Il Nomos della Terra. Le istruzioni originali (1)

Molto lentamente, visti i miei impegni tra lavoro e quartiere, inizio a tradurre un saggio che ritengo molto importante.

Il saggio, ovviamente anonimo, presenta una visione e una strategia, corredata da alcuni esempi.

Gli esempi a volte illuminano, a volte ottenebrano, perché ci fissiamo su quelli su cui non siamo d’accordo. In realtà, la cosa è irrilevante: cercate di cogliere il senso generale di quello che ritengo un ragionamento strategico decisivo, in questi tempi.

Il Nomos della Terra. Le istruzioni originali

Ogni visione del futuro parla di catastrofe, di apocalisse climatica o di orde di zombie, di digitalizzazione di tutta la vita o del collasso totale del sé.

Queste fantasie ci ossessionano, perché non si tratta di fenomeni a venire, la grande attesa della melancholia.

Fanno parte in tutto e per tutto della devastazione in cui già viviamo, la catastrofe soffocata che già percepiamo, che già ci tocca in maniera così intima.

I ventenni giapponesi che si rifiutano di fare qualunque cosa se non starsene a casa e fissare i loro schermi, la foresta pluviale dell’Amazzonia che diventano savanna, gli americani che nascondono il loro profondo dolore esistenziale sotto la vesta del “non me ne frega un cazzo”, mentre corrono di lavoro in lavoro per mantenere l’apparenza di essere normali quanto il tizio accanto, o i contadini messicani che un tempo coltivavano un antico grano ereditato ridotti in miseria e costretti ad acquistare masa harina geneticamente modificata e priva di valore dal negozio.

Tutti insieme noi, ciascuno alla nostra maniera unica e radicata, stiamo vivendo le ultime scene dell’incubo liberale in tutte le sue catastrofiche permutazioni.

Fu nel cuore di ghiaccio dei ghiacciai che i climatologi per la prima volta registrarono il riscaldamento globale, dove la presenza di CO2 durante gli storici periodi abitabili era a un livello molto minore rispetto alle 400 ppm dell’aprile del 2014.

Sì, si stanno sciogliendo in maniera irreversible, mentre la massa sempre crescente di acqua ciclicamente e inevitabilmente crea un maggiore riscaldamento. Sì, finiranno per allagare tutte le principali città costiere. Sì, affogheranno quasi la metà della popolazione mondiale.

Ma significano molto di più per noi.

I ghiacciai sono gli archivi della terra, la memoria di mondi perduti: l’aria stessa della vita che ha composto questi mondi, costuitita dall’esalazione di miliardi di forme di vita e dal soffio di ominidi primordiali  mentre facevano i loro primi passi su due piedi, portando corpi composti di molecole forgiate tra le stelle.

Ma il ghiaccio del ricordo si scioglie in un oceano di dimenticanza.

Il passato imprigionato diventa un diluvio, e si innalza e sorge come i livelli del mare, in maniera incontrollabile. Il passato non passa: le barricate ghiacciate del Maidan ucraino, fatte di ghiaccio come di veicoli incendiati della polizia. Il muro cadente di ghiaccio attorno ai nuclei che continuano a sciogliersi del reattore Daiichi di Fukushima.

“L’invero arriva”, graffito della comune Gezi di Istanbul, è una dichiarazione di fine quanto una dichiarazione di guerra.

Il riconoscimento a tutto tondo che stiamo vivendo la fine di un intero modo di vivere, la fine di una civiltà che nessuno rimpiangerà, per cui nessuno accenderà una candela.

(continua)

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132 risposte a Il Nomos della Terra. Le istruzioni originali (1)

  1. mirkhond scrive:

    C’è abbastanza luce per chi vuol vedere e abastanza buio per chi non vuol vedere.
    Come sempre nella storia umana.
    Stiamo sprofondando nel baratro?
    Ci sarà sempre l’ottimista di turno che ci ripeterà che tutto va bene……

    • Miguel Martinez scrive:

      “Stiamo sprofondando nel baratro?”

      Attenzione, però il discorso che sto traducendo non è in sé pessimistico.

      Non si parla di “baratro”, ma di “fine di una civiltà”.

      Anche se espresso in modo forte e poetico, è un concetto fondamentale.

      • lordfranklin scrive:

        All’inizio – e a corrente alternata nel seguito – parla proprio, e precisamente, e nettamente, di baratro. Sentiamo i millenarismi in quanto veri.

        Poi prende a contraddirsi, ok, e Mad Max ha un seguito trash in cui diventa l’Apocalisse di Giovanni. E per un testo fondato su suggestioni ci sta anche, per carità.

    • Z. scrive:

      Duca,

      non temere, ci sarà sempre anche il pessimista di turno per cui il mondo – o quanto meno il capitalismo – finirà domani. E’ un mondo affollato e ci sono tante idee diverse!

  2. mirkhond scrive:

    abbastanza

  3. Z. scrive:

    Molti decenni fa, Orwell osservo che le descrizioni di società apocalittiche e malandate sono molto più interessanti delle descrizioni di società ordinate e serene. Che tendono ad essere molto noiose: Utopia di Moro non lo è, ma solo perché in realtà descrive una società allucinante e distopica, che incrocia il peggio della pseudo-idologia neo-con con il peggio del socialismo reale.

    Per altri versi, non ho mai conosciuto nessuno a cui il Paradiso di Dante sia piaciuto più dell’Inferno.

    • Andrea scrive:

      @ Z.

      “… Orwell osservo che le descrizioni di società apocalittiche e malandate sono molto più interessanti delle descrizioni di società ordinate e serene. Che tendono ad essere molto noiose”.

      Tendo ad essere abbastanza d’accordo. Anche se da ragazzino mi era piaciuto l’episodio dei cavalli parlanti – descritti come una civiltà migliore di quella umana – nei “Viaggi di Gulliver” di Swift. Ci sarebbe anche il paese di Mandala (fuor di metafora, più o meno, una Cina trasfigurata dalla fantasia) de “Le Avventure di Jim Bottone” di Michael Ende (lo stesso Autore de “La Storia Infinita”): ma qui si tratta proprio di ricordi dell’infanzia: lo leggeva mia zia a me e ai miei fratelli quando eravamo bambini… Ci sarebbe, poi, “La Città del Sole” di Tommaso Campanella, ma non l’ho ancora letta… 🙂 … Ci sarebbe “La Repubblica” di Platone, ma mi fa un po’ paura… 🙂 🙂 …

      “Per altri versi, non ho mai conosciuto nessuno a cui il Paradiso di Dante sia piaciuto più dell’Inferno.”

      Certamente l'”Inferno” ha dei passi bellissimi. Ma il “Paradiso” non è da meno: basti pensare a vette sublimi come la famosa “Preghiera di San Bernardo alla Vergine”…

      https://www.youtube.com/watch?v=DsrIRhaJ08U

      • Z. scrive:

        Orwell citava proprio quel passo di Swift come esempio di yawn 😀

      • Francesco scrive:

        stranissimo caso di concordanza “di cuore” con ADV

        uno dei motivi di fascino di Don Giussani per me è stata la sua capacità di leggere e far amare il Paradiso di Dante e di far rifulgere il bene

        l’Inferno piace a tutti

        🙂

        • Andrea scrive:

          @ Francesco

          “stranissimo caso di concordanza “di cuore” con ADV”.

          Grazie. Però, se ti riferisci a me, faccio solo presente che io (Andrea) non c’entro nulla con Andrea Di Vita 🙂 , che credo intervenga sul Blog da molto più tempo di me. Casualità vuole che abbiamo in comune il nome proprio (nonché alcune predilezioni in ambito filosofico e letterario, stando a quanto ho avuto modo di leggere). Io, in genere, intervengo abbastanza di rado, ma, se preferite, d’ora in poi, per evitare fraintendimenti, posso cambiare nickname (con il consenso di Miguel, ovviamente).

          Ciao!

          • Andrea scrive:

            “stranissimo caso di concordanza “di cuore” con ADV”.

            Per il resto… Che dire? “Il Cuore ha le sue ragioni, che la Ragione non conosce” … 🙂 🙂 🙂

          • Francesco scrive:

            in effetti un pochino strano mi suonava … ma neppure troppo, che ADV è convinto davvero che Robespierre e Stalin siano gli uscieri del Paradiso

            😀

          • Miguel Martinez scrive:

            “per evitare fraintendimenti, posso cambiare nickname ”

            Certo, nessun problema

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            “Paradiso”

            …perché, non lo sono? Se hai ragione tu, moltissime delle loro vittime adesso stanno a suonare l’arpa sopra le nuvole, nei secoli dei secoli 🙂

            Ciao!

            Andrea Di Vita

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Francesco

          “Inferno”

          Ecco perchè Don Giussani non me la conta giusta! 🙂 Dopotutto, Mark Twain diceva di preferire il Paradiso per il clima, l’Inferno per la compagnia.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            Dimenticavo: avrei voluto vedere Don Giussani a fare amare il Purgatorio…

            Ciao!

            Andrea Di Vita

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Andrea

        E’ bello essere epònimi…! 🙂 🙂

        Comunque, uno dei critici delle prime edizioni di “1984” scrisse precisamente che la “Repubblica” di Platone era più paurosa di “1984”, perchè Platone indica come desiderabile quello che Orwell addita come orrendo. (Riporto quanto citato nell’introduzione all’edizione Oscar Mondadori di trent’anni fa).

        Ciao!

        Andrea Di Vita

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      ” Orwell osservo che le descrizioni di società apocalittiche e malandate sono molto più interessanti delle descrizioni di società ordinate e serene”

      Perché non ho ancora mai visto la descrizione della società perfetta: in genere, appunto, dove qualcuno vede perfezione in realtà c’è solo un controllo sociale totalmente pervasivo od una anarchia caotica senza sbocco, a seconda dell’autore.
      Le distopie, invece, prendono facilmente spunto dalla realtà.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Z

      “Orwell”

      Fonte?

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Z. scrive:

        Lo lessi in un articolo su Sette, il supplemento del Corsera, parecchi anni fa. Forse faceva riferimento a un saggio di Orwell:

        Politics vs. Literature: an examination of Gulliver’s Travels

        che però non ho mai letto.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Grazie!

          Andrea Di Vita

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Z

          Ho ricuperato il saggio di Orwell (è nelle edizioni on-line Gutenberg, Orwell’ 50 essays). In realtà, recensendo i Viaggi di Gulliver, Orwell si limita a dire che le descrizioni delle utopie sono di solito noiose da un punto di vista letterario. E’ l’idea ricorrente in molti dei suoi scritti che la creatività letteraria si isterilisce quando viene condizionata da un qualsiasi credo ideologico.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  4. Roberto scrive:

    Savana con una sola n, priva di valore nutritivo e l’inverno arriva
    (Te lo segnalo Giusto se vuoi pubblicare la traduzione in qualche modo più formale del blog!)

    Perché *ovviamente* anonimo?

  5. Francesco scrive:

    << Ogni visione del futuro parla di catastrofe,

    io già smetto di leggere e torno a pensare al Milan, scusa, se si parte così si ha già deciso tutto!

    ciao

  6. Francesco scrive:

    >> stiamo vivendo le ultime scene dell’incubo liberale

    ah, allora l’autore anonimo è il nostro Duca, col suo mix tra depressione e odio per il liberalismo!

    non capisco allora perchè parli di traduzione

  7. Francesco scrive:

    >> la fine di una civiltà che nessuno rimpiangerà, per cui nessuno accenderà una candela.

    parla per te, io quando non si potrà più andare da Mac una lacrimuccia la verserò, anche se non posso andarci perchè sono celiaco. ma l’idea del cibo spazzatura mi scalda il cuore lo stesso.

    anzi se mi avvisi del Giorno del Giudizio un giorno prima, una scappata a farmi un triplo hamburger la faccio, tanto poi finisce tutto

    ciao

    • Peucezio scrive:

      Quindi la nostra civiltà è Mac…

      Io invece sono convinto che la nostra civiltà sia crollata da un bel pezzo.
      Si confonde la civiltà con l’organizzazione materiale della società.
      Civiltà è essere civis, è far parte organicamente di una comunità in cui ci si riconosce e che è la propria proiezione ideale, come lo può essere la famiglia.

      • Francesco scrive:

        diciamo che mi sono immedesimato nell’interlocutore

        per me la nostra civiltà è San Giovanni Paolo II e ho la certezza che a ogni civiltà ne succede un’altra, per cui non bisogna disperarsi più di tanto se i barbari devastano Roma – anche se fa impressione

        ciao

        • Peucezio scrive:

          “ho la certezza che a ogni civiltà ne succede un’altra”

          Ottimista!

          E se la civiltà fosse una delle modalità di esistenza dell’uomo?
          Chi ha detto che non possa esistere anche l’Uomo incivile (metto la maiuscola perché mi riferisco all’umanità, non al singolo)?

          • Z. scrive:

            Ma infatti è esistito anche l’Homo Incivilis – se vogliamo chiamare così i nostri progenitori non stabilmente insediati – fino diciamo a sette-ottomila anni fa o giù di lì.

          • Francesco scrive:

            l’unica cosa che mi infastidirebbe è l’estinzione

            tutto il resto è Storia

            ciao

          • Peucezio scrive:

            Non è storia.
            La storia del paleolitico che storia è?

          • Z. scrive:

            Indietro non si torna, Peucè. Non è affatto detto che andando avanti si migliori, sia chiaro, ma non si torna indietro 🙂

          • Peucezio scrive:

            “Indietro non si torna, Peucè. Non è affatto detto che andando avanti si migliori, sia chiaro, ma non si torna indietro 🙂 ”

            Sai che mi sfugge il senso di questa frase?
            In generale queste topiche, queste metafore spaziali applicate alla storia non mi convincono punto.
            Se davvero il tempo funzionasse come lo spazio, allora bisogna ricordare che non solo la superficie terrestre, su cui viviamo e su cui è costruito il nostro immaginario anche metaforico, ma lo stesso spazio, come insegna la Relatività Generale, è curvo.

            In ogni caso, se vuoi dire che tutti i fenomeni storici sono irreversibili, tutta la storia è una continua smentita di tale assunto, come di qualsiasi assunto d’altronde, visto che nella storia ci sono progressi enormi, salti in avanti, regressioni, salti indietro, ripetizioni, fenomeni del tutto inediti, fenomeni già visti, il tutto secondo logiche e meccanismi quasi mai prevedibili e lineari.

            A parte questo però non capisco la pertinenza col discorso che si stava facendo.
            La condizione di civiltà si può acquisire, come abbiamo fatto circa diecimila anni fa, ma si può anche perdere, anzi, secondo me l’abbiamo già persa da un pezzo: abbiamo cominciato circa cinquemila anni fa e ormai di essa esistono solo molte vestigia materiali e poche, pallide vestigia antropologiche.
            Siamo già fuori dall’homo civilis.
            In questo senso il paleolitico è tornato in pieno. D’altronde ciò è accaduto nel momento in cui, a ondate successive e progressivamente, i popoli “paleolitici”, o con una patina superficiale di incivilimento (il passaggio da cacciatori-raccoglitori a pastori-guerrieri), hanno riconquistato l’egemonia.
            In fondo la Cività è solo un pallido ricordo di epoche remotissime: né io né tu l’abbiamo mai conosciuta se non come si conosce un tempo mitico.

          • Z. scrive:

            Peucezio,

            — Sai che mi sfugge il senso di questa frase? —

            Il senso è banale: non si torna mai ad uno stadio precedente!

            Quello nuovo sarà sempre, appunto, nuovo: magari meglio e magari peggio di quello precedente – molto dipende anche dai gusti – ma comunque nuovo.

            Il resto del discorso – quello sulla civiltà che avremmo perduto cinquemila anni fa – non capisco nemmeno cosa significhi. Perdonami, ma ai miei occhi di leguleio rozzo e ignorante sembra fumisteria intellettuale degna della peggio sinistra italiana 😀

          • Peucezio scrive:

            “ai miei occhi di leguleio rozzo e ignorante sembra fumisteria intellettuale degna della peggio sinistra italiana :D”

            Aridaje… Sei già stato smentito clamorosamente in merito (non da me) 😛
            Comunque non è che si deve per forza capire tutto.
            Poi se vuoi te lo spiego pure, ma spero per te che tu abbia di meglio da fare che sorbirti la mia spiegazione su perché sostengo che la civiltà sia finita. E soprattutto che t’importa? Se non l’hai mai esperita non sai neanche che cos’è… Come puoi rimpiangere qualcosa che non hai mai nemmeno sperimentato?

            “Il senso è banale: non si torna mai ad uno stadio precedente!”

            Non è banale. Semplicemente non vuol dir nulla.
            Tutto è reversibile a questo mondo.
            Poi è ovvio che non c’è la ripetizione identica. Ma con ciò? Se vuoi dire che nessuna epoca storica è perfettamente identica a un’altra, ti do ragione, ma è lapalissiano.

          • Z. scrive:

            È che nella mia esperienza personale la sinistra chiacchiera e la destra mena. Evola mi pare un trastullo per quattro o cinque alienati 🙂

            Forse non ho capito cosa intendi per civiltà.

            Poi, premesso che qui non c’è nulla di evidente, trovo che Marx avesse più ragione di quanto non si creda. Se qualcosa sembra tornare è un’imitazione, una simulazione, un adagiarsi alle abitudini conosciute. Spesso con risvolti umoristici e un pochino malinconici.

            • Miguel Martinez scrive:

              “È che nella mia esperienza personale la sinistra chiacchiera e la destra mena”

              Beati i bolognesi. Qui quelli di sinistra parlano di appalti e concessioni edilizie con quelli di destra.

          • Z. scrive:

            Si parlava di sx e dx da terza birra. Le persone serie si occupano di cose serie, ovunque 🙂

          • Peucezio scrive:

            Z.
            “È che nella mia esperienza personale la sinistra chiacchiera e la destra mena. Evola mi pare un trastullo per quattro o cinque alienati :-)”

            Sì, infatti stamattina sono uscito per strada per attendere alle mie faccende e, lungo il percorso, ho pestato a sangue cinque o sei persone, perché avevano una faccia che non mi ispirava simpatia… Noi di destra usiamo così.

            “Forse non ho capito cosa intendi per civiltà.

            Poi, premesso che qui non c’è nulla di evidente, trovo che Marx avesse più ragione di quanto non si creda. Se qualcosa sembra tornare è un’imitazione, una simulazione, un adagiarsi alle abitudini conosciute. Spesso con risvolti umoristici e un pochino malinconici.

            Mah, non so se in età tardoantica o durante la guerra greco-gotica, quando tutte le strutture o quasi messe in piedi da Romani a suo tempo si disarticolavano completamente, la gente si divertisse poi così tanto o fosse immalinconita. Diciamo che, per il mio bene, non avrei voluto esserci. Eppure non manco di senso dell’umorismo.

          • Z. scrive:

            Peucè,

            che c’entra quel che fai tu? tu sei un chiacchierone di sinistra 😛

            Seriamente: tu pensi che la civiltà abbia cessato di esistere dalla tarda romanità in avanti? davvero davvero? Tipo un illuminista del Settecento, insomma, solo più radicale!

          • Peucezio scrive:

            Z.
            “Seriamente: tu pensi che la civiltà abbia cessato di esistere dalla tarda romanità in avanti? davvero davvero? Tipo un illuminista del Settecento, insomma, solo più radicale!”

            Come sei confusionario 😛
            Quello si riferiva alla reversibilità dei processi storici (certe strutture a un certo punto si affermano e si articolano, poi vengono meno), non alla questione della civiltà.

            Ti faccio un esempio più banale e vicino a noi. A Milano (come un po’ in tutta Italia) negli anni ’60 c’era una certa vivacità gaudente del costume, una vita notturna intensa.
            Negli anni ’70 la gente aveva paura a uscire, come viene ben rappresentato nel film “Il Belpaese” di Luciano Salce, e la sera non si vedeva gente in giro. Negli anni ’80, gradualmente, la paura è passata, fino ad arrivare alla Milano da bere pre-dipietrina: la gente torna a uscire, a riempire i locali, l’atmosfera torna ad essere più spensierata.
            Ovviamente ci si divertiva in modo diverso negli anni ’60 e ’80, si ascoltava musica diversa, si corteggiavano le ragazze in modo diverso (gli anni ’80 li ho vissuti, degli anni ’70 ricordo l’atmosfera cupa, negli ann ’60 non ero ancora nato), ma se la storia fosse un processo lineare, la paura avrebbe dovuto conitnuare a crescere progressivamente, invece, come è venuta, è andata via.

      • Miguel Martinez scrive:

        “Io invece sono convinto che la nostra civiltà sia crollata da un bel pezzo.
        Si confonde la civiltà con l’organizzazione materiale della società.”

        Concordo in pieno.

        L’anonimo autore del Nomos della Terra penso che sia statunitense, e come tale ha alcune caratteristiche: la visione “cosmica”, le grandi semplificazioni, i racconti un po’ visionari, l’urgenza di trasmettere qualcosa; inoltre ricordiamo che i movimenti “rivoluzionari” europei conservano sempre un elemento ancora antifeudale, mentre negli Stati Uniti il capitalismo è talmente “sviluppato” da poter essere visto nella sua nuda essenza.

        In Italia invece si guarda sempre indietro, al passato – in particolare alla Seconda guerra mondiale, ma anche, in maniera favorevole oppure ostile non importa – ai papi, al risorgimento, al sessantotto… Questa è una trappola micidiale, che distrugge qualunque possibilità di agire sul presente.

        L’autore del Nomos accenna soltanto al futuro (semplificato attraverso due o tre esempi), ma coglie il fatto che – come dice Peucezio – sappiamo tutti che questa civiltà è già finita nel presente.

        • Miguel Martinez scrive:

          dice il Nomos:

          “Yesterday the future was built on the certainty of our present’s triumphant continuation, but today there is not a soul alive that believes this.”

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            Hai per caso letto “L’eterno Adamo”, una delle ultime fatiche di Jules Verne? Perchè non dice cose molto diverse dal tuo Nomos.

            Non diversamente, Chesterton nella sua “Ortodossia” diceva che la fine del mondo è già successa tante di quelle volte…
            Finirà l’Italia, vuoi che non finisca la Coca Cola?

            Solo che Verne (espliucitamente) e Chesterton (implicitamente) riconoscono che ad una civiltà ne può succedere un’altra. Poche cose restano nel passaggio, tipicamente legate alla matematica. Ad esempio, poco sappiamo delle barzellette Babilonesi, ma abbiamo tavolette d’argilla col calcolo approssimato della radice di due.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Miguel Martinez scrive:

              “Hai per caso letto “L’eterno Adamo””

              No

              La cosa interessante del passaggio attuale, ovunque ci possa portare, è che la crisi riguarda per la prima volta l’intero pianeta, non esclusi né l’Artico né la parte più remota dell’Oceano Pacifico, tutti collegati nel tempo di un clic (informatico) e in quello, non tanto più lungo, della diffusione dei fumi dell’inceneritore di Case Passerini.

          • Francesco scrive:

            >> the future was built on the certainty of our present’s triumphant continuation,

            1) dillo a Agostino o a Gerolamo, per fare un paio di controesempi definitivi

            2) in ogni caso si trattava solo di una illusione bella e buona, di un patetico errore di prospettiva

            l’unica cosa che sappiamo del futuro è che sarà inimmaginabile

            ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            “clic”

            Nel suo “Civiltà al paragone”, Toynbee scrive che questa condizione di quasi-simultaneità della Storia attuale, per cui quello che avviene in Tasmania può influenzare le vicende interne Finlandesi il giorno dopo, rende il mondo di oggi simile a quello del Paleolitico. In entrambi i mondi infatti le informazioni viaggiano piu’ velocemente del progresso tecnologico, per cui non c’era modo per una parte del mondo di sviluppare tecnologia in modo sostanzialmente diverso dalle altre. Solo che oggi le informazioni viaggiano quasi alla velocità della luce nel vuoto, nel Paleolitico viaggiavano a piedi; quanto al progresso tecnologico, oggi è veloce ma richiede comunque qualche mese per affermarsi, mentre una volta per passare dall’amigdale alla ruota ci volevano migliaia di generazioni.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            “inimmaginabile”

            Quoto al 100%. E’ la tesi fondamentale della Hannah Arendt: “gli uomini muoiono, ma non sono fatti per morire, sono fatti per incominciare”. Del resto, anche se la storia umana fosse solo un epifenomeno della biologia (“c’e’ una differenza fra l’ameba e l’uomo, e questa differenza si chiama storia”, Enrico Bellone), comunque “la legge fondamentale della biologia è la contingenza” (Telmo Piovani).

            Ciao!

            Andrea Di Vita

        • habsburgicus scrive:

          Questa è una trappola micidiale, che distrugge qualunque possibilità di agire sul presente.

          @Miguel
          questo è verissimo, al 1000 per mille…
          ma ti porrei una domanda
          è POSSIBILE agire sul presente ?
          sono sempre più scettico..credo non lo sia, tecnicamente, asetticamente parlando
          non c’è presente (e tantomeno futuro), a meno di cose che a vista umana parrebbero contra spem omnem, se non il “pensiero unico” e la “[anti]-civiltà unica”..i nostri (eventuali) forzi per rallentare ciò sarebbero temo, del tutto inani
          ecco perché-stupidate e “vanterie” dei “sinistri” a parte la cui logorroica prosopopea per un momento mi spinge sovente a ribattere :D-non ho più alcun interesse, se non meramente fattuale, per l’epoca “moderna”..l’unica cosa che resta é capire, storicamente e nel modo più neutro e scientifico possibile, come siamo giunti sin qui, e le cause mi sembrano sempre più complesse.. non certo “opporsi” a ciò che è inevitabile..del resto ho pure “inventato” un concetto (la post-storia [credo di essere stato io il primo, e se altri lo hanno fatto, è avvenuto in modo indipendente])…si può ancora “capire” perché è successo, ma, sbaglierò, agire non mi sembra più possibile !

          • Miguel Martinez scrive:

            “ma ti porrei una domanda
            è POSSIBILE agire sul presente ?”

            Se ci togliamo dalla testa i Grandi Rimedi, le Grandi Riforme, le Grandi Dighe e tutti gli altri TAV mentali… forse è più possibile oggi che in passato.

            E qui c’è la parte fondamentale, secondo me, del ragionamento sul Nomos della Terra.

            Pensiamo all’Italia.

            Siamo liberi dalle illusioni sul futuro.

            Il passato tiene prigionieri meno che qualche decennio fa.

            Lo stesso Partito Unico è solo un penoso comitato di affari.

            E i governi a ogni livello si stanno squagliando anche loro, come il ghiaccio dell’Artico.

            Il monopolio della sinistra politica sulla critica è finita, mentre la destra parla solo di paura.

            E ovunque centinaia di migliaia di persone stanno cominciando a organizzarsi da soli, secondo le proprie circostanze e le proprie storie.

            Tutto questo può forse sfuggire, perché i media che fanno parte del vecchio mondo, non lo possono capire. Ma se si vive tra la gente, direi che è il momento più propizio da decenni e forse da secoli.

          • Z. scrive:

            Miguel,

            io ho sempre più l’impressione che tu tenda a scambiare il tuo (importante) frammento di verità per l’intero diamante, come quel tizio che aveva toccato la gamba dell’elefante e credeva si trattasse di una colonna.

            Non mi faccio molte illusioni sul futuro, in effetti. E tra queste non rientra la speranza che un comitato di saggi di quartiere sia chiamato a decidere quanti locali di che tipo possano essere aperti in quale via e chi debba dirigerli. O chi debba essere considerato colpevole o innocente in un processo, e secondo quale legge.

            Senza lo stato non ci sono né saggi né quartieri, e nemmeno ufficiali giudiziari con cui litigare. C’è solo chi sa maneggiare col coltello e tirare col fucile e chi no, ed è importante stare tra i primi e non tra i secondi. Il resto, tutto il resto, viene molto dopo: tranne la fede in Dio, per chi crede.

            Poi chissà, non è nemmeno detto che sia peggio che oggi. Non per tutti, intendo: sono convinto che a molti piacerebbe di più.

        • Francesco scrive:

          Miguel

          sarò andreottiano ma la lunga storia che gli italiani sanno di avere alle spalle rende più difficile prendere abbagli, scambiare lucciole per lanterne, farsi travolgere da catastrofismi e così via

          in effetti induce anche a un certo cinismo e forse a troppa prudenza ma … abbiamo ragione noi

          🙂

          ciao

          • Z. scrive:

            Mah, a me sembra invece che siamo i primi a correre dietro ai piazzisti di qualsiasi genere, purché vendano sogni a buon mercato.

  8. Grog scrive:

    Una bistecca di manzo di Kobe spessa e cotta solo all’esterno no?
    Tagliata a fette e servita tiepida con salse varie oppure solo con olio di oliva a gusto.
    Insalatina di rapanelli e punte di sedano a lato pochissimo limone e olio di oliva.
    Grog! Grog! Grog! Grog! Grog! Grog!

  9. Pingback: Il Nomos della Terra. Le istruzioni originali (2) | Kelebek Blog

  10. mirkhond scrive:

    “In Italia invece si guarda sempre indietro, al passato – in particolare alla Seconda guerra mondiale, ma anche, in maniera favorevole oppure ostile non importa – ai papi, al risorgimento, al sessantotto… Questa è una trappola micidiale, che distrugge qualunque possibilità di agire sul presente.”

    Qui Miguel focalizza un aspetto importante del pensiero italiano, differente da quello ottimista/catastrofista, ma in ogni caso sempre rivolto al futuro, del pensiero statunitense.
    Chissà perché gli italiani hanno sempre bisogno di guardare al passato, a radici vere o fittizie?
    Perché guardare al futuro, senza filtri passatisti, ci fa così tanta paura?

    • Francesco scrive:

      perchè non ci si capisce un cazzo e si proietta sul futuro il presente, facendo più errori che se si utilizza un periodo più lungo per fare confronti e previsioni

      scusa la franchezza

      ciao

    • Roberto scrive:

      Mirkhond

      “Chissà perché gli italiani hanno sempre bisogno di guardare al passato, a radici vere o fittizie?
      Perché guardare al futuro, senza filtri passatisti, ci fa così tanta paura?”

      Direi che sei uno dei più fissati fra gli avventori del blog con radici e passato, dovresti provare a risponderti….

      • Z. scrive:

        Boh, prima dell’11 settembre 2001 “radici” per me evocava solo terribili ricordi liceali di terne pitagoriche sbagliate.

        Poi tutti hanno cominciato a parlarne, chissà perché.

        Come se poi ci fossero due persone, dico anche due, che potessero condividere davvero le stesse “radici”.

    • Z. scrive:

      mirkhond,

      — Chissà perché gli italiani hanno sempre bisogno di guardare al passato, a radici vere o fittizie? —

      Perché siamo miopi, come le talpe. E come le talpe andiamo per radici 😀

  11. mirkhond scrive:

    Ma infatti la domanda è rivolta in primis a me stesso.
    Solo che non ho una risposta……

  12. mirkhond scrive:

    Mi piacerebbe credere nel futuro delle piccole comunità auspicate da Miguel.
    Però non credo che tutti potremmo facilmente adattarci ad un modo di vivere a cui non siamo abituati.
    Inoltre per persone con particolari disagi, il crollo di quel che resta dello stato sociale, potrebbe avere conseguenze disatrose….
    Quanto al liquefarsi dello stato (per ricollegarmi alla risposta di Miguel ad Habsburgicus), la mia sensazione è che a squagliarsi saranno soltanto gli aspetti sociali, non i governi e i sistemi di controllo poliziesco.
    I comitati d’affari che governano gli stati, non possono privarsene, se vogliono tutelare i loro interessi.
    Temo invece che finirà per imporsi sempre più un modello di tipo statunitense, e la cosa non può non preoccuparmi……

    • PinoMamet scrive:

      Occasionissima di Accordo con Mirkhond!

    • Miguel Martinez scrive:

      “Però non credo che tutti potremmo facilmente adattarci ad un modo di vivere a cui non siamo abituati.”

      Tutto quello che dici è vero.

      Il mondo è troppo complesso per definirlo, se non in maniera poetica, come fa il Nomos della Terra.

      Però il quadro è più o meno quello. E in quel quadro, che è drammatico ma non è né bello né brutto, stanno nascendo innumerevoli piccole comunità quasi libere, mentre la vita collettiva peggiora.

    • Miguel Martinez scrive:

      Pensiamo poi che le piccole comunità a volte finiscono sotto il radar, come si dice.

      Chi comanda teme dei rivali, altri furbi ambiziosi come lui.

      Noi non siamo rivali. Se ci liberiamo dall’idea di “stare all’opposizione” o “vincere le elezioni”, lasciamo il palcoscenico a loro.

      Intanto, riscopriamo il mondo.

      • Miguel Martinez scrive:

        “Intanto, riscopriamo il mondo.”

        Non è una frase retorica, ma il riassunto di un’esperienza quotidiana, con i tre poli della nostra realtà: i politici, i funzionari (che odiano in genere i politici) e il territorio.

        • Francesco scrive:

          Miguel

          io temo (ribadisco temo, non auspico affatto) che tu voglia ignorare quanto il territorio abbia bisogno di funzionari e politici.

          Il livello di interdipendenza economica (cioè nelle risorse che fanno la differenza tra avere mangiato e non avere mangiato) è profondissimo e non è concepibile la vita senza.

          Nel senso che se succedesse sarebbe un mondo a noi alieno e inimmaginabile, forse simile alle zone più disperate dell’Africa, con contadini in perenne fuga dai banditi.

          Ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            Concordo. Non a cas la Somalia è detta “failed State”, non “failed Society”.

            Anche in Somalia e’ certamente possibile avere singole comunità “sotto il radar” di Stati e predoni, usando l’espressione di Martinez.

            Ma per evitare le sorti della Somalia -ossia per mantenere la civiltà- ci vuole lo Stato, il che implica funzionari e politici.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            non farei tutta questa distinzione tra Stato e Società

            il primo è l’orpello formale e ufficiale della seconda ma nulla di più

            se Miguel si chiedesse da dove viene l’acqua che beve ogni giorno dovrebbe ammettere che non può disertare la guerra contro sindaci cattivi, pupari dei sindaci pessimi, multinazionali fetenti e quant’altro ritiene colpevole della liquefazione dello Stato

            nessun altro nella storia ha fatto manutenzione agli acquedotti

            ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            Come spesso succede, ci divide una questione lessicale 🙂 “Società” è termine generico. “Stato” è ciò che ha il monopolio della violenza.

            Nel caso dell’acquedotto, se ci giunge l’acqua corrente in casa è perché nessuno ce la ruba, e nessuno ce la ruba perché altrimenti può andare in galera.

            Infatti, nelle zone dove lo Stato è più debole -come in certe regioni del Sud Italia- l’acqua spesso manca anche quando non c’è siccità. L’assenza di uno Stato funzionante in tal caso si manifesta come corruzione e inefficienza in una classe dirigente che lascia a pezzi gli acquedotti di modo che la criminalità organizzata possa lucrare sulla fornitura dell’acqua.

            Non diversamente, a prendere l’acqua dal pozzo in certi posti della Somalia ci si deve andare con la scorta, o si fa la fine delle gazzelle all’abbeverata quando nei dintorni ci sta un felino affamato.

            E’ verissimo che nello Stato ci sono spesso consorterie di “amici degli amici”. Ma senza lo Stato ci sono solo quelle.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

  13. MOI scrive:

    https://www.youtube.com/watch?v=kE_m0MiY_0o

    fosse vero … quante cose spiegherebbe ! 😉

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma tu non eri quello amico di Israele? E ora ci vieni a dire che il nemico, oltre al Negro e all’Eurocrate, è anche l’Ebreo?

  14. mirkhond scrive:

    Se fosse vero, porterebbe ad una nuova Unione Fraterna, tipo quella che governò la Transilvania tra 1437 e 1918, questa volta con i Giudei al vertice come casta “etnicamente” chiusa, dominante una massa di sradicati cosmopoliti di varia origine e provenienza, in larga parte musulmani…..

    • Francesco scrive:

      cioè secondo te i musulmani odierni, che sono comunque molto radicalizzati, si farebbero dominare dai quattro ebrei rimasti?

      la vedo difficile

  15. mirkhond scrive:

    Il Piano Kalergi se vero, non sarebbe spaventoso per i meticciamenti che sempre ci sono stati nella storia, quanto per l’incapacità dei poveri di fare causa comune contro i comitati d’affari che li opprimono.
    In questo, proprio come negli USA……

  16. MOI scrive:

    il “Solve” è in atto da tempo … è il “Coagula” che non si è ancora visto bene, forse è ancora troppo presto ?! Purtroppo la Civiltà è artatamente “recessiva” rispetto alla Barbarie !

  17. MOI scrive:

    @ Z

    Veramente molti Paesi Islamici, da quando hanno smesso di beneficiare dei Colonialismi diretti e dei Dittatori Fantoccio (come in Nord Africa) o dei Sovrani Grati all’ Occidente (come in Iran !) sono regrediti eccome … ma su questo il Bianco Buono Radical Chic è sempre “multikulti” con il culo altrui , nevvero Habs ? 😉

    … e allora perché, dopo una Grande Purga di Radical Chic dall’ Egemonia Culturale, l’ Italia non può regredire felicemente a … una mentalità famo da Prima Metà Anni Cinquanta ? 😉

    • habsburgicus scrive:

      con la differenza che per noi, tale “regressione” significherebbe anche economicamente, socialmente, culturalmente il ritorno all’età dell’oro, all’epoca immediatamente “pre-miracolo economico” e “miracolo economico” !
      P.S: è sintomatico che in quest’italietta si parli sempre di grandi ideologie e non del grandissimo, inopinato risultato, ottenuto dalla DC e dai governi centristi nei ’50 (con il fattivo concorso di una classe dirigente ancora educata e formata in periodi seri) che ci fecero crescere a livelli cinesi (di oggi), salvaguardando ed espandendo tutte le libertà fondamentali (più di oggi !)..e loro, i gonzi (per non usare di peggio :D), protestavano….fecero addirittura cagnara per rovesciare il grande Tambroni (1960 !)..ci pensate ?..cosa dovrebbero fare oggi, con una classe politica da terzissimo mondo, amoralità, ignoranza,pressapochismo, strafottenza, quale allora neppure si poteva immaginare ?

      • Roberto scrive:

        Non per sminuire, ma crescita cinese e espansione delle libertà fondamental partendo da un paese ridotto in macerie e dal fascismo…mai dimenticare il punto di partenza

        • Z. scrive:

          Diciamo pure di più: la crescita economica del periodo fu la diretta conseguenza del fatto che eravamo un paese povero e postafascista appena uscito da una guerra devastante.

          Oltre tutto in alcuni apparati della PA il “post” era decisamente di troppo, e infatti l’Italia detiene il record dei morti ammazzati in scontri di piazza nel dopoguerra, che nella maggior parte delle democrazie occidentali si contano sulle dita di una mano.

          Ma soprattutto, quando i soldi girano la corruzione non dà fastidio a nessuno. Quando invece vengono a mancare il discorso cambia.

          • Francesco scrive:

            non credo Z

            l’Italia era sempre stato un paese povero e smise di esserlo

            non credo che “miracolo italiano” fosse solo marketing

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            Concordo se al soggetto “l’Italia” sostituisci il soggetto “gli Italiani”.

            L’Italia come Paese è rimasta povera: di senso civico, di rispetto per la propria cultura e i propri monumenti, di amore per il sapere. Tutte quelle cose che fanno la differenza fra un paese di cittadini e un paese di arricchiti.

            Non c’è nemmeno bisogno di guardare le grandi commedie di Gassman, Tognazzi, Sordi e Manfredi, o di scomodare Pasolini: basta confrontare Guareschi e Bianciardi per rendersi conto che gli stessi vizi pre-boom il boom li ha lasciati tali e quali.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            non è utile generalizzare

            sono stati italiani a fondare il Touring Club o il FAI, per fare un esempio

            ciao

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Il FAI nasce come derivazione del suo omologo inglese

          • Z. scrive:

            Francesco, la crescita ci fu eccome, non fu marketing.

            Ma i meriti non li attriburei a corruttela e clientelismo DC quanto ad un concorso di cause favorevoli, non appannaggio della sola Italia e anzi diffuse nell’ Europa postbellica.

            Poi, che De Gasperi abbia saputo difendere la libertà del Paese sono d’accordo.

          • Francesco scrive:

            Z

            ho come il sospetto che per te DC sia sinonimo di corruzione …

            mi sbaglio?

            🙂

      • Miguel Martinez scrive:

        “è sintomatico che in quest’italietta si parli sempre di grandi ideologie e non del grandissimo, inopinato risultato, ottenuto dalla DC”

        E’ una riflessione interessante. Poi magari buona parte dei guai irreversibili d’Italia (pensiamo ad ambiente ed edilizia, ma anche in termini culturali) nascono proprio dalla “crescita a livelli cinesi” di allora.

        Ma era veramente un altro mondo.

        • Francesco scrive:

          non lo so, Miguel, l’altro giorno ero a spasso per Milano con una archietetto che si reinventata guida turistica (molto brava)

          ha lavorato a lungo nella ditta di costruzioni del padre e en passant ci ha detto che i tassi di profitto degli anni ’60 non li ha mai visti nessuno, prima o dopo, nell’edilizia. per lei era pacifico che dipendesse da una qualità infima dei materiali usati

          quindi una pecca grossa così c’era nello sviluppo economico di quegli anni

          ma anche tanto di vitale e di positivo, che oggi è inimmaginabile

          ciao

      • PinoMamet scrive:

        Vedi che vieni nel mio carrugio (cit.)?

        Vota
        Italia Anni Sessanta

        non sbagliare!

        • Z. scrive:

          Con la terza guerra mondiale prima o con qualcuno che finanzia il nostro debito a fondo perduto?

          Nel primo caso avrei qualche riserva. Nel secondo caso nessuna!

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Basta tornare alla Lira e vedrete che potremo tornare a stampare come se non ci fosse un domani, ad autofinanziarci e a indebitarci senza fine, ad avere un cambio cartamoneta-cartaigienica 7 a 1.

          • Z. scrive:

            Questo è il piano B e richiede finanziamenti a fondo perduto. Come nel caso del rifiuto del lavoro, basta trovare qualcuno che faccia la nostra parte oltre la sua 🙂

    • Z. scrive:

      Uhm… che tipo di purga vorresti organizzare, ad esempio?

      • MOI scrive:

        Be’, un buon inizio … istituire, sulla falsariga del Reato di Attività AntiSovietica, il Reato di Attività Radical Chic !

        • Z. scrive:

          Muà, dicci la verità: perché tanto odio?

          Ci dev’essere una ragione. Non dico che devi parlarne con me, con noi. Ma ti farebbe bene parlarne con qualcuno di cui ti fidi!

          Azzardo: magari è per via dei cosplayer anni Settanta che con la loro odiosa parlantina ti dicevano “studia” con aria di sufficienza?

          In ogni caso, non farti condizionare da loro!

        • Francesco scrive:

          Moi

          non mi far pensare a certe belle persone rinchiuse in gulag siberiani a -30

          mi fai diventare cattivo

          😀

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            non mi far pensare a certe belle persone rinchiuse in gulag siberiani a -30

            E ricordati: niente distese di alberi, ma l’immensa taiga tutto intorno. E ora non hai più scuse per non sapere di cosa si tratta! 😀

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            *distese di ghiaccio, ovviamente. Distese di alberi finché vuoi.

          • Francesco scrive:

            adesso mi verrai a dire che dal Gobi al Mare Artico è tutta una foresta?

            🙂

            PS nel caso, la povera Dandini si scalderebbe ad abbattere qualche albero, per costruire ulteriori baracche

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            Dal Gobi all’Artico no, ma almeno fino a metà strada sì. Poi il resto è tundra (cioè permafrost e licheni). Un Polacco se la fece a piedi dal centro della Siberia fino a Calcutta (“The way out”, libro da cui è tratto il film di Peter Weir) e dà proprio questa descrizione.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            nella mia ignoranza, pensavo che il riscaldamento dovrebbe “spostare” verso nord le fasce climatiche

            foreste al posto del permafrost e clima temperato invece delle foreste di conifere “da lupi”

            quindi nuove zone abitabili …

            ciao

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Non è così semplice. Il clima temperato può farti avere un querceto come una steppa, a seconda della quantità d’acqua a disposizione. Con la fusione dei ghiacciai Himalayani potrai avere solo steppa, mentre troppo a nord le piante ad alto fusto non possono arrivare perché non sopravviverebbero a sei mesi di buio (cioè per loro di digiuno) consecutivi.

            Francesco, io capisco che tu tesseresti le lodi anche del Soylent Verde, ma a volte esageri 😀

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ francesco

            E’ appena uscito su Science un articolo che sembra rispondere al tuo dubbio.

            Sembra che all’aumentare della CO2 nell’atmosfera abbia corrisposto negli ultimi anni un aumento del fogliame nel mondo, proprio in Canada e in Siberia. E’ vero che in Groenlandia si comincia a seminare orzo.

            Ma contemporaneamente questo ha implicato un aumento del consumo di acqua dolce da parte delle piante. Ora, è vero che il permafrost si comincia a sciogliere. Ma questo porta a un aumento della portata dei fiumi (ad es. quelli Siberiani) e dunque a un aumento del volume totale di acqua salata del mare, che così com’è per le piante è persa.

            Dunque l’aumento del fogliame, stando agli autori dell’articolo, è momentaneo.

            Inoltre il permafrost sciogliendosi libera metano (su youtube trovi i filmati di cubetti di terra ghiacciata che esposti a un fiammifero acceso prendono fuoco come banane flambè), e il metano aumenta l’effetto serra ma non è riassorbito dagli alberi.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Z. scrive:

            Qualcuno può chiedere a Nwabudike Morgan se ha voglia di finanziare una nave-colonia?

            🙁

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Voi andate dove volete, ma il primo Toro di Stanford è mio. Però mi riservo di sostituirlo con un cilindro di O’ Neill se la vista del vuoto mi farà troppo senso.

          • Francesco scrive:

            x ADV

            un paio di domande:

            il ciclo evaporazione-pioggia non funziona come un grande “ripulitore” dell’acqua dalle schifezze che avesse raccattato in terra?

            l’acqua che evapora dal mare e piove sulla terraferma mica è salata! non capisco il tuo punto sui fiumi che sprecano buona acqua dolce portandola al mare

            una terza: non si può modificare la tendenza alla desertificazione piantando alberi “con intelligenza”?

            ciao

          • Francesco scrive:

            Ho visto la fine di quel film circa mille anni fa, caro MT!

            un’ottima trovata per velocizzare i pigri ritmi di Madre Natura, non trovi?

            😀

  18. MOI scrive:

    Cilindro Spaziale Sociale OKKupatoooooooooo !!!

    😉

    https://www.youtube.com/watch?v=MVNgLcJ0PiY

  19. MOI scrive:

    Ci sarà miKa KualKe Fascio Spaziale Ke pretende Ke a bordo del Cilindro o del Toros o KuelKazzo Ke è si studi (orroreeeeee !!!!!) , si lavori (vade retroooooo !!!) e Ke si faccia vita sobria e austera (aaaaaaahrrrgh !!!) , ohoh ?! 😉

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Sarà chiaramente una comunità socialista ben irregimentata e se qualcuno pretenderà libertà economiche lo si rispedirà indietro. E se non funziona si passerà inevitabilmente alla società fascista dove chi chiederà qualsiasi tipo di libertà sarà buttato fuori… letteralmente.

  20. MOI scrive:

    Ma va’ là: Umani a far Balotta, Kazzeggio e Polleggio … Robot a lavorare !

    Se poi però sviluppano autocoscienza …

    😉

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Quali robot? Una società poverissima di risorse non può sperare in uno sviluppo adeguato di un’industria sofisticata come quella robotica.

  21. MOI scrive:

    su La7 c’è Dibba con una versione riciclata per il PD della storica Vignetta della Piovra Vaticana di Giuseppe Scalarini …

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