L’Emergenza Burqa, Disneyland e qualche piacevole genocidio

Da un po’ di tempo è Emergenza Burqa: si parla di metterlo al bando in Italia, in Olanda, in Danimarca, in Canada e un po’ ovunque, mentre in Belgio e in Francia, i parlamenti hanno già provveduto.

In Francia,  il divieto entrerà in vigore l’11 aprile del 2011: il parlamento ha infatti previsto  sei mesi di “pedagogia“, in cui lo stato deve insegnare e le velate devono imparare. Occorre innanzitutto trovare le portatrici di burqa, vista la totale assenza sul suolo europeo di questo caratteristico capo di abbigliamento pashtun. Casomai, il riferimento è a ciò che chiamano niqab, quello che lascia vedere gli occhi, per intenderci.

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Non è un burqa!

Eric Besson, ministro per la “Immigration, Intégration, Identité nationale et Développement solidaire“, ha nominato quindici “ambasciatrici” che terranno degli atelier per istruire le ottenebrate indigène.

Le ambasciatrici sono tutte militanti di Ni putes ni soumises, che per l’occasione ha ricevuto 80.000 euro dallo stato francese. Ni putes ni soumises è un’organizzazione diretta da Fadela Amara, una signora di origine maghrebina che si dedica a trasformare gli indigène in veri francesi, con iniziative come quella di portarli in visita a Disneyland, a spese dello Stato.

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Fadela Amara (in posa reginale) mentre integra un po' di banlieusard

L’Emergenza Burqa sorge a ben nove anni da quando il Mediatizzato Occidentale ha scoperto l’esistenza del burqa, quello vero indossato in Afghanistan. Nel frattempo, non è successo alcun fatto significativo che riguardasse il niqab.

Inoltre, pochissime donne lo indossano in Europa: forse qualche centinaio in tutto.

Il niqab rende difficile l’identificazione. Che so, qualche pezzo grosso della mafia potrebbe sfuggire a una retata inniqabandosi e salutando i carabinieri con una mano guantata. E’ una cosa assai improbabile, comunque in molti paesi – come in Italia – si può pensare che il niqab sia già di fatto fuorilegge per questo asettico motivo.

Ma se il niqab è forse già fuorilegge, se non lo porta quasi nessuno e se non ha mai creato problemi, perché questa tremenda passione sul tema, o il bisogno di drammatiche decisioni parlamentari?

I souchien che si appassionano a chiedere chiedere il bando – il 61% dei tedeschi o il 67% degli inglesi, ad esempio – sono chiaramente mossi da qualcos’altro, e  questo rende interessante una questione che altrimenti sarebbe più che altro inesistente.

Ti denudo per il tuo bene, proclama lo spogliatore. Ma il misoniqabista medio ha mai avuto occasione di chiedere a una portatrice di niqab, perché si veste così?

C’è qualcosa di oscuro, in questo desiderio di spogliare le musulmane: il niqab è evidentemente solo un grimaldello che porta al controllo dei souchien sul corpo delle donne musulmane, il primo passo verso un dominio molto più ampio. Ti tolgo il niqab è un modo facile per dire, ti tolgo il foulard, ti tolgo la lingua, ti tolgo il senso della tua vita, ti tolgo la tua gente, ti tolgo la tua storia.

Perché di dominio si tratta: la grande coalizione di bigotti cristiani e femministe estremiste, di socialisti e razzisti è assolutamente convinta che il discorso debba essere a senso unico. Sono Loro che devono venire incontro a Noi e non viceversa.

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combattente cecena

Il semplice fatto di non vergognarsi di apparire diverse da Noi, costituisce un’offesa per Noi.

Il controllo sull’abbigliamento è anche un modo per staccare le donne dagli uomini.

Houria Bouteldja presenta, ad esempio, delle vecchie foto dall’Algeria, dove donne bianche sovraintendono al rogo dei veli delle indigene, un potente gesto di accettazione del mondo dei colonizzatori.

Nulla di nuovo, già la Bibbia offre utilissime istruzioni per l’integrazione delle donne (Numeri, 31, 17-18):

“Ora uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che si è unita con un uomo; ma tutte le fanciulle che non si sono unite con uomini, conservatele in vita per voi.”

Sherif el-Sebaie, su Salamelik, riassume ironicamente lo stesso concetto così:

“La prova del Bunga Bunga divenga requisito essenziale per la cittadinanza per i Bingo Bongo.”

Ogni impronunciabile Karima el-Mahrouj, ci assicura la civiltà della Jeune Fille, contiene in sé un’emancipata Ruby, la cui libertà è al nostro servizio.

Oppure, con le dovute precisazioni di genere, ricordiamo il non compianto Pim Fortuyn, che sosteneva di non essere razzista perché aveva eccitanti rapporti a pagamento con dei ragazzini marocchini.

Poi, ma faccio fatica a mettere a fuoco la cosa – ci deve essere qualcosa in una società tutta immagine che rende insopportabile l’assenza di immagine. Basta la foto di una donna senza volto visibile per suscitare un disagio strano, per eccitare gli animi, per risvegliare profondi rancori.

niqab-ninja

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72 risposte a L’Emergenza Burqa, Disneyland e qualche piacevole genocidio

  1. mirkhond scrive:

    Mi sa che i governanti francesi e le loro “ambasciatrici” non hanno mai guardato i video di Hijab sex che compaiono in internet.
    Se li vedessero, forse capirebbero che velata nell’Islam non è sinonimo di beghina…..

  2. Peucezio scrive:

    Miguel, devo dire però che se in Europa circa un centinaio di donne usa il niqab, una di queste cento frequenta il giardinetto di fronte a casa mia, perché l’ho vista più di una volta.
    Io però continuo a non capire questo ritenere i luoghi indifferenti e fungibili (che è tipico della società dei consumi, che consente a masse di rincoglioniti di andare in tre ore a Sharm el Sheik e di ritrovarci un ambiente identico a quello di casa propria). Io, se vado in un paese dove per camminare per strada devo mettermi una benda integrale tipo mummia dalla testa ai piedi, quando vado per strada mi mummifico, sia per rispetto del costume e della sensibilità locale sia perché amo immergermi nel contesto.
    Quanto a quelli che in Algeria facevano roghi di veli, è un peccato che qualcuno non ha fatto un rogo di loro.

    • athanasius scrive:

      “Io però continuo a non capire questo ritenere i luoghi indifferenti e fungibili (che è tipico della società dei consumi, che consente a masse di rincoglioniti di andare in tre ore a Sharm el Sheik e di ritrovarci un ambiente identico a quello di casa propria).”

      Anch’io non riesco a capire questo fenomeno. Ma credo che in molti casi si tratta della questione di prezzi.

      • khadi scrive:

        Non so se ho capito bene. Ci si chiede, mi pare, come mai queste immigrate, una volta arrivate in Europa non si adattino alle usanze europee per omaggiare il posto o semplicemente per rispettarne le regole, visto che sono venute qui.
        Se è questa la domanda la risposta è molto semplice: la maggior parte di questo centinaio di donne non sono immigrate 🙂
        In Francia ci saranno una trentina di niqabate francesi con genitori francesi e una ventina di niqabate francesi con genitori ex-immigrati e ormai completamente “assimilati”. Donne scolarizzate in Europa che l’educazione civica l’hanno studiata alle elementari, alle medie e al liceo. A volte anche all’università.
        In Europa il niqab è un atto di culto come qualsiasi altro, non il retaggio di chissà quale misteriosa tradizione esotica 🙂

        Messaggio top secret per Miguel: in Italia il niqab è legale, ma non diciamolo a nessuno. Se ti interessa ti mando i riferimenti di legge 🙂

  3. mirkhond scrive:

    La foto non si vede bene, però questo esempio di brutale colonizzazione francese in Algeria mi ricorda ciò che fecero i Seleucidi, dinasti macedoni ellenistici eredi di Alessandro Magno nella parte mediorientale e iranica dei domini achemenidi-alessandrini, nel 168-164 a.C. nei confronti dei Giudei, restii a lasciarsi ellenizzare e a fondersi nel melting pot ellenistico che i Seleucidi stessi, o meglio Antioco IV Epifane, cercarono di “accelerare” per salvare un impero che faceva acqua da tutte le parti.
    Eppure questa brutale imposizione, che portò a centinaia di martiri tra i Giudei, ebbe come effetto reagente quello di scatenare i Maccabei, veri “talebani” dell’Antichità in una lunga e vittoriosa guerra (166-141 a.C.) contro una civiltà ritenuta per alcuni aspetti affascinanti, ma per altri turpe e corrotta…

    • PinoMamet scrive:

      Ottimo esempio:

      in effetti i Greci (come più tardi i Romani) tentarono di proibire o perlomeno la pratica della circoncisione, che loro reputavano una mutilazione turpe e antiestetica.
      Immagino avranno fatto del loro meglio per convincere gli Ebrei di quanto fosse sbagliato e orrendo mutilare dei bambini di pochi giorni; e ci fu anche chi si “integrò”.
      La reazione generale, però, fu quella di rendere la circoncisione ancora più “radicale”, in modo che l’ellenizato circonciso non potesse più nascondere in qualche modo l’avvenuto taglio (non entro in particolari anatomici) e frequentare il Ginnasio.

      Ciao!

  4. PinoMamet scrive:

    Peucezio

    secondo me avresti anche ragione, però: tu dici immergersi nel contesto, ma qual è il contesto del cosiddetto Occidente?
    Dell’Italia, per esempio, ma anche di Sharm el Sheik, che in fondo è occidente quanto Rimini.
    (Forse proprio della morte di questo contesto parlava spesso Pasolini, la cui morte si non-celebrava in questi giorni)

    L’integrazione, per come la vedo adesso, mi sembra una grandissima balla.
    Non nel senso che sia impossibile, ma nel senso che è una parola che non significa niente; è come quando dicono “un paese normale”, ma cosa caspita vuol dire normale, normale come la Russia, normale come il Marocco, normale come l’Armenia, normale come le Far Oer, dove minchia si trova questa famosissima normalità?
    Gli Stati Uniti, per esempio, che dovrebbero essere il paradigma di tutto l’Occidente, a me non sono sembrati mica tanto normali.

    Allora noi riempiamo la parola “normale” dei significati che ci fanno comodo, e l’avversario sarà non normale, da purgare, da emendare;
    diamo a “integrato” il significato che ci pare, e così siamo sicuri che lo straniero non si integrerà mai.

    (tra “puttane” e “sottomesse” rimane in effetti un sentiero che si può rendere stretto a piacere;
    versione Karima “sottomessa, retrograda, potenziale terrorista”;
    versione Ruby “troia, sfruttata, arrampicatrice”;
    e pensare che a me sembrano “normali” entrambi le versioni, perché vengo da un contesto- ora estinto- dove esistevano sia le velate che le puttane).

    Nell’Occidente che privilegia le scelte individuali; che glorifica, esalta, promuove l’individualità e l’individualismo con tutte le sue armi potentissime di marketing;

    dire che lo straniero si deve integrare in un contesto, che ormai esiste per lui soltanto visto che gli altri rivendicano il diritto di fare come gli pare, significa automaticamente discriminarlo e perpetuare la sua non-integrazione.

    Ciao!!

    • Peucezio scrive:

      Quello che dici è nel complesso verissimo. Infatti il primo problema non è l’immigrazione, ma la trasformazione antropologica degli italiani stessi, per cui i vecchi sono ancora “italiani”, i giovani sono una cosa diversa.
      Però io non me la sento di mandare tutto a put…. . Nella società dei consumi le differenze nazionali e locali sono molto attenuate, ma è vero che comunque, anche al consumismo contemporaneo l’Italia risponde con una sua fisionomia molto stemperata, ma non del tutto indistinguibile da quella del resto del mondo. E’ vero che il cattolicesimo è ormai essenzialmente formale, ma preferisco un cattolicesimo formale al modello multireligioso in cui le città del mondo sono tutte uguali e hanno tutte templi di tutte le religioni importanti e si perde ogni caratterizzazione, che oggi è sempre meno antropologica ma è ancora architettonica, urbanistica, paesaggistica (e anche genetica, perché la mutazione antrpologica di cui parlava Pasolini ovviamente non era biologica: negli anni ’70 gli italiani avevano più o meno gli stessi tratti somatici di prima, ma erano mutati culturalmente, ora rischiamo di diventare come un qualsiasi angolo degli Stati Uniti, dove c’è gente di tutti i colori ma, come al solito, è un falso pluralismo, perché sono sempre più così in tutto il mondo e sono ugualmente globalizzati).

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    Davvero, hai visto una vestita-di-niqab in Italia? Non sono sicuro, ma mi sembra di non averne mai viste: in Egitto ovviamente sì, compresa la parte femminile di una coppietta di giovani un po’ civettanti su un autobus.

    • Peucezio scrive:

      Dunque, io abito in una piazza ove c’è un piccolo giardinetto. Spesso attraverso il giardinetto per andare a prendere la macchina o per tornare a casa dopo averla parcheggiata. Qualche anno fa (adesso è un po’ che non si vede) mi è capitato di incrociare più di una volta una figura velata – se non ricordo male con un velo beige – e questo velo era solcato, sul viso, solo da una fessura all’altezza degli occhi (non ricordo bene, ma non mi pare fosse tale da poter vedere i suoi occhi: lei penso vedesse bene noi ma noi non vedevamo lei).
      Il mio quartiere è zona di intersezione di un’area residenziale e di un quartiere di case popolari, che abbiamo appunto a ridosso e che, negli ultimi decenni, si sono popolate di prevalentemente di stranieri (oltre che di forme di estremo degrado sociale, che coinvolgono anche gli italiani).

  6. Guido scrive:

    “C’è qualcosa di oscuro, in questo desiderio di spogliare le musulmane: il niqab è evidentemente solo un grimaldello che porta al controllo dei souchien sul corpo delle donne musulmane, il primo passo verso un dominio molto più ampio. Ti tolgo il niqab è un modo facile per dire, ti tolgo il foulard, ti tolgo la lingua, ti tolgo il senso della tua vita, ti tolgo la tua gente, ti tolgo la tua storia.
    Perché di dominio si tratta: la grande coalizione di bigotti cristiani e femministe estremiste, di socialisti e razzisti è assolutamente convinta che il discorso debba essere a senso unico. Sono Loro che devono venire incontro a Noi e non viceversa.”

    Sono completamente d’accordo con Miguel: la posta in gioco è il controllo sul corpo delle donne. Anzi direi, tout court, il controllo sui corpi, altrimenti detto il biopotere.
    E qui farei molta attenzione: superficialmente si direbbe che la società, qualsiasi società, è divisa in carcerieri e carcerati. I carcerieri sono soprattutto maschi: sono loro, in massima parte, che si attribuiscono il compito di decidere quanta parte del corpo delle donne è lecito esporre: tanga o niqab, pur cambiando il messaggio, implicano entrambi un certo grado di sottomissione allo sguardo giudicante del maschio. Sante o mignotte, tertium non datur. Ma ciò non toglie che il carceriere, pur disponendo dei miserabili attributi del dominio, carcera anche sé stesso. E se teniamo in mente ciò, tutto il resto si rivela semplice aria fritta. Non si cada dunque nella trappola di voler prendere parte in questa guerra rackettistica per il possesso del corpo delle donne: l’unica cosa da fare, come Miguel fa in maniera eccellente, è decostruire il giochino, dichiarare che il re è nudo con tutta l’infantile purezza di questa esclamazione.

    “Poi, ma faccio fatica a mettere a fuoco la cosa – ci deve essere qualcosa in una società tutta immagine che rende insopportabile l’assenza di immagine. Basta la foto di una donna senza volto visibile per suscitare un disagio strano, per eccitare gli animi, per risvegliare profondi rancori.”

    Ecco, questo è il punto. Il dominio si configura come un processo sempre più marcato di tracciabilità dei corpi e delle “persone”che li abitano, un processo in cui la “quadrettatura” del territorio si fa sempre più stretta. Non è prevista l’indistinzione e l’informe (il non codificato) fa paura. L’ideologia dei diritti umani, il “droit-de-l’hommisme” è solo l’ideologia di copertura di questo processo.

  7. Miguel Martinez scrive:

    Per Guido

    Grazie… credo che tu abbia colto molto bene la mia prospettiva: non mi occupo di chi porta il niqab (per farlo dovrei essere donna e musulmana, o almeno avere una conoscenza intima e profonda della situazione di chi lo porta); mi occupo esclusivamente di chi lo vuole togliere.

    Per il resto sono in massima parte d’accordo.

    Sono incerto solo sui ruoli concreti degli uomini e delle donne nelle carcerazioni di cui parli.

    Come ho già scritto, faccio molta fatica a immedesimarmi nelle generalizzazioni sui generi, sono abituato a pensare che quella donna è un genio da cui c’è da imparare e quella invece è una psicopatica rompiballe, ad esempio.

    Probabilmente, il ruolo dominante maschile è molto diminuito, con il calo dei lavori pesanti e la diffusione della pillola: non è che essere vittime sia il destino naturale delle donne, qualcuna pure può essere un’ottima carnefice 🙂

    Certe cose poi forse riguardano sistemi di carcerazione reciproca: la mutilazione genitale femminile in Africa, ad esempio, credo che sia qualcosa che le donne impongono ad altre donne, per stabilire un certo rapporto con gli uomini.

  8. athanasius scrive:

    Questa campagna isterica per l’occidentalizzazione delle donne musulmane, uno degli elementi centrali della quale consisterebbe nello “spogliarle”, credo che sia radicata in un certo rancore dei Franghi moderni per il fatto che le donne musulmane sono “inaccessibili” a loro. Di che cosa si tratta? Per esempio, in Vietnam gli Americani avevano alla loro disposizione un’esercito di prostitute locali che servivano loro. Le prostitute non erano, nella maggioranza dei casi, “di professione”, ma semplicemente figlie “normali” locali che volevano guadagnare qualche soldo per sè e per le loro famiglie, sicchè regnava una grande povertà e miseria.

    Ma, niente del genere nell’Iraq e nell’Afghanistan, perchè la cultura locale (impregnata dai principi islamici) lo proibisce. Niente puttane per i puttanieri della civiltà superiore giudaico-cristiano-atea (vari cavalieri). Questo crea una certa invidia e risentimento: se le “nostre” donne sono accessibili, perchè non lo sono “le loro”? Non possono sentirsi da veri conquistatori in questo caso (alla differenza del Vietnam, dove le donne erano facilmente accessibili). Il Grande Noi, che è superiore, si sente in questo caso alquanto inferiore. E la stessa linea di pensiero si estende allora a tutte le donne musulmane, anche quelle che vivono nell’occidente.

    Questo vale specialmente nella società di oggi, ossessionata e saturata dal sesso.

    • Ritvan scrive:

      Ehmmm…Athanasius ‘O Discepolo Freudiano:-), ti faccio poco umilmente:-) presente che se la legge obligasse quelle (poche) donne musulmane in Occidente che si coprono il volto a scoprirlo, non è che per questo esse si lancerebbero ipso facto ai piedi dei Gloriosi Franchi ululando come cagne in calore “Dai bel Franco, sono la tua troiazza, trombami e fammi felice”:-). E i sullodati franchi, per stupidi che siano, almeno di questo spero che se ne rendano conto, no? Per non parlare del fatto che se i sullodati Franchi volessero attuare le proprie “rappresaglie falliche” sulle donne musulmane non vedo prorio come il burqua/niqab possa costituire un ostacolo in tal senso, è solo un pezzetto di tela, eh, mica una cintura di castità:-)…o dici forse che i biekissimi Franchi aspiranti trombatori di donne musulmane vorrebbero prima vedere se la preda ha un bel viso, altrimenti niente trombata?:-)

  9. Moi scrive:

    Immagino che praticamente tutti i giornalisti italiani usino il termine “burqa” a c…zzo, va be’.

    Però almeno Allam (non Magdi Exmusulmano, Khaled Fouad intendo !) lo dirà con cognizione di causa e _ a differenza dell’ omonimo_ senza infingimenti, no ?

    http://www.ilgiornale.it/interni/khaled_fouad_allam_basta_autogol_con_tolleranza_favorisce_xenofobia/18-10-2010/articolo-id=480784-page=0-comments=1

    ah, già … non so quanto questo possa essere importante : non è Egiziano anche questo, questo è Algerino.

    • Moi scrive:

      … e pur avendo fatto politica con i dossettiani dell’ ex Margherita, Khaled Fouad Allam è rimasto “islamico moderato”, anzi è attualmente l’ unico (!) “islamico moderato” in circolazione … visto che l’ omonimo Magdi , con quella famosa conversione pasquale, gli ha lasciato tutto quanto il campo libero.

      • Ritvan scrive:

        —–Khaled Fouad Allam…..è attualmente l’ unico (!) “islamico moderato” in circolazione …—–

        E la Souad Sbai dove la mettiamo, bieko maskilista che non sei altro:-)?!

  10. Jam scrive:

    …il burqa-niqab,
    non é assenza d’immagine
    é un’immagine diversa
    da quelle che siamo abituati a vedere nella nostra quotidianità.
    In realtà, il burqa-niqab é molto quadrettato, l’indistinzione l’informe, non esistono nel burqa-niqab che per é, x chi lo ha inventato e chi ne é abituato a leggerne il codice, il massimo della quadrettatura!
    Non é perché ti metti il burqa-niqab che sei indistinto, anzi nella mentalità che obbliga le donne a portarlo, il burqa-niqab é la base di una distinzione.
    Loro quando vedono un burqa-niqab ed il modo di essere portato, sanno già tutto:
    la donna, la sua origine ed il suo ‘volto’. Sono gli europei che non sapendo leggere la gestualità del burqa-niqab possono dire che é informe, indistinto ecc.. in realtà non é cosi! Il burqu-niqab é un strumento di potere, non c’é bisogno di essere femministe x capire questa banalità, un modo di mettere la donna all’interno di un certo linguaggio stabilito non molto più originale della sempre svestita jeune-fille.
    Ti metto il burqa-niqab
    ti metto un catenaccio nella lingua
    ti boicotto il senso della tua vita
    ti boicotto la capacità di capire la profondità della tua gente
    ti disinterpreto completamente la tua storia.

    Fra velo-foulard e burqa-niqab la differenza é enorme.

  11. Moi scrive:

    Poi, ma faccio fatica a mettere a fuoco la cosa – ci deve essere qualcosa in una società tutta immagine che rende insopportabile l’assenza di immagine. Basta la foto di una donna senza volto visibile per suscitare un disagio strano, per eccitare gli animi, per risvegliare profondi rancori

    Miguel Martinez

    ___________________________________

    E difatti qual è stato il primo atto da maggiorenne di Ruby Ex Karima ?

    … farsi togliere dalle foto in internet quella specie di “burqa elettronico pixelato” che le occultava il volto.

  12. Santaruina scrive:

    Sono sostanzialmente d’accordo con il post.
    Inoltre, trovo aberranti leggi che impongano ad una persona di portare o non portare un indumento, qualsiasi sia.

    Su tutta la faccenda però, penso che vi sia anche un aspetto più sottile.
    La questione in sé, infatti, non è tanto quella di “spogliare” la donna musulmana che porta il niqab, ma quella di vedere il volto.
    La questione non è il corpo, sulla quale si può a lungo disquisire e si può fare molta filosofia sul cosa sia diventato in occidente.
    La questione è il volto, e qui entra in gioco una paura atavica presente in ogni uomo.

    Non vedere il volto di una persona è un qualcosa che ci turba ad un livello profondissimo (non a caso in tutti i film d’orrore di serie b il “cattivo” assassino di turno porta sempre la maschera, oppure non ci viene mai mostrato il suo volto).

    Guardare il volto di una persona ci comunica inconsciamente e direttamente il 90% delle informazioni che mai potremmo avere su quella persona.
    Il non vedere il volto di una persona ci mette in contatto con paure ataviche e profondissime (la spersonalizzazione, l’impossibilità di cogliere i particolari del volto che ci comunicano che ci troviamo di fronte ad un essere umano ecc.)

    In sintesi, se si vuole davvero capire l’origine di questa “paura del niqab”, occorre sgombrare l’equivoco: non si tratta del corpo, ma del volto, e il discorso è molto più “profondo”.

    A presto

    • Moi scrive:

      … oppure, al contrario, un volto mascherato può nascondere un giustiziere o comunque un vindice che fa illegalmente quel che è giusto eticamente : Zorro, Batman e tanti altri … oppure le gimmick della lucha libre in Messico, spesso simili agli Zanni nostrani della Commedia dell’ Arte … ma forse il discorso ci porterebbe “troppo in là”.

    • Ritvan scrive:

      Caro Santaruina, posso dire che mi hai tolto le parole di..tastiera?:-) Anche secondo me l’argomento “antropologico”, ovvero la paura atavica che suscita immancabilmente in molte persone l’impossibilità di identificare tramite il volto le persone che gli stanno intorno, è il più importante argomento a sfavore dell’uso di burqa/niqab.

  13. Moi scrive:

    Vorrei tanto chiedere una cosa, cercherò di non usare mai termini o toni che possano offendere; ma è più forte di me, c’ è un’ ipocrisia di fondo che non mi piace … cattolica o islamica che sia !

    SE le ragazze “leggere” come Karima Ex Ruby (anche !) a un Musulmano “veramente vero” fanno tanto schifo, che le si metta alla berlina mediatica o al recinto della lapidazione … perché allora il Corano stesso (!) ne propone tante come ingrediente base del suo Paradiso* ?

    Andiamo, per favore, poca ipocrisia : quale maschio adulto (presuntamenteterosessuale) vorrebbe delle Hurì intabarrate che lo deliziano cantandogli il Corano in Arabo ?! … Suvvìa, che non mi sembra che il Corano le proponga così !

    ______________

    * Sulle origini paganeggianti persiane delle Hurì vi consiglio il libro “Perché non sono Musulmano” di Ibn Warraq. Non lasciatevi ingannare dal titolo : non è assolutamente un pamphlettaccio anti-islamico … è ispirato espressamente a e da “Perché non sono Cristiano” di Bertrand Russel. Ad esempio è interssante, secondo me, il parallelismo fra il Profeta Muhammad pre-Egira in Arabia e Confucio in Cina.

    • Ritvan scrive:

      Caro Moi, ti faccio poco umilmente:-) presente che il tuo paragone “paradisiaco” non sta tanto in piedi. Le hurì in Paradiso mica vanno in banca o a prendere i figli a scuola, sai:-) e molto probabilmente il loro accoppiamento coi buoni musulmani in Paradiso avviene in discreti separé (a meno che tu non ipotizzi blasfeme ammucchiate in Paradiso, rischiando così che qualcuno metta mano al blocchetto delle fatwa:-) nei tuoi confronti), come quello di qualsiasi buon musulmano con la propria moglie nella propria camera da letto, dove mica la moglie si presenta imburquata, eh.

  14. p scrive:

    I giornali non usano il burqa a cazzo, ma a cazzi loro. Il burqa non è una forma d’indumento che esprime un dato contenuto sociale in una data civiltà. Jam l’ha spiegato bene e ci vuol poco a capire che il contenuto di quella forma è il modo in cui si confina la funzione femminile nelle società in cui è nato. Il burqa è una forma vuota in occidente, e si riempie di altri contenuti da quelli originali. Andando per le spicce, i contenuti di quella che viene definita, nell’accezione occidentale, “la guerra di civiltà”.p

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per Santaruina

    Grazie, una riflessione davvero interessante.

  16. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    “Vorrei tanto chiedere una cosa…”

    Non credo che qualche musulmano abbia proposto di lapidare l’Oca Berlusconiana 🙂

    Comunque non credo che le due cose di cui parli (niqab e huri, per capirci) siano inconciliabili.

    L’Islam e il giudaismo hanno altri metri da quelli occidentali-cristiani: non è il sesso in sé il problema, ma la confusione di spazio pubblico e privato.

    Ruby è un’entità del tutto esteriore, una “ragazza immagine”, per l’appunto, una merce vivente, che per quello che so io, potrebbe non avere alcuna esistenza reale.

    Mentre la “velata”, proprio perché non ha immagine, si manifesta realmente.

  17. mirkhond scrive:

    Per Miguel Martinez

    “L’Islam e il giudaismo hanno altri metri da quelli occidentali-cristiani: non è il sesso in sé il problema, ma la confusione di spazio pubblico e privato.”

    Infatti è proprio questo il problema. Un profondo problema di incomunicabilità tra Oriente e Occidente, quest’ultimo nell’espressione di una cultura voyeur che non riesce a capacitarsi di come esistano ancora donne che si vestono come ai tempi dell’Albero degli Zoccoli del Frangistan di una volta, e una cultura di matrice cattolica, nel profondo invidiosa della cultura religiosa rivale che riesce a coniugare Fede, pudicizia e piacere erotico, ciò che invece qui è sempre stato impossibile, come testimoniato dal Decamerone in poi.
    Parafrasando Messori, l’Islam è l’Et- Et, Fede e piacere, l’Occidente (che fu) cristiano l’Aut Aut.

  18. mirkhond scrive:

    Sempre sull’incomunicabilità tra Oriente e Occidente, perchè qui l’islamofobia non è che l’ultima espressione di una orientofobia, mi viene in mente una vicenda raccontata dallo storico greco Erodoto intorno al 450 a.C.
    Erodoto ci narra in forma romanzesca le vicende che portarono nel regno di Lidia in Anatolia, al violento cambio dinastico tra la dinastia che i greci chiamavano Eraclide perchè fatta risalire al mitico Eracle/Ercole seguendo una tipica cultura assimilatrice che i greci appilicavano nei confronti dei “barbari” confinanti, tra gli Eraclidi dicevo, e la nuova dinastia dei Mermnadi, il cui capostipite fu Gige. Tutto ciò su un fondo storico autentico intorno al 690-680 a.C.
    Ora l’ultimo “eraclide” Candaule detto anche Mirsilo (forse la grecizzazione di Mursilis, e quindi spia della luvicità dei Lidi), Candaule/Mirsilo dicevo aveva una moglie bellissima. Un giorno vantandosene con un ufficiale delle sue guardie, Gige, lo costrinse ad assistere, nascosto, allo spogliarello della regina prima che essa si coricasse col re.
    La regina se ne accorse e il giorno dopo convocò Gige accusandolo di aver violato la legge dei Lidi, secondo la quale le nudità umane potevano essere svelate solo al proprio legittimo consorte. Per cui potendo la donna essere guardata nuda SOLO dal marito, Gige fu obbligato dalla regina a scegliere se sposarla e diventare re dei Lidi oppure morire. Gige scelse la seconda che Erodoto narra.
    Questa favola servì a dare una spiegazione del violento cambio dinastico in Lidia, in un’epoca ormai lontana dai tempi di Erodoto, e le vicende a cui egli fa riferimento si possono comprendere alla luce della politica anatolica dell’epoca, col crollo del regno di Frigia sotto i colpi dei Cimmeri, popolo forse traco-iranico proveniente dalla Crimea e che nel VII secolo a.C. devastò gran parte dell’Anatolia, soprattutto le più vicine regioni pontiche, e la crisi della dinastia “eraclide” forse vassalla della Frigia e incapace di rispondere adeguatamente ad una situazione politica cambiata.
    Del resto lo stesso Gige cadrà proprio nella lotta contro i Cimmeri che avevano assediato Sardi, la capitale lidia, intorno al 650 a.C.
    E tuttavia se pensiamo che Sardi distava solo 70 km dalla greca Smirne e la Lidia era contigua a quella costa egea anatolica ormai greca, Erodoto vuol farci capire come tra “vicini di casa”, vi fossero però profonde differenze culturali, tra le quali proprio l’idea dell’esposizione del nudo, idea che fa dei Greci antichi i progenitori dell’arte occidentale e quindi di una visione culturale che, seppure in forme sempre più commerciali e triviali è giunta sino a noi.
    Ai tempi di Erodoto l’Islam non c’era ancora.

  19. PinoMamet scrive:

    Interessante, ma in tutta onestà non so se sono convintissimo.

    La storia di Gige ha diverse varianti;
    confesso che non l’avevo mai letta in chiave di diversità di costumi sessuali tra Greci e Lidi; proverò a rileggermi Erodoto e vedere come presenta la cosa, se cioé il non far vedere la moglie nuda a estranei sia presentata da lui come una cosa “lidia” o come una cosa “universale” (cioè greca, nella sua prospettiva).
    Mi pare tuttavia che nel mondo greco classico ed ellenistico la donna “per bene” andasse ben coperta, e più o meno rinchiusa nel gineceo;
    la nudità femminile era accettata e ben gradita, ma cosa da etere (che potevano anche essere potenti e influenti) o puttane; e in generale, più la donna si faceva vedere in giro, meno elevato era il suo status sociale.
    (Gli Spartani con le loro gare di fanciulle erano più l’eccezione che la regola; le Tebane sono ricordate come velate da un periegeta di epoca ellenistica).

    Più o meno la stessa cosa a Roma, con le dovute differenze (interessante il fatto che la puttana indossasse la toga, come l’uomo, rivendicando in un certo senso un gardo di indipendenza maggiore di quello della “donna perbene”; ricordo che è attestato qualche caso di donna che ha scelto volontariamente lo status di “puttana” per poter gestire direttamente il suo patrimonio; ma dovrei andare a recuperare gli appunti di un vecchissimo monografico, mi scuso per le eventuali confusioni).

    Insomma, anche se si tratta dei nostri antenati culturali, a me ricordano, in forma meno estrema, certi meccanismi del “purdah” islamico/indiano: la lavandaia musulmana di casta bassa può farsi vedere in giro a volto scoperto e nessuno mette in discussione la sua ortodossia; la cortigiana musulmana che canta e “intrattiene” i potenti può avere notevole potere, ma viene considerata comunque puttana; la donna perbene e ricca deve invece rimanere più o meno reclusa, o uscire velatissima e scortata.

    PS
    Un’ultima nota sulle genealogie mitiche: visto che la cultura greca, da un certo punto in poi perlomeno, era quella dominante in gran parte del Mediterraneo orientale, non erano tanto i Greci (appurato il fatto che ti stanno antipatici 🙂 ) a imporle, ma anche gli altri popoli a trovarseli da soli.
    Così nessuno obbligava uno scrittore fenicio a identificare Melkart con Eracle, ad es.; ma lo faceva da solo, per dare più lustro alla sua città natale “fondata da Eracle” o anche solo per farsi capire.

    Ciao!! 🙂

  20. izzaldino scrive:

    salve a tutti.
    sull’argomento del post c’è un particolare che mi frulla in testa da quando sono tornato da un recente viaggio a londra.
    a londra, in una settimana, ho visto circa una decina di donne vestite col niqab (una delle quali stava uscendo da un negozio di lusso in oxford street carica di pacchi di prada e gucci).
    il dubbio che mi assale è questo:
    perchè in inghilterra il niqab è permesso, mentre in francia e in catalogna è stato recentemente vietato?
    in fondo sono tutte e tre società iper-laiche e iper-secolarizzate.
    l’inghilterra invece impedisce a geert wilders di mettere piede su suolo britannico e permette il niqab.
    p.s.
    la mia opinione è chiara: chiunque è libero di vestirsi e comportarsi come vuole. mettersi il niqab o farsi la plastica facciale, il tanga o il burqa, l’astinenza sessuale o la promiscuità. nessuna di queste cose “è meglio” del suo contrario.

    • Francesco scrive:

      perchè i ricchi turisti arabi del Golfo sono ben accetti a Londra, e i legami retaggio dell’epoca imperiale

      gli inglesi sono relativamente indifferenti alle ideologie, anche laiciste, tranne qualche afflato anti-cattolico

      come a Roma, gli basta che prima di tutto venga la Res Publica, poi le stravaganze vanno bene

      non per nulla sono stati esentati dall’esecrabile rivoluzione del 1789 e dalle sue conseguenze

  21. Miguel Martinez scrive:

    Per PinoMamet

    Insomma, anche se si tratta dei nostri antenati culturali, a me ricordano, in forma meno estrema, certi meccanismi del “purdah” islamico/indiano

    Una cosa interessante è come nelle società precapitaliste, i divieti aumentino, più si sale sulla scala sociale. In India, i divieti (alimentari, di abbigliamento, di purezza, ecc.) aumentano più è alta la casta; ma anche nella società protoindustriale era così da noi – Theweleit ha scritto cose interessantissime sull’incontro tra i “repressi” aristocratici tedeschi e i “libertini” operai nella Germania del primo Novecento.

    Mentre oggi, i più libertini – vedi il nostro stimato presidente del Consiglio nonché il suo Consigliere principale, Lele Mora – sono anche i più potenti.

    • Francesco scrive:

      mah, i nobili, i regnanti e gli alti prelati in Italia (e direi anche in Francia) erano molto più libertini dei borghesi

      poi, saltando in basso a proletari e contadini, si aveva la libertà quasi totale

      sennò donde nasce tutta la polemica contro la bigotta e moralista piccola borghesia? quella tanto stupida da crederci davvero, nei principi e nei valori?

      quella che non sopportava le relazioni extraconiugali di Togliatti e Coppi, per dire

  22. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    perchè i ricchi turisti arabi del Golfo

    Mi sembra una buona analisi.

    • Ritvan scrive:

      Anche a me quella di Francesco sembra una buona analisi. Però, metterei l’accento soprattutto sull’attaccamento britannico alle libertà personali, vietando solo il minimo indispensabile e tenendo il “naso” dello Stato il più lontano possibile dalla vita privata – stravaganze nel vestire comprese- dei cittadini. Non a caso in Gran Bretagna non c’hanno la carta d’identità, eh!:-)

      • Moi scrive:

        Non hanno carta d’ identità ?! … E come fa la polizia all’ abbisogna a sapere chi è chi ?

        • Ritvan scrive:

          Caro Moi, la tua preoccupazione per le condizioni di lavoro degli sbirri britannici è davvero commovente:-) Non sono mai stato sbirro di Sua maestà, pertanto posso azzardare solo delle ipotesi:
          1. Si fidano dell’autocertificazione del tizio.
          2. Accettano documenti d’identificazione “alternativi”, tipo passaporto, patente d’auto, tessera della biblioteca o del circolo del golf:-)
          3. Nel caso, portano il tizio alla centrale e lo identificano lì, magari con l’aiuto di parenti ed amici occorsi alle disperate telefonate d’aiuto del tizio e muniti di documenti validi.

  23. Guido scrive:

    Interessante notare come un argomento ormai spremuto e rigirato in tutte le salse come il velo possa ancora suscitare dibattiti interessanti. L’unico rischio, accettabilissimo, è quello di ingigantire talmente l’argomento da perderne di vista i confini. Per me va bene così, anche perché il mio modo di procedere è piuttosto “rizomatico” e preferisco perdermi anziché ritrovarmi in luoghi tanto obbligati quanto sciatti e superficiali. In questi commenti abbiamo affrontato di tutto, dal corpo al volto, dal sesso all’eros, dall’oriente all’occidente. Credo che la difficoltà cruciale sia quella di superare il pensiero dualista e accettare la complessità di ogni dato. Ma per fare questo è necessario cominciare con un atto di umiltà comprendendo che ogni mondo ne contiene altri mille, che spesso i “nemici” sono legati tra loro da legami molto evidenti (basta togliere quella sottile fetta di prosciutto che limita il campo visivo).
    Per questo direi a Santaruina:
    si tratta del corpo E del volto. Quanto tu asserisci sul volto è vero: la mancanza di informazioni turba assai, soprattutto chi è abituato all’identificazione tra dominio e visibilità. Ma anche l’inespressività della jeune-fille (o espressione stereotipata, stessa cosa) per certi versi lascia un retrogusto inquietante, per quanto scollacciata essa possa essere. In entrambi i casi (casi estremi, sicuramente, tra un’enorme quantità di esemplari intermedi) riscontriamo comunque una certa posizione del CORPO CHE TANTO PIU’ E’ PRESENTE QUANTO PIU’ E’ ASSENTE. E VICEVERSA.
    Questa è una banale constatazione, e la presenza di morale e trasgressione non ci deve far perdere di vista che queste categorie sono entrambi funzionali all’omologazione dei costumi in una detrminata società. Il ciclo peccato-trasgressione-senso di colpa-pentimento-pubblica ammenda-riabilitazione è una delle più importanti leve per soggiogare menti e corpi. E tutto ciò è intrinseco non solo alle religioni, ma anche ai tanti fondamentalismi laicisti.

  24. Jam scrive:

    Per Athanasius
    … a Kabul, ci sono molte prostitute, anche con il burqa; anzi stanno aumentando sempre
    più.
    ciao

    • Moi scrive:

      Perdona la brutalità, Jam

      ma in questo contesto è inevitabile :

      il cliente va “a scatola chiusa” ? O meglio … “a burqa chiuso” ?

      Come fa a sapere quanto l’ imburqata può essergli appetibile ?

      • Ritvan scrive:

        Ehmmmm…caro Moi, si vede bene che non conosci affatto la psiche del puttaniere medio da “discount del sesso”:-)….ho visto in TV delle inchieste sulla prostituzione, dove venivano presentate certi cessi coi quali mi sarei rifiutato di avere un rapporto sessuale anche se fossero state loro a pagare me:-)

  25. Miguel Martinez scrive:

    Per Jam

    “… a Kabul, ci sono molte prostitute, anche con il burqa; anzi stanno aumentando sempre
    più.”

    ci credo, anzi mi immagino a cosa siano ridotte tante donne afghane di questi tempi.

    Però non credo che prostituzione e niqab/burqa siano due poli opposti. Non stiamo parlando qui di “virtù” (premesso che chi deve far mangiare i propri figli, fa benissimo ad arrangiarsi come puo), ma di mancanza di immagine.

    • Francesco scrive:

      ci sono anche al Cairo, se è per questo

      questione di comodità e privacy

      anzi, pare che il travestimento tipico dell’amante (maschio) di una donna sposata sia proprio il niqab

  26. Jam scrive:

    …interessante il tuo commento Guido
    e mi fa dire che il burqa paradossalmente é il simbolo di una nudità: vestita nella concretezza per dare libero spazio all’invisibile ricerca spirituale che appunto richiede la nudità, cioé la purezza.
    Ma questo non esclude di poter dire “né puttane né sottomesse” perché bisogna pur ripeterlo che non é l”abito che fa il monaco”, e si preferisce impegnarsi per un’idea di libertà che essere sottomesse a dei metri di stoffa.
    La stoffa é nella nostra vita privata, la useremo per fare la preghiera.
    Non sottomesse ad un’imposizione, ma desiderose di scegliere.
    In più, non bisogna dimenticare che é quando ci si toglie il velo, che il vero velo appare.
    Per cui noi il velo lo abbiamo sempre, anche quando ce lo togliamo.
    Nella realtà di questo secolo il burqa é un’anacronismo che schiaccia la libertà della donna, ma riuscireste voi a guidare la macchina con il niqab?
    Ma perché nessuna donna col niqab lascia un commento?
    Siete tutti uomini a parlare di noi donne.
    ciao

    • khadi scrive:

      “…ma riuscireste voi a guidare la macchina con il niqab?”

      Jam, guarda che non è difficile, prova!! A me dà più fastidio la cintura! 😀

  27. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    Io veramente parlavo di nudo in genere, sia maschile che femminile. Nel racconto di Erodoto, Gige replica al suo sovrano che vuol COSTRINGERLO a guardare le nudità della regina, che ognuno appunto si guardi le PROPRIE nudità e credo che si riferisca in generale, come la legge o meglio la consuetudine lidia citata.
    I bronzi di Riace? Le statue di altleti ed eroi? Quelle di dei e DEE come Afrodite, raffigurata NUDA?
    Poi è chiaro ciò che dici, la società greca antica in genere doveva essere molto più pudica, ma resta il fatto che il nudo esposto non suscitava quello scandalo almeno come in alcune culture mediorientali coeve ai greci, e questo colgo dal racconto erodoteo.
    Pienamente d’accordo sull’attrazione che la civiltà greca esercitava sui non greci confinanti, ciò è successo anche con gli Japigi, a cominciare proprio con la fusione tra l’antichissima divinità nord-illirica di Diu-Mende, il Signore dei Cavalli, con l’eroe greco Diomede reduce dalla guerra di Troia.
    ciao

  28. Jam scrive:

    X Mirkhond
    ..ma di quale pudicizia parli? Proprio tu che parlavi dei bacha-bazi?

  29. mirkhond scrive:

    Per Jam

    L’aumento della prostituzione femminile a Kabul credo che sia una conseguenza della devastazione e dell’abbruttimento estremo di quella società e che il burqa c’entri poco o nulla.
    Del resto lo stesso accadde nella Napoli del secondo dopoguerra mondiale, leggiti ad esempio La Pelle di Curzio Malaparte, o vediti l’omonimo film di Liliana Cavani con Marcello Mastroianni, Burt Lancaster e Claudia Cardinale.
    ciao

  30. mirkhond scrive:

    “.ma di quale pudicizia parli? Proprio tu che parlavi dei bacha-bazi?”

    Se non mi sbaglio in qualche forum fa, proprio TU hai detto che l’Islam ha un’idea del piacere DIFFERENTE da quella cristiana-cattolica….
    Quanto ai bacchà (ti riferisci a quelli?), non sei sempre che tu che ne NEGASTI persino l’esistenza?

  31. mirkhond scrive:

    Inoltre, e forse è colpa mia che non mi sono spiegato bene, a me quegli orrori della prostituzione minorile e del Nazar Ilal’Murd MI FANNO SCHIFO!

  32. Miguel Martinez scrive:

    Per Jam

    “Ma perché nessuna donna col niqab lascia un commento?
    Siete tutti uomini a parlare di noi donne.”

    Il commento di una niqabofora sarebbe ovviamente gradito.

    Però non stiamo parlando di donne che portano il niqab, argomento su cui non ho nulla da dire.

    Parlo di uomini e donne che vorrebbero impedire per legge a certe donne di indossare il niqab; e mi interessano i loro meccanismi mentali.

  33. Jam scrive:

    X Mirkhond
    …perché vorrei riflettere sulla pudicizia di facciata, che costruisce alle spalle adolescenti alla continua ricerca di immagini pornografiche, e luoghi con una sessualità talmente repressa che genera anomalie e comportamenti mostruosi tipo i bacha bazi appunto. Negai la loro esistenza all’interno di uno spirito afghano al quale queste mostruosità sono del tutto assenti, ma evidentemente gli afghani sono cambiati, gli afghani non sono più afghani, cioé i signori della guerra sono sempre più corrotti e questo fenomeno che era marginalissimo ed anche privo di implicazioni sessuali, adesso é diventato un’evidenza.
    Athanasius dicendo che a kabul non c’é prostituzione, mi sono sentita in dovere d’informarlo.
    Il burqa, anche se non c’entra direttamente con la prostituzione, ha un’implicazione indiretta perché contribuisce ad una segregazione forzata generatrice di anomalie.
    Le donne afghane prima dell’arrivo dei talibani, portavano il burqa come un mantello di cerimonia, non erano obbligate a far scendere la griglia di tessuto sul volto, ed era un simbolo di nobiltà o di prestigio sociale. Potevano metterlo o no, non era obbligatorio. Furono le principesse moghol, le prime ad ideare quest’indumento, per proteggersi dalle strade impolverate, e le donne del popolo per imitare le principesse, lo adottarono, ma come una moda, non come un obbligo religioso.
    Le nomadi afghane, nemmeno sapevano cos’era il burqa, se ne andavano nelle loro transumanze con i loro abiti pieni di monili specchietti e addobbi, la polvere era polvere di stelle e di una terra benedetta quindi non le impressionava.
    Anzi coi loro vestiti rifrangenti ad intermittenza la luce solare, erano un momento indispensabile di dialogo con il cosmo e salvaguardavano procurandola, la fortuna.
    I talibani imponendo il burqa, hanno distrutto lo spirito afghano, hanno imposto il modo pre-islamico dei sauditi di vestire la donna. Bisognerebbe fare una ricerca, anche fotografica, su come vestivano veramente le afghane anche soltanto 30 anni fa , a kabul le studentesse andavano al liceo, con la gonna tipo europeo!
    ciao

  34. mirkhond scrive:

    “Le nomadi afghane, nemmeno sapevano cos’era il burqa, se ne andavano nelle loro transumanze con i loro abiti pieni di monili specchietti e addobbi, la polvere era polvere di stelle e di una terra benedetta quindi non le impressionava.”

    Guardando alcuni documentari in tv mi sembra che le nomadi afghane il burqa non lo mettono nemmeno oggi e del resto come potrebbero se devono aiutare a governare le greggi e negli spostamenti della tribù.
    Giusto per tranquillizzarti, a me personalmente il burqa NON PIACE in quanto mi sembra un goffo sacco di patate, preferisco l’hijab. Sai a me le donne piace guardarle nel volto, almeno quando ci riesco, visto che sono timido…
    Quanto ai Talebani, anche se per te è difficile, forse per comprensibili risentimenti etnici e personali, cerca di considerare che sono figli di una società che è stata annientata dall’invasione sovietica e dalla guerra civile che ne è seguita con gli orrori annessi e connessi che hai citato.
    E’ povera gente nata e cresciuta senza amore, senza carezze, lontano dalle regge di Kabul e di Herat, lontano dalla gioventù dorata di 30 anni fa e che forse hai conosciuto di persona, anche se non ami parlarne e io su questo mi fermo perchè ognuno di noi si porta dentro tante sofferenze nascoste e di cui fa fatica a parlarne ad altri, perchè tanto non capirebbero…

  35. mirkhond scrive:

    Quanto all’orrenda piaga dei bacchà, da quel che mi risulta il fenomeno purtroppo era presente nel Khorasan in senso lato, anche se fu denunciato da mistici come Sanai di Ghazni (morto nel 1131).
    Nell’Asia Centrale a nord dell’Amu Darya fu bandito solo intorno al 1870 prima dal khan di Kokand e poi dai Russi invasori. A sud dell’Amu Darya invece, stando almeno a ciò che dice la sacra wiki sarebbe purtoppo ancora presente, come denunciato da giornalisti afghani e statunitensi, e forse ha conosciuto uno spaventoso aumento a causa della distruzione della società afghana al seguito dell’invasione sovietica.
    Stando a quanto dice Ahmed Rashid, gli unici che hanno combattuto sul serio la piaga dei bambini-prostituti sono stati proprio i Talebani nel 1994-2001, con metodi sicuramente SPIETATI ad una sensibilità più evoluta e raffinata…
    ciao

  36. athanasius scrive:

    A coloro che non mi hanno capito (o fingono di non avermi capito, qui mi rivolgo specialmente a Ritvan :))…

    Non ho voluto dire che nei paesi islamici non c’è prostituzione (così ingenuo non sono e, del resto, ho visitato alcuni di quelli paesi e so che pure c’è), nemmeno ho voluto dire che il velo da se stesso magicamente impedisce la prostituzione (sarebbe una sciocchezza colossale affermare qualcosa del genere). L’essenza di quello che volevo dire non era il velo come tale, ma la generale percezione dell’inaccessibilità delle donne musulmane, di cui “inaccessibilità” il velo è uno dei simboli (più visibili, diciamolo così). Mi riferivo a una tendenza generale della volgare “civiltà” moderna franca che odia ogni mistero, vuole distruggere ogni “mito” (leggi: tutto quello che non si può ridurre alla visione riduzionistica materialista-scientistica), vuole spogliare tutto ed ognuno nel nome della sua, superficiale, idea di “libertà individuale” ecc.

    Le stupidaggini freudiane sulla repressione sessuale non mi interessano affatto, ma questa passione devastatrice della moderna “civiltà”.

    • Moi scrive:

      Non credo che sia questione di essere contro la “spiritualità”, ma contro la “tradizione” … quella somma ingiustizia che pone i vecchi più importanti dei giovani nonché i morti più importanti dei vivi.

  37. Guido scrive:

    Per Jam
    Cerco di spiegarmi con una lunga e, forse, delirante divagazione.
    Non è questione di essere maschi o femmine. Se dovessi salvare qualcosa dei favolosi ’70 sicuramente ci sarebbe la pratica del “parlare partendo de sé stessi” che ha scombussolato tutte le precedenti monolitiche certezze. E quando io parlo o scrivo cerco di tenere sempre presente che dietro la mia facciata/etichetta del maschio eterosessuale, bianco, di formazione cattolica, di mezz’età, di convinzioni anarchiche ecc. ecc. c’è un affollato condominio abitato da bambini, froci, preti, negri, fasci, spogliarelliste, donne velate, razzisti e pezzidimmerda vari. Un condominio in assemblea permanente che enuncia comunicati che cominciano col fatidico pronome IO.
    Per questo preferisco parlare di SINGOLARITA’ piuttosto che di individuo: la singolarità richiama l’idea di un qualcosa che è in continua e fluida trasformazione, risultante di tante componenti confluenti e/o convergenti. L’INDIVIDUO richiama invece, nell’etimologia, quanto non può essere ulteriormente diviso. L’individuo è l’invenzione del capitale che, dopo aver distrutto tutte le “arcaiche” comunità precedenti il suo dominio, isola le singolarità per poterle meglio dominare nella veste di lavoratori/consumatori. L’individuo è uno dei più potenti INCANTESIMI da cui è necessario liberarsi: esercizio paradossale quanto quello del barone di Munchausen che si solleva tirandosi su per il codino (IO mi voglio liberare, ma la principale prigione è l’IO stesso). Il mio convincimento è che solo questo uso del paradosso ci potrà salvare: a nulla vale “prendere rifugio” in a-temporali fortezze divine, in essenze scolpite per sempre su lapidi scese dal cielo. A nulla vale nell’epoca del supermercato delle tante “identità” indossare una qualsiasi maschera comprata per quattro soldi. Volenti o nolenti siamo post-moderni, orfani abbandonati in un mondo di rovine, inutile far finta che non sia così.
    E liberiamoci una buona volta dalla condanna a dover essere sempre noi stessi!

    Nel valutare, discutere, analizzare qualsiasi oggetto non consueto per me, non posso quindi prescindere da questa singolarità in questo preciso momento. Della donna celata (di quella unica, singolare e specifica donna) dentro l’hijab non posso dire nulla. Lo stesso dicasi per uomini che indossano la cravatta o portano il cappello.
    Anche per questo condivido quanto ti scrive Miguel:
    Non v’è nulla da dire sul burqa. Molto da dire invece su chi vuole vietarne l’uso per legge. Su ciò di cui non si può parlare è meglio tacere.
    E quando parliamo dell'”altro” stiamo solo cartografando la nostra presenza.

  38. Guido scrive:

    P.S. Sempre a proposito di velo segnalo questo articolo abbastanza esaustivo:

    http://www.comunicazione.uniroma1.it/materiali/19.52.22_Velo.doc

  39. Jam scrive:

    x Guido
    ….la mappa delle mie piogge , o delle mie parole, é cartografata sui sassi della mia spiaggia. La mia presenza sono quei sassi, non io. Io sono una scusa.
    Potrei parlarti della spiaggia e non del condominio. E posso parlare del burqa e della felicità che molte mie amiche hanno provato, dopo questa benefica legge che ne vieta l’uso! Queste donne, imprigionate dentro ad un burqa contro il loro volere, anche se nel loro paese saranno costrette a portarlo ancora, almeno si sentono alleggerite del fatto che qualcuno cominci a capire la loro tortura quotidiana.
    Vietare il burqa non é un’assoluto, cosi come i nudisti hanno luoghi appositi per i loro nudi, cosi gli uomini burchisti hanno paesi dove possono far portare alle loro donne questo burqa di uomini.
    ciao, jamiyla

  40. Pingback: Linea di soccorso

  41. Moi scrive:

    Roghi di veli “da loro” … roghi di reggiseni “da noi” diversi decenni dopo.

    Ma davvero è più sessista e maschilista un reggiseno di un velo ?

    Voglio dore, penso che le colonialiste francesi che bruciavano veli fossero in buona fede ” progressista ” … si sentivano il dovere di emancipare delle “sorelle” nella cui società erano, a detta delle donne francesi, ancor più oppresse dai maschi. Sì, insomma: un po’ come la già linkata Giuliana Sgrena che “da sinistra” sentenzia : “il velo offende le donne perché è simbolo dello strapotere maschile”.

    Mi pare di capire che la differenza culturale di fondo sul dualismo reggiseno-velo, e che rende difficile la propaganda alle “Sgrene”, sia la famigerata formula ” Vizi Privati & Pubbliche Virtù” … da “noi” è ipocrita, da “loro” no: è normale, probabilmente, come abbiamo visto, già da molto prima (!) dell’ Islam.

    Bene, ma allora perché l’ ultimo appellativo in voga contro Berlusconi è “Sultano d’ Occidente” ? Perché si ironizza a sinistra “L’ Italia è stata ridotta da Berlusconi a un Sultanato !” ? … Voglio dire, l’ antiberlusconismo, “a sinistra”, è più forte dello scrupolo relativista culturale di non offendere i “migranti islamici” ?

    Sì, insomma, penso che lo “Spirito Femminista” che bruciava i veli fosse lo stesso che bruciava i reggiseni.

    Breve:

    Le leture del tipo “bruciare i veli lo facevano delle cattivone di destra” mentre “bruciare i reggiseni lo facevano delle eroiche pasionarie di sinistra”, magari facendo del Fascismo e del Comunismo metastorici [operazione cara a Giorgio Bocca], non mi convince affatto.

  42. khadi scrive:

    ciao Jam,
    sono una donna col niqab e lascio un commento 🙂
    ..anzi questo è il secondo di oggi, qui 😉

    Ho abitato in Francia fino ad agosto e già si cominciava a parlare di queste lezioni di educazione civica che sarebbero state impartite alle niqabate, il post di Miguel mi ha fornito dei nuovi dati rispetto ad un tema che, per disinteresse, avevo messo da parte.
    Per il resto, non sono intervenuta perchè nei commenti si continua a parlare sempre degli stessi luoghi comuni… quindi cosa vuoi che dica?
    Non credo che a qualcuno interessi davvero quello che pensiamo, le nostre storie personali, le nostre motivazioni…
    Quando dico che chi indossa il niqab oggi in Europa se lo è sudato e lo indossa facendo riferimento ad un islam \’colto\’ e non certo alle tradizioni autoctone di un posto sconosciuto, mi rispondono: \"mah! …sarà!\", come se quello che il mio interlocutore ha letto sul giornale dal giornalista pinco pallino che parlava di \’burqua imposto alle mussulmane\’ fosse oro colato e quello che dico io un\’invenzione.
    Quindi, cosa vuoi che dica?
    Prego! Fate pure!
    Inventatevi un mondo, immaginatevi quello che vi pare, tanto la mia vita non cambia di un\’acca se la gente è più informata. Magari poi i vicini mi salutano quando ci incrociamo nel cortile, ma forse no…
    🙂
    Non è che maggiore informazione, poi, li renda più educati 😉

    …insomma, non mi preme fare informazione sui fatti miei e nostri.
    Ci ho provato per anni… Fatica sprecata, Jam, ti assicuro. 🙂

    Il fatto è che, dando la parola alle musulmane in generale e alle niqabate in particolare, cadrebbe uno dei tanti pregiudizi su cui si basa una certa politica e questo non va bene.

    Insomma, noi siamo ghettizzate, sottomesse ai padri e ai mariti e pure poco istruite, incapaci di parlare in pubblico e/o di rispondere ad un\’intervista e, seppure fossimo capaci, i nostri padri e mariti non ce lo permetteranno mai!!! 😀
    Rassegnati!!!

    Cmq, grazie di aver chiesto 🙂

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