avanguardia e continuerà a stare in testa fino alla fine. Nei due fronti dove aveva combattuto in precedenza, le Argonne e i Carpazi, aveva già meritato due croci di guerra e ora non era un mistero che mirava alla croce Pour le Mérite, la più alta decorazione al valore in guerra dell’esercito tedesco. Nelle fotografie dell’epoca, per la verità, ripreso insieme al comandante del battaglione, non ha un’aria particolarmente marziale, e non tenta di assomigliare ai semidei del Walhalla, come facevano per esempio assi dell’aviazione come Hermann Göring. Sembrerebbe un corretto ministeriale se gli occhi non lo tradissero, con baffetti hitleriani che poi toglierà, ma non per fare dispetto all’Adolfo. La leggenda che lo ha trasformato in un antinazista della prima ora è pura castroneria e la sua fronda si può riferire per certi versi solo alla parte finale della sua vita. Sul campo comunque è di un attivismo irrefrenabile, continuamente alla ricerca delle vie più brevi e nascoste per raggiungere il nemico al coperto, superarlo e poi tornare indietro e prenderlo alle spalle. Per fare questo ha bisogno della massima libertà e se ne prende moltissima, così tanta che un altro sarebbe già stato spedito davanti a un tribunale militare per insubordinazione. Contrariamente al luogo comune che immagina l’esercito prussiano fanaticamente ligio all’ordine gerarchico, i suoi ufficiali minori potevano sempre sperare in manovre indipendenti, svincolati dal comando, dove uno era in grado di dimostrare le proprie capacità. Ma nell’offensiva di Tolmino, come l’hanno sempre chiamata gli austriaci invece che di Caporetto, Rommel ha esagerato, lasciando il proprio comandante a sbrigare la sistemazione dei prigionieri che lui mandava indietro dopo aver conquistato le postazioni italiane. Se essere un buon tattico significa adoperare tutti i trucchi e le trappole che uno inventa, allora il tenente promette bene. Al di là della sua bravura, è potuto arrivare così lontano per due ragioni molto sostanziali. Il comando italiano si è fatto sorprendere dall’offensiva in un modo incredibile, tenuto conto che non può esistere segretezza nel trasferimento al fronte di una tale massa di uomini e di più di mille cannoni. E che al comando era arrivato un così gran numero di informazioni che si era creato un problema di affollamento di notizie. Dieci giorni prima due ufficiali rumeni appartenenti allo stato maggiore avevano disertato consegnando agli italiani il piano dettagliato di tutta l’operazione, completo di un riassuntino sui risultati che si sarebbero dovuti raggiungere: «Primo giorno Caporetto, il terzo Cividale, tra due settimane Milano». Quando il riassuntino venne mostrato a Cadorna, il comandante supremo se ne uscì con una risposta articolata: «Tutte balle». Aveva deciso che il nemico era allo stremo, convincendosi che tutto andava per il meglio e che la guerra guerreggiata sarebbe ripresa con la buona stagione: un’idea, quella della tregua non dichiarata, che si era sparsa di battaglione in battaglione e tutti o quasi la davano per certa senza che qualcuno presentasse delle prove che non fossero un’intuizione del comandante supremo. Nelle memorie dell’impresa, scritte molti anni dopo, all’epoca della guerra in Etiopia, il tenente racconta di aver ricevuto, quando attraversava i paesi, aiuti e appoggi dalle popolazioni locali, molto anti-italiane. Le nostre pretese di annessione avevano un fondamento quando riguardavano Trieste, Gorizia e alcuni tratti della costa istriana. Ma appena uno si allontanava anche solo per pochi chilometri dalla costa, si ritrovava nel contado sloveno, dove gli agricoltori avevano vissuto per secoli in pace sotto gli Asburgo e non avevano nessuna intenzione di essere irredenti. E dove i soldati italiani erano considerati degli invasori. Eppure noi eravamo entrati in guerra commossi dalle alate parole dell’Imaginifico, che quanto ad attendibilità storica rassomigliava a uno scommettitore delle tre carte. Il crollo dell’Intelligence, un nome troppo al di sopra di quei quattro spioni dei servizi segreti la cui incapacità di capire cosa stesse succedendo raggiunse in quei giorni proporzioni epiche, rese di piombo il passo già lento di chi doveva prendere una decisione: resistere a oltranza o ritirarsi su “posizioni migliori”? Poi il modo con cui si svolse la rotta decise da solo, mentre i nostri alti ufficiali, mostrando la faccia del lutto e insieme quella della fermezza, che aveva un sospetto di rigidità simile alla paralisi, stavano in realtà già iniziando la più autentica strategia all’italiana, quella dello scaricabarile. Intanto nessuno aveva avuto il buonsenso di ritirare l’ordine del giorno, stilato all’alba e ancora appeso al muro, in cui era scritto: «Oggi niente di nuovo».

              Fino a questo momento il tenente ha approfittato più di qualsiasi altro dell’inconsistenza dell’avversario, di cui si è fatta una modestissima opinione, che sarà molto evidente in Africa nella Seconda guerra mondiale. Ma ora è perplesso: perché non hanno piazzato una mitragliatrice nel canalone sopra la pietraia? Sarebbe stato impossibile per noi salire così allo scoperto. Il tenente ragiona in termini di coraggio e di audacia, di codice militare, di tattica, di medaglie da conquistare e non viene mai sfiorato dal dubbio di essere dalla parte sbagliata e di comportarsi in maniera differente da come si comporta. Sono certezze che i ragazzi della Salerno, tutti contadini meridionali, non hanno mai raggiunto. Quell’Italia di cui sentono parlare in termini così gloriosi è qualcosa di “malamente”, che si presenta solo per far pagare le tasse e per mandare i più giovani a fare il soldato: portati al fronte quasi a forza, sono stati costretti a fare una guerra che non capiscono, voluta da una minoranza vociante e facinorosa, contro un nemico che pochi mesi prima era ancora non solo amico ma alleato da un bel numero di anni, in un paese che non li vuole. Dopo due anni di infame trincea vogliono solo tornare a casa per raggiungere le famiglie lasciate senza nessuno a coltivare i campi e se gli parli di patria, ti sputano addosso. Adesso sono disposti a comportarsi molto peggio. Molti di loro non hanno più le armi, ma nessuno ha alzato una bandiera bianca o agitato un fazzoletto come avevano fatto in precedenza nei presidi già conquistati. Passano altri due o tre minuti, poi il tenente prende la decisione: andrà a vedere il bluff ed esce allo scoperto, seguito solo da quattro o cinque uomini. La distanza tra italiani che aspettano e tedeschi che salgono diminuisce, centocinquanta metri, cento, cinquanta. Ed ecco che dalla folla di italiani – il tenente non le chiama più truppe – si alza un grido: «Viva la Germania viva la pace». Venti o trenta di loro si muovono verso di lui, lo prendono, lo issano sulle spalle, gli fanno fare una sorta di giro del trionfatore. Ma il tenente si mantiene vigile, con la coda dell’occhio vede che tre o quattro sparano a bruciapelo a un loro ufficiale, lasciandolo stecchito, perché sta cercando di impedire la resa. Altri ufficiali stanno piangendo, accasciati sui sassi. Allora prega che lo facciano scendere, chiama un sergente e un soldato semplice che sono stati sempre vicini a lui e ordina di portare gli italiani giù nella valle, come prigionieri… Quando tutta l’operazione sarà terminata, il tenente farà qualche calcolo, riportato nelle sue memorie in terza persona: «Nel corso di ventotto ore il distaccamento, numericamente ridotto, travolse combattendo uno dopo l’altro cinque reggimenti italiani composti da truppe fresche catturando 150 ufficiali, 9000 soldati, 81 cannoni». Sono vicende che quando andavamo a scuola, nessuno ci ha mai raccontato.

              PS. Il tenente era naturalmente Erwin Rommel, il futuro maresciallo del Terzo Reich, al quale per la sua eccezionale incursione a Caporetto venne data la croce Pour le Mérite. Il libro di memorie intitolato Fanteria all’attacco: dal fronte occidentale a Caporetto venne scritto alla fine degli anni Trenta. L’introduzione e tutto il commento al testo dell’edizione italiana, il migliore scritto su cose militari che abbia letto negli ultimi anni, di una straordinaria efficacia nello spiegare ogni azione e la psicologia dei militari, sono del generale Fabio Mini.”

              “Picnic a Caporetto.
              Vista dall’altra parte, la disfatta di Caporetto (la ritirata, il disastro: in quanti modi l’abbiamo definita?) si chiama phenomenon, il miracolo. In una sala del lindo museo cittadino di Kobarid i ragazzi di una scuola media si fermano davanti a un cartello: dodicesima battaglia dell’Isonzo, la più importante in territorio montuoso nella storia dell’umanità; il primo Blitzkrieg; l’azione di sfondamento meglio riuscita della Prima guerra mondiale. Il professore che li accompagna sembra orgoglioso di tanti primati. Nei testi italiani si parla sempre di esercito austro-ungarico. Ma in questo esercito gli slavi erano il quarantadue per cento: sloveni, croati, e i soliti bosniaci carne da cannone, temutissimi, che andavano all’assalto dopo aver bevuto mezza bottiglia di slivovitz, anche se erano musulmani. Nelle vetrine, oltre alle maschere antigas e ai pugnali, ci sono le mazze ferrate ungheresi, per liquidare i feriti e le trappole antiuomo a scatto, con mostruose ganasce a denti, come per gli orsi, che venivano sotterrate lungo i reticolati: uno credeva di essere passato e invece si ritrovava con le gambe maciullate. Nella “sala nera” si vedono le foto dei soldati che hanno le facce mangiate dagli shrapnel: una fronte, un mento e in mezzo, dove c’erano bocca e naso, uno spazio circonflesso. Sembrano ritratti di Francis Bacon.

              Sopra il tavolo per le firme dei visitatori c’è una grande fotografia di Hemingway. Ma nei giorni di Caporetto Hem stava ancora negli Stati Uniti, verrà in Italia solo nel giugno del 1918. Prima di andare in Slovenia sono passato a Bassano del Grappa da Giovanni Cecchin, che ha pubblicato tre o quattro libri su inglesi e americani al fronte italiano. Dice che per descrivere la ritirata in Addio alle armi, lo scrittore americano si servì di varie fonti, tra cui un libro autobiografico e un report di George Macaulay Trevelyan, il grande storico liberale inglese, che dirigeva la prima unità delle autoambulanze della Croce Rossa britannica. E un diario, With the British Guns in Italy: a Tribute to Italian Achievement di Hugh Dalton, che poi diventerà ministro con Churchill. Molti particolari della ritirata e la visione corale della guerra in Addio alle armi vengono direttamente da Dalton. Hemingway fu ferito un mese dopo il suo arrivo e passò il resto dell’estate in un ospedale di Milano. Sempre secondo Cecchin, l’americano aveva attraversato la “terra di nessuno” per portare le sigarette ai mitraglieri della brigata Ancona, che stavano in un posto avanzato. Ma anche per un’altra ragione. Non si conoscevano ancora le fotografie dell’impiccagione di Cesare Battisti nel castello di Trento e girava voce presso le truppe che in realtà Battisti fosse morto combattendo. E che gli austriaci avessero impiccato un cadavere, per infamia. Hemingway voleva accertare le voci e fare lo scoop.

              Uscito dal museo un po’ depresso, ho fatto un giro per Kobarid. È un allegro paese di vacanze collinari a pochi chilometri dal confine italiano: solide case mitteleuropee dipinte di giallino, gerani alle finestre riquadrate di bianco avorio, viali di platani e di ippocastani. L’esatto contrario di quanto mi sarei aspettato. Nelle fotografie color seppia della guerra le cittadine appaiono sempre lugubri e le campagne devastate e spoglie, senza un albero. Caporetto fa eccezione. C’è un’immagine in cui si vedono Vittorio Emanuele e Joffre, il capo di stato maggiore francese, che fanno un picnic in un prato della conca, con panini e tazzine di caffè in mano. Hanno un’aria distesa. Trevelyan ha parlato dell’atmosfera idilliaca di Caporetto, protetta dal Monte Nero, saldamente tenuto dagli alpini. Ma le posizioni sul Monte Nero si dimostreranno troppo alte per difendere il paese. In questa felice retrovia alcuni ufficiali italiani non si facevano mancare i divertimenti: il colonnello Boccacci, capo di stato maggiore del Quarto corpo d’armata, che si era distinto per aver fatto fucilare quattro soldati colpevoli di presidiare una trincea dov’era apparsa una scritta disfattista, manteneva quattro amanti fisse. E impiegava il resto del tempo libero fotografando nude le belle slovene locali. Già il 29 agosto gli austriaci avevano spiegato ai loro alleati come il settore Tolmino-Caporetto fosse difeso da forze poco scaglionate in profondità. La decisione di attaccare venne presa pochi giorni più tardi, dopo un’ispezione sul fronte di Krafft von Dellmensingen, massimo esperto tedesco di guerra di montagna, allievo di Alfred von Schlieffen, il grande teorico della distruzione totale dell’avversario. Di notte, attraverso la protezione del filtro sloveno-austriaco, sette divisioni tedesche furono fatte affluire al fronte. Ottimi soldati, guidati da professionisti. Nel frattempo un corpo aereo tedesco, interrompendo la ricognizione italiana, sorvolava indisturbato le linee della Seconda armata, fotografando le postazioni e i rilievi. La cartografia austriaca, anche attraverso i radiogoniometri, fu completamente aggiornata: gli ufficiali avevano tutti a loro disposizione delle mappe a colori, delle lastre stereoscopiche in cui si potevano studiare i settori, come in un plastico. Il piano tedesco, che gli austriaci accettarono, si basava sulla sorpresa e sul capovolgimento della strategia della guerra di posizione: infiltrazione e sfondamento attraverso le valli, lasciandosi dietro le postazioni avversarie in alto, dopo averle distrutte con i bombardamenti o aggirandole. A Riga, contro i russi, il movimento accelerato sul terreno, favorito dal controllo dell’aria e aiutato dalla velocità delle comunicazioni e delle informazioni, era stato decisivo.

              Nell’ottobre del 1917 si ritentò il colpo non più in pianura ma in un’area montuosa, servendosi di un quadro informativo così dettagliato da consentire a Von Below, il comandante in capo, di sfondare le linee italiane utilizzando solo ottanta battaglioni dei centosessantadue che aveva a disposizione. Ma questi ottanta erano distribuiti con una tale precisione che risultarono quasi ovunque numericamente superiori alle nostre truppe. Durante la ritirata nel Friuli un drappello, arrivato di notte a Pordenone, andò a colpo sicuro a requisire il magazzino viveri più grande della città. Sapevano esattamente dov’era e cosa conteneva. A fianco delle truppe marciavano gli interpreti: il “barone” triestino, l’ufficiale che ha sposato una friulana, il “dalmata”. Saranno utilizzati anche come disinformatori.

              Tra Caporetto e Plezzo, Bovec in sloveno, ci sarà una ventina di chilometri: la strada sale verso ovest, poi gira verso nord-est. Oggi Plezzo, al centro di una conca, è una località sportiva abbastanza conosciuta nella zona per le gare di rafting, la discesa pazza in gommone lungo le rapide dei torrenti, e il bungee jumping, il salto nel vuoto con una corda elastica legata alle caviglie, molto più pazzo. Giardinetti curati e ornati di pini mughi, locande, alberghi in apparenza più attraenti di quelli del versante italiano. C’è anche un night club che si chiama Elvis. Qui sopra, lungo la linea più avanzata, alle due di mattina del 24 ottobre, iniziò il lancio dei gas e il bombardamento con granate urticanti e lacrimogeni. La manovra studiata dall’alto comando austro-tedesco prevedeva l’attacco su tutto il fronte da Plezzo a Tolmino. Con due punti di maggiore pressione sulle ali estreme in modo da convergere a tenaglia, dopo lo sfondamento, su Caporetto e conquistare tutta la linea montuosa. In seguito si sarebbe pensato a Cividale e alla pianura. In Giorni di guerra, Comisso, che stava sul Polunik da dove si domina tutta la conca di Plezzo, venne svegliato dal rombo delle cannonate ingigantito dall’eco delle montagne. Vedeva i bagliori rosseggiare alle finestre. Poi, dopo due o tre ore, il bombardamento finisce e gli italiani si tranquillizzano. Un ufficiale dello stato maggiore spiega che si tratta solo di un assaggio e che l’offensiva non ci sarà, perché piove. Ancora non sanno che in prima linea sono quasi tutti morti, avvelenati dai gas, mentre nella conca i mortai hanno spianato le trincee, distrutto i centri di resistenza e i nidi di mitragliatrice, fatto crollare i sotterranei. Più tardi Comisso parla con un osservatorio avanzato superstite. Dall’altra parte dicono: «Gli austriaci sono usciti dalle trincee, li vediamo tra la nebbia che vengono avanti. Passano i reticolati. Noi ci ritiriamo, signor tenente». Altrove le truppe avanzano senza essere avvistate. E poi appaiono «all’improvviso, simultaneamente, davanti, dietro e da tutti i lati». A Trento, al comando italiano, non sanno ancora nulla.

              Nel Diario di guerra di Angelo Gatti (Gatti era l’ufficiale chiamato da Cadorna al comando supremo in una funzione tra il cronista e lo storico), la giornata del 24 ottobre si apre con un ineffabile «Niente di nuovo». Dice Monticone che questo «Niente di nuovo» è diventato il simbolo di come il comando si fosse preparato a respingere l’offensiva e di quanto riuscisse a controllare le informazioni. Si potrebbe fare un paragone con il famoso blitz tedesco nelle Ardenne verso la fine della Seconda guerra mondiale. Anche quella volta il comando americano si fece cogliere completamente di sorpresa e per molte ore non riuscì ad avere un quadro della situazione. A questo punto le somiglianze finiscono, perché nelle Ardenne quella tedesca fu una mossa disperata per allentare una situazione disperata. Mentre a Caporetto i tedeschi volevano assestare un colpo che tramortisse gli italiani almeno fino all’estate del 1918. Eppure il comando italiano era stato informato dell’offensiva. Nella nota del 5 ottobre Gatti scrive che dalle informazioni raccolte, dalle intercettazioni telefoniche, da quello che raccontavano disertori e prigionieri, l’attacco sembrava sicuro. Poi aggiunge: «Sarà vero? La logica dovrebbe dire: sì. Ma la logica in guerra!» Si sapeva anche delle divisioni tedesche accorse al fronte. Ma Cadorna, e con lui quasi tutti, non crede a una manovra sull’Isonzo, così classica che s’insegnava sui banchi della scuola di guerra (e che sarà realizzata con tutt’altra velocità). L’idea fissa del comando è il Trentino, da lì semmai gli avversari potrebbero attaccare in forze. Quando Cadorna ai primi di ottobre trascorre a Villa Camerini quindici giorni, non è stato “in vacanza”, come poi si dirà, ma vicino al fronte più temuto. Così il 24 è una giornata tranquilla per il comando italiano. Poi verso le ventidue Gatti, «per pura curiosità», va da Cadorna e trova gli alti ufficiali che parlano di una Sedan italiana. In quel momento Caporetto è già caduta da più di cinque ore, conquistata dalla manovra a tenaglia, con i tedeschi della Dodicesima divisione slesiana che hanno risalito comodamente l’Isonzo. A Tolmino, l’altra area di massima pressione insieme con Plezzo, sono potuti passare perché le batterie del Ventisettesimo corpo d’armata non hanno risposto al fuoco avversario. E non si capisce ancora bene se aspettavano che i tedeschi uscissero dalle trincee. O se aspettavano l’ordine da Badoglio, che comandava il corpo e che era finito troppo in prima linea e non riusciva a comunicare, tagliato fuori e inseguito dalle batterie nemiche. Quando le artiglierie italiane cominciano a sparare, in modo non coordinato (anche perché non erano abituate a seguire un bersaglio in movimento), i tedeschi sono già sotto.

              Intanto un ardito primo tenente del battaglione da montagna del Württenberg, Erwin Rommel, si guadagna la croce Pour le Mérite, la più alta decorazione militare, conquistando una dopo l’altra le cime che dal Colovrat al Matajur dominano da sud la valle dell’Isonzo. Scendendo verso l’Italia lungo le magnifiche valli del Natisone, così verdi e disseminate di locande dove si beve il miglior vino bianco d’Europa, ci si rende subito conto che una resistenza era possibile solo sul Tagliamento o sul Piave: in questa felice piana non ci sono altre barriere naturali. La scelta di Cadorna fu di rallentare il ritiro della Seconda armata sconfitta, per non dare l’impressione di una fuga generale e di permettere alla Terza, ancora intatta, di ripiegare in buon ordine. Sfatati da decenni i miti della viltà dei soldati italiani, o dello sciopero militare, bisogna riconoscere che dopo la prima resistenza, ingannati dalla propaganda austriaca, molti credettero che la guerra fosse finita e si arresero facilmente, o fuggirono abbandonando le armi. Dice però Trevelyan che lo spirito degli inglesi a Mons, nell’agosto del 1914, quando il corpo di spedizione britannico fu costretto a ritirarsi, non era certo superiore a quello di questi uomini. I disertori italiani furono in numero inferiore di quelli dell’esercito austro-ungarico e sul fronte franco-tedesco si fucilò molto di più che da noi. La differenza è stata che mentre i francesi riuscirono a nascondere il crollo morale dell’Armée persino agli inglesi, gli italiani masochisti fecero a gara a denunciare al paese e al mondo le debolezze dei loro soldati. Né i nostri politici, né i nostri generali avevano quelle doti di carattere, di fermezza e di intelligenza che permisero a Churchill di trasformare una sconfitta senza attenuanti, come quella di Dunquerque, in una vittoria morale, a dimostrazione della volontà di combattere di un popolo.

              “Dulce et decorum est pro patria mori
              è una vecchia bugia
              All’inizio del 1914, anno fatidico, in Inghilterra venne pubblicata una poesia che diventò il leitmotiv di tutta una generazione. La poesia si chiamava The Soldiers, e faceva così:

              If I should die, think only this of me:

              That there’s some corner of a foreign field

              That is for ever England. There shall be

              In that rich earth a richer dust concealed;

              A dust whom England bore, shaped, made aware,

              Gave, once, her flowers to love, her ways to roam,

              A body of England’s, breathing English air,

              Washed by the rivers, blest by suns of home.

              And think, this heart, all evil shed away,

              A pulse in the eternal mind, no less

              Gives somewhere back the thoughts by England given;

              Her sights and sounds; dreams happy as her day;

              And laughter, learnt of friends; and gentleness,

              In hearts at peace, under an English heaven.

              L’autore si chiamava Rupert Brooke ed era il giovanotto più corteggiato e ammirato della nazione. Aveva un viso delicato, quasi femminile, con capelli biondo miele riccioluti come li portava all’inizio della sua carriera l’attore Hugh Grant. Il poeta irlandese W. Yeats lo aveva definito «the most handsome man in England». Era figlio di un maestro della scuola di Rugby, una delle più famose public school in Inghilterra, poi aveva studiato a Cambridge ed era partito per un viaggio nei Mari del Sud dove si era fermato per qualche tempo, attratto da una ragazza samoana.

              Ritornato in patria diventò una sorta di Kipling minore, con toni più delicati e parlava di guerra senza esserci mai stato. Per un paradosso della sorte morì nel 1915 senza aver mai imbracciato un fucile, durante lo sbarco delle truppe australiane e neozelandesi a Gallipoli. La morte fu causata dalla puntura di un insetto sconosciuto, aggravata da un colpo di sole che aveva preso stando senza il cappello coloniale che portavano tutti, chiamato Wolseley Pattern Sun Helmet.

              Il necrologio anonimo pubblicato sul Times il 26 aprile 1915, lo scrisse Winston Churchill, allora primo lord dell’ammiragliato:

              I pensieri a cui ha dato espressione con pochissimi incomparabili sonetti saranno condivisi da molte migliaia di giovani uomini che si muovono risolutamente e ciecamente verso questa, la più crudele, la più deludente di tutte le guerre che gli uomini abbiano mai combattuto.

              In uno dei libri più straordinari che sia stato mai scritto sulla guerra mondiale, intitolato La Grande Guerra e la memoria moderna, Paul Fussell dice di essere rimasto stupefatto di come nel mondo poetico inglese fossero cambiati i toni mano a mano che si procedeva nella guerra. Le prime composizioni sovrabbondavano di esultanza guerresca, di orgoglio nazionalistico, poi, soprattutto dopo la battaglia della Somme, il fervore militaresco si attenuò fino a raggiungere il grado zero e rovesciarsi in una descrizione cruda e spietata di come era veramente la guerra.

              Siegfried Sassoon, di famiglia ebraica, omosessuale, dopo aver frequentato il Marlborough College e poi la Cambridge University, aveva condotto una vita da country gentleman: giocava a golf, a cricket, praticava la caccia alla volpe e lo steeplechase, una gara ippica su percorsi a ostacoli, fumando la pipa. Anche lui all’inizio era stato spinto dall’idea romantica della guerra. E si era fatto trasferire ai Royal Welsh Fusiliers, uno dei battaglioni più famosi per il coraggio dei suoi uomini. Qui fece amicizia con Robert Graves, un’amicizia destinata a contare moltissimo nella sua vita.

              Sassoon, fino alla battaglia della Somme, aveva combattuto magnificamente, aveva vinto una medaglia d’argento e altre onorificenze per il suo coraggio. Ma dopo la Somme, che aveva visto sessantamila ragazzi inglesi messi fuori combattimento in un solo giorno, si era rifiutato di partecipare a qualsiasi altra battaglia. Portato immediatamente davanti alla corte marziale, fu salvato dalla testimonianza di Graves che aveva assicurato al tribunale militare che Sassoon era pazzo e quindi non responsabile delle proprie parole e azioni.

              La poesia che fa da contraltare a The Soldiers la scrisse verso la fine della guerra Wilfred Owen, il poeta più dotato della sua generazione. È la sua poesia più famosa, intitolata Dulce et decorum est pro patria mori (Nobile e bello è morire per la patria), ed è uno dei più grandi atti di accusa che sia stato mai scritto non soltanto contro quella guerra, ma contro tutte le guerre.

              Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,

              le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,

              finché volgemmo le spalle all’ossessivo bagliore delle esplosioni

              e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.

              Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,

              procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono azzoppati; tutti ciechi;

              ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilo

              di stanche granate che cadevano lontane indietro.

              Il gas! Il gas! Svelti ragazzi! – Come in estasi annasparono,

              infilandosi appena in tempo le goffe maschere antigas;

              ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare

              dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce…

              Confusamente, attraverso l’oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra,

              come in un mare verde, lo vidi annegare.

              In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,

              si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.

              Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo

              dietro il furgone in cui lo scaraventammo,

              e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,

              il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;

              se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,

              fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,

              osceni come il cancro, amari come il rigurgito

              di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –

              amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore

              a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,

              la vecchia Menzogna: Dulce et decorum est

              Pro patria mori.

              Ma gli dei della guerra, che non hanno mai gradito queste accuse, fecero in modo di eliminarlo quando tornò in Francia a dare un’ultima occhiata alle terribili trincee dove aveva passato gli ultimi quattro anni. Morì sul colpo a due o tre settimane dalla firma dell’armistizio.”
              (da Stefano Malatesta “La vanità della cavalleria” )

              • Ros scrive:

                “…Paul Fussell dice di essere rimasto stupefatto di come nel mondo poetico inglese fossero cambiati i toni mano a mano che si procedeva nella guerra. Le prime composizioni sovrabbondavano di esultanza guerresca, di orgoglio nazionalistico, poi, soprattutto dopo la battaglia della Somme, il fervore militaresco si attenuò fino a raggiungere il grado zero e rovesciarsi in una descrizione cruda e spietata di come era veramente la guerra…”

                Alla buon’ora!
                Prima ci devono sbattere e rompere le corna…

          • Ros scrive:

            Imperdonabile ☹️
            Imprescindibile
            Indispensabile
            Irreprensibile
            Irresponsabile… che sono!
            dimenticavo ilmeglio:

            “Niente di nuovo dal fronte occidentale”
            di Erich Maria Remarque

            e, già che ci siamo, “Addio alle armi” di hem. 😀

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Nel Sei-settecento nessuna potenza si considerava portatrice di una missione etica.”

      Sono abbastanza d’accordo.

      Finché hai una riserva infinita di secondogeniti, terzogeniti e quartogeniti da pagare (o compensare al grido di “saccheggio libero!”) non è necessario mobilitare le passioni.

      Le passioni elementari, quelle che portano alla demonizzazione, nascono quando si passa alla società di massa, dove puoi e devi usare i media per smuovere le persone a uccidere e farsi uccidere. Sicuramente con la Rivoluzione Francese e le guerre risorgimentali, ma soprattutto con la Prima guerra mondiale.

      Ha ovviamente Cacciari, ma quando ci sono in ballo le passioni, nessuno ha mai ascoltato le persone ragionevoli.

      • Peucezio scrive:

        Non so però se sia solo questione di società di massa.
        Io credo c’entri molto lo spirito messianico anglosassone, per meglio dire, americano.
        Che tra l’altro ha contribuito molto a creare la società di massa.

    • Francesco scrive:

      Roma ha distrutto fino alla radice Cartagine, però. A volte le divergenze di interessi sono tali da portare a conseguenze estreme.

      E dopo che gli Alleati hanno sconfitto il male assoluto fascista, mica hanno sterminato tedeschi, italiani e giapponesi, anzi!

      Secondo me devi approfondire l’analisi.

      Ciao

      • PinoMamet scrive:

        Roma ha anche ricostruito Cartagine ed è stata un’importante città punico-romana fino alla fine dell’impero….

        • Francesco scrive:

          Con abitanti cartaginesi o la hanno ripopolata in altro modo?

          • PinoMamet scrive:

            Eh questa della composizione etnica delle colonie romane è una domanda non da poco e credo sarebbe necessario un approfondimento caso per caso.
            Di certo dagli scrittori paleocristiani (forse dallo stesso Agostino) so che la lingua “cananea” come la chiamavano (più correttamente di noi che la chiamiamo fenicia) era ancora viva.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “Nel Sei-settecento nessuna potenza si considerava portatrice di una missione etica”

      La Spagna, la Svezia protestante, in qualche misura gli Ottomani…
      Nel Sei-Settecento questo si è perso in cambio del pragmatismo assolutista, forse perché l’Impero (quello spagnolo) è venuto meno, quindi è venuta meno la sua ideologia imperiale.

  21. Miguel Martinez scrive:

    Che poi quelli di Destra che (giustamente) si lamentano perché su Facebook rischiano di essere insultati per aver dubitato che un tizio nato maschio sia improvvisamente diventato donna… bene, questi qui, quando mai hanno detto qualcosa contro il 41bis,

    https://ilrovescio.info/category/carcere/

    o contro la legge sul vilipendio della bandiera?

    • Peucezio scrive:

      Perché sono dei dementi.

      • Miguel Martinez scrive:

        per Peucezio

        “Perché sono dei dementi.”

        Forse invece perché non ci hanno nulla da guadagnare.

        Fanno come il governatore della Florida, De Santis, che ha fatto alcune cose positive sulla libertà di espressione finché c’erano i democratici che cercavano di sopprimere opinioni diverse; poi ha vietato qualunque espressione di sostegno alla Palestina nelle università statali.

        In fondo ha fatto bene: conquista più spazio per la propria squadra e cerca di toglierne alla squadra avversaria, in questo senso non è un demente. Ma di certo, non è amico mio.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “In fondo ha fatto bene: conquista più spazio per la propria squadra e cerca di toglierne alla squadra avversaria, in questo senso non è un demente”

          Ma infatti a difendere la libertà d’espressione sono quelli che sostengono l’opinione in un dato momento soccombente, mica chi sta imponendo la propria. Quelli che dicono “l’Occidente è libertà d’espressione” farebbero meglio a dire “l’Occidente è una società che può permettersi all’interno quel pluralismo che impedisce a chi sostiene l’opinione dominante di essere abbastanza forte da schiacciare tutti gli altri”.

        • Peucezio scrive:

          Miguel,
          li fai troppo strateghi e raffinati.

          Siamo sempre lì: tu credi che le persone siano furbe e speculatrici.
          Io dico che le persone sono per lo più stupide, ottuse e seguono il loro istinto.
          Anche a proprio discapito.
          Soprattutto poi a questi livelli intermedi, come può essere la politica di uno stato privo di sovranità come l’Italia: nessuno si preoccupa che sia governata da gente minimamente intelligente, tanto non decide nulla.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “Siamo sempre lì: tu credi che le persone siano furbe e speculatrici.”

            Confondi due livelli: le persone che impongono delle scelte politiche, mediatiche, economiche.

            E le persone comuni che devono arrangiarsi nella vita quotidiana, votano ogni cinque anni, cliccano un like su Facebook o accendono la TV prima di addormentarsi.

            Ora, ti assicuro che le persone che fanno le scelte politiche, mediatiche ed economiche, cercano di agire al meglio possibile, nel proprio interesse.

            Questo non esclude un certo idealismo: immagino che la Schlein, per dire, creda davvero che sia giusto che due donne che si vogliono bene possano firmare un qualcosa che permette all’una di andare a trovare l’altra in ospedale. Anzi, essendo lesbica e non contadina lei stessa, magari dà un po’ più di peso a questo che al diritto del contadino di non trovarsi il campo inquinato da OGM.

            Ma appena si tratta di una questione veramente importante – entrare o no nella Terza Guerra Mondiale – china il capo. Anche perché se non lo facesse, farebbe la fine di Marco Rizzo e di tutti quelli che si oppongono e non se li fila nessuno.

            • Peucezio scrive:

              Non pensavo alla gente comune infatti.

              E comunque, ammesso che per la Schlein valga ciò che dici, cioè che si adegua, si adegua a qualcuno.
              E quel qualcuno sopra di lei e sopra chi sta sopra di lei e che non si adegua a nessuno in base a cosa decide?
              Non certo per un interesse economico, visto che guadagna già in misura tale che prendere l’aereo privato ogni giorno più volte al giorno non gli basterebbe nemmeno lontanamente a spendere ciò che guadagna.
              Quindi torniamo alla nevrosi.

              Il potere è una patologia psichica: c’è un po’ di ossessivo-compulsivo ma soprattutto c’è molto di psicopatico, narcisistico, manipolatorio.
              In ogni caso disfunzionale.
              Come è disfunzionale quello che deve fare complessi rituali per spegnere la luce o che ha paura a prendere l’ascensore.
              Solo che le nevrosi dei potenti fanno infinitamente più danni a molta più gente.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Il potere è una patologia psichica: c’è un po’ di ossessivo-compulsivo ma soprattutto c’è molto di psicopatico, narcisistico, manipolatorio.”

                Ma sono d’accordo che il potere sia una patologia psichica. Come aveva capito Sombart, è sostanzialmente quella che oggi chiamano ludopatia: la scommessa per il piacere di vincere sfide sempre più difficili.

                Alla fine, il gioco è, chi potrà battere gli altri giocatori e portarsi a casa tutte le risorse, per il puro piacere di sentirsi vincitore.

                Quello che ti sfugge però è che per vincere al gioco d’azzardo, devi essere sempre lucido, ti devi affidare ai massimi esperti, cogliere la minima occasione, evitare il minimo errore. Insomma tutte cose “pratiche”, guai se si lasciano prevalere le emozioni: quelle casomai bisogna suscitarle negli altri, quando serve.

              • Peucezio scrive:

                Ma le due cose non sono in contraddizione.

                La persona determinata, impermeabile apparentemente a qualsiasi emozione (prendiamo il caso estremo del serial killer) in realtà è molto più prigioniera delle emozioni rispetto agli altri: ne ha una paura talmente forte che le reprime benissimo diventando una macchina iper-efficiente (o, nel caso estremo, un assassino efferato).

                E non credo sia solo ludopatia.
                Così la rendi troppo spensierata e giocosa.
                È anche e soprattutto narcisismo e ossessione del controllo. In sostanza è una forma di paura (di non controllare le cose, di esser e sopraffatto nella propria autostima).

                Il vero giocatore è un incosciente, che si assume il rischio e se ne frega delle conseguenze.
                E in genere è uno che ama dilapidare anche in altri modi (donne, bella vita).
                Anche quella se vuoi è una nevrosi, una ricerca continua di intensità, di dissipazione di risorse. Ma è più sana e vitale.

                Qui parliamo dell’opposto, di gente repressa, contenuta, controllata, come hai spiegato bene tu stesso.
                La temperanza borghese è alla base dell’espansione speculativa capitalistica.
                E infatti in genere le persone di cui parli conquistano imperi miliardari, ma vanno in giro coi calzini bucati per risparmiare persino sul rattoppo (esagero, ma neanche tanto: ci sono stati casi famosi).

              • Miguel Martinez scrive:

                Per peucezio

                “Così la rendi troppo spensierata e giocosa.”

                Credo che i ludopatici siano di entrambi i tipi.

                Ci sono ricconi in stile Briatore e altri che vanno in giro con i calzini bucati.

                A prescindere da quale tipo ci faccia personalmente più antipatia, le azioni che possono fare per sentirsi soddisfatti probabilmente sono molto simili: fare schizzare in alto le freccine che indicano che loro hanno più soldi di Rockerduck.

                E quindi entrambi hanno un effetto molto simile, no?

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                questo forse è uno dei punti principali che ci divide.

                Io credo che l’edonismo abbia sempre un fondo sano e in un certo senso di gratuità (se uno gode nel godere gode in senso positivo, non nel senso del non far godere gli altri).

                E credo che i capitalisti edonisti sia un impasto dei due aspetti di cui stiamo parlando, altrimenti, se fossero edonisti puri, non concluderebbero un cavolo o tutt’al più costruirebbero un capitalismo umano, migliorativo per tutti.

                E comunque se ci fai caso sono capitalisti nostrani, nazionali, da noi contano, ma non decidono i destini del pianeta (Berlusconi e Briatore sono dei parvenu, degli outsider).
                I veri decisori planetari sono degli asceti.

                Secondo me, che ammetto di essere un weberiano non di ferro, di ferrissimo, l’essenza del capitalismo moderno, anzi, l’essenza stessa della modernità (perché vale anche per il grigio funzionario socialista, che sia sovietico o maoista o altro) è l’ascetismo.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Io credo che l’edonismo abbia sempre un fondo sano e in un certo senso di gratuità”

                Boh, può darsi.

                Vedi, immagina che ci sia la società EcoCrash, che acquista un bosco per farne un centro commerciale.

                La EcoCrash ha sede alle Isole Cayman, ma il vero proprietario è un fondo investimenti con sede a Panama, però i veri veri proprietari sono una società di New York e una di Shanghai, nomi umani non sono dati da conoscere, a rappresentare la EcoCrash – e a farti arrestare se violi il loro cantiere – c’è un commercialista fiorentino che però fa parte di un consorzio lussemburghese.

                Ecco, come faccio a sapere se il Capo Supremo dietro tutto questo è un gaudente che si fa di cocaina e si circonda di puttane, o un austero?

                A me interessa il bosco che stanno distruggendo.

              • Peucezio scrive:

                Insomma,
                se a te piace la pasta all’amatriciana, vuoi farla provare a tutti.
                Io porterei chiunque a mangiare la cazzoeula o le rane (ma anche l’amatriciana).
                I veri goderecci vogliono far godere anche gli altri, anzi, godono per interposta persona.
                Il vero donnaiolo non è geloso.

                Se tu vuoi mangiarti l’amatriciana per impedire agli altri di godersela, vuol dire che non ti piace davvero l’amatriciana, che è un pretesto e allora non la mangerai così spesso, ma tenderai a mangiare un po’ di pastina in brodo o di pane secco.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “se a te piace la pasta all’amatriciana, vuoi farla provare a tutti.”

                Ma sicuramente molti capitalisti ragionano come Ford, che “voleva che ogni statunitense avesse un’auto privata”.

                Non si diventa ricchi, se non si cerca di vendere qualcosa a qualcuno.

                Poi in effetti, per quel poco che si riesce a capire dell’antropologia dei veri ricchi (e chi li può studiare, altro che tribù dell’Amazzonia), se la spassano abbastanza. Compatibilmente con il fatto di dover essere “sempre sul pezzo”, se no perdono la ricchezza.

                Probabilmente vivono con parecchia tensione, sempre all’erta.

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “I veri decisori planetari sono degli asceti.”

                Mi piace il discorso sull’edonismo che condivido in toto (e mannaggia ‘a sorte che non sono potuto passare per Milano, ci saremmo divertiti)

                Ma chi sono questi decisori ascetici dei quali parli?

              • Peucezio scrive:

                Miguel e Roberto,

                d’accordo, è difficile sapere i nomi e cognomi.
                Ma io credo ci siano tanti indizi sull’antropologia tipica di un grande capitalista e speculatore.
                E credo che, sottolineando giustamente che fa una vita e si può permette cose che noi ci sogniamo, donne, macchine, ville, viaggi, quello che vuoi, non si sottolinea abbastanza la componente ascetica che c’è dietro lo sviluppo di questo sistema.
                Ma Weber a suo tempo lo fece.

                E quanto a oggi, bisogna anche dire che non credo sia difficile indagare lo stile di vita di tanti miliardari: in fondo è gente in vista.
                Ma bisogna anche tenere conto dei livelli intermedi, che sono il vero motore del tutto. Tanti dirigenti, avvocati, quadri intermedi… E anche lì non mi sorprenderebbe di trovare gente molto austera.
                Ma non è che li conosco di persona.

                Ho due parenti acquisiti, all’estero, entrambi se non miliardari poco ci manca. Si, vanno nel risotrante dove spendi 200 euro a testa, ma li ho mai visti strafare. Tra l’altro uno è astemio, perché in famiglia da piccolo ha visto molto alcolismo, l’altro se beve due dita di vino è assai.

                Poi vado dai miei amici, più o meno attempati o giovani, gente comune che non conta niente, e sono botte di cassoeula, birra, vino e superalcolici a fiumi…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ho due parenti acquisiti”

                Credibilissimo.

                Chi cerca di avere successo nella vita, deve stare sempre all’erta. Non è “ascetismo”, è buon senso.

                Chi invece cerca di “stare bene senza troppi grilli per la testa”, beh, sta bene.

                Ma non sono due ideologie alla pari, una è la via che conduce al successo (poi fa da eccezione sicuramente il rockstar tossico), l’altra la via che conduce a godersi la vita.

                E capisco che i secondi alla fine siano più simpatici.

                Ma non c’entrano “Destra”, “Sinistra”, “Messianismo biblico”, ecc. Sono regole che valgono per avere successo al Senato Romano come nell’impero ottomano, nel governo israeliano come in quello cinese.

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                Su dai, non creare una weltanschauung scambiando i tuoi pensieri per fatti oggettivi!

                Se parli di quadri intermedi è l’ambiente in cui vivo e gente austera boh ci sarà ma non ne conosco molta, anzi a sere il vero nessuna

                Immagino di non fare chissà quale rivelazione ma quando sono arrivato in Lussemburgo, il camion che faceva il mio trasloco portava anche dei mobili di prodi (avevo preso un groupage per risparmiare…soldi pubblici non miei visto che il trasloco era pagato…e lui pure aveva fatto la stessa scelta)…e avevo sbirciato vedendo un paio di librerie da tre soldi (tipo Billy di Ikea)

                Credo che sia la cosa più vicina al l’austerità che io abbia visto 😁

                Per il resto è anche una questione di gusti. A me piace moltissimo andare in ristoranti lussuosi ma alla fin fine pizza e birra sono di gran lunga le cose che preferisco…è austerità

                Per goderti la vita mica hai bisogno di una bottiglia di midleton dair gaelach da 700 euri….

              • Roberto scrive:

                Miguel

                “Chi cerca di avere successo nella vita, deve stare sempre all’erta. Non è “ascetismo”, è buon senso.”

                Ma molto banalmente c’è anche che fare il Briatore che prende l’aereo privato per andare ad una festa in una discoteca di lusso , magari per molta gente che potrebbe comprarsi l’aereo con Briatore dentro è semplicemente una grandissima rottura di palle

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                “Per goderti la vita mica hai bisogno di una bottiglia di midleton dair gaelach da 700 euri….”

                Lo dici a me che vado nelle bettolacce, nei trani…??
                E più sono abbattute, più mi piacciono.

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                No certo, ma era per dire che non è che sua così strano che uno anche con i soldi non li spenda in cose lussuose, e non è una questione di austerità

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                “ascetismo”

                Concordo in pieno. In modo umoristico, in “Diario minimo” Eco fa osservare al suo ipotetico antropologo melanesiano che l’unico luogo in Italia dove si osserva lo stesso religioso contegno degli “scriptoria” medievali è l’ufficio di una grande azienda. In “Fantozzi” Villaggio sottolinea come il rapporto reale di un impiegato verso il top management è di una sottomissione assoluta, con tanto di finta degnazione da parte del dirigente verso gli “inferiori”. Fuori dall’umorismo, nel suo “Protestantesimo e spirito del capitalismo” Weber cita espressamente Benjamin Franklin che ammonisce come sprecare per pigrizia l’occasione di concludere un buon affare sia un peccato tanto grave quanto l’omicidio, perché in entrambi i casi si distrugge un dono dell’Onnipotente. Weber contrappone Franklin al nostro Leon Battista Alberti, la cui passione per il lavoro è motivata invece da una creatività gioiosa e fine a se stessa. A Genova il nostro Gaslini, quello dell’olio nonché finanziatore del famoso ospedale pediatrico, era famoso per andare sempre in giro con una modesta giacchetta nera, perché qualunque altra cosa gli sarebbe parsa una ostentazione, una forma di hybris. Ho letto biografie di Elon Musk non tanto diverse da un’agiografia, di quelle per le quali il mio quasi compaesano Jacopo da Varagine andava famoso. Il successo, quando è ostentato, si ammanta di merito come se fosse un velo di santità.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

    • Francesco scrive:

      Ammetto di non capire: stai dicendo che la libertà di parola deve essere assoluta?

      E anche in questo caso, cosa c’entra il 41 bis?

  22. Miguel Martinez scrive:

    Alla fine, dobbiamo concordare, credo tutti, con Mauro, che ha riassunto la condizione umana:

    https://kelebeklerblog.com/2008/09/07/incontri/

  23. roberto scrive:

    Peucezio

    provo ad articolare qui una riflessione allo scambio che hai con miguel

    partiamo da una cosa sulla quale sono d’accordo

    ” guardiamo le persone con i nostri occhiali.”

    sostituisci la parola persone con mondo e sono *totalmente* d’accordo

    ciò detto, tu ti lamenti di una generale perdita o diminuzione della libertà e prendi ad esempio delle cose che effettivamente *con i tuoi occhiali* dimostrano la tua tesi

    ma proviamo a fare qualche considerazione più generale e prendiamo come paragone gli anni 60-80 come tu dici

    – tu stesso ammetti che in quel periodo la donna era decismente più oppressa: bene parliamo del 50% della popolazione. già dare libertà a quel 50% mi pare un enorme passo in avanti per la società nel suo complesso
    – divorzio: tu dici che è un’ubbia da borghesi, ma come non metterlo sul piano della bilancia a favore della libertà?

    aggiungo
    – servizio militare: se hai trovato fastidioso stare due mesi a casa ti ricordo che nel periodo 60-80 era normale che tutti i ragazzi fossero costretti a passare 12-18 mesi in caserma (a seconda dei periodi). il fatto che non ci sia più questà palla mi sembra un enorme passo in avanti
    – qualsiasi cosa che abbia a che fare con informazione, viaggi, scambi…immagino che ti ricordi benissimo il perido in cui c’era uno, poi due canali nazionali e basta (adesso puoi leggere qualsiasi cosa e qualsiasi sfigato può scrivere al mondo intero), giornali cartacei da comprare (come sopra), incontravi solo le persone del tuo quartiere (stai chiacchierando dalla tua poltrna con uno in lussemburg) e viaggi al massimo in fiat 128 per rientrare al sud (i miei genitori il primo viaggi in aereolo hanno fatto a 30 anni, io a 17, i miei figli a 1 anno…)

    poi vedo anche io una certa intolleranza per le idee altrui, ma insomma, queste idee altrui sono vive e forti, camminano in mezzo a noi urlando a squarciagola che vengono soffocate

    faccio un esempio un po’ lontano nel tempo: pensa ai novax. tu mi sembra che consideri che sono stati sbeffeggiati e tacitati perché non seguono il discorso pubblico, ma provando ad usare altri occhiali, non ti ricordi la litania costante del “voi siete pecore perché prendete il siero sperimentale, noi ci informiamo e abbiamo capito tutto”? e questa litania non è stata espressa davvero in ogni sede, e continua ad essere un sottofondo persistente (fai una prova, vai su FB e fai una ricerca con a parola “siero”)

    ma poi sei sicuro che negli anni 60-80 il pensiero controcorrente fosse cosi accettato? non era il periodo in cui gli obiettori al servizio militare andavano in galera? o il periodo del perbenismo borghese demmocristiano? pensa banalmente in quegli anni andare a lavorare senza giacca e cravatta….
    insomma a me sembra, certo con occhiali diversi, sia impossibile non vedere una società decisamente più libera ora che 50 anni fa

    • PinoMamet scrive:

      Che dire…
      OMDAR

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “ma proviamo a fare qualche considerazione più generale e prendiamo come paragone gli anni 60-80 come tu dici”

      Condivido il senso di quello che dici, ma penso che sia difficile arrivare a qualcosa, se non ci rendiamo conto che stiamo parlando di “repressioni” molto diverse, perché in questi anni, la società dello spettacolo ha fatto passi da gigante: da esseri sociali/fisici, siamo diventati esseri mediatici/virtuali (esagero, ma la tendenza è quella).

      1965: la ragazza non può uscire di casa, il ragazzo deve fare il militare dove gli fanno fare i letti per i “nonni” e poi gli fanno i gavettoni, l’omosessuale viene deriso per strada, ecc. Oggi no.

      1965: quasi totale libertà di stampa per i giornalisti che sono riusciti a entrare alla RAI per raccomandazione, idem per i pochi giornalisti dei pochi quotidiani nazionali, idem per il ragazzo che vuole stampare a proprie spese e vendere agli amici Il Manganello Mensile Nostalgico o la Falce di Lenin. Totale libertà per il gruppo di amici che si ritrova in privato a dire il rosario, oppure a cantare canzoni della repubblica sociale bevendo vino o esaltare Stalin.

      2023: ogni persona può non solo fare il proprio “giornale”, può vivere dentro un mondo elettronico-virtuale che da una parte è suo, dall’altra è aperto istantaneamente all’universo mondo, comprese immense schiere di nemici sconosciuti, pronti a farti fuori per cose che succedono dentro quella che ti sembra la tua bolla. Si creano quasi istantaneamente dei conformismi di massa, che facilmente chiamano le guardie a proprio soccorso per reprimere gli altri.

      Mentre la vita sociale di una volta – nella famiglia, nella piazza, nella fabbrica, nella caserma, al circolo – bella o brutta che fosse, è stata distrutta dall’economia contemporanea, e quindi le vecchie repressioni (che c’erano eccome) sono sparite.

      Per riassumere con una battuta: è vero, Facebook oggi è molto più censurata di quanto lo fosse nel 1970, ma sei molto più libero di fare le videochiamate di allora 🙂

      • Roberto scrive:

        Miguel

        “stiamo parlando di “repressioni” molto diverse,”

        Molto banalmente, noto che anche tu senti il bisogno di mettere le virgolette alla parola “repressioni”…perché in un caso davvero è impossibile parlare di repressione, è proprio qualcosa di ontologicamente diverso

        • Miguel Martinez scrive:

          Per roberto

          “perché in un caso davvero è impossibile parlare di repressione, è proprio qualcosa di ontologicamente diverso”

          Sono d’accordo. Probabilmente c’è da una parte un fenomeno sociale universale di controllo reciproco; dall’altra qualcosa di nuovo, quando il sistema tecnologico comincia a prendere vita autonoma.

          Sono un mondo diverso le scudisciate al ragazzino disobbediente, e l’ergastolo, che invece richiede un sistema in grado di nutrire il condannato per decenni.

    • Lucia scrive:

      Ora, io potrei immaginare come sarebbe stata la mia vita in passato se fossi

      • Lucia scrive:

        stata Caterina de Medici, Gertrude Bell o Andreas Lou-Salomé, o essere felicissima di vivere in questo periodo storico e in Europa occidentale!

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      “poi vedo anche io una certa intolleranza per le idee altrui, ma insomma, queste idee altrui sono vive e forti, camminano in mezzo a noi urlando a squarciagola che vengono soffocate

      faccio un esempio un po’ lontano nel tempo: pensa ai novax. tu mi sembra che consideri che sono stati sbeffeggiati e tacitati perché non seguono il discorso pubblico, ma provando ad usare altri occhiali, non ti ricordi la litania costante del “voi siete pecore perché prendete il siero sperimentale, noi ci informiamo e abbiamo capito tutto”? e questa litania non è stata espressa davvero in ogni sede, e continua ad essere un sottofondo persistente (fai una prova, vai su FB e fai una ricerca con a parola “siero”)”

      Ma infatti il problema è la polarizzazione, oltre che il pensiero unico.
      La polarizzazione distrugge l’articolazione del pensiero, crea opposti isterismi, non consente un confronto ricco, evoluto.

      Per il resto,

      Quello che dici è praticamente tutto vero:
      va considerato considerato che in ogni epoca si incrociano diverse generazioni e diverse tendenze, per cui nello stesso momento fenomeni che vanno nella stessa direzione magari si trovano uno all’inizio e uno al compimento, per cui è difficile fare una valutazione unitaria.
      Io quello che noto è che le maggiori libertà di cui godiamo oggi sono l’onda lunga dello spirito libertario degli anni, mentre altre tendono a venire via via compresse. Ma la tendenza, ora come ora, è a comprimere, non ad aprire.

      Anche solo vent’anni fa non c’era già più il militare, non si andava a lavorare in giacca e cravatta, c’erano un’infinità di canali televisivi, c’era già internet ed era molto meno controllato di oggi, si volava già a prezzi ottimi, c’erano insomma tutte le libertà che hai elencato, ma il dibattito pubblico, non solo mediatico, ma anche intellettuale era molto più ricco e libero.

      Pensa solo a prima del covid: c’era già un’atmosfera più pluralista di oggi.

      Ti rendi conto che gli stati chiedono ai social maggiore censura, invece di obbligarli a non esercitarla? Questo di per sé è mostruoso.
      Una volta chiunque ovunque poteva dire qualunque cazzata, perché poi c’erano le pubblicazioni scientifiche, i giornali e telegiorali erano un po’ più seri di oggi, quindi potevano avere un orientamento, dare più rilievo a un evento anziché a un altro, ma nessuno inventava cose completamente di sana pianta.
      Se si creano istituti accreditati, si può dare una fonte per quella che alcuni considereranno la verità, altri una verità di regime, ma comunque è più verificata e seria. Per il resto si dovrebbe lasciare la più totale e assoluta libertà di espressione: se io voglio andare su internet a dire che Giulio Cesare è vissuto cinquant’anni fa e che era mio nonno perché cavolo non devo poterlo dire? Tanto basta aprire un libro di storia delle elementari per verificare che non è così.
      Invece la preoccuazione di tutti è per le “fake news”, mai per la censura telematica, che, con la scusa che i social sono aziende private, viene praticata senza nessun limite e col massimo e più totale arbitrio.
      R X, l’ex Tweeter, non viene considerato una felice isola di maggiore (non totale) libertà, ma una pericolosa eccezione, un buco nero inquietante.
      Nessuno trent’anni fa avrebbe ragionato in questo modo, anzi, avrebbe fatto scandalo.

      • Francesco scrive:

        Peucezio,

        credo che il problema sia nato quando la gente ha preso a votare volendo credere a qualunque cazzata senza neppure sognarsi di andare a controllare.

        Questo uccide la democrazia elettorale, che presuppone elettori mediamente coglioni e non completamente coglioni. Che fare? Non lo sappiamo, siamo condizionati a pensare democratico.

        Ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Roberto

      “50”

      OAAR!

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  24. Roberto scrive:

    Sempre per Peucezio

    “ 1) come mai allora ci si chiede ossessivamente di vivere peggio? ”

    Ancora una volta, non è anche una questione di gusti?
    A me il divieto di fumare nei cinema fa vivere molto meglio e anzi se lo si vietasse in qualsiasi spazio pubblico sarei ancora più felice, che sentire quell’odore pestilenziale davvero mi disturba
    Quindi si vivo meglio ora…ma immagino che un fumatore non sarà d’accordo

    Avere quartieri dove puoi camminare senza macchine intorno per me è vivere meglio, perché mi piace camminare, vedere cose, incontrare gente….le macchine le terrei fuori dai centri storici in immensi parcheggi sotterranei e per il resto a piedi come i nostri nonni
    Quindi un divieto di circolazione per me non è per forza peggio (ovviamente dipende da come è fatto)

    Poi aggiungi la questione risorse che credo proprio non si possa completamente dimenticare

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “Ancora una volta, non è anche una questione di gusti?”

      Andrei oltre i gusti, dicendo che è questione di sopravvivenza, per i singoli casi che citi, OSDACTR!

      Occasione secolare di accordo totale con Roberto!

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      quello che dici vale solo quanto l’esercizio di un diritto ne lede un altro.
      Ma qui si va molto oltre.
      E comunque bisogna vedere il risultato complessivo.
      Perché se domani a te dà fastidio vedere gente col maglione verde e si vieta il maglione verde, c’è uno squilibrio.
      E la follia delirante delle nuove suscettibilità va in questo senso: qua non si tratta più di impedire che un omosessuale venga pestato per strada o bullizzato a scuola o che i genitori lo caccino di casa, ma di impedire lo scherzo, di creare la pulizia del linguaggio, creare una cappa di controllo, di intimidazione, di censura.
      Ecco, per me l’omosessuale che si offende per i film o le canzoni che scherzano sull’omosessualità è esattamente come l’eterosessuale di un tempo che si offendeva all’idea che ci fosse in giro uno che preferiva gli uomini e invocava leggi contro di lui.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “quello che dici vale solo quanto l’esercizio di un diritto ne lede un altro”

        Sostenere che questa non sia la regola significa credere nell’illimitatezza delle risorse.

        • Peucezio scrive:

          No, Mauricius.
          Perché se io fumo la sigaretta elettronica al chiuso non tolgo risorse a nessuno e non minaccio la salute di nessuno.
          E se mangio la carne di cavallo anziché quella di bovino faccio lo stesso danno all’ambiente, non ne faccio di più.

          E comunque di fronte alla limitatezza delle risorse si devono cercare nuove tecnologie che le moltiplichino, non ridurre la qualità della vita: se a suo tempo si fosse ragionato altrimenti, oggi avremmo la trazione animale e il pallottoliere al posto dei pc.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “Perché se io fumo la sigaretta elettronica al chiuso non tolgo risorse a nessuno e non minaccio la salute di nessuno”

            Se fai partire l’impianto antincendio del treno per il piacere di sfumacchiarmi e mi provochi due ore di ritardo allora sì che mi stai togliendo qualcosa.

            “E se mangio la carne di cavallo anziché quella di bovino faccio lo stesso danno all’ambiente, non ne faccio di più”

            E chi te lo vieta, infatti?

            “E comunque di fronte alla limitatezza delle risorse si devono cercare nuove tecnologie che le moltiplichino”

            Le risorse non si moltiplicano: al massimo si aumenta la capacità di estrazione (ovvero il consumo).

            • Peucezio scrive:

              Ovviamente non mi riferivo a treni e aerei.

              La carne di cavallo la Brambilla la vieterebbe e siccome non è l’ultima imbecille, ma è una politica, esprime un orientamento minoritario, un po’ radicale, ma diffuso: tante leggi e trasformazioni del costume partono da frange estremiste, bale un po’ per tutto.

              Sì, il concetto è lo stesso.
              Le particelle subatomiche potrebbero avere un’energia incommensurabilmente più grande di quella atomica, mai scoperta finora.
              Se vuoi chiamala aumentata capacità di estrazione.
              Io parlo di risorse nuove perché una risorsa è tale nel momento in cui lo diventa, non in una potenzialità astratta, altrimenti sarebbe come dire che i romani disponevano dell’energia atomica ma non sapevano usarla.
              No, è che nemmeno la concepivano.
              Comunque la sostanza è la stessa.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Davvero stiamo parlando di quello che vorrebbe la Brambilla?

                Il riduzionismo al solo problema energetico dell’intero problema delle risorse fa parte delle incomprensioni classiche del problema: non è che se ho il doppio dell’energia per esaurire le vene di minerale di ferro allora raddoppia il minerale di ferro in esse contenuto. Sì, certo, più energia mi permette di raschiare meglio il fondo del barile (posso scavare anche dove mai avrei scavato prima), ma questo distrugge altre risorse (il suolo, per esempio).

              • Miguel Martinez scrive:

                Per MT

                “Davvero stiamo parlando di quello che vorrebbe la Brambilla?”

                Ma secondo me va benissimo citare i sintomi: anche la canzoncina Bomb bomb Saddam è un sintomo.

                E la Brambilla e i suoi cavalli sono sicuramente un sintomo, ma di che cosa? Del Messianesimo Puritano, oppure del fatto che l’aumento di immissione di energia nel sistema ci ha distaccati dagli animali, per cui il cavallo non è più una macchina da frustare e poi rottamare, ma possiamo permetterci di scoprire che è un essere vivente, con una sua vita (e lo è realmente, come tutti gli esseri viventi anche quelli che non si filano gli umani di pezza).

                Le Alpi le hanno scoperte i turisti nell’Ottocento, non quelli che ricavavano una vita magra spaccando le pietre o portandoci le bestie alla malga.

                La cosa che stento a capire del ragionamento di Peucezio è come lui trovi negativa la proposta della Brambilla, eppure vorrebbe che si immettesse ancora più energia nel sistema.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “La carne di cavallo la Brambilla la vieterebbe”

                Non so nulla dell’iniziativa, ma sospetto (correggimi se sbaglio) che non sia per nulla un’iniziativa ambientalista, è un’iniziativa invece sul tipo “non mangio i cani perché sono il migliore amico dell’uomo”, estesa a un altro “animale simpatico”.

                Dal punto di vista ambientale il vero problema sono gli allevamenti intensivi/industriali, per ora non mi risulta che ce ne siano di cavalli.

              • Miguel Martinez scrive:

                Esattamente come pensavo, non c’entra proprio nulla la questione ambientale:

                https://www.cavallomagazine.it/notizie/la-proposta-di-michela-vittoria-brambilla-per-la-tutela-dei-cavalli-1-2114083

                “Ma le cose devono cambiare: il cavallo, l‘asino, il bardotto, il mulo sono animali che danno e ricevono affetto e come tali devono essere trattati. A ciò provvedono le norme che abbiamo delineato, non solo mettendo gli equini sullo stesso piano giuridico dei cani e dei gatti e vietandone la macellazione e il consumo della carne, ma complessivamente rivedendo le norme che regolano le condizioni di vita di animali alleati dell’uomo da migliaia di anni”

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Non so nulla dell’iniziativa, ma sospetto (correggimi se sbaglio) che non sia per nulla un’iniziativa ambientalista, è un’iniziativa invece sul tipo “non mangio i cani perché sono il migliore amico dell’uomo”, estesa a un altro “animale simpatico”.

                Dal punto di vista ambientale il vero problema sono gli allevamenti intensivi/industriali, per ora non mi risulta che ce ne siano di cavalli.”

                Ma certo.
                Miguel, tu inquadri il problema ambientale in modo serio.

                Ma la maggior parte non solo dei ragazzini, ma di tutti i sinistroidi d’accatto stile Schlein che ci fanno la morale sul riscaldamento climatico in realtà sono come la Brambilla, ragionano per sensibilità, perché si sono inricchioniti, non perché davvero hanno una consapevolezza seria del problema.
                È gente imbecille, modaiola, che vive in una bolla astratta e si baloccano con l’ecologismo in modo velleitario, ridicolo, infantile.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “È gente imbecille, modaiola, che vive in una bolla astratta e si baloccano con l’ecologismo in modo velleitario, ridicolo, infantile”

                Ma siamo tutti imbecilli e confusionari. Cosa vuoi che la gente capisca del collasso che stiamo vivendo?

                Io per primo: non mi sono mai occupato seriamente della cementificazione della Piana fiorentina, e adesso sento di tanta, tanta gente che ha perso tutto, perché la cementificazione ha portato alla distruzione di tutto ciò che avevano.

                In questi giorni, qui nella civile Toscana, c’è gente che non può più cucinare.

                Forse avremmo tutti dovuto sdraiarci per terra per impedire l’espansione dei centri commerciali, la terza corsia dell’autostrada.

              • Miguel Martinez scrive:

                per Peucezio

                “È gente imbecille, modaiola, che vive in una bolla astratta e si baloccano con l’ecologismo in modo velleitario, ridicolo, infantile”

                Quando qui si critica qualcuno, è bene suggerire sempre cosa avrebbero dovuto fare di meglio le persone, che comunque hanno cercato di fare qualcosa.

                O cosa hai fatto tu di meglio, che ha avuto esiti migliori.

              • Peucezio scrive:

                Solo che hanno potere, sono poi quelli che chiudono i centri storici, impongono le macchine elettriche e tutto il resto, che va sempre nel senso di “farci sentire migliori”.
                Senza risolvere un cazzo.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Solo che hanno potere, sono poi quelli che chiudono i centri storici, impongono le macchine elettriche e tutto il resto, che va sempre nel senso di “farci sentire migliori”.

                Non ho capito cosa significhi “chiudere” i centri storici: noi che ci viviamo, vogliamo continuare a viverci e non esserne cacciati.

                Non ho capito cosa c’entrano le macchine elettriche con il fatto che non voglio essere cacciato.

    • Peucezio scrive:

      Tra l’altro ti faccio notare che c’è una crescente colpevolizzazione sociale del consumo alimentare di carne.
      I vegetariani cominciano sempre di più ad andare oltre la rivendicazione di una loro scelta personale.
      Quella megera della Brambilla, quella coi capelli rossi, proponeva di vietare la carne di cavallo. Quindi non è nemmeno una questione di sostenibilità, visto che è un consumo numericamente marginale, ma proprio di sensibilità personale presa e imposta agli altri ex auctoritate.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Tra l’altro ti faccio notare che c’è una crescente colpevolizzazione sociale del consumo alimentare di carne.”

        Allora, da carnivoro…

        1) Il consumo di carne è AUMENTATO negli ultimi decenni in modo pazzesco. Ho conosciuto contadini siciliani che mangiavano la carne una volta l’anno, le proteine le prendevano dalle olive. La specie umana, fatti salvi gli eschimesi e i nobili europei, era sostanzialmente vegetariana fino a pochi decenni fa, cioè per quasi tutta la storia umana.

        2) Il consumo di carne è uno degli elementi che accelera di più la distruzione delle comunità e tutto il resto, perché oltre un certo limite, richiede enormi sistemi industriali transcontinentali.

        3) Prendersela con la singola vegetariana (certamente cretina se si chiama Brambilla) è come prendersela con il singolo ragazzino che ha disegnato una svastica e dire “ecco come sono i critici di Israele” . Vuol dire guardare troppa televisione.

        • Peucezio scrive:

          Però siamo sempre lì.
          Con la scusa delle risorse ci tolgono quello che ci avevano dato.
          Anche perché quando la carne se la potevano permettere in pochissimi, mica c’era riprovazione per quei pochissimi, né per nessuno, ammenoché non la si mangiava il venerdì.
          Oggi si cerca di instillare il senso di colpa.

          • paniscus scrive:

            ma non ti viene in mente che il cosiddetto “instillare il senso di colpa” abbia ANCHE una parte sgnificativa di fondamento reale, basato sul fattoo che la produzione industriale e globalizzata di enormi quantità di carne (che deve pure costare poco) ha DAVVERO un impatto pesantissimo e pericolosissimo sull’ambiente che ci contiene tutti?

            Tu pensi sempre che l’unica motivazione di qualsiasi divieto, di qualsiasi limitazione (o di qualsiasi incitamento alla moderazione degli sprechi o alla riduzione del superfluo) sia detttata da chissà quale missione ideologica o godimento morboso nel costringere qualcun altro a stare peggio.

            Pensi davvero che l’evidenza di veri limiti di sostenibilità non conti nulla, o che sia tutta un’invenzione complottistica?

            • Peucezio scrive:

              Aumentino il prezzo.

              I problemi si risolvono con soluzioni, non con la morale.
              La moralizzazione non è mai una soluzione per nulla, è un atteggiamento ricattatorio, colpevolizzante.

              Il mondo funziona secondo cause e conseguenze, la morale è un’assurda sovastruttura che serve solo a nevrotizzare, ricattare, a rendere l’uomo infelice.

              • Francesco scrive:

                pieno accordo con la prima frase e mezzo accordo con la seconda parte

                però davvero non capisco questa riprovazione per l’idea di aumentare i prezzi in proporzione al “danno ecologico” provocato dalla produzione e non inglobato nei prezzi di mercato.

                è quella cosa che chiamano “lotta alla disuguaglianza”?

              • Fuzzy scrive:

                La lotta alla diseguaglianza magari potrebbe partire dai ricavi della finanza.
                E poi si vede come si auto-configura quello che ne consegue.

              • Francesco scrive:

                La lotta alle disuguaglianze mi aspetto porti solo conseguenze negative.

                Senza per questo perdere slancio!

                Poi, col tramonto dell’Occidente, semplicemente scomparirà.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ peucezio

                “sovrastruttura”

                Applicata alla politica la morale è una sovrastruttura, certo, ma non assurda.

                Al contrario, serve come alibi.

                Esempio: mezza Italia è sott’acqua.

                Tutti i politici delle regioni coinvolti lì a dare la colpa al cambiamento climatico.

                Con conseguente condanna morale dei governi che nei fatti sabotano la lotta al cambiamento climatico (cioè tutti, tranne quello di qualche paese nonché le solite Costarica, Svizzera e Islanda).

                Cattivi, cattivi nemici degli orsi bianchi e degli atolli del Pacifico.

                Quando in realtà basterebbe smantellare la cementificazione dell’alveo dei numerosissimi torrenti del Bel Paese per prevenire l’insorgere di più della metà dei danni. E questo i governatori delle varie regioni lo posso o fare sua sponte a prescindere dal cambiamento climatico.

            • paniscus scrive:

              Peucezio:

              “Aumentino il prezzo.”—

              Poi arriva la valanga di piagnisteo pseudo-sociale secondo cui “non è giusto che la carne possano mangiarla solo i ricchi”…

              • Peucezio scrive:

                Ma infatti il prezzo dovrebbe essere in parte in rapporto al reddito, così tutti sono incentivati a mangiarne un po’ di meno.

                Il problema comunque è che siamo troppi.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Il problema comunque è che siamo troppi.”

                Infatti, è vero.

                Però ci sono tanti aspetti.

                Otto miliardi di persone ciascuna con il Suv personale e il diritto di visitare Firenze per mangiare la bistecca chianina, vuol dire che domani sera alle 16.20 muore la specie umana, e molte altre specie.

                Otto miliardi di persone, con un chilo di carne al mese a testa e una bicicletta, beh, è tutta un’altra cosa.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                cosa cazzo è un prezzo in rapporto al reddito??? fosse così, non ci sarebbe più il reddito misurato in denaro. sei oltre Marx, direttamente nel Paradiso Socialista

                mi ricordi un mio professore di diritto, persona ottima, che suggeriva che il denaro avrebbe dovuto avere una scadenza per impedire di tesaurizzarlo e dargli troppo valore. e noi pischelli bocconiani a pensare al boom del mercato immobiliare a ogni data di scadenza del contante, senza capire a cosa pensava lui.

                Ciao!

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “ci tolgono quello che ci avevano dato”

            Ma chi ci aveva dato cosa? E chi ci sta togliendo cosa? Il medico che ti dice che mangi sei volte il quantitativo di carne rossa raccomandato dal consenso scientifico per la TUA salute?
            Sarebbe meglio smetterla di scaricare sugli altri la responsabilità dei propri sensi di colpa.

            • Peucezio scrive:

              Allora comincia a rinunciare a riscaldamento, acqua corrente, lavatrice, lavastoviglie, elettricità, in genere, mezzi di trasporto che ti esimono dall’andare a piedi al lavoro o a fare acquisti quando si tratta di fare chilometri e magari aggiungiamoci tutti i portati della medicina, visto che costano, consumano risorse anch’essi, c’è dentro della chimica, delle macchine, delle tecnologie sicuramente impattanti anch’esse…

              Poi il passatista sono io…

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Perché dovrei farlo? Chi me lo impone?

              • Fuzzy scrive:

                Volere è potere.
                https://it.m.wikipedia.org/wiki/Volere_%C3%A8_potere
                O volere era potere.
                Adesso puoi volere finché ti pare, ma non è detto che poi arrivi il potere. Anzi. È più probabile che arrivi la madre di tutte le crisi finanziarie. Quella per cui non si riuscirà a non far fallire neppure le banche che non possono fallire.
                Ma si tratta solo di probabilità, non di certezze.
                Se uno vuol volere fino allo spasimo è ancora legittimato a farlo.

              • paniscus scrive:

                Comunque, sul serio, per Peucezio: non si capisce davvero quale ragionamento ci stuia dietro, alla storia che “adesso ci tolgono quello che prima ci avevano dato”.

                Tanto per cambiare, chi sarebbero quelli che “ce l’avevano dato”?

                E soprattutto, perché mai, se abbiamo avuto a disposizione er un certo periodo quella risorsa, allora avremmo maturato il diritto ad avercela per sempre?

                (e in partcolare, perché mai deve esserci il diritto assoluto ad avercela per sempre, e deve esserci addirittura “qualcuno che deve darcela” per sempre?)

                Se per qualche decennio abbiamo potuto usufruire di una risorsa che c’era, ma che aveva dimensioni FINITE e che prima o poi si sarebbe esaurita, non è che en abbiamo usufruito “perché ce l’ha concesso qualcuno”, ma semplicemente perché in quel momento c’era. Se poi non c’è più, non ne usufruiamo più, e pace… (oppure c’è ancora ma in qauntità così limitate che i prezzi diventano altissimi, e quindi potranno permettersela in pochi).

                Faccio un esempio banale: in una regione geografica che vive in condizioni di sussistenza minima, viene scoperta una miniera di materiale pregiato. Di colpo l’economia del luogo migliora, attira clienti, dà lavoro a un sacco di gente, e scoppia il benessere, dopo di che ristagna l’ABITUDINE al benessere.

                Se dopo una generazione o due il contenuto della miniera si esaurisce, non si può accusare il governo di aver “tolto il benessere” alla gente del posto, o pretendere che ci pensi il governo a riempirla di nuovo e a renderla redditizia come prima,

                solo perché “ormai eravamo abituati al benessere, e quindi abbiamo diritto a mantenerlo sempre uguale, e ci deve pensare qualcuno a fare in modo che continui così“!

                Se una risorsa non c’è più (oppure c’è ancora, ma nel frattempo ci si è resi conto che il suo sfruttamento fa complessivamente più danni gravi che utili), si prende atto che non la si può più usare come prima.

                Non è che sia stata TOLTA di proposito, come invece succede sistematicamente con prodotti e servizi che vengono eliminati perché considerati obsoleti, quando invece potevano funzionare ancora benissimo…

              • Peucezio scrive:

                Paniscus,
                tu ragioni come se non esistesse il potere.
                Come se ci fosse una comunità di brave persone, in piena buona fede e comunione di intenti fra loro, che trovano una risorsa, la sfruttano e poi finisce.
                Invece abbiamo un sistema economico con degli attori, dei decisori, che a un certo punto ha imposto un certo regime di vita alla società. Che, certo, non ne vedeva l’ora, ma aveva vissuto per millenni in modo diverso.
                E ha creato in questo modo un’umanità abituata a certi standard.
                Le risorse finite si amministrano, non si saccheggiano alla cazzo di cane come se non ci fosse un domani.
                E questa non è una responsabilità dell’uomo comunque, che non ha nessun potere e ha avuto un ruolo totalmente passivo e ricettivo in tutto ciò, ma di chi le risorse le estrae, le sfrutta, ne vendeo il prodotto, guadagnandone quello che c’è da guadagnarci.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “tu ragioni come se non esistesse il potere.”

                Certo che esiste il “potere”.

                O meglio esistono otto miliardi di esseri umani con gradi di potere che vanno dal fatto di poter respirare all’avere in mano i soldi di Paperon de’ Paperoni.

                Tutti abbiamo un qualche potere, spesso ci dimentichiamo di esercitarlo.

                Oggi la TIM è stata comprata da una multinazionale statunitense che dicono (non lo so) sia specializzata nel rapinare aziende e scappare con la cassa. E dicono che la rapina è stata fatta in maniera al limite della legalità, e quindi con la complicità del governo attuale (quello che accusano di essere “sovranista”).

                Questo è un atto di potere, che va denunciato come tale, di cui il “popolo” non è colpevole.

                Ma nel mio potere, c’è la possibilità di non dare il voto al governo attuale e c’è la possibilità di non avere lo smarfo.

              • Peucezio scrive:

                dell’uomo comune, non comunque.

              • paniscus scrive:

                “Ma nel mio potere, c’è la possibilità di non dare il voto al governo attuale e c’è la possibilità di non avere lo smarfo.“—-

                E appunto questa è proprio un esempio di qualcosa che “hanno deciso di toglierci”, senza che ci fosse nessuna emergenza reale e senza che la scelta di stare senza smartphone danneggiasse nessun altro.

                Nel senso che si sta andando verso una pubblica amministrazione e una burocrazia in cui di fatto, tra pochissimi mesi o al massimo un anno o due, sarà obbligatorio avere lo smartphone per fare qualsiasi passaggio necessario per essere un cittadino normale, dall’usare la SPID, a prenotare una visita medica o un colloquio scolastico, a collegarsi a un sito istituzionale (perché tra un po’ lo si potrà fare solo inquadrando un QRcode) e amenità del genere.

                Fino a poco tempo fa era facilissimo fare le stesse cose da un computer fisso (che ci si faceva durare anche per 10 anni, senza dare fastidio a nessuno), adesso ci sono tante di quelle limitazioni che sarà per forza necessario usare lo smartphone anche a chi non ne aveva nessuna intenzione e stava meglio senza.

                Però questa “imposizione” Peucezio non la nota, e non la riconosce come imposizione, perché a lui non dà fastidio, e anzi gli sembra un salto di progresso. Però contemporaneamente rivendica che Babbo Natale dovrebbe pensare a rifornirci per sempre delle stesse quantità di petrolio a costi bassi a cui eravamo abituati, o alla stessa disponibilità di bistecche.

              • Lucia scrive:

                “e magari aggiungiamoci tutti i portati della medicina”

                Stante una condizione di malattia, l’uso di medicinali o tecniche diagnostiche non è negoziabile come lo sarebbe una zuppe di lenticchie al posto della bistecca.
                Quindi non mi sembra onesto generalizzare così, ché la critica ad una condizione del nostro sistema produttivo non significa voler gettare a mare tutto. Anzi, si cerca di cambiare qualcosa perché tutto riman… No dai 😉, per non dover rinunciare ad aspetti cruciali come i portati della medicina

  25. il modulo del dissenso informato scrive:

    @Roberto
    “” guardiamo le persone con i nostri occhiali.”
    sostituisci la parola persone con mondo e sono *totalmente* d’accordo”
    “pensa ai novax. tu mi sembra che consideri che sono stati sbeffeggiati e tacitati perché non seguono il discorso pubblico, ma provando ad usare altri occhiali, non ti ricordi la litania costante del “voi siete pecore perché prendete il siero sperimentale, noi ci informiamo e abbiamo capito tutto”? e questa litania non è stata espressa davvero in ogni sede, e continua ad essere un sottofondo persistente.”
    Sono d’accordo con te che vediamo il mondo con i nostri occhiali, però poi per costruire un dialogo è anche necessario partire da dei dati di realtà condivisi.

    Non si può mettere sullo stesso piano la macchina del discorso pubblico e le minoranze che si esprimerebbero ” liberamente” sui social, non c’è equivalenza nè proporzione.
    Il mondo è fatto anche di una macchina del discorso pubblico che crea la narrazione dominante, e che, venendo alla gestione Covid, ha proposto come bersaglio del pubblico ludibrio prima i runners e i festeggiatori in casa, poi i “negazionisti” ( negazionisti, potenza e non neutralità delle parole) novax.

    Visto che si parla di repressione in un mix di aspetti di libertà di espressione e di libertà esistenziale, i “novax” sono stati repressi nella loro vita reale, materiale e non solo “digitale”, “espressivo”,sono stati repressi nel loro status legale ed effettivo di cittadini.
    Mi si potrebbe dire che il meccanismo repressivo e discriminatorio era giusto, necessario, indispensabile, e mi andrebbe bene, ma non che non ci sia sia stato un meccanismo repressivo e discriminatorio, questo lo chiamerei un dato di realtà.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per modulo

      “Mi si potrebbe dire che il meccanismo repressivo e discriminatorio era giusto, necessario, indispensabile, e mi andrebbe bene, ma non che non ci sia sia stato un meccanismo repressivo e discriminatorio, questo lo chiamerei un dato di realtà.”

      Esatto

    • Roberto scrive:

      Modulo
      (Bel nickname!)

      “Non si può mettere sullo stesso piano la macchina del discorso pubblico e le minoranze che si esprimerebbero ” liberamente” sui social, non c’è equivalenza nè proporzione.”

      Per ora reagisco solo su questo, che è la cosa che condivido di meno

      Io credo che oggi il discorso pubblico sia semplicemente una voce fra le tante.
      Chi si fila, non dico un telegiornale, ma anche un primo ministro che va in televisione a dire “oggi c’è il sole”?
      Inizia immediatamente una cagnara di
      – non è vero ho letto che piove
      – il cugino vende crema solare, sarà pagato
      – è una scusa per non farci mettere il maglione di lana
      – guarda questo video che dimostra che c’è una nuvola
      – ma lo ha detto veramente, non ci credo!

      E queste voci di sottofondo sono ormai sempre più fondamentali

      Non c’è più istituzione, autorità, politico, intellettuale che abbia un minimo di seguito e di autorevolezza

      Non c’è nessuno che vale più di un fedez qualsiasi.

      Il tuo discorso lo avrei sicuramente sottoscritto 20 anni fa ma adesso mi sembra davvero fuori bersaglio

      Se posso suggerire, hai visto il film “don’t look up”? Ecco per me descrive in maniera magistrale la comunicazione al giorno d’oggi

      • Peucezio scrive:

        Roberto,
        spero proprio tu abbia ragione.

        Ma il punto non è solo il seguito dei media.
        Ma il fatto che i media esprimono in forma banalizzata il pensiero dei ceti dirigenti, del mondo accademico, imprenditoriale, finanziario, ecc.
        Che è quello che decide.

      • il modulo del dissenso informato scrive:

        @Roberto
        “Non c’è più istituzione, autorità, politico, intellettuale che abbia un minimo di seguito e di autorevolezza”
        Non ho visto ” Don’t look up”, devo ammettere che non ne avevo sentito parlare, cercherò di vederlo.

        Non avranno l’autorevolezza ma hanno l’autorità, quindi decidono.

        Per il resto,ti risponderei che Fedez è parte integrante della macchina del discorso pubblico, tu giustamente in passato notavi che i giovani non si filano i mainstream media tradizionali,ma la macchina del discorso pubblico non passa solo da questi , quello che è importante è la sua funzione è di costruire un consenso o perlomeno un’acquiescenza del cittadino su determinate questioni fondamentali .
        Come dice anche Peucezio il punto importante è su cosa si decide ,il vero scopo della macchina del discorso pubblico è quello di delimitare il campo di quello che è decidibile.

        Cerco di spiegarmi meglio con un esempio legato all’attualità.

        Prova per un momento a mettere da parte le tue eventuali idee e preferenze sulle questioni Russia-Ucraina e Israele-palestinesi.

        Nel discorso pubblico, potrebbero emergere una serie di ragioni “ideali” e pratiche, con relativa retorica annessa, e sottolineo retorica, per giustificarle e presentarle,per metterle in buona luce rispetto al pubblico,ragioni in base alle quali l’Italia e/o l’Europa dovrebbero sanzionare rispettivamente Ucraina e Israele.

        Ma il discorso pubblico è congegnato in modo che tali opzioni, giuste o sbagliate che siano, non sto parlando di questo, non rientrino nel campo del realmente decidibile.

        Ero partito dal Covid,no vax ecc.

        Nella seconda fase del Covid c’era Draghi, Draghi tra i vari misfatti di cui è responsabile fattualmente e politicamente c’è quello del crac MPS, era lui governatore della Banca d’Italia con poteri di controllo e vigilanza , in sostanza era colui che poteva e doveva impedire l’acquisizione dell’Antonveneta che poi fu la goccia che fece traboccare il vaso MPS,e fece il contrario ,però niente di questo è arrivato alla superficie del discorso pubblico, anzi la macchina del discorso pubblico gli ha creato ” l’autorevolezza” di San Draghi , con l’aiuto della quale ha potuto decidere, mentire senza che nessuno gliene chiedesse realmente conto, ecc ecc.

        I primi studi dell’univ. di Oxford , effettuati sul personale sanitario inglese,che dimostrarono che i vaccini non impedivano la l’infezione e quindi anche la sua trasmissibilità ,risalivano alla prima primavera 2021, e furono poco dopo debitamente riferiti alla nostra Commissione Parlamentare competente dagli esperti convocati a riferire a tale scopo, sono procedimenti che immagino tu conosca meglio di me.
        Tornando al tema della macchina del discorso pubblico, che è il centro del mio discorso, penso che si possa dire che la macchina del discorso pubblico non solo non ha tenuto conto di questi risultati, ma che anzi si è basata sulla negazione di questi risultati, in perfetto parallelelismo con la macchina decisionale.

        • paniscus scrive:

          “I primi studi dell’univ. di Oxford , effettuati sul personale sanitario inglese,che dimostrarono che i vaccini non impedivano la l’infezione e quindi anche la sua trasmissibilità ,risalivano alla prima primavera 2021, “—-

          Ma io ricordo che non è che fossero stati tenuti nascosti, lo si sapeva in maniera abbastanza diffusa, o almeno si sapeva che il tasso di efficacia (soprattutto nella DURATA dell’immunizzazione) fosse ancora molto dubbio, e che avesse bisogno di ulteriori indagini in seguito.

          Quindi, non la vedo come un inganno colossale fabbricato ai danni dei cittadini ignari, che sono stati spinti a vaccinarsi perché falsamente convinti che il vaccino avrebbe risolto tutto.

          La stragrande maggioranza della gente (me compresa) si è vaccinata semplicemente perché immaginava che la protezione fosse parziale, ma pensava:

          a) che una protezione parziale fosse sempre meglio che niente,

          b) che più gente vaccinata c’era in giro, più si sarebbe ridotta la diffusione del virus e quindi ci saremmo liberati iù velocemente di quarantene, mascherine e altre grosse seccature annesse.

          E parlo appunto della primavera del 2021, cioè quando non c’erano ancora obblighi e non c’era il green pass, quindi chi si è vaccinato in quel periodo l’ha fatto liberamente, e non per obbligo né per convenienza.

          • il modulo del dissenso informato scrive:

            @Paniscus
            Io parlo della macchina del discorso pubblico, ho citato Draghi non a caso perchè la sua pubblica dichiarazione sull’efficacia dei vaccini in contrasto con le risultanze scientifiche avvenne a cavallo tra luglio e agosto di quell’anno.
            Io non posso certo mettermi a sindacare la tua coscienza e percezione di allora rispetto al problema, però secondo me il discorso pubblico non andava certo nella direzione di mettere il cittadino in grado di fare una scelta tranquilla, libera e soprattutto realmente informata.
            Non vorrei sembrare pedante ma la durata dell’efficacia cui ti riferisci non poteva essere riguardo all’immunizzazione, che è cosa diversa,ma rispetto alla durata di una più generica protezione, tanto è vero che, tornando sempre al discorso pubblico, si passò dal propagandare come “verità ufficiale” le virtù di immunizzazione generale e onnicomprensiva del vaccino ( come i vaccini storicamente succedutisi fino a quel momento nella storia della medicina ) e si finì per propagandare grossomodo il fatto che era utile per non finire all’ospedale.
            Insisto che ciò che era “vero e ufficiale” come virtù del vaccino passò in pochi mesi dall’essere una cosa all’essere tutt’altra cosa, ed era sempre “vero ed ufficiale”.
            Mi scuso per il tecnicismo di ciò che vado a scrivere, ma al momento è scientificamente noto ed appurato dagli studi più recenti che la Spike somministrata nel vaccino può provocare la downregulation del sistema immunitario innato ed adattivo ( si ipotizza che ciò sia dovuto ad un’eccessiva risposta infiammatoria alla vaccinazione), così come influisce sulle infezioni “dirompenti” (e qui si ipotizza un ruolo degli RNA lunghi non codificanti). È stato inoltre dimostrato che la citochina IL-18 indotta dal vaccino è coinvolta nella miocardite associata al vaccino, e questa stessa citochina è nota per essere un induttore di metastasi nei pazienti oncologici in trattamento.

            Tutto ciò , che è molto tecnico, andrebbe però sintetizzato nell’eventuale tema del discorso pubblico :” pro e contro delle politiche Covidiane” alla voce problemi seri, con eventuale chiamata di responsabilità per chi ha deciso ecc ecc.
            Ma di questo nel discorso pubblico non mi pare che ci sia traccia, non c’è nessun dibattito.

          • Peucezio scrive:

            Paniscus,
            la gente in parte ha agito secondo le considerazioni che hai esposto, ma si è creata anche una stigmatizzazione, un ostracismo verso i non vaccinati, non solo a livello mediatico, ma, di riflesso, a livello popolare, non di tutti ma di tanta gente, che se davvero ci fosse stata la consapevolezza radicata e ampiamente maggioritaria che il vaccino limita i danni solo per chi lo assume, non ci sarebbe stata.

            • Francesco scrive:

              da parte mia c’è stata eccome, e mi sono vaccinato con la logica esposta da Paniscus

              amo gli anarchici fino al momento in cui le loro azioni hanno conseguenze per me. da quell’attimo in poi esistono le regole sociali (non è colpa mia se non ho una pistola)

              ciao

        • Peucezio scrive:

          il modulo,
          d’accordo su tutto.

        • Lucia scrive:

          Lavorando a stretto contatto con infermiere, mi ricordo la loro “stracchezza” (esasperata stanchezza) nel raccontare “e la gente mi dice che però si prende il virus comunque… Ma lo sappiamo tutti che il vaccino non ferma il contagio ma fa sì che la malattia venga contratta in forma più lieve, maledett* di quel** etc”

          “era colui che poteva e doveva impedire l’acquisizione dell’Antonveneta che poi fu la goccia che fece traboccare il vaso MPS”
          Beh, ma il sistema MPS era marcio da mò, tu non puoi puntare il dito verso l’utimo atto e dire”è tutta colpa dell’ultimo controllore!!”
          Poi magari Draghi ha comunque colpe che andrebbero analizzate, figüres.

          • il modulo del dissenso informato scrive:

            @Lucia
            “Lavorando a stretto contatto con infermiere,”
            Traduco nei termini del genere di discorso che stavo cercando di fare :la gente si accorge un po’ per volta che la “Verità” di prima non è più tanto vera, e che però nella pratica della vita chi decide ha detto che bisogna comunque fare così e cosà, e nel tentativo di adeguarsi ( non è che ha molta scelta, deve adeguarsi) questa gente straccia la minchia all’ultima ruota del carro, le povere infermiere.

            “Beh, ma il sistema MPS era marcio da mò, tu non puoi puntare il dito verso l’utimo atto e dire”è tutta colpa dell’ultimo controllore!!”

            Quello che mi attribuisci è un po’ diverso da quello che cercavo di dire, poi magari non sono capace di spiegarmi.
            Io cerco di fare degli esempi rispetto alla mia idea di fondo, cioè che il sistema si basa su una macchina del discorso pubblico che crea narrazioni dominanti ( e spesso farlocche), cioè si basa largamente su una propaganda manipolatoria.

            Ad un certo punto , e secondo me è indubitabile, a “reti unificate” ci è arrivata la narrazione di San Draghi Salvatore dell’Italia.
            In questa narrazione San Draghi era un super competente, che però per conto mio di fatto non era stato capace nè di capire le evidenti criticità dell’acquisizione specifica,nè di capire il momento macroeconomico, e meno che meno di agire di conseguenza, quindi si è dimostrato negligente e incompetente nell’esercizio delle sue funzioni , poi
            era così buono ma buono che era uno che faceva attraversare le vecchiette in difficoltà ( mi è toccato leggere magari non proprio questo ma comunque cose del genere ), pero ahimè si è dimostrato negligente e incompetente nell’esercizio delle sue funzioni .

            Non ti chiedo di essere d’accordo con questa mia analisi, ti chiedo di immaginarti che a “reti unificate” a quei tempi si fosse parlato di Draghi come dell’affossatore di MPS, tanto quanto a “reti unificate” sul vaccino si diceva che era vero A , poi si diceva B , e poi C…. ecc ecc.

  26. Andrea Di Vita scrive:

    @ IMDDI

    “meccanismo repressivo e discriminatorio”

    La domanda allora mi sembra che sia: et mai esistita una società umana senza una qualche forma di repressione e discriminazione?

    Ne dubito.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  27. il modulo del dissenso informato scrive:

    “La domanda allora mi sembra che sia: et mai esistita una società umana senza una qualche forma di repressione e discriminazione?
    Ne dubito.”
    Certo, però il mio interesse va più verso i meccanismi di adesso, di primo acchito mi viene da dire che in realtà al giorno d’oggi nel dosaggio tra repressione e manipolazione c’è più del passato la manipolazione, siamo in una società sempre più “orwelliana” .

  28. Moi scrive:

    @ PEUCEZIO

    Una roba per me avvilente, ma che ti darà conforto :

    persino su TikTok nel 2023 , i Gen Z la menano con lo stucchevolissimo Nord VS Sud da Anni Cinquanta : magari sono pure minoranza etnica in classe in quanto Italiani … ma tant’è !

  29. Ros scrive:

    Peucezio “…Mah…
    Il giochino del nord e del sud lo trovo stucchevole e ridicolo…”

    Sono più di vent’anni che vivo fuori dalla Sicilia, prevalentemente al nord, da anni nel nord-est.
    Quando incontro altri meridionali (dappertutto è pieno, sotto ogni sasso ne spunta una colonia) si lamentano di questo e di quello…
    strazio, pianto e strìdere di denti.
    Geremiadi a mai finire😢

    Mischinazzi!!!

    …a giurargli che per me è uguale, non mi è mai successo nulla di quello che lagnano;
    o non ci ho fatto mai caso almeno.
    E che nessun “nordico” mi ci ha mai fatto fare caso…
    non ci credono.

    Ma è vero!

    In tanti anni mai accortomi di trattamenti o altro differenti,
    mai accortomi d’essere al nord e che è (dovrebbe, o così dicono) diverso dal stare al sud.
    Tanto che non ci penso, e non ci torno, da quando me ne sono andato.

    • Peucezio scrive:

      Io sono praticamente sempre vissuto a Milano, in Puglia ci sono tornato in varie occasioni di mia iniziativa, quindi faccio testo fino a un certo punto, perché non posso aver vissuto il distacco e la nostalgia (avevo 2 anni): il recupero dell’identità meridionale e pugliese nel mio caso è stata una cosa consapevole e mediata.
      Però, insomma, anche se non ho fatto l’esperienza vera dell’emigrante conosco bene entrambe le realtà.

      E vedo che i meridionali (parlo dei giovani o al massimo della mia età) quando arrivano a Milano si confermano nello stereotipo (negativo) che hanno di Milano perché essenzialmente vivono solo quello.
      È chiaro che se frequenti solo il centro, i locali fighetti, la gente iperefficiente e carrierista, che idea puoi farti di Milano?
      Poi è vero che la Milano che vivo io devi andare un po’ a cercartela.
      Ma è anche vero che salta fuori un po’ dappertutto, in tanti angoli.

      Quanti, per dire, sanno che a Milano c’è una villa in piena città, zona Corso Venezia, nel cui giardino scorrazzano fenicotteri rosa ben visibili attraverso le grate esterne?

      Quanti sanno che a Milano, in centro, c’è San Maurizio, chiamata la Cappella Sistina di Milano, piccola ma tutta affrescata da cima a fondo? I forestieri (ma forse anche molti milanesi) credono che a Milano di storico ci siano solo il Duomo e il Castello Sforzesco e che per il resto è una città moderna e anonima. Invece, sia pure fra un palazzone anni ’60 e l’altro, ci sono tesori incredibili. E talvolta anche in frammenti di tessuto architettonico-urbanistico relativamente intatto.

      E io conosco solo una minima parte degli aspetti segreti di Milano. Ma che trovi illustrati alla nausea in un’infinità di libri e pubblicazioni (e anche sul web).

      E poi basta spostarsi di pochissimo per trovare trattorie tipiche, economiche, autentiche (e qualcuna ce n’è anche in piena città), gente generosa e ospitalissima, alla mano, campagne suggestive, natura, cascine…
      Ci sono agriturismi meravigliosi a un tiro di schioppo dalla città, dove pare di immergersi in realtà bucoliche che manco in Toscana.

      E se tutto ciò vale per Milano, figuriamoci il resto del nord Italia, che è fatto di cittadine a misura d’uomo, spesso artisticamente meravigliose, fra le più belle del mondo.

      Poi non capirò mai come fa a sentirsi alienato un meridionale che va a vivere nel Veneto, in mezzo a bonari ubriaconi socievoli e un po’ bestemmiatori.
      Posso capire se uno mi dice la borghesia torinese. E io ho trovato gente simpatica persino lì.
      Ma in Veneto… Non ci ho mai vissuto, ma praticamente tutti i veneti che ho conosciuto sono simpaticissimi, ospitali, affabili, alla buona.
      Ci sarà qualche stronzo che ce l’ha coi meridionali. Ma mi danno più di atteggiamenti folcloristici che di vera ostilità. Ma non lo so: non ci ho vissuto appunto.

      • Ros scrive:

        @concordo in tutto
        “…Poi non capirò mai come fa a sentirsi alienato un meridionale che va a vivere nel Veneto, in mezzo a bonari ubriaconi socievoli e un po’ bestemmiatori.
        Posso capire se uno mi dice la borghesia torinese. E io ho trovato gente simpatica persino lì.
        Ma in Veneto… Non ci ho mai vissuto, ma praticamente tutti i veneti che ho conosciuto sono simpaticissimi, ospitali, affabili, alla buona.
        Ci sarà qualche stronzo che ce l’ha coi meridionali. Ma mi danno più di atteggiamenti folcloristici che di vera ostilità. Ma non lo so: non ci ho vissuto appunto…”

        Sottoscrivo!😀
        E ho vissuto in paesini della Marca trevigiana più profonda e sperduta dal heart of darkness e merlot (più merlot che kurtz); alla “Borgo tre case” frazione di Borgo Dieci Case, con l’Artemio-Pozzetto.

        Robe e sguarditorvi degli indigeni – all’inizio, solo all’inizio – tipo “Un tranquillo weekend di paura”😁😎
        https://www.bing.com/videos/riverview/relatedvideo?&q=un+tranquillo+weekend+di+paura+banjo&&mid=B319FAB284269248D337B319FAB284269248D337&&FORM=VRDGAR
        …e invece poi😀😄😊
        campagnolazzi sputati sputati uguali uguali come quelli del mio paese😁
        Pare un luogo comune, ma tutto il mondo è paese.
        Paesello.
        I buoni e i cattivi, i belli e i brutti, i scemi e i svegli, i diavoli e i santi…

        Che poi, alzi gli occhi… tutto uno stesso cielo è!

        Ciao😀

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “Ma in Veneto…”

        Vivo in Veneto da qualche decennio e posso dirvi che sono i veneti i primi a lamentarsi della chiusura dei veneti. Se non ve ne hanno parlato è perché non siete veneti 😀

        • Ros scrive:

          @Mauricius Tarvisii

          Ma sei trevigiano? Se posso chiedere?😀

          I trevigiani in special modo sono chiusi, e un po’ – come dire… – complessati, forse?

          Sembrano, così, essere scostanti, ma è una sorta di timidezza che può superarsi, in qualche misura😁
          persino senza sbronzarsi.

          Un po’ la superano, poi si pentono e si reintrovertiscono dietro la loro siepe.

          Van presi come sono, hanno i loro lati positivi. E son tanti.

          I maschi, cani bastonati dalle femmine padrone, femmine dominanti, femmine kapò 😁

          Mi sa che sbevazzano per questo.

          Simpaticissimi😁
          Come Paperino con lo zio Paperone femmina😁😁😁

          Femmine capaci però, toste!

          Ciao😁

          • Peucezio scrive:

            Già, mi hanno sempre colpito le donne venete.
            Volitive, sveglie, decise, a tratti estroverse.
            Ma sempre con un tratto di autenticità, di scarsa affettazione.
            Credo che dovrei sposarmi una veneta.

          • Ros scrive:

            …Femmine capaci però, toste!..

            …capaci di farti sgobbare come un somaro e sempre come un somaro buono a niente trattarti😄😎
            …sia mai che dovessi alzare la cresta!

            Io, che sono finto “bipolare”😁 finto estroverso, finto compagnone che si stanca presto dell’umana compagnia e ha bisogno di “recuperarsi” nella solitudine – nella mia Fortress of Solitude micheldemontagniana –
            mi ci trovo bene, con loro.

            Mi lasciano, volentieri, miei spazi.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Sì, più o meno trevigiano 😀

            Comunque i vicentini hanno una fama “peggiore” in questo senso, mentre i bassanesi passano per quelli aperti. Assimilerei a questi ultimi anche quelli della sinistra Piave, ma è mia aneddotica personale più che vox populi.

            • Ros scrive:

              @Mauricius Tarvisii
              “…Comunque i vicentini hanno una fama “peggiore” in questo senso…”

              nel senso che, oltre al resto, mangiano pure i micetti…
              …se dovesse mancare il baccalà😁

              E ci dimentichiamo dei gioviali, estrosi veneziani di Venezia
              (gli ultimi rimasti), ma, di carattere, quelli, per la loro storia e retaggio, fanno un caso a tutto a se in Veneto😀

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                I veneziani non di terraferma vengono divisi in due categorie:
                – i pazzi da endogamia, soprattutto nelle isole e in posti tipo Treporti dove si sono trasferito
                – quelli che se la tirano e non piacciono nemmeno ai mestrini

                No, dei vicentini si dice che sono chiusi e non legano con nessun esterno. La cosa dei gatti è più che altro uno scherzo che si ripetono tra loro.

              • PinoMamet scrive:

                Ho conosciuto una vicentina e più o meno corrispondeva, inoltre diceva che i suoi concittadini erano peggio di lei.

      • Roberto scrive:

        Peucezio

        “Ma in Veneto… Non ci ho mai vissuto, ma praticamente tutti i veneti che ho conosciuto sono simpaticissimi, ospitali, affabili, alla buona.”

        Io ho vissuto tra i 6 ed i 14 anni in un paesino microscopico in Veneto e ho il ricordo di essere stato un negro a capetown negli anni dell’apartheid…e di una serie enorme di teste di cazzo che mi hanno talmente colpito che ancora me le ricordo

        Da adulto invece ho un sacco di amici, anche carissimi amici veneti, tutti accomunati da una certa timidezza o riservatezza, ma gente simpatica, buona e colta. Trattasi però al 100% di cittadini (padovani, trevigiani, vicentini…)…un po’ saranno cambiati i tempi un po’ probabilmente fra un contadino del rovigotto e un avvocato padovano c’è molta differenza (scusa i 3 minuti classisti)

        • Peucezio scrive:

          Già, poi la condizione infantile e preadolescenziale è diversa.
          Scatta sempre il rifuito dell’estraneo, soprattutto in realtà piccole e un po’ chiuse.

        • Ros scrive:

          @Roberto: “…buona e colta. Trattasi però al 100% di cittadini (padovani, trevigiani, vicentini…)…un po’ saranno cambiati i tempi un po’ probabilmente fra un contadino del rovigotto e un avvocato padovano c’è molta differenza (scusa i 3 minuti classisti)…”

          Il contadino del rovigotto – o del trevigiano – ha proprio quel complesso della “cultura”, della scolarizzazione…

          dopo la III° media, se va bene, vanno (andavano) a lavorare in catena di montaggio o come magazzinieri.

          Gli resta addosso il complesso della gente “studiata”; complesso ambivalente come tutti i complessi.
          Devono compensarlo con una certa stronzaggine difensiva😄

          Mostrano di disprezzare la “cultura” (loro lavorano, producono; i sghei!!! mica balle e aria fritta!)
          allo stesso tempo si sentono inferiori e snobbati…

          Che teneri😀😘😘

        • Lucia scrive:

          “fra un contadino del rovigotto e un avvocato padovano”

          A Ferrara difatti si sparla da secoli dei rovigotti, chiamandoli così anziché rodigini come loro pretenderebbero 😌

  30. Ros scrive:

    Roberto “…ho vissuto tra i 6 ed i 14 anni in un paesino microscopico in Veneto e ho il ricordo di essere stato un negro a capetown negli anni dell’apartheid…e di una serie enorme di teste di cazzo che mi hanno talmente colpito che ancora me le ricordo…”

    Posso capirebene, ma era l’età difficile, quella li.
    E l’esterno tende a rispecchiare lo stato interiore. Ad essere, come, “creato” da quest’ultimo.
    La vita è, un po’, uno stato mentale, diceva Chance il Giardiniere.

    Ciao😀

  31. Miguel Martinez scrive:

    OT

    Pensando ai commenti di Roberto e di Peucezio, una riflessione poco politica, che riguarda più che altro noi che siamo qui…

    ma che ha molto a che fare con la questione della “psicologia delle persone che contano e modellano il mondo”:

    chiedo a ciascuno, cosa farebbe se improvvisamente avesse “un sacco di soldi” (non definiamo cifre).

    • Ros scrive:

      Li ho avuti, a volte, (forse li riavrò in futuro) finirli è facilissimo; è un attimo 😎

      Come ti diceva quello? George Best?:
      ” ho speso quasi tutti i miei soldi in alcol, droghe e puttane; il resto l’ho sperperato”

      Son solo soldi

      • Ros scrive:

        Cioè: i soldi son solo soldi, per chi non c’è portato. Si va al luna park…
        Si sciala e scialaqua… e ce ne liberiamo prima possibile; vivaddio!😎

        Per altri (altre classi, educazioni, e formazioni) sono un mezzo per ottenere o mantenere il potere.
        Star sopra.
        Sono una cosa importante.
        Sono una cosa seria.

        Credo, boh!!!🤨🙄🙄

        Quest’altri li capisco senza davvero capirli, mi parrebbe…

    • roberto scrive:

      miguel

      “chiedo a ciascuno, cosa farebbe se improvvisamente avesse “un sacco di soldi””

      metto una cifra, sennò sparerei cose tipo “compro casa per tutti i senzatetto”

      diciamo 10 milioni di euro?

      1 a testa per i figli (dunque via due)
      1 mi comprerei una casa super figa in grecia, davero grande e spaziosa in qualche isola fantastica (milos per esempio) per starci almeno 5 mesi fra primavera e autunno. abbstanza grande da avere sempre almeno 6 amici fra i piedi
      1 distribuirei a parenti
      1 me lo spenderei fondamentalmente per i viaggi
      1 da investire
      1 per amici
      1 aprirei un’osteria/pizzeria o qualcosa del genere (ho già un paio di amici nel settora da assumere)
      1 opere di bene perché sono buono (mi piacerebbe tipo una fondazione robelux e passare un po’ di tempo a finanziare cose durevoli, non in lussemburgo ma…tipo un mio amico newyorkese faceva corsi di cucina per gente senza soldi, nei quali insegnava a cucinare cose buone, salutari ed economiche…so che a noi sembra strano ma ad una famiglia di 4 abituata a nutrirsi di hamburger di topo a 2 dollari l’uno, puoi spiegare efficacemente che con 3 dollari puoi farti una pasta e fagioli della madonna e te ne avanzano 5…ecco mi piacerebbe pagare per una cosa così)

      l’ultimo milione me lo terrei per campare… se spendo 50.000 euri all’anno (ricordo che per i viaggi ho un altro budget), arrivo facilmente alla pensione.

      • roberto scrive:

        non ho il gusto delle cazzate

        non mi comprerei macchine (non mi interessano), orologi (non li porto), vestiti (tanto in grecia basta una camicia di lino e un paio di bermuda, un jeans nero per la sera)…forse andrei più spesso in ristoranti fighi e sicuramente spenderei qualcosa in più di quello che già faccio per andare a vedere partite di basket (ma già ora è un budget importante)

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “1 opere di bene perché sono buono (mi piacerebbe tipo una fondazione robelux e passare un po’ di tempo a finanziare cose durevoli, non in lussemburgo ma…tipo un mio amico newyorkese faceva corsi di cucina per gente senza soldi, nei quali insegnava a cucinare cose buone, salutari ed economiche…so che a noi sembra strano ma ad una famiglia di 4 abituata a nutrirsi di hamburger di topo a 2 dollari l’uno, puoi spiegare efficacemente che con 3 dollari puoi farti una pasta e fagioli della madonna e te ne avanzano 5…ecco mi piacerebbe pagare per una cosa così)”

        Fantastico questo!

        Si potrebbe organizzare davvero, cerchiamo uno sponsor: magari qualche magnate del vino toscano, o roba del genere. E’ bello, perché non è “assistenziale” o pietistico, e serve davvero. Serve poi alla fascia debole ma non fracassata della società: un conto è aiutare i clochard, un conto è salvare le persone dal diventarlo.

        • Fuzzy scrive:

          È insegnare il veganesimo.
          Fate, fate.

        • roberto scrive:

          miguel

          “serve davvero”

          onestamente non so quanto in italia possa servire (cioè proprio lo ignoro, forse si, ma ho sempre l’impressione che chiunque sappia mettere a tavola un piatto buono, salutare e non caro)

          negli stati uniti invece è davvero una cosa utile perché c’è una fascia enorme di popolazione che vive al limite, non sa cucinare nulla e si nutre solo di merda comprata a basso costo ma sempre più cara di quello che potrebbe cucinarsi. c’è da dire che questa fascia di popolazione non ha nemmeno *tempo* (perché magari fanno due lavori o hanno tempi di trasporto allucinanti) quindi non puoi nemmeno suggerire una pasta alla genovese che ci voglio ameno 4 ore a farla….

      • Peucezio scrive:

        A me la cosa che più mi piace è quella della villa abbastanza grande da poter avere sempre almeno sei amici fra i piedi.
        Se li vinci, mi prenoto per venirci spesso! 🙂

  32. Ros scrive:

    Ricordiamoci (loro lo ricordano, sub consciamente, ancora bene, come “la macchia umana” di P. Roth) che l’entroterra Veneto era una delle regioni più povere e sotto sviluppate d’Italia.

    C’era solo la chiesa e la pannocchia di mais; e quest’ultima c’era quando c’era.

    Pellagra, fame, miseria, servitù, emigrazione…

    Negli anni ’70 – ’90 hanno avuto un boom di industrializzazione e benessere.
    Negli anni 90 era il top.
    Di contro, il lavoro c’era, sicuro e ben pagato pure, e la scuola sembrava essere solo una perdita di tempo.
    Sembrava…

    Al sud, mancava (manca ancora) il lavoro, ma era (ed è) facile, obbligato quasi, per ogni ceto posteggiarsi negli studi universitari a vita, fare il poseur intellettualoide…
    … l’artista…

    e si, l’artista!😎

    cazzeggiare con gli umanismi, ideologie, massimi sistemi; e le filosofie iperuraniche 😄

    Prima di partire a guadagnarsi la vita altrove, che papà e mamma non durano per sempre

  33. Moi scrive:

    REGGETEVI FORTE, MOLTO FORTE :

    https://www.huffingtonpost.it/politica/2023/11/05/news/edith_bruck_basta_accogliere_il_nemico_in_casa_guardate_la_francia_gli_immigrati_sono_i_piu_antisemiti_di_tutti-14045709/

    Edith Bruck:

    “Basta accogliere il nemico in casa. Guardate la Francia, gli immigrati sono i più antisemiti di tutti”

    • Ros scrive:

      @Moi: “REGGETEVI FORTE, MOLTO FORTE ”

      viviamo i “tempi interessanti”
      che onore, che culo!😀

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Aspetta, era uscita una roba simile sul Messaggero l’altro giorno (l’avevo linkata): gli avvoltoi si stanno fiondando sulla nuova Fallaci?

  34. Peucezio scrive:

    Miguel,
    “Ma non c’entrano “Destra”, “Sinistra”, “Messianismo biblico”, ecc. Sono regole che valgono per avere successo al Senato Romano come nell’impero ottomano, nel governo israeliano come in quello cinese.”

    Sai che proprio non sono d’accordo?
    Prendi il rinascimento e prendi il capitalismo moderno.
    I mecenati e i brillanti signori rinascimentali avevano meno successo e prestigio, erano meno ricchi e potenti, in rapporto all’epoca, dei capitalisti di oggi?
    No, ma si circondavano di lusso e bellezza. Perseguivano l’otium perché vivevano in una società aristocratica in cui il lavoro era demandato ad altri.

    Non capirò mai perché proprio non ne vuoi sapere di cogliere la specificità del capitalismo moderno.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Prendi il rinascimento e prendi il capitalismo moderno.
      I mecenati e i brillanti signori rinascimentali avevano meno successo e prestigio, erano meno ricchi e potenti, in rapporto all’epoca, dei capitalisti di oggi?”

      Il rinascimento non è stato fatto dagli aristocratici, ma dal “popolo grasso”, che non demandava il lavoro ad altri (cioè demandava il lavoro sporco, tipo battere la lana, quello sì).

      Segnali uno dei motivi forse perché il capitalismo fiorentino, alla fine, è fallito.

      Era una faccenda di “Arti”, dove il prestigio del singolo essere umano era fondamentale tra i suoi pari; e dove si investiva nel prestigio, anziché nell’innovazione: intercettando il flusso della decima papale, importando ed esportando lana e seta in tutta Europa, si faceva sicuramente molta contabilità e si innovava radicalmente il sistema finanziario, ma non si creavano nuovi sistemi produttivi.

      Infatti, il capitalismo moderno nasce tra i proprietari terrieri inglesi – quelli sì aristocratici – in campagna, con i mulini ad acqua, le miniere, cose che richiedono molta innovazione e quindi investimento.

      • Miguel Martinez scrive:

        Comunque, ovvio: colgo la differenza tra i Medici e i miliardari di oggi, almeno di prima generazione, quelli che hanno “inventato qualcosa” (un congegno o un nuovo modo di speculare) con cui si divertono più che con donne e cocaina.

        Anche se qualcuno si diverte a donne e cocaina, pensa alla buonanima di Jeffrey Epstein.

        Ma è così importante sapere se dietro la EcoCrash (ditta immaginaria) che sbucalta un bosco per farci un centro commerciale, ci sia alla fine della catena un Epstein o un Gaslini (cit. ADV)?

        Tanto la politica che realizzeranno sarà identica.

        • Ros scrive:

          Miguel “…Ma è così importante sapere se dietro la EcoCrash (ditta immaginaria) che sbucalta un bosco per farci un centro commerciale, ci sia alla fine della catena un Epstein o un Gaslini (cit. ADV)?

          Tanto la politica che realizzeranno sarà identica…”

          I primi, i scialacquòni debosciati del noblesse oblige d’osteria, rimangono presto e spesso in mutande o al gabbio per debiti e fallimenti fantasiosi, o interdetti dalla famiglia “bene” in clinica di igiene mentale, con incollato tutore amministrativo, dove non far troppi danni.
          Sono, a volte, le pecore nere di famiglie serie e agiate, e ce la mettono tutta per mandarne patrimonio e buon nome a meretrici.

          Le loro politiche – se mai ne hanno, e se mai gli frega – difficilmente le concretizzano.
          Le loro “idee”, ipomaniacali, fitzcarraldesche, bislacche e anche generose a cieco modo loro.

          Meglio loro, nel tuo caso, che i “Gaslini”😉

      • Peucezio scrive:

        Miguel,
        attenzione, il Rinascimento non è solo toscano.
        E non tutte le realtà signorili erano di origine popolare.
        Prendi Milano, dove l’aristocrazia ha continuato sempre ad avere un peso fondamentale e non c’è stato nulla di simile a quanto accaduto a Firenze con la cacciata dei nobili.

        Comunque siamo sempre là, mi hai confermato che non c’era spinta all’innovazione tecnica: questi amavano il bello, vivere bene, non la ricchezza e il progresso fine a sé stessi.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Prendi Milano, dove l’aristocrazia ha continuato sempre ad avere un peso fondamentale”

          Giusto.

          Il punto comunque è la ricerca del “successo”, che può prendere tante forme.

          Ne abbiamo parlato tante volte: dipende cosa ti “dà successo”. Nel primo medioevo, come tra i Narcos messicani, abbiamo la violazione delle frontiere, che richiede un Capo razziatore generoso e disposto a uccidere e morire.

          Nel Rinascimento fiorentino (non posso dire nulla di Milano) abbiamo il membro della comunità che tutti gli altri membri della comunità vedono tutti i giorni e rispettano, anche per la sua cultura.

          In un mondo ipertecnologico, abbiamo quello che sa cogliere le occasioni impreviste: è quello che crea il “progresso”. Che solo dopo che funziona, diventa anche ideologia – sto traducendo adesso una ricerca sulla “educazione finanziaria” dei giovani europei; cioè sulla capacità di cogliere le occasioni inedite per fare soldi.

          Dipende dal contesto, insomma. Tra l’altro, i nobili proprietari terrieri inglesi che hanno avviato la rivoluzione industriale non mi risulta fossero particolarmente austeri, anzi molti di loro si sono appassionati a Firenze perché si identificavano in quel modello.

          “Austeri” casomai erano i ragionieri che si sono portati dietro e che hanno preso il loro posto perché si concentravano meglio sull’obiettivo.

  35. Peucezio scrive:

    Roberto,
    “No certo, ma era per dire che non è che sua così strano che uno anche con i soldi non li spenda in cose lussuose, e non è una questione di austerità”

    D’accordo.
    L’esempio dei calzini era fuorviante in quanto estremo.
    Non voglio dire che i ricchi non spendano. Ma pur spendendo penso abbiano uno stile di vita più austero e meno dissipato e godereccio di quanto potrebbero permettersi.

  36. Ros scrive:

    Marcel Mauss “Saggio sul dono”
    https://it.wikipedia.org/wiki/Saggio_sul_dono

    Il Potlatch… trasversale a civiltà e culture.
    https://sociologicamente.it/il-potlatch-tra-scambio-prestigio-e-reciprocita/

    Gli Jarl germano-scandinavi che dovevano distribuire tutto – ma proprio tutto –
    ai loro uomini onde mantenere l’autorità, il Carisma del Capo elargitore di doni e essere così al di sopra del vile guiderdone della plebaglia produttrice e non guerriera.

    Mario Schifano che li buttava via come coriandoli ad amici (tanti) e nemici (pochi, e a trovarli😎)
    https://www.ibs.it/mario-schifano-biografia-ebook-luca-ronchi/e/9788860102928
    e che quando ti rimaneva senza un soldo manco per mangiare si diceva sollevato: “ah, finalmente non c’ho più un cazzo!”
    Libero e leggero.
    Noblesse oblige 😏

    Poi – come dice Peucezio – nasce la borghesia puritana mercantile e capitalista dell’accumulo primario, ed è tutto un altro paio di maniche ora in avanti.

    Austerità è la parola d’ordine e sacra, per se e per tutti. dio lo vuole.
    Sobrietà.
    Vestiti grigi e neri da beccamorto, niente feste e fronzoli, cilicio e digiuno per la volontà.
    Spendere solo con chiaro scopo d’ulteriore guadagno.

    I soldi (il Patrimonio-gruzzolo- bottino-sacco- e verghiana Roba) sono il segno tangibile del fatto che Dio ci approva.
    Della GRAZIA!

    E i segni, e la Grazia, si custodiscono, si moltiplicano, si usano con gravità e rispetto numinosi (come la parabola della vigna del Signore insegna).

    Non ci si gioca a far gli splendidi.

    ps.
    ma mancano mica commenti di Roberto e Peucezio?
    Il discorso mi pare mutilato da qualche parte🤔

    • Ros scrive:

      ps.
      ma mancano mica commenti di Roberto e Peucezio?
      Il discorso mi pare mutilato da qualche parte🤔

      Trovati!😁 erano persi la sopra, 10 chilometri di righe a dietro

      Miguel carissimo, se posso umilmente – s’intende, con il capo cosparso di cenere e l’occhi bassi, tutto agiobbato, tapino e meschino che sono☹😔😢 – permettermi di rompere li coglioni…

      …ci sarebbe mica un modo di implementare nel sito un “cerca” che ti trova l’intera storia cronologica dei commenti d’un commentatore?
      Tipo che ti digito Peucezio e mi escono tutti i suoi interventi dal primo con Garibaldi all’ultimo d’ieri.

      Ma ahimè credo non si possa, con facilità🤔
      Sta bene così!😀😀😀

    • Ros scrive:

      (come la parabola della vigna del Signore insegna).
      cioè, non era quella 😋😜
      (questa, di ‘sti tempi, è meglio non manco menzionarla, e mi scusassero tutti);

      era quella dei talenti, mi pare🤔
      Matteo 25:14-30
      https://www.biblegateway.com/passage/?search=Matteo%2025%3A14-30&version=CEI

  37. Ros scrive:

    Il soldo, ora, è Grazia! Mai più Mammona e vitello d’oro,
    e cammelli che non ci passano per la cruna di un ago.

    https://www.ibs.it/nero-storia-di-colore-ebook-michel-pastoureau/e/9788868335076

    Michel Pastoureau “Nero. Storia di un colore”, ne analizza magnificamente nell’ambito del colore, segno, simbolo e costume; modo di percepire e interagire con se stessi, gli altri e con il mondo tutto de calvinpuritanisti VASP.
    Nel Significato e nel Significante😉
    la “tigna trasversale” dei protestanti calvinisti e puritani😄

    Zii Paperoni, senza alcun accenno ribalda simpatia e godere

  38. Andrea Di Vita scrive:

    @ tutti

    Del tutto OT, ma…

    …altro che Gaza e Donbass. Qui ancora un po’ e chiude il canale di Panama.

    https://www.bbc.com/news/business-67281776

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Ros scrive:

      @Andrea Di Vita: ”
      …altro che Gaza e Donbass. Qui ancora un po’ e chiude il canale di Panama”

      vorrà dire che diventeremo tutti decolorati, sobri e tignosi come i puritani;
      certo un poco accaldati e assetati, e pure in maggior parte senza “Grazia”🤑🤑🤑 alcuna.
      Al VERDE😁

      Ma però decresciuti e felici:
      confusi e felici
      confusi e felici
      confusi e felici
      tremando e non c’è freddo
      vittime di questa gioia immensa
      sapendo benissimo che nulla può scalfirci adesso
      è così fragile il mondo che ci aspetta, che ci spaventa

      • Ros scrive:

        https://www.ibs.it/verde-storia-di-colore-libro-michel-pastoureau/e/9788833310565

        “«Per lungo tempo difficile da produrre, e ancora più da fissare, il verde non è soltanto il colore della vegetazione: è anche, e soprattutto, quello del destino. Chimicamente instabile nella pittura come nella tintura, è stato associato nel corso dei secoli a tutto ciò che era mutevole, effimero e volubile: l’infanzia, l’amore, la speranza, la fortuna, il gioco, il caso, il denaro. Solo all’epoca del Romanticismo è divenuto effettivamente il colore della natura, e in seguito quello della libertà, della salute, dell’igiene, dello sport e dell’ecologia. La sua storia in Occidente è anche quella di un capovolgimento di valori. Dopo essere stato a lungo in disparte, malvisto o respinto, oggi si vede affidare l’impossibile missione di salvare il pianeta»

        Colore ambiguo e capriccioso, il verde: da un lato simbolo di speranza, fortuna, natura e libertà, dall’altro tinta associata al veleno, al denaro e addirittura al diavolo. Giudizi altamente contrastanti, che si sono avvicendati nel corso dei secoli e che sono lo specchio di un cambiamento dell’orizzonte culturale della società che li ha prodotti. Ed è proprio questa evoluzione della nostra società al centro del nuovo saggio illustrato del grande storico francese Michel Pastoureau. Terza tappa di un progetto di alto profilo, al pari dei due precedenti “Blu” e “Nero”, “Verde” è un’opera di ampio respiro, che spazia dall’arte, alla scienza al costume e che, di tassello in tassello, restituisce un altro affascinante e avvincente capitolo della storia dell’Occidente, dall’antichità ai giorni nostri”

      • Ros scrive:

        confusi e felici: io ci vivo già così, e ne sono abbastanza carmenconsolato😎

        Niente insulino-resistenza, niente sindrome metabolica, niente problemi cardiovascolari ed od estetici di trippa e boffa;

        anzi, tartaruga sempre scolpita e con le vene,
        e figurino da Big Jim asciutto e vascolarizzato
        grazie al regime alimentare del Dottor Birkermaier e santa Teresa d’Avila
        https://www.youtube.com/watch?v=vaGe5nXs8Ck

        https://www.ibs.it/santa-anoressia-digiuno-misticismo-dal-libro-rudolph-m-bell/e/9788842056294

        “If life gives you lemons, make lemonade”😎😎😎

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      “Qui ancora un po’ e chiude il canale di Panama.”

      non sapevo che il Canale andasse a… pioggia!

      • tomar scrive:

        Miguel Per ADV

        “Qui ancora un po’ e chiude il canale di Panama.”

        non sapevo che il Canale andasse a… pioggia!

        Panama è uno dei paesi più piovosi del mondo… nei quattro giorni in cui vi risiedei non smise di piovere un momento!

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Martinez

        “pioggia”

        Fu il mio più grosso successo in geografia alle elementari, la ricerca sul canale di Panama! 🙂 E’ per questo che lo ricordo bene.

        Per fare sollevare le navi da una chiusa all’altra si pompa dell’acqua, ma se quella già presente nelle chiuse per qualunque motivo è insufficiente (a seconda del diverso pescaggio dei vari natanti) si usa per il rabbocco l’acqua di un lago esterno al Canale che è sempre stato alimentato dalle piogge (Panama non ha corsi d’acqua degni di questo nome). Non si può infatti usare l’acqua di una chiusa più a monte o più a valle, perché nel frattempo lì passano altri natanti. Di solito i canali con le chiuse non hanno questi problemi perché collegano dei fiumi, dove al più navigano chiatte dal basso pescaggio, non gigantesche portacontainer. Le stessa chiuse di Esnab, sul Nilo, non consentono certo la navigazione delle grandi navi oceaniche.

        Ovviamente se il livello del lago ‘di riserva’ non è sufficiente dopo un po’ di passaggi il canale deve chiudere. Disincagliare una nave che si è incagliata in una chiusa è difficilissimo, perché non c’è spazio di manovra per eventuali rimorchiatori. Il canale può dunque essere chiuso prima che si verifichi un’eventualità simile, in via preventiva.

        Ciò non è mai successo prima perché Panama è da sempre un Paese piovosissimo, al punto che il confine con la Colombia è una giungla impenetrabile. Che si paventi il rischio di una chiusura del canale dimostra l’imponenza della diminuzione delle piogge nella regione.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • roberto scrive:

          andrea

          “E’ per questo che lo ricordo bene.”

          ma come cavolo fai a ricordarti le elementari? io manco mi ricordo che voto di laurea ho preso…

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ roberto

            “elementari”

            E’ un bel ricordo non tanto per la scuola in sé, ma perché mi portò via buona parte del quinto anno con la mia mamma che mi aiutava a ritagliare fotografie e io che facevo tanti disegni colorati. Ci divertimmo un mondo insieme. In fondo fu il mio primo incontro con la fisica (i vasi comunicanti) e fu un’esperienza piacevole.

            Tanti anni dopo, quando ero a Oxford per una scuola di specializzazione, partecipai a una gita sociale in barca sul Tamigi, che a Oxford è appunto poco più di un canale. A un certo punto si doveva superare una piccola chiusa; ci fu severamente e ripetutamente ordinato un assoluto silenzio mentre i marinai ne azionavano il meccanismo, perché persino quella chiusa era considerata qualcosa da non prendere assolutamente alla leggera. Ed eravamo in prossimità della riva su un’acqua profonda pochi metri.

            Immagino cosa dev’essere Panama.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Peucezio scrive:

            Roberto,
            “ma come cavolo fai a ricordarti le elementari? io manco mi ricordo che voto di laurea ho preso…”

            Davvero?
            Io mi ricordo benissimo dell’asilo e anche di molto prima.
            Delle elementari ricordo tutto.
            Sono sempre sorpreso dalla poca memoria dell’infanzia da parte delle persone.

            • PinoMamet scrive:

              Io delle elementari ho ricordi nebulosi, prima delle elementari solo rari flash

            • PinoMamet scrive:

              Le medie le ho rimosse proprio.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Io mi ricordo benissimo dell’asilo e anche di molto prima.”

              Questione affascinante

              • Francesco scrive:

                Io poco delle elementari. Nulla o quasi di prima.

                Tra l’altro invecchiando faccio una confusione terribile.

            • Ros scrive:

              @Peucezio: “…Davvero?
              Io mi ricordo benissimo dell’asilo e anche di molto prima.
              Delle elementari ricordo tutto.
              Sono sempre sorpreso dalla poca memoria dell’infanzia da parte delle persone…”

              Io pure, a volte mio malgrado🤨
              a volte no😄.

              M’abbasta un immagine, una parola, un odore, una diafana sensazionella,
              impalpabile, indefinibile e inafferrabile…
              …e parte tutto l’ambaradan, il carrozzone tutto flashiato con le trombette, i tamburini, i pagliacci.
              Ricchi premi e cotillon! e lo zucchero filato, rosa! Rosa confetto antico.
              I freak, le ballerine, le processioni mascherate, gli elfi scassapalle.

              Una cosa parte, appare e porta a un’altra che porta a un’altra che porta a un’altra che porta un’altra che porta a un’altra

              …altra cosa che nulla c’entrava – sia mai! – con la prima, e che non saprei poi dire se è avvenuta per davvero o no🤪😵🥴
              Nebbie colorate caleidoscopiche, fosfeni.

              Sono un eidetiker, quindi Memorie e immagini eidetiche soprattutto.

              Uno sciroccatello, scoerente e poco serio teatro della Memoria (Ars memoriae & De umbris idearum ) alla Giordano Bruno, ma spontaneo, automatico che fa tutto da se medesimo.

              Un casino, un diluvio di fantasmi, un’eruzione, un’eiaculazione🤩🙄

              Solo una martellata – figurata – in testa mi riavvia il sistema operativo😁😁😁

              oppure (che è meglio) mi godo il viaggio,
              e buonanotte😁😎😉

              Spesso è utile. Persino piacevole.
              …a scuola mai avuto bisogno di studiare😋😜

              • Ros scrive:

                https://www.ilruoloterapeutico.fg.it/2021/02/02/il-rapporto-tra-percezione-e-apprendimento-secondo-la-prospettiva-fenomenologica/
                “Eidetic Imagery and Typological Methods of Investigation” E.R. Jaensch
                https://rivistailmulino.it/a/gaetano-kanizsa-br-1913-1993

                https://www.insidemarketing.it/colori-nel-marketing-strategia/
                IMMAGINI EIDETICHE (gr. εἶδος “immagine”)
                “Nel 1907 E. Urbantschitsch aveva osservato che alcuni soggetti, qualche tempo dopo la percezione d’un oggetto, avevano di esso una immagine assai fedele, assai viva, precisa nei contorni e nei particolari, quasi con carattere allucinatorio, sempre però differenziabile nettamente e dalla rappresentazione (o immagine propriamente detta, chiamata questa da alcuni autori immagine mnemonica) e dalla immagine consecutiva, che, come si sa, è un puro fatto fisiologico. Siffatta immagine fu denominata da Urbantschitsch immagine soggettiva visiva (subjektive optische Anschauung). Questa osservazione rimase a lungo inavvertita finché verso il 1919 E. R. Jaensch fece oggetto di vaste ed approfondite ricerche questo tipo d’immagini, che egli chiamò eidetiche. Le immagini eidetiche furono da lui osservate specialmente nel campo visivo, ma altri autori, e specie Henning, ne hanno dimostrato la presenza anche in altri campi sensoriali.

                Jaensch, proseguendo nelle sue ricerche, stabilì che vi ha un tipo eidetico, ossia soggetti nei quali, anche dopo la fanciullezza, rimane la possibilità di avere immagini eidetiche; da questo concetto egli trasse di recente conclusioni estese alla caratterologia, così da imprimere a questa disciplina (la eidetica) una direzione totalmente nuova, e dell’esame delle indagini eidetiche si servì come di un mezzo di analisi psichica.

                Bibl.: E. Urbantschitsch, Über subjektive optische Anschauungsbilder, Lipsia 1907. I lavori di Jaensch e dei suoi allievi sono atti pubblicati nella Zeitschrift für Psychologie, dal 1920 ad oggi; v. inoltre E. R. Jaensch (e collaboratori), Über den Aufbau del Wahrnehmungswelt und ihre Struktur im Jugendalter, Lipsia 1923; id., Die Eidetik und die typologische Forschungsmethode, ecc., ivi 1925; id., Über den Aufbau des Bewusstseins, Lipsia 1930; id., Studien zur Psychologie menschlischer Typen, ivi 1930; Gemelli -Vacino, Contributi del laboratorio di psicologia della Università cattolica del S. Cuore, II, Milano 1928.”
                Agostino Gemelli

              • Ros scrive:

                https://www.psychedelic-information-theory.com/pdf/PIT-Print-Web.pdf

                Chapter 11°: “Eidetic Hallucination”
                … ma pure le Erratiche fosfeniche, mica scherzano!😁

                https://www.adelphi.it/libro/9788845909320

                Hildegarda amore mio!😍😍😍😍😍😍

            • Roberto scrive:

              Peucezio

              Io ho ricordi di infanzia, giochi, amici… ma praticamente nessuno legato alla scuola

              I ricordi della scuola iniziano con le medie

  39. tomar scrive:

    Brambilla:
    “… rivedendo le norme che regolano le condizioni di vita di animali alleati dell’uomo da migliaia di anni”
    Ah bè, si bè, dai dai conta su:
    e il bue e la vacca non sarebbero animali alleati dell’uomo da migliaia di anni?

  40. Miguel Martinez scrive:

    Vai!

    In Canada, deputata nera su sedia a rotelle privata del diritto di votare nell’assemblea per aver criticato (nemmeno in chissà che termini) Israele.

    https://toronto.ctvnews.ca/what-to-know-about-sarah-jama-s-censure-and-ejection-from-ndp-1.6614761

    “Jama will continue to represent Hamilton Centre as an independent member of the Legislative Assembly, but will not be recognized by the Speaker following a 63-23 vote in favour of the Conservative government motion to censure her and remove her speaking rights.”

    • tomar scrive:

      Miguel:
      In Canada, deputata nera su sedia a rotelle privata del diritto di votare nell’assemblea per aver criticato (nemmeno in chissà che termini) Israele.

      Accidenti che Occidente!

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Da quello che ho capito, può votare ma non ha diritto di parola.

      Che il Canada abbia qualche problemino di deficit democratico lo dico da un po’.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        “Da quello che ho capito, può votare ma non ha diritto di parola.”

        anch’io non capisco bene, ma mi sembra che sia come dici tu

      • Miguel Martinez scrive:

        Sulla Jama, interessante questa nota su wikipedia:

        ” In February 2021, she appeared before the Senate of Canada’s legal and constitutional affairs committee to argue against the proposed Bill C-7, which she said made euthanasia more accessible for people with mental health disabilities, rather than providing mental health supports”

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Si vede che fa parte dell’Asse del Male

          • Francesco scrive:

            Beh, che il Canada iper-liberal di Trudeau faccia parte di un Asse del Male è ben noto.

            Il problema è capire che ci sono vari Assi del Male e gestirli tutti insieme, senza concentrarsi su uno solo.

    • Francesco scrive:

      il Canada non ha un governo conservatore, di cosa si parla? uno degli Stati?

      trovo in ogni caso molto strano che si possa provare un eletto del diritto di parlare in assemblea in qualsiasi caso

  41. tomar scrive:

    Francesco:
    “La lotta alle disuguaglianze mi aspetto porti solo conseguenze negative.”

    OK, registrato, quindi va evitata, ma qualche versetto evangelico di supporto?

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Subito:

      Beati i ricchi, perché avete già… ah, no!

    • Francesco scrive:

      Adesso siamo una teocrazia di letteralisti biblici? perchè di solito è una cosa vista molto male.

      Comunque, volendo proseguire nelle polemiche fini a se stesse, la Bibbia mica parla di uguaglianza, parla di “beati i poveri”. Cosa ne consegue?