Osservare gli estremisti è sempre interessante.
Gli estremisti non contano nulla, ma portano alla luce, in modo visibile, cose che altrove restano nascoste. Tra cui trasformazioni veloci, dovute a fattori esterni.
Ad esempio, lessi tempo fa uno studio interessante sugli “autonomi nazionali” tedeschi [1], che spiegava come i “radicali di destra”, da sempre legati a princìpi gerarchici, avessero scoperto che l’unico modo per sopravvivere alla repressione consistesse nel diventare anarchici. Copiarono quindi non soltanto il linguaggio dell’estrema sinistra, ma soprattutto eliminarono ogni struttura gerarchica al proprio interno, diventando un libero flusso di individui.
Una mutazione darwiniana, quindi.
Un’altra mutazione che mi ha sempre colpito è quella dell’abbigliamento.
Quando ero ragazzo, i compagni si riconoscevano subito da un’aria austera: i capelli e la barba non erano solo lunghi, erano soprattutto poco curati, e il famoso eskimo era innanzitutto un capo economico e pratico. Qualcosa di radicalmente diverso dall’abbigliamento curato e creativo dei freak, da cui i militanti si tenevano molto lontani (pensiamo che anche in Lotta Continua, si veniva espulsi se sorpresi a fumare una canna).
Ma proprio questa austerità francescana era un’immagine forte e all’epoca anche vincente e seducente.
I camerati erano invece irriconoscibili: per aspetto erano ragazzi normali, ovviamente nel senso dell’epoca, e assolutamente perdenti a livello simbolico, tanto che idee marxiste o comunque modi “di sinistra” di ragionare penetrarono profondamente nel mondo neofascista, rappresentato molto bene nel libro (e nell’ottimo film) Il fasciocomunista.
Poi erano gli anni in cui i cattolici tradizionalisti e fascisti dei Tacuara in Argentina diventarono l’ossatura della guerriglia Montonera contro il regime militare, per processi non diversissimi da quelli vissuti da tanti in Italia allora.
Ecco un corteo neofascista del 1972:
Anche questa è una forma di austerità, magari più piccolo borghese, senza per questo essere mite: erano anni di sprangate e di bombe quotidiane.
In anni in cui io ero su altri pianeti, deve essere successo qualcosa di radicale. Da una parte, sono nate nuove mode di sinistra, dove i maschi sono diventati molto più attenti alla propria apparenza, tra keffiye e rasta, proprio mentre la sinistra perdeva il proprio fascino.
Dall’altra, a destra, c’è stato un cambio di aspetto radicale.
Anche negli Anni Settanta, tanti cercavano di mettersi in mostra, facendo i cretini nella maniera più varia. Ma non cercavano di mettersi in mostra davanti alla macchina fotografica, cosa che evidentemente appassiona questi due giovani. Hanno poi le braccia esposte, per far vedere un certo numero di narcisistiche mutilazioni, utili anche quelle all’immagine.
E poi, il fascista degli anni Settanta magari pretendeva la socializzazione delle fabbriche, ma non si sarebbe mai fatto vedere trasgressivo dalla zia.
Questa svolta è evidentemente legata a un immaginario anglosassone, e penso che non sia un caso: perché solo dal mondo anglosassone i camerati hanno potuto importare una svolta ideologica completa. Infatti, come si è già notato qui, negli anni Settanta, le questioni etnico-razziali non erano nemmeno immaginabili, in mancanza di stranieri. E anzi, il mondo neofascista era molto spesso legato all’immigrazione meridionale nelle grandi città.
Improvvisamente, questo mondo si è riorientato sulla lotta all’immigrazione, e in mancanza di precedenti culturali, doveva importarli dagli americani, ossessionati da generazioni con la sopravvivenza dell’uomo bianco.
Ma questo nuovo immaginario forgia un’identità, crea una presa su tanti giovani che il vecchio immaginario “normale” non poteva assolutamente avere.
E quindi, finisce per essere imitato anche a sinistra.
I Cani da birra sono un gruppetto, palesemente romano, di skinhead di sinistra, gente che costituisce una buona parte del movimento antifa internazionale.
L’iconografia dei loro video è interessante, perché mostra un’inedita sudditanza a sinistra a modelli di destra, paragonabile alla sudditanza culturale di tanta destra alla sinistra negli anni Settanta.
Ad esempio, guardiamo questa processione che compare nel video, Cani da Birra:
La vecchia bandiera sovietica, con i suoi ricordi militari; lo stendardo dei pirati di D’Annunzio e degli Arditi (anche del Popolo); il tricolore nazionale, e i giovani skinhead schierati in un ordine militare molto diverso da quello storico dei cortei di estrema sinistra, che è ancora sostanzialmente quello anonimo (e diciamolo, molto più pratico) degli anni Settanta:
In un altro video dei Cani da Birra, intitolato Morte al fascio, troviamo un riferimento sorprendentemente colto:
Non ho idea cosa siano le due asce, ma riconosco subito le tre frecce.
Sergej Chakhotin, o Ciacotin (per scrivere il nome come si trova nella traduzione della sua opera in italiano), nato a Istanbul, discepolo personale di Pavlov, combattente russo bianco contro Lenin, profugo della diaspora…
alla fine degli anni Venti, propose al Partito Socialdemocratico Tedesco un ampio progetto per mobilitare le masse contro Hitler, basandosi sugli insegnamenti di Pavlov. Non ho più il suo affascinante libro, ma mi ricordo che si fondava sulle reazioni istintive delle persone e sulla necessità di tirar fuori l’innata aggressività dell’essere umano, e le tre frecce erano il riassunto di tutto il suo progetto.
Un altro elemento importante che emerge, sine ira et studio, dalla riflessione sugli estremisti è l’importanza degli spazi collettivi/privati.
Non siamo soltanto esseri diplomatici, abbiamo anche bisogno di luoghi in cui sfogare emozioni profonde, e trovarci tra di noi contro qualcuno, in cui fantasticare di cose tremende che vorremmo fare a loro, tanto non le faremo mai. E dove è possibile anche una certa dose di ironia, di comprensione tra persone che condividono anche loro un sentimento.
Che è uno spazio negato in qualche modo dal bisogno facebookiano di apparire sempre e ovunque perfetti.
Di esempi di destra, ce ne sono molti – basta cercare Boldrini su un motore di ricerca – ma sono onestamente poco creativi, e molto legati anche a solitudini individuali.
In termini estetici, è molto più elegante e sano, Morte al fascio voglio vederti morire.
Nota:
[1] Jan Schedler e Alexander Häusler, Autonome Nationalisten Neonazismus in Bewegung
In termini estetici, e senza sonoro, mi fa un pò cagare. Raffazzonano immagini che sembrano bambini delle elementari obbligati a fare una ricerca.
E la nera che prende a pugni una croce (KKK?) c’entra come i cavoli a merenda.
Potrebbe essere interessante capire QUANDO l’estetica borghese è andata in pezzi e ad opera di chi. La pubblicità?
In effetti se oggi dovessi pensare al giovane di sinistra non saprei come immaginarlo, diviso tra il punkabbestia che puzza come da nome e un giovinotto borghese elegantino e quasi fighetto. Mentre il giovane di destra in effetti ha la sua divisa, tra tatuaggi magliette e analfabetismo esibito.
Ciao
Per Francesco
Sì, in effetti ti manca il testo, che non so se sia originale, o sia solo dedicato in questo caso ai “fascisti” di cui si vede un affascinante esemplare dal naso uncino e i capelli ricci spiaccicato sotto lo stivale.
Però è simpatico anche come ironia (“ti trito col mulinex” non l’ha detto nemmeno il più appassionato cultore della Boldrini):
“Voglio vederti morire
Voglio vederti soffrire
Voglio vederti sanguinare
Voglio vederti sudare
Voglio vederti sepolta
Voglio vederti morta
Voglio vederti scorticata
Voglio vederti sodomizzata
Voglio il sangue!
Adoro i teschi!
Colleziono cadaveri!
Bevo sangue di capra vagante
Ti trito col mulinex
Ti amputo gli arti
Ti stronco con la mannia
Ti uccido i parenti
Ti stupro la cagna
Ti mangio il canarino
Ti butto il pesce nel cesso e dopo mi confesso
Messe nere
Malati di mente
Sacrifici umani
Viva il male viva il diavolo
Sono satanico cadaverico necrofilo e putrefatto
Riviste pornografiche necrofagia decomposizione riesumazione”
Non è una presa in giro?
Sembra dedicato al cuggino antifa fissato che, dopo due birre, inizia a declamare cosa farebbe ai neri
Mah, brutta cosa i giovani
😉
Per Francesco
“Non è una presa in giro? ”
sì e no, proprio come quelli che esprimono fantasie strane sulla Boldrini: non si capisce l’Italia, se non si capisce questa capacità di gridare, “areggetemi se no je meno!”, sapendo anche di far ridere mentre lo si fa.
OK, non capisco ‘sti stronzi che fanno le sceneggiate.
per fortuna appartengo a un’altra tribù di italiani, non siamo tutti uguali.
ciao
La cultura italiana delle minacce, delle maledizioni, delle affermazioni iperboliche e giocose, meriterebbe un lungo studio.
Non a caso, Mussolini faceva il buffone, che a fare il buffone ci vuole una certa intelligenza; e se ci pensate, Renzi, Grillo, Salvini, Berlusconi sono tutti buffoni in qualche misura. Altrimenti, non li voterebbero.
Non ho presente un solo fanatico (che è il contrario del buffone) che abbia avuto successo in Italia, a partire da Savonarola.
Secondo me il fanatico non è necessariamente il contrario del buffone, nella tua accezione almeno.
Anzi, mi sembrano due aspetti della personalità che nella vita vanno spesso d’accordo.
Per Z
“Secondo me il fanatico non è necessariamente il contrario del buffone”
E’ una bella riflessione.
Il fanatico non è esibizionista, non si vede spesso nemmeno, non molla mai e non cambia mai idea.
Il buffone è tutta scena, e si diverte di se stesso.
Eppure capisco quello che dici: esiste gente che è esibizionista, ama rendersi ridicola, eppure vuole imporre se stesso agli altri a tutti i costi.
Più che altro, esiste gente che è fanatica e vuole imporsi agli altri a tutti i costi. Il mondo ne è pieno!
Ma non l’Italia.
L’italiano può voler distruggere il vicino, ma non vuole salvare il mondo, anche perché per l’italiano il mondo è il suo quartiere e anche quando parla dell’Australia, ne parla come di un’estensione del suo quartiere.
Non c’è fanatismo nel voler andare in culo al vicino, ma sono invidia (nell’accezione ampia, quella per cui tutto ciò che ti succede di male mi fa godere e tutto ciò che ti succede di bene mi fa rodere).
Marco Travaglio? a me pare un fanatico, anche se lo detesto talmente da non seguirlo per più di pochi secondi
e di certo ha avuto un successo relativo
Salvini … sono indeciso se sia un fanatico che usa affermazioni “da buffone” per avere più potere o uno che non vuole lavorare e … vedi sopra.
Mussolini non sarà stato troppo un fanatico ma di guai ne ha fatti a bizzeffe
ciao
Per Francesco
“Marco Travaglio? a me pare un fanatico”
Per quel poco che ne so, potrebbe essere un buon esempio di “fanatico ma non buffone”
Infatti in fondo non è un italiano.
O, meglio, lo è, infatti ha successo in quanto se la prende col reprobo di turno, quindi diventa un uomo di parte.
A nessuno piace Travaglio perché castiga tutti: Travaglio piace a Tizio perché parla male di Caio, che è il nemico di Tizio.
Vorrebbero farmi votare PD per la paura di cosa accadrebbe con un governo Di Maio-Salvini-Meloni … posso deprimermi?
Certo che puoi. Poi però vota PD.
🙂
no, prima dovete cacciare la Cirinnà. ci sono questioni più importanti del mero destino di una nazione
tiè
Miguel,
in LC non mancavano certo i tossicomani DOC. Il movimento, all’epoca, era un discreto turbinar di spade: colpa del PCI, a sentir loro…
In effetti penso che siano gli skinhead di destra ad aver copiato il look da quelli di sinistra…
ma non in Italia: direttamente lassù in Inghilterra, dove gli scontri non direttamente politici tra rockers (motociclette, giacche di pelle copiate agli americani) e mods (scooter italiani, abbigliamento borghese che imita quello delle classi alte e medie) evolvono presto in direzioni politiche inattese.
Saccheggiati, là come qua, i magazzini di abbigliamento surplus militare, presto imitato da svelte ditte private.
In Italia è un grosso parka usato per pochissimo tempo da Marines e portuali ad avere fortuna (il famigerato eskimo, da subito divisa “di sinistra” negli anni Settanta);
in Inghilterra il giubbotto da aviatori in nylon MA-1 (il notissimo bomber, che in Italia diventa subito “di destra”negli anni Ottanta) e il “fishtail parka”, altro capo militare
(recentemente note case di abbigliamento popolare, come H&M, hanno rilanciato sia bomber che fishtail parka, con leggerissimo restyling di facciata, che sono tornati perciò ad avere grande diffusione tra gli studenti, ignari però di qualunque connotazione politica; scomparso l’eskimo, legato quasi esclusivamente all’Italia e perciò escluso da logiche di mercato planetarie…)
Beh, io nei paki-bashing ci vedo poca sinistra. Ma poi io voto la Bonino, cosa ci capisco io di sinistra 🙂
Voti Tabacci? 😀
Non lui in persona, ma lo voterei volontieri!
Prima di quello c’erano già gli skinhead.
Tutta quella roba strana, oi! ecc., di cui non so niente di preciso.
Non so perché l’Inghilterra è piena di “subculture”: in Italia ricordo solo gli “indiani metropolitani” e ahimè i “paninari”, il resto è tutto di importazione mi sa.
A me pare che già gli skinhead “apolitici” facessero cose del genere, certo senza riferimenti al nazismo…
Mi parlate arabo. Non so veramente nulla di ‘ste mode.
Che cazzo è un “parka”?
Un giaccone col cappuccio 😉
Sul look, già a metà anni 80 e limitandomi a Bologna, il look monastico di cui parla miguel era fuori moda a sinistra (solo quelli che vendevano Lotta comunista si vestivano così).
Anzi più eri trasandato più eri a sinistra e più ti vestivi da figlio di papà più eri a destra.
Per dire, per tutto il liceo non ho mai messo una camicia per non sembrare un fasciodimmerda, solo jeans, scarpe da basket e felpe o magliette, o meglio ancora tute, visto che ero fra gli sportivi più che fra i politici
Da noi al liceo non saprei dire: i fighetti (pochissimi e scherzati) si mettevano robe firmate, gli altri sostanzialmente quello che capitava.
Immagino che al liceo blasonato (ma peggiore 😀 pappapero) del non-capoluogo le cose stessero diversamente, non so.
All’università, sostanzialmente come dice Roberto.
Per dire, nella mia classe non avevamo neppure un singolo fighetto (ne passò uno dopo una serie di scuole private; fu bocciato e tornò alle private; non legò con nessuno, non parlava mai se non per dire scemenze, aveva simpatie di destra o credeva di averle, non era neppure di qualche specie ben conosciuta come gli emiliani, i lombardi o i meridionali, ma un misterioso ligure);
in quella parallela forse un paio, ma molto addomesticati.
Per roberto
“Sul look, già a metà anni 80 e limitandomi a Bologna, il look monastico di cui parla miguel era fuori moda a sinistra (solo quelli che vendevano Lotta comunista si vestivano così).”
No, intendevo dire che il look trasandato era anche austero. Quelli di Lotta Comunista invece si vestivano con cura, per non lasciare il monopolio dell’ordine e della pulizia alla destra.
La rottura la vedo con il nuovo look della sinistra. Da quando attorno al 1977 hanno cominciato a mettersi gli orecchini, è tutto un avanzare del narcisismo anche lì.
Chiediti piuttosto da quando le zie hanno iniziato ad apprezzare i tatuaggi.
Quello è stato il principio della fine
Per Francesco
“Chiediti piuttosto da quando le zie hanno iniziato ad apprezzare i tatuaggi.”
Hai ragione, è una domanda fondamentale.
Come è sbagliata la domanda, “da quando i bambini hanno tutti gli smartphone?”. La domanda giusta è, “da quando i genitori hanno cominciato a imporre lo smartphone ai bambini?”
Imporre?
Esistono genitori che comprano uno smartphone ai figli così, d’office, senza aver prima dovuto dire no 1234 volte?
bella questione
io non sono nel gruppo, se esiste
Per roberto
“Esistono genitori che comprano uno smartphone ai figli così, d’office, senza aver prima dovuto dire no 1234 volte?”
Beh, di nonne che lo fanno per la cresima, ce ne sono a bizzeffe.
I genitori che ho sentito io non hanno mai parlato di richieste da parte dei figli, dicevano soltanto “devo darglielo perché ce l’hanno tutti in classe”: è la frase tra l’altro che ha detto il primo genitore di una classe a dare uno smartphone al figliolo, quando gli altri non ce l’avevano ancora 🙂
Nella mia esperienza i bambini sono bravissimi a fare confronti, non servono adulti che li istighino.
A quel primo, fagli dare una ripassata dai Bianchi, se lo merita.
Ieri un mio alunno di 16 anni ha riferito di essere stato lui a fare pressioni pesantissime per costringere il padre a prendersi lo smartphone anche per sé, perché fino all’anno scorso (il padre) ancora non ce l’aveva, e viveva felice anche col telefonino semplice vecchio stile. Il ragazzo, invece, ha dichiarato di averlo avuto intorno ai 13 anni, e a quanto ho capito si vergognava di avere genitori che non lo usavano.
Quindi, se ne deduce che il padre avesse comprato lo smartphone al figlio alla cieca, senza avere personalmente nessuna esperienza e nessuna familiarità con il suo uso… e che abbia cominciato a usare una cosa che non gli interessava e che non gli serviva, solo perché il figlio gli ha fatto una testa così per convincerlo.
Circa i look,
io negli anni ’80 non ricordo proprio la categoria dei fighetti.
Alle medie andavo a una scuola privata e c’erano i paninari, che non erano affatto fighetti: erano ricchi, qualcuno nobile, ma cozzalissimi, parlavano come camionisti, in quel modo strascicato tipico della gioventù milanese di quegli anni.
Al liceo, al Berchet, c’era quella piccola borghesia anonima che più o meno vestiva ancora come negli anni ’70, cioè in un modo casual-non-caratterizzato. Poi forse qualcuno portava delle firme, ma non si notavano (è vero che io a quell’epoca non ne capivo un cazzo, quindi non me ne sarei accorto).
I fighetti li ho scoperti a Bari negli anni ’90: lì erano tutti, secondo il censo, o fighetti o topini (i topini erano i ladruncoli di quartiere e, per estensione, i cozzali, legati a un mondo al confine della legalità); tertium praticamente non dabatur. Ma a Milano non c’erano ancora: il milanese ci ha messo di più, perché è intrinsecamente troppo grossolano per fare il fighetto. Poi adesso si è infroscito pure lui.
Invece ho un pessimo ricordo dei giovani cozzali dei paesi attorno a Bari negli anni ’80 (a quell’epoca bazzicavo poco il capoluogo, arrivavo al massimo fino alla piazza di Carbonara): erano caricaturali: sembravano usciti da un film americano degli anni ’50, con tutta quella gommina in testa e le fronti aggrottate. Li distinguevi istantaneamente dai baresi: superavi la tangenziale e cambiava il tipo umano.
Capisco la sensazione:
negli anni Novanta, venendo dal parmense, pareva che a Parma esistessero solo donne tinte bionde, lampadate e vestite di nero.
Poi per fortuna si sono diversificate e sono riapparse le more, ricce, con aspetto naturale e vestiti a colori…. 😉
(peraltro diverse parmigiane “del sasso” che conosco sono decisamente mediterranee: more, carnagione scura, bassine… a prima vista tutti le prendono per meridionali. Mah?)
Si impara sempre qualcosa in questo blog. Questa di Chakhotin e delle sue tre freccie, proprio non la sapevo. Ieri sera, mi sono scaricato il suo libro del 1939 e me lo sono letto. Come ho fatto a mancarmelo? E’ interessantissimo. Mi era sfuggita la connessione fra gli esperimenti di Pavlov negli anni 1890 e la moderna propaganda. Ma è vero! Pavlov è l’origine di tantissime cose. E non ha fatto che riscoprire l’essenza del rituale religioso: ripeti la stessa cosa tante volte e diventa vera. E’ la base di tutte le tecnologie di persuasione.
Quale è il motivo per cui il rituale religioso funziona?
Una causa evoluzionistica, per cui se una cosa che hai fatto ieri non ti ha ucciso allora va bene (statisticamente) e la puoi rifare oggi?
Probabilmente è quella la ragione. Sviluppi delle configurazioni automatiche che ti rendono possibile fare cose che sai che funzionano con un minimo sforzo mentale. E’ quello che si chiama “training”.
Ma non è anche quella che i logici chiamano fallacia del tacchino induttivista?
Non importa essere furbi per sopravvivere. Ci sono probabilmente più tacchini di allevamento che tacchini selvaggi
sbaglio o sento puzza di liberismo?
😀
Francesco, ma tu non saresti una persona religiosa?
Religioso ma cattolico, quindi razionale, anzi illuminista secondo Benedetto XVI!
E trovo importante distinguere la vera religione dalla superstizione, dal comunismo (:D) e dalle trappole psicologiche. Nessuna di queste tre cose ha mai fatto risuscitare i morti.
Ciao
PS lui è la Verità, quindi non dobbiamo temere nulla di vero, giusto? non c’è rischio di smentita delle Sue parole
non sei d’accordo? sono interessato al tuo punto di vista, siamo in pochi a credere in un Dio qui nel blog