Nimby e faville

NIMBY – Not in My Back Yard – è la sprezzante sigla con cui i lobbisti definiscono chiunque si opponga alla follia che in un dato momento, il lobbista stesso ritiene indispensabile, oltre che per il proprio profitto, anche per la salvezza dell’umanità.

Il più grande nimbarolo del mondo è un ricco signore del Texas (peraltro un boy scout, come Matteo Renzi), che alcuni anni fa si impegnò in una causa legale (persa) per impedire che venisse costruita una gigantesca torre vicino al ranch dove lui allevava cavalli: una torre che doveva servire, nel già arido Texas, ad accumulare acqua per operazioni di fracking petrolifero: secondo gli avvocati dello scout, la torre avrebbe fatto perdere di valore la proprietà e danneggiato “lo stile di vita rurale di cui il proprietario voleva godere.”

Il signore in questione, curiosamente, era Rex Tillerson, amministratore delegato della ExxonMobil, un’azienda con un giro di affari annuo che supera il PIL della Tailandia.

E che ha appena ottenuto il posto di futuro Segretario di Stato – diciamo ministro degli esteri – della più grande potenza militare e imperiale della storia umana. Gratis, visto che tra i politici che Tillerson paga da anni, non risulta Trump.

Paesaggi estrattivi foto di Edward Burtynsky

Paesaggio petrolifero, Belridge, California. Foto di Edward Burtynsky

Dietro storie come queste, riconosciamo sempre i Magnifici Sette – superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia, certo, come dice il Papa dei cattolici:

“La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi.”

Però sentiamo che manca qualcosa in questa spiegazione, tutta incentrata sul “cuore umano” – i Magnifici Sette convivono con noi da centomila anni, e forse qualcosa di simile c’è in ogni vivente.

Per fare il salto nell’Antropocene, ci vuole che cambi ogni cosa – anche il tempo e lo spazio: a questo compito lo eseguono per primi, sul piano umano, i geometri, che traducono il cosmo in proprietà.

E poi ci si cala nelle viscere della proprietà.

C’è qualcosa di affascinante nella base infera della modernità: prima la solidità inorganica del ferro e lo squarcio nel grande cadavere vegetale del carbone. Mondo di milioni di baionette inastate e di Patrie, di dure leggi e confini netti. L’odore del Mansfeld.

Poi il passaggio al cadavere organico e liquido del petrolio, da cui nasce la morbida plastica che sovverte la rigidità dello stesso ferro.

Plastica, allegra, colorata, leggera, mia, come i miei diritti individuali, come la mia infinita possibilità di pretendere e di farmi coccolare. La dissoluzione del cupo peso dell’acciaio. Quanto ecologismo ha spirito di plastica?

ecoverdeE’ la società plastica, descritta con toni entusiasistici da Anna Zafesova in un recente scritto in cui inveiva contro gli italiani:

il mondo “liquido”, globalizzato, multi culturale, multietnico, multisessuale, multi tutto, razionale e non del cuore, con ciascuno che si sceglie l’identità che vuole e risponde per se stesso.

Tutta questa finta allegria espelle da sé il proprio disordine, che però – a differenza dei prodotti precedenti – ricompare ovunque sotto forma di rifiuti che soffocano ogni forma di vita, quando non si fa in tempo ad incenerirli e trasformarli in veleno per i polmoni dei viventi.

plastic

Dagli inferi proviene una delle leggere basi che hanno permesso di accelerare talmente tanto i tempi da distruggere anche lo spazio, attraverso la comunicazione elettronica istantanea e planetaria: il tantalio.

blood-mobileLo chiamano così, in onore di Tantalo, figlio di Ricchezze (Plouto) e nipote di Terra (Chthonia) che rubò il nettare agli dèi e uccise il proprio figlio per servirlo a un banchetto:

 “Laggiú è Tantalo e intorno ha uno stagno,
ma quando è sul punto di bere
l’acqua elude la sua sete pungente”

E c’è ancora chi si meraviglia perché non ci siano più le certezze di una volta. Il miope vede dove è abituato a guardare, e si chiede – sarà colpa  della lobby gay o di chi ha autorizzato un corteo di Casa Pound?

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Raffineria di Grangemouth, Scozia

Ma il fuoco, applicato ai giacimenti di cadaveri dai signori degli inferi, accelerandosi al ritmo sempre più veloce dei profitti e dei comandi elettronici, trasforma il solido e il liquido in atomi volatili, pulviscolo inquinante e gas:

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

Le faville si alzano, libere e individuali come gli atomi umani di questo mondo, alla ricerca di polmoni in cui insediarsi, lasciandosi dietro il guscio disabitato della vecchia ferraglia.

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Discarica di aerei. Foto di Edward Burtynsky

A raccontarci tutto questo, oggi, sono fisici, chimici, botanici, climatologi, che ci raccontano una storia totalmente inconciliabile con quella dei politici e degli economisti.

Noi siamo grati agli scienziati, per l’immenso lavoro che fanno; eppure quello che sta succedendo è talmente evidentemente e logico, che a pensarci, ci si poteva arrivare benissimo anche senza di loro.

Now in everybody’s back yard!

Even Mr Tillerson’s.

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260 risposte a Nimby e faville

  1. mirkhond scrive:

    Se l’inferno esiste davvero, le foto che hai postato ne danno l’idea di come può essere.
    Solo che, in questo caso, l’inferno è ciò che abbiamo combinato a questa Terra…….

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Mirkhond

      ” l’inferno è ciò che abbiamo combinato a questa Terra…….”

      Non so se “l’abbiamo combinata noi”. Non sopravaluterei l’elemento umano in tutto ciò, e credo che i giudizi etici siano sempre pericolosi. Anche perché la storia (che non è solo storia della specie umana) ha sempre un elemento ineluttabile.

  2. mirkhond scrive:

    “A raccontarci tutto questo, oggi, sono fisici, chimici, botanici, climatologi, che ci raccontano una storia totalmente inconciliabile con quella dei politici e degli economisti.”

    Bisogna chiedersi perché politici ed economisti si affannano a parlarci di crescita e innovazione.
    Forse perché dire la verità, potrebbe far saltare equilibri di potere consolidati.
    E la gente come verrebbe convinta a tornare ad un’economia preindustriale a cui non si è più abituati?
    E che, pur necessaria, non sarebbe indolore?

  3. Francesco scrive:

    Tornare a un’economia preindustriale? secondo i Savi del Sito, tra non molto finiranno i combustibili, senza i quali non ci sarà energia per far andare le macchine.

    Niente macchine, niente industria, evviva evviva! Vivremo nel Migliore dei Mondi Possibili, dopo esserne fuggiti a gambe levati un paio di secoli fa.

    Intanto ringrazio Miguel per le foto, sono molto stupito che i vecchi motori d’aereo non valgano abbastanza da riciclarli …

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “Tornare a un’economia preindustriale? ”

      Non ho idea come andranno le cose, i profeti in genere sbagliano.

      Mi limito a guardare il presente.

      Non so quindi se si “tornerà” a qualcosa, anche perché il pianeta non penso sia più in grado di sopportare il livello di vita, poniamo, di duecento anni fa; e questo è un problema non da poco.

      • Francesco scrive:

        vorresti dire che neppure il livello di vitaccia del 1700 sarà sostenibile? propendi per uno scenario Waterworld, uno Mad Max o uno The Road?

        acqua, deserto, deserto sterile, per la cronaca

        🙁

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Francesco

          “vorresti dire che neppure il livello di vitaccia del 1700 sarà sostenibile?”

          Non lo so.

          Nel 1700, c’erano (poniamo) 500 miloni di persone con una certa quantità di risorse (spazi coltivabili, aqua pulita, boschi, selvaggina, ecc. ecc.).

          Se per qualche strano motivo ci dovessimo trovare con la tecnologia del 1700 e appena 500 milioni di persone, avrebbero molto meno campi coltivabili, quelli coltivabili sarebbero in gran parte rovinati, l’acqua sarebbe quasi ovunque imbevibile, non ci sarebbero quasi boschi e non ci sarebbe selvaggina.

          Ovviamente è un problema ipotetico.

          • Z. scrive:

            Che il livello di vita del 1700 non sia più sostenibile mi pare fuor di dubbio…

            • Moi scrive:

              … per gli altri 😉 tutto è sempre sostenìbbbalo 😉 !

            • Z. scrive:

              Beh, ma è sempre così:

              – sulla terra siamo in troppi (leggi: gli altri sono in troppi);
              – ordine e disciplina (scil.: per gli altri);
              – tutti (scil.: gli altri) devono pagare le tasse;
              – i favoritismi (scil.: verso gli altri) sono una vergogna

              eccetera 😀

  4. mirkhond scrive:

    Non è il migliore dei mondi possibili, ma una necessità non indolore se vogliamo sopravvivere su questo pianeta.

    • roberto scrive:

      “se vogliamo sopravvivere su questo pianeta”

      vuoi forse dire “se vogliamo che i nostri discendenti sopravvivano su questo pianeta” perché per quanto riguarda noi stessi, a occhio vivere su questo pianeta non dovrebbe essere così complicato anche senza cambiare nulla

    • Francesco scrive:

      vogliamo chi? ricordati di dividere per 10 circa il numero di esseri umani viventi, se molliamo le industrie

  5. Grog scrive:

    Alla mia morte verrà istituito IL PREMIO GROG che metterà in ombra il PREMIO NOBEL

    ______IL PREMIO GROG SARA’ ASSEGNATO IN PRIMIS ALLA SEGUENTE CATEGORIA______

    Ai MASSACRATORI DELLE PRESS-TITUTE (giornalisti puttane del main stream) questo premio si chiamerà PREMIO POLITOVSKAYA
    Il premio sarà assegnato a chi accopperà presstitute o in gran numero o con metodi particolarmente RACCAPRICCIANTI o a presstitute LIBERALI particolarmente moleste come la ZAFESOVA.
    Il gioco cambierà in modo istantaneo, un colpo di Makarov 9×18 sotto casa apparterà agli albori della storia e sembrerà improntato alla “pietas” religiosa slava ortodossa.
    Le presstitute (ovvio anche maschi) saranno eseguiti con i metodi più fantasiosi o per gli amanti della storia balcanica impalati come ne “il ponte sulla Drina” di Ivo Andrich, verranno organizzate cacce ai pezzi di presstituto disassamblato per fini benefici per risarcire le vittime delle presstitute dei mainstreams.

    Grog! Grog! Grog!

  6. Mario scrive:

    La foto che ritrae le raffinerie di Grangemouth è una evidente segno del carattere infernale del mondo contemporaneo, dei suoi fondi satanici, delle sue velleità fondate su di un attivismo che è figlio degenere di brama e noia.
    Ora, René Guénon ha sapientemente descritto tutto ciò, da profeta metasociologico perché animale metafisico, esploratore infallibile dei mondi immaginali in cui si perpetua il mito della modernità, che si esprime nell’artificio e nella mistificazione (un errore di mistica) più palese, e quindi nascosti ai più.
    Lascio altre considerazioni ai più preparati utenti di questo benemerito blog e, per consolare il mio cuore affranto da venti di interni levantini, vado ad auscultare la sublime “Le contrade di Madrid”, in cui Giuni Russo raggiunge sideree vette emotive e canore. Giuni, lesbica e modernista, morì in un convento di clausura retto da suore neoteriche: ma con quella voce, il Padre eterno le avrà perdonato tutto, ricomponendo ciò che il male aveva indecentemente slabbrato, ad infittire la trama.

    • Francesco scrive:

      A me piace quel posto, sembra la Fucina di Efesto, che era un Dio anche relativamente bonaccione e sfigato.

      Oltre che il produttore di fiducia di Zeus per quanto riguarda le folgori.

      E dava lavoro alle minoranze discriminate, tipo Giganti, Titani e Ciclopi.

  7. Z. scrive:

    Miguel,

    non hai nemmeno tutti i torti. Epperò, considerato che mantieni da anni un blog e da qualche tempo anche una ceffopagina per la tua associazione, non sei anche tu un nimbarolo?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Z

      “considerato che mantieni da anni un blog e da qualche tempo anche una ceffopagina per la tua associazione, non sei anche tu un nimbarolo?”

      No, non c’entro niente con la ceffopagina… come forse si intuisce da una lieve differenza stilistica 🙂

      Però non capisco bene.

      Io parlo dell’impatto che Facebook, preso collettivamente, ha nell’accelerare le trasformazioni e smaterializzare l’umanità.

      La cosa più “nimbica” sarebbe dire, mi piace questo impatto, ma non voglio avere nemmeno un computer che mi sporchi casi.

      • Z. scrive:

        No, secondo me la cosa più nimbica invece è proprio dire:

        “questo impatto è orribile, ma col piffero che rinuncio al mio PC”

        e mi ricorda molto quel presentatore TV che, dopo aver stigmatizzato la caccia e i cacciatori come la peggio piaga dell’orbe terracqueo, si è abbuffato di pappardelle al cinghiale durante la trasmissione…

    • Peucezio scrive:

      Z.,
      guarda che epperò vuol dire “perciò”, non “però”.

  8. rossana scrive:

    …A raccontarci tutto questo, oggi, sono fisici, chimici, botanici, climatologi, che ci raccontano una storia totalmente inconciliabile con quella dei politici e degli economisti.
    Noi siamo grati agli scienziati, per l’immenso lavoro che fanno…

    Fisici, chimici, botanici e climatologi, che “ci raccontano una storia”, sono “scienziati” quanto quelli che (chimici, fisici, climatologi, botanici) ci raccontano la storia piegandola al suo contrario, cioè all’interesse dell’industria chimica, dell’industria petrolifera, dell’industria farmaceutica e delle news sul clima contrastanti fra loro.
    Mi guardo bene dall’esser grata a tutti gli scienziati: ad alcuni sì, ad altri no. Altri ancora li getterei direttamente nelle fiamme dell’inferno sputate da una centrale di fusione dei metalli, così da fare da combustibile a basso costo e molto biodegradabile.
    Senza dover per forza tornare al 1700, alla politica spetterebbe la scelta di limitare la produzione di plastica e favorire la riconversione industriale degli impianti che la producono (anche lo smantellamento ben fatto di un impianto di produzione di materie plastiche fa girare l’economia e mantiene posti di lavoro).
    Poi sta anche a noi, certo: se la plastica ha un ciclo di vita di 100 anni (numero a caso), dovremmo considerare gli oggetti di plastica che acquistiamo in funzione della loro durata, e non sostituirli finché non sono arrivati alla terza generazione di eredi degli oggetti stessi.
    Stessa cosa per gli oggetti in metallo, ecc.
    Qualche anno fa, dovetti cambiare una lavatrice antica perché ripararla mi costava più che acquistarne una nuova. Di plastica, e con scheda programmata per non durare più di tot anni (ne ha 5, e già inizia ad avere problemi, mentre quella vecchia l’avevo ereditata dalla famiglia e di anni ne aveva 28, di onorato servizio senza mai un intervento di riparazione).
    Stessa cosa per aspirapolveri (oggi tutte cicloniche ma con capacità di aspirazione ridicola, rispetto ai vecchi Folletto che passavano di generazione in generazione rovinandosi solo le parti in plastica, mai il motore, per dire.
    La produzione industriale, che sta in capo a politici, è decisa sulla base degli interessi economici dei grandi gruppi industriali, i quali, serviti egregiamente da scienziati che progettano nuovi oggetti di uso comune con obsolescenza programmata e plastica di nuova generazione, spingono ai cicli di vita sempre più brevi, così che come consumatori siamo mazziati da tutti i lati: acquisto di cose che sappiamo già di dover buttare da lì a qualche anno; costo poi dello smaltimento delle cose (che prima avremo noi debitamente separato nei diversi materiali di cui sono fatte); costo ambientale, con aria tossica sia al momento della produzione che in quello dello smaltimento.
    Insomma no, non amo gli “scienziati” al servizio di questo mondo a scadenza programmata e al servizio di politici e industrie che campano mettendo sulle mie spalle anche la responsabilità dei danni all’ambiente che sono costretta a produrre.
    Mi riparino il vecchi Folletto (lavoro artigianale garantito), blocchino la produzione di lavatrici di plastica e premino le aziende che producono oggetti d’uso comune destinati a durare due o tre vite.
    Non dico che risolverei tutti i problemi ambientali, ma una buona parte sì. E sono disposta ad accontentarmi dell’acqua di fonte, a patto che vengano bloccate le industrie che intossicano le falde con Pfas ( grata di aver diffidato sempre dei rubinetti, visto che scopro solo 2 anni fa di vivere nella zona di contaminazione delle falde da cui pescano gli acquedotti di mezzo Veneto)

    • rossana scrive:

      Insomma, è un discorso che per me ho risolto addebitando i danni a chi effettivamente li consente e li produce, senza più farmi venire sensi di colpa se sto sotto la doccia mezz’ora o se non seguo il consiglio dello spot che mi dice che mentre mi lavo i denti devo chiudere l’acqua per non sprecarla.
      Si fottano, e inizino a bloccare il fracking (che di acqua ne consuma infinite volte più di me mentre mi lavo i denti); penalizzino con tasse salatissime i possessori di piscine, quelli con ettari di prati da annaffiare ogni estate, chiudano le aziende che inquinano le falde (senza se e senza ma), non consentano la produzione di oggetti in plastica ad uso ludico/imbecille. Capisco che la vecchia bambola di pezza non equivalga i parametri estetici di una Barbie, ma se penso a quanti giocattoli di plastica si producono e si smaltiscono dopo un anno o due, mi passa la voglia di star a ragionare sulle mie personali responsabilità inquinanti.
      Per me, faccio ciò che posso, ma meglio di me può fare la “scienza” (si dedichi a invenzioni che escludano l’uso di derivati del petrolio), la politica, l’industria.
      Spero sia evidente che la mia ribellione nasce proprio dalla constatazione di come il mondo è ridotto, e di come a ridurlo in questo stato non siano quasi mai davvero i comuni cittadini, sui quali però vengono scaricate tutte le responsabilità e gli oneri morali del disastro in corso.
      A ognuno la propria quota parte in proporzione…

      • Miguel Martinez scrive:

        “Insomma, è un discorso che per me ho risolto addebitando i danni a chi effettivamente li consente e li produce, senza più farmi venire sensi di colpa se sto sotto la doccia mezz’ora o se non seguo il consiglio dello spot che mi dice che mentre mi lavo i denti devo chiudere l’acqua per non sprecarla.”

        Ovviamente hai ragione, ma spesso arrivamo a capire “come il mondo è ridotto” (per citarti) attraverso queste piccole cose.

        Anche la raccolta differenziata è una cosa molto discutibile, ma dover riflettere su ciò che buttiamo, ci fa pensare, per la prima volta, alla reale esistenza del principale (o unico) prodotto del nostro intero sistema socio-economico: le scoasse/i’ sudicio/la rumenta/el rudo…

        • rossana scrive:

          Dove vivo la raccolta differenziata è partita nel 1999 e pare che quello dove abito sia ormai a un tasso di differenziata intorno al 80%.
          Allora, quando ci furono le riunioni per informare il paese su come fare e perché, la favoletta era:” differenziare porterà notevoli risparmi in bolletta”.
          Come tutti sappiamo, non solo la bolletta scoasse non è diminuita, ma è di anno in anno aumentata. La ragione? Le società cui viene affidata la raccolta, fa un contratto di servizio per stima di quintali scoasse. Se per via della differenziata (o ultimamente dei minori consumi), le scoasse sono di peso inferiore, si paga comunque quanto pattuito. E se l’anno successivo diminuiscono ancora, si paga comunque il pattuito più un aumento percentuale, che le società si sa che ogni anno devono aumentare costi per aumentare i profitti e far guadagnare gli azionisti (le società sono quasi sempre Spa miste pubblico/privato).
          Così trovo che la questione non sia (e forse sarà sempre meno) il “riflettere su ciò che buttiamo” (e quindi compriamo), ma chiederci perché debbano essere i cittadini a pagare lo smaltimento di involucri e prodotti non riciclabili anziché le aziende stesse che li producono.
          Noi paghiamo involucri e oggetti di plastica, poi paghiamo per smaltirli, e dal negozio alla pattumiera guadagnano gli azionisti della Spa, i produttori delle palstiche, i netturbini che fanno le varie raccolte e i commercianti che vendono i prodotti che poi vanno smaltiti.
          Ipotizzo che, con le miserie in avanzamento costante, potrebbe arrivare il giorno in cui chi non può pagare l’asporto rifiuti li mollerà lungo gli argini dei fossi o dove capita, con tanti saluti al mondo ecologico e rispettoso del futuro dei nostri figli.
          Copiare dalla Germania o dalla Svizzera mai: li se ti vendono una bottiglia di vetro e gliela riporti ti ridanno 10/15cents. Se ricicli quella di plastica idem. Se ricicli i barattoli dello yogurth idem. ecc.
          E spesso, ad occuparsi delle macchinette davanti ai supermercati dove infilare le bottiglie per farti sputare fuori qualche cents, sono proprio le aziende che producono gli imballaggi.
          Ma noi stiamo ancora qui a cercare di differenziare correttamente per far campare sui rifiuti una catena di società che anziché ripagarci del lavoro certosino di differenziazione dei rifiuti, ci mazziano con costi salatissimi per la nostra ammirevole anima ecologica.
          Mi spiace, finché non verrò premiata in soldini per il lavoro con il pattume che faccio per far fare soldi alle Spa e ai loro azionisti, per me ogni disocrso su come è ridotto il mondo lo rimando al mittente: il pattume è affare di chi lo produce, non di chi lo getta una volta usato. Se ne occupino loro di diventare produttori ecologici e rispettosi del futuro dei nostri figli.
          (Lo so, sono inutilmente polemica, ma qui ormai siamo alla demenza che se ti cade una carta nel sacchetto dell’umido si scatena l’inferno…e in più pago…)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Rossana

            “Così trovo che la questione non sia (e forse sarà sempre meno) il “riflettere su ciò che buttiamo” (e quindi compriamo), ma chiederci perché debbano essere i cittadini a pagare lo smaltimento di involucri e prodotti non riciclabili anziché le aziende stesse che li producono”

            Ovviamente sono d’accordo, non dicevo che differenziare sia una “soluzione”.

            E’ chiaro che la chiave sta nell’imporre tasse talmente elevate sugli imballaggi dannosi, da obbligare le ditte a fare ricerche per trovare alternative (diversi dallo scrivere, “noi usiamo ecoimballaggi verdi perché amiamo l’ambiente”).

            • Francesco scrive:

              basterebbe fossero tali da coprire il danno all’ambiente, che non è un bene delle imprese che producono i beni in questione ma della collettività

              è una “volgare” questione economica

              e dovrebbe funzionare alla grande

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Francesco, l’ambiente non è monetizzabile.

            • Francesco scrive:

              impossibile

              il Denaro è la misura di tutte le cose create e di molte non esistenti

              e se non lo fosse lo faremmo essere, per odio delle Guardie della Purezza che prenderebbero il suo posto

      • Moi scrive:

        C’ era anche quella di tirare l’acqua del cesso massimo una volta al giorno …

        • rossana scrive:

          Come no…C’era anche un noto ecologista politico della prim’ora che si vantava di non farsi mai più di una doccia a settimana, ché mica era sporco e un po’ di afrore ascellare fa tanto maschio ruspante…

  9. Moi scrive:

    Insomma, la fregatura è che ti dicono “Favilla” poi rischi di essere fra i 999 su 1000 che finiranno invece in “Favela” 🙁 …

  10. Moi scrive:

    @ MAURICIUS / ZETA

    Scusate, ma … è vera ‘sta storia che in Aprile (o giù di lì) ci sarà un altro (!) Referendum , stavolta proprio “abrogativo” (!) , sullo Stìv Giòbbs Acte ?!

    Ora, dubito che Ottorino Jr sia tanto fesso da promettere di dimettersi se vince il SI’ … però mi pare che il Polettone voglia le dimissioni di Gentiloni prima (!) del suddetto Referendum ! … Quindi PG 😉 dovrebbe dimettersi “di sua sponte” 😉 prima di Pasqua ?! … E poi, dopo il Referendum sullo Stìv Giòbbs Acte, un altro _ e quarto in ‘sta legislatura _ Governo PiroTecnico [cit.] ?!

  11. Moi scrive:

    Nodo Jobs act, Poletti: “Se si va al voto in primavera si evita il rischio referendum sul lavoro”

    http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/nodo-jobs-act-poletti-se-si-va-al-voto-in-primavera-si-evita-il-rischio-referendum-sul-lavoro-_3046289-201602a.shtml

    Lʼipotesi di elezioni subito scongiurerebbe il rischio di affossare unʼaltra riforma diventata uno dei simboli del governo Renzi

  12. Horatio scrive:

    @ Martinez

    Miguel ha la straordinaria capacità di serrare il particolare e il generale. Le cose migliori le ottiene proprio quando tenta queste sintesi storico-ambientali che rischiarano con esattezza il punto in cui ci troviamo. Ora la mia domanda è: perché Miguel non si dedica seriamente alla stesura di un libello o trattato (tralasciando per un po’ le altre cose)? Io lo acquisterei e studierei volentieri. La comunicazione via blog è in generale invecchiata e obiettivamente poco propulsiva. In questo momento, molto di più rispetto a qualche anno fa (anche solo 2-3 anni fa), credo che abbiamo bisogno di pensieri e lavori concentrati, seri, tecnicamente raffinati. L’entusiasmo per la diffusione, la dispersione e la comunicazione è finito. Serve ora perfezione e precisione. Certo potrebbero riemergere l’accademia o gli studi accademici. Ma nelle accademie o nelle università si lavora solo alla censura degli sguardi e del pensiero. Ci si abitua solo a servire echi di poteri lontani, peraltro fragili e costantemente fuori tempo.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Horatio

      “Ora la mia domanda è: perché Miguel non si dedica seriamente alla stesura di un libello o trattato (tralasciando per un po’ le altre cose)? Io lo acquisterei e studierei volentieri. La comunicazione via blog è in generale invecchiata e obiettivamente poco propulsiva”

      Ti ringrazio molto.

      Condivido tutto ciò che dici.

      1) ovviamente la persona con cui vado più d’accordo al mondo sono io, e trovo quindi importanti e condivisibili le mie idee, quindi non arrossisco per i complimenti 🙂

      2) non mi dispiacerebbe scrivere un libello, in effetti. Poi non riesco mai a trovare il tempo per concentrarmi a lungo – calcolate che ho impegni familiari, di quartiere e anche lavorativi, questi ultimi piuttosto imprevedibili.

      3) però potrei provarci, rielaborando frammenti di cose che ho già scritto, grazie del suggerimento… tanto, oggi autopubblicare è facile.

    • habsburgicus scrive:

      @Horatio
      (premesso che i tuoi interventi e domande sono sempre molto stimolanti, dunque é sempre un piacere vedere il tuo nome fra i commentatori)
      ti rammento che circa un mese fa mi facesti una domanda qui (ti interessava il mio fb, mi pare) dandomi la tua mail (o facendomela inviare tramite Miguel, non mi sovvengo), io ti risposi immediatamente in mail e non seppi più nulla, neanche un più o meno secco “ok, ci sentiamo”, classica risposta per dire che uno intende finire il contatto 😀 (mi riferisco alla mia mail del 17/11/2016, h. 9.39)…lungi da ne dare importanza a queste inezie, ci mancherebbe, io sono una persona che non tiene alle formalità :D, dunque non cambia nulla 😀 ma é solo per dirtelo 😀

      P.S 1
      mi viene un atroce dubbio che potresti non essere tu quello che mi fece la domanda
      é improbabile, ma in quel caso
      1.accetta le mie scuse e ritieni non avvenute le cose che ho scritto sopra
      2.quanto scritto andrebbe riferito ad un ipotetico Mr. H

      P.S 2
      d’accordo sulle tue riflessioni sul fatto che ora é di nuovo necessario l’approfondimento e che stia finendo l’epoca d’oro dei blog
      concordo nell’auspicare che Miguel scriva il libro !
      per gli altri, però conta anche la possibilità razionale di pubblicare ! 😀
      ad esempio io, per restare in temi seri ed eruditi (approfonditi, diresti tu), scriverei volentieri un libro sulla storia della Bielorussia dalle origini ad oggi (nell’ambito, sino al 1795, del Granducato di Lituania, ma non visto una tantum come qualcosa di solo lituano) e potrei anche arrivare a 1000 pagine-e, non sembri una vanteria, in Italia non sarebbe così facile trovare un numero di persone pari alle dita di una mano che sappia scriverlo altrettanto bene-ma chi me lo pubblicherebbe ? nessuno !!!
      e dunque quel libro non si farà mai 😀
      psss..sia detto sottovoce..perdete poco D

  13. Moi scrive:

    @ TUTT *

    😉

    L’odio è il motore della Storia, alla faccia del politically correct

    http://www.linkiesta.it/it/article/2016/12/14/lodio-e-il-motore-della-storia-alla-faccia-del-politically-correct/32707/

    di Andrea Coccia

  14. Moi scrive:

    @ ZETA

    C’è anche la tesi che agli ex DS del PD, ora come ora, interessa soltanto (!) “Riprendersi il Partito” … che ne pensi ?

    • Z. scrive:

      Non seguo molto, ma già se così fosse avrebbero un progetto. La mia impressione è che progetti non ne abbiano proprio.

      Hai presente La quercia caduta di Pascoli?

  15. Moi scrive:

    PESISSIMO :

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/14/roma-i-forconi-arrestano-lex-deputato-di-fi-osvaldo-napoli/3259379/

    Roma, i Forconi aggrediscono Osvaldo Napoli alla Camera: “Arresto in nome del popolo”. Lui: “Delinquenti”

    • Roberto scrive:

      Poi mi dite che non stiamo scivolando negli anni trenta….

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Roberto

        “Poi mi dite che non stiamo scivolando negli anni trenta….”

        Ti spiego la differenza:

        1) Anni Trenta (meglio Venti), dirigente d’azienda/politico liberale paga trenta giovinastri a picchiare i suoi operai in sciopero e i carabinieri danno loro le armi per farlo, i giornali – che appartengono allo stesso dirigente d’azienda/politico liberale – dicono che i giovani patrioti hanno difeso la sacralità della proprietà privata

        2) Anni nostri, al solo scopo di farsi vedere in televisione, micro-gruppetto di esibizionisti fa buuuuh a dirigente d’azienda/politico liberale, viene fermato dai carabinieri. I giornali dicono, “orrore, siamo negli anni Trenta”.

        Non voglio rubare a Francesco il ruolo di marxista, ma se si toglie l’elemento della lotta di classe, non si capisce più niente degli anni Trenta (o meglio Venti).

        • Miguel Martinez scrive:

          Per roberto

          “Non voglio rubare a Francesco il ruolo di marxista, ma se si toglie l’elemento della lotta di classe, non si capisce più niente degli anni Trenta (o meglio Venti).”

          Mi spiego meglio…

          Anni Venti/Trenta…

          L’immensa manodopera, giovane e maschia, impiegata e disciplinata nel “lavoro” delle trincee va ricollocata.

          Le fabbriche e i latifondi (che in Italia e in Germania sono spesso nelle stesse mani) hanno un gran bisogno di manodopera, ma alle condizioni volute dai proprietari, che sono anche i sindaci, i padroni dei media e i “signori” con un distintivo stile di vita, gli ufficiali militari, i magistrati e gli unici con l’automobile 🙂

          La “manodopera”, abituata ad agire collettivamente e a maneggiare armi, diventa l’incubo non solo dei proprietari/latifondisti, ma anche di tutto il ceto medio, che si arma contro l’onda rivoluzionaria temuta.

          Certo, si possono trovare dei paralleli con tutto – ad esempio, la paura degli immigrati ha qualche pallida somiglianza con la paura che si aveva allora di operai e di contadini; ma è anche vero che gli stessi operai e contadini che andavano disciplinati, erano pur sempre dei “nostri”, magari sobillati da malvagi sovversivi, ma erano la “base sana” (e la grande maggioranza) della “nostra nazione”, che agendo in armonia con gli imprenditori invece che ribellandosi, avrebbero potuto insieme costruire grandi ricchezze e benessere per tutti.

          E tutto questo poi legato alla presenza fisica di grandi masse di persone, a stretto contatto tra di loro, in trincea, nelle fabbriche, nei quartieri operai (pensiamo al loro ruolo nelle rivolte tedesche degli anni Venti) e nei villaggi. Nulla a che fare con il consumo collettivo nelle discoteche o con il cazzeggio su Facebook di oggi.

          Nella nostra Europa frammentata, deindustrializzata, anziana, dove i giovani comunque hanno per ora i risparmi dei nonni su cui contare, dove nessuno sa più sparare, dove nessuno si sente “operaio” e i quattro contadini rimasti fanno agriturismo, esiste davvero qualcosa di simile agli “Anni Trenta/Venti”?

          Tra l’altro, la sovrapproduzione di merci e la scolarizzazione di massa fa sì che oggi il figlio del proprietario di una catena di franchising sia esteriormente indistinguibile dal facchino precario; pensiamo invece alle foto degli Anni Venti/Trenta, borghesi e proletari sembrano due popoli diversi.

        • roberto scrive:

          Miguel,

          tutto interessante e come noti tu stesso ci sono delle differenze (per te predominanti) ma anche delle analogie (per me drammaticamente reali)

          inizio da questo punto

          “al solo scopo di farsi vedere in televisione,”

          anche io l’ho pensato per molto tempo, ma secondo me è ora di costatare che c’è qualcosa di più.

          il teppista che “arresta” un parlamentare certo vuole apparire in TV, ma il suo gesto raggiungerà un numero straordinario di persone, influenzerà una parte di queste persone (che in questo momento storico hanno bisogno di essere influenzate da gesti come questo, e qui ci vedo la più forte analogia con gli anni 30) e creerà,volente o nolente il teppista, un fenomeno di massa

          mi spiego.

          1. il teppista “arresta” il parlamentare
          2. repubblica pubblica il video
          3. un milione di persone lo vedono
          4. 300.000 persone pensano “ah, però, i parlamentari se lo sono proprio meritato”
          5. 1000 persone lo scrivono
          6. …. e voilà l’effetto “gruppo” è sotto gli occhi di tutti e domani un’altro farà un’altra cosa simile

          se vuoi, il meccanismo non è tanto diverso dalle finestre di overton di moi.

          la differenza tra lamia finestra e quella di moi è che moi si concentra su masturbazioni mentali di para intellettuali fighettoidi che hanno presa zero sul “pubblico”.

          quando moi ci parla di un gruppo di studenti di cambridge che vogliono usare il pronome “Ze” per i finocchi, io suggerirei di andare in un pub al porto di liverpool e spiegare agl avventori che “è meglio usare il ^pronome Ze per non ferire la sensibilità delle persone LGTB”.
          quanti secondi lo lascerebbero parlare prima di buttarlo nel mersey?
          se provasse invece a far vedere il filmetto del teppista che arresta il parlamentare, scommetto che finirebbe per diventare l’eroe della serata.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            “creerà,volente o nolente il teppista, un fenomeno di massa”

            Sono d’accordo sul meccanismo, anche se bisogna tenere in considerazione l’immensa “moderazione” reale dei “bianchi europei” oggi.

            Non confondiamo la capacità che hanno persone di mezza età di scrivere cose terrificanti su Facebook con la determinazione che ci vuole per violare una legge: non ci sono più “strade” o “piazze” e la gente ha incorporato una sottomissione incredibile alla polizia e ai magistrati. Certo, parcheggiano in doppia fila, ma solo perché pensano che i vigili non passeranno o saranno (per citare Grog) depotenziati quanto loro.

            Pensa alle roboanti minacce con cui Bossi portava centinaia di migliaia di persone in piazza, pronte a dare la vita per liberare il nord da Roma ladrona, a patto che non si saltasse la cena e nessuno si facesse male – tanto che quell’immensa mobilitazione retorica ha avuto come unica conseguenza “militare” il bellissimo carro armato a San Marco.

            Quasi tutti vivono nel terrore delle “conseguenze” e delle “istituzioni”, con l’eccezione di quattro anarchici cosplayer, che però politicamente sono all’opposto dei forconi.

            • Francesco scrive:

              Miguel

              il tuo ottimismo mi fa paura: sei troppo intelligente per non sapere che l’uomo è sempre la stessa brutta bestia e che ci vuole un attimo per imparare a menar le mani, soprattutto in 20 contro 1.

              le richieste di oggi sono vicine a quelle degli anni ’20, sicurezza economica, sicurezza sociale, sicurezza identitaria.

              e ieri su Avvenire c’era un’intervista incredibilmente nazista al responsabile riforme dei grillini. uguale “tutta colpa degli altri”, uguale “noi razza eletta” Onesti invece che Ariani, uguale “ci penseremo noi, dateci il potere assoluto”, uguale disprezzo per critiche, obiezioni, dubbi

              io vedo un’autostrada di Overton verso gli anni ’30

              ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “il tuo ottimismo mi fa paura: sei troppo intelligente per non sapere che l’uomo è sempre la stessa brutta bestia e che ci vuole un attimo per imparare a menar le mani, soprattutto in 20 contro 1.”

                Io non ho nessun ottimismo.

                Vedo un gran numero di gente dai capelli grigi (come il sottoscritto), che non si conoscono tra di loro, capaci di usare la tastiera e la matita elettorale.

                Gli “Ariani”, ricordo, erano più o meno impropriamente l’insieme del sano popolo tedesco che non prestava orecchio alle sirene bolsceviche che dicevano di impossessarsi dei mezzi di produzione. Non erano un partito politico. E su questo elemento cruciale, della lotta di classe, non hai detto nulla.

                Poi anch’io vedo oggi una crisi straordinaria e inevitabile, visto che sta finendo un’intera era geologica e stiamo entrando in qualcosa di totalmente inconoscibile, e quindi è normale che entriamo in un periodo di casino senza fine. Ma paragonarlo a qualcosa di passato non ci serve a nulla, anzi ci porterà a dare risposte errate.

            • Francesco scrive:

              La lotta di classe è totalmente irrilevante, meglio fuorviante: fuori dalla propaganda comunista, non credo che gli operai fossero rossi più che bianchi o neri o cazziloristi.

              E non erano neppure così tanti.

              Il problema era non credere più nel sistema e aspettare in modo ingenuo un nuovo sistema salvifico, prendendo per buone le promesse fasciste, molto più grandi che non “terremo buoni i vostri operai”

              Oggi come allora non si crede più nel sistema nè nell’affrontare in modo razionale i problemi, si cerca la Soluzione e si ottiene quello che si merita

              ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “La lotta di classe è totalmente irrilevante, meglio fuorviante: fuori dalla propaganda comunista, non credo che gli operai fossero rossi più che bianchi o neri o cazziloristi.”

                Ah, fantastico.

                A proposito, l’uomo sulla Luna c’è andata, o è una bufala come la lotta di classe negli Anni Venti/Trenta?

              • Miguel Martinez scrive:

                prendiamo i distretti minerari del Harz, il Mansfeld di cui avevo già parlato. Il Partito Comunista da solo (quindi senza considerare i socialdemocratici) aveva l’80% del voto, e quella zona è rimasta la base rossa della DDR dopo.

                Ma anche a Firenze, la divisione tra distretti elettoralmente liberali (e poi fascisti) e distretti socialisti coincide quasi perfettamente con la mappa sociale.

                Non c’è certo bisogno di essere comunista per rendersene conto: qualunque autore fascista degli anni Venti racconta degli scontri con i mezzadri o della paura di entrare nei distretti operai; e questo ancora di più in Germania.

                Ma sono cose talmente note, ovvie, che stare a discuterne mi sembra una perdita di tempo.

                Potresti partire da Nolte, che certamente non è una fonte “comunista”.

            • Z. scrive:

              I rischi di un’involuzione violenta io li vedo, e non solo in Italia.

              Quando la notte si fa buia la gente rimescola il mazzo a oltranza nella pia illusione che le carte cambino.

              Questa mi pare la sostanza. Il resto è cosmesi o poco più.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “I rischi di un’involuzione violenta io li vedo, e non solo in Italia.”

                Siccome stiamo vivendo – come diceva Hawking – il periodo più pericoloso dell’evoluzione umana, bisogna stare molto attenti a capire cosa sta succedendo, per non dare risposte errata.

                “Involuzione” fa pensare a un ritorno al passato: rischiamo il ritorno di Craxi e di Andreotti? In quel caso, bisogna stare attenti (per dire) a evitare grandi indebitamenti pubblici, la divisione tra cattolici e comunisti o l’appartenenza alla NATO. Ora, secondo me, non rischiamo di tornare indietro a quell’epoca, perché nel frattempo è come se fossero passati mille anni – vista l’accelerazione dei tempi – quindi eventuali screzi tra cattolici e comunisti non ci devono allarmare, ci dobbiamo preoccupare di altre cose.

                Significa allora che il rischio oggi sia addirittura il ritorno a cinquemila anni indietro, cioè al fascismo? Rischiamo davvero un regime che schiacci le lotte operaie, che obblighi i contadini a restare mezzadri, che impedisca gli scioperi e renda la vita difficile alle cooperative, che privilegi l’industria pesante e grandi opere statali e cerchi colonie all’estero, che promuova una sorta di “allegria generale di tutti gli italiani che vivono nel migliore dei mondi possibili”, che faccia concordati con la Chiesa mentre schiaccia i dialetti?

                Non è cosmesi, perché la definizione del pericolo decide poi ciò a cui dobbiamo stare attenti.

            • Peucezio scrive:

              Francesco,
              ” l’uomo è sempre la stessa brutta bestia e che ci vuole un attimo per imparare a menar le mani, soprattutto in 20 contro 1.”

              Sì, ci può volere un attimo, ma dev’essere quello giusto. Ogni persona si forma nei primi anni, al massimo nei primi due decenni di vita. Dopo è sostanzialmente immodificabile.
              Se non nasci in certo contesti e certi quartieri, non imparerai mai a menare le mani sul serio, nemmeno con mille corsi di arti marziali.

              Francesco, vorrei che fosse come dici tu (che in pratica significherebbe che gli italiani si ribellano all’esproprio dell’Italia e alla sua riduzione a paese coloniale con una popolazione poverissima e una decina di famiglie di ricchi, incaricate di passare le risorse del paese agli stranieri), ma ci vuole almeno una generazione di gente che cresce tutta come si cresceva allo Zen di Palermo qualche anno o decennio fa (si saranno imborghesiti pure lì).
              Aggiungi che ci vuole un secondo ingrediente, oggi ancora più impensabile (l’altro, se si arriva sotto un certo livello di vita, non è poi così irrealistico): l’organizzazione, lo spirito di corpo, una certa cultura politica che non coincide con la scolarizzazione rincoglionente di massa di oggi e che non impedisce di saper menare le mani (e usare le armi).

              Ad essere molto molto ottimisti si può solo sperare che il sistema che sta opprimendo l’Italia collassi da sé e che a quel punto quel poco che è rimasto di quegli interessi economici italiani forti che avrebbero da perderci a internazionalizzarsi e vendere agli stranieri si leghi strategicamente agli attuali nemici del sistema occidentale (Putin, ma anche tutti quei pezzi di Occidente che ne stanno uscendo, come la Gran Bretagna se la Brexit riuscirà a trovare una classe politica che ne sia rappresentativa, la Francia se dovesse vincere la Le Pen e soprattutto gli USA di Trump: va da sé che Trump non è un capo di stato occidentale: ha vinto contro l’Occidente), che a quel punto sarebbero egemoni.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Se non nasci in certo contesti e certi quartieri, non imparerai mai a menare le mani sul serio, nemmeno con mille corsi di arti marziali.”

                Totalmente d’accordo.

                Chi non ha vissuto la violenza da vicino, la immagina come se fosse qualcosa che si trasmetterebbe per contagio, leggendo o guardando la televisione.

                Ma un giorno, sarebbe interessante fare un discorso su questo immenso tabù dei nostri tempi: la violenza.

            • Francesco scrive:

              Miguel,

              è un problema demografico prima che politico: la società non è mai stata quella pensata da Marx.

              tra i capitalisti e gli operai (latifondisti e mezzadri) c’è sempre stata una folla, che peraltro ha fatto rivoluzioni e controrivoluzioni, che non entra nello schemino ben noto (almeno nei paesi occidentali)

              converrai che un distretto minerario è una coltura intensiva forse affascinante ma del tutto non rappresentativa

              tu stesso hai citato i braccianti bianchi e immaginare che i fascisti picchiatori fossero quattro studenti ricchi e otto prezzolati … saremmo ancora una Repubblica Popolare!

              😀

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “converrai che un distretto minerario è una coltura intensiva forse affascinante ma del tutto non rappresentativa”

                Se tu mi citi una serie di altri distretti operai europei, negli Anni Venti, di orientamento fascista (in senso ampio), ne possiamo discutere.

                Io ti ho portato questo esempio, ma potrei anche portare quello del Ruhr, dei quartieri industriali di Berlino, dei distretti operai di Hannover… Ma anche i film propagandistici nazisti come SA Mann Brand, dove si vedono gli operai (e sopratutto le temute operaie) che massacrano i giovani eroi nazisti.

                Ti consiglierei di leggere Ottwalt, racconta in modo straordinario il suo impatto, da giovane borghese, con i “nemici operai”, e gli ambienti di piccoli imprenditori, ufficiali e aristocratici che cercavano di difendere la proprietà e lo Stato dagli operai; e del modo in cui lui inizia a capire anche il punto di vista loro.

            • Z. scrive:

              Miguel,

              non chiamiamola involuzione, allora. Chiamiamola “banana”, come disse qualcuno più intelligente di me.

              La mia opinione è che la nostra società (comunque denominata) sia di fronte al rischio di una grossa banana. Penso anzi che questa banana sia già iniziata, e credo che sia una banana pericolosa per tutti coloro che non sono abbastanza furbi e cialtroni per trarne beneficio.

              Vedo molte persone spaventate da questa banana, e questo li porta – appunto – a rimischiare ossessivamente il mazzo di carte sperando che cambino.

              Non cambieranno, ovviamente. Però il mazzo diventerà sempre più riconoscibile, a beneficio dei bari.

            • Francesco scrive:

              Miguel

              credo di essere più radicale di quanto si sia capito

              non nego affatto l’esistenza di zone operaie o minerarie o agrarie rosse

              dico che contano, nella Storia, molto meno di quanto l’immaginario marxiano (di allora e di oggi) si immagini

              tu stesso ti trovi a descrivere una storia immaginaria in cui agiscono Proletari Rossi da una parte, quattro gatti di Padroni Nerei. non credo di sbagliare se dico che forse arrivi a un terzo della popolazione

              oggi, poichè non vedi masse organizzate, ritieni impossibile una “banana”

              PS sulla violenza, non ti bastano i casi di cronaca nera? tranquilli padri di famiglia borghesi grigi ecc. ecc. che bruciano viva la moglie o sono accoltellati dall’amante della moglie? mica ci vuole un Corso Riconosciuto dalla Regione di Paramilitarismo Sudamericano

              😉

  16. Mario scrive:

    C’ era anche quella di tirare l’acqua del cesso massimo una volta al giorno …

    Mettiamoci dentro l’eresiarca argentino, e il cesso lo espellerà con misericordia verso le periferie dell’esistenza.

  17. Moi scrive:

    …fermi lì ! 😉

    ——————————————–

    Renzi detta la linea: “Il governo non ha agenda, il Jobs Act è intoccabile”
    Nel Pd la tentazione di cambiare la riforma del lavoro, ma l’ex premier: non si può dire “abbiamo scherzato”

    http://www.lastampa.it/2016/12/15/italia/politica/renzi-detta-la-linea-il-governo-non-ha-agenda-il-jobs-act-intoccabile-KIxSmeQLOrnnFuw6q8fqFP/pagina.html

    ——————–

    Il PD ha premuto il mitico tasto di autodistruzione con conto alla rovescia per il Febbraio 2018 o giù di lì ?! 😉

  18. Moi scrive:

    confida Luca Lotti, si potrebbe adottare il «modello trivelle» quando a quel referendum Renzi puntò tutto sull’astensione, facendo mancare il quorum.

    [cit.]

    ————-

    … Lotti-Pjatakov [cit.] resta “inarrivabile” ! 😉

  19. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Roberto

    Riguardo ad anni Trenta e oggi.

    Ribadisco quanto ho detto – la lotta di classe non è una tra tante cose che accomunano o separano noi dagli “Anni Trenta”.

    E’ il cuore della questione, il resto è contorno.

    Certo, anche negli Anni Trenta, si portavano le scarpe o c’erano fumatori e non fumatori, ma non è questo ciò di cui stiamo parlando.

    Semplificando, dove stanno oggi i “signori”, i militari, i proprietari terrieri?

    E dove stanno oggi operai, contadini, braccianti?

    E dove stanno gli studenti di buona famiglia, la grande massa di manovra del fascismo e del nazismo?

    Dove sta la proposta di un esproprio collettivo dei mezzi di produzione?

    Chi predica l’armonia nazionale, senza conflitti sociali, perché solo facendo l’interesse delle imprese, tutto il paese può progredire?

    Chi sostiene le spese militari?

    Ecco se inquadriamo le (diverse e frammentate) risposte a queste domande, possiamo fare paralleli validi con gli Anni Venti/Trenta.

    • Francesco scrive:

      >> E dove stanno gli studenti di buona famiglia, la grande massa di manovra del fascismo e del nazismo?

      a votare No, a votare Grillo, sarei curioso di sapere cosa fanno in Germania e soprattutto in Francia.

      >> Dove sta la proposta di un esproprio collettivo dei mezzi di produzione?

      nel programma elettorale di Donald Trump

      >> Chi predica l’armonia nazionale, senza conflitti sociali,

      tutti gli anti-casta, per esempio

      mi sa che hai messo un paio di occhiali da realtà virtuale con un software bulgaro di fine anni ’80 😉

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “>> Dove sta la proposta di un esproprio collettivo dei mezzi di produzione?

        nel programma elettorale di Donald Trump”

        Quindi quelli che sono contro Trump sono nazisti?

        La mia visione del fascismo viene dalla conoscenza della Toscana, del nazismo da un particolare interesse per la letteratura politica tedesca degli anni Venti, il bulgaro purtroppo non lo so leggere.

        Leggi Von Salomon o i romanzi autobiografici di Ernst Ottwalt, per capire cosa fu la guerra di classe in quegli anni in Germania. E su questo punto, non mi sembra che tu abbia risposto nulla.

        • Miguel Martinez scrive:

          Un’altra opera straordinaria per cogliere la lotta di classe fu Metropolis, il romanzo che quel furbo di Langer scippò a Thea von Harbou.

          E’ una descrizione straordinaria di quei due mondi in guerra, di cui oggi non c’è praticamente traccia.

        • Francesco scrive:

          perchè, Hitler non voleva sottomettere l’economia e i capitalisti al programma del nazionalsocialismo? da quel punto di vista era uguale uguale a Lenin, anche se agiva in una società meno distrutta di quella russa

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “>> E dove stanno gli studenti di buona famiglia, la grande massa di manovra del fascismo e del nazismo?

        a votare No, a votare Grillo”

        Attenzione, non ho parlato genericamente di “giovani”.

        Ho parlato di “studenti di buona famiglia”, la categoria dei giovani privilegiati degli anni Venti, educati al culto della Patria ed esaltati dai racconti di chi aveva vissuto la guerra, e che si sentivano totalmente alieni ai giovani “proletari”.

        Se tu hai prove che solo i giovani privilegiati abbiano votato per Grillo, potremmo ragionarci.

        “>> Chi predica l’armonia nazionale, senza conflitti sociali,

        tutti gli anti-casta, per esempio”

        bene, quali leggi hanno promosso gli “anticasta” per rendere più difficili gli scioperi o più facili i licenziamenti? E’ una domanda aperta, non ho seguito molto le posizioni in merito dei vari partiti.

        • Francesco scrive:

          leggi? che leggi?

          basta linciare la kasta e tutto andrà a posto, ci saranno i Cittadini Qualunque ma Onesti e i problemi spariranno come le foreste durante un grande incendio

          hai occhiali vecchi per leggere il mondo, caro Miguel

          😀

        • Francesco scrive:

          ah, se hai prove che i giovani proletari non indossavano la camicia nera negli anni ’20, fammi sapere

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “ah, se hai prove che i giovani proletari non indossavano la camicia nera negli anni ’20, fammi sapere”

            In linea di massima no.

            Poi ci furono categorie coinvolte: ad esempio, i braccianti venivano talvolta usati contro i mezzadri; e poi c’erano sicuramente casi individuali.

            • Francesco scrive:

              ne so abbastanza poco ma tutto sommato abbastanza da avere molti dubbi sulla tua ricostruzione

              il fascismo fu anche movimento di popolo contro le elites borghesi e rammollite

              ciao

            • Z. scrive:

              Non più di quanto sia “movimento di popolo” il crumiraggio, le rapine in banca o gli stupri collettivi.

        • Francesco scrive:

          >> gli studenti di buona famiglia, la grande massa di manovra del fascismo e del nazismo

          ammetto che non avevo notato bene questa tua affermazione: su cosa ti basi?

          a naso (quindi non vale nulla), detti studenti erano pochi e molti erano rossi. come avrebbero fatto a diventare “grande massa di manovra”?

          ciao

  20. Miguel Martinez scrive:

    Ancora su “noi e Anni Trenta”

    Se teniamo presente la questione della lotta di classe, vediamo anche quanto sia assurda la tesi di certa estrema sinistra “Antifa” che parla di “squadracce [neo]fasciste al servizio dei padroni per reprimere le lotte”.

    Ci crederò la prima volta che una squadra di picchiatori di Casa Pound arriva per permettere a dei crumiri di sfondare un picchetto di operai in sciopero (sempre che esistano ancora scioperi, operai o picchetti), o sostituiranno gli spazzini in sciopero.

    Chiedere la chiusura di campi Rom non era certo la principale missione degli squadristi negli Anni Venti.

    Non basta un saluto romano per “essere fascisti” (se no, anche i Sioux lo sarebbero…).

    • Carlo scrive:

      “Chi predica l’armonia nazionale, senza conflitti sociali, perché solo facendo l’interesse delle imprese, tutto il paese può progredire?” Provo a rispondere: se escludiamo alcuni insignificanti partitini e intellettuali di sinistra, praticamente tutti, dall’ex premier Renzi che qualche hanno fa si diceva “gasatissimo” dai progetti di Marchionne alla Lega per cui l’unico conflitto sociale è quello italiani vs stranieri (o al massimo italiani vs italiani di etnia sbagliata, cioè zingari)

      • Carlo scrive:

        Dimenticavo il M5S per cui, come per la Lega, il conflitto non è tra capitale e lavoro, ma, a differenza di questa, vede il conflitto non tra italiani e stranieri, ma tra “casta” e “cittadini”

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Carlo

        ““Chi predica l’armonia nazionale, senza conflitti sociali, perché solo facendo l’interesse delle imprese, tutto il paese può progredire?” Provo a rispondere: se escludiamo alcuni insignificanti partitini e intellettuali di sinistra, praticamente tutti”

        Concordo… forse con un sistema economico assolutamente frammentato e precario, dove non si capisce più niente, non è più sentito il pericolo che i lavoratori prendano in mano la gestione dei mezzi di produzione. E quindi lo spirito “corporativo” caratteristico del fascismo passa alla politica: “non litighiamo, tutti gli italiani devono restare uniti, basta risse, niente ideologismi”.

      • Carlo scrive:

        errata corrige: “anno” non “hanno”

    • Carlo scrive:

      Secondo me la somiglianza dell’oggi con gli anni ‘2o e ’30 sta nel fatto che oggi come allora ci troviamo in una situazione difficile e ci sono due tipi di soluzioni proposte: la soluzione del primo tipo è quella difficile: la crisi del sistema si risolve distruggendo il sistema stesso e fondandone un altro (questo è quello vogliono fare i marxisti), la seconda soluzione è la soluzione facile: il sistema sociale con sfruttatori e sfruttati va benissimo così come è, sarebbe il migliore dei mondi possibili se non fosse per quei cattivacci di ebrei (o di negri, o di musulmani, o di antisemiti, o di razzisti, o di islamofobi, o di gay, o di omofobi), quindi eliminati i cattivoni di turno tutto andrà bene senza bisogno di sovvertire il sistema sociale (un esempio di questa soluzione è il nazismo). La grande differenza sta nel fatto che oggi non c’è più l’Unione Sovietica, cioè il modello cui ispirarsi per la soluzione difficile e quindi quasi tutti tifano per la soluzione facile, in un certo senso “nazisti” lo sono tutti (nel senso che tutti predicano l’armonia sociale e trasferiscono il conflitto nella lotta a presunti “cattivoni” che possono essere anche i ragazzotti da stadio che disegnano svastiche, oppure la “casta”, o quegli infami che hanno osato votare NO alla bellissima riforma proposta dal governo, oppure quelli che hanno votato Sì alla pessima riforma proposta dall’infame Renzi etc.)

  21. Miguel Martinez scrive:

    Ancora su Anni Trenta (o Venti) e oggi…

    Due fattori scatenanti:

    1) il più grande massacro industriale della storia che aveva appena scombussolato tutto e legittimato (anzi reso un dovere) ogni forma immaginabile di violenza armata

    2) la tremenda rivoluzione bolscevica che aveva dimostrato che tutti i risentimenti accumulati dai lavoratori manuali potevano trasformarsi in un inferno per chi lavoratore manuale non era. Dove atrocità spaventose e vere si mescolavano a stragi per carestia e a propaganda.

    La paura dell’ISIS oggi ha qualche pallidissima somiglianza con la paura del bolscevismo di allora, con alcune differenze fondamentali:

    a) la Russia era un sesto del mondo, mica la zona di Raqqa

    b) i bolscevichi non solo perseguitavano yazidi, sterminavano (almeno a sentire i media dell’epoca) chiunque avesse studiato o possedesse una botteguccia

    c) i protagonisti della rivoluzione non erano gente esotica, ma gente come i cinquecento operai che lavorano nella mia fabbrica o le cento famiglie di mezzadri dei miei terreni. Tutti forse pronti non solo a privarmi dei miei averi, ma anche a sgozzare i miei figli e violentare le mie figlie, nonché a bruciare le bandiere della patria e a tenere banchetti cannibali nei ruderi delle chiese incendiate.

    Offendendo così in maniera micidiale sia duemila anni di etica cristiana, sia un mezzo secolo di patriottismo nazionalista, instillato sin dall’infanzia in tutti coloro che andavano a scuola.

    Come sempre, esistono analogie possibili con i nostri tempi, ma non sono certo questi gli elementi decisivi della crisi di oggi.

    Infatti, a differenza del nostro marxista 🙂 Francesco, non credo che la lotta di classe sia il motore fondamentale della storia. Dico che lo fu in un preciso momento della storia Europea, diciamo 1918-1938 (così ci infiliamo anche la guerra civile spagnola).

    • Francesco scrive:

      invece credo che tu abbia beccato proprio un momento storico in cui la lotta di classe ha un ruolo minore!

      😀

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      “c) i protagonisti della rivoluzione non erano gente esotica, ma gente come i cinquecento operai che lavorano nella mia fabbrica o le cento famiglie di mezzadri dei miei terreni.”

      Beh, no, quanto operai ci saranno stati fra i bolscevichi?
      Forse a forza di propaganda nelle fabbriche delle grandi città qualcuno saranno pure riuscito a mobilitarlo.
      ma per il resto fu una rivoluzione delle borghesie enticamente internazionali (ebrei, con una buona presenza di lituani, tedeschi, georgiani, calmucchi, ecc. ecc.) contro la Russia rurale: la Russia era un enorme paese rurale e contadino, non una potenza industriale.
      Da come la descrivi tu, parrebbe una rivoluzione del popolo contro le élite, mentre è stato l’esatto opposto.
      Poi acquisì il consenso, perché il russo in fondo ha un temperamento asiatico: obbedisce al despota di turno.

      • Francesco scrive:

        😀

        quanti operai tra i russi?

        quanti bolscevichi tra gli operai?

        quanti operai tra i bolscevichi?

        e il golpe di Lenin ebbe successo solo grazie alla guerra

        abbiamo messo un pò di carne al fuoco direi

      • habsburgicus scrive:

        @Miguel
        onestamente non riesco a dare serietà ai bolscevichi, con tuti i miei sforzi
        o meglio erano seri, serissimi, nella loro determinazione di assumere il potere assoluto e di non mollarlo, costi quel che costi
        ed erano serissimi nella loro abilità di propaganda, nel confondere i cervelli dei mugichi e degli operai di città
        ma non mi sembra che i bolscevichi fossero operai (tranne qualcuno, in genere messo lì per far mostra)
        quasi tutti erano borghesi di una certa etnia, talora con legami sottaciuti con i confratelli banchieri negli USA, più qualche caso di nobili spiantati russi e sottoproletari georgiani e di varia estrazione..nessun bolscevico importante fece la fame 😀 Lenin visse all’estero nel lusso con fondi dati da…. ignoti, ma si può immaginare fossero quei ricchi capitalisti (non-cristiani) che odiavano la Russia cristiana molto più di un eventuale “socialismo” che sapevano gestibile a loro uso con facilità [e così fu tranne in c.a 1948-1953 quando Stalin qualche problemas lo diede :D]
        il leninismo vinse solo per la mancanza di forte sentimento nazionale, sia nei russi (non ancora giacobinizzati) sia fra i bielorussi e molti ucraini
        dove il sentimenti nazionale c’era, Lenin ebbe scacco matto..
        (e se vinse, fu solo grazie alle baionette dell’Armata Rossa)
        e i bolscevichi tedeschi lo avranno in Germania quando sorse un tale oggi ascritto alla demonologia che promise un socialismo tedesco e puramente tedesco, solo per tedeschi e denunciò il leninismo come impostura di certe persone non-tedesche (e non-indoeuropee)..e la Sassonia (piùrossa di cento Emilie !) lo accettò passando dalle fede in Marx alla fede in Adolf
        perché fra il nazionalismo e il bolscevismo,
        l nazionalismo vince sempre ! [purché si possa illuminare i popolo]..mi spiace per i compagni qui 😀
        ecco perché strumentalmente io sarei per una rinascita nazionalista anche piuttosto hard in quanto pur sapendo che il nazionalismo nacque contro il mondo tradizionase ec ec, oggi é l’ultima forza rimasta..l’unica che potrebbe dare il colpo del ko a questo novello bolscevismo che é l’eurofilia e il globalismo 😀

        • habsburgicus scrive:

          mi spiego cosa voglio dire per russi non ancora giacobinizzati
          un paese giacobinizzato, dunque “nazionalista” non avrebbe tollerato una Brest-Litovsk (3/3/1918)
          Lenin sarebbe stato distrutto in 24 ore
          una pace che cedeva il “sacro suolo” allo straniero (e che cessioni !) avrebbe scatenato l’ira di un popolo giacobinizzato per cui la Nazione é tutto !
          pensiamo alla Francia dove la semplice e moderata cessione dell’AlsaziaOlorena in 1871 diede così tanti problemi !
          un popolo russo “liberale” sarebbe insorto al’unanimità contro Brest
          tutti avrebbero detto
          questo Lenin é un vile traditore a servizio dello straniero, una spia, un agente nemico..eccolo provato !
          me ne fotto di Marx e della rivoluzione, conta la Russia..e Lenin ha tradito la Russia..morte a Lenin !
          e infatyi lo dissero
          ma chi ? gli intellettuali, i borghesi (quelli cristiani)..cioé l’1%
          che sarà steminato nel Terrore Rosso di lì a poco (sistema leniniano per “trattare” con l’opposizione)
          il mugik (98 %) non disse nulla, però !!!!
          proprio perché ancora pre-liberale e pre-giacobino NON capì le implicazioni di Brest, non si indignò..pensò solo “vanné almeno c’é la pace e abbiamo la terra [non sapeva il tapino che avebbe dovuto retituirla nel 1929]”
          lì si spiega il successo del leninismo
          m,a già in Lituania, molto più nazionalista, Lenin ebbe problemi (1919 ed estate 1920) e i sovietici li avranno dal 1940 in poi
          il nazionalismo é più forte del marxismo, rammentatelo !
          e infatti gli unici regimi marxisti che riuscirono sono quelli che assunsero molte dosi di nazionalismo (Cina, vietnam, nord Corea ma anche Cuba, la stesa Romania dal 1965-ove il regime poi cade)
          correttamente dal loro punto di vista, i neo-marxisti odierni [leggi eurocrati, liberals, genderisti..Marx oggi é a Bruxelles e non a Mosca, Marx oggi sono i matrimoni gender non la classe operaia, non c’é alcun tradimento del PD, anzi hanno compreso l’essenza di Marx-Lenin per cui l’operaio era solo uno srumento che oggi mutatis mutandis non serve più !] combattono ogni nazionalismo (lo chiamano populismo) e lo denigrano, preventivamente sempre di più e instillano sensi di colpa per debilitare i popoli
          in Europa riescono, vedi Austria
          negli USA hanno fallito, altra gente con meno sensi di colpa e grilli per la testa
          riusciranno sempre ?

          • habsburgicus scrive:

            scusate gli errori 😀

            • Horatio scrive:

              @ Hab

              Verissima, e bisognerebbe rifletterci a fondo, l’assenza di tradimento. Il “serpentone” (Fichte/Hegel) – PCI (…) – PD è mero sviluppo logico. Rigorosissimo. La storia russa si sviluppa a partire da principi completamente diversi. Lì il marxismo ha solo un valore (certo non trascurabile) nominalistico/pragmatico.
              P.S. resto sempre in attesa di contatto mail.

            • habsburgicus scrive:

              @Horatio
              P.S. resto sempre in attesa di contatto mail

              qui allora forse c’é un equivoco doppio…nesun problema, lo risolveremo 😀
              forse la mail che ti mandai, pur avendo come oggetto “habsburgicus”, ti é passata inavvertita, donde io ho pensato che tu non avessi risposto ecc ecc ecc
              io ho la tua mail (avuta tramite Miguel ? o scritta da te ? non rammento), non so se posso scriverla qui per conferma [se é il secondo caso sì, ma nel dubbio non lo faccio]
              facciamo così
              scrivimi “ok” qui, come risposta
              appena lo vedo ti rimando una mail d saluto a quell’indirizzo che ho, con oggetto “habsburgicus-kelebek”, in modo che non ci siano equivoci 😀 e ti allego anche la mail dell’altra volta, per puro interesse storico :D, perché a questo punto credo che tu non l’abbia vista o non l’abbia riconosciuta come mia
              buona serata !

          • Z. scrive:

            Certo Habs, infatti in Ammerega i ministri nominati sono tutti manovali…

            Lo so, è brutto ammettere di essere stati presi ancora una volta pel naso. Io sono ancora arrabbiato con me stesso per aver votato Di Pietro molti anni fa 😀

        • Miguel Martinez scrive:

          per Habs

          “onestamente non riesco a dare serietà ai bolscevichi, con tuti i miei sforzi”

          Capiamoci bene qual è il punto in discussione.

          Gli Anni Venti (intesi come “fascismo che avanza”) somigliano ai tempi nostri?

          Vediamo: problema numero uno, negli Anni Venti:

          una parte della società per cui quello che era successo da poco in Russia era un sogno, da realizzare a qualunque costo

          una parte per cui era un incubo, da impedire a qualunque costo

          Non mi interessa adesso chi aveva ragione (diciamo che entrambi avevano torto marcio, alla fine).

          Mi interessa sapere, se esiste oggi una situazione paragonabile.

          Se non esiste una situazione paragonabile, tutti i tentativi di paragonare Renzi, Grillo, Salvini, D’Alema, Mattarella o la Boschi a Hitler sono idiozie, da lasciare agli idioti.

          • Z. scrive:

            Sì, sotto molti aspetti la situazione è paragonabile.

            C’è un periodo economico molto difficile, ci sono tanti esaltati che hanno La Soluzione, c’è tanta gente disposta a credere loro perché la colpa è dei comunisti, degli ebrei, della UE, della sinistra, dei musulmani, di Marchionne, è evidente, è evidente!.

            Ci sono anche profonde differenze. Il mondo è meno violento e meno spietato di quanto non fosse allora, e come dico spesso è una cosa di cui non sempre ci rendiamo conto.

            Ma le analogie, ecco, non mancano.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Z

              “Ma le analogie, ecco, non mancano.”

              Sicuramente. Come non mancano le analogie con i tempi di Can Grande della Scala, son sicuro.

              Ma non scrivo, “Grillo ha detto che il ministro delle finanze è un cretino, stiamo tornando ai tempi di Can Grande della Scala!”

            • Z. scrive:

              Credo che ci siano un po’ più di analogie con i decenni postbellici che col periodo di cui parli tu.

              E in parte, devo dire, anche coi decenni che hanno preceduto la Grande guerra.

          • habsburgicus scrive:

            @Miguel
            su questo, sull’assurdità del paragone fra oggi e allora, sai che sono d’accordo con te !
            con me sfondi una porta aperta

            • Z. scrive:

              E infatti sbagli 🙂

              Perché tra il mondo multipolare di oggi e quello di inizio Novecento, ad esempio, analogie ne vedo, e credo che anche tu ne veda!

            • Peucezio scrive:

              Vabbè, per voialtri comunisti 😛 siamo sempre alla viglia della rivoluzione fascista.

              Scherzi a parte, se dovessi dire se sono d’accordo con te o con Miguel su questa cosa, sarei un po’ in imbarazzo, perché le differenze fra le epoche sono profondissime, però è vero che sia allora che oggi, in contesti socioeconomici profondamente diversi, c’è una crisi della democrazia liberale rappresentativa classica. Forse questa è l’unica analogia, ma può essere decisiva quanto alle conseguenze.
              Però vorrei capire: cosa temi esattamente?
              E perché uno scossone sarebbe peggio di questa morte lenta? Insomma, c’è un malato (se non ci fosse un disagio, non ci sarebbero le premesse dei rivolgimenti di cui parli): si può tirare a campare coi palliativi, curarlo come si deve (ma ci vuole un genio, e non siamo in epoca di geni politici) oppure tentare una terapia d’urto. La terza possibilità è rischiosa, ma con la prima il rischio di peggioramento è certo, dunque meglio un danno possibile che un danno sicuro.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E perché uno scossone sarebbe peggio di questa morte lenta? Insomma, c’è un malato (se non ci fosse un disagio, non ci sarebbero le premesse dei rivolgimenti di cui parli):”

                E’ una riflessione interessante. In effetti i conservatori (e si può diventare un conservatore di qualunque posizione) non si pongono mai la domanda, perché il loro sistema stia vacillando: la colpa è sempre degli altri, degli ebrei, degli hacker russi, di Beppe Grillo, del Partito che Tradisce, degli Insegnanti che non Fanno il loro Dovere, dei Fanatici Religiosi, delle False Notizie, della Boldrini, del Cardinale Massone, di Casa Pound, dei sindacalisti, dei sessantottini…

                Di volta in volta, i conservatori possono avere qualche ragione nei bersagli che prendono di mira, ma proprio quel pizzico di ragione fa loro dimenticare la cosa fondamentale: che le forme storiche sono anch’esse forme di vita, fatalmente destinate a nascere, crescere, invecchiare e morire.

            • Z. scrive:

              Per voi berluschini sono tutti comunisti 🙂

              Tutti dobbiamo morire, ma buttarsi dalla finestra gridando “così imparano gne gne gne” resta una cattiva idea.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              io faccio parte di quelli che pensano che, anche se prima o poi dobbiamo morire, non è un buon motivo per non curarsi le malattie. E che pensano che il medico pietoso fa la piaga purulenta.

          • Francesco scrive:

            Miguel

            e se ti proponessi il paragone con gli anni PRIMA della Grande Guerra?

            con molti che erano disposti o desiderosi di un grande rivolgimento, insofferenti del Sistema, delusi dai suoi Valori, divisi tra chi ci vedeva il Male e chi ci vedeva un Tradimento (diciamo i rossi e neri)

            più la situazione internazionale ingessata ma instabile, tipo pentola a pressione

            magari in quegli anni si pensava molto all’anarchia e invece vennero fuori gli stati totalitari

            ma sempre di “banana” si trattò, da cui si uscì con … politici democristiani, politiche economiche keynesiane, progresso tecnologico e insomma un mondo che prima sarebbe stato giudicato insensato

            ciao

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Francesco

              “e se ti proponessi il paragone con gli anni PRIMA della Grande Guerra?”

              Come tutti i paragoni inusuali, è stimolante, e certamente un po’ di verità c’è.

              Anche perché l’Europa usciva da un lunghissimo periodo di pace (dal 1870, ma per molti versi addirittura dal 1815), come noi oggi.

              Forse una grande differenza sta nella sete giovanile di avventura che c’era all’epoca (prova a rileggere il Napoleone di Notting Hill pensando che fu scritto appena prima della guerra). Mentre oggi prevale un’angosciata paura.

            • Francesco scrive:

              beh ma non so quanto la storia sia determinata dalle pulsioni dei giovani

              ogni volta che vedo Salvini penso che una brutta guerra è facilmente il mio futuro

              non solo per la faccia che ha ma perchè sceglie di dire quello che dice, è un animale politico, sa che le cose che dice fanno presa

              non mi tranquillizza affatto la mancanza di squadracce in camicia verde, penso che siano accidenti e non sostanza del rischio “banana”

              ciao

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Beh, no, quanto operai ci saranno stati fra i bolscevichi?”

        Analisi abbastanza condivisibile, con il senno di poi.

        Ma la rivoluzione russa fu innanzitutto un immenso ammutinamento di masse contadine contro gli ufficiali, seguita da un grande ritorno a casa accompagnato da saccheggi e occupazioni e – talvolta – anche massacri: non c’è bisogno di leggere scrittori comunisti, basta leggere Pëtr Nikolaevič Krasnov, ufficiale zarista che poi – nonostante le sue origini ebraiche – finì per guidare i cosacchi in Friuli contro i partigiani, per cogliere questo tremendo moto e la paura che ispirava.

        Questo precede e accompagna la rivoluzione organizzata dei bolscevichi, i quali poi effettivamente avranno il potere tra gli operai delle fabbriche d’armi.

        Chiaramente la paura del bolscevismo non fu soltanto una paura rivolta verso il basso, ma anche verso chi sovvertiva le istituzioni, contro gli intellettuali ebrei, con tutte le conseguenze che ben sappiamo.

        • Peucezio scrive:

          Cioè tu dici: in un paese allo sfascio, in cui non c’era un vero radicamento del sentimento nazionale (quello di cui parla Habsburgicus), in cui stavano saltando tutte le strutture, bastava la spintarella dei bolscevichi per far cadere tutto nel burrone.
          In effetti, vista in questo senso è vero…

  22. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    Ecco un po’ di quello che i fascisti/nazisti temevano…

    copincollo qualche brano di Majakovski:

    “Io voglio
    che si accomuni a una baionetta
    la penna.
    Che insieme alla ghisa
    e alla produzione di acciaio
    Stalin legga,
    a nome del Politburo,
    il rapporto
    sul lavoro dei versi.
    —————————————–
    Scuotendo
    la solenne fila di penne
    sopra la faccia
    cavallina,
    scendono (gli indiani, ndr)
    e vanno
    per ora ad estinguersi.
    Aspettano.
    Traduci, Komintern,
    l’odio di razza
    in odio di classe.

    ————————————–

    Non compiacerti,
    compagno,
    per i giorni pacifici,
    porta
    al macero
    la benevolenza.

    Ricordati,
    compagno:
    in mezzo a noi
    armeggia
    il nemico di classe.

  23. Francesco scrive:

    Hasburgicus, ti evoco in quanto storico modernista del blog

    quanta gente ha ammazzato la Rivoluzione francese? è quella che più mi ricorda la situazione attuale

    ciao

    • habsburgicus scrive:

      tantissime…direttamente o indirettamente
      ma ha vinto lei 😀 e dunque le sue vittime sono obliate (al meglio) o scientemente rimosse (al peggio), come accade nella Gallia (sono noti i problemi, se ne parlò anche qui, che ebbe Sécher solo per aver espresso opinioni anticonformiste sulla Vandea..e oggi sarebbe peggio, molto peggio !)

      • Francesco scrive:

        pensavo solo a quanto possa essere sanguinosa una rivoluzione ideologica più che di classe … ormai nessuno crede più a fesserie sulle brioches o sulla fame di Parigi!

        grazie

  24. roberto scrive:

    Miguel

    non dico che quello che scrivi non sia corretto, ma le analogie decisive secondo me sono altre e mentre pensavo a come formularle ho letto questa sintesi di francesco che è assolutamente perfetta

    “Oggi come allora non si crede più nel sistema nè nell’affrontare in modo razionale i problemi, si cerca la Soluzione”

    aggiungo la “Soluzione Facile” (via i Bankster! via gli stranieri! basta chiacchiere! ci vuole uno che decide!)

    poi un altro aspetto di analogia è che se pensi a “non si crede più nel sistema”, allora come oggi “il sistema” è straordinariamente inadeguato, il che porta dritti dritti alla “Soluzione Facile”

  25. Miguel Martinez scrive:

    Comunque comincio a capire quelli che si lamentano che si è “persa la memoria storica”.

    Qui mi sembra che siano rimossi in un solo colpo:

    – la creazione delle identità nazionali

    – il sistema di produzione del primo Novecento, le immense strutture della fabbrica e dell’esercito

    – la prima guerra mondiale

    – la rivoluzione sovietica seguita da quella cinese, con relative decine e decine di milioni di morti

    – la lotta di classe.

    Quello che resta sono “soluzioni facili” e “sistemi in cui non si crede più” e il fatto che ogni tanto c’ gente che le spara grosse.

    • Francesco scrive:

      Miguel

      è che già dire “lotta di classe” indica non tanto un fatto (certamente vero) ma un indirizzo ideologico

      anche perchè qui non si pensa alle vecchie camicie nere ma a un Uomo forte, sul modello forse di Erdogan e Putin. Un figlio di puttana senza scrupoli, attaccato al potere peggio della Clinton, più bugiardo di Sarkozy, pronto a scatenare la frustrazione diffusa contro una serie di capri espiatori e a lanciarsi in avventure militari che fanno tanto figo.

      le mazzate ai mezzadri (ai loro sostituti) verranno, stai tranquillo

      • Z. scrive:

        Non c’è molto di “ideologico” nella lotta di classe. I ricchi la praticano da sempre, e con grandi risultati pratici!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “è che già dire “lotta di classe” indica non tanto un fatto (certamente vero) ma un indirizzo ideologico”

        No. Non sto parlando della bizzarra teoria del tuo amato Marx che dovrebbe spiegare tutto.

        Sto parlando di un fatto di immensa importanza, in particolare negli anni in cui tanti contadini e operai percepirono di essere stati mandati al massacro dai “borghesi”.

        E’ un momento della storia, non un’ideologia.

        • Francesco scrive:

          piano: per passare dal fatto “lotta di classe” a Marx bisogna
          1) ridurre la società a due classi
          2) postulare la contrapposizione totale degli interessi delle due classi (alla fine)
          3) fare della loro lotta l’unico motore della storia
          4) far vincere i buoni per necessità storica

          capisci che nessuna di queste cose è vera

          è che Marx era un ebreo sentimentale che ha adulterato le Ferree Leggi dell’Economia per salvare le visioni di Isaia

          ciao

        • daouda86@libero.it scrive:

          Una cazzata della storia Miguel, semmai, ma che davero?Non ti rendi conto della misinterpretazione che ne fai?

  26. Grog scrive:

    ALCUNE PRECISAZIONI
    – La rappresentanza ebraica nei bolscevichi era preponderante;
    – la maggior parte degli attentatori pre 1917 era ebraica;
    – gli assassini dello Zar erano ebrei;
    – gli ebrei hanno sempre intortato ed odiato gli slavi ritenendoli sub umani;
    – gli ebrei ritengono i non ebrei (goy) animali che parlano;
    – gli ebrei sono sostanzialmente zingari “studiati” mentre gli zingari rubano a basso livello ai non zingari (gaggé) gli ebrei, che sono “studiati”, operano nella grande finanza;
    – i russi, sostanzialmente grezzi contadinacci, ogni tanto si incazzano di brutto e sono peni con basso PH per chi li ha fatti incazzare;
    – i tedeschi, sostanzialmente con mentalità da sergenti istruttori, ogni tanto si incazzano con gli ebrei e li massacrano in modo militare salvo poi pentirsi e regalare sommergibili ad israele per farsi perdonare;
    – gli ebrei stanno sulle corna un poco a tutti ma guai a dirlo apertamente perché ti revocano il fido.
    Grog! Grog! Grog!

    • Grog scrive:

      – Regola del 3 semplice francese
      Zingaro : Ebreo = Belga : Svizzero
      – Regola del 3 semplice tedesca
      Zingaro : Ebreo = Lager : Chi vince
      – Regola del 3 semplice toscana
      Zingaro : Ebreo = Tu mamma : Tu babbo
      – Regola del 3 semplice livornese
      Zingaro : Ebreo = Lager : Pisano
      Grog! Grog! Grog!

  27. Mario scrive:

    il fascismo fu anche movimento di popolo contro le elites borghesi e rammollite

    Eccellente. La pura verità, diamine.

  28. izzaldin scrive:

    la differenza fra oggi e gli anni trenta sono gli oltre cinquecento morti fatti dagli squadristi PRIMA della marcia su Roma.

    • izzaldin scrive:

      la lotta di classe, certo, come dice Miguel è un discrimine fondamentale.
      una lotta presente praticamente in tutta la storia umana, con un apice negli anni 70 dove anche i marchesi de Silverj avevano spazio nella lotta degli oppressi contro gli oppressori 😉

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Izzaldin

        “la lotta di classe, certo, come dice Miguel è un discrimine fondamentale.”

        Tutte le spiegazioni “tuttologiche” sono discutibili, e il marxismo ha sicuramente abusato di questa.

        Ma sono d’accordo con il concetto “discrimine”, purché riguardi scelte reali e non megafonatori esaltati del liceo Tasso 🙂

    • Z. scrive:

      Negli anni Settanta mi pare che ci fosse più carnevale che lotta di classe.

      Certo, un carnevale molto più violento di quello di oggi: per fortuna, come dicevo, ci siamo rammolliti 🙂

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Z

        “Negli anni Settanta mi pare che ci fosse più carnevale che lotta di classe.”

        A distanza, direi che c’erano entrambi.

        Noi leggiamo delle imprese di quelli che, per ceto culturale, sapevano scrivere.

        Ma c’erano anche tante, tante persone con la terza media che hanno condotto delle lotte dimenticate di ogni tipo.

        Non regaliamo gli anni Settanta ai Silverj.

        • Z. scrive:

          C’erano tante persone con la terza media che volevano insegnare ai professori di fisica come si insegna la fisica, che erano state convinti che l’assemblearismo permanente sarebbe servito a qualcosa, che hanno spinto tutti i governi a indebitarsi in modo folle.

          Per poter continuare garantire, i governi, panem et circenses alle masse e un seggio a loro stessi, in un’epoca di recessione dove la crescita postbellica era già acqua passata e il boom economico già storia.

          Gli anni Settanta sono stati il dominio pressoché incontrastato del carnevale megafonato. Non possiamo regalarli ai megafonisti: gli anni Settanta sono sempre stati cosa loro. Solo che noi ce ne siamo accorti tardi.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Z

            “Gli anni Settanta sono stati il dominio pressoché incontrastato del carnevale megafonato”

            Io penso ai ragazzi dei paesi di montagna dell’aretino che dopo aver letto Don Milani, si sono costruiti con le proprie mani una scuola; agli asili nido gestito gratuiti gestiti dai trans che la notte andavano a prostituirsi alla periferia di Roma; agli operai licenziati qui a Firenze che occuparono la fabbrica abbandonata e ci si barricarono dentro assieme ai loro figlioli, accumulando sassi da tirare in testa ai carabinieri, finché il Comune non ne fece un giardino (e lo è tuttora oggi), le infermiere con la terza media che cercarono di trasformare manicomi in luoghi vivibili (che poi lo Stato abbia scaricato i matti sulla società non è certo colpa loro).

            Non regaliamo tutto questo ai Silverj, per favore.

            • Z. scrive:

              Intendiamoci Miguel, non hai tutti i torti: gli anni Settanta sono stati anche questo – e anche grazie ai Silverj, immagino.

              Ma in concreto, quel che è rimasto di quel periodo mi pare siano proprio i Silverj. E i Cacciari, i Santoro, i Galli Della Loggia…

              Tutto sommato, credo che l’immagine più veritiera e concreta dell’epoca sia il festival al parco Lambro. Credo ci sia molto più di quello, nel nostro mondo, che non di asili di periferia costruiti da transessuali.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Ma in concreto, quel che è rimasto di quel periodo mi pare siano proprio i Silverj. E i Cacciari, i Santoro, i Galli Della Loggia…”

                Certo, di ogni epoca resta solo la feccia chiacchierante.

                Sono i momenti in cui spero sempre che se ne accorga almeno il dio dei cristiani:

                “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.”

                (dio, minuscolo, sostantivo generico. Il dio dei cristiani ha come nome proprio Dio, maiuscola).

            • Peucezio scrive:

              Ma chi cazzo è Silverj?
              Su google parla di un musicista dell”800.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              E’ il secondo cognome di Gentiloni.

            • Peucezio scrive:

              Aaaah, ma vaff…!
              Come se fosse quello il peggio prodotto dal ’68.
              Come trasformare l’irrilevanza in qualcosa.

            • Z. scrive:

              Miguel,

              beh, non direi. Di molte epoche è rimasto tanto eccome.

              Degli anni Settanta, invece, quasi solo le chiacchiere, la violenza gratuita e le bombe.

              Vizi che continuiamo a pagare sotto forma di interessi sul debito pubblico.

            • Peucezio scrive:

              Beh, vabbè, che esagerazione.
              In parte sarei anche d’accordo, ma pensa per esempio a quanto ci ha lasciato il cinema di quegli anni. Già solo quello…

            • Francesco scrive:

              Peucezio

              tutta la gnocca filmica degli anni ’70 non ci ripaga del debito pubblico accumulato, purtroppo

              dovremo finire per fare come dicono i peggio pazzi, farci una riga sopra e dire che abbiamo scherzato

              oppure si crepa

              🙁

            • Peucezio scrive:

              No, allora mi dpvete dire se il problema è economico o antropologico e culturale.
              Cioè se il guaio è il debito o l’umanità che gli anni ’70 ci hanno lasciato.
              Il debito è una stronzata, si paga, si abbona, comunque è una cosa contingente: i soldi in fondo sono fuffa, sono aria.
              Il danno antropologico invece può essere irreversibile o lasciare danni per molte generazioni. In questo senso riconosco che ciò che di bello è stato prodotto negli anni ’70, è stato prodotto da gente formatasi ben prima, mentre l’umanità formatasi negli anni ’70 fa complessivamente schifo e ha prodotto generazioni successive ancora peggiori.

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              — Il debito è una stronzata, si paga, si abbona, comunque è una cosa contingente: i soldi in fondo sono fuffa, sono aria. —

              Ottimo, allora io comincerò a fare debiti e tu provvederai a pagarli o a farmeli condonare. Poi mi darai anche il resto dei tuoi soldi: visto che sono fuffa e aria non ti cambierà niente, dico bene? 😀

              Comunque io parlavo della politica, non di altri aspetti. Anche perché, se parliamo di musica, i primi anni Settanta sono stati davvero una miniera d’oro (almeno per chi ha i miei gusti).

  29. Z. scrive:

    Per Francesco,

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/15/governo-non-eletto-dal-popolo-dirlo-nella-terza-repubblica-non-e-cosi-sbagliato/3261687/

    un sedicente filosofo del diritto ci spiega perché l’Italia è una repubblica presidenziale sotto le mentite spoglie di una repubblica parlamentare.

    Attendiamo il prossimo articolo, dove ci spiegherà che in realtà non è una repubblica ma una provincia dello SRING, un banato o un commonwealth di comuni e signorie 😀

    • Z. scrive:

      Ecco, questa è un’altra cosa che accomuna il nostro periodo con quello dei decenni tra le guerre: la postverità.

      Oggi abbiamo letterati che fanno i medici, filosofi che si improvvisano giuristi, avvocati che si spacciano per sociologi. E grillini, naturalmente.

      Anche quello tra le guerre, a suo modo, ha rappresentato infatti un periodo di postverità. Certo, non c’erano i videogiochi social e tutto il cucuzzaro, quindi era più dura vivere 24h dentro un volo pindarico. I grillini infatti non c’erano.

      Eppure molti si sono messi di impegno, e moltissimi li hanno seguiti. Fino alla fine del 1942 ha funzionato abbastanza bene. E in Unione Sovietica ha continuato a funzionare per altri decenni.

      • izzaldin scrive:

        bhe sui letterati che fanno i medici hai ragione: pensa che Renzi ha messo a capo del ministero della Sanità una signora che ha il diploma di liceo classico! 🙂

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      L’autore non mi sembra che dica cose così inedite in dottrina. Il dato politologico spesso fa prassi costituzionale.

      • Z. scrive:

        Scusami, ma me pare che l’autore dica amenità.

        Mischia una miriade di cose diverse, confonde allegramente consuetudine e convenzioni, dimentica che metà dei governi negli ultimi venticinque anni sono nati in modo diverso da quello che descrive. Il tutto per sostenere bizzarre tesi ad usum Orthotter, e la sua principale argomentazione è “ma è evidente”. Che è la tipica frase chi non ha argomenti.

        Tu peraltro cosa fai qui? spegni subito quel PC o salgo in Veneto a caricarti di sberle 😀

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Tralasciamo le confusioni terminologiche (non è quello il succo del discorso). Il tipo parte da premesse corrette, ma giunge ad una conclusione sbagliata per via di una confusione di fondo, che è quella di tutti i “il quarto governo non eletto”.
          Partiamo subito dicendo che il “mandato elettorale” è un concetto politologico più che giuridico. Come tutti sappiamo, nessun politico eletto è realmente mandatario di qualcuno.
          E’ assolutamente vero che dal Mattarellum in poi c’è stato un collegamento strettissimo tra le elezioni del parlamento e la scelta del Presidente del Consiglio, tanto è vero che il Porcellum poi ha persino previsto l’indicazione del “capo della coalizione”, ovvero, per prassi affermata, colui al quale il Presidente della Repubblica avrebbe conferito l’incarico di formare il governo.
          Questo si basa(va) su un dato politologico netto: le liste che correvano alle elezioni si presentavano agli elettori mettendo come primo punto programmatico la formazione di un governo con un determinato premier. Il governo che quindi si forma(va) sulla base di questa indicazione godeva di un mandato elettorale fortissimo, sebbene non fosse tecnicamente passato dalle urne.
          Però ipotizziamo una crisi di governo a metà legislatura, come tra il Berlusconi bis e ter: se il Berlusconi bis aveva quella forza del mandato elettorale, il B. ter non ce l’aveva già più, perché le elezioni erano ormai lontane ed il dato politologico della volontà degli elettori non c’era più (gli elettori potevano aver cambiato idea, ormai). Il B. III era quindi “non votato da nessuno” esattamente quanto lo sarebbe stato il goveno Monti.
          Qui gli “il quarto governo non votato da nessuno” si incartano. Confondono il dato politologico del consenso con il dato giuridico della legittimità e, se si volesse portare il loro ragionamento alle estreme conseguenze, si avrebbero risultati paradossali.
          Prendiamo il Berlusoni bis, che arriva nel 2001 col suo forte mandato elettorale (un’affermazione netta alle elezioni). Questo consenso misurato nella primavera del 2001, ovviamente, non è rimasto invariato negli anni successivi, perché poco a poco, col passare del tempo, il voto del 2001 ha progressivamente perso il suo valore demoscopico (la gente cambia idea, in un senso o nell’altro…). Dunque insieme alla perdita del valore demoscopico del voto perdeva forza anche il mandato elettorale del governo. Ora, davvero nel 2003 il voto del 2001 rappresentava i reali umori del paese? Non credo proprio. Dunque, sempre portando il nostro ragionamento alle estreme conseguenze, si sarebbero dovute sciogliere le camere (“non rappresentano nessuno, ormai”) e tornare al voto. In generale, la legislatura non dovrebbe durare più di uno o due anni se le elezioni dovessero essere un surrogato dei sondaggi d’opinione.
          Ovviamente il ragionamento è sbagliato: un organo elettivo può essere legittimamente rappresentativo senza tuttavia rappresentare più le opinioni di nessuno, quindi figuriamoci un organo che riceve un mandato elettorale solo per via indiretta e solo eventualmente. La rappresentanza politica non è un mandato di diritto privato.

          • Francesco scrive:

            il mio unico dubbio sul sistema USA è la durata troppo breve del mandato dei rappresentanti nel Congresso

            quindi sono totalmente d’accordo con te

            PS anche nella Prima Repubblica, il primo a ricevere un mandato per trovare una maggioranza era un DC, partito che vinceva sempre le elezioni. diciamolo a quelli del FQ

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Sì, già all’epoca c’era il concetto di darlo al partito di maggioranza relativa, ma la personalizzazione, anche alle elezioni, è venuta con la seconda repubblica.

          • Z. scrive:

            MT, non complichiamo le poche cose semplici della vita.

            In Italia il popolo elegge il parlamento. Non il governo né il PDR. Chiaro, limpido, Recoaro.

            Il di più viene dal demonio 🙂

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Se la realtà è complessa serve una descrizione complessa.

            • Francesco scrive:

              ma se è semplice, il complesso è più nella sezione “seghe mentali”, no?

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Non mi vengono in mente tante cose semplici se non per artificio retorico 😀

            • Francesco scrive:

              perchè sei contorto di natura e in più catto-comunista di idee! 😀

              ma col tempo migliorerai che sotto sotto sei un bravo ragazzo

              😉

            • Z. scrive:

              MT, la realtà qui non è complessa.

              Il popolo elegge il parlamento. Il parlamento vota la fiducia al governo ed elegge il PDR.

              Il resto è noia, e riesce ad essere peggio che i dibattiti intorno al fumigante concetto di “abuso del diritto” 🙂

            • Z. scrive:

              E dirò di più.

              Vogliamo fare i dotti costituzionalisti? vogliamo davvero sostenere tesi aliene del tipo che una legge elettorale avrebbe il potere di mutare surrettiziamente la forma-stato di un Paese?

              A mio avviso è tempo perso, ma se proprio vogliamo allora diamolo uno sguardo alla realtà delle fonti-fatto costituzionali.

              E scopriamo così, oppalalà, che le fonti-fatto sono le stesse di prima. Da questo punto di vista, la consuetudine [1] negli ultimi venti-venticinque anni non è mutata di una virgola!

              Come ognun sa, quando un presidente del consiglio non riesce più a ottenere la fiducia, il PDR verifica la possibilità di formare una nuova maggioranza. Venuta meno questa, si vota.

              E’ successo in tutte le legislature. Sempre. In questo decennio, nello scorso decennio e in quello prima, così come in tutta la c.d. “prima repubblica”, per usare la bizzarra dicitura giornalistica.

              Tutti colpi di stato cileni? Va bene che secondo Grillo ce n’è una dozzina l’anno, però…

              Z.

              [1] Nota bene: chiamare “convenzione” una consuetudine non è confusione lessicale. E’ una confusione concettuale bella e buona: e pure grave, per chi si professa “filosofo del diritto”.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “Come ognun sa, quando un presidente del consiglio non riesce più a ottenere la fiducia, il PDR verifica la possibilità di formare una nuova maggioranza. Venuta meno questa, si vota”

              Non mi pare di averlo messo in discussione. Ciò che ho detto è un’altra cosa, ovvero che per vent’anni è stato sottointeso che il leader della coalizione vincente dovesse diventare PdC. E questo era prassi costituzionale.

              Vogliamo la riprova? La troviamo in questo manifesto che sicuramente non è grillino.

              http://www.basilicatapd.it/wp-content/uploads/2012/10/manifesto_primarie.jpg

              Scegli il tuo presidente del consiglio

              Immagino che ci sia andato anche tu a quelle primarie e mi ricordo che allora non gridasti all’ignoranza. Perché non c’era da gridare all’ignoranza.

            • Z. scrive:

              MT,

              — Ciò che ho detto è un’altra cosa —

              In realtà stavo commentando l’articolo del sedicente filosofo…

              — ovvero che per vent’anni è stato sottointeso che il leader della coalizione vincente dovesse diventare PdC —

              OK, allora forse ho capito ciò che intendi dire!

              Il “sottinteso” esiste da molto prima, se vuoi. Ed è giusto così. Se il PdC nominato faccia parte di una coalizione che controlli la maggioranza dei seggi è una scelta sensata e ragionevole. Che si nomini quello che il partito vincitore mostra di preferire anche: se i grillini riescono a garantire una maggioranza al governo, e il PdC che preferiscono è Di Maio, è giusto assegnare l’incarico a Di Maio. Perché bisognerebbe assegnarlo a Di Battista o ad altri?

              E così è sempre andata.

              Ma non esiste nessuna fonte – scritta o meno – che preveda immediate elezioni se il soggetto incaricato come PdC perde (o non ottiene ab origine) la fiducia del parlamento. Se Di Maio non riesce più a tenere insieme una maggioranza, ma Di Battista o altri ci riescono, non si tornerà al voto.

              E anche in questo dagli anni Novanta non è cambiato niente.

              Ora, questo non è obbligatorio. Vogliamo introdurre l’obbligo di elezioni immediate se il governo perde la fiducia del parlamento? Mi sembra macchinoso, ma si può fare. Vogliamo addirittura prevedere l’elezione diretta del PdC? Si può fare anche questo, ed è più semplice e meno macchinoso.

              Ma la costituzione attuale non prevede niente di tutto questo. La consuetudine costituzionale – come tu stesso converrai – va addirittura in direzione opposta. Senza eccezioni.

              Quindi, parlare di “governo eletto dal popolo”, come fossimo una repubblica direttoriale, è un discorso fuori luogo sia dal punto di vista delle fonti atto sia dal punto di vista delle fonti fatto.

    • Francesco scrive:

      sul Bananato siamo al fatto acquisito, sul Commonwealth di Regioni e Provincie fa testo l’ultimo referendum

      😉

    • Francesco scrive:

      caro Z,

      adesso so perchè non mi è mai venuto in mente di leggere FQ

      dubito di aver mai letto una tale sequela di cazzate, anche pensando alla stampa sportiva e alle sere da militare in branda

      però la biografia dell’autore è esemplare di perchè l’Italia ha bisogno di una “banana” iperliberista a qualsiasi costo

      ciao e grazie

      • Z. scrive:

        Purtroppo spiega anche per quale ragione non funzionerebbe.

        • Francesco scrive:

          scherzi?

          dacci tre anni di troika nazi-finlandese e vedi che il Nostro è “addetto alla risistemazione dei frutti maturi della pianta arrivata dall’America”

          come merita

          • Z. scrive:

            Eh, no, perché ce ne sono tanti come lui. Ed essendo tanti sono in grado di fare massa critica…

            Ricorda sempre che il diritto è la linea di confine dello scontro sociale, e quando si parla di lavoro e occupazione questo è vero dieci volte di più!

            🙂

  30. Mario scrive:

    Che il dato faccia prassi mi pare un ideologumeno neoterico, pericoloso perchè inclina all’anomia.

    • Z. scrive:

      E’ più pericolosa l’idea che un sedicente filosofo del diritto confonda prassi e convenzione. O temporali o frutti di bosco, o lampi o lamponi, o tempera o matite.

  31. Mario scrive:

    La prassi diviene convenzione tramite i mezzi massmediologici e la neolingua a colpi di slogan smitragliati dalla bettola Santa Marta. Per questo c’è (ci sarebbe) la dottrina, ad ergere un bastione contro ogni infiltrazione teoreticamente erronea.

  32. Moi scrive:

    @ LISA & PINO

    L’insegnante scrive una nota a un ragazzo disabile, la risposta della mamma è perfetta
    di Elisabetta Invernizzi

    http://www.huffingtonpost.it/2016/12/13/insegnante-nota-disabile-mamma_n_13597388.html

    Lucia, 49 anni, dopo aver letto l’appunto stizzito dell’insegnante di suo figlio non si è scomposta. Su quello stesso quaderno a quadretti grandi ha risposto con ironia:

    “Ho sgridato Adriano per il suo comportamento. La nota positiva è che i rutti erano piccoli perché a casa li fa grandi”. Firmato: “La mamma”.

    Lucia spiega ad HuffPost che “Adriano reagisce così quando non è interessato a ciò che gli sta intorno. [il rutto, ndr] È il suo modo per comunicare che qualcosa non va ”. Ma l’insegnante di sostegno, che ha il compito di facilitare l’integrazione in classe degli studenti con disabilità, non l’ha capito. Non solo.

    Ha deciso di punirlo con una brutta nota sul quaderno senza dare la possibilità al giovane di scoprire perché quel “disturbo” fosse tanto sbagliato. “Appena ho letto la nota mi sono messa a ridere, poi però ho riflettuto.

    È un episodio emblematico di quello che spesso succede a scuola con ragazzi come Adriano”, racconta la mamma ad HuffPost. “Nelle aule servono persone specializzate, capaci di andare incontro ai bisogni specifici degli studenti con disabilità più o meno gravi”.

    [cit.]

    • Moi scrive:

      FOCUS ON 😉

      “Ho sgridato Adriano per il suo comportamento. La nota positiva è che i rutti erano piccoli perché a casa li fa grandi”. Firmato: “La mamma”.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      ” “Nelle aule servono persone specializzate”

      E cos’altro sarebbe un insegnante DI SOSTEGNO (focus on…)?

      • Moi scrive:

        Ma infatti attendo delucidazioni da chi come Lisa e Pino vive’ ste cose “da starci dentro” …

        • paniscus scrive:

          Beh, la prima cosa che mi viene in mente è che la “nota sul quaderno”, sempre che esista ancora, non è affatto una punizione, ma è un messaggio informativo alla famiglia. Le note disciplinari che hanno una valenza punitiva si scrivono sui registri di classe.

          Nel caso specifico, trattandosi di un ragazzo disabile seguito dal sostegno, il fatto che ci sia continuamente un traffico fittissimo di messaggi scritti tra scuola e famiglia (per tenere i genitori informati su quello che succede in classe e per accertarsi che siano al corrente di determinare situazioni, o anche viceversa da parte della famiglia verso gli insegnanti) è assolutamente normale.

          Quindi, quella notizia è il NULLA assoluto.

          • roberto scrive:

            ma infatti la notizia non è la nota in sé, ma la letterina che la mamma ha voluto rendere pubblica (e ribadisco, sta cosa di scrivere ai professori a mezzo stampa mi sembra una moda esecrabile)

    • Roberto scrive:

      Mamma mia che rottura di maroni ‘sta moda tutta italiana di pubblicare le lettere indirizzate agli insegnanti….
      Tutti a fare gli intelligentoni, ma faciteme ‘o piacere!

  33. Miguel Martinez scrive:

    Se volete capirci davvero qualcosa degli Anni Venti in Germania, consiglio di leggere due testi.

    Il primo è Metropolis, di Thea von Harbou (che poi quel furbo di Fritz Lang, individuo assai spregevole, le rubò, attribuendosi i meriti del film che ne ricavò). Da leggere come libro, non come film.

    E che spiega esattamente cosa intendo io per “lotta di classe”, senza scomodare Marx: la visione di due mondi totalmente opposti, inconciliabili, quello dei Signori e quello dei Proletari, ridotti dai primi ad automi sotterranei.

    Thea von Harbou non era affatto di sinistra, e infatti il libro sogna proprio un’assurda conciliazione tra questi due mondi.

    Il secondo libro è un testo molto difficile: “Fantasie virili”, di Klaus Theweleit. L’autore ha analizzato innumerevoli lettere private di combattenti dei Freikorps, le unità che poi fornirono la forza principale al nazismo, e analizza le loro strutture mentali.

    Ci sono un bel po’ di contorsioni psicanalitiche, ma il quadro, che emerge da testo dopo testo, è affascinante, e prescinde anche da certi svolazzi dell’autore:

    uomini (maschi) giovani, irrigiditi in tutti i loro movimenti, affascinati dalla caccia e dall’azione, con un forte senso di lealtà verso chi condivide le stesse origini sociali, ossessionati dalla purezza personale, l’autocontrollo e la castità, che guardano con orrore affascinato le donne proletarie, le operaie immaginate come libertine, potenziali torturatrici e castatrici.

    Dove i proletari sono coloro che possono permettersi tutto ciò che i “nobili” si vietano.

    • izzaldin scrive:

      conosco quello di Theweleit, confesso la mia ignoranza sul libro Metropolis, naturalmente conoscevo il film.
      (sui Silverj sopra, era una battuta ovviamente, so bene che i 70s furono ben altro)

  34. Moi scrive:

    i proletari sono coloro che possono permettersi tutto ciò che i “nobili” si vietano.

    ———-

    questo paradosso è stupendo, davvero.

    • Z. scrive:

      A me sembra che i “nobili” si siano sempre permessi di tutto. Magari non andavano in giro a raccontarlo 😉

      • izzaldin scrive:

        d’accordo con Z.
        anzi, spesso le abitudini dei nobili e dei popolani (a parte il lusso) erano più vicine rispetto a quelle dei morigerati borghesi

        • Francesco scrive:

          ecco, ho pensato la stessa cosa

          siamo noi borghesi quelli per bene, i nobili e i prolet sono sempre stati amorali, per vizio o per barbarie

          😉

  35. Peucezio scrive:

    Totale OT (soprattutto per Mirkhond e Habs, ma un po’ per tutti):
    l’avevate vista?
    http://pelagios.org/maps/greco-roman/

  36. Moi scrive:

    Quindi se il volume ruttofonico è direttamente proporzionale al disagio … ‘sto Adriano a casa ci sta peggio che a scuola !

  37. Moi scrive:

    Vi svelerò un segreto : ogni anno succedono cose “di segno opposto” … da sempre. 😉

  38. Miguel Martinez scrive:

    Apprendo con piacere delle dimissioni del sindaco di Milano.

    Non perché ce l’abbia con lui, ma perché è giusto che si paghi per aver applicato le solite “procedure d’urgenza” con soldi pubblici.

    Non si riesce a fare le cose in regola (facendoci rimettere quindi i lavoratori) in tempo per l’apertura dell’Expo? Bene, si rimandi l’apertura dell’Expo 🙂

    Le urgenze sono i terremoti, non i villaggi di cartapesta.

    • Francesco scrive:

      totale oppposizione alla posizione di MM

      😀

      si è dimesso? peccato, era il meno peggio della giunta

      • Francesco scrive:

        si è solo auto-sospeso! dai non mi fare prendere degli spaventi!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “totale oppposizione alla posizione di MM”

        Chi sa perché me l’immaginavo 🙂

        Comunque:

        1) Se il lavoro andava fatto in regola, doveva aspettare tutto il tempo necessario. Cartellone fuori dal pavilione italiano all’Expo: “chiuso per accertamenti anticorruzione, in Italia non si scherza! Ci vediamo alla prossima fiera!”

        2) Se il lavoro era urgente, poteva chiamare Nonna Nietta, che è molto brava a cucinare cibi lucani, per una settimana, in un albergo a tre stelle a Milano, biglietto pagato in treno e darle 100 euro al giorno, per far fare bella figura allo stand dell’Italia.

        • Francesco scrive:

          la priorità, una volta impegnati a fare la gran cazzata, era farla in tempo e bene, la legalità viene in … 37esima posizione

          confido, ma solo per simpatia verso Sala, che abbia infranto un pò di regole burocratiche purchè il lavoro venisse fatto in tempo, senza farsi ungere

  39. Miguel Martinez scrive:

    Sempre notizie buffe…

    https://www.theguardian.com/global-development/2016/dec/15/first-wave-afghans-expelled-eu-states-contentious-migration-deal-germany-sweden-norway

    La Germania ha speso circa 150.000 dollari (se non son euri?) per rimandare a Kabul 13 afghani, visto che l’Afghanistan è considerato un tranquillo paese democratico dove non c’è nulla da temere. Gente che lavorava da anni in Germania e non ha nemmeno casa in Afghanistan.

    Ne resterebbero altri 12.500 da deportare. Facendo i conti, 150 milioni di dollari (ma vediamo quanti degli espulsi troveranno il modo di tornare, se arrivano vivi).

    Intanto, l’Afghanistan deve badare a oltre un milione di afghani forzosamente “rimpatriati” dal Pakistan e dall’Iran.

    • Roberto scrive:

      Capirai ancora una volta il mio stupore per la totale assenza nel dibattito su questi poveracci della pars construens.

      Siamo d’accordo che il sistema fa schifo.

      Non “possiamo farli venire” (….come se dipendesse da una decisione di chissà chi)
      Una volta qui, “non c’è posto per tutti”….
      Se li rimandi indietro “costa troppo”….

      Dunque?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Roberto

        “Dunque?”

        Esatto.

        Lo studio delle migrazioni ai tempi della caduta dell’Impero Romano credo che ci aiuti a capire parecchie cose.

        Tra cui la principale – non esistono “soluzioni” alla Storia, che a modo suo non è nemmeno un “problema”.

        Solo che questa volta, lo scombussolamento è planetario e non più localizzato su qualche frontiera.

      • izzaldin scrive:

        Roberto,
        secondo me la deportazione è una misura davvero antiquata, necessaria solo come rimpatrio per chi commette un reato.
        qui si parla di migranti economici che vengono da un paese assoultamente instabile che vengono rispediti a casa perché negato loro il permesso umanitario.
        Hanna Arendt ci metteva in guardia da situazione del genere nel 1961 con il suo Eichmann in Jerusalem ma sembra che i tedeschi non l’abbiano letto

        • roberto scrive:

          suvvia izzaldin,
          lasciamo perdere la hitler card in generale ed in particolare se si parla di germania!

          non che non sia sensibile ai tuoi argomenti (anzi!), ma faccio notare, come prima a miguel, questa situazione di “come te muovi te fulmino”

          accogli gli immigrati? non va bene
          li rimandi a casa? non va bene

          l’unica opzione resta un muro intorno all’europa e riepire di mine e pescecani il mediterraneo

        • Z. scrive:

          HA ha scritto tante cose. Le più interessanti erano copiate da Orwell 🙂

        • izzaldin scrive:

          hai ragione ma io non mi riferivo a Hitler, mi riferivo al discorso di Hanna Arendt per cui le displaced person hanno un problema essenzialmente ‘burocratico’, di documenti. fu così nel ‘900 ed è così adesso.
          un passaporto afghano non ‘vale’ quanto un passaporto eritreo se devi fare richiesta di asilo politico.
          le condizioni di vita nei rispettivi paesi poi magari non sono molto dissimili ma per la burocrazia la cosa non conta: in un caso resti in germania nell’altro no.

  40. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Peucezio

    “E perché uno scossone sarebbe peggio di questa morte lenta?”

    Prima, c’erano re cattivissimi e mezzo analfabeti, preti che vietavano al volgo di studiare, briganti sui monti, selvaggi che ballavano nudi attorno ai pentoloni e si seminava in base alle fasi della luna, che credevan fosse fatta di formaggio.

    Da due secoli, si costruisce il primo progetto razionale di società umana.

    Istruzione, calcolo, governo, sistemi politici in grado di regolamentare e cambiare delicatamente leggi e percorsi, un’economia concorrenziale che si adatta continuamente ai bisogni, una tecnologia studiata con meravigliosa precisioni da innumerevoli milioni di teste, e con un dialogo incessante – attraverso media ed elezioni – che permette di correggere ogni minimo errore.

    La costruzione è talmente ammirevole, che dimentichiamo che è proprio questo sistema che ci ha portati a quello che Hawking chiama “il punto più pericoloso dell’evoluzione umana” e a un’eccellente possibilità di far fare la fine dei dinosauri all’intera specie (nonché alla maggior parte delle altre specie).

    Ma è estremamente difficile capire che la catastrofe è insita nella soluzione stessa.

    • Francesco scrive:

      cioè abbiano costruito un sistema artificiale, pensato da noi e non “naturale”, che facilmente andrà a pezzi per aver rovinato il suo stesso ecosistema?

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      in realtà credo che il mondo dei re cattivissimi avesse la stessa istanza d’ordine di quello successivo: il kosmos da difendere contro il chaos è un topos di tutte le culture.
      Solo che non conoscevano i mezzi per farlo materialmente, per cui l’ordine diventava un ordine simbolico, non fisico, quindi la realtà ne risultava piuttosto caotica e anomica.
      Però, come giustamente fai rilevare, anche il sogno d’ordine del mondo successivo, che pure la realtà l’ha modoficata in profondità, rischia d’infrancersi contro un muro e di sfracellarsi. l’esito potrebbe essere un caso del mondo materiale molto maggiore di quello dell’epoca dei re cattivissimi.
      Tra l’altro l’ordine materiale non si è aggiunto a quello simbolico: quello simbolico è stato lasciato andare. E temo si vendicherà.

  41. Miguel Martinez scrive:

    Sui “rammolliti borghesi”, ecc. ecc.

    Non vedo nulla di simile ai giovani di buona famiglia – tedeschi e inglesi prima che italiani e francesi, ma alla fine era così in tutta Europa:

    alzabandiera all’alba, traduzione di Omero senza dizionario e venti flessioni a ogni errore, messa la domenica tutta in piedi, duelli, vacanze passate in lunghe battute di caccia (magari con una sensibilità straordinaria per la natura), poi a diciott’anni imbarcati per tre anni a fare il sottufficiale in India o in Senegal.

    Questa umanità, il nucleo militante fondamentale dei vari fascismi, non credo che somigli molto ai grillini medi dei nostri tempi.

    • izzaldin scrive:

      d’accordo, è la differenza che passa fra il mondo dell’acciaio e quello del tantalio.
      un tempo le forze dell’ordine e gli eserciti potevano essere sopraffatte, oggi non più.

      • Francesco scrive:

        perchè loro sono rimasti d’acciaio?

        ne siamo sicuri?

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          La capacità degli eserciti di essere sopraffatti da civili è diminuita regolarmente col passare dei secoli: il progresso tecnologico ha messo in mano ai governi armi sempre migliori e sempre più costose, che richiedono una professionalità sempre maggiore per essere usate. E’ chiaro che se tu hai una spada e io una clava, io vinco se mi porto dietro quattro amici, ma se io ho una doppietta da caccia e tu hai un drone il discorso cambia.

          • Peucezio scrive:

            Ho qualche dubbio su questo.
            Ogni volta che gli eserciti regolari si scontravano con contadini o simili, questi ultimi le prendevano.
            Mentre oggi di gruppi di guerriglieri che tengono in scacco eserciti nazionali è pieno il mondo.
            E’ vero che la teconologia avanza molto, ma diventa anche sempre più alla portata di molti.

          • Francesco scrive:

            Vietnam. Somalia, Hezbollah, Iraq, Afganistan

            non credo caro MT

            sul campo pare vincano quelli più decisi, non quelli più tecnologici

          • Z. scrive:

            Tendo a vederla come Peucezio.

            Voglio dire, pensiamo a quanto tempo serviva per formare un arciere britannico di S.M. il Re, o a quante risorse (umane, materiali, economiche) erano necessarie per supportare un cavaliere in armatura pesante.

            Ora pensiamo a quanto costa un AK47.

          • Peucezio scrive:

            C’è anche da considerare una cosa.
            E’ vero che materialmente le possibilità degli stati (di alcuni stati) sarebbero soverchianti: una potenza atomica può sempre prendere e lanciare una bomba atomica; uno stato senza atomica può lanciare attacchi chimici indiscriminati o fare bombardamenti distruttivi a tappeto.
            Ma di fatto non si può fare, per le conseguenze interne e internazionali che questo comporterebbe, per cui si deve fare almeno finta di risparmiare i civili (poi ne muoiono comunque a migliaia).
            Le formazioni di guerriglieri invece non hanno opinioni pubbliche o consessi internazionali e diplomatici cui rispondere. Inoltre ci sono potenze militare cui può essere utile, anche solo per fare soldi, vendere loro tecnologie militari molto avanzate.
            Inoltre non trascurerei il ruolo dei privati e del mercato: anche se i produttori d’armi lavorano prevalentemente su commesse statali, è comunque un mondo fluido, senza monopoli.

    • Francesco scrive:

      >>> alzabandiera all’alba, traduzione di Omero senza dizionario e venti flessioni a ogni errore, messa la domenica tutta in piedi, duelli, vacanze passate in lunghe battute di caccia (magari con una sensibilità straordinaria per la natura), poi a diciott’anni imbarcati per tre anni a fare il sottufficiale in India o in Senegal.

      quanti? forte della mia vocazione al quantitativo, ti chiedo quanti erano i giovani che facevano una vita simile e che erano sopravvissuti alla Grande Guerra?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “quanti? forte della mia vocazione al quantitativo, ti chiedo quanti erano i giovani che facevano una vita simile e che erano sopravvissuti alla Grande Guerra?”

        In Germania abbastanza da fare da ossatura dei Freikorps e poi del NSDAP.

        Dovresti leggere l’autobiografia di Henry Williamson (se ben ricordo, undici volumi!) che descrive in modo straordinario quel mondo da un punto di vista inglese: non a caso, Williamson fu internato come fascista durante la guerra.

        Altro consiglio… il film Der Fangschuss (Coup de Grace) tratto da un omonimo romanzo della Yourcenar (che non ho letto) – il film almeno descrive in maniera straordinaria il mondo psicologico di quella particolare umanità, oggi scomparsa.

        • Francesco scrive:

          guarda che io sono cattivo: non voglio la loro psicologia, voglio il loro numero!

          😀

          che i fasci fossero fuori di testa ce lo sapevo già, comunque, si capisce dalla storia della seconda guerra mondiale

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “guarda che io sono cattivo: non voglio la loro psicologia, voglio il loro numero!”

            Bene, io invece voglio da te il numero dei grillini da Facebook tra i primi iscritti all’NSDAP.

            • Francesco scrive:

              la mia richiesta non richiede l’energia di mille soli e varie macchine del tempo

              è che quattro aristocratici incattiviti non possono sconfiggere la Classe operaia (peraltro armata e reduce dalle trincee, mica mammolette)

              😉

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “è che quattro aristocratici incattiviti non possono sconfiggere la Classe operaia”

                1) Nel 1919-1920, sindacati e partito socialdemocratico, in nome delle istituzioni, armarono proprio i quattro aristocratici incattiviti e li mandarno a soffocare le insurrezioni operaie.

                2) La rivolta del 1923 fu condotta dai comunisti contro i socialisti prima ancora che contro i nazionalisti

                3) dalla parte degli aristocratici incattiviti, ci furono le grandi masse degli impiegati statali tedeschi, in particolare gli insegnanti, educati alla fedeltà alle istituzioni e al rigore

                4) a un certo punto, la grande industria decise di puntare sui nazionalsocialisti, in cambio della promessa di una forte politica di Grandi Opere Imposte e Inutili, dalle autostrade ai carri armati 🙂

                5) occupando il Ruhr ed esigendo riparazioni a tutti i costi, i francesi fecero in modo da unire i tedeschi contro di loro: ci fu anche la “Armata Rossa” del Ruhr che combattè contro l’occupazione (diretta dal minatore Hans Marchwitza, ex-soldato, che nelle miniere divenne poeta, fu licenziato, arrestato dai nazisti, fuggito, combattente in Spagna, catturato dai nazisti di nuovo in Francia, fuggito nuovamente, scappato negli Stati Uniti dove faceva il muratore clandestino a New York, arrestato, diventato alla fine nota figura letteraria nella DDR).

              • Miguel Martinez scrive:

                Comunque, davvero, leggetevi alcuni dei libri che vi consiglio.

                Nulla come la letteratura può aiutare a cogliere lo spirito di un’epoca.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per chi conosce il tedesco, copio da Metropolis di Thea von Harbou una riflessione su un’epoca per noi lontana quanto quella dei faraoni (ma forse non lontana per i cinesi):

                ” Und alles Maschinen, Maschinen, Maschinen, die, an ihre Postamente gebannt wie die Gottheiten an ihre Tempelthrone, von den Lagern her, auf denen sie lasteten, ihr gottähnliches Dasein lebten:
                augenlos, aber alles sehend, ohrenlos, aber alles hörend, ohne Sprache und ganz sich selber verkündender Mund, nicht Mann, nicht Weib und doch
                zeugend, empfangend, gebärend, leblos und doch die Luft ihrer Tempel erschütternd mit dem niemals ersterbenden Atem ihrer Lebendigkeit. Und neben den Gott-Maschinen die Sklaven der Gott-Maschinen: die Menschen, die wie gemalmt sind zwischen Maschinen-Geselltheit, Maschinen-Einsamkeit. Sie haben nicht Lasten zu schleppen: die Lasten schleppt die Maschine. Sie müssen nichts heben noch stemmen, es hebt und stemmt die Maschine. Sie haben nichts anderes zu tun als ewig das eine und gleiche, ein jeder an seinem Platz, ein jeder an seiner Maschine. Nach schmalen Sekunden gemessen immer den gleichen Griff auf die gleiche Sekunde, auf die gleiche Sekunde. Sie haben Augen, aber sie sind wie blind außer für ei-nes: die Skalen der Manometer. Sie haben Ohren, aber sie sind wie taub außer für eines: das Sausen ihrer Maschine. Sie wachen und wachen und haben kein Denken mehr außer dem einen: Wenn ihre Wachsamkeit nachläßt, wacht die Maschine auf aus dem geheuchelten Schlaf und fängt zu rasen an und rast sich selber in Stücke. Und die Maschine, die nicht Kopf noch Hirn hat, saugt und saugt mit der Spannung der Wachsamkeit – ewiger Wachsamkeit – das Hirn ihres Wächters aus
                dem gelähmten Schädel und läßt nicht nach und saugt und läßt nicht nach, bis an dem ausgesaugten Schädel ein Wesen hängt – nicht Mensch mehr und noch nicht Maschine, leergepumpt, ausgehöhlt, verbraucht. Und die Maschine, die das Rükkenmark und Hirn des Menschen geschlürft und aufgefressen hat, die ihm die Schädelhöhle ausgewischt hat mit der langen, weichen Zunge ihres langen, weichen Sausens, die Maschine gleißt in ihrem Sammetsilberglanz, mit Salböl überschüttet, schön und unfehlbar – Baal und Moloch, Huitzilopochtli und Durgha. Und du, Vater, du legst den Fingerdruck auf die kleine, blaue Metallplatte neben deiner rechten Hand, und deine große, herrliche, fürchterliche Stadt Metropolis brüllt auf und verkündet, daß sie Hunger hat nach neuem Menschenmark und Menschenhirn, und das lebendige Futter wälzt sich wie ein Strom in die Maschinensäle, die Tempeln gleichen, und die Verbrauchten werden ausgespien …”

                Penso al Deutschesmuseum di Monaco, dove questi terrificanti mostri vivono ancora, domati.

            • Francesco scrive:

              Miguel

              non mi sogno neppure di affrontare la tua cultura storica.

              noto solo che le Grandi opere promesse dai nazisti erano tutt’altro che inutili, del resto erano tedeschi mica italiani!

              noterai che sei arrivato a distinguere i sindacalisti e i socialisti dai comunisti, salvo attribuire a questi gli operai in blocco

              ciao

              PS io resto lo stesso preoccupato, non credo che la violenza umana possa essere ridotta a fatto sociale, è innata e può esplodere. magari con meno efficienza che negli ultrà o negli esattori della mafia

        • Z. scrive:

          Miguel,

          va bene che tu facevi l’addestratore di milizie all’asilo, ma se quello che dici è vero l’ossatura dello NSDAP è stata ancora più precoce di te 😀

          • Francesco scrive:

            beh, no, avevano 20 anni nel 1918 e 35 nel 1933, quelli con esperienza di guerra

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Z

            “se quello che dici è vero l’ossatura dello NSDAP è stata ancora più precoce di te”

            Quattro nomi – non propriamente aristocratici, ma tutti della borghesia facoltosa e vicina all’aristocrazia, e cresciuti nello spirito testè descritto: Hess, Goring, Himmler, Darrè.

            • habsburgicus scrive:

              Goering era figlio di un governatore coloniale in Africa del sud-ovest, dunque era molto in su socialmente
              lui stesso ci racconta che in c.a 1920 stava recandosi in una loggia per farsi iniziare e conoscere quindi come dicono, la “luce” [sarà stata una loggia prussiana, riservata ai cristiani] quando durante la strada si imbatté in un manifesto che gli fece conoscee un altro “verbo”, quello di AH..che lo conquistò ! resta il fatto che se era in procinto di farsi iniziare, ciò stesso implica uno status elevato (solo in Toscana i “fratelli” reclutavano anche in basso 😀 altrove se non sei della very upper class le logge non te le fanno vedere neppure con il binocolo 😀 )
              Hess era ricco, nato ad Alessandria d’Egitto, in quella borghesia esoterica e massonizzata dove forse difettava il buon senso ma non certo le palanche 😀
              di Darr non so nulla, ma con quel cognome ugonotto probabilmente era ricco
              ma, Himmler ? io ho sempre pensato fosse un allevatore di polli..un po’ in basso socialmente, no ? 😀

            • Z. scrive:

              Miguel,

              quelli erano gerarchi di altissimo livello dello NSDAP, mica la sua “ossatura”.

              L’ossatura dello NSDAP era composta in buona misura da giovani cresciuti in un’atmosfera violenta, e che non avevano visto la Grande guerra.

              Ricordo anche Francesco che oggi chiamiamo “giovani” anche gli ultraquarantenni, ma allora per “giovane” si intendeva chi giovane lo era veramente 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “uelli erano gerarchi di altissimo livello dello NSDAP, mica la sua “ossatura”.”

                Ho citato quattro nomi perché universalmente noti, se ne potrebbero citare a migliaia.

                La gente così era proprio l’ossatura: poi sono arrivati tanti dopo che si sono coagulati attorno a questa ossatura.

                Se leggi i testi di quegli anni (ripeto, la letteratura è fondamentale in questo caso, soprattutto se autobiografia)…

                Prendi un ragazzo nato nel 1905, troppo giovane per partecipare alla guerra, che nel 1925 entra nella NSDAP.

                Lo fa a seguito del proprio fratello maggiore, generazione 1899, partito volontario nel 1917, entrato nei Freikorps nel 1919, combattente contro gli spartacisti a Berlino, poi ad Amburgo, poi contro i bolscevichi in Lituania, smobilitato e riarruolato nel rinascente esercito tedesco in un battaglione di altri veterani. Come vedi, la differenza di età tra i due non è così grande.

                La storia del fratello maggiore è il modello mitico cui aspira il fratello minore: è una storia certo di violenza, ma di un tipo molto particolare di violenza, fortemente militare.

                Poi dopo il 1928 i soldi degli industriali fanno sì che un sacco di gente disperata, tra cui molti ex-comunisti, si arruoli nelle SA, ma questi verranno poi messi da parte – e talvolta liquidati fisicamente – dopo il 1934.

            • Z. scrive:

              OK, allora credo che il problema sia semantico: ho dato per scontato che tu con “ossatura” traducessi l’inglese “backbone”.

              Che in materia di eserciti di solito indica, appunto, il grosso della truppa.

              Mea culpa 🙂

  42. Francesco scrive:

    un asso dell’aviazione (e cattiva persona)

    un egiziano astratto e irrilevante

    un mostro (finalmente!)

    un ecologista e contadino argentino, con idee che potrebbero portarlo ai Forum Altermondialisti!

    e tutti borghesotti

  43. PinoMamet scrive:

    “Comunque, davvero, leggetevi alcuni dei libri che vi consiglio.

    Nulla come la letteratura può aiutare a cogliere lo spirito di un’epoca.”

    Sono pienamente d’accordo, e in effetti penso che- a nostra scusante- sia difficile immedesimarsi in un’epoca così lontana come quella attorno alla Prima Guerra Mondiale.
    Non scherzo: è lontana davvero, solo un errore prospettico ce la mostra vicina.

    Gli Stati europei erano ancora in maggioranza monarchie, e i monarchi contavano qualcosa, non erano solo materiale da parrucchiere.
    La morale era rigida- ufficialmente- le messe in latino, i titoli e le cariche e gli stemmi avevano un’importanza, dal tipo di abbigliamento- non solo la qualità o il costo, proprio il modello di abiti indossati- si capiva la posizione sociale della persona che si aveva di fronte. Si portava il cilindro! L’automobile (maschile) era ancora un mostro strano, le ragazze romantiche sognavano nozze in carrozza. In cambio della civiltà, i paesi colonizzati mandavano “volentieri” le loro risorse appena “scoperte”, mentre qualche miglialio di disgraziati europei, per idealismo o per punizione, venivano mandati a morire di malattie costruendo strade in India, Eritrea o Algeria.

    Non so se c’entra, ma, essendo una monarchia e un ex impero, credo che la Gran Bretagna abbia mantenuto un po’ più a lungo di altri paesi degli echi di questo sistema. Anche perché è uscita vincitrice dal Secondo conflitto mondiale, ovviamente, quindi non completamente rasa al suolo.

    E infatti, se li osserviamo, diciamo, metacronicamente, gli inglesi sono ancora divisi in:

    -nobiltà: dei campagnoli di lusso, giacca di donegal tweed per essere elegantemente rus in urbe e mostrare di essere appena arrivati dalla scuderia, ma con le toppe di cuoio ai gomiti perché si capisca che non è un nuovo acquisto; a rifuggiarsi in blibioteca e leggere un volume di viaggi scritto dal nonno;

    -borghesi: quelli che portavano bombetta e ombrello, chiusi nelle banche della City a mandare avanti il sistema economico, grigi e intercambiabili, salvati dal suicidio da un perfido senso dell’umorismo;

    -proletari: bomber o giubbettino harrington per imitare gli USA ma non troppo, scarponi Solovair (perché i dr Martens adesso il fanno in Cina), pantaloni stretti con bretelle tipo nonno e camicia a scacchi per mostrare di essere britanni, ad ascoltare musica degli immigrati giamaicani e stringersi allo stadio insieme ad altri proletari, tutti fratelli.

  44. Mario scrive:

    Sulla letteratura: il più grande, sul piano dell’estetica e dello stile fascista come forma, è Drieu. “Fuoco fatuo” è l’epitome di un fallito, che riesce a trasmutare quasi alchemicamente lo scacco personale in epistrofe mitostorica. Amava i gatti più degli uomini, ma non più delle donne. Collaborò con Petain — certo, il razzismo nazista fu una colossale burla gnostica: Himmler pareva cinese, Goebbels era alto sì e no un metro e mezzo– e, piuttosto che arrendersi agli invasori, si uccise, lasciando aperta la Gita, sul tavolo del suo studio, al punto in cui si declama: “La morte non è che un cambiamento di stato”. “Vita mutatur, non tollitur”, recita il prefazio della Messa romana per i defunti. Un autentico samurai di Occidente: “la mia spada è la penna”.

  45. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    Comunque le cose che tu dici non sono inconciliabili con quelle che dico io.

    In realtà, non è decisivo sapere esattamente cosa succedeva in Germania in quegli anni – ad esempio, ancora oggi gli storici sono incerti sull’incidenza dell’estrema sinistra tra gli “Arbeiter” tedeschi, termini che voleva dire sia “operaio”, sia “lavoratore” in senso generale; e ricordiamo l’enorme varietà regionale a quei tempi.

    Resta il fatto che in Germania, milioni di persone avevano coscienza di alcune cose (non importa quanto vere o false):

    1) c’era appena stato un massacro mondiale senza precedenti nell’intera storia umana. Da una parte con esiti come la carestia (600.000 morti di fame nell’embargo subìto DOPO l’armistizio), la disoccupazione di massa, la distruzione totale dei risparmi e soprattutto l’esistenza di milioni di vedove, di mutilati, di persone che avevano perso tutti i figli.

    Di questo orrore, parte della società dà la colpa a monarchi e imprenditori ed esalta la scelta bolscevica di porre fine alla guerra a qualunque costo.

    Un’altra parte della società riversa le colpe dello stesso orrore proprio su questi “traditori”.

    Facile capire l’odio tra le parti.

    2) Questo massacro aveva forgiato una generazione che oggi sarebbe stata di traumatizzati (oggi ci si traumatizza perché qualcuno su Facebook ti toglie il Like), ma anche di persone “riorientate” verso l’idea che l’azione, veloce, fisica, militare fosse tutto: il culto congiunto di macchine e formazioni paramilitari. E che dare la vita fosse cosa abbastanza normale.

    3) Allo stesso tempo, tutto ruotava attorno a un altro evento mitico: la rivoluzione russa, con la distruzione di tutto ciò su cui sembrava fondarsi il mondo (religione, famiglia, monarchia, proprietà, esercito); rivoluzione immaginata come un abisso di atrocità senza fondi, in cui si fossero rotti tutti gli argini della civiltà.

    4) Quanti operai tedeschi si sono esaltati a sapere che finalmente si sarebbero potuti gettare i padroni negli altiforni? Quanti musulmani residenti in Italia si esaltano a vedere le decapitazioni commesse dall’Isis? In entrambi i casi, ciò che conta è la percezione che ne hanno gli altri.

    Il rapporto inscindibile tra rivoluzione bolscevica e controrivoluzione nazista, peraltro, fu ampiamente dimostrato da Nolte, non sto certo aggiungendo nulla.

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