Manifestiamo per il Nidiaci in Oltrarno il 16 gennaio

Per chi non conoscesse la storia del Nidiaci, eccovela

Comunicato stampa dell’Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno Onlus

Oggetto: Manifestazione per il giardino-ludoteca Nidiaci, 16 gennaio ore 16.30 in Via della Chiesa

Il quartiere San Frediano, Santo Spirito, Porta Romana di nuovo si mobilita per riconquistare la storica Ludoteca ed il giardino Nidiaci.

Il 16 gennaio, all’uscita delle scuole del quartiere le famiglie, l’Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno e i Comitati sfileranno ancora una volta a difesa di un luogo in cui generazioni di bambini, oggi nonni e genitori, sono cresciuti all’ombra degli alberi del giardino Santarelli, vigilati dalla magnifica abside della chiesa del Carmine.

Chiediamo, con serena pervicacia, che l’amministrazione comunale restituisca alla popolazione Ludoteca e giardino. E’ vero, la situazione è complicata e sarà lunga la definizione giuridico amministrativa, ma perché, intanto, l’amministrazione comunale non restaura la Ludoteca abbandonata ormai da sedici mesi e evidenzia, così, la vera volontà  di recuperare lo spazio su cui comunque permane il vincolo di destinazione a servizio pubblico?

In questi 16 mesi il privato ha costruito nello storico palazzo molti appartamenti, divelto giochi, alberi e siepi di arbusti, ma il Comune non poteva rimettere in funzione i locali della Ludoteca?

Non poteva riordinare il giardino, riaperto solo per la volontà  delle famiglie che hanno dato vita ad una specifica associazione, riconosciuta dallo stesso Comune? Questo è quanto chiediamo con la nuova manifestazione del 16 gennaio, ciò che ci è stato promesso e ripromesso, ciò che è necessario per i bambini, per l’unico spazio fruibile per i loro giochi e per la loro crescita, per la tranquillità  delle famiglie,perché la città non sia tutta mangiata dalla speculazione.

Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno Onlus
http://nidiaci.blogspot.it
giardinonidiaci@gmail.com
tel. 349-1575238

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20 risposte a Manifestiamo per il Nidiaci in Oltrarno il 16 gennaio

  1. nic scrive:

    Questo post deve aver segnato il record assoluto di resistenza ai commenti. 48 ore indenne! Mi spiace quasi violare la sua “serena pervicace” solitudine.
    Il volantino l’hai scritto tu?

  2. Miguel Martinez scrive:

    Per Nic

    “Il volantino l’hai scritto tu?”

    No, l’ha scritto una nostra socia già assessore al personale del Comune di Firenze, che quindi sa meglio di tutti come ragionano le istituzioni 🙂

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Martinez

      Per quel poco che puo’ valere, avete la mia piena solidarietà. Concretamente, ho votato contro il vostro sindaco per due primarie di seguito, e per far ciò ho speso un totale di quattro euro.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  3. mirkhond scrive:

    Andrea Di Vita

    Pensavo che da buon genovese, avessi votato Grillo!
    ciao!

  4. serse scrive:

    Beh, da buon genovese quel che stupisce sono i quattro euro: un capitale.
    Quindi il suo sacrificio vale doppio! 🙂

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Nic (e per Andrea che lo smentisce 🙂 )

    “Questo post deve aver segnato il record assoluto di resistenza ai commenti.”

    E’ vero.

    E’ naturale che dell’Oltrarno, parlino gli oltrarnini, e non sono terribilmente interessato a intervenire nei forum di quelli che si occupano delle fabbriche dismesse della Bovisa.

    Però mi piacerebbe che dalle riflessioni su questo piccolo spicchio di mondo, che magari molti di voi nemmeno conoscono direttamente, nascessero delle riflessioni su alcuni dei temi che si toccano qui, e che riassumo con queste espressioni un po rigide e antipatiche:

    – il ruolo dello Stato e delle persone nella crisi globale
    – il senso del territorio
    – come organizzarsi per resistere, collegando questioni che vanno dagli spazi pubblici al “lavoro” alla scuola
    – come attorno al territorio possono ritrovarsi persone con storie molto diverse
    – lo smantellamento dei centri storici di tutta Europa e la loro trasformazioni in Disneyland

    Insomma, mi piacerebbe che i commentatori usassero l’Oltrarno come metafora.

    • Z. scrive:

      Per come la vedo io, trasformare un quartiere in una metafora, da parte di chi non lo conosce, sarebbe quasi recargli oltraggio.

      Bologna com’è noto è diventata un simbolo. Da simbolo a vetrina il passo è breve, e questo – tra aspiranti politicanti, resti organici di intellettuali bolliti e articolisti del Fatto Quotidiano – a lungo andare non giova alla città e a chi ci abita.

  6. mirkhond scrive:

    Per poter rispondere a domande su come (ri)organizzare una comunità di fronte alle sfide del futuro, la comunità bisognerebbe viverla.
    L’opportunità che Martinez ha avuto dalla vita, non è sempre possibile per noi figli della città tecnologica e spersonalizzante, dove persino in un condominio di un centinaio di famiglie, a malapena ci si saluta, a partire da coloro che abitano affianco a noi….
    Nel mio palazzo abbiamo avuto persone che hanno abitato PER ANNI, nel nostro stesso pianerottolo, e non abbiamo MAI saputo nemmeno come si chiamassero….
    Ecco perché, almeno per conto mio, taccio sull’Oltrarno e le sue pur interessanti vicende, ma che non dicono nulla a chi ha diversi vissuti…..
    Quel che cerco, NON lo trovo certo dove abito e se potessi, da anni me ne sarei scappato via….

    • Peucezio scrive:

      Beh, però il rione Libertà non è che sia neanche così anonimo e freddo: lo è il tuo palazzo e quel lato della via, ma se attraversi e vai nel cuore del quartiere, in mezzo alle case dietro il Redentore, altro che gente che non si saluta! Lì semmai il pericolo sarebbe un altro, perché lì in mezzo posso capire che possa fare un po’ spavento, fra “topini” vari assortiti che sfrecciano in motorino sfiorandoti al millimetro, figuri in tuta da ginnastica con cerniera aperta fino all’ombelico e catenaccio d’oro al collo in bella vista e altra analoga umanità… Anche se io li ho sempre bazzicati quei posti (sia pure con scarsa interazione con gli abitanti, perché non sono un tipo comunicativo ed esuberante) e non mi sono mai sentito in pericolo.
      Qualche volta ti racconterò l’episodio di via Ravanas.

  7. Peucezio scrive:

    Miguel, quand’è che ci chiarisci il mistero dei commenti spariti nel thread “Il blog passa a miglior vita…”?
    A questo punto sono curioso.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Miguel, quand’è che ci chiarisci il mistero dei commenti spariti nel thread “Il blog passa a miglior vita…”?”

    Ci provo…

    1) non mi occupo io della gestione tecnica del sito, se ne occupa per fortuna una persona assai più sveglia di me

    2) siccome si spendevano un sacco di soldi (cioè li spendeva il Misterioso Tecnico, e lo dovevo rimborsare) per mantenere il sito sul server, abbiamo deciso di cambiare server

    3) durante il passaggio, l’unico incidente è stata la perdita di alcuni commenti. Non credo che siano recuperabili, ma non lo so.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Beh, però il rione Libertà non è che sia neanche così anonimo e freddo: lo è il tuo palazzo e quel lato della via, ma se attraversi e vai nel cuore del quartiere, in mezzo alle case dietro il Redentore, altro che gente che non si saluta! “

    Una riflessione interessantissima. Sarebbe bello fare una mappa d’Italia, quartiere per quartiere, per capire dove si vive in un modo e dove si vive nell’altro.

    Stamattina me ne stavo in giro ad attaccare le locandine con lo scotch sui muri, arriva una signora molto anziana con una stampella, e mi fa, “bravi! Siete coraggiosi! Io ormai sono un po’ cresciuta e non posso venire, ma sono con voi!”

    Ecco, identificare i quartieri così…

    • serse scrive:

      Miguel,
      non credo che tu sia un tipo da smancerie però un bel bacione alla signora un po’ cresciuta potevi darglielo. 🙂

    • Peucezio scrive:

      Nel sud queste realtà sono più la regola che l’eccezione (tolti i quartieri “alti”, dove stanno i benestanti, tipo Poggiofranco a Bari, il Vomero a Napoli).
      Però sono cose un po’ diverse: quartieri come il quartiere Libertà di Bari non si basano tanto su forme di attivismo spontaneo, di solidarietà e comunicazione fra vari gruppi ed etnie, per il fatto di condividere una zona, quanto su forme di socialità di tipo tradizionale, sia pure “rivisitata”, in cui resistono (non so ancora per quanto) forme di coesione come una volta c’erano in tutta Italia, almeno nei quartieri popolari.
      Tieni conto che si vedono ancora le sedie davanti all’uscio di casa (a Bari Vecchia è la regola, perché le case sono alla strada, ma si vede anche altrove), ove le persone della famiglia conversano e salutano i vicini e conoscenti che passano lungo la strada. Nei paesi poi è una cosa molto comune, oltre al famoso rito del lavaggio delle chianche, cioè delle basole di pietra del pezzo di strada davanti a casa propria, che la dice lunga sulla labilità della distinzione fra spazio pubblico e privato in certe realtà ancora non stravolte del tutto dal progresso e che spiega la pulizia e il lindore dei centri storici pugliesi (con qualche eccezione, ahimè).

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    “Per poter rispondere a domande su come (ri)organizzare una comunità di fronte alle sfide del futuro, la comunità bisognerebbe viverla.”

    E’ vero, e ogni quartiere è straordinariamente diverso.

    Però se si potesse organizzare una rete di situazioni anche vagamente simili, si potrebbero condividere tante cose, in una sorta di economia di scala 🙂 – raccontarsi a vicenda di progetti che hanno avuto successo, dirsi dove si stampano volantini che costano poco, scambiarsi le leggi segrete che ci danno ragione ma nessuno ci vuole dire… poniamo che qui in Oltrarno ci sia uno bravissimo a parlare di Internet a persone normali, potrebbe andare in giro per tutta Italia; e così via.

    Ecco perché spero sempre di sentire qualcuno con esperienze simili, o la voglia di farne.

  11. mirkhond scrive:

    Purtroppo io non ho esperienze al riguardo, in quanto vivo in solitudine…
    Però mi piacerebbe una vita di villaggio in altre parti del mondo….

  12. Miguel Martinez scrive:

    Qui in Oltrarno è morto improvvisamente un muratore, un oltrarnino doc, con la moglie giapponese e tre figli. Aveva già seri problemi respiratori, ma doveva mantenere la famiglia…

    Che la moglie sia giapponese non è affatto strano: esiste una curiosa attrattiva reciproca tra artigiani fiorentini e ragazze giapponesi, che credo non abbia alcun parallelo nel resto d’Italia, o che io sappia nel resto del mondo – le giapponesi qui sono tante (una è nostra socia, ma c’è anche un artigiano giapponese che ha sposato una nostra socia).

    Adesso K. si trova improvvisamente in lutto, senza lavoro, con i tre bambini.

    Sta pensando di tornare in Giappone.

    Penso che sia importante trovare il modo di permetterle di restare nel quartiere assieme ai suoi figli, se vuole – poi se invece vuole davvero tornare in Giappone, è un altro discorso.

    E qui si aprono nuovi orizzonti, perché se vogliamo fare un lavoro serio, dobbiamo trovare il modo di spartire tra di noi la cura dei figli – e questo lo possiamo già fare – ma dobbiamo anche trovare i soldi per creare un fondo per le emergenze come questa.

  13. Peucezio scrive:

    Sai cosa mi fai venire in mente?
    In realtà meridionali come quelle che ho descritto più sopra, più coese per retaggio storico e antropologico (perché il benessere è arrivato più tardi, se è arrivato) ma anche più degradate, perché la coesione talvota assume la forma di meccanismi di solidarietà mafiosa o comunque volta a coprire i vari guappi di quartiere, se ci fosse il modo di preservare la socialità anche senza perpetuare la componente mafiosa.
    Mi spiego meglio: dove si parla di mafia o camorra vera, che fattura miliardi, nessuno è in grado di colpirla (spesso non ci riescono neanche gli stati, o non vogliono). Ma il delinquentello di quartiere probabilmente si può recuperare senza necessariamente imborghesire il quartiere e far diventare suo figlio, insomma, la generazione appena successiva, un fighetto alienato e individualista.

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