La nave dei folli

Una di quelle immagini che girano in Internet, di cui non sai la fonte.

E ti dispiace, perché in un mondo normale, vorresti andare dall’artista, e dirgli, grazie! E credo che gli farebbe piacere sapere perché qualcosa che lui ha disegnato, rispecchi intimamente la vita di un altro mortale.

Un po’ ciò che provo sempre con Ovidio, che ha capito anche lui tutto dei nostri tempi, ma non ho idea come comunicarglielo.

Dire che un disegno riesce a rendere il senso di tante parole.

Grazie e un abbraccio, chiunque tu sia!

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141 risposte a La nave dei folli

  1. Moi scrive:

    A tal proposito, Miguel, conoscevi il neologismo “nomophobia” ?

    … NON è “paura delle regole” in senso Greco , bensì di restare senza “smarfo” ! 😉

  2. Moi scrive:

    ABC7 News Bay Area

    https://www.youtube.com/watch?v=yrGZxUlDP8c

    Does your cellphone give you anxiety ? You may have nomophobia

    https://en.wikipedia.org/wiki/Nomophobia

  3. Moi scrive:

    Ufficializzato da BBC Learning English

    https://www.youtube.com/watch?v=99Mu8Yrv2to

    We all love our smartphones, but do you get anxious if you can’t use it? We have the perfect word to describe this feeling – nomophobia – and Rob’s about to experience it in this episode of The English We Speak. Find out what it is now.

  4. tomar scrive:

    La droga libera più perfetta e di più ampia diffusione mondiale mai inventata, non combattuta da nessuna opposizione organizzata a nessun livello… e morirono tutti felici e contenti.
    Ognuno per sé e smarfo per tutti!

    • Francesco scrive:

      ed è pure trasversale a ogni cultura, religione, regime politico!

      e arriva nelle baraccopoli africane, dove il potere d’acquisto è bassino

  5. Ujjj scrive:

    Una cosa che non riesco a capire è cosa ci trovino di tanto raccapricciante i “boomer”come te(senza nessuna accezione negativa, giuro) con l’uso delle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione. Vedo spesso descriverli con termini tetri tipo: il declino della società, dove andremo a finire e così via.A me ste critiche fan pensare a quelli che negli anni 90 si mettevano le mani nei capelli per mtv, negli 80 per i giochi di ruolo o mi fanno immaginare quelli che sicuramente avran detto “oh mio dio sta stampa di gutemberg rovinerà la nostra bella letteratura di lusso”. Senza fare benaltrismo(anche se qui si potrebbe fare) ma rimanendo in ambito tecnologico e comunicativo a me fan decisamente più paura delle dinamiche da instagram i guru di youtube che con un’aria superpartes e finto pragmatica hanno portato molti elettori tra i 18 e 24 nelle braccia di quei democristiani pro grandiopere e pro nucleare iperliberisti e iperatlantisti quindi iperideologici di renzi e calenda.
    Certo i social, le fotocamere e l’avere un pc in tasca han cambiato le nostre abitudini e prestano il fianco a nuove forme di controllo e sfruttamento ma questo non vuol dire che siano il male solo perché son (ormai neanche tanto)novità . Poi segnalo che non siamo in piazzza su una panchina a discutere ma su un blog ospitato da server con immagini digitali al suo internoe la cosa mi fa comunque piacere.

    • roberto scrive:

      Nessuno sarà sorpreso se dico che sono totalmente d’accordo 😁

      • Daouda scrive:

        Il problema è l’abitudine che comporta. Al punto di non ritorno l’addestramento porterá ad un si che sará la morte per la maggioranza della gente che a suo tempo non seppe usare né il guoco né le armi per quel che servivano

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Ujjji

      “Una cosa che non riesco a capire è cosa ci trovino di tanto raccapricciante i “boomer”come te(senza nessuna accezione negativa, giuro) con l’uso delle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione. ”

      1) la creazione di una rete planetaria/satellitare elettromagnetica fittissima, qualcosa che l’ecosistema (nel senso più ampio) non ha mai visto prima e di cui ignoriamo ancora gli impatti

      2) la simultaneità: cioè il fatto che la scemenza che io scrivo qui sia potenzialmente leggibile nello stesso istante in cui lo scrivo, in Alaska come in Australia

      3) il fatto che potenzialmente ogni contenuto sia esposto alla totalità dell’umanità nello spazio e anche nel tempo, cioè la scemenza che sto scrivendo in questo momento potrà essere usato contro di me tra vent’anni

      4) la crescente autonomia di questo sistema, ormai al di là del controllo, e anche della comprensione, di qualunque essere umano

      5) il fatto che costituisce un insieme di quasi monopoli naturali, che permette la più tremenda accumulazione di capitali di tutti i tempi

      6) il fatto che fa accelerare, avvicinandoli alla simultaneità, tutti i processi – dal saccheggio delle risorse alla finanziarizzazione del mondo

      7) il fatto che ci sono ingegneri (come il mio amico, che dice che io sono troppo buono quando critico il sistema informatico) pagati stipendi elevati per fare in modo da estrarre più dati dalle persone che passano sulle pagine di chi li paga

      8) l’unificazione del sistema delle multinazionali che controllano la rete, il sistema finanziario e il sistema militare.

      9) ecc ecc ecc

      Parliamone, qui sul blog 🙂

      Su questo hai ovviamente ragione, ma ho preso ogni ragionevole precauzione per non sfruttare chi lo frequenta.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Martinez

        “simultaneità”

        Beh, un’analogia mi viene spontanea.

        Tutti insieme, quando li si osserva in fisica i punti 2, 3 e 6 si chiamano “divergenza delle scale di correlazione”: quello cioè che fa un elemento del sistema ha effetti su elementi anche lontanissimi nello spazio e nel tempo. Sistemi così di solito vanno incontro a uno dei seguenti due destini:

        A) o il sistema è lì lì per cambiare completamente e irreversibilmente stato (come quando le microfessure in una putrella troppo sollecitata si saldano di colpo e la putrella cede di schianto)

        B) oppure il sistema, se continuamente alimentato dall’esterno rimanendo grosso modo stabile, si riassesta regolarmente con scossoni improvvisi alternati a più frequenti scricchiolii minori: è il caso dei pendii innevati con le nevicate e le valanghe, o della crosta terrestre con le spinte convettive dal mantello e i terremoti.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

      • Ujjj scrive:

        Ma per i punti da 1 a 4 non si poteva forse dire la stessa cosa per la stampa, per il telegrafo o per l’uso del volgare rispetto al latino? Per dire che io nel progresso dei mezzi di comunicazione, di persistenza delle informazioni, di verifica delle fonti ci vedo un potenziale grande beneficio (che non necessitano certo di uno smartphone quanto della rete che ci sta dietro ma sicuramente il coso a quello serve, a raggiungere la rete più facilmente).
        Poi ionel campo dell’informatica ci lavoro e mi rendo conto di quanto sia uno strumento potente che, come altri strumenti, può essere usato bene o male. Per restare nel mio ambito(le cosiddette “utilities”) l’informatica,
        co presi i dispositivi mobili che vengono usati per le misurazioni sul territorio, possono servire a mappare tutte le perdite idriche sulla rete per evitare sprechi ma anche per sfruttare di più i tecnici o per lucrare sulle bollette ed effettuare prontamente le disattivazioni .
        Sui punti da 5 in poi sono d’accordo ma lì il problema come sempre non è il mezzo ma il sistema in cui è inserito che riuscirebbe a rendere deleterio anche il più innocuo dei dispositivi

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Ujjj

          “Ma per i punti da 1 a 4 non si poteva forse dire la stessa cosa per la stampa, per il telegrafo o per l’uso del volgare rispetto al latino?”

          Certo, sono tutte cose che hanno sconvolto il mondo.

          Infatti, quello che stiamo dicendo è che la tecnologia non è mai neutrale.

          Che la tecnologia in sé cambia il mondo, e quindi NON sono d’accordo con chi dice, “dipende da come la usi”.

          No, noi dipendiamo da come la tecnologia ci usa.

          • roberto scrive:

            miguel

            “Che la tecnologia in sé cambia il mondo, e quindi NON sono d’accordo con chi dice, “dipende da come la usi”.”

            ok cambia il mondo ma…la usi in un senso cambia il mondo in quel senso, la usi in un altro e la cambia in un altro.

            puoi usare il fuoco per bruciare una poveraccia accusata di stregoneria o per cuocere una bistecca o per far il vapore per una locomotiva, in ogni caso avrai cambiato un po’ il mondo ma non nello stesso modo (si lo so che mi dirai che la locomotiva è il peggior crimine dell’umanità, visto che insieme ai geometri ha permesso la creazione dell’impero militare usano…)

      • tomar scrive:

        Miguel:
        “8) l’unificazione del sistema delle multinazionali che controllano la rete, il sistema finanziario e il sistema militare.“

        Anche se mi sono limitato a sottolineare l’elemento esistenziale che più mi colpisce dato il mio rapporto da cavernicolo con gli umani, condivido assolutamente la lista di Miguel sullo stato generale del mondo conseguente alla sua digitalizzazione.
        In relazione al punto 8 mi ha colto anche questa rimembranza: “lo stato imperialista delle multinazionali” era forse il fulcro teorico più nuovo e significativo dell’analisi delle Brigate Rosse.
        Poi quella terminologia è finita nel dimenticatoio, insieme alle sorti non luminose dei suoi enunciatori.
        Ma devo riconoscere che i mio vecchio amico René, se era senz’altro folle, non era certamente stupido.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Tomar

          “In relazione al punto 8 mi ha colto anche questa rimembranza: “lo stato imperialista delle multinazionali” era forse il fulcro teorico più nuovo e significativo dell’analisi delle Brigate Rosse.”

          Caspita, hai ragione.

          Delle BR, ho sempre rispettato due cose:

          1) la loro analisi appunto dello “lo stato imperialista delle multinazionali”

          2) il fatto che invece di andare in giro a prendere a colpi di chiave inglese gli adolescenti con fantasie avverse, cercassero di capire chi contava davvero ed “educarlo”.

          Non hanno colto invece tre decisivi particolari:

          1) che il primo a voler vedere morto il detentore di una poltrona è quello che la poltrona gliela vuole scippare, e la fila degli ambiziosi è inesauribile

          2) che in ogni azione ribelle che tu fai, il “sistema” (termine che non mi piace, è solo per capirci) trova un’occasione d’oro per dare un giro di vite

          3) esattamente nella misura in cui metti in gioco la tua stessa vita, ci saranno dei complottisti di sinistra che ti infameranno.

          • roberto scrive:

            io sompre avuto ribrezzo per il fatto che cercassero come dici tu eufemisticamente di “rieducare”…vero ribrezzo, con tanto di pelle d’oca e nausea

            • Miguel Martinez scrive:

              Per roberto

              “la usi in un senso cambia il mondo in quel senso, la usi in un altro e la cambia in un altro.”

              “La usi in un senso” presuppone che Roberto sia padrone del mondo.

              Roberto cuoce le bistecche.

              Roberto non brucia (che io sappia) le presunte streghe.

              Altri faranno altre cose.

              Bruciare le streghe? Non so se sia normale oggi.

              Impossessarsi di tutte le emozioni, le sfumature dei comportamenti di miliardi di persone, attraverso tutte le culture, le stagioni, gli orari, le età, prendere il controllo dell’anima degli esseri umani…

              Lo faranno se lo vuole Roberto, e non lo faranno se non lo vuole Roberto?

              • roberto scrive:

                Impossessarsi delle emozioni… prendere il controllo dell’anima …mavalà Miguel 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                per Roberto

                “Impossessarsi delle emozioni… prendere il controllo dell’anima ”

                Bene, il mio amico ingegnere non è pagato per trovare esattamente il colore, la frase, la modalità di fare clic che ti rende più interessante il sito, ti invoglia a passarci una frazione di secondo in più. Né a confrontare milioni di “engagement” per scoprire il tuo lato debole, ignoto anche a te.

                No, è pagato per fare l’elettricista.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per roberto

              “io sompre avuto ribrezzo per il fatto che cercassero come dici tu eufemisticamente di “rieducare””

              a parte il ribrezzo, hai ovviamente ragione: le Brigate Rosse hanno fallito totalmente, e hanno creato un mondo ancora peggiore di quello che volevano combattere.

              E per ogni nemico “colpito per educarne cento”, hanno creato cento altri oppressori e sfruttatori.

              Ma non è che il loro intento fosse moralmente diverso da quello di uno Stato che pretende di mettere in carcere e distruggere le vite di coloro che non sono d’accordo con le sue premesse.

              Dovresti sentire la pelle d’oca per entrambi, o per nessuno.

              • roberto scrive:

                Per la verità lo stato non mette in carcere chi non è d’accordo con le sue premesse, ma chi in un modo o nell’altro distrugge vite altrui. Quindi no, sparare alle ginocchia di un professore universitario mi fa ribrezzo, mettere in prigione chi ha sparato e buttare la chiave mi sembra cosa buona e giusta

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Per la verità lo stato non mette in carcere chi non è d’accordo con le sue premesse”

                Bene, fa esattamente così. Le premesse poi si chiamano Corano, Costituzione, Autorità Regale, ecc. ecc.

                Comunque il punto di partenza era la distinzione tra tipi di violenza.

                Tema su cui ognuno ha i propri ricordi.

                Nel quartiere dove stavo io, mi ricordo del tipo di violenza che non ha suscitato nessuno scandalo:

                – Stefano C., ragazzino dagli occhi azzurri e capelli biondi ricci, che sembrava un putto barocco, buttato a testa giù da un terrazzo

                – Paolo D., che ascoltava le mie (primitive) divagazioni sull’induismo, ammazzato a colpi di chiave inglese

                – Angelo M., che se l’è andata a cercare perché era un prepotente – ma a livello di coattello di piazza – ucciso in un agguato molto complesso

                – Un ragazzo di diciassette anni, cugino di una mia amica, ammazzato a colpi di pistola in un bar, e mi ricordo alle radio libere di allora, il dibattito in diretta all’università se avevano fatto bene a ucciderlo solo perché era amico di fascisti anche se era totalmente apolitico (la conclusione, sì, avevano fatto bene). Per vendicarlo, qualcun uccise un altro ragazzo romano, diciannovenne…

                Lo so, erano altri tempi, si può giustificare quanto si vuole, ma non erano violenze “buone” o “utili”, da contrastare a quelle “cattive” delle BR.

                Le Brigate Rosse che non fanno nulla del genere.

                Tu ricordi il “professore universitario”, che è una categoria molto ampia: comprende anche i tecnici che stavano ristrutturando la società italiana nell’interesse dei capitalisti.

                Io mi ricordo il sequestro e l’interrogatorio di Macchiarini, all’epoca pagato per “ristrutturare” la Siemens; di Amerio capo del personale della FIAT; un attacco che mi colpì tantissimo di cui adesso non trovo il link, credo che fosse alla sede di una multinazionale americana dell’elettronica a Roma in pieno giorno, simbolo di tutti i processi che sfuggivano agli altri; il rapimento del generale Dozier della NATO.

                Il bilancio di tutto questo è stato tragico; e la spirale repressiva significava che alla fine le BR si sono trovate a uccidere piccole guardie carcerarie, o ingranaggi della magistratura, o veri o presunti “traditori”. La lotta armata è stata fallimentare quanto tutte le altre forme di lotta.

                Ma una differenza negli obiettivi vanno riconosciute loro.

                E forse anche le loro vittime, certo agendo in perfetta legalità, erano anche loro a volte fautori di tragedie.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “uno Stato che pretende di mettere in carcere e distruggere le vite”

                Qui però tu risvegli la mia natura di Ufficiale in congedo e nipote di Carabinieri… 🙂

                Ammettiamo di essere d’accordo sullo Stato come unico titolare legittimo del ricorso alla violenza (ammesso che ve ne sia uno: gli anarchici dissentono).

                Che lo Stato sia anche violento non può scandalizzare: tanto varrebbe scandalizzarsi del fatto che i triangoli hanno tre lati.

                Non c’è civiltà senza libertà, non c’è libertà senza legge, non c’è legge senza polizia che la faccia rispettare, non c’è polizia senza Stato. La stessa ‘democrazia’ è una forma di governo dello Stato: e difatti non si dà democrazia senza prigioni.

                Cosa sia la vita senza Stato ce l’abbiamo di fronte agli occhi nei cosiddetti ‘failed States’ come la Somalia. Non è un bel vedere, mi sembra.

                Se per vedere mia figlia andare sicura per strada al sicuro dalla prima pattuglia di vigilantes che passa devo accettare passaporti, carte d’identità, caserme e manganelli allora mi sembra un prezzo più che conveniente da pagare.

                Così lo Stato diventa uno strumento per la coesistenza di individui liberi. E per continuare ad esistere nel modo meno coercitivo possibile, lo Stato deve per forza educare: educare le persone ad essere indipendenti rendendosi così in ultima analisi evanescente, proprio come compito dei genitori è quello di rendersi superflui educando i figli ad essere persone responsabili e indipendenti.

                Mi pare fosse Dostojevskij a dire che i Russi hanno le galere in Siberia e gli Inglesi nel cervello; pochi preferirebbero vivere col rispetto Russo dei diritti del singolo, ma questo è vero appunto perché lo Stato in Inghilterra è più evoluto di quello Russo.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Che lo Stato sia anche violento non può scandalizzare: tanto varrebbe scandalizzarsi del fatto che i triangoli hanno tre lati. ”

                Infatti, è quello che dico.

                Ora, lo Stato italiano è enormemente complesso, e ha molte premesse.

                Una è che la ragazza deve poter tornare sicura a casa.

                Un’altra è che un’azienda per fare profitto può licenziare in massa i lavoratori (seguendo un determinato rituale) per sostituirli con robot che rendono più profitto.

                Le BR accettavano la prima premessa, respingevano la seconda.

                Per cui non erano d’accordo con le premesse dello Stato.

                Ci siamo?

              • roberto scrive:

                miguel

                “Un’altra è che un’azienda per fare profitto può licenziare in massa i lavoratori (seguendo un determinato rituale) per sostituirli con robot che rendono più profitto.”

                scusa la domanda che ti sembrerà sicuramente ingenua ma….in che senso questa cosa è una premessa dello stato?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “.in che senso questa cosa è una premessa dello stato?”

                Lo devo spiegare a un giurista?

                dai!

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “Azienda”

                Quella non è una premessa dello Stato in quanto tale.

                È una premessa di questo Stato, egemonizzato culturalmente dalla destra.

                Destra che, rifiutando per definizione di limitare il controllo dei mezzi di produzione da parte dei privati, include fra le libertà fondamentali quella – di natura economica – di licenziare il prossimo privandolo dei mezzi di sostentamento.

                Ma non buttiamo via il bambino (lo Stato) con l’acqua sporca (la destra).

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Quella non è una premessa dello Stato in quanto tale.”

                Certo.

                Ma essendo una premessa dello Stato italiano del 1972, era una premessa non accettata dalle BR.

              • roberto scrive:

                miguel

                “Lo devo spiegare a un giurista?”

                il giurista ti direbbe appunto che quella non è una premessa dello stato e per questo vorrebbe capire cosa vuoi dire

                il giurista ti direbbe che le premesse dello stato (uso questa formula anche se non mi è perfettamente chiaro cosa voglmia dire) sono negli articoli 1-12 della costituzione che non prevedono una cosa del genere

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “premessa”

                0) pre-premetto che non sono un sostenitore delle fabbriche padane degli anni Settanta, semplicemente ti voglio spiegare perché i brigatisti finivano in carcere.

                1) Italia, anno 1972. E’ lecito dare un alto stipendio a un tecnico per organizzare il licenziamento dei lavoratori di una fabbrica, dietro ordine di investitori, privando i suddetti lavoratori dei loro mezzi di sussistenza (ovviamente all’interno di un elaborato rituale, ma i tecnici sono pagati alti stipendi perché sanno condurre tali rituali).

                2) E’ lecito scrivere che la cosa dispiace, è lecito camminare avanti e indietro per strada con cartelli che esprimono tale dispiacere. E’ lecito affittare un contro-ritualista per vedere se c’è qualche falla nel rituale del tecnico licenziato.

                3) Quando però scatta il licenziamento, la banca chiude i pagamenti degli stipendi e la polizia può cacciare gli operai dalla fabbrica. E in seguito, quando non riescono a pagare l’affitto, anche dalle loro case.

                4) Non è possibile alcun provvedimento legale analogo nei confronti del tecnico dall’alto stipendio.

                5) Quindi l’unica procedura possibile è di tipo extralegale.

                Dire che “c’era gente che si divertiva a sparare ai professori” è come dire che la polizia è “gente che si diverte a prendere a manganellate le persone”.

                Non si può escludere che l’una o l’altra situazione attiri persone del genere, ma non è l’essenza né della lotta armata, né della polizia.

          • tomar scrive:

            Per Miguel:
            “Delle BR, ho sempre rispettato due cose”.

            La seconda io invece (benché condivida il fatto che fosse comunque più sensata dello sprangare adolescenti avversi) non la condividevo allora e non la condivido oggi.
            Non la condivido oggi perché oggi ritengo che solo la resistenza attiva non violenta sia la strada per cambiare in meglio le cose (sono insomma passato da Lenin a Gandhi, pur tenendomi in saccoccia il molto di Marx che ci è ancora utile).
            Non la condividevo allora perché, facendo, sulla scorta di Lenin, un’analisi di quello che era lo stato reale dello scontro sociale, ritenevo giustamente che il passaggio alla lotta armata fosse semplicemente un delirio soggettivista e avventurista.
            Applicando lo stesso criterio dell’analisi concreta della situazione concreta (Mao), non mi sentivo né mi sento oggi di condannare, che so, l’uccisione di Gentile o via Rasella per il fatto che ho condannato via Fani e l’assassinio di Moro (e di tutti gli altri).

            • Francesco scrive:

              Devo confessare che la menata dello “Stato imperialista delle multinazionali” mi ha sempre fatto molto ridere, e man mano che crescevo e studiavo ridevo di più (e mi incazzavo di più, con loro e con i loro maestri)

              Detto della teoria, la prassi fu ributtante quanto quella della mafia, e con altrettante scusanti (zero).

              Per ADV: tu vuoi buttare via il bambino della libertà, è inutile che ti affanni. O ti rassegni alla libertà o tanto vale che ti metti davvero i baffoni.

              Sapendo che “non c’è civiltà senza libertà”, quindi sacrifichi tutto per avere nulla scientemente.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “Devo confessare che la menata dello “Stato imperialista delle multinazionali” mi ha sempre fatto molto ridere”

                Ora,

                1) a parte il pallosissimo linguaggio marxista

                2) a parte il non saper andare a capo

                3) a parte la tremenda tendenza marxista a parlare per enunciati senza mai citare esempi concreti…

                questo testo di 44 anni fa (letto solo la prima parte) mi sembra che abbia azzeccato parecchie cose:

                http://www.sebbenchesiamodonne.it/risoluzione-della-direzione-strategica-febbraio-1978/

              • Francesco scrive:

                Mah

                sai che non sopporto la verbosità, questi mi ammazzano!

                mi pare di capire che hanno scoperto la globalizzazione e che cercano affannosamente di leggerla con lenti da piccoli maestrini marxisti ed effetti comici

                li paragonerei a pidocchi sulla testa di elefanti, con lo sguardi occlusi dai grossi peli dell’elefante

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “Devo confessare che la menata dello “Stato imperialista delle multinazionali” mi ha sempre fatto molto ridere”

                L’analisi su cui si basa la teoria dello Stato imperialista delle multinazionali

                http://www.sebbenchesiamodonne.it/risoluzione-della-direzione-strategica-febbraio-1978/

                come tante cose marxiste, coglieva molto bene la situazione reale, 44 anni dopo è ancora molto attuale.

                Il problema, come con tutto il marxismo, è che l’analisi si fa per trovare la “contraddizione” in grado di far saltare il sistema.

                Cioè si segue un solo processo, si dimostra che arriva al disastro, e si dice che quindi la maggioranza (il popolo, la classe operaia, ecc.) si ribellerà e butterà giù tutto il sistema.

                Non funziona così – salvo il caso del 1917 in Russia, con la crisi della guerra – perché la società non è mai meccanica, e l’umanità non è marxista 🙂

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ francesco

                “libertà”

                Io ricordo ancora Furio Colombo che commentando in diretta la caduta del Muro alla Rai diceva che “era l’aspirazione alla libertà che si prendeva la rivincita”.

                Nessuno in quel momento di orgasmo filoThatcher gli ricordò che “libertà” è inevitabilmente anche “libertà economica” (come insegnava giustamente Einaudi) e che la libertà in economia implica necessariamente la libertà di licenziare, ossia di private un essere umano del suo sostentamento.

                E non c’è bisogno di citare Sandro Pertini per ricordare che “homo sine pecunia imago mortis”, ossia che – proprio come un defunto – non può esercitare di fatto alcuna libertà chi deve innanzitutto pensare a sfamare sé e i suoi.

                Ne segue che la “libertà” che ha prevalso con la caduta del Muro è giusto un’abbreviazione della più lunga espressione “licenza di sopraffare”.

                E per convincersi che sia proprio così, basta guardarsi intorno. Si monumentum requiris, circumspice.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                x ADV

                questa visione apocalittica della perdita del posto di lavoro, così avulsa dalla realtà, da dove ti viene?

                nella biografia della stragrande maggioranza dell’umanità, a un licenziamento non segue la morte per inedia ma il trovare un altro posto di lavoro

              • roberto scrive:

                miguel

                “questo testo di 44 anni fa”

                lo leggerò ma mi sono arenato alla prima riga sul concetto di capitale monopolistico che non so cosa voglia dire

                🙁

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ francesco

                “apocalittica”

                Una volta ti dissi – e tu approvasti – che gli economisti amano spesso descrivere situazioni stazionarie. Così, un prezzo costante di una merce è il risultato dell’incontro di domanda e offerta, ecc.

                Ma a furia di occuparsi di stati stazionari si rischia di dimenticare che a quegli stati bisogna poterci arrivare. Determinare quanto dura la situazione transitoria di solito è molto più difficile che descrivere lo stato stazionario finale – è vero in fisica, figuriamoci in economia.

                Nel frattempo, chi ci si trova preso in mezzo è vittima di una precarietà di durata imprevedibile.

                Senza contare che (tornando a parlare di lavoro) esiste anche una disoccupazione strutturale.

                Per chi non sa se arriva a fine mese la precarietà sine die non è molto più gradevole del terrore di essere portati via all’alba dalla polizia politica.

                Ho visto esistenze intere deformate, storpiate dalla paura di perdere il posto. So di cosa parlo.

                La precarietà è il nuovo Terrore.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                >>> La precarietà è il nuovo Terrore.

                suggestivo ma falso

                nell’economia privata (italiana e ovunque) la perdita del posto di lavoro e la ricerca di uno nuovo è sempre stata la normalità, senza eccezioni

                tu forse hai in mente le imprese “troppo grandi per fallire” ma queste sono sempre state una minoranza, la normalità è lavorare alla Torneria Pippo e dover affrontare la precarietà

    • Francesco scrive:

      Che la stampa di Gutemberg sia all’origine della decadenza della cultura europea mi pare evidentissimo!

      🙂

  6. Ujjj scrive:

    GuteNberg chiaramente.
    Sulle innovazioni poi penso alla grande distribuzione o all’alta velocità, che rispetto al negozietto sotto casa o ai regionali ci hanno cambiato la vita forse ben più dello smatphone ma per le quali non vedo altrettante immagini in giro.
    Forse la cosa che infastidisce di più di alcune nuove tecnologie è solo la maggiore difficoltà di apprendimento… fatto sta che anche l’indignazione potrebbe essere qualcosa di utile se usata con parsimonia ma se riversata contro tutte le “novità” si rischia di disperdere.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Ujjj

      “Forse la cosa che infastidisce di più di alcune nuove tecnologie è solo la maggiore difficoltà di apprendimento…”

      Non parlo per gli altri. Io mi sono costruito “a mano” il mio sito, lavorando con l’html, sul finire degli anni Novanta 🙂

      E certamente le alternative al GAFAM che mi vado a scovare con l’aiuto degli hacker sono meno “user friendly” dei prodotti GAFAM, per ovvi motivi.

      https://www.lealternative.net/

      Io sono ignorantissimo, rispetto al più scrauso dei tecnici informatici.

      Ma la cosa preoccupante è che in qualsiasi gruppo di dieci persone a caso, sono tra i due che “ci capiscono di più” di informatica e dintorni.

      Non è un vanto, vuol dire che la gente va in giro con pistole cariche e non sanno distinguere il grilletto dall’impugnatura.

      • Miguel Martinez scrive:

        Sempre per Ujjj,

        che gli fischieranno le orecchie, ma sono grato dell’occasione che mi ha offerto per riflettere meglio, anche per me stesso.

        Io sono affascinato dall’aspetto “tecnico” dell’informatica.

        Qualche mese fa ho preso un vecchio smartphone per vedere se riuscivo a “degooglizzarlo”, usando /e/ https://www.lealternative.net/2020/07/08/recensione-sistema-operativo-e/.

        Ho iniziato la procedura, poi mi sono reso conto di non averne il tempo adesso, dieci anni fa sarei andato fino in fondo (come quando trasformai il mio computer in un server).

        Solo per dire che l’aspetto tecnologico è proprio quello che mi piace, è il resto che non mi va bene!

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Ujjj

      “Sulle innovazioni poi penso alla grande distribuzione o all’alta velocità, che rispetto al negozietto sotto casa o ai regionali ci hanno cambiato la vita forse ben più dello smatphone ma per le quali non vedo altrettante immagini in giro.”

      Rispondo sempre per me, ma non so se ti rivolgi soprattutto a me.

      Credo di avere scritto parecchie cose sull’alta velocità, sulla grande distribuzione, sull’agricoltura industriale e anche sul traffico aereo (di cui non parli, ma credo che ci potrebbe stare nella tua lista).

      Tra l’altro qui abbiamo partecipato alla campagna per far tassare il carburante degli aerei, e alla lotta contro l’espansione dell’aeroporto di Firenze.

      La “elettronizzazione” del mondo, in sé, non è nulla – sono onde elettromagnetiche in densissima concentrazione, che smuovono atomi, molecole, cellule. Accelerano quindi una gran quantità di processi cellulari, psicologici e “informatici”: nel senso che diffondono le informazioni che tra l’altro muovono appunto la grande distribuzione, la distruzione della biodiversità, processi che diventano così “smart”, come la “agricoltura senza agricoltori”.

      • Ujjj scrive:

        Si ma infatti niente da dire su quanto fai tu o, in generale, chi si interessa di certi temi o fa attivismo o addirittura milita (dalle mie parti per dire con il tav non si può certo dire che su certe questioni ci ci sia disinteresse o rassegnazione, anzi).
        Il fatto è che almeno nella narrativa facebook, che vale quello che vale ma si parla di pagine con centinaia di migliaia di iscritti e milioni di interazioni giornaliere, pullulano immagini come quella sopra che accusano “vagamente” certi aspetti della modernità ignorandone sistematicamente altri(non è benaltrismo, si fa proprio passare un messaggio “al posto” di un altro).
        Che secondo me è l’altra faccia di quello succede invece sui social “giovani” tipo tiktok o instagram in cui invece pullulano discorsi sui pensionati d’oro, sugli scivoloni “scorretti” di questo o quel personaggio pubblico attempato. Insomma conflitto generazionale, che al pari di quello razziale nazionale o territoriale distoglie da altri decisamente più significativi che riguardano anche i punti 5-8 da te citati che mi trovano pienamente d’accordo.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Ujjj

          “Il fatto è che almeno nella narrativa facebook”

          Immagino che su questo tu abbia ragione. In effetti lo smartphone è più visibile e generalizzato di tutti i processi sottostanti.

  7. tomar scrive:

    Questi ultimi commenti davvero benaltristi mi lasciano esterrefatto: ma vi fermate mai un momento, in qualsiasi punto della città, per scoprire che pressoché tutte le persone che sono nel vostro campo visivo sono in trance smartofonico?
    Non stavo parlando delle tante cose “che ci hanno cambiato la vita”, ma di mutazione antropologica, a portata di sguardo non in trance, anche senza evocare il Titanic.

    • Francesco scrive:

      in effetti l’effetto “trance” è molto impressionante

      per fortuna ci sono quelli che guidano che alla peggio telefonano ma non possono smartare

      per loro stanno studiando le auto che si guidano da sole

  8. Moi scrive:

    @ UJJJ

    … Sei un “Nomophobic” 😉 ?

  9. tomar scrive:

    “ingegneri pagati stipendi elevati per fare in modo da estrarre più dati dalle persone che passano sulle pagine di chi li paga”

    Avevo già qui segnalato en passant come META che mi promette di elevare oltre ogni dire tutte le mie immense potenzialità aveva tra le sue prime “elevazioni” proceduto a castrare una potenzialità per me importante della mia pagina instagram.
    Segnalo ora che per accedere alla pagina on line di Repubblica ci si trova da oggi la porta sbarrata dal seguente ukase: “Ti segnaliamo che l’accesso ai nostri contenuti senza abbonamento è soggetto al consenso per l’utilizzo dei cookie (per ulteriori dettagli, ti invitiamo a visionare la cookie policy).
    Se accetti i cookie potremo erogarti pubblicità personalizzata e, attraverso questi ricavi, supportare il lavoro della nostra redazione che si impegna a fornirti ogni giorno una informazione di qualità.”
    Eh dai, ukase, che paroloni! Sei ancora uno di quelli che credono che ci possano essere pasti gratis?
    Ma certo, le magnifiche sorti e progressive.
    Per oggi ho deciso di restare fuori dalla porta dell’informazione di qualità.
    Poi, dato che non faccio pressoché mai ricerche commerciali on line, potrei forse anche lasciare che mi cookizzino a piacere, ma sul punto attendo più inerenti istruzioni da Miguel.

    • roberto scrive:

      tomar

      “Per oggi ho deciso di restare fuori dalla porta dell’informazione di qualità.”

      fino a pochissimi anni fa, l’unico modo per leggere repubblica era spendere xxx lire dal giornalaio.
      c’è stato poi un periodo in cui c’era l’alternativa “lo leggo senza uscire di casa agratis sul computer”…non era ovviamente completamente gratis, lo pagavi in pubblicità e dati personali.
      poi cosa è successo?
      1. l’accesso gratuito è diventato “abbonamento alla versione elettronica”
      2. c’è un po’ di ister…ehm consapevolezza su cookies, dati personali e cose del genere
      ma!
      ancora oggi puoi scendere in strada, andare dal giornalaio e comprarti repubblica, esattamente come ieri! niente cookies, niente pubblicità indesiderata, niente zombizzazione sul cellulare ed una passeggiatina che fa bene alla salute

      et voilà!
      🙂

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Tomar

      “sul punto attendo più inerenti istruzioni da Miguel.”

      combinazione di:

      1) Firefox Multi-Account Containers, che ti permette di chiudere Repubblica in un piccolo mondo dove Repubblica sa che tu leggi Repubblica

      2) Cookie AutoDelete che toglie i cookie che Repubblica (o altri) ha appena impiantato, quando chiudi la pagina

      3) Privacy Badger che toglie i tracker invisibili

      4) Tranquility Reader che ti permette di leggere le pagine come un unico articolo di testo

      5) uBlock Origin

      Siccome sicuramente nessuno vorrà mai guardare gli articoli riservati agli abbonati, nessuno installerà invece Bypass Paywalls Clean.

  10. tomar scrive:

    per Miguel
    “Ma essendo una premessa dello Stato italiano del 1972, era una premessa non accettata dalle BR.”
    E non accettata anche da molti altri, se dio vuole.
    Mi sembra che l’oggetto importante del contendere
    debba essere piuttosto quale sia il modo effettivamente
    più proficuo per cassare dallo Stato quella premessa.

  11. Francesco scrive:

    >>> Un’altra è che un’azienda per fare profitto può licenziare in massa i lavoratori (seguendo un determinato rituale) per sostituirli con robot che rendono più profitto.

    davvero qualcuno pensa che nella sostanza esista un altro modo di vivere? ci sono dettagli quasi irrilevanti del tipo “in massa” o “più profitto” che si possono fare meglio ma l’allocazione ottimale delle risorse economiche (lavoratori, robot, capitale, aziende) è un requisito della vita sociale. senza del quale ci si avvia all’economia socialista reale (che è ahimè l’unica economia socialista esistente) e quindi ad Haiti/Somalia/Calabria

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ francesco

      “altro”

      Oh sì.

      Se parli di Haiti (?) confrontala con Cuba.

      E dimmi se si sta meglio in Calabria o in Umbria.

      O se preferiresti vivere a Detroit o a Uppsala.

      O i mezzi di produzione sono sottratti al privato, oppure ne sono preda.

      O COOP o ‘ndrangheta.

      O socialismo o barbarie.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        non mi interessano gli slogan, caro Andrea

        il “capitalismo” è vivo e si evolve in modo adatto all’ambiente

        il “socialismo” è un tentativo di controllare e imbalsamare l’ambiente, con esiti sempre fallimentari

        il primo è più cattivo del secondo, sul piano delle intenzioni, ma sappiamo dove portano le intenzioni

        senza contare che nessun socialismo rimane sul piano delle buone intenzioni, evolvono tutti

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ francesco

          “capitalismo”

          A furia di evolvere in modo adatto all’ambiente, il capitalismo l’ambiente ce lo sta letteralmente divorando sotto i piedi.

          Allora meglio imbalsamarlo se vogliamo sopravvivere, non credi?

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            no, quella è per certo una soluzione sbagliata

            non che ne abbia di valide ma mi pare una strada con uscita sul Mare d’Aral

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      ” Haiti/Somalia/Calabria”

      Interessante scelta di posti.

      Hanno tutti in comune il fatto di essere periferici rispetto a un flusso centralizzato.

      I primi due sono luoghi utilizzati in varia misura come monoculture al servizio del Centro.

      Calabria – che infatti è il posto che sta meno peggio dei tre – al massimo è un serbatoio di manodopera.

      • Francesco scrive:

        Mig

        io credo che essere centro o periferia non sia affatto un destino ma una scelta di chi ha il potere su un dato territorio

        Corea del Sud o Taiwan erano periferie e non lo sono più; il Brasile e il Venezuela e l’Argentina avevano numeri da centro del mondo e sono triste e trasandata periferia

        l’Italia era una periferica nota a piè di pagina e non lo è più

        è uno dei belli del capitalismo: cambia ogni giorno, erode le rendite di posizione, permette a nuovi entranti di farsi largo.

        ciao

  12. Ascetico scrive:

    https://ilfattoalimentare.it/influenza-aviaria-efsa-2022.html
    Come prevedono molti studi, il riscaldamento globale e il deterioramento progressivo degli habitat non potrà che far peggiorare le epidemie nei prossimi anni, soprattutto di virus impossibili da fermare come quelli che viaggiano nel corpo di animali migratori: sarebbe opportuno prepararsi per tempo

    La nave dei polli.
    (Era solo per far la battuta. Lo so, sono fuori argomento).
    🐣🐤🐥🐔

  13. Miguel Martinez scrive:

    TITOLO A SCELTA:

    1) L’ultima città rossa d’Italia manda i vigili a massacrare i credenti

    2) L’Isis fa proseliti nella polizia municipale fiorentina

    3) Miracolo a Firenze: la Madonna salva dalla strage i suoi fedeli

    4) Vince la Meloni? A Firenze festeggiano tentando di fare strage di immigrati

    5) Il vero volto del Pd “inclusivo”: lancia i vigili a bomba sugli extracomunitari

    ********

    https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/22_ottobre_16/firenze-l-auto-vigili-urbani-processione-piazza-duomo-844b08d6-4d74-11ed-b416-920b17989984.shtml

    Firenze, l’auto dei vigili urbani sulla processione in piazza Duomo

    La carambola di un’auto dei vigili urbani nel primo pomeriggio di domenica ha causato nove feriti a Firenze, in piazza Duomo, fra cui due bambine di 4 e 7 anni fra i pedoni di una processione religiosa della comunità peruviana che ricorda «Il signore dei Miracoli», antica tradizione risalente al terribile terremoto di Lima del 1655. È un evento sempre affollato nel paese di origine e così accade anche nelle città di emigrazione della popolazione del Perù.

    L’incidente ha causato anche il ferimento di cinque donne adulte e di un uomo 40enne, tutti peruviani da quanto si apprende tranne la vigilessa che guidava l’auto, rimasta ferita in modo lieve. La vettura, per motivi da accertare avrebbe urtato una bicicletta innescando la carambola sui fedeli in processione. Il 118 ha soccorso una 70enne in codice rosso, ha trasferito le bambine ferite al pediatrico Meyer, entrambe in codice giallo, così come altre due donne adulte. Codice verde per il 40enne e altre tre donne.

    «Sono personalmente toccato e profondamente dispiaciuto per quanto avvenuto ed esprimo la vicinanza mia e di tutto il Corpo della Polizia Municipale alle persone coinvolte, ai feriti e all’agente che è rimasta lievemente contusa», ha dichiarato il comandante della polizia municipale di Firenze, Giacomo Tinella. Sul posto per i rilievi la Polizia Stradale di Prato. L’auto della Polizia Municipale è stata sequestrata per accertamenti tecnici finalizzati alla ricostruzione della dinamica del sinistro.

    La processione a Firenze si svolge interamente nel centro storico, in buona parte su tratti pedonali. I fedeli partono da borgo Pinti e raggiungono il Duomo per ricevere la benedizione dal preposto della cattedrale, quindi tornano indietro. Piazza Duomo è tutta pedonale. L’auto dei vigili era impegnata nel servizio di scorta alla manifestazione religiosa.

  14. tomar scrive:

    Per Miguel
    “Non funziona così – salvo il caso del 1917 in Russia, con la crisi della guerra – perché la società non è mai meccanica, e l’umanità non è marxista”

    Totalmente d’accordo.

    (e OT qui: grazie delle dritte che mi hai dato per aggirare la cookizzazione, ma non ho ben capito se devo implementarle tutte contemporaneamente oppure… ti chiederò maggiori ragguagli in privata sede, non sono uno smanettone come te)

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per ADV

    Dunque, c’è una diciottenne che fa lezioni di danza.

    Le lezioni chiudono alle 21.

    Per tornare a casa, dovrebbe prendere l’autobus, che passa ogni 15 minuti.

    Dopo mezz’ora di vana attesa, rinuncia e si fa a piedi la strada fino a casa (altri 30 minuti circa).

    Succede, non una volta, ma quasi sempre.

    Vediamo se avete indovinato il motivo, usando semplicemente le vostre personali lenti ideologiche.

    • roberto scrive:

      miguel

      “Vediamo se avete indovinato il motivo, usando semplicemente le vostre personali lenti ideologiche.”

      si scoccia di aspettare ad libitum (questo sarei io, non lo aspetterei nemmeno un minuto il bus)?

      ps nessuno che regali una bici a questa povera fanciulla? 30 minuti a piedi = 7 minuti in bici, no?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “si scoccia di aspettare ad libitum”

        Beh, sì. Ma perché l’autobus non passa?

        (Bici rubata, essendo stata lasciata fuori addirittura per una notte).

        • roberto scrive:

          ah scusa avevo capito che la domanda era perché la ragazza non aspetta…

          non passa perché:

          1. non ci sono abbastanza autisti (cioè per fare tot corse servono x autisti, ma se hai costantemente da due anni a questa parte il 15% del personale in malattia, le corse saltano)….questo è quello che succede di solito nel vero granducato

          2. un coglione ha parcheggiato male la macchina e bloccato la strada…questo succede in tutte le città con stradine piccole, a bologna era proprio la regola

          3. non ci sono abbastanza mezzi perché non si fa abbastanza manutenzione…vabbé questa è roma, ma immagino che valga dappertutto in un certo modo

          4. una alternanza di 1, 2 e 3

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            “non passa perché:”

            ok, aspetto in particolare ADV e Francesco!

            • Francesco scrive:

              mi vuoi proprio male!

              essendo il bus un monopolio di una municipalizzata, e non essendo la città Vienna, non mi stupisco affatto

              quando c’era Lui, i bus passavano in orario!

              😀

              PS per fortuna ci sono i metrò, che passano sempre o quasi

              • Fuzzy scrive:

                A quell’ora hanno già esaurito il gasolio da mettere nei serbatoi.
                (Sempre che non siano elettrici).
                (Ma perché la ragazza non va a far danza in bicicletta?).

          • PinoMamet scrive:

            Siamo nella Culla del Rinascimento, dove Coniugano (più altrove) Modernità e Tradizione, però la mia ipotesi è che:

            -sia uscita un’ordinanza del Comune gigliato che invita a razionalizzare le corse a causa della scarsità delle forniture di gas, petrolio e derivati, per cui un autista ha telefonato in Comune dicendo “alle 21 faccio il giro e l’autobus è sempre vuoto, cosa devo fare?”, e lì il Solerte Funzonario gli abbia detto “O non hai letto l’ordinanza? Se il bus è vuoto si ha da stare fermi!” e l’autista è tornato dai compagni dicendo “Alle ventuno se qualcuno c’ha il turno si fa festa perché Putin non manda il gasolio!” e se qualcuno vuole andare lo stesso, gli altri lo minacciano di far intervenire i sindacati…

            Fuochino?

        • tomar scrive:

          “(Bici rubata, essendo stata lasciata fuori addirittura per una notte)”
          Una notte basta, è il tempo standard per una bici decente a Firenze, come constatai per quella regalatami per il mio sessantesimo e che improvvidamente prestai alla figliola, che la lasciò fuori solo una notte.

          • PinoMamet scrive:

            Le bici, scusate, le rubano in tutt’Italia isole comprese.
            Mi pare che qualcuno ci fece un film sopra 😉

            Perché solo a Firenze sembra un problema insolubile?

            Ma, esiste un problema che NON sia insolubile, a Firenze?
            😉

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “autobus”

      Se sostituisci le parole “ragazza” e “danza” con “fisico” e “laboratorio” è esattamente quello che è successo a me nel 1993 a Oxford.

      In più pioveva, per cui mi sono dovuto fare chilometri sotto l’acqua.

      La causa è nota, e l’ho descritta più volte in questo blog.

      I servizi di trasporto pubblico a Oxford sono privatizzati.

      Ne segue che dopo una certa ora semplicemente non ci sono più autobus, perché non conviene economicamente ai gestori privati dei servizi: non ci sono abbastanza passeggeri potenziali in giro per sperare di guadagnarci.

      Abituato ai servizi pubblici in stile Sovietico della mia città, che saranno pure scassato ma che un bus te lo fanno passare regolarmente anche alle tre di notte, ho ingenuamente dato per scontato che fosse così anche nella civilissima Albione.

      Da allora non ho più nutrito dubbi sulla massima di Engels: “o socialismo o barbarie”.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        solo perchè sei pigro e non ha letto gli orari dei bus?

        😀

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ francesco

          “orari”

          Se li avessi letti non mi sarei bagnato perché mi sarei portato i soldi per un taxi.

          Resta il fatto che nella socialisteggiante Genova alle tre di notte il taxi è meno necessario che nella capitalistica Oxford alle 18.30.

          È proprio una questione di civiltà.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          Ciao!

          • Francesco scrive:

            temo che sia un faro più unico che raro, mi sa che potrebbe capitarti nelle socialiste Vienna e Milano che certe linee non siano comprese negli orari notturni

            sai, noi mica paghiamo le tasse per farti risparmiare sul taxi 😉

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ francesco

              “taxi”

              E allora per che cosa paghiamo le tasse?

              Le tasse si pagano precisamente perché chi non ha soldi possa comunque usufruire di servizi (giocoforza pubblici, a questo punto) che garantiscono prestazioni di base.

              Che siano trasporti, sanità, casa, acqua, energia o istruzione.

              Siamo alla definizione stessa di “civiltà”.

              I privati e il mercato vanno bene per le cose superflue, come i panettoni o le Lamborghini.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                illuso!

                il mercato è il primo, anzi il vero, fornitore dei beni essenziali alla vita

                per questo va creato (è una creazione sociale), regolato, manutenuto, etc. etc.

                ma studiare economia ti fa proprio schifo?

                😀

      • roberto scrive:

        Andrea
        Che UK sia la tomba dei servizi pubblici non lo scopriamo oggi (tra parentesi, a Oxford nel 2015 sono stato in una casa *senza riscaldamento*…tutto un enorme palazzone di edilizia popolare degli anni 70 senza riscaldamento…vanno avanti a stufette elettriche)

        Però che dire, qui da me il servizio autobus è in parte privatizzato (cioè le linee cittadine sono gestite dalla ville de Luxembourg, le linee extraurbane da imprese private) e gli autobus funzionano abbastanza bene, ci sono autobus notturni, sono puliti, puntuali e accettabilmente frequenti e …gratis (cioè non si paga il biglietto, su paga con le tasse).

        Certo, il granducato non ha semplicemente abbandonato il campo

        • roberto scrive:

          Ah poi puoi provare a prendere un bus nella nostra bella capitale in cui splende il socialismo dell’ATAC (azienda pubblica)….buona fortuna

          Questo giusto per dire che dovresti provare ad essere un filo meno assoluto nei tuoi giudizi

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Roberto

            “ATAC”

            Beh, l’ATAC (che conosco bene 🙁 ) sta ai servizi pubblici come il gulag sta al socialismo. 😉

            Poi l’hai detto: “in parte privatizzato”. Vuol dire che si lascia ai privati fare del profitto ma le linee guida le decide il pubblico.

            Una cosa del genere in UK (ma anche secondo le destre nostrane, in parte al Eno) è anatema.

            Insisto: ai privati le cose superflue, al pubblico i servizi essenziali.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • roberto scrive:

              L’ATAC sta al servizio pubblico come gli inglesi stanno alle privatizzazioni!
              Non puoi prendere la patologia solo da una parte per dimostrare la tua tesi

              • Francesco scrive:

                >>> Beh, l’ATAC (che conosco bene 🙁 ) sta ai servizi pubblici come il gulag sta al socialismo. 😉

                come si dice AUTOGOLLONZO dalle vostre parti?

                😀 😀 😀

  16. tomar scrive:

    Francisci excerpta (e non provateci a chiamarli slogan):

    “il “capitalismo” è vivo e si evolve in modo adatto all’ambiente…

    è uno dei belli del capitalismo: cambia ogni giorno, erode le rendite di posizione, permette a nuovi entranti di farsi largo…

    ci sono dettagli quasi irrilevanti del tipo “in massa” o “più profitto” che si possono fare meglio…

    questa visione apocalittica della perdita del posto di lavoro, così avulsa dalla realtà…

    Bentham detto! o era Pangloss?

    • Francesco scrive:

      Smith, Schumpeter, Ricardo, tutta la scuola austriaca, credo di avere parecchi numi tutelari!

      tranne l’ultima cosa che credo di poter citare qualunque autore anglosassone, di solito hanno un CV di lavori svolti prima di iniziare a scrivere che non finisce più

      ho sempre pensato che Checco Zalone fosse un comico e non un teorico della politica

    • Francesco scrive:

      >>> il “capitalismo” è vivo e si evolve in modo adatto all’ambiente

      forse qui c’è un malinteso: intendo ambiente quale “ambiente economico”, l’insieme di tutte le condizioni esterne all’impresa singola.

      oggi si usa più in altro senso, in effetti

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ francesco

        “ambiente economico”

        Ma se oggi nemmeno gli economisti separano più l’ambiente “economico” da quello tout-court degli ecologisti, dài! 😉

        L’impresa col capannone se lo vede tirar via da una frana o un’alluvione? Magari se non si cementificava fino all’ultimo centimetro quadrato di territorio non succedeva. E magari (ne ho esempi vicino casa mia) si era cementificato per ricavare parcheggi proprio per i dipendenti dell’impresa, che così arrivando al lavoro non toglievano parcheggi ai residenti…

        Il capitalismo è stato inventato quando nessuno pensava che le risorse ambientali fossero illimitate.

        Può forse esistere un capitalismo in un ambiente a risorse limitate?

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          >>> Può forse esistere un capitalismo in un ambiente a risorse limitate?

          certo, ha senso solo se le risorse sono limitate, a distribuire le risorse illimitate vanno benissimo comunisti, preti, socialisti, anarchici, chiunque

          • quisquiliator scrive:

            Ci sono stati vari tipi di capitalismo,approssimativamente dagli anni Ottanta in Occidente va per la maggiore quello cosiddetto neoliberistico basato sul principio del socialismo per ricchi.
            Come ogni altra cosa in quest’epoca altamente orwelliana tutto è basato su di una serie di manipolazioni logico-cognitive.
            Un esempio con cui tutti abbiamo a che fare in Italia è quello del debito pubblico.
            Come si sa le principali posizioni economiche sono bilaterali : per ogni vendita c’è un acquisto, per ogni debito c’è un credito.
            Quando te la sei sentita menare sul fatto che per ogni ” povero pargolo” nato in Italia grava un tot di debito pubblico, ti sei mai chiesto come mai non te la venga menata che parallelamente ci sono per così dire “meno poveri pargoli ” che nascono con un bel gruzzolo di credito pubblico ?

            • Francesco scrive:

              in effetti lo ho letto spesso ma mi manca il passo successivo: cosa comporta il fatto che i titoli di debito della Stato italiano siano investimenti di altre entità? io non mi sento affatto meglio, sapendo che come cittadino sono tenuto a pagare quei titoli

              ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            “limitate”

            Che il libero mercato sia un allocatore ottimale di risorse è il risultato di Pareto (anche se non è mai ottenuto con la ‘mano invisibile’ di Bentham, come mostrò Nash).

            Che l’unico criterio valido sia il profitto dell’investitore, come nell’affermazione famosa di Adam Smith per cui “non dalla bontà d’animo del fornaio ci aspettiamo il pane, ma dalla sua ricerca del profitto”, in un mondo a risorse limitate mi sembra assurdo.

            A furia di esaurire risorse, infatti, alla lunga non c’è n’è più manco per il fornaio più competitivo.

            I soldi mica si possono mangiare.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              infatti i prezzi dei beni esauribili iniziano ad aumentare ben prima che finiscano

              come gli investimenti in prodotti sostitutivi

              e tutto mosso dalla ricerca del profitto

              su questo punto credo che il mercato funzioni benissimo

  17. tomar scrive:

    aggiuntina ai Francisci excerpta:

    “mi pare di capire che (ndr le BR) hanno scoperto la globalizzazione e che cercano affannosamente di leggerla con lenti da piccoli maestrini marxisti ed effetti comici”

    Peccato che di globalizzazione, benché tale tendenza fosse già chiaramente indicata da Marx nel Manifesto del 1848, si parli oggi pressoché esclusivamente in riferimento agli anni che vanno dalla fine dello scorso millennio, dopo la caduta del socialismo reale, ai giorni attuali (nei quali sembra per altro essere in apparente crisi).
    Dunque alle BR, benché fossero “pidocchi sulla testa di elefanti”, va riconosciuto che almeno a questo riguardo sapessero vedere un po’ lontano, forse più lontano dei maestrini pidocchi che razzolano più in basso… tra Giavazzi e Alesina.

    • Francesco scrive:

      se stai dicendo che le BR hanno preceduto il gionalistume … non so quanto gli faccia onore

      tra l’altro c’era già stata un’ondata di globalizzazione prima della Grande Guerra, chiedi a Miguel per l’Argentina o all’Italia per l’emigrazione

      • tomar scrive:

        “Globalization, or globalisation (Commonwealth English; see spelling differences), is the process of interaction and integration among people, companies, and governments worldwide. The term globalization first appeared in the early 20th century (supplanting an earlier French term mondialization), developed its current meaning some time in the second half of the 20th century, and came into popular use in the 1990s to describe the unprecedented international connectivity of the post-Cold War world.” (wiki, che non sarà l’accademia che frequenti, ma neanche proprio giornalistume).
        Ma dato che tu, poiché non usi “lenti da piccoli maestrini marxisti”, hai potuto grazie ai tuoi maestroni informarci che “c’era già stata un’ondata di globalizzazione” ADDIRITTURA “prima della Grande Guerra”, vorrei di nuovo ricordarti che quel microbo di maestrino di Treviri ne parlava già ADDIRITTURA nel 1848.

        • Francesco scrive:

          Guarda che neppure io confondo Karl-poca igiene personale-Marx e i suoi epigoni!

          E da cattolico ho sempre apprezzato l’afflato universale di capitalismo e comunismo.

  18. tomar scrive:

    Per Miguel (soprattutto)
    questo testo di 44 anni fa (letto solo la prima parte) mi sembra che abbia azzeccato parecchie cose: http://www.sebbenchesiamodonne.it/risoluzione-della-direzione-strategica-febbraio-1978/

    “letto solo la prima parte”

    Anch’io, benché non mi chiami Miguel e nemmeno Franciscus, faccio fatica a reggere a lungo, soprattutto 44 gatti dopo, lo stile di quelle risoluzioni, in cui non è difficile cogliere, per chi l’ha un po’ conosciuto, il modo di argomentare more geometrico di Renato Curcio, insieme però a diversi fatali corti circuiti.
    Non mi interessa oggi soffermarmi sulle geometrie argomentative del René di allora, ma di che parla e come argomenta il René d’oggi?
    Mi sono totalmente disinteressato delle vicende di Renato Curcio successive alla sua
    giusta condanna a 28 anni di carcere (25 di reclusione, 21 in carcere di cui 12 di carcere duro), ma ieri sono andato a dare un’occhiata sulla sua wikibio e ho scoperto, se non come argomenta oggi, di che cosa parla oggi. Tralasciando la sua vasta produzione degli anni precedenti, ecco le sue ultime tre pubblicazioni:
    L’egemonia digitale. L’impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro, 2016
    La società artificiale. Miti e derive dell’impero virtuale, 2017
    L’algoritmo sovrano. Metamorfosi identitarie e rischi totalitari nella società artificiale, 2018
    Che te ne pare Miguel? Non è un de te (e de nobis) fabula narratur?
    Insomma, un occhiata a questi testi andrei a darla, anche per vedere lo stile argomentativo del Curcio Ri-nato.
    (sperando di non scoprire, dopo questa mia uscita, che questi testi Miguel li ha già letti da mo’… e magari anche puntigliosamente sottolineati).

  19. Miguel Martinez scrive:

    Allora, sui bus che saltano le corse a Firenze, lasciando come esternalizzazione i Sangiorgi che devono salvare le vergini dai draghi.

    So che ho posto una domanda strana.

    Allora, la Regione Toscana ha affidato tutti i trasporti su ruota a un’unica ditta privata, francese.

    La Regione Toscana paga con soldi pubblici la ditta privata, per ogni chilometro trascorso.

    Quindi la ditta privata francese fa un calcolo di questo tipo (non mi impiccate alle cifre, tutte sparate a caso):

    la linea 99 copre 5 chilometri.

    Il limite di velocità in città è di 50 chilometri orari.

    Quindi l’autista arriva da A a B in 10 minuti. Ma ci sono venti fermate, per ogni fermata concediamo 30 secondi. Quindi aggiungiamo altri dieci minuti.

    Si stabilisce che ogni corsa richiede 20 minuti, tre corse all’0ra.

    In un giorno ci sono 24 ore, quindi l’autista può fare 72 corse al giorno, e si chiede alla Regione di pagare alla ditta privata la cifra equivalente.

    Ora, tutto il sistema salta appena (come accennava Roberto) c’è l’auto di traverso, c’è il minimo ingorgo, ma la ditta privata non racconta questo.

    Le corse saltano ovunque, le diciottenni rischiano, ma il privato guadagna.

    • Miguel Martinez scrive:

      preciso che la linea 99 non esiste a Firenze, e che non ci sono le stesse corse 24 al giorno, era solo per dare un’idea del meccanismo.

    • roberto scrive:

      Giusto per pignoleria la RATP è una società pubblica detenuta al 100% dallo stato francese

    • Francesco scrive:

      scusa ma se è pagata per fare km non dovrebbe saltare mai nessuna corsa …

      e in ogni caso il problema sarebbe il contratto fatto dal Comune, non la privatizzazione in sè

      pensa che a Roma gli autisti sono pagati e basta e le corse non le fanno proprio (almeno così mi dicono i romani)

      • roberto scrive:

        francesco

        “il problema sarebbe il contratto fatto dal Comune, non la privatizzazione in sè”

        sono totalmente d’accordo ed è quello che cercavo (inutilmente) di dire sopra ad andrea su oxford, lussemburgo e appunto roma…

        “pensa che a Roma gli autisti sono pagati e basta e le corse non le fanno proprio (almeno così mi dicono i romani)”

        confermo 🙁

        • Francesco scrive:

          il mio problema è che questa discussione è già stata fatta negli anni 70 del secolo scorso (in posti dove non si perdeva tempo con le Bierre e i NAR)

          ho un senso di deja vù pazzesco

  20. Miguel Martinez scrive:

    Aggiungo, ma è ovviamente solo una mia richiesta emotiva, qui nessuno è certamente obbligato a commentare su cose che non gli interessano.

    Però mi colpisce come nessuno abbia comentato questo.

    Io ho visto ammazzare dei ragazzi allora miei coetanei, di “destra” e di “sinistra”, che a diciassette anni non potevano avere, né da una parte né dall’altra, tante colpe.

    Ognuno di loro è stato, per me, un essere umano, di cui ricordo ancora qualcosa.

    Poi le Brigate Rosse hanno detto che ammazzare diciassettenni, quantomeno, era una perdita di tempo.

    E che se dovevi sparare a qualcuno, dovevi sparare alla gente potente, in grado di fare davvero il male.

    Ma appena le BR hanno sparato, invece che a diciassettenni, a magistrati, imprenditori, trafficanti, tecnici del dominio… ecco che nascono i Funerali di Stato, gli Anni di Piombo, l’Orrore per il Male.

    Ammiro da quarant’anni Sandro Pertini, che a differenza di tutta questa gentaglia, ebbe il coraggio e l’onestà di condannare il fatto che il mio amico Paolo D. fosse stato ammazzato a colpi di chiave inglese.

    • tomar scrive:

      Miguel: “Però mi colpisce come nessuno abbia commentato questo”

      Qualcosa mi sembra che almeno tomar abbia detto al riguardo.
      Aggiungo qui ora un particolare ricordo personale.

      Sarà stato nel 1975 o 1976, io insegnavo nei corsi 150 ore nell’ex Stalingrado d’Italia e quell’anno avevo come collega di modulo un dirigente di Avanguardia Operaia.
      Ricordo come una volta, tornando dal lavoro, passammo oltre un’ora parlando nella sua macchina: io cercavo di esprimergli tutta l’angoscia che provavo per la pratica del cosiddetto “antifascismo militante”, che ormai quasi ogni giorno lasciava sanguinante a terra in questo o quel quartiere un “fascio” ragazzino.
      Lui non era certo un tipo truculento e concordava con me che quella “pratica” non era cosa buona e tuttavia avvertii chiaramente che non lo faceva star male come me. Riteneva che altri fossero i temi “politicamente” più importanti.
      E infatti non ne parlammo più.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “chiave”

      Una Partigiana Genovese così rispose qualche anno fa durante le celebrazioni per il 25 aprile a un giornalista che le chiedeva di rispondere a chi rivendica la buona fede dei caduti repubblichini:

      “I morti sono tutti uguali. Non sono uguali le cause per cui sono morti”.

      Così va sempre distinto il dolore umano per la morte di una persona – che non deve dipendere dalla politica – dal giudizio politico, che dipende dalle circostanze.

      Mia madre aveva un cugino carissimo che dopo l’otto settembre andò volontario coi repubblichini “per salvare l’onore della Patria”. Non tornò. La sua più cara amica, Piacentina, ebbe un cugino crocifisso di repubblichini. Rimasero amiche carissime per quarant’anni; non una volta le ho mai sentite discutere sulla Resistenza.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Andrea Di Vita scrive:

        di repubblichini=dai repubblichini

      • tomar scrive:

        per ADV

        “I morti sono tutti uguali. Non sono uguali le cause per cui sono morti”.
        D’accordissimo, ma questa frase mi sembra come minimo fuori luogo, se tirata fuori a proposito di quelle chiavi inglesi di cui abbiamo parlato io e Miguel.
        I ragazzotti dei quartieri che in quegli anni a Milano praticavano lo sport della chiave ai danni dei “fasci” loro coetanei erano fascisti più o meno inconsapevoli, come squisitamente fasciste, l’ho già detto qui, erano le grida nei cortei “faremo più rosse le nostre bandiere con il sangue delle camicie nere” o “il sangue fascista fa bene alla vista”.

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ tomar

          “chiavi”

          Ti credo sulla parola, anche se faccio davvero molta fatica a vedere un fascio nei panni della vittima innocente.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            Andrea

            dai cazzo, i ragazzini sono ragazzini e nel 99% dei casi non sanno cosa stanno facendo.

            Sennò finisci a sciogliere il partito Baath iracheno e a precipitare un paese nel caos perchè era un partito “cattivo”.

            La realtà è sempre più complessa delle ideologie, come direbbe Lenin prima di farti fucilare.

          • tomar scrive:

            ad ADV
            “faccio davvero molta fatica a vedere un fascio nei panni della vittima innocente”

            E invece a proposito di quei ragazzi di cui parlavamo io e Miguel si può proprio parlare di vittime “innocenti”.
            E ho messo innocenti tra virgolette solo perché quei ragazzi erano senz’altro quasi tutti giovanilmente stupidi, arroganti e protervi (e qualcuno anche violento) come lo erano quasi tutti i loro coetanei del fronte opposto, stupidamente rapiti dal mortifero fascino dell’Hazel 36.
            E a proposito di Hazel 36 mi viene ora in mente un altro slogan diffuso nei cortei specialmente tra i cordoni dei servizi d’ordine: “Hazel 36 fascio dove sei?”.
            Insieme alla solita irresistibile attrazione per la rima vediamo qui anche la fascinazione estetica, schiettamente fascista, per lo strumento di morte.
            Vorrei però chiudere queste riflessioni su quegli anni con un ricordo del tutto diverso, per non dire opposto, il ricordo di quello che mi disse una volta Franco Fortini parlando della sua esperienza partigiana nella Repubblica dell’Ossola: si combatteva, ma molti di noi andavano a uccidere con la morte nel cuore.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        ““I morti sono tutti uguali. Non sono uguali le cause per cui sono morti”.”

        Beh certo.

        E’ molto diverso morire a diciassette anni per una fantasia romantica di qualche “causa” come il topo Gigi morto per difendere le pietraie del Carso o del gatto rosso morto per Stalingrado.

        E morire a cinquanta perché pagato per robotizzare una fabbrica o per chiudere la gente in galera o per fare la guerra.

    • roberto scrive:

      miguel

      “Però mi colpisce come nessuno abbia comentato questo.”

      non c’é molto da commentare….puoi avere i sogni migliori del mondo ma se lasci dietro di te un povero cristo con la testa spaccata per me puoi tranquillamente accomodarti in una comoda cella per riflettere su come si vive in società. vale per tutti, rossi neri gialli bruni….

      poi che il sangue di un magistrato o un giornalista o di un sindacalista sia più “notizia” di quello di un povero cristo qualsiasi non mi sembra sorprendente

      in fin dei conti quando baresi ai mondiali del 94 si è rotto il menisco lo sapevano tutti. io ho avuto lo stesso incidente nel 2020 giocando in seconda divisione di una oscura lega dilettantistica lussemburghese e nessuno se ne è minimamente preoccupato al di fuori della cerchia dei miei conoscenti

  21. Moi scrive:

    Sulle BR, ricordo bene solo quando uccisero Marco Biagi … in pratica, con macabra ironia della Storia, un riformatore “avantissimo” nel Mondo del Lavoro (… avete presente la celebre scena di Alberto Sordi ?) fatto fuori con pochi spari da gruppetto di Fossili rimasti agli Anni ’70 ! … Gesto rivelatosi contropruducente, con il Martire per le Riforme Liberali che in meno di vent’ anni ha reso “Novecenteschi” molti Diritti Acquisti che i Lavoratori credevano “eterni” … ma NON i Diritti Acquisti di Politicanti e Beneficiari di Voto di Scambio senza scrupoli né pudore !

  22. Moi scrive:

    Follia, Arte , Impegno … 😉

    https://www.iodonna.it/video-iodonna/attualita-video/zuppa-di-pomodoro-contro-i-girasoli-di-van-gogh-la-protesta-di-due-attiviste/

    Zuppa di pomodoro contro “I Girasoli” di Van Gogh. La protesta di due attiviste
    L’azione dimostrativa è del gruppo “Just Stop Oil”, che da tempo mette in scena questo genere di proteste per chiedere al governo britannico di non avviare nuovi progetti petroliferi. L’opera d’arte conservata alla National Gallery di Londra non avrebbe riportato danni

    [ spoiler 🙂 :

    una tela da decine di milioni di euro ha il vetro di protezione]

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ moi

      “arte”

      È stato notato che in un filmato che circola in Rete le “ecologiste” hanno ben mostrato la marca della salsa usata come arma, marca che afferisce alle proprietà della consorte di Al Gore.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  23. Miguel Martinez scrive:

    Qualcuno che scrive l’ovvietà che nessuno ha il coraggio di scrivere.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/18/giorgia-meloni-fatela-governare-diventera-democristiana/6839951/
    Francescomaria Tedesco

    Francescomaria Tedesco

    Filosofo della politica
    Politica – 18 Ottobre 2022
    Giorgia Meloni? Fatela governare, diventerà democristiana

    L’Italia dal dopoguerra ha perseguito la strada dell’assorbimento dei fascisti tra i ranghi dello Stato. Il presidente del “tribunale della razza” divenne presidente della Corte costituzionale. Ciò ha dato vita a una particolare dialettica tra continuità e normalizzazione, come sa chi conosce il funzionamento di un argine che allo stesso tempo frena e assorbe.

    L’alternativa che in queste ore, dopo l’elezione di La Russa a presidente del Senato e di Fontana a presidente della Camera, qualcuno vorrebbe profilare per i neo-post-fascisti (a chiacchiere, perché in realtà si è sempre pronti a cucinare insieme delle pietanze politiche escrementizie) è forse la loro espulsione? E l’accusa di fascismo ed eversione dell’ordine repubblicano è pronta a cadere non appena si intraveda il solito governo di larghe intese?
    Mancano i ministri, ma il sottogoverno c’è già. Anche Meloni si affida ai boiardi di Stato: da Deodato a Chieppa, la lista dei soliti noti

    Meloni, Salvini, La Russa e compagnia (o camerata) devono governare. E non si dica che è lo stesso discorso, sbagliato, fatto con Berlusconi dal centrosinistra (“fatelo governare, si rovinerà da solo”), perché con Berlusconi c’era un vulnus che qui non c’è. Meloni non ha televisioni (conflitto di interessi), non ha procedimenti penali, non ha condanne. Semmai, per l’appunto, il problema riguarderebbe la presenza di Berlusconi, ma lì il fascismo non c’entra più, c’entrano le solite questioni appena menzionate e mai risolte proprio da coloro che spostano continuamente il fulcro per mettere certe discussioni su un binario morto e indurre l’opinione pubblica a parlare d’altro, da Peppa Pig al saluto romano, che pure fa orrore. E a proposito di quest’ultimo: si badi bene, qui non si sta sostenendo che non ci siano fascisti in Italia, che non ce ne siano in parlamento e che non ce ne saranno al governo. Al contrario, ci saranno, e lasceranno una scia escrementizia dai provvedimenti che approveranno fino alle solite dichiarazioni che ci toccherà risentire.

    Ma devono governare. E non soltanto per la legittimazione democratica che gli promana dalle urne — senza tuttavia dimenticare che i voti di Giorgia Meloni non sono quelli del 26% degli italiani, né il 26% degli aventi diritto, ma il 26% dei votanti, e che invocare la volontà popolare di fronte a questi numeri è grottesco — ma per un motivo strategico: governare significa ridursi a più miti consigli, finirla di fare i barricadieri, cominciare a lavorare mentre l’Ue ti tira l’orecchio.

    Meloni introietterà il vincolo esterno, farà le politiche economiche che deve fare secondo il diktat europeo e forse sotto l’ala protettrice di Mario Draghi. Potrà dare, da leader scaltra quale è, qualche spolverata di destra sociale, qualche provvedimento propagandistico, qualche specchietto per allodole. Ma governerà come una democristiana e anche nei toni cambierà atteggiamento, come si è visto già peraltro dalla sua tiepida partecipazione alla convention dei fascisti spagnoli di Vox.
    Il video-messaggio di Meloni al raduno di Vox: “Non siamo mostri, viva l’Europa dei patrioti. L’Ue sia pragmatica e non si leghi alla Cina”

    S’ode intanto il tintinnare di cartelli e tazebao, l’invocazione della Grande Manifestazione Popolare contro il fascismo. La GMP, panacea di tutti i mali. Questo non vuol dire che la mobilitazione sociale non servirà. Ma se deve essere la solita sfilata di tromboni e madamine, che di sociale non hanno niente, allora no, grazie. La mobilitazione sociale la si faccia fare a chi ne ha donde, e se si riesce, in parlamento si interpretino le loro istanze, invece di inciuciare per governissimi. Ché non c’è niente di più ipocritamente truffaldino, come sapeva il Canetti di Massa e potere, del travestirsi da preda per meglio cacciarla. Che il parlamentare voglia giocare il doppio ruolo di rappresentante senza vincolo e di voce diretta è un cortocircuito a cui assistiamo da tempo: l’equivalente di una protesta contro se stessi.

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