Vernon Lee è una strana figura, che è entrata per mille vie nella mia vita, mentre Firenze lentamente mi assorbiva.
Un giorno trovai finalmente la tomba di Vernon Lee, e per caso era proprio il 13 febbraio, anniversario della sua morte.
Questa volta ho chiamato a raccolta tre persone un po’ particolari, proprio per il 13 febbraio.
Lei è sepolta in un cimitero acattolico, curato da volontari che non prendono fondi pubblici.
Abbiamo portato ramoscelli di alloro sulla sua tomba, perché lei aveva scritto un libro, Laurus Nobilis, che prendeva spunto da quando, da ragazza, aveva visto passare un tram, immagino allora tirato da cavalli:
“Un pomeriggio, a Roma, di ritorno dall’Aventino, l’operaio che riparava le strade salì sul tram che trottava lentamente e davanti, accanto al posto del conducente, fissò un ramo di alloro in erba.
Non si potrebbe cercare a lungo un simbolo migliore di ciò che tutti noi possiamo fare con la nostra vita? Squallore, vento, strade squallide, un veicolo piena di persone eterogenee, alcune molto noiose, la maggior parte molto comuni; un faticoso correre per tutto il viaggio. Ma a riscattare il tutto con la piacevolezza della bellezza e il fascino del significato, questo ramo di alloro.”
C’era un bel sole, e abbiamo tutti messi un ramoscello d’alloro sulla tomba.
Io per procurarmelo, mi ero infilato a Boboli deserta, e guardandomi attorno per non farmi cogliere, strappavo rametti.
La Federica invece aveva preparato un vero bouquet di fiori e di foglie di alloro.
Mi chiedo perché quel bouquet è così spontaneamente bello, anzi perfetto.
Molti, molti secoli fa, Pindaro ebbe questo da dire di noi:
“Creature di un giorno! Cosa siamo?
Cosa non siamo? Sogno di un’ombra
è la nostra mortale essenza. Ma quando agli uomini arriva
una scintilla dello splendore concesso dai cieli,
allora rimane su di loro una luce di gloria,
e benedetti sono i loro giorni”.
Davanti a noi, ci sono quattro lapidi.
Due grandi e dritti: a sinistra, i genitori di Vernon Lee, a destra il fratello di Vernon Lee.
Sotto, due blocchetti di pietra con scritte ormai illeggibili.
Il fratello di Vernon, Eugene Lee-Hamilton, faceva il poeta e il diplomatico,
I love in this prosaic day
To watch, through fancy’s rainbow portal,
The rapid loves of an immortal,
With one of merely human clay
“Adoro, in questi tempi prosaici, osservare – attraverso il portale arcobaleno dell’imaginazione – i veloci amori di un immortale, con uno di argilla meramente umana”
E poi un giorno, Eugene si paralizzò quasi completamente e passò vent’anni rigido nella posizione che si vede in questa foto, nella villa sotto Fiesole, curato da Vernon Lee e dalla madre.
Quando morì la madre, Eugene saltò su in piedi e ricominciò a girare il mondo, sposando una romanziera americana da cui ebbe la piccola Persis.
Vernon scrisse a Freud, chiedendogli, ma cosa ne pensi di questa strana storia?
La piccola Persis nacque sotto i nostri cipressi.
Visse.
E morì a due anni.
Ho trovato una poesia che il babbo le dedicò, intitolata italianamente “Mimma Bella“:
E io che ho gli occhi sempre dolorosamente secchi, me li trovai felicemente pieni di lacrime
La nonna di Federica si batté a lungo perché in quel cimitero, vi fosse una lapide a Vernon Lee.
E ottenne alla fine quel blocchetto che si vede a sinistra, copia del blocchetto a destra, dedicato alla piccola Persis.
Sul blocchetto vennero incisi il nome di Vernon Lee e una piccola nota, in inglese, sulla sua devozione a Firenze.
Quasi subito, le parole scomparvero, infatti oggi sono illeggibili.
Fu solo dopo la morte della nonna, che qualcuno scoprì il testamento di Vernon Lee, dove lei aveva scritto, che non voleva che il suo nome comparisse sulla tomba.
Scomparve…
@ Martinez
These italianate texts of yours remind me of Byron
https://www.poetryfoundation.org/poems/43845/so-well-go-no-more-a-roving
Bye!
Andrea Di Vita
tours=yours
Le scritte sulle lapidi scompaiono, ma l’alloro rimane. Qua dalle nostre parti, sui colli, è perfino infestante… lasciato stare dai cinghiali. Darne colpa agli umani, così fatui…???
Il sito è rinato!
E’ successo qualcosa che non ho ben capito (credo, vecchia versione di WordPress, che ha fatto partire cose strane), e che un commentatore di questo blog (che se vuole alza il ditino e dice, sono stato io, e se non vuole va bene lo stesso) ha sistemato.
Comunque, un ricordo della mortalità, non solo dei nostri corpi, ma anche delle nostre opere.
evviva evviva!
🙂
Miguel,
ma tu hai un salvataggio in locale, se non dei commenti, quantomeno dei tuoi post?
Per Peucezio
“ma tu hai un salvataggio in locale, se non dei commenti, quantomeno dei tuoi post?”
Sì, e credo che si possa trovare quasi tutto anche su archive.org