Geri Pozzolini dimostra che non tutti gli operatori New Age sono cialtroni ignoranti

Il signor Geri Pozzolini di Firenze, mi scrive:

“prima o dopo ci incontremo e se non farà presto sparire immediatamente dal suo sito le schifezze sull‘Annunziata Vulcano e su Mario Attombri le assicuro che non sarò certo tenero con lei!”

Annunziata Vulcano e Mario Attombri sono due italianissimi imprenditori che ho citato, en passant, sul mio blog, parlando dell’appropriazione della religiosità dei nativi americani da parte di impresari “bianchi” e della (presunta) profezia del 2012. Un tema che mi interessa in quanto messicano nonché occasionale collaboratore del progetto sui New Age Frauds and Plastic Shamans lanciato da una coalizione di nativi americani.

Avevo  citato, senza permettermi nemmeno di migliorare l’ortografia, i curricula che hanno messo in rete proprio il signor Attombri e la signora Vulcano.

I diretti interessati non hanno avuto nulla da ridire, ma il signor Geri Pozzolini, di cui non sapevo nulla fino all’altro giorno, sì.

Ora, questo blog ha alcune semplici regole.

La prima è che rispettiamo in pieno il diritto di tutti a una vita privata. Non riteniamo vita privata ciò che la gente mette volontariamente in rete, in particolare per pubblicizzare le attività con cui si mantiene economicamente.

E riteniamo che tutti abbiano il diritto di esprimere le proprie opinioni. Mentre siamo sempre pronti a correggere eventuali errori di fatto, basta che si abbia la cortesia di segnalare con precisione quali sarebbero tali errori. Questa disponibilità vale per tutti.[1]

Ora, il signor Geri Pozzolini non ha citato un solo errore di fatto nel mio articolo, per cui non riusciamo a capire quale sia il suo problema.

Sono andato su Google per cercare di capire almeno chi sia il signor Geri Pozzolini, e ho scoperto che è una persona molto diversa da come me la immaginavo.

Il 3 marzo del 2011, ha tenuto un incontro di insegnamento sul tema, La danza cosmica dei dervisci rotanti, dedicato a  “Sahams Tabrizi“, che presumiamo sia lo Shams-e Tabrizi (con la ezāfe), e a Mavlānā Jalāl od-Din Mohammad Balkhi, meglio noto come Rumi, autore di quel difficilissimo testo che è il Masnavi-e Ma’navi.

Io sono laureato in lingue orientali.

Ho quindi studiato sia l’arabo che il farsi, mentre sono autodidatta in turco moderno. Ho gli strumenti prciò per capire che non mi potrei mai permettere di tenere un corso sull’opera di Rumi.

Da una parte, ci sono fin troppi studi su di lui [2] , dall’altra c’è un’estrema difficoltà a conoscere il contesto, in particolare lo sviluppo delle tarikat anatoliche e poi balcaniche.

Gli studi sulle confraternite turche, o sono agiografiche oppure sono fortemente marcate dal kemalismo.[3]

Buona parte delle fonti sono in turco ottomano, una particolarissima lingua costituita da elementi di tre famiglie linguistiche totalmente diverse (semitica, turchica e indoeuropea).

Ma anche se avessi una comprensione scorrevole del turco ottomano e delle sue tre lingue-radice, due esami di letteratura persiana mi hanno insegnato che non sono in grado di dire nulla di sensato a proposito della poesia iranica, in particolare nella sua variante ottomana.

Ci vogliono anni di studio per cogliere gli infiniti sensi e rimandi delle metafore, figuriamoci dei giochi grafici, delle rime, nonché le notevoli particolarità della lingua persiana (tra cui l’assenza di genere grammaticale).

Parlando dei ghazal di Hafiz (certo, non dei masnavi di Rumi) un commentatore giustamente scrive:

“La traduzione di un ghazal persiano è cosa tutt’altro che facile. Immerso nella tradizione, richiede pesanti tendaggi di note a piè di pagina appese all’asta di ciascun verso tradotto; ma quanto sembrerebbe goffo un simile esercizio! E poi il traduttore deve avere una profonda conoscenza della tradizione letteraria persiana ed essere un poeta estremamente abile. Questi sono i doppi requisiti per chiunque osi intraprendere questo arduo compito”.

E non basta dire di aver “capito il senso”, magari in traduzione. Non si tratta di un’arida conoscenza, ma dell’essenza stessa della spiritualità iranico-islamica, che è accessibile unicamente attraverso questa  prova.

Poiché le persone perbene insegnano solo ciò che sanno veramente, ne deduciamo che il signor Geri Pozzolini sia insieme turcologo, iranista, arabista e islamologo.

Ma il signor Geri Pozzolini ha anche altre capacità.

Il 19 giugno del 2010, ha tenuto un incontro di Musicoterapia (“costo in euro: 120“) .

Avendo amici musicisti, posso solo immaginare quanti anni abbia dovuto dedicare a qualche strumento musicale, per fare della propria arte una terapia, qualcosa che vada al di là della mera virtuosità concertistica.

Incredibilmente, il signor Geri Pozzolini ha potuto aggiungere a queste rarissime acquisizioni, due altre conoscenze difficili: la medicina e la sinologia. Si è impadronito di entrambe a un punto tale non solo da praticarle, ma addirittura di insegnarle.

Infatti, il 30 ottobre del 2009, il signor Geri Pozzolini ha tenuto una lezione sul tema “Introduzione alla Medicina Tradizionale Cinese, leggi universali, squilibri psicofisici che generano malattie“.

E se pensavate che fosse finita, l’11 luglio del 2010, Geri Pozzolini ha tenuto un corso di Raja Yoga. Noi personalmente ci siamo fermati, consapevoli dei nostri limiti, di fronte alle porte sigillate della lingua sanscrita. Geri Pozzolini le ha evidentemente oltrepassate.

Direte che la frase di Geri Pozzolini, con cui abbiamo iniziato questo post, indica scarsa serenità interiore.

Non siamo troppo esigenti. Anche Caravaggio era uno spirito focoso; ma resta un genio.

Concludiamo con una riflessione di Mavlānā, che il nostro certamente conoscerà alla perfezione:

“Bilmiyor musun ki benim için kuyu kazarsan nihayet kendin düşersin.”

Nota:

[1] Esiste anche il diritto al pentimento. Ci sono state persone che mi hanno detto, “quello che scrivi è vero, ma per me è acqua passata e sono cambiato“, e ho quasi sempre cancellato i riferimenti a loro. Ma nulla indica che il signor Attombri o la signora Vulcano siano pentiti di qualcosa.

[2] La Mevlana Bibliografyasi curata da Tuncel Acar presenta ben 918 fitte pagine di semplici titoli e collocazioni bibliotecarie.

[3] Alcuni testi facilmente reperibili in rete e certamente noti al signor Geri Pozzolini, sono Tarikatlar Ansiklopedisi, che in 434 pagine offre una piccola introduzione al tema appunto delle tarikat ottomane; oppure la discutibile, parziale ma sempre interessante Türk Edebiyati Tarihi del solito Nihal Atsız; o infine il polemico İslam Dininden Ayrılan Cereyanlar Nakşibendilik di İsmet Zeki Eyüboğlu.

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62 risposte a Geri Pozzolini dimostra che non tutti gli operatori New Age sono cialtroni ignoranti

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  2. Bene. Adesso resta da decidere la destinazione finale: peschereccio? Lizzatura? Fonderia? Sansificio? Salina…?

  3. Bene. Adesso resta da decidere la destinazione finale per questo signore.
    Peschereccio? Lizzatura? Fonderia? Sansificio? Salina? Incarichi organizzativo-gestionali di alta responsabilità e prestigio presso Casaggì Firenze? Miniera? Mietitura?
    Nulla è difficile, se si è competenti e motivati.

  4. mirkhond scrive:

    Shams-e-Tabrizi, non è il maestro di Rumi?

  5. Moi scrive:

    Essendo Toscani NON conoscete il lavoro “epicamente faticoso” degli Scarriolanti … gente che dal Bolognese andava in bicicletta nel Ferrarese a strappare letteralmente via la palude alle zanzare riversandovi sopra appunto carriolate su carriolate su carriolate di terra.

    • …Come no, certo che si conoscono gli scariolanti.

      A mezzanotte in punto
      si sente un grande rumor
      sono gli scariolanti lerì lerà
      che vengono al lavor.

      Volta, rivolta
      e torna a rivoltar.
      noi siam gli scariolanti lerì lerà
      che vanno a lavorar.

      A mezzanotte in punto
      si sente una tromba suonar
      sono gli scariolanti lerì lerà
      che vanno a lavorar.

      Volta, rivolta…

      Gli scariolanti belli
      son tutti ingannator
      vanno a ingannar la bionda lerì lerà
      per un bacin d’amor.

      Volta, rivolta…

  6. Moi scrive:

    Interessante la questione della grafia … in Emilia Romagna si sente dire e si dice “cariola” ma ci si sforza di scrivere toscanamente “carriola” … poi da Toscano mi scrivi “scariolanti” con una sola “r” che fa uscire anche più risultati in google rispetto a “scariolanti”.

    … E’ una (invero rarissima !) concessione dell’ Italiano-Toscano alla pronuncia d’ Oltrappennino 🙂 ?

    • PinoMamet scrive:

      A dire il vero qua si dice e pronuncia normalmente “carriola”, quando si parla in italiano- cioè praticamente sempre, ormai, tolti gli ultracinquantenni o sessentenni.
      (a parte che spesso le r in questione sono uvualri, però doppie!);

      • Moi scrive:

        Va be’ che molti Italomedianofoni ce ne mettono pure 3 , “carrriola”
        🙂

        … Ma come ti spieghi, Pino, che una grafia più “eutoscofona” 🙂 a 2 “r” è invece in Italiano meno diffusa e meno corretta di una a “r” singola più tipica della pronuncia galloitalica ?

        • PinoMamet scrive:

          Se ti riferisci al titolo della canzone, probabilmente è perché si tratta di una canzone popolare e più conosciuta perciò con il suo titolo dialettale.
          Ciao!

        • Moi scrive:

          Non confondiamo dialettale “scariulànt / ènt / ént ecc …”
          con “scariolanti” che ne è piuttosto la toscanizzazione di koiné 🙂

        • Moi scrive:

          Colgo l’ occasione per specificare che quello sgradevole e purtroppo assai diffuso “piuttosto che” nel senso di “oppure” è “Totum Meneghinum” 🙂 … Noi NON c’ entriamo ! 🙂 🙂

  7. Moi scrive:

    rispetto a “scaRriolanti”… scusate.

  8. Moi scrive:

    “Carriola” deriva da “carro” perciò due “r” sono giuste … tuttavia per evitare l’ omofonia la distinzione in Italiano fra “caro” e “carro” in Emilia Romagna è _a differenza del Veneto_ nettissima !

  9. mirkhond scrive:

    Moi, una domanda per te

    Sto leggendo un testo sugli Etruschi, testo in cui si parla della presenza etrusca dalle tue parti, e di come tale retaggio sia stato in qualche modo rimosso, a vantaggio di quello celtico.
    Ora, come vedete voi a Bologna il passato etrusco? Lo considerate davvero meno interessante di quello celtico? E sui Villanoviani?
    ciao

    • Moi scrive:

      No, no … il passato etrusco non è affatto rimosso : “Felsineo” è ancora oggi, da “Felsina”, un modo molto dotto di riferirsi a Bologna .

      Diciamo che però che gli Etruschi fanno pensare a qualcosa di accademico e molto dotto, mentre i Celti (abilmente “sdoganati” con il San Patrizio dedicato agli studenti Irlandesi per poi dire “Oibàn ‘na volta a siren / a ieren* di Celti anca nuèter”) fanno pensare a un qualcosa di “ricreativo” 🙂

      * “eravamo” … la prima variante è la più montanara, quella più cercata _ ma invero non sempre realizzata_ nel film “L’ Uomo Che Verrà”.

      http://www.youtube.com/watch?v=YEsFlxacD-U

  10. PinoMamet scrive:

    Prima che ti risponda Moi sulle sue parti, oggetto della domanda
    (ma è una domanda difficile, secondo me)

    ti faccio un sunto della situazione da me:
    qua la situazione pre-romana era abbastanza complessa, e non documentatissima; direi che a livello di coscienza locale dell’epoca pre-romana non interessava niente a nessuno fino almeno agli Novanta
    (ovvio che non parlo di archeologi e antichisti in genere, ma dell’uomo della strada);
    proprio ieri ero al PRA del capoluogo e vedo appesa una rappresentazione della mappa di Parma in epoca romana “Urbis Parmae, Romanorum colonia”.

    Poi i parmigiani (di città, vil razza dannata 😉 ) pensavano di fatto solo a Maria Luigia e al periodo immediatamente precedente e successivo;
    difatto a essere quasi rimosso, da queste parti, è stato il passato spagnolo.

    Da metà degli anni Novanta in poi, mi sembra di notare una qualche curiosità verso il mondo celtico in genere, declinato in vari modi
    (tra le mie conoscenze, già ricordate, c’è un reenactor e “archeologo sperimentale” celtico- all’occasione romano e etrusco- della Bassa, e un suonatore di bagpipe scozzese di origine siciliana).
    quindi si va da persone che hanno chiara coscienza della natura “bastarda” del luogo (Galli, Etruschi, Liguri ecc. ecc.) ad altre che sono semplicemente attratte dal celtismo d’importazione
    (ma almeno per studiare la bagpipe scozzese ci vuole costanza e dedizione).

    i Romani, poverini, non se li fila più nessuno, eppure rimango convinto che senza di loro non esisterebbe nè regione, nè città, nè rispettivi abitanti.

    Ciao!

    • mirkhond scrive:

      Pino, dalle parti tue ci sono le marcolfe, quelle rozze sculture in pietra, attribuite ai Liguri e ai Celti?
      ciao

        • Moi scrive:

          http://it.wikipedia.org/wiki/Carnevale_Storico_Persicetano

          Sarà un caso, un delirio visionario celtomane, che l’ Emiliano “al spéll” sembra coincidere in tutto e per tutto con l’ Inglese “the spell” ?

        • mirkhond scrive:

          Si, Marcolfa è la moglie del celebre Bertoldo (anch’io ho visto lo spassoso film di Monicelli).
          Ma marcolfa, credo che, sull’Appennino Tosco-Emiliano, sia un sinonimo, forse di origine longobarda, per indicare sia donne particolarmente rozze e sgraziate, come la Marcolfa del film, e sia le sculture in pietra citate, e che, in un articolo su una rivista di quelle per gli itinerari turistici, sarebbero un retaggio preromano, forse celto-ligure.
          ciao

      • PinoMamet scrive:

        Direi di no, è la prima volta che sento la parola
        (anzi, grazie!)

        forse in Lunigiana?

        In compenso le frazioni appenniniche e pre-appenniniche di questa zona hanno un’architettura particolare: le case, addossate l’una all’altra, hanno di solito la porta d’entrata alla sommità di una scala di pietra, al primo piano insomma, e la porta di sotto è quella della cantina/stalla (oggi più spesso cantina).

        • Moi scrive:

          Non mi meraviglierei se le Marcolfe fossero in realtà antichissime divinità femminile di origine ctonia … sempre più sminuite (ma non cancellate dalla memoria) da culti patriarcali e infine dal Cristianesimo .

  11. mirkhond scrive:

    Bellissimi paesaggi e gli interni delle case contadine. Cercherò di vederlo questo film, anche se penso che non riuscirò a capire del tutto il vernacolo bolognese, senza sottotitoli…
    Mi sembra che dalle tue parti fu girato anche Magnificat, che si svolge al tempo del regno longobardo-carolingio.
    Sarebbe bellissimo, magari, farvi anche un film sull’epoca etrusca o villanoviana, se solo si sapesse di più su quei linguaggi, forse preindoeuropei…..
    Film fatto con tale accuratezza storico-archeologica, che ci aiuterebbe a immaginare come poteva essere la vita in remote epoche preindustriali e preconsumistiche, e farci riflettere su cosa siamo oggi e i rischi a cui andiamo incontro, se le basi della nostra civiltà dovessero crollare…..
    ciao

  12. Moi scrive:

    Non so perché l’ insegnante faccia coesistere addirittura nella stessa frase un “cun” e un “cåun” per lo stesso “con” italiano … probabilmente un’ eufonia che soltanto i più anziani riescono ancora a percepire.

  13. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Dal Indo-Eurasian Research, un Gruppo Yahoo con molti partecipanti autorevoli:

    “Yoga:Not as Old as You Think (Nor Very Hindu Either)”

    http://groups.yahoo.com/group/Indo-Eurasian_research/message/14877

    • PinoMamet scrive:

      Molto interessante, grazie.

      So che un analogo processo di falsificazione delle origini (che non significa completa invenzione, logicamente) è avvenuto nel mondo delle arti marziali, che purtroppo è poco indagato e lasciato nelle mani non sempre preparate degli addetti e appassionati.

      Ho qualche dubbio quando dice che la posizione “suryanamaskar” è recente; se si intende il popolare “saluto al Sole”, c’è da notare che il solito Luciano di Samosata, in un suo misconosciuto libretto sulla danza, utilizza questo nome per indicare una “danza” degli Indiani compiuta al sorgere del Sole, appunto; anche se parla di “movimenti circolari”, quindi chissà.

      Ci vorrebbe sempre un controllo incrociato tra esperti di discipline diverse:

      ma il grecista che, poniamo, sia appassionato di yoga, non è detto che sia anche sanscritista (ancora più raro sarebbe trovarne uno che conosca bene il tamil o il telugu…) e quindi, di fronte al passo di Luciano, si arresterebbe di fronte a una stupito, e forse non esatta, constatazione che “anche i Greci avevano sentito parlare della tal asana”; mentre il sanscritista e praticante di yoga onesto può benissimo non aver sentito parlare del libretto di Luciano, e essere tentato perciò di dare un’origine recente a una pratica che, in questo caso, può essere davvero piuttosto antica.

      C’è anche da dire che molte persone che di queste pratiche ci campano, non sono le più trattabili, da parte dell’onesto e volenteroso filologo che venga a pisciare nel loro orticello…

  14. jam... scrive:

    …Shams di Tabriz (Shams=Sole), danzava alla luce della luna piena, l’anima di Mawlana Jalaluddin Rumi, s’incendio’ e Rumi non fu mai più lo stesso, a tal punto che i suoi vecchi amici e allievi, non privi di gelosia, assassinarono Shams e fu a quel punto che Rumi comincio’ a scrivere più che mai.
    Shams di Tabriz era un derviscio , un qalandar, uno yogi, un sadhu , un sanniyasin errante e con il calcio di un passo di danza scaravento’ nell’acqua del laghetto sul quale Rumi stava studiando, tutti i libri, i quali invece d’inzupparsi d’acqua rimasereo asciutti e galleggiarono come barche.
    Shams, come Shiva, aveva un flauto, ney, ed un tamburino, qanûn, ed insegno’ a Rumi, come diventare invisibile, i principi della scienza segreta, un’altro alfabeto, un’alfabeto che ha le radici nello dzikar, e non ha bisogno di regole grammaticali le quali sono soltanto metaforiche di comportamenti spirituali.
    Quando nel 1247, Shams di Tabriz, mori assassinato, la tariqa di Rumi, s’impregno’ di “SAMA”, il pathos della musica e della danza indissociabile a Rumi ed alla tariqa Mawlawiyya. La nostalgia che fa muovere i pianeti ( quando Pitagora avvertiva il suono delle sfere celesti, anticipava il Sama di Rumi, la sua ricerca estatica delle origini divine, la vibrazione creatrice invisibile).
    Rumi scrive: “nelle cadenze musicali é nascosto un segreto, se lo rivelassi capovolgerei il mondo”
    “ero neve, tu mi hai sciolto
    la terra mi ha bevuto
    nebbia di spirito, risalgo verso il Sole”

    Strano di questo post é che il sole é impregnato di tragedia:
    la stage di Marzabotto al Monte Sole, l’uccisione di Shams, e Shams significa sole…
    e Rumi danza come un pianeta impazzito
    ciao

    • Lungo Cretese scrive:

      … Mi sanno un po’ da Corto Maltese, queste riflessioni. E’ vero, come dice Miguel, che parlare di taṣawwuf è assai complesso, ma da qui a trasformare tutto in suggestioni poetiche (un po’ kitch, a mio parere), ce ne passa!!

  15. Moi scrive:

    Una disciplina del corpo molto più antica di quanto non si pensi, qualcuno dice che riproponga ritualizzazioni pre-Colombiane, è la Lucha Libre Mexicana (quella in cui sono tutti mascherati) che oltre a basarsi più sull’ agilità che sulla forza drammatizza molto anche le situazioni inscenate che portano agli scontri …

    http://www.youtube.com/watch?v=IalcN_WkB0k

    … però evidentemente a Miguel non interessa, visto che non ne ha mai postato.

  16. Karakitap scrive:

    Ieri su RAI Storia m’è capitato di vedere il documentario Le Indie di quaggiù, dedicato ai vari riti e alle usanze di quella che ora si è cominciat a definire civiltà contadina, ho visto una sorta di piccola processione familiare alle Eolie per invocare Sant’Elena (che ovviamente non è vista come la madre di Costantino I, ma come divinità delle messi) e il carnevale di Tufara nel Molise, nonché racconti di donne sui tabù cui devono sottostare quando hanno le mestruazioni (qualcosa del genere l’avevo già letta ne Il ramo d’oro di Frazer) e una manifestazione religiosa sul Pollino, dove contadini andavano a fare visita ad un santuario mariano bivaccando o dormendo in chiesa, tradizioni che sembrano strane a noi, forse sembra paradossalmente più vicino (o più accattivante) il guerriero celta che non il contadino che ne approfitta del carnevale per rompere almeno per un giorno l’ordine costituito ed inveire contro la società, specie quella di città, fatta di gente che conosce la scrittura e affida il sapere ai libri, e da dove vengono i dottori le cui cure costano, i notai che chiedono soldi per una firma, e soprattutto gli avvocati considerati né più ne meno che vampiri.
    L’anno di produzione, il 1978, mi ha dato da pensare, quanto potevano essere ancora sentiti riti del genere in quell’epoca? E quanto potrebbero esserlo oggi?
    PS. In questi giorni c’è stata al mio paese la festa patronale, dedicata a San Giovanni Battista (doveva tenersi il 24 giugno, ma è stata spostata per evitare l’accavvallamento con il Corpus Domini), da notare che la statua è di colore scuro, la pia leggenda popolare vuole che nei secoli scorsi alcuni lestofanti di un paese vicino volessero rubarla, ma giunti al confine tra i due paesi la statua divenne pesantissima tanto da non poter essere più spostata, allora costoro in segno di sfregio la bruciarono, ma non si consumò, limitando a scurirsi, un’altra tradizione vuole che sia di provenienza levantina (egiziana o bizantina) ma che io sappia la statuaria sacra non è molto presente nel cristianesimo orientale, infine c’è chi pensa che sia un collegamento con le forze ctonie precristiane.
    Salutoni, Karakitap

    • PinoMamet scrive:

      Provo a risponderti per la mia zona:

      nel 1978 riti simili erano effettivamente sentiti (senza andare troppo lontano dalle città), soprattutto perché erano ancora vive, per quanto anziane, persone che avevano avuto scarsi e contorti contatti con la cultura “ufficiale”; e i loro figli.
      Al giorno d’oggi, sono i loro figli ad essere anziani, se non i nipoti, e soprattutto il mondo contadino, almeno da noi, è davvero qualcosa di minimo e residuale.
      (Non è che non esista l’agricoltura, è solo che questa è una roba tutta diversa dal “mondo contadino”).

      Penso che pochissimi saprebbero dirti qualcosa della festa di San Nicomede, mentre tanti sapranno cantarti le lodi del gruppo giapponese che si è esibito al Festival Beat, che ne ha preso in pratica il posto.

      E i meno colti di questi, in genere, sono i più propensi a credere alle fantasie da “guerriero celta”.

      Ciao!

    • La statua è dipinta oppure il legno è scuro di natura? Nel secondo caso, di che legno è fatta?
      Tradizionalmente, il legno di ogni albero è sempre stato caricato di caratteristiche “magiche” peculiari (ad esempio, le bare erano fatte in noce e il noce era un albero legato alla morte), quindi potrebbe essere che lo scultore (sarebbe curioso conoscere l’epoca della statua, anche) abbia scelto un legno particolare per rappresentare con esso la virtù del santo. Oppure la statua potrebbe essere stata realizzata con il legname di un alberto che, per una ragione o per l’altra, era significativo per la comunità.

      • Karakitap scrive:

        Grazie per le domande, come detto, la statua secondo l’ipotesi più accreditata sarebbe stata portata al mio paese da Amalfi e sarebbe di origine bizantina, purtroppo non si sa quando sarebbe stata scolpita né da chi, anche se c’è chi opina che risalirebbe al ‘200 (quindi posteriore al declino della repubblica marinara).
        Se può interessarti, ti consiglio di guardare questo video, che mostra appunto la scena che segna l’inizo della festa, ovvero l’uscita della statua del santo dalla chiesa per il suo giro nel paese.
        http://www.youtube.com/watch?v=zTWDJ7LsjdE
        Salutoni, Karakitap

        • mirkhond scrive:

          Non sono uno storico dell’Arte, ma le fattezze della statua di San Giovanni Battista di Angri, non potrebbero essere anche un indizio di consapevolezza della provenienza mediorientale del Santo stesso?
          ciao

        • Karakitap scrive:

          Potrebbe anche darsi, ma a dire il vero ai miei concittadini non è mai importato molto di questo aspetto, oggi come allora importa (ovviamente chi ci crede) che protegga il paese dalle calamità e che eserciti il suo benefico influsso su di essi, per spiegare il suo colore ci si accontentava della leggenda sui contrasti campanilistici.
          Salutoni, Karakitap

  17. mirkhond scrive:

    Proprio ieri mi sono visto Magnificat di Pupi Avati, film ambientato all’epoca del Regno d’Italia longobardo-carolingio, sull’Appennino Tosco-Emiliano o nel Ducato di Spoleto (il film è stato girato nel territorio di Todi), durante la Settimana Santa del 926 d.C.
    Il film è stato girato con grande accuratezza e docenti della mia facoltà lo lodarono per questo.
    Vedendolo, mi veniva da pensare a quale abissale differenza ci fosse tra quegli uomini, immersi ancora nella natura e con un Cristianesimo ancora impregnato di barbarie e di superstizioni pagane. Superstizioni pagane che, sono durate fino a pochi decenni fa, travolte e superate dalla civiltà turbo-industriale globalizzante, la quale ha finito col dissolvere (liquefare direbbe Miguel Martinez), tutte le variegate culture, a cominciare da quelle del Frangistan.
    Mi piacerebbe dedicare questo capolavoro del Maestro Avati, a tutti coloro che OGGI cianciano di radici cristiane ad capocchiam, senza sapere che cos’è stata la civiltà cristiana, non solo nel X secolo, ma ancora fino a 50 anni fa.
    Film benemerito, proprio perchè rappresenta una società nei ritmi LENTI, tipici di epoche preindustriali, e non il medioevo reinventato di hollywood, stile templari alla Nicholas Cage, o il San Francesco d’Assisi, interpretato da Raoul Bova, in cui il giovane Francesco, andava a caccia per i boschi del Ducato di Spoleto, conciato come un guerriero celtico, stile braveheart di Mel Gibson, compreso il volto pittato bianco-blu da tifoso calcistico.
    ciao

  18. mirkhond scrive:

    Il medioevo e il celtismo pataccari, reinventati per la società liquefatta globale di oggi.
    ciao

    • PinoMamet scrive:

      Ho appena visto le foto di una amica che vive in Germania a una “schlossfest”, che è qualcosa tipo una “Renaissance fair” negli Stati Uniti, giusto appena un po’ meno pataccara (o forse no):

      che schifo, che falsità, che brutte facce moderne compiaciute sotto orrendi basconi impiumati in technicolor che fingono di essere stati ripresi da qualche dipinto, trucco e acconciature da darkettoni fuori tempo massimo o da signora stagionata appena uscita dal parrucchiere in mezzo a un carnevale di maniche a sbuffo, scarpe a punta e falchi che scagazzano in giro;

      e questo secondo lei (che posta le foto tutta contenta sul noto social network) è “il Rinascimento”.

      Allora meglio far finta di niente, scurdammoce ‘o passato, visto che non lo conosciamo, e cominciamo da capo.

  19. Karakitap scrive:

    Anche a me piacque moto Magnificat, proprio per quwesta sua visione così lontana da quella edulcorata da Camelot disneyana (ma in realtà risalente al romanticismo) che taluni si sono ritagliati.
    Salutoni, Karakitap

  20. mirkhond scrive:

    Magnificat è la dimostrazione che sceneggiatori, registi e produttori, se vogliono, possono fare delle cose belle e serie. Purtroppo siamo dominati dalla logica commerciale hollywoodiana, potente produttrice di immaginari globalizzati e omologanti, contro i quali la cultura, la poesia, l’amore oserei dire, nulla possono di fronte all’attrazione per la tecno-trivialità, così consona ai nostri tempi….
    Se Dostoevskij diceva che la Bellezza salverà il mondo, allora stiamo freschi….
    ciao

    • lamb-O scrive:

      Ma se IL problema del cinema italiano è proprio il fatto di campare di sovvenzioni, ovvia…

      • PinoMamet scrive:

        Credimi, è un problema che conosco MOLTO bene;
        dubito però che sia risolvibile pitturando di blu la faccia di San Francesco, ecco.
        😉

        • lamb-O scrive:

          Senz’altro, ma pur non apprezzando personalmente la Hollywood di oggi (decisamente in ribasso e non più così dilagante, comunque) e desiderando alquanto la gogna per Jerry Bruckheimer resta il fatto che, per esempio, il cinema americano in ambito indipendente spara ancora ottime cartucce. Non è che a Terrence Malick facciano schifo i soldi, tant’è che i suoi film costano e fatturano; sono i nostrani semmai che possono spararsi la posa di schifarli, tanto gliene arrivano comunque in tasca.
          E i risultati si vedono: sforzo di piacere al pubblico sottozero, alias film di merda. È l’altra faccia della bieca logica commerciale; del resto pure alle fiere culturose li stanno stroncando (finalmente!). Il sistema Hollywood è proprio l’ultimo dei nostri problemi, avercene un po’.

          Se poi si esce con la storia che va bene così perché il pubblico è idiota (pensiero che non ti attribuisco, ma metto le mani avanti), lascio volentieri stare.

        • lamb-O scrive:

          P.S. Sono peraltro convinto che non appena si tagliassero le sovvenzioni e qualche produttore si mettesse seriamente in gioco, in Italia torneremmo a fare dell’ottimo cinema a partire dalla settimana dopo. Altroché.

        • PinoMamet scrive:

          ” Sono peraltro convinto che non appena si tagliassero le sovvenzioni e qualche produttore si mettesse seriamente in gioco, in Italia torneremmo a fare dell’ottimo cinema a partire dalla settimana dopo. ”

          Vangelo, Torah, Corano, quello che ti pare…
          insomma… parole sante!! 🙂

        • Francesco scrive:

          concordo con Pino (e qui siamo ormai nell’imbarazzante, data la frequenza)

          🙂

        • Z scrive:

          Oddio, io non ne sono così convinto.

          Però, dato anche che non sono un gran appassionato di cinema, le sovvenzioni le toglierei ugualmente 😀

          V.

  21. jam... scrive:

    …il nero ed il bianco sono dei non colori: il nero assorbe tutte le lunghezze d’onda, il bianco le riflette. La vacuità del colore, meglio, il colore necessita la vacuità!
    La cultura popolare é intelligente.
    Il Santo é nero x’ é in una fase di lavoro esoterico necessario sul pianeta terra; stà assorbendo e attivando tutte le varie realtà, cosi’ come la feconda terra nera, cosi’ potente nel quale si occulta il seme per germogliare, x essere poi vivente.
    Il Santo é il filtro purificante, la premessa della vita: del resto cos’é la Santità, se non questa capacità e attitudine a rendere puro e fecondo il mondo?
    Il Santo é nero, perché ci sono anche molte icone della Vergine Maria, nera.
    E nell’Italia del sud questo particolare non puo’ sfuggire!
    Assorbendo tutti i colori, il nero é il momento esoterico dell’ exoterica bianchezza: l’esotericità del bianco é il nero. (Dante arrivato all’Empireo, come il Profeta Mohammed quando nel viaggio notturno arrivo ‘ al nono cielo, tutti e due, per troppo biancore splendore e luminosità, non videro più niente, diventarono ciechi e li fu un altro “organo” che si assunse la Visione).
    La potenza del nero é immensa ed un Santo con il viso nero ha un carisma incrementato ed una profondità che anche se non sembra é percepita dalla gente…
    Anche la Pietra della Ka’aba, che all’inizio era bianca adesso é nera…

    ciao

  22. Karakitap scrive:

    Bellissime parole, grazie, hai l’ottima capacità di dire cose interessanti e mai banali.
    Salutoni, Karakitap

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  25. Orazio Templi scrive:

    Fantastico post, conosco un amico del Sig. Pozzolini, laureato in Geologia che ha ottenuto cattedra e ufficio presso l’Università di Firenze senza alcun concorso, tiene abitualmente corsi in aula grazie forse al suo Blog sulla scienza della terra.
    A Firenze i framassoni sono molto potenti.

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