“Facciamo un comunismo!”

E’ proprio a metà, la Luna, e c’è un gran silenzio.

A sinistra, la cupola e il campanile del Cestello, in lontananza la punta aguzza di Santo Spirito, a destra la chiesa del Carmine.

In mezzo, un labirinto di tetti e di cortili, di cui solo i gatti conoscono i segreti: non abbiamo mai capito che strada possa aver fatto il gatto Kevin, che un giorno è apparso da noi dopo aver camminato dall’altro capo di tutto l’isolato.

Laura, la più giovane di noi, mi indica la facciata spoglia, incredibilmente alta, del Carmine. Incollata su un lato della facciata, una sottile striscia bianca e su su in alto, una finestrella.

“Io abito lì, c’è una grata nella mia stanza da cui vedo dentro la chiesa dall’alto, era per le monache un tempo, e sotto ci sono le tombe, ma non ci sono i fantasmi, anche se dove sto io, se mi succede qualcosa, non se ne accorgerà nessuno.

Hai mai notato il dislivello della piazza? E’ voluto, era come un grande teatro, e doveva rappresentare l’ascesa sul Monte Carmelo. E adesso questi ignoranti vogliono distruggere tutto”.

Laura ha collezionato storie, da un capo all’altro dell’Italia, di società che costruiscono parcheggi con fondi pubblici, creano danni strutturali attorno e poi spariscono nel nulla per non doverli pagare.

Con noi, c’è anche Franca, che vedi sempre girare in bicicletta per il quartiere, un gran sorriso sul volto e i capelli fieramente bianchi.

“Durante la guerra, mi hanno detto, c’era un pozzo al centro della piazza, andavano a prendere l’acqua, e c’erano altri pozzi in tante case, una volta al Cestello scoperchiarono i lastroni, e sotto dicono ci fossero pesci enormi e ciechi, chi sa dove spingeranno l’acqua quando iniziano i lavori!”.

Maria e Mihai ascoltano e guardano.

La loro storia già ve l’ho raccontata qui e qui.

Con Franca, hanno in comune due cose: il quartiere, e il fatto che il padre di Franca sia scomparso in qualche luogo sconosciuto della vasta pianura russa durante la guerra.

Mihai ora si sveglia alle sei di mattina per lavorare in una fabbrica su a Borgo San Lorenzo, e oggi ha dovuto girare un’ora prima di poter parcheggiare, perché il quartiere è invaso ogni sera da gente che ci viene per farsi un aperitivo.

Maria, che ci ha fatto assaggiare l’insalata russa con la melagrana dentro, ci racconta del suo cognome:

“Si scriveva con una lettera che non c’è più nell’alfabeto, sì, quella che hanno abolito con la Rivoluzione. Poi me l’ha cambiato il nuovo governo della Moldavia, perché hanno deciso che i cognomi non dovevano essere più fatti come quelli russi. A volte, non so nemmeno io come mi chiamo”.

Una volta, la figlia di Maria e Mihai – occhi chiari e svegli, perfette trecce bionde – ci era scappata, dentro la chiesa del Carmine, per fare il giro delle immagini, prostrandosi per terra e segnandosi alla maniera ortodossa, tra la perplessa ammirazione delle poche donne anziane che erano presenti.

Poi ci sono Jane e sua sorella Linda, che ci raccontano della loro infanzia povera in una Colorado di montagne, basi militari e fucili in ogni casa – una volta ho visto la foto del padre con un gran mento e un cappello da cowboy in testa. Gente americana, redneck non si sa se più scozzesi che inglesi.

“Siamo andate via presto, e io ho scoperto la Francia, ho imparato a suonare la viola, mentre mia sorella gira il mondo dipingendo murales”.

Linda tira tre mele per aria, le riprende e le rilancia.

Linda, che non sa nemmeno lei dove abita, arrampicata a molti metri da terra, ha dipinto facciate intere nel Colorado, in Gambia, in Tailandia, in Nuova Zelanda e adesso sta lavorando su una chiesa nell’ultimo comune dell’Irlanda in cui la gente parla ancora correntemente l’antica lingua.

Jane, perennemente alla difficile ricerca di un lavoro per mantenere le figlie, ci racconta di come le sere d’estate va da sola in piazza a suonare Beethoven; e delle strategie migliori per sfuggire ai vigili.

Linda domani mattina se ne andrà di nuovo: il suo permesso di soggiorno è scaduto, e deve tornare per almeno tre mesi in Irlanda, che non è territorio Schengen, prima di poter rientrare.

“Mihai – dico – dovremmo trovare un posto, in cui Jane possa dare lezioni di musica, e Maria insegnare russo invece di pulire le case.”

“E poi dove tu puoi insegnare inglese – mi risponde –  e io insegno la fisica. Ma la storia no, quella non la deve insegnare nessuno, perché ognuno la storia la racconta come vuole!

Ecco, sì, facciamo un comunismo!

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201 risposte a “Facciamo un comunismo!”

  1. Miguel Martinez scrive:

    Precisazione, anche per chi c’era ieri sera a guardare la Luna 🙂

    Tutti gli elementi sono veri; ho cambiato i nomi e per non complicare la vita al lettore, ho attribuito una frase che avevo sentito lo stesso giorno a un’altra persona; e ho inserito una persona che ho incontrato in realtà un’ora dopo altrove.

    • Tortuga scrive:

      Potendo risolvere alcuni problemi logistici, si può fare.

      Conosco una comunità di persone che si sono riunite, hanno acquistato un grande terreno con ruderi da ristrutturare, e piano piano molti di loro stanno vendendo le loro case per trasferirsi lì.
      Quando c’è lavoro fuori chi può lavora fuori, quando non c’è la comunità si autosostenta. Per fare questo è però necessario condividere il luogo che si abita, perché la vita in comunità consente un grosso risparmio (basti pensare che il tempo che a casa mia impiego a cucinare per due, è lo steso che a monastero impiego a cucinare per venti). In queste comunità chi guadagna fuori pone però una gran parte del suo guadagno a disposizione della comunità.

      Solitamente sono cose che si realizzano utilizzando come forma giuridica l’associazione (che se religiosa dispone di vantaggi maggiori).

      La grossa differenza fra comun-ismo e comunità è il passaggio dal pensiero, dall’ideologia, alla pratica 😉

      Ovviamente in una comunità le pulizie si fanno tutti e insieme, o, tutt’al più, a turni ed allo stesso modo si adottano una notevole quantità di buone abitudini adatte a far in modo che la vita di alcuni non si avvilisca in favore di quella di altri.

  2. Z. scrive:

    Insomma, sei una specie di Lilin messicano.

    Konfessa.

    😀

    Z.

  3. Francesco scrive:

    odio profondamente le società che scompaiono e non pagano i danni causati (o i debiti)

    e amo moltissimo l’idea della Comune prospettata da Tortuga, ho bisogni minimi quanto a spazi e tempi privati

    certo che l’idea di campare di verdure dell’orto mi entusiasma meno ma invecchiando quello si può mangiare …

    saluti

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Z

    “Insomma, sei una specie di Lilin messicano.”

    Confesserò non appena mi spieghi chi sia Lilin.

    Qua ignoriamo.

    • Z. scrive:

      E’ un tatuatore originario della Transnistria, autore di asserite non-fiction novels (Educazione siberiana, Caduta libera, Il respiro del buio).

      E’ stato da subito detestato in pari misura dai giornali di casa Berlusconi (che lo odia essenzialmente in quanto amico di Saviano, e perciò lo dipinge come un inveterato cazzaro) e da Il Fatto Quotidiano (che con enfasi ancora maggiore lo dipinge come un inveterato cazzaro nonostante sia amico di Saviano), e in questo ha precorso Mario Monti.

      Mi è venuto in mente, in realtà, soltanto per la precisazione su nomi e tempi contenuta nel tuo primo commento, che ricorda da vicino quelle utilizzate dall’A. nei suoi libri, e l’ho citato convinto che ne avessi sentito parlare. Credo che voi due non abbiate proprio nient’altro in comune: a puro titolo d’esempio, tu ti affanni a negare il tuo losco passato paramilitare, lui si impegna per convincere gli interlocutori di averne uno.

      Comunque, se deciderai di leggere qualcosa di suo, non dimenticare di farci sapere la tua opinione al riguardo: dopotutto, nelle sue opere, l’immaginario gioca un ruolo fondamentale. Nell’ultima opera poi, come direste voi americani, salta decisamente lo squalo…

      Z.

      • PinoMamet scrive:

        Io ho visto per caso in libreria Educazione siberiana.
        Era in offerta e perciò ha colpito il mio sguardo 😉

        non leggo i giornali di casa Berlusconi, e manco Il Fatto Quotidiano, perciò non sapevo niente di Lilin: infatti ne ho parlato a un mio amico, e lui mi ha detto, ma sì, è stato anche dalla Bignardi, non lo conosci?
        ma non guardo neanche la Bignardi… 😉

        comunque l’ho leggiucchiato indeciso se comprarlo o no (e per la nota teoria che non ricordo come si chiama, tempo tre giorni e lo ritrovo citato qua!) e poi ho deciso per il no, anche perchè stavo cercando altro, ma non mi ha dato l’impressione della cazzarità.

        Può benissimo darsi che abbia esagerato qualcosina, e vabbè, ma il tono mi è sembrato abbastanza “reale”.
        Certo non l’ho letto tutto e non so.

        Poi magari si è trovato nella stessa situazione di altri, vittima del personaggio, e allora costretto ad andare sempre più “peso” con l’invenzione, chissà.
        Basterebbe dirlo: romanzo di finzione. Ma sai, se uno a cominciato a fare quello che racconta storie vere… probabilmente so’ pure scelte editoriali. Se i contratti (e gli avvocati pescicani) sono come quelli del cinema, non lo invidio.

        Mi sembra che la stessa cosa fosse capitata un sedicente generale russo transfuga durante la guerra fredda, o qualcosa del genere, di cui non ricordo il nome: può darsi ne avessimo già parlato anche qua, ne sono quasi certo anzi.

        ciao!

        • Z. scrive:

          Allora,

          in realtà sono venuto a sapere delle polemiche su Lilin solo dopo aver letto i primi due libri (che ho notato per caso in libreria e ho acquistato dopo aver letto la quarta di copertina).

          Effettivamente le fregnacce acclarate non mancano, inclusa una nota leggenda metropolitana sui proiettili americani ricoperti di teflon. Ma quando me la sono trovata davanti non ho dato peso alla cosa: del resto, poteva aver preso per buona una puttanata rivendutagli da un commilitone. Non è che in guerra ci si preoccupa di apporre il tag “citazione necessaria”. La cosa che mi preoccupa, e che mostra come mi stia rincoglionendo anzitempo, è che non ho praticamente battuto ciglio sulla coscrizione di cittadini moldavi da parte della Federazione russa…

          Detto questo, a me i libri sono piaciuti, e per quel pochissimo che ti “conosco” ti consiglierei Educazione siberiana senza mezzi termini. Personalmente ho apprezzato soprattutto Caduta libera, quello sulla guerra in Cecenia: su di me, specie se letto al cesso, ha un incredibile effetto rilassante che davvero non saprei spiegare.

          Z.

          PS: In realtà, se ho ben capito, con gli intervistatori stranieri ha ammesso candidamente di aver voluto raccontare storie in forma romanzata; di non essere mai stato coscritto per la guerra in Cecenia ma di esserci andato da volontario; di avere svolto un servizio militare tutto sommato meno turbolento di quello descritto. E ho letto un intervento di un tizio che sostiene di essere andato a Bender, di aver visto il quartiere di Lilin e conosciuto gli amici suoi. Quindi boh: e comunque, se ci teniamo Saviano, direi che possiamo tenerci pure Lilin. Che se non altro è molto meno arrogante e pieno di sé. E il proprio tempo lo passa a lavorare, non a fare il tuttologo o – peggio – a paragonarsi a Giovanni Falcone.

        • PinoMamet scrive:

          “…è che non ho praticamente battuto ciglio sulla coscrizione di cittadini moldavi da parte della Federazione russa…”

          Non so bene come stiano le cose, anche perchè lui dice di venire dalla Transnistria che ha uno status diciamo conteso, per quel poco che so io;

          ricordo una bellissima scena in un telegiornale, qualche anno fa, con Putin che letteralmente suggeriva qualcosa nell’orecchio a Berlusconi, e lui che diceva “per quanto riguarda la Transnistria, sono d’accordo con il presidente Putin”, con la faccia di pensare, “ma che cazzo è la Transnistria??” 😀

          però la mia ex vicina moldava aveva due figli, uno a Mosca e uno militare… ma non ricordo più dove! Immagino in Moldavia, ma se per caso avessero mantenuto la cittadinanza russa?
          Boh!

          (non c’entra nulla, ma ho un’amica ucraina che- a differenza di altri ucraini- dice tranquillamente che la sua lingua madre è il russo e la sua cultura sarebbe russa… chi lo sa!)

          comunque mi sono fatto un’idea, e sostanzialmente concordo con te:
          probabilmente nel primo libro ha buttato qualche cazzatina che gli è stata fatta passare (o magari imposta, non lo escluderei, guarda) per motivi di vendibilità, poi può avere anche svaccato buttandosi sulla fiction…

          ma a noi italiani devono sempre prenderci per il culo, gli editori, più o meno come i distributori di cinema che cambiano il titolo evocativo del bel “The eternal sunshine of the soptless mind” in un commerciale e fuori luogo “Se mi lasci ti cancello”…
          😉

        • Z. scrive:

          La questione del reclutamento in realtà non è controversa. A domanda precisa, ha dichiarato di aver voluto raccontare la storia di un suo commilitone, un russo coscritto, e ha precisato di essere partito per la Cecenia da volontario.

          Personalmente non trovo che ci sia nulla di male nell’utilizzare la tua esperienza di vita vissuta per scrivere romanzi: Sven Hassel l’ha fatto per una vita, ed erano proprio romanzi di guerra, e l’io narrante si chiamava proprio Sven. Ma in quarta di copertina si precisava chiaramente che si trattava di romanzi, e non di “fiction-non-fiction” o sarcazzo d’altro…

          😀

          Z.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “odio profondamente le società che scompaiono e non pagano i danni causati (o i debiti)”

    Non c’è problema, qui glieli pagherà il Comune.

    • Francesco scrive:

      a parte che così i danni li paghiamo noi contribuenti, è che questo comportamento uccide la possibilità di un mercato (nel senso economico del termine)

      se per evitare le fregature posso fare affari solo con chi conosco di persona ed è radicato nel territorio, siamo nel pieno dell’alto medioevo, inteso come periodo di grande miseria e fame

      senza contare che la mafia insegna come anche nello stesso territorio alcuni sono più uguali degli altri

      mi sento soffocare

      ciao

  6. Francesco scrive:

    Miguel

    trovo qualcosa di tragico nel fatto che nel “comunismo” sia prevista in partenza l’impossibilità di insegnare la storia.

    E’ una specie di auto-condanna a morte preventiva, temo.

    Ciao

  7. Guido scrive:

    Miguel, credo che tu con questo scorcio di vita abbia ben colto il senso della citazione che ho riportato nella nota introduttiva da te proposta qualche giorno fa:

    “Il comunismo non è un altro modo di distribuire le ricchezze, di organizzare la produzione o di gestire la società. Il comunismo è una disposizione etica.
    Disposizione a lasciarci toccare, nel contatto con gli altri esseri, da ciò che vi è di comune. Disposizione a condividere ciò che è comune”.

    Il vocabolo “comunismo” in un secolo e mezzo ha subito uno slittamento semantico che l’ha portato a significare, nella testa dei più, qualcosa che si colloca agli antipodi rispetto al senso che ancora aveva all’epoca della Prima Internazionale. Se si dovesse chiedere in giro cosa significa comunismo, sarebbero molti, forse la maggioranza , a indicare l’essenza di questa “idea” in un ferreo e spietato sistema imperniato sul controllo statale della vita, da alcuni magari addirittura desiderato. Qui riscontriamo la tragedia di una totale carenza nell’immaginare qualcosa che non sia la riproduzione, ulteriormente peggiorata, di quelle passioni tristi che sono l’humus su cui si fonda quella mostruosità che definiamo società. Lascio volentieri ad altri una cavillosa indagine su cause e responsabilità dell’odierno fraintendimento.

    Quello che vorrei sottolineare è che, al fianco della narrazione liberal-liberista che vorrebbe descrivere gli esseri umani come imprese individuali la cui unica regola è la concorrenza e la guerra, ce n’è un’altra che tutti conosciamo ma abbiamo quasi paura di raccontare o di evocare fuori dal guscio della famiglia o di quei pochi amici che amiamo.

    Comune…comunitario…comunità…comunismo. Senza giri di parole, retoriche da quattro soldi o ironie facili facili, sono convinto che il nostro destino presente e futuro si gioca intorno a questi concetti.

    Forse qualcuno capirà che non si tratta di idee astratte.

    • nic scrive:

      Per guido
      “Disposizione a condividere ciò che è comune”.

      Siamo seri: il problema è che esiste chi ha molto, moltissimo e nessuna disposizione a condividerlo.

      Senza il “ferreo e spietato sistema imperniato sul controllo statale della vita” (statale = collettivo) chiamato altresì -ovvvvvvove! – “dittatura del proletariato” possono esistere solo gli alpitur alternativi di cui parla Tortuga (con l’aiuto di un buon commercialista per evadere le tasse).
      Il comunismo new age.

      • Tortuga scrive:

        – con l’aiuto di un buon commercialista per evadere le tasse –

        Non ho mica detto che le norme fiscali che regolano l’associazionismo non devono essere rispettate, eh?!! 🙂

        Poi:
        lo stato non può controllare tutti.

        – chi ha molto, moltissimo e nessuna disposizione a condividerlo –

        C’è un altro grosso problema.
        Il vivere comune, vivere in comune, condividere, richiede il rispetto di regole etiche.

        Se, ad esempio, una comunità non rispetto più gli anziani, e non si prende cura di loro, resta evidente che tutti sentiranno il bisogno di accumulare per sé, anziché condividere, per affrontare i momenti di difficoltà della vita.

        Se si vuole che le persone non accumulino beni e li mettano in comune, occorre dar loro delle garanzie, e, soprattutto garantire un patto fra generazioni.

        Faccio un esempio molto semplice:

        se io ho 20 anni oggi ed all’interno di una comunità svolgo un lavoro di volontariato per esempio per aiuto disabili o anziani, invece di andare a lavorare fuori, a fare la telefonista in un call center per poi provare ad investire i miei soldi in qualche cosa da rivendere quando sarà anziana per pagarmi la badante, la comunità mi deve garantire di saperi comportare in modo tale da generare una continuità.

        Questo era quello che fino a poco tempo fa cercavano di garantire le religioni. Oggi non sono più in grado di farlo.

    • Francesco scrive:

      Lascio volentieri ad altri una cavillosa indagine su cause e responsabilità dell’odierno fraintendimento.

      ti do qualche indizio su possibili “colpevoli” … K. Marx, F. Engels, V. Lenin ecc. ecc.

      • Z. scrive:

        …e il codice civile faCista dove lo metti?

        Persino nelle norme sulla comunione dei beni scritte nel 1942 c’è lo zampino di quel diavolaccio di Carlo Marx!

        Z.

        • Francesco scrive:

          qui si parlava dello slittamento di senso, non del senso originario

          mica è colpa mia se tutti i “comunisti” si sono fatti sedurre dal marxismo e gli sono andati dietro come lemming, fino al disastro

          e oggi che il capitalismo è in crisi, si torna al comunismo originario? si pensa qualcosa di nuovo? noooooooo, mai, si ripesca dal fondo del mare qualche reliquia putrefatta del marxismo e la si ripropone all’adorazione del popolo

          poi dicono che uno vota Romney …

    • Ritvan scrive:

      —-Il vocabolo “comunismo” in un secolo e mezzo ha subito uno slittamento semantico che l’ha portato a significare, nella testa dei più, qualcosa che si colloca agli antipodi rispetto al senso che ancora aveva all’epoca della Prima Internazionale. Guido (dalla Cermania?:-) —

      Già e tutto per colpa di quel Kattivone di Baffone, vero?:-)

      P.S. Dalla Sacra:-) Wiki:
      http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Marx#La_dittatura_del_proletariato

      “Marx, sempre attivo, lesse lo “Stato e anarchia” del suo rivale Bakunin, e vi scrisse dei commenti. Eccone uno stralcio:
      -Bakunin: «Il suffragio universale tramite il quale il popolo intero elegge i suoi rappresentanti e i governanti dello Stato – questa è l’ultima parola dei marxisti e della scuola democratica. Tutte queste sono menzogne che nascondono il dispotismo di una minoranza che detiene il governo, menzogne tanto più pericolose in quanto questa minoranza si presenta come espressione della cosiddetta volontà popolare»
      -Marx: «Con la collettivizzazione della proprietà, la cosiddetta volontà popolare scompare per lasciare spazio alla volontà reale dell’ente cooperativo»
      -Bakunin: «Risultato: il dominio esercitato sulla grande maggioranza del popolo da parte di una minoranza di privilegiati. Ma, dicono i marxisti, questa minoranza sarà costituita da lavoratori. Si, certo, ma da ex lavoratori che, una volta diventati rappresentanti o governanti del popolo, cessano di essere lavoratori»
      -Marx: «Non più di quanto un industriale oggi cessi di essere un capitalista quando diventa membro del consiglio comunale»
      -Bakunin: «E dall’alto dei vertici dello Stato cominciano a guardare con disprezzo il mondo comune dei lavoratori. Da quel punto in poi non rappresentano più il popolo, ma solo se stessi e le proprie pretese di governare il popolo. Chi mette in dubbio ciò dimostra di non conoscere per niente la natura umana»
      -Marx: «Se solo il signor Bakunin avesse la minima familiarità anche solo con la posizione di un dirigente di una cooperativa di lavoratori, butterebbe alle ortiche tutti i suoi incubi sull’autorità».

      Porca miseria, quel Bakunin era davvero un profeta!:-)

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Ritvan

        Ti ringrazio dell’eccellente compendio. Non faccio dell’ironia: se ci fosse ancora una scuola di Partito, si potrebbe usare il tuo post come testo di studio. Fa piacere per uno delle mie idee trovare un interlocutore di idee contrarie così preparato e disponibile.

        Il punto è che la democrazia diretta come la voleva Bakunin semplicemente è una contraddizione in termini:

        http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_dell'impossibilità_di_Arrow

        In poche parole (semplifico drasticamente per brevità): qualunque società, anche la più democratica, è sempre dominata da oligarchie.

        Ad esempio, in un’assemblea di condominio di cento condomini con uguale numero di millesimi ce ne possono essere 48 che vogliono le persiane dipinte in verde pisello e 48 in verde bottiglia, e si puo’ fallire nel trovare una soluzione. Ma se nella stessa accademia i 4 condomini rimasti vogliono i cactus sul tetto mentre gli altri 96 vogliono delle celle solari, puoi star certo che alla fine verranno messi i cactus contro la volontà della maggioranza, quale che sia i colore delle persiane, perchè quei 4 voteranno insieme con quei 48 che appoggeranno la loro richiesta.

        Quei 4 portano a un’oligarchia, ossia il comando dei pochi sui molti. La democrazia sta semmai nella possibilità di evitare che queste oligarchie siano inamovibili: di volta in volta quei 4 oligarchi, in una democrazia, saranno diversi. Con risultati a volte folli, come nel caso dell’ostracismo Ateniese.

        Allora si pone il problema: chi esprime le oligarchie? La classe dei produttori o quelle parassitarie?

        Di solito, questo problema o non lo si vede proprio o si fa finta di risolverlo invocando realtà metafisiche come ‘il popolo’, ‘la razza’, ecc. Oppure ribaltando tutto su realtà oltremondane. in cui il lupo pascerà con l’agnello ecc. (sta scritto ‘non spetta all’uomo dirigere i suoi passi’).

        Bakunin (e l’anarchia in genere) questo problema non è neppure in grado di vederlo, perchè non tiene conto di Arrow.

        Il liberismo, che fa nascere tutta la vita sociale dalla ‘libera’ competizione far individui (postulata metafisicamente come ‘libera’ indipendentemente dalle condizioni materiali) , di fatto porta alla concentrazione del capitale in poche mani che manipolano la finanza, svuotando così la democrazia dall’interno. I veri padroni del vapore non li conosce nessuno, non li elegge nessuno: la politica è fatta di rappresentanti sì eletti, ma impotenti verso la finanza che detta l’agenda mirando a conservare se stessa.

        Rimane Marx con la sua ‘alleanza dei produttori’. ‘Produttore’ è inteso nei suoi rapporti coi mezzi di produzione, il che dà un senso preciso al termine. (Nel Marx delle origini non si parla ancora di ‘proletariato’: i ‘produttori’ sono anche i tecnici, gli scienziati, gli artigiani.).

        Il guaio e’ col termine ‘alleanza’, che dà al tutto un sapore volontaristico. E’ termine vago, ripreso dal marxismo Italiano. Trova una rozza approssimazione nel sistema delle cooperative, che però, va ricordato, funzionano proprio all’interno di un sistema capitalistico. Sinistramente, è ripreso pari pari dallo stemma Nordocoreano (falce, martello e pennello) e della Germani Est (falce, martello e compasso).

        Posso allora pensare alle cooperative di produttori come a germi di socialismo (‘controllo sociale dei mezzi di produzione’) all’interno di un sistema liberista, un po’ come i germi di ghiaccio nell’acqua liquida supersatura? Ha senso se si immagina l’acqua sul punto di congelare in blocco, come appunto l’acqua supersatura: politicamente, ha senso nell’imminenza di una Rivoluzione. Se quest’ultima non è imminente, che vuol dire ‘alleanza dei produttori’?

        Insomma, grande è il disordine sotto il cielo la situazione è eccellente. La natura dialettica del marxismo, a ben vedere, contraddice la formazione di una nomenklatura, che per definizione è inamovibile (da qui la dottrina maoista delle ‘contraddizioni in seno al popolo’). Dopotutto, il marxismo è una dottrina che ambisce ad essere una scienza -come tale, quindi, soggetta a continua revisione- non una fede dogmatica. O per lo meno così avrebbe dovuto essere. Ma la sostanziale vaghezza delle previsioni marxiane ha consentito precisamente questa degenerazione, che dolorosamente tu conosci meglio di tutti noi.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          ” il marxismo è una dottrina che ambisce ad essere una scienza -come tale, quindi, soggetta a continua revisione- non una fede dogmatica.”

          ehm, non credo che il positivismo avesse quella visione della scienza, direi anzi il contrario. una volta appurata la verità scientifica, quella era la verità e si andava oltre.

          il tuo esempio fa un pò acqua, presuppone che il colore delle persiane sia più importante dell’utilizzo del tetto. quindi i 4 dei cactus NON sarebbero l’elite dominante.
          se la prima questione fosse il tetto, i 96 voterebbero insieme per i pannelli solari e poi litigherebbero per le persiane

          ciao

          PS moh leggo Arrow

        • PinoMamet scrive:

          Francesco, questa roba a un babbano come me sembra la “teoria dei giochi”, e non credo affatto che le cose vadano nel modo lineare e tutto sommato razionale che dici tu;
          l’esempio di Andrea non è detto che sia l’unico esito possibile, ma non credo che sia da escludere!
          dipende anche da quando si vota rispettivamente per il tetto e per le persiane, e così via…

        • Ritvan scrive:

          —….i 4 dei cactus NON sarebbero l’elite dominante.
          se la prima questione fosse il tetto, i 96 voterebbero insieme per i pannelli solari e poi litigherebbero per le persiane. Francesco—-

          —dipende anche da quando si vota rispettivamente per il tetto e per le persiane..PinoMamet—

          E dipende, soprattutto – a mio immodesto:-) avviso – dal fatto se il voto sia palese o segreto…perché come si diceva una volta “nel segreto dell’urna Dio ti vede e Stalin no”:-).

        • Ritvan scrive:

          —Per Ritvan. Ti ringrazio dell’eccellente compendio. Non faccio dell’ironia: se ci fosse ancora una scuola di Partito, si potrebbe usare il tuo post come testo di studio. Fa piacere per uno delle mie idee trovare un interlocutore di idee contrarie così preparato e disponibile. ADV—
          Sì, perché discutiamo in una DEMOCRAZIA. Altrimenti il “piacere” dipenderebbe solo ed esclusivamente dal fatto che chi di noi due fosse il Primo Segretario del CC del Partito e consisterebbe nel fatto che il sullodato Primo Segretario manderebbe in un bel gulag l’altro per “deviazionismo”…:-)

          —-Il punto è che la democrazia diretta come la voleva Bakunin semplicemente è una contraddizione in termini:http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_dell'impossibilità_di_Arrow—
          Con tutto il rispetto per Arrow, Condorcet e tutto il cucuzzaro, Bakunin non ha potuto SPERIMENTARE la società che aveva in mente, e siccome Il Marxismo Scientifico ci insegna che solo la sperimentazione pratica conferma una teoria, allora….Invece, le critiche di Bakunin al “modello marxista” si sono rivelate PROFETICHE, nella sperimentazione leninisto-stalinista.

          —In poche parole (semplifico drasticamente per brevità): qualunque società, anche la più democratica, è sempre dominata da oligarchie.—
          Come diceva il buon vecchio Churchill:”La democrazia è il peggior sitema di governo….tranne, naturalmente, tutti gli altri sistemi sperimentati finora”:-).

          —-Il liberismo, che fa nascere tutta la vita sociale dalla ‘libera’ competizione far individui (postulata metafisicamente come ‘libera’ indipendentemente dalle condizioni materiali) , di fatto porta alla concentrazione del capitale in poche mani che manipolano la finanza, svuotando così la democrazia dall’interno. I veri padroni del vapore non li conosce nessuno, non li elegge nessuno: la politica è fatta di rappresentanti sì eletti, ma impotenti verso la finanza che detta l’agenda mirando a conservare se stessa. —
          Vedi Governo Monti:-)

          —-La natura dialettica del marxismo, a ben vedere, contraddice la formazione di una nomenklatura, che per definizione è inamovibile (da qui la dottrina maoista delle ‘contraddizioni in seno al popolo’).—
          Ma no, non è affatto “inamovibile”, cribbio, mica era colpa di Enver Hoxha se il popolo albanese votava liberamente:-) per lui a maggioranza….bulgara!:-)

          — Dopotutto, il marxismo è una dottrina che ambisce ad essere una scienza -come tale, quindi, soggetta a continua revisione- non una fede dogmatica.—
          Sì, anche p.es. la parapsicologia o l’omeopatia ambiscono a tale onore…:-)

          — O per lo meno così avrebbe dovuto essere. Ma la sostanziale vaghezza delle previsioni marxiane ha consentito precisamente questa degenerazione, che dolorosamente tu conosci meglio di tutti noi.—
          Ah, “sostanziale vaghezza” in una scienza??!! Andiamo bene!:-)

          Ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Ritvan.

          Tu mi insegni che affinché un esperimento sia valido occorre che quello che si misura sia proprio quello che si intendeva misurare, e non un’altra cosa. E’ vero che il ‘socialismo reale’ non funziona, e tu ne sei vivente testimone. E’ dubbio invece che il ‘socialismo reale’ (al di là dei proclami dei suoi sostenitori dell’epoca, prezzolati in malafede o vittime della propaganda in buonafede) abbia a che fare col Comunismo. E’ verosimile che il Comunismo oggi sia parzialmente presente in alcune cooperative o in alcune lotte sindacali. Era da trinariciuti elogiare sempre e comunque quello che veniva da Est (io di trinariciuti veri ne ho conosciuti pochi, anche decenni fa): ma lo è anche etichettare oggi qualunque obiezione al liberismo come antesignana del gulag.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          P.S. Ovviamente il marxismo non è una scienza, così come non lo è nessuna scuola economica. Ambisce ad esserlo, ma tutt’al più sta a una scienza come l’alchimia sta alla chimica.

        • Andrea Boari scrive:

          X Andrea De Vita

          Dietro ogni forma di governo e di costituzione c’è sempre un oligarchia nascosta.

          Convengo.

          Chi gestisce il potere reale? Le oligarchie, anche in presenza di democrazia.

          Allargo la questione delle oligarchie occulte.
          Ponendo questa domanda.

          Perchè negli ultimi decenni i leader mondiali risultano così modesti?

          Perchè è impensabile poter disporre di un Roosvelt, di un Churchill o di Willy Brandt?

          Che fine hanno fatto le grandi elite?
          In sostanza se i leader vengono espressi dalle oligarchie, per quale ragione non vengono più espressi personaggi di grande statura?

          Tua metafora del condominio, sarà anche casuale,
          ma si attaglia al caso. In effetti i leader non vanno oltre l’orizzonte della governance, ovvero dell’amministrazione del condominio.

          Aristotele riteneva che l’oligarchia fosse il sistema più saggio.
          Ma intendeva che le oligarchie fossere palesi e non occulte.

          a presto

          Andrea

        • Ritvan scrive:

          —-E’ vero che il ‘socialismo reale’ non funziona, e tu ne sei vivente testimone. E’ dubbio invece che il ‘socialismo reale’ (al di là dei proclami dei suoi sostenitori dell’epoca, prezzolati in malafede o vittime della propaganda in buonafede) abbia a che fare col Comunismo. ADV—-

          Mio buon ADV, se perfino il caro Carletto Marx si è prudentemente astenuto dal descrivere in dettaglio come avrebbe dovuto essere il sullodato Comunismo DOC una ragione ci sarà, no? Comunque, potresti sempre rimediare tu, non credi?:-)

          Ciao

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “trovo qualcosa di tragico nel fatto che nel “comunismo” sia prevista in partenza l’impossibilità di insegnare la storia.”

    Veramente, ho sempre sentito dire che i comunisti fossero fissati con la storia, interpretata a modo loro.

    Non so cosa esattamente cosa volesse dire Mihai con questa battuta, forse è un riferimento alle tante versioni della storia che lui stesso ha vissuto.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Guido

    “Miguel, credo che tu con questo scorcio di vita abbia ben colto il senso della citazione che ho riportato nella nota introduttiva da te proposta qualche giorno fa:

    “Il comunismo non è un altro modo di distribuire le ricchezze, di organizzare la produzione o di gestire la società. Il comunismo è una disposizione etica.
    Disposizione a lasciarci toccare, nel contatto con gli altri esseri, da ciò che vi è di comune. Disposizione a condividere ciò che è comune”.”

    Verissimo.

    Infatti, prima di lasciarmi definire di sinistra, opporrei una strenua resistenza.

    Mentre magari non mi autodefinisco comunista, ma non ho certo problemi se qualcun altro lo fa.

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “a parte che così i danni li paghiamo noi contribuenti, è che questo comportamento uccide la possibilità di un mercato”

    Il problema è quando lo Stato (in questo caso il Comune) spende i soldi dei cittadini per far male ai cittadini.

    Io capisco che lo Stato ci voglia per certe cose in questo quartiere – i lampioni o le scuole ad esempio, o a fare le multe alle auto in divieto di sosta.

    Ma in questo caso, hanno deciso di lanciare un “progetto”: non vi voglio annoiare con i dettagli, ma devo ancora sentire una giustificazione ragionata di questo progetto, le scarne repliche che arrivano consistono essenzialmente nell’affermazione, “si tratta di una decisione già presa”.

    Questo progetto che non si sa a cosa serva, dovrà essere realizzato in project financing, che è un’americanata per dire che una ditta privata (ma partecipata dal Comune) metterà parte dei soldi e parte li metterà il Comune.

    Ora, la crisi è tale che non ci sono i soldi per pagare i dipendenti del Comune, cui hanno tagliato gli stipendi:

    http://www.stamptoscana.it/articolo/toscana/stipendi-tagliati-in-piazza-i-dipendenti-di-palazzo-vecchio

    “In tanti hanno gridato il proprio disappunto per il taglio agli stipendi dei dipendenti del Comune, ma non ai dirigenti, alcuni dei quali hanno ricevuto premi con aumenti retroattivi.”

    Monti chiede a tutti di fare un sacrificio. I cittadini dell’Oltrarno sarebbero lieti di fare la loro parte, facendo risparmiare al Comune tutti i costi di un parcheggio che non vogliono.

    Ma al di là del fatterello locale, che ti interesserà il giusto, la domanda è perché lo Stato deve lanciare iniziative costose e non volute dai cittadini, proprio mentre si dichiara in profonda crisi finanziaria?

    • Francesco scrive:

      “perché lo Stato deve lanciare iniziative costose”?

      e lo chiedi a me?

      🙁

      • Tortuga scrive:

        Perché il nostro stato è diventato uno stato al servizio del capitalismo e del sistema produttivo.
        Se soltanto aveste idea di quanto denaro a fondo perduto lo stato ha elargito negli ultimi 20 anni all’impresa per “migliorare” il sistema produttivo e tenere il passo della concorrenza internazionale vi si accopponerebbe la pelle.
        Fra l’altro lo ha fatto sapendo spesso anche molto bene di finanziare società di facciata con un prestanome italiano che copre soci stranieri intenzionati a distrarre il denaro ricevuto altrove e per svolgere ricerca su produzioni assolutamente inutili per il consumatore, ma solo utili al produttore per controllare completamente il mercato della distribuzione.

        • Ritvan scrive:

          —Se soltanto aveste idea di quanto denaro a fondo perduto lo stato ha elargito negli ultimi 20 anni all’impresa per “migliorare” il sistema produttivo e tenere il passo della concorrenza internazionale vi si accopponerebbe la pelle. Tortuga—
          Negli ultimi 20 anni non saprei, ma qui:
          http://www.osservatorioaiutidistato.eu/images/seminariconfindustria2009/oeas_conf2009_milano_peduzzi.pdf
          si può fare un’idea per il periodo 2000-2007, ossia 8 anni. Risultano circa 70 miliardi di euro di aiuti statali e locali alle imprese in, appunto, 8 anni. Se dovessimo estendere lo stesso “ritmo” di aiuti ai 20 anni, risulterebbe un totale di 175 miliardi di euro, ovvero 8,75 miliardi di euro all’anno. Però, visto e considerato che negli ultimi anni il PIL annuale dell’Italia si aggira sui 1 500 miliardi di euro, vien fuori che gli aiuti di stato rappresentavano circa lo 0,58 del PIL nazionale. Insomma…non proprio roba da far accapponare…i capelli (come dicono a Striscia :-))
          Tenendo poi conto che negli ultimi anni la famigerata:-) UE ha messo un bel freno – e robelux mi corregga se sbaglio – agli aiuti di stato da parte dei Paesi membri, non mi sembro proprio che ci sia da strapparsi i capelli….

        • Roberto scrive:

          Più che correggere, preciso che gli aiuti di stato sono illegali sempre tranne quelli autorizzati

        • Francesco scrive:

          il nostro stato è diventato uno stato al servizio del capitalismo e del sistema produttivo.

          potrei essere d’accordo se sostituissimo “al servizio” con “dedito a ostacolare”

          lo Stato italiano finanzia qualsiasi cosa tranne un’attività produttiva economicamente sana

  11. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Guido, sul comune:

    http://kelebeklerblog.com/2012/10/13/il-giardino-segreto-di-meeta-ed-eileen-2/

    “So here’s two cheers for a place called England, sore abused but not yet dead;
    A Mr Harding sort of England hanging in there by a thread.
    Here’s two cheers for the crazy diggers, now their hour shall come around;
    We shall plant the seed they saved us, common wealth and common ground.”

  12. Guido scrive:

    …bene comune e suolo comune.

    Giusto. E non per mero calcolo utilitarista, ma perché, come tanti eretici ci hanno insegnato, tutto ciò che ci circonda e che fa la ricchezza della nostra fragile vita è puro dono.

    “Oh gentiluomini, il tempo della vita è breve!
    Trascorrere questa brevità nella bassezza
    sarebbe cosa troppo lunga.
    Se viviamo è per marciare sulla testa dei Re.
    Se moriamo, o che bella morte, quando i Principi muoiono con noi.
    Ora per le nostre coscienze le armi sono giuste.
    Quando l’intenzione nel portarle è ragionevole.”

    [William Shakespeare, Enrico IV]

  13. Guido scrive:

    Anch’io aborro la definizione “di sinistra” e ritengo che uno dei peggiori fraintendimenti sia stato definire il “comunismo” come la variante più estrema dell’essere di sinistra. Da questo errore, volontario in chi ha sempre dissociato i mezzi dal fine, deriva tutta la successiva caduta nella peggiore spirale di orrori statolatrici.
    Anch’io inoltre ho difficoltà a “definirmi”. Perché dovrei? Nella mia prospettiva non c’è un “essere” comunista ma un “divenire” comunista: un campo aperto di sperimentazioni e di pratiche in cui il comune può farsi strada come una potenzialità tra le tante, mai garantita una volta per tutte.

  14. Miguel Martinez scrive:

    Per Tortuga

    “C’è un altro grosso problema.
    Il vivere comune, vivere in comune, condividere, richiede il rispetto di regole etiche.”

    Condivido in pieno ciò che hai scritto, è un nodo fondamentale.

    • nic scrive:

      ..e se no ci sono i gulag 🙂

      • Tortuga scrive:

        Che sciocchezza: nelle comunità buddhiste non mettiamo nessuno nei gulag.

        • nic scrive:

          ti riferisci agli alpitur mistici di cui sopra dove si organizzano le pulizie di casa tutti insieme o al compianto sistema teocratico feudale tibetano dove per delitti comuni si preferiva l’amputazione degli arti, occhi e nasi ?

        • Tortuga scrive:

          Non sicuramente al sistema teocratico feudale tibetano e neppure propriamente agli alpitur mistici.
          Esistono tanti tipi di comunità nei diversi paesi buddhisti, ad esempio le comunità Santi Asoke in Thailandia.

        • Tortuga scrive:

          Il problema sta nel cercare di comprendere che “qualcosa” si può realizzare.

          Se si abbandona l’idelogia, il desiderio di uniformare a sé il resto del mondo, l’idea che una cosa possa essere valida, realizzarsi e sopravvivere solo se tutto il resto del mondo la condivide, e l’infantile desiderio che piova dall’alto, vivere in un modo diverso si può.

          Dal mio punto di vista è qualcosa che si realizza – come da qualche parte va di moda dire – dal basso e per scelta e convinzione personale.

          Io vedo bene uno stato che garantisce alcuni servizi comuni, e poi al suo interno delle comunità che si autorganizzano.

          Chi è contrario ad un sistema, si fa la sua comunità con il suo proprio sistema.

          Quanto ai gulag, temo che attualmente viviamo in uno dei peggiori perché veniamo direttamente indotti a costruirci il nostro gulag da soli, seppelliti vivi nelle nostre case (per chi ne ha una).

        • Ritvan scrive:

          —-Quanto ai gulag, temo che attualmente viviamo in uno dei peggiori perché veniamo direttamente indotti a costruirci il nostro gulag da soli, seppelliti vivi nelle nostre case (per chi ne ha una). Tortuga—-
          Beata cittadina occidentale che (stra)parli di cose che ignori, io ti vorrei proprio vedere – ma purtroppo non è più possibile – in un gulag comunista…ovviamente come detenuta, non come guardiana:-) e credo che urleresti e imploreresti in ginocchio di tornare ad abitare in un lurido e minuscolo condominio sovietico che puzza di cavolo e di vodka, altro che la tua casetta “gulag” romana….

        • Francesco scrive:

          sono assolutamente d’accordo con il post di Tortuga delle 5:53

          iniziare dal fare qualcosa secondo le proprie idee, anche solo piccole comunità rette da regole altre rispetto al “sistema” che non ci piace, è l’azione da fare

          senza presumere di partire subito dal rifacimento generale della società, vasto progetto per cui manca ogni genere di risorse

          certo, a me vengono in mente le comunità monastiche dell’Alto medioevo, da cui è nata la civiltà europea dopo il collasso di quella romana

          e non i monasteri buddhisti

          ma sono dettagli

      • Tortuga scrive:

        Avrei certamente dovuto dire in che senso “peggiori”.
        Noi viviamo comunque in una civiltà dove una parte della società si nutre cannibalisticamente dell’altra, solo che lo fa in modi non facilmente riconoscibili e visibili.
        Una volta prendevano le persone e le portavano in un gulag o in campo di concentramento, e le uccidevano.
        Ora ci sono altri modi più sottili, raffinati e dissimulati per deperire la vita altrui a proprio vantaggio, invisibili ed incruenti, ma il principio è lo stesso.

        • Ritvan scrive:

          —-Noi viviamo comunque in una civiltà dove una parte della società si nutre cannibalisticamente dell’altra, Tortuga—-
          Il marxianamente famoso “sfruttamente dell’uomo dall’uomo”, vero?:-). Beh, se ti riferisci alla classe politica è in un certo senso vero, se ti riferisci agli Agnelli che intascavano i profitti e “socializzavano” le perdite – sempre col beneplacito dei suddetti politici – anche. Ma se ti riferisci alle centinaia di migliaia di piccoli imprenditori no.

          — solo che lo fa in modi non facilmente riconoscibili e visibili.—
          E soprattutto – cosa non disprezzabile – nessun Comitato Centrale Del Partito ( o, per certi nostalgici:-) nessun Re o Imperatore) stabilisce fin dalla tua nascita se da grande farai il “cannibale” oppure il suo pasto….Per non parlare della possibilità che tu puoi scegliere – con discrete possibilità di successo – di non fare né l’uno e né l’altro. Magari come ultima risorsa chiudendoti in un monastero dove “ora et labora”:-)

          —Una volta prendevano le persone e le portavano in un gulag o in campo di concentramento, e le uccidevano.
          Ora ci sono altri modi più sottili, raffinati e dissimulati per deperire la vita altrui a proprio vantaggio, invisibili ed incruenti, ma il principio è lo stesso.—
          No, non è lo stesso, visto che i gulag erano circondati da filo spinato e torri con guardie armate, mentre non credo che se tu decidessi di abbandonare il Biekissimo Gulag Occidentale:-) per andare a “socializzare” chessò, in una felice comunità di indios dell’Amazzonia, qualcuno ti sparerebbe alla frontiera. E questa è una differenza che io giudico FONDAMENTALE.

  15. maria scrive:

    Anch’io aborro la definizione “di sinistra” e ritengo che uno dei peggiori fraintendimenti sia stato definire il “comunismo” come la variante più estrema dell’essere di sinistra.

    maria
    io non la aborro ma credo sia un portato dell’implosione dell’Unione Sovietica.
    Non ricordo più chi l’abbia detto, ma ricordo una definizione che diceva che per essere comunisti non importava essere di sinistra:-)

    Mi sembra abbastanza vero e del resto la riprova del nove sta proprio nel fatto che oggi nessuno, o quasi che sia di sinistra, si definirebbe comunista.

    Prima della caduta del muro i comunisti si definivano tali e non gente di sinistra, nel bene e nel male.

    Dico questo, al di là delle Storie in cui si utilizzano le due parole, perchè non vorrei ricominciare da capo la discussione con francesco e ritvan.

    Era solo, voglio dire, un’osservazione di tipo lessicale:-)

    • Ritvan scrive:

      Mah, cara mary, io credo che anche per comunisti e comunismo si potrebbe adattare l’immortale detto di Cicerone a proposito di senatori e senato che recita “Senatores boni viri, senatus mala bestia”….

  16. maria scrive:

    E’ stato da subito detestato in pari misura dai giornali di casa Berlusconi (che lo odia essenzialmente in quanto amico di Saviano, e perciò lo dipinge come un inveterato cazzaro) e da Il Fatto Quotidiano (che con enfasi ancora maggiore lo dipinge come un inveterato cazzaro nonostante sia amico di Saviano),

    maria

    .:-)))))))))))))))))))))))))))

  17. Guido scrive:

    Un pò più su Maria ha posto giustamente il problema del lessico.

    Ho spesso pensato che il dizionario personale che ciascuno si costruisce lungo i percorsi, spesso casuali, della propria vita, da mezzo di comunicazione si tramuta molto velocemente in una barriera invalicabile. Le parole recano con sé un micidiale potere incantatorio, cosa ben risaputa da demagoghi e pubblicitari.

    Se prendiamo il termine “comunismo”, se lo si ritenesse utile si potrebbe tentare di ricostruire il ponte a partire dalla nuda espressione etimologica, spogliando l’oggetto a cui si allude delle varie stratificazioni che, sedimentandosi, ne hanno occultato il senso nudo e diretto. Detto questo non intendo certamente cadere in una sorta di venerazione per un’idea platonica che deve calarsi in una imprecisata realtà.
    Se qualcuno dovesse trovare un termine altrettanto esauriente di quello di cui ci si vuole sbarazzare ben venga! Non m’interessa cavillare…
    L’aspetto su cui ci si può interrogare, semmai, è se c’è qualcosa che travalica la claustrofobica prigione di un’identità subìta, fonte di sofferenze, angoscie e crudeltà, per potenziare, invece, quel senso empatico, creativo e qualitativo del comune che ci spinge a condividere sentimenti e beni, a saggiare, in ultima analisi le potenzialità che giacciono come semi sotto la neve e che attendono solamente di venire alla luce. Se c’è questo “qualcosa”, seppure come campo aperto alla sperimentazione e all’errore, sorge inevitabilmente la necessità di nominarlo.

    Ma non sarà certo la mancanza della parola a poter esorcizzare la cosa.

  18. Moi scrive:

    comunismo non è un altro modo di distribuire le ricchezze, di organizzare la produzione o di gestire la società. Il comunismo è una disposizione etica. Disposizione a lasciarci toccare, nel contatto con gli altri esseri, da ciò che vi è di comune. Disposizione a condividere ciò che è comune”.

    Piccolo Dettaglio : -) : Fra Gente Consenziente

    PS

    I Sovietici erano quello che erano, ma _ su questo punto bisogna lasciarli stare ! _ assolutamente Immuni alla Sindrome di Efialte : -) !

    Il Comunismo NON è una DragoInvisibiloCrazia ! ; -)

    • Ritvan scrive:

      —Piccolo Dettaglio : -) : Fra Gente Consenziente. Moi—
      Chiamalo “piccolo”!:-)…Ma poi, chi ti dice che la gente nel Paradiso Dei Lavoratori non fosse, appunto, “consenziente”? Ma lo sai con che percentuale di voti il Partito Comunista (del Lavoro, nel caso dell’Albania) vinceva le elezioni? Circa il 99,9%, cribbio, chiamata a suo tempo “maggioranza bulgara”:-). Più “consenziente” di così si muore, cribbio…e infatti, quello sparuto 0,1% di “non consenzienti” morivano…in un gulag:-(…

      • maria scrive:

        Ritvan
        non voglio contrappormi , ma riguardo al consenso darei tempo al tempo, una qualche forma di consenso ci sarà stata in urss, e prova ne sia che questa è implosa non per il dissenso ma per collasso economico, anche in italia per il fascismo a lungo si è negato che vi fosse un consenso , poi invece si è ammesso che il regime di mussolini lo aveva eccome.
        Ciò non vuol dire che io giustifichi o riabiliti gli uni e gli altri o neghi i gulag , la repressione e tutto il resto.

        • Ritvan scrive:

          —Ritvan, non voglio contrappormi, maria—
          Nooo, ma quando mai!:-) (adoro:-) l’eufemistica italica, così piena di “non per contraddire” (e poi giù a contraddire:-) ), “detto senza offesa” (e poi giù con le offese più sanguinose:-) ) ecc.

          —ma riguardo al consenso darei tempo al tempo,—
          Sì e magari anche spazio allo spazio:-)

          — una qualche forma di consenso ci sarà stata in urss,–
          Sì, il consenso…disinformato:-) (della serie “il proletariato occidentale muore di fame, mentre noialtri qui non saremo nel Paradiso Dei Lavoratori, ma almeno di fame non moriamo più…almeno non più dai tempi dell’Ucraina, cribbio!”:-) )

          —e prova ne sia che questa è implosa non per il dissenso ma per collasso economico,—
          Sì, perché l’efficientissima – nei confronti del dissenso – KGB nulla poteva fare contro il collasso economico.

          —anche in italia per il fascismo a lungo si è negato che vi fosse un consenso,—
          Già, grazie all’ “egemonia culturale” di “qualcuno”:-)

          —poi invece si è ammesso che il regime di mussolini lo aveva eccome.—
          Certo che lo aveva, Mussolini mica espropriò la proprietà privata e gli antifascisti al massimo li mandava in certe amene isolette italiche a nun fa’ ‘n cazzo e vivere da signori coi soldi del governo (e non darmi del “berluschino”, eh, mio padre c’è stato al confino con Pertini e mi ha raccontato tutto), altro che gulag in cui morire spaccando pietre….Per non parlare delle sue politiche sociali, al cui confronto impallidirebbe perfino l’URSS:-). Poi, come si dice dalle mie parti, ha fatto come la vacca di razza che ti riempie il secchio di latte e poi gli dà un calcio e lo rovescia, ovvero è entrato in guerra al rimorchio di Hitler. E naturalmente:-) poi, sotto le bombe delle fortezze volanti dei biekissimi ameregani:-) il consenso del popolo italico al DVX è andato a donne di facili costumi….

          —Ciò non vuol dire che io giustifichi o riabiliti gli uni e gli altri o neghi i gulag, la repressione e tutto il resto.—
          Ma no, kompagna, tu non faresti mai una cosa del genere:-), tu solo equipari i quattro gatti spediti a grattarsi la panza nelle amene isolette italiche ai milioni di sovietici mandati a morire di stenti nei gulag siberiani…
          P.S. Io sono ugualmente contrario sia al fascismo italico che al comunismo sovietoide (del nazismo hitleriano poi non ne parliamo), ma certe piccolissime:-) differenze vanno evidenziate, se non altro per una questione d’onestà intellettuale….

  19. Miguel Martinez scrive:

    Per Z

    “tu ti affanni a negare il tuo losco passato paramilitare, lui si impegna per convincere gli interlocutori di averne uno.”

    Veramente io non mi occupo del mio losco passato paramilitare, se ne occupano con accanimento altri 🙂

    Però è simpatica l’idea che ci sia qualcuno che affermando di essere un paramilitare, non viene creduto, mentre io che non affermo e non nego, vengo immediatamente creduto un paramilitare.

    • PinoMamet scrive:

      Beh ma è logico:
      “paramilitare” fa figo, magari cattivo ma figo, perciò se te lo dici da solo susciti la reazione che da me si dice “inorecchiarsi” oppure “mi balla un occhio”:
      sai quella quando guardi qualcosa un po’ di traverso, indeciso, e fai: mmmmm….

      invece se te lo dicono gli altri, c’è poco da fare:
      se smentisci, non vieni creduto (“ecco che non vuole bruciarsi la copertura..”)
      se non smentisci, non vieni creduto (“è stato scoperto, ma non lo vuole ammettere!”)
      solo se affermi c’è il rischio che non ti prendano sul serio!

      è una cosa da tenere in considerazione, per i veri ex paramilitari, spie al servizio di Sua Maestà, golpisti sud americani e compagnia…
      😉

    • Z. scrive:

      Non è vero, Miguel…

      ricordo benissimo: tu scrivesti di aver lasciato il Messico durante l’infanzia, e che prima – almeno a quanto ricordi – avevi giocato più con le macchinine che con i soldatini.

      Insomma, non tergiversare: hai spudoratamente negato di aver addestrato bande di miliziani dell’America Latina mentre frequentavi l’asilo.

      E non capisco perché. Dopo l’11 settembre 2001, i giovani e la società tutta hanno riscoperto i sani valori dell’audacia bellica e della forza militare, e tu potresti e dovresti rivendicare con orgoglio il tuo passato in armi 😆

      Z.

      • Tortuga scrive:

        Se lo si avesse avuto (ed ovviamente ci si augura il contrario), si potrebbe aver bisogno di poterlo dimenticare (ndr un passato paramilitare).

    • Pietro scrive:

      Il problema è che se Lilin poteva essere creduto nel primo libro (un classico romanzo skinhead con aggiunta di sottobosco criminale organizzato) con il secondo ha straparlato. Nel secondo ha ripreso un tema che nel primo era solo accennato ma senza dare una “cronologia” omogenea. Se piace il genere “teppista + analisi sociale” ci sono un sacco di libri migliori: da “I padroni della notte” di Hoyle Trevor fino a “Eddie baby ti amo” di Limonov. Sono belli perchè non sono spiccatamente skinhead (un capovoloro recente è “Skinheads” di John King) o ultras (tutti i libri della Boogaloo) ma hanno un respiro più ampio.

  20. jam scrive:

    …i semi sotto la neve x poter venire alla luce(nascere), debbono avere un grande margine di auteticità, altrimenti la germogliazione é impossibile o ammalata, patologica e degenerativa. la natura in se stessa ha un grado di autenticità innato, avvolto da una passività totale, il grado di autenticità dell’uomo e delle sue parole é diverso, x esistere le parole dell’uomo hanno bisogno di un atto di volontà, una scelta, che oltrepassa la loro udibile sonorità ed il loro significato soggetto ad alienazione. le parole sono semi, granelli che se privi delle caratteristiche- qualità-autenticità di chi li semina, sono destinati a marcire. e se é marcendo che il seme germoglia, alla parola non basta marcire x germogliare, alla parola occorre qualcosa di più!
    prima della parola esiste l’idea, e prima dell’idea esiste l’essenza e prima dell’essenza esiste il nulla, fino a quando la parola non s’impregnerà della dinamica del nulla, sarà una parola orribile anche se apparentemente bella(truccata), stonata anche se ha le potenzialità di essere l’ idilliaca melodia condivisa…tutte le parole non sono che Una parola, una Somma, e tutte le parole sono impossibili se la bocca che le pronuncia non é “quella” … (non é una certa realtà migliore a non esistere o ad essere impossibile, ma sono le persone capaci di vivere questa “realtà migliore” questa “realtà condivisa”, a non esistere), le parole muoiono e rinascono ad ogni istante, come i respiri
    ciao

  21. Pietro scrive:

    Ops… Il mio commento è stato pubblicato “ad minchiam”. Era riferito alla credibilità di Lilin, che negli ambienti al quale si rivolge non è molto amato. Una sorte di teppista tatuatore riformista, non so se mi spiego…

    • Z. scrive:

      Ti dirò,

      del secondo ho letto che gli eventi narrati sarebbero più o meno in linea con quanto descritto da altre fonti (Politkovskaja, ad esempio), che però non conosco.

      Mentre il terzo, onestamente, tra stregoni nella taiga e supercomunisti nel superbunker… mah 😀

      Z.

      PS: Non credo che Lilin sia particolarmente riformista. Piuttosto mi pare uno che si fa molto ma molto li cazzi sua…

  22. Cat zu Felics scrive:

    Salve. Scusate l’ot, ma dato che so che in questo blog bazzicano persone informate su questi temi e che masticano l’arabo volevo sapere se ho scritto grosse cazzate in questo post:

    http://cat-so-infelix.blogspot.it/2012/10/la-libia-i-media-e-il-viagra.html

  23. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “iniziare dal fare qualcosa secondo le proprie idee, anche solo piccole comunità rette da regole altre rispetto al “sistema” che non ci piace, è l’azione da fare”

    Evidentemente, siamo meno lontani di quanto sembri…

    • Francesco scrive:

      ogni tanto hai degli attacchi di ciellinismo, infatti

      solo che io non mi scandalizzo più di tanto, se venti anni dopo che si è cominciato così si scopre che alcuni di quelli che si sono avvicinati a queste esperienze sono molto banalmente a caccia di vantaggi

      credo veramente che non sappiano cosa si perdono

      (il che non toglie che sono molto più legalista del ciellino medio, ma anche molto meno capace di iniziare ad agire)

      ciao

  24. Francesco scrive:

    proposta di definizione per esempi

    1) sinistra: facciamo una legge che impone una sovrattassa del 15% sui prodotti non a km zero seconda la definizione dell’Istituto Europeo di Belinate del 2005, terza revisione, versione 87. tra quelli prodotti dalle Cooperative sociali, social-popolari, no-profit, poco-poco-profit, fondate negli anni bisestili, gestite da persone svantaggiate ai sensi della Direttiva pigreco del 1687, terzo articolo, quarto comma, lettera tre …

    2) destra: apriamo un negozio di prodotti tradizionali della nostra provincia, che ormai sono semisconosciuti ma sono molto buoni. e cerchiamo di farci conoscere

    siete d’accordo?

    • roberto scrive:

      manco per niente!

      1 è italia, sia di destra che di sinistra (complimenti per l’imitazione dello stile del nostro legislatore, perfettamente azzeccato)

      2 può benissimo essere petrini, quindi vale sia per la destra che per la sinistra

      • Francesco scrive:

        maledetto! hai appena dimostrato che faccio meglio se alle prossime elezioni me ne sto a casa …

        proprio non c’è speranza, eh?

        PS fosse Petrini ci sarebbero un sacco di scuse invece che “sono molto buoni”, poi la richiesta di spazi da parte del Comune, certificazioni da parte del Ministero Attività Paranormali, finanziamenti da parte dell’Assessorato alle Varie ed Eventuali (cit.) e magari qualche passaggio in RAI … sbaglio?

        ciao

      • roberto scrive:

        guarda, secondo me petrini disprezza i tecnocrati del ministero attività paranormali (destra), ma certo non il finanziamento dell’assessorato (sinistra)

        in più lui non vorrebbe mai che il bollino “Vero Peperone Trapezoidale di Pizzopapero di sotto” fosse attribuito da un oscuro burocrate del ministero che non conosce la poesia del Peperone…chi meglio di lui, l’illuminato e della sua associazione può attribuire tali attributi di nobiltà? e su questo è tipicamente mastelliano.

        • Francesco scrive:

          epperò il Bollino è supremamente di sinistra!

          a destra metterebbero l’etichetta per farsi pubblicità, magari dentro c’è solo Peperone Asimmetrico di Borgo Santo Dimenticato, ma il Bollino no!

          😉

        • roberto scrive:

          mah, sono completamente d’accordo a metà.

          il bollino è di sinistra solo quando è “pubblico”.

          la creazione di una burocrazia privata che sostituisca quella statale invece è tipicamente di destra.

          l’etichetta non è propriamente di destra (e mi viene in mente l’opposizione feroce d’oltroceano all’etichettatura sulla carne agli ormoni)

        • Z. scrive:

          Il Bollino, e più in generale il Bollo, sono istituti essenzialmente italo-italiani, che hanno poco a che vedere con destra e sinistra. A noi ci piace il Bollo, il Timbro, la Vidimazione: stump!

          Tant’è che il governo Monti ha dovuto vietare per decreto alla P.A. di accettare certificati laddove la legge ammette le autocertificazioni: gli utenti evitavano di autocertificare e intasavano gli uffici.

          Z.

  25. nic scrive:

    Tortuga: “Chi è contrario ad un sistema, si fa la sua comunità con il suo proprio sistema”.

    Che bello! “Un mundo donde quepan todos los mundos”! E nella mia ipotetica comunità (A.A.A. comunardi cercasi) mi lascerebbero anche estrarre eventuale petrolio e minerali, costruire una diga idroelettrica, fare un accordo con la Corea del Nord per uno scudo missilistico atomico, applicare la pena di morte a chi è scoperto a vedere bruno vespa (le famose regole etiche 🙂 ) o potremo solo lavare i piatti e coltivare i pomodorini dal basso, per scelta e convinzione personale?

    Ho già visto esperimenti del genere (dalla legge indigenista di “usos y costubres” in mexico fino alle comunità zapatiste ribelli in chiapas o per restare tra noi gli “squat autonome” nella berlino del muro) ma devo ammettere che i Santi Asoke della thailandia mancano ancora al mio cv. Per fortuna ora c’é google, che la thailandia é distante:

    sarebbero le comunità fondate da un milionario animatore televisivo e difese dall’Esercito Dharma di “Mr. Clean”, un ex-generale golpista, eroe della repressione anticomunista in Laos ed antiislamica in Tailandia , accusato tra l’altro di partecipare al massacro di universitari nel ’76 in Thammasat?

    http://en.wikipedia.org/wiki/Santi_Asoke
    http://es.wikipedia.org/wiki/Chamlong_Srimuang
    http://www.csmonitor.com/2006/0309/p07s02-woap.html

    • Tortuga scrive:

      Cosa trovi di strano che all’interno di una società possano esistere delle comunità che vivono secondo particolari regole proprie di convivenza?

      Questo già avviene. In genere si tratta di comunità religiose. Ma non è detto che il fattore di coesione debba per forza essere un dogma teologico.

      Poi, tu pensi di poter giudicare in base a quello che puoi leggere in internet ma non hai trascorso un sola giornata della tua vita in un monastero. Non hai riferimenti per giudicare ciò che leggi, non conosci il buddhismo, non sai come si concretizza, non hai la più pallida idea di come si conduca una giornata o dei criteri e dei modi con cui vengono condotti i processi decisionali.

      Chiunque può offrire un sostegno economico ad una comunità monastica, anche il peggior delinquente di questo mondo.
      E allora?

      La comunità vive comunque di regole proprie, o vorresti forse impedirlo loro?

      Io conosco santi asoke perché ho conosciuto persone che vi si recano periodicamente a vivere.

      • nic scrive:

        “Cosa trovi di strano che all’interno di una società possano esistere delle comunità che vivono secondo particolari regole proprie di convivenza?”

        Concordo con Miguel:
        Non ci trovo nulla di strano, anzi non ci trovo proprio nulla.

        Anche i brokers di wall street, i country e golf club di Buenos Aires alta, i campeggi boy scouts, i giovani lupetti, i club med e persino la mia famiglia mononucleare vive secondo “proprie regole di convivenza”.

        Come disse una volta l’astioso ferretti (CCCP): “I centri sociali occupati autogestiti autogestiscono i centri sociali occupati autogestiti, le casalinghe le loro cucine ed i bottegai le loro botteghe”.

        Ma Tortuga, forse ho frainteso, non stavamo parlando di “fare un comunismo”?

        • Tortuga scrive:

          Eh, ma tu il comunismo lo puoi fare con chi lo vuole fare. Altrimenti non è un comunismo, è una dittatura.

        • nic scrive:

          ahhh… così funziona?

          Grazie, sono davvero sbalordito: ed io che credevo ancora in tutte ‘ste stronzate della lotta di classe, la rivoluzione, il controllo dei mezzi di produzione, i movimenti sindacali, i partiti, le lunghe marce, le guerre calde e fredde, il riformismo e l’estremismo, le guerriglie e l’imperialismo ….che coglionazzi!

          Lenin poteva farsi un bel comunismino in casa con gli amici e magari insistendo un po’ invitavano pure a me o per lo meno ci andavo 15 gg in vacanza!

          Sei sarcastica, vero? Ti prego, dimmi di si.

        • Ritvan scrive:

          —-Lenin poteva farsi un bel comunismino in casa con gli amici nic—
          Ma infatti, lo ha fatto a casa sua…naturalmente nell’accezione leghista del termine:-)

          —-e magari insistendo un po’ invitavano pure a me o per lo meno ci andavo 15 gg in vacanza!—
          Mmmmm…non te l’avrei consigliato…avresti potuto non farvi ritorno da quella vacanza, sai…..

        • Tortuga scrive:

          No, io non sono affatto sarcastica.

          ‘della lotta di classe, la rivoluzione, il controllo dei mezzi di produzione, i movimenti sindacali, i partiti, le lunghe marce, le guerre calde e fredde, il riformismo e l’estremismo, le guerriglie e l’imperialismo’

          Hai detto bene che sono tutte una marea di stronzate.

          Il vivere in comune, il gestire e condividere beni in comune, operare per il bene comune, per funzionare richiede che sia una libera scelta ed una dose di consapevolezza e senso di responsabilità del singolo molto elevata: è un esercizio di coscienza.

          Implica che le persone siano in grado di fare delle rinunce, e il dramma è che le prime da riuscire a fare non sono affatto di tipo materiale, ma di tipo mentale.

          E’ facile la “lotta” quando si deve andare a prendere pappa pronta: più difficile è quando si devono mettere a disposizione altrui le proprie energie.

          Poi, per carità, è un Tortugapensiero, ovviamente.

          Ma prendo sempre a prestito le comunità monastiche buddhiste, ma solo come esempio: le sole proprietà personali sono lo spazzolino da denti, la ciotola per mangiare ed il proprio abito. Non esiste proprietà privata, solo beni in comune, peraltro condivisi – chiaramente secondo regole – anche con l’esterno.

          E bada che – contrariamente a quanto si possa pensare all’esterno – siamo in un ambito che viene visto e definito come “religioso” dove tuttavia quello che il singolo pensa o non pensa riguardo a “cose religiose” come dio o non dio, non ha alcun peso e non conta nulla perché ciò che è proposto è piuttosto una rinuncia a coltivare idee in favore di una applicazione pratica di regole di vita e di impegno continuo a realizzarle con i migliori sentimenti.

          Il problema è che sono sentimenti che la maggior parte delle persone non sanno più coltivare perché hanno la testa troppo piena di idee.

          Ma se alcune comunità riescono a realizzare un certo tipo di vita comunitaria, ci possono riuscire anche altri.

        • Francesco scrive:

          Sono con Tortuga, anche se nella mia tradizione un Vescovo che dall’esterno vegli sulle comunità è cosa buona e giusta. Proprio per tutelare che si trova dentro quelle comunità.

          Il segreto è cambiare la società “fuori” senza operare per cambiarla ma solo vivendo in modo altro.

          Tutto il resto sono stronzate e violenza.

        • Tortuga scrive:

          Wow!

          [Vescovi = Lama = Collegi degli anziani (ci sono anche le riunioni dei diversi collegi comunitari).]

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          —-e magari insistendo un po’ invitavano pure a me o per lo meno ci andavo 15 gg in vacanza!—
          Mmmmm…non te l’avrei consigliato…avresti potuto non farvi ritorno da quella vacanza, sai…..

          Alla fine fanno sempre piacere le visite turistiche ufficiali alle Grandi Conquiste della politica del Partito 😉

  26. Miguel Martinez scrive:

    Per Tortuga

    “Cosa trovi di strano che all’interno di una società possano esistere delle comunità che vivono secondo particolari regole proprie di convivenza?”

    Nulla, va bene così (lo so, non rispondevi a me).

    Personalmente, penso piuttosto (bella allitterazione!) a comunità naturali: cioè a comunità che si formano da sole, come quando parlo qui di San Frediano.

    Mentre tu stai parlando di comunità come vere e proprie scelte, da parte di alcuni individui.

    • Tortuga scrive:

      Si, ma solo come esempio di comunità che in qualche modo si creano – come dire – comunque dal basso, cioè come conferma che è possibile nutrire e sostenere queste esigenze comunitarie che nascono spontaneamente.

      Anche io sono d’accordo con quello che ha scritto Francesco:
      “iniziare dal fare qualcosa secondo le proprie idee, anche solo piccole comunità rette da regole altre rispetto al “sistema” che non ci piace, è l’azione da fare”

  27. Tortuga scrive:

    oT per Rivan

    Ritti, cosa ne pensi?
    http://www.al-shia.org/html/ita/page.php?id=24

    • Ritvan scrive:

      —oT per Rivan
      Ritti, cosa ne pensi?
      http://www.al-shia.org/html/ita/page.php?id=24 Tortuga—

      Premesso che mi chiamo Ritvan e non Rivan:-), io sono musulmano sunnita, mentre il sito che riporti è chiaramente shiita (al-shia, no you know?), nonché probabilmente finanziato dal buon Ahmadinejad, pertanto è un po’ come se tu chiedessi a Francesco ‘O Kattoliko cosa pensa di roba scritta sul sito degli…Avventisti del 7° giorno, cribbio!:-)

      P.S. Comunque ti posso dire che:
      1. Come c’insegna il Nostro Amato Padrone Di Casa (che una volta mi ha giustamente cazziato per questo) visto che in arabo “jihad” è sostantivo di genere maschile (è anche un nome proprio MASCHILE) in dolce idioma dantesco non si dice “la jihad” bensì “il jihad”…
      2. Questo: “Se invece, (i politeisti-ndr.) dopo aver compreso chiaramente la verità, si rifiutano di accettarla e di convertirsi, l’Islam agirà verso di loro secondo il dovere religioso della gihàd.” non è vero, ai sensi del Sacro Corano (e infatti, il caro shiita estensore del papiro si guarda bene dal citare alcun riferimento coranico in merito). Il Corano, infatti dice:
      “Se (i politeisti-ndr.) non si mantengono neutrali, se non vi offrono la pace e non abbassano le armi, afferrateli e uccideteli ovunque li incontriate. Vi abbiamo dato su di loro evidente potere.” (Corano: IV, 91) ma dice anche “…se rimangono neutrali, non vi combattono e vi offrono la pace, ebbene, Allah non vi concede nulla contro di loro.”(Corano:IV,90).
      Ora, secondo la logica più elementare “nulla” vuol dire proprio “nulla”, compreso l’essere “illuminati” sulla Verità dell’Islam e poi eventualmente sgozzati se non si convertono (come ciancia il sullodato sito di Ahmadinejad).

      P.S. Aggiungo quanto Dio raccomandava inoltre in materia al Profeta Maometto: “Segui quello che ti è stato rivelato dal tuo Signore. Non c’è altro dio all’infuori di Lui. Allontanati dai politeisti. Se Allah avesse voluto, non Gli avrebbero attribuito alcun consimile. Non ti abbiamo nominato loro custode e neppure sei loro difensore. Non insultate coloro che essi invocano all’infuori di Allah, finché non insultino Allah per ostilità e ignoranza . Abbiamo reso belle, [agli occhi di ogni comunità], le loro proprie azioni. Ritorneranno poi verso il loro Signore ed Egli li renderà edotti sul loro comportamento.”(Corano: VI, 106-108).

      E così fece il Profeta Maometto quando rientrò trionfatore a Mecca: non costrinse alcun politeista a convertirsi all’islam sotto la minaccia della spada, casomai se la sarebbero vista col Signore quando fosse arrivato il loro turno di andare nell’aldilà, ma evidentemente quei cari sciiti si credono più musulmani dello stesso profeta Maometto:-):-)

    • Tortuga scrive:

      Rimango neutrale, non ti combatto, ti offro la pace ma …

      – pagando un annuale tributo (chiamato “gizyàh”) alla società musulmana, di godere della sua protezione –

      … la tassa non te la pago, eh!

      • Ritvan scrive:

        —-Rimango neutrale, non ti combatto, ti offro la pace ma …
        “pagando un annuale tributo (chiamato “gizyàh”) alla società musulmana, di godere della sua protezione”… la tassa non te la pago, eh! Tortuga—

        E io, Ritvan Il Gran Califfo dell’Eurabia:-) mica ti sgozzo per questo, cribbio….ti mando solo l’Equitalia Halal:-) a casa a pignorarti l’auto:-). Vedi un po’ se ti conviene:-)

        P.S. (serio): Ti faccio poco umilmente:-) presente che anche i musulmani pagavano una “tassa” specifica in quanto musulmani, lo zakat, che oggi definiremmo una “tassa di scopo” perché destinata esclusivamente a “politiche sociali” (ovvero per i poveri). E gli storici ci dicono che l’ammontare dello zakat – che era una tassa in percentuale sul reddito – era mediamente più alto di quello della gizyàh. Per non parlare del fatto che i pagatori della gizyàh erano esentati dal servizio militare. Io penso che tu, da donna e possibile madre di maschietti, nonché buddista pacifista, preferiresti pagare una piccola tassa, piuttosto che vedere tuo marito e i tuoi figli costretti a partire in guerra, con buone probabilità di non fare ritorno…che ne dici, ti sembra sempre tanto fallacianamente:-) orripilante la biekissima:-) “gizyàh”?

        • Francesco scrive:

          Ritvan,

          questa si chiama discriminazione su base religiosa

          Pare che nell’URSS ne fossero vittima i coscritti musulmani, ai quali si preferiva dare badile e piccone da usare invece che un pericoloso AK47

          In ogni caso, io mi rifiuterei vivacemente di vivere in una società siffatta, oggi.

        • Tortuga scrive:

          uhmmm… considerando quanto siete guerraioli voi musulmani sicuramente il figlio esonerato dal servizio militare non mi spiacerebbe.

          Dunque, pensiamo … la zakat viene spartita fra i musulmani, io buddhista però c’ho pure io la mia zakat, perché i musulmani mica spartiscono la loro zakat con i miei poveri o con il mio monastero.
          In più pago tassa per la “difesa”?!

          Ma siccome io sono generosa se non mi discrimini negli affari te la posso anche dare la gizyàh … però se la zakat è il 10% non ti dò più del 5%, a condizione che, visto che i tuoi non potrebbero convertirsi alla mia religione se gli piacesse, neanche nessuno dei tuoi si azzardi a cercare di convertire uno dei miei, e a condizione che siamo trattati bene davvero.

          Cmq se ti serve un servizio diplomatico efficiente ed efficace invece che andare sempre in guerra, mi offro volontaria (naturalmente anch’io riscuoto tassa per il servizio di diplomazia 😉 anche perché sai quanta taqiya mi tocca fare per farti da servizio diplomatico!?!! 😉

        • daouda scrive:

          il sistema delle gizah vale solo sotto un sultanato però e non ha senso parlare di un ministero della difesa essendo essa implicita nella tassa

      • Ritvan scrive:

        —Ritvan, questa si chiama discriminazione su base religiosa. Francesco—
        Si ma sempre meglio che essere cacciati in braghe di tela (vedi Isabella La Cattolica e i moriscos) o addirittura messi sul barbecue (vedi la Tua Cara Santa Inquisizione). Insomma, un po’ di sano Relativismo Storico no, eh, Ratzinger Verboten?:-)

        —In ogni caso, io mi rifiuterei vivacemente di vivere in una società siffatta, oggi.—
        Ma tu vivi in una “società siffatta”, solo che…al rovescio. Ovvero, in Italia i musulmani non possono destinare il loro 8×1000 al loro culto e, pertanto, se lo pappa in gran parte la Tua Cara Chiesa Cattolica….Vuoi che ti presti il mio gommone per andare in una società migliore?:-)

        • Francesco scrive:

          no, direi di abolire la presente discriminazione, piuttosto

          PS cmq è colpa vostra che non avete una chiesa una chiesa sunnita unificata a cui destinare i dindi 😀

  28. maria scrive:

    Ritvan
    io non ho fatto nessun paragone, li hai fatti tu, e alla io boia, riproponendo il grottesco esempio dei confinati di mussolini che se la spassavano senza fare un c., o tirando in ballo lo “stato sociale” realizzato dal fascismo rispetto a quanto fatto in Urss, tema che io non mi ero sognata di sfiorare anche perchè non penso si possa fare in due battute!

    Mi ero limitata a porre il tema del consenso in Unione sovietica, ma evidentemente per te l’indagine storica inizia e si conclude con Il libro nero del comunismo!

    • Ritvan scrive:

      —-Ritvan, io non ho fatto nessun paragone, li hai fatti tu, maria—
      Ah, beh, allora questo “….una qualche forma di consenso ci sarà stata in urss…(…)…. anche in italia per il fascismo a lungo si è negato che vi fosse un consenso , poi invece si è ammesso che il regime di mussolini lo aveva eccome.” lo ha scritto una tua omonima, vero?:-)

      —e alla io boia—
      Semmai alla “boia chi molla”:-)

      —-riproponendo il grottesco esempio dei confinati di mussolini che se la spassavano senza fare un c.,—
      Oh, beh, pare che per voialtri kompagni la VERITA’ risulta grottesca!

      — o tirando in ballo lo “stato sociale” realizzato dal fascismo—
      Era per illustrarti le ragioni del consenso al regime fascista, che tu stessa ammettevi. O ti devo dire che il consenso a Mussolini derivava dal fatto che gli italiani erano dei biekissimi razzisti che non vedevano l’ora di invadere l’Etiopia per poter fare bunga-bunga alle negrette?:-)

      —-rispetto a quanto fatto in Urss, tema che io non mi ero sognata di sfiorare anche perchè non penso si possa fare in due battute!—
      Ma fallo pure in 256 battute, kompagna, chi te lo impedisce?

      —Mi ero limitata a porre il tema del consenso in Unione sovietica,—
      E anche – come già detto – quello nell’Italia ducesca….o quest’ultimo te l’ha infilato a tradimento Peucezio nel tuo commento?:-)

      — ma evidentemente per te l’indagine storica inizia e si conclude con Il libro nero del comunismo!—
      L’URSS è defunta nel 1989 (o giù di li, non mi far metter mano alla Wiki, eh:-) ) e siamo già nel 2012. Cosa si aspetta per scrivere un “Libro Bianco del Komunismo”, dove descrivere le meraviglie del “consenso” a Baffone, magari che muoiano tutti quelli che lo hanno vissuto sulla propria pelle?

      • Z. scrive:

        In realtà il consenso a Baffone fu più diffuso di quanto non si sia portati a credere, persino durante gli anni Trenta.

        La propaganda del periodo faceva presa sulle masse impoverite dalla guerra civile, dall’industrializzazione feroce e dall’urbanizzazione forzata dei piani quinquennali. Del resto, non è che la Russia assolutista potesse vantare una storia di dialettica liberale e di tutela del dissenso politico, e ciò contribuì ad agevolare l’instaurazione dello stato totalitario.

        Così, nonostante la fame, la miseria profonda e diffusa e il terrore provocato della polizia politica, molti lavoratori erano convinti di partecipare ad una era di grandiosità e progresso grazie a Stalin, considerato come un padre severo e all’occorrenza spietato ma comunque lungimirante e giusto, nel solco dei grandi autocrati russi.

        Persino una gran quantità di reclusi nei gulag scrivevano a Stalin per denunciare gli innumerevoli orrori della prigionia. Erano convinti che il Grande Timoniere ne fosse tenuto all’oscuro, ed erano certi che sarebbe intervenuto senz’altro per ristabilire la “legalità socialista” e punire coloro che compivano tali atrocità in suo nome.

        Poi la guerra – del cui inizio disastroso Stalin fu peraltro direttamente responsabile – lo rese ancora più popolare, e non solo in patria.

        Z.

  29. maria scrive:

    Io non potrei mai vivere in una comunità strutturata, di nessun tipo.
    Mi sentirei soffocare.
    Sono troppo contradditoria, bastian contrario e individualista.
    Le uniche “comunità” che riconosco sono quelle che si formano malgrado noi, e sono basate tutte sul senso dell’amicizia.

  30. jam scrive:

    …”facciamo un comunismo” é stato un lapsus San Frediano, in realtà lei al comunismo non ci pensava proprio! pensava piuttosto all’amicizia che crea alleanze, o alle necessità della vita che legano provvisoriamente, creando solidarietà fra gli esseri umani: quando la Luna é a metà, si cerca-aspetta, l’altra metà…
    ciao

  31. Miguel Martinez scrive:

    Per jam

    “…”facciamo un comunismo” é stato un lapsus San Frediano, in realtà lei al comunismo non ci pensava proprio! “

    La risposta sarebbe un po’ complessa, perché da una parte lui (era un lui) intendeva sicuramente qualcosa come ciò che dici tu; dall’altra, però, è cresciuto in una cultura che definiva “comunismo” lo spirito di cui parli.

    Se ti capita e hai voglia, leggi i due post che ho linkato dove scrivo “La loro storia già ve l’ho raccontata qui e qui.”

  32. Miguel Martinez scrive:

    Resto colpito dal livello di astrazione della maggior parte dei commenti.

    Forse è semplicemente perché, per la maggior parte, non ci siamo mai incontrati di persona.

    Tra i commenti ci sono ragionamenti anche molto interessanti (come quello di Andrea Di Vita sulle oligarchie), però sono spesso in una dimensione del tutto diversa da quella di cui parlo nel post.

    Le eccezioni sono sempre due commentatori cui non rispondo quasi mai, proprio perché sono dentro una dimensione meno astratta e quindi dove c’è più da ascoltare o condividere che polemizzare: Jam e Pino Mamet.

    • Andrea Boari scrive:

      a tutti

      Che cosè il comunismo. ..?

      Se la ricchezza non è distribuita, è bassa la domanda di beni ed è depressa l’economia.

      Qui in Europa lo abbiamo capito tutti.
      Quindi, tutti, aspettiamo che la ricchezza venga distribuita.

      Una “buona società” è sempre “comunista”, perchè è sempre preoccupata che gli altri non abbiano, altrimenti non comprano.

      Una buona società è la società del 100% dei cittadini, nel quale nessuno viene escluso.

      C’è che nasce ricco, in un paese ricco, in periodo storico ricco e pacifico, come quello che abbiamo vissuto.
      C’è chi nasce povero, in un paese povero, in periodo povero e ricco solo di guerre e di conflitti.

      C’é chi nasce molto intelligente e chi nasce poco intelligente.
      Nascere intelligente e capace non è un merito, è solo una fortuna.
      Nascere poco intelligente ed incapace non è un demerito , ma è solo sfortuna.

      Chi ha fortuna di nascere intelligente, non può pretendere di essere anche molto più ricco di chi non è intelligente.

      Il compenso del maggior merito e delle maggiori capacità, non è il denaro, ma il prestigio e la guida politica da assegnare alle minoranze creative.

      La meritocrazia misurata sul denaro è una vergogna, perchè il merito di un soggetto, non è merito del titolare del medesimo, ma solo della sua fortuna.

      I migliori saranno pieni di appassionata intensità, quando non sarà il denaro e la ricchezza, ma il riconoscimento collettivo del loro ruolo e del loro maggior contributo, in quanto migliori, a misurare la loro eccellenza.

      La socialità del contributo del merito, che è un dono del caso, è il comunismo.

      • Z. scrive:

        Impegnarsi seriamente in quel che si fa, e ottenere risultati migliori di chi se la cazzeggia come diretta conseguenza, è questione di merito o di fortuna?

        Z.

        • Moi scrive:

          Merito, scelte, impegno … provate a scrivere “choosy” in Google News Italia e poi vedete che putiferio salta fuori.

          PS

          La Fornero riesce a rendermi simpatico perfino Vauro !

        • Francesco scrive:

          x Moi

          Vauro è una malattia di questo paese. Delle più gravi.

        • Z. scrive:

          Perbacco, ecco da dove derivano alcuni dei più gravi problemi del Paese: dalle vignette di Vauro!

          😆

          Z.

        • Francesco scrive:

          no no, nessuna derivazione

          le vignette di Vauro SONO uno dei problemi più gravi del paese

        • Z. scrive:

          Sì, insieme al traffico 😆

          Z.

        • Andrea Boari scrive:

          Per Z.

          La differenza consiste nel fatto che io penso che gli uomini non siano così liberi come pensano di essere.

          Il meritevole che va oltre se stesso è spesso programmato o nato ad essere quello che alla fine va ad essere.

        • Z. scrive:

          Andrea,

          da questo punto di vista la pensiamo allo stesso modo. Neppure io credo nel libero arbitrio.

          Detto questo, tu che hai da poco seminato il tuo campo, e a primavera falcerai la messe e venderai il grano al mugnaio, davvero accetterai di donare metà del ricavato a me – che ho lasciato incolto il mio campo – sulla base del principio che tu sei programmato per lavorare e io sono programmato per cazzeggiare?

          Z.

        • Francesco scrive:

          si può dire di non credere nel libero arbitrio

          si può vivere credendoci davvero?

          ho i miei dubbi

          ciao

        • Ritvan scrive:

          —-Detto questo, tu che hai da poco seminato il tuo campo, e a primavera falcerai la messe e venderai il grano al mugnaio, davvero accetterai di donare metà del ricavato a me – che ho lasciato incolto il mio campo – sulla base del principio che tu sei programmato per lavorare e io sono programmato per cazzeggiare?Z.—
          Mio buon Z., ma allora non hai capito un tubo del “comunismo-non-tecnico”:-) di Andrea. Ma quale “campo mio” e “campo tuo”, si fa un bel kolkhos dei due campi, di cui naturalmente:-) Andrea sarà nominato Direttore dal Partito e, di conseguenza, cazzeggerà tutto il tempo mentre tu lavorerai tutta la terra del kolkos. Alla fine, dopo aver dato al Partito-Stato il 90% del raccolto, il restante 10% sarà diviso equamente:-) fra te e Il Direttore, nella misura di 1 parte a te e 10 parti a lui. Cuntent?!:-)

        • Z. scrive:

          Francè,

          si può eccome. Oltretutto, si tende a vivere grosso modo alla stessa maniera. Curioso, eh? 😀

          Ritvan,

          povero Andrea, così me lo spaventi e non mi risponde più!

          Z.

        • Ritvan scrive:

          —Ritvan, povero Andrea, così me lo spaventi e non mi risponde più!Z.—

          Infedele und miscredente:-), allora non conosci uno degli slogan più presenti sui muri albanesi ai bei tempi:-) di Hoxha, che così recitava:”Niente può spaventare i comunisti!”:-):-)

  33. Moi scrive:

    Salemme e il Comunismo
    (tratto da “Cose da Pazzi”, 2005)

    http://www.youtube.com/watch?v=aikm-lr8ka8

    • Andrea Boari scrive:

      Per Z.

      Da ognuno secondo le sue effettive capacità e possibilità.

      Una società comunitaria, presuppone una certa pressione sociale sulle condotte degli individui, perchè nessuno possa rifiutarsi di coltivare il campo assegnato.

      Se è in gioco il bene collettivo, tutti sono tenuti a collaborare e a fornire la prestazione nei limiti delle capacità.
      La sanzione è informale.

      Sono emiliano.
      Antropologicamente sono egualitario ed universalista.
      Riconosco “a priori” nell’altro sempre un me stesso.
      Ma come emiliano, faccio fatica a pensare che una società possa funzionare consentendo all’individuo di consumare troppo liberamente i propri giorni.

      La vita ha senso solo se è orientata a beni che anche gli altri possano condividere.

      La grandezza consiste nel contributo sociale.

      Come emiliano tendo a pensare in termini di società in cui un potere informale, preme e prescrive condotte orientate al bene comune e meno all’esclusivo beneficio individuale.

      Negli anni sessanta “fare l’asino” ,espressione desueta, significava stigmatizzare le persone che assumevano condotte non rispondenti alle aspettative sociali.
      Soggetti stonati, da pareggiare e da mettere in riga.

      Poi è venuto il 68 ed è finita la società con i suoi apparati di controllo e le sue strutture informali.
      Sparita la famiglia, la scuola, la leva obbligatoria, il partito comunista, la società perfetta, la sacralità dello stato e della patria, le parrocchie, la classe operaria Dio e la chiesa.
      Ma sono sparite anche le guerre….improbabili per una società individualista.

      E rimane il consumatore….il pacifista, il non credente, (nel senso che non crede proprio a niente), un modello umano in favore del quale si abroga perfino la legittimità della pioggia.

      La fine della “società antica” avvenuta negli anni sessanta, è stata ratificata con la sussunzione del fenomeno naturale e neutro della pioggia, nelle previsioni del tempo, sotto il “concetto di cattivo tempo”.

      • Z. scrive:

        Andrea,

        — Da ognuno secondo le sue effettive capacità e possibilità —

        L’idea non è nuova, ma pur sempre affascinante. Resta qualche dubbio: chi stima quanto, e quanto bene, il cittadino Rossi sia in grado di lavorare? e come si fa una stima del genere? quali sarebbero gli indici, e con che criteri dovrebbero essere scelti?

        — Una società comunitaria, presuppone una certa pressione sociale sulle condotte degli individui, perchè nessuno possa rifiutarsi di coltivare il campo assegnato —

        E quindi tu pensi che tutti si lasceranno assegnare un campo in base a decisioni collettive e accetteranno di lavorarlo con la stessa voglia e diligenza, ripartendo di buona lena il raccolto in parti uguali? Da emiliano a emiliano, davvero credi una cosa simile?

        — Se è in gioco il bene collettivo, tutti sono tenuti a collaborare e a fornire la prestazione nei limiti delle capacità.
        La sanzione è informale. —

        Vicino a Ravenna c’era un bar autogestito dove ciascuno prendeva quel che gli pareva e pagava quel che riteneva giusto. Non c’era sanzione, se non informale. Non è durato a lungo.

        — Ma come emiliano, faccio fatica a pensare che una società possa funzionare consentendo all’individuo di consumare troppo liberamente i propri giorni. —

        Non ci sono dubbi. Se ciascuno di noi fosse libero di rubare, stuprare e trucidare la società non funzionerebbe. Ma a meno che il modello proposto non sia quello di cui al punto precedente, va osservato che neppure le società basate sul lavoro comunitario coatto, e sulla requisizione e redistribuzione dei frutti raccolti, tendono a brillare per efficienza.

        — Sparita la famiglia, la scuola, la leva obbligatoria, il partito comunista, la società perfetta, la sacralità dello stato e della patria, le parrocchie, la classe operaria Dio e la chiesa. —

        Sono sparite o si sono semplicemente trasformate, così come già accaduto molte volte nel corso della storia? A parte naturalmente Dio, la cui esistenza o sparizione certo non dipende dalle manifestazioni studentesche, e il partito comunista, che – essendo sparito il comunismo – comprensibilmente non gode di ottima salute.

        — E rimane il consumatore….il pacifista, il non credente, (nel senso che non crede proprio a niente), un modello umano in favore del quale si abroga perfino la legittimità della pioggia. —

        Mah, ricordo un servizio piuttosto recente che parlava di coltivatori veneti ben poco felici di aver perso il loro raccolto a causa delle scarse piogge. Non credo che né loro, né i loro rappresentanti di categoria, potrebbero considerare “illegittima” la pioggia…

        Z.

        PS: Sempre da emiliano a emiliano, con la bonaria franchezza che contraddistingue la nostra gente, mi pare di capire che nel mondo da te vagheggiato il gioco del poker non avrebbe senso, e non sarebbe quindi praticato. E questa cosa mi spaventa 😀

        • Andrea Boari scrive:

          x Z.

          Converrai che la società come si è configurata in questi ultimi decenni, condizionata dalla globalizzazione e dalla competizione universale, non fornisce prospettive allettanti.

          Ma convengo anche – per quanto riguarda i dubbi da te puntulmente espressi – che l’affermazione sul ruolo delle capacità/incapacità in una società comunitaria sia ancora azzardato e molto esplorativo.

          Ma converrai che qualcosa di diverso, almeno in termini, di desideri o istanze collettive, non ancora ben formulate, comincia a profilarsi nell’intero occidente.

          Ho l’impressione che al cospetto della crisi, quasi tutti si stiano chiedendo se non ci sia un’alternativa al sistema come è stato finora.
          Abbiamo lavorato e corso tanto.. per ottenere che cosa?

          Abbiamo avuto la gratifica del consumo. Ora verrà tolta.
          Se il diritto al consumo illimitato verrà tolto , per quale ragione dovremmo “frullare come abbiamo frullato finora”.

          L’adesione al sistema è stata tolta.
          Occorre osare.

          Il ruolo dello stato e del pubblico come regolatore della società ritorna al centro del dibattito.
          In Francia il discorso sul Liberismo che distrugge la domanda mondiale e del protezionismo (ragionevole) che potrebbe riavviarla, è molto avanzato.

          Da quando la crisi è iniziata, il mondo ha girato la boa e procede spedito verso una nuova direzione.
          Le elite, seguono o resistono; non hanno ancora preso l’iniziativa.
          Verrano nuove elite che espliciteranno e tradurrano in scelte politiche le esigenze ed nuovi percorsi già in atto.

          La globalizzazione recederà, in favore di un sistema di economie continentali.
          Il gradiente di concorrenza diminuirà. Il tempo della società troverà uno spazio più consistente all’interno del tempo dell’economia.
          La società sarà meno individualista, in questo nuovo orizzonte verranno formulate idee nuove.

          I contadini veneti del servizio a cui alludi …

          L’illegittimità della pioggia è statuita dal sistema del turismo e delle vacanze – week end che coinvolge la massa della popolazione (quanti sono i contadini?).
          La pioggia è intesa solo come momento di disturbo di un processo economico necessario.
          Quindi va demonizzata come “cattivo tempo”.

          Ma sono convinto che tornerà l’epoca dell’onesto Bernacca. Dove la pioggia era solo pioggia, un fenomeno neutro e necessario.
          Anche questo sarà un segno dei nuovi tempi.

        • Z. scrive:

          Andrea,

          sin da quando ero ragazzino ho sentito teorie che volevano il capitalismo prossimo al collasso. Che cambiano nel corso dei decenni, naturalmente.

          Se leggi un libro di dieci anni fa ci trovi elogi alla “moltitudine in marcia da Seattle”; se leggi un libro di venti anni fa ci trovi discorsi sulle “nuove forme di lotta al capitale nella società postindustriale”; trent’anni fa si parlava di “risposta eurocomunista all’oppressione capitalista”. E così via, a ritroso, fino al 1848. Queste teorie sono nate molto prima di me, e credo che io morirò molto prima di loro.

          Gli è che se un modello di società non piace occorre proporne un altro che sia almeno altrettanto funzionante – e possibilmente migliore, altrimenti che cambiamo a fare? – ma in concreto, a quanto pare, non è così facile.

          Sicché, invece di progettare altri mondi possibili credo faremmo bene a dedicarci all’unico che oltre ad essere possibile è anche concreto e attuale. E a escogitare modi pragmatici e plausibili per renderlo un po’ meno indigesto – visto che indigesto lo è, e pure parecchio.

          Z.

          PS: Quanto alla Francia, ho letto che un ministro ha dichiarato che farà sparire la prostituzione dal territorio della Repubblica e che Holland sta facendo scappare i capitali in Inghilterra. Altro non so, ma d’istinto se qualche idea nasce in Francia mi viene il sospetto immediato che sia una chiavata, tipo l’ammortamento alla francese 😀 😀 😀

  34. Moi scrive:

    @ FRANCESCO

    Non capisco a cosa alludi, ma del distinguo DX vs SX ho una concezione molto Berselliana :

    Le cose che ti piacciono … te le godi e basta ?

    Sei antropologicamente (!) di Destra.

    Le cose che ti piacciono … te le colpevolizzi e assolvi di continuo mediante pippe mentali ?

    Sei antropologicamente (!) di Sinistra.

    Fine.

    • daouda scrive:

      Hai una strana concezione della destra. A rigore uno di destra gode nell’assolvere al proprio dovere ergo il piacere si ha previa ottemperanza…

      Quel che scrivi vale in entrambi i casi per il tipo di sinistra

      p.s. io no di destra no di sinistra

      • Francesco scrive:

        “uno di destra gode nell’assolvere al proprio dovere ergo il piacere si ha previa ottemperanza”

        forse in Giappone, forse

        • Z. scrive:

          Non hai interpretato bene il commento…

          Per “a rigore” si intende “al calcio di rigore”, e per “uno di destra” si intende “un calciatore che gioca sulla fascia destra”.

          Ebbene: vorrai essere d’accordo, spero, che un calciatore che sbaglia il rigore non ha fatto precisamente il proprio dovere. E non ne sarà affatto felice.

          Z.

        • daouda scrive:

          Francé non me devi pijà sul letterale…

          Comunque è impossibile essere politicamente di destra dalla I guerra mondiale.
          E comunque sia essere di destra vuol dire essere delle merde , scritto senza remore.

          Convego per come hai costruito specificatamente Z. la questione del calcio di rigore, però ad ampliarla e renderla comparabile sul piano destra/sinistra ( cosa che vado immaginando essendo sinistra correlativo di destra ergo sempre implicita come cosa ) non mi pare fattibile.

        • Z. scrive:

          Non credo che un’ala sinistra che sbagliasse un calcio di rigore sarebbe più felice di un’ala destra, però.

          Detto questo, perché essere di destra equivarrebbe ad essere delle merde?

          Z.

        • daouda scrive:

          Essere di sinistra è da casinari coglioni che poi sono solo ipocriti ( merde che ti sorridono inculandoti ), la destra ti incula subito ed è onesta in questo, e se ne vanta.
          In questo caso sono delle merde anche loro, con tutta la loro retorica idiota ed idiotica.

    • Z. scrive:

      Moi,

      se le seghe mentali sono di sinistra, allora tu sei uno dei comunisti più estremisti e radicali che io conosca 😀

      Z.

    • Andrea Boari scrive:

      x Z.

      Le teorie del collasso del capitalismo sono nate con il capitalismo. Ma il capitalismo è ancora qui fra di noi.

      Io non penso che il capitalismo possa finire a breve. Ma tutto inizia e prima o poi finisce.
      Quello che penso è che la forma attuale del capitalismo, come la vediamo operante da 30 anni, stia finendo.

      Quando sono nato c’era il capitalismo. Ma era molto diverso.

      Mi aspetto, prima di crepare, di vedere non la fine del “capitalismo”, ma la fine di questo capitalismo.

      a presto

      Andrea

  35. Moi scrive:

    @ RITVAN & MARIA

    Esistono nel Mondo Reale non pochi casi di gente reduce di qualche Regime di Socialismo Reale che te lo dice chiaramente:

    “Si stava meglio “prima”, perché ci erano garantite “poche-cose-ma(!)-sicure” di cui poter vivere senza dover fare chissà quale fatica. La libertà di espressione, d’iniziativa privata, di culto, e di ogni altra cosa prevista _ in cambio, appunto, di tutte queste “poche-cose-ma(!)-sicure”_ costituiva un prezzo ragionevole !”

    Evidentemente, NON è il caso di Ritvan.

    Forse, Maria, dirai che “l’esperimento marxista” _ per dirla con il noto socialista e liberale Piero Gobetti _ dell’Albania di Hoxha si è rivelato _ all’unanimità (!) degli storici _ come il più disastroso fra tutti quelli del Socialismo Reale. Ma _ e qui (!) arriva la dolente nota !_ era proprio il più “pedissequo” di tutti tali “esperimenti marxisti” di cui sopra !

    • Moi scrive:

      Specifico meglio : tutte quelle libertà da imolare in cambio di poche elargite cose ma sicure erano ritenute da qualcuno un prezzo ragionevole …

      ————

      «È il paese dove non si muore mai. Fortificati da interminabili ore passate a tavola, annaffiati dal raki, disinfettati dal peperoncino delle immancabili olive untuose, qui i corpi raggiungono una robustezza che sfida tutte le prove. Siamo in Albania, qui non si scherza». [cit.]

      -tratto da :

      http://www.einaudi.it/libro/scheda/(isbn)/978880617019/

      “Il Paese Dove Non Si Muore Mai” , di Ornela Vorpsi, 2005

    • Ritvan scrive:

      —-“Si stava meglio “prima”, perché ci erano garantite “poche-cose-ma(!)-sicure” di cui poter vivere senza dover fare chissà quale fatica…Moi—
      Dipende, Moi, dipende. Se eri un gerarca del Partito o il caro traduttore russo di maria, probabilmente sì. Però, se eri un proletario – taaaaanto caro ai marxisti e teoricamente Detentore Del Potere:-) – o peggio, un kolkhosiano, un par de palle, se mi consenti il francesismo:-). Per loro tanta fatica c’era e la battuta che circolava in quei tempi “noi facciamo finta di lavorare e lo Stato fa finta di pagarci” era, appunto, una battuta…per lo meno nella sua prima parte.

      P.S. A proposito di kolkhosiani (in Albania più o meno il 60% della popolazione!), per una dura giornata di lavoro, dalle 5 del mattino alle 6-7 di sera (con un intervallo di 1 ora per il pranzo, pioggia, sole a picco o sarkazzo d’altro che fosse a scavare canali di scolo, zappare e quant’altro), ricevevano – media nazionale – circa 20 lek…quanto fa in euro? non lo so ma so per certo che a quel tempo un pane nero e schifoso di 1,5 chili costava 40 lek….ah, dimenticavo, i kolkhosiani non potevano avere neanche quello (riservato ai cittadini), per loro solo pane di…mais, tanto duro da poter essere impiegato nella confezione di giubbotti antiproiettile. E lo so non dai libri o dai giornali ma perché da veterinario ho frequentato diversi kolkhos albanesi.

      P.S. 2 Ovviamente la kompagna maria è liberissima di prendere come “standard” il suo caro traduttore russo…ci mancherebbe altro, noialtri siamo per la LIBERTA’, cribbio!:-)

      • Z. scrive:

        Uhm… in quale decennio il 60% degli albanesi era composto da contadini colcosiani? E quanto agli altri, erano tutti cittadini o c’erano forme diverse, meno diffuse, di gestione dei fondi agricoli?

        Magari sono domande banali ma non so niente al riguardo. Purtroppo non è un argomento molto approfondito nelle scuole italiche. E dire che eravate una provincia del nostro glorioso Impero, neanche troppo tempo fa.

        Z.

        • Ritvan scrive:

          —-Uhm… in quale decennio il 60% degli albanesi era composto da contadini colcosiani? Z.—-
          In tutti i decenni. Leggi qui (pagina 16).
          http://associazionebartola.univpm.it/pubblicazioni/raccolta_tesi/ninka.pdf

          —E quanto agli altri, erano tutti cittadini o c’erano forme diverse, meno diffuse, di gestione dei fondi agricoli?—
          Sì, c’erano anche i “sovkoz”, ovvero le Aziende Agricole Statali, le quali assorbivano più o meno un altro 15% della popolazione, compresa parte di quella urbana (poiché i suddetti sovkoz sorgevano spesso e volentieri nelle vicinanze delle città). I lavoratori della AAS venivano retribuiti più o meno come gli operai delle città (circa 200 lek al giorno) e non a cifre ridicole di 10-20 lek al giorno, come nei kolkhos.

          —-Magari sono domande banali ma non so niente al riguardo. Purtroppo non è un argomento molto approfondito nelle scuole italiche.—
          E lo credo bene, vista “l’egemonia” di “qualcuno”:-) nella Scuola Italica….

          —- E dire che eravate una provincia del nostro glorioso Impero, neanche troppo tempo fa.—
          Eh, magari è un freudiano senso di colpa:-) per quello che fa ignorare nelle scuole un Paese a 70 km dalle coste italiche…..

  36. daouda scrive:

    Se Miguel cerca la vita, la risposta migliore è una sarcastica risata con pizza in faccia a seguire a chi si lasci scappare impunemente una cosa del genere, almeno per come sono costruite le ULTIME frasi virgolettate . Questo perché meglio delle parole lli gesti.

    Altrimenti mi immagino una serata con un po’ d’erba in compagnia dove non è richiesto l’essere delle persone rette. Perché se esistono individui che riescono a parlare così, o hanno un gran cuore oppure sono dei vermi che giocano a ripulirsi.

    Visto che piacciono le impressioni…

    • Francesco scrive:

      Stai insinuando che Miguel è un Gabriele Salvatores messicano?

      Sarebbe offensivo

    • daouda scrive:

      Non è la frase o l’accenno al comunismo il problema. E’ la stupidità e la correlativa presunzione d’innocenza da parte di chi probabilmente si sente vittima del mondo cattivo e spara a raffica giudizi su ciò che non capisce.

      Oppure siamo , come ho scritto, innanzi a persone di gran cuore che han capito molto della vita.

      Io lascio semplicemente aperte entrambe le cose essendo del tutto plausibili.

      Ho visto chi è G.S, ma non sò cosa affermi né quale potrebbe essere l’accostamento con Miguel.

      • daouda scrive:

        Aggiungo per esser del tutto chiaro che io attacco i buonisti che sentono così e leggono ciò come ho descritto e non tanto tali possibili persone.
        E le attacco esattamente sullo stesso piano su cui si mettono, senza giudizio, essendo quel che ho scritto solo colore per far capire cosa intendessi.

  37. maria scrive:

    Evidentemente, NON è il caso di Ritvan.

    maria
    infatti , ma al di là delle singole esperienze, io volevo dire soltanto che anche in quel paese, come dappertutto, ci saranno state persone che non si ponevano come interesse primario il problema del dissenso e vivendo lo stesso una vita non necessariamente beota.

    Ho conosciuto un traduttore russo che parlava e scriveva in un italiano straordinario, aveva tradotto pirandello, che pur non essendo d’accordo per nulla con quel regime, viveva tuttavia una vita normale, aveva studiano, si era sposato, aveva figli , un lavoro e assistenza di ogni tipo. Certo soffriva di altre restrizioni, più di una volta gli ho spedito delle cose di natura culturale e materiale.

    Più in generale io credo che nel Novecento è stato fatto un grande e tragico esperimento che voleva forse l’impossibile, far coesistere giustizia sociale e libertà. Binomio ancora oggi molto affascinante, per me infatti la libertà da sola non basta a realizzare la giustizia.

    Alcuni di voi ricorderanno il movimento di Giustizia e libertà il cui fondatori non certamente comunisti spiegarono una volta perchè avevano anteposto di un soffio la parola giustizia a libertà, perchè la prima implicava la seconda e non viceversa:-)

    Mi rendo conto però che simili considerazioni , viste come sono andate le cose, porgono il destro a ironie e contestazioni di ogni tipo, come se facendole si volesse giustificare il socialismo reale.

    • Francesco scrive:

      ehm, la Giustizia non implica affatto la Libertà, anzi, nel momento in cui ho un’idea di giustizia e cerco di realizzarla, di imporla, ho già seppellito la libertà

      il buon AdV sarebbe pronto ad aggiungere ricche contumelie contro il concetto stesso di libertà, infame menzogna borghese, ma lui è coerente

      sto leggendo vari documenti papali in tema di Dottrina Sociale, sono curioso di capire dove pone il punto di equilibrio tra questi due beni

      ciao

      • maria scrive:

        francesco,
        mi riferivo a giustizia nel senso di uguaglianza sociale, come cattolico dovresti avere un qualche interesse a questo:-)

        • Z. scrive:

          …ma il tentativo di perseguire l’uguaglianza sociale – cattolicamente o meno – è appunto una limitazione, non necessariamente lieve, imposta alla libertà.

          Che poi sia una limitazione giusta o ingiusta dipende dai punti di vista e dal caso di specie.

          Z.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Limite alla libertà di qualcuno per garantire la libertà ad altri. Sempre che non siamo così ipocriti da credere che le diseguaglianze non portino ad essere liberi in modo diverso (come dice un mio collega raccomandato, “c’è chi può e c’è chi non può”).

        • Z. scrive:

          Il problema, come spesso capita, è soprattutto semantico: il termine “libertà” è ambivalente, e viene indicato per designare sia le cosiddette libertà negative sia le cosiddette libertà positive.

          Z.

        • Francesco scrive:

          rispondo PRIMA di aver letto i miei libroni: la sola espressione eguaglianza sociale mi fa orrore

          per me l’unica uguaglianza desiderabile è quella per cui un minatore possa rivendicare il diritto di precedenza sul ponte che sta attraversando di fronte al suo barone

          il resto mi pare scusa per diventare oppressori del prossimo

          ciao

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Francesco

        ‘coerente’

        Grazie 🙂

        ‘Giustizia […] Libertà’

        Forse avrai notato che rifuggo dall’usare le maiuscole per questi nomi. Non posso infatti fare a meno di chiedermi, tutte le volte che li vedo o li sento nominare: ‘giustizia e libertà PER CHI?’

        Siamo proprio sicuri che queste parole abbiano davvero lo stesso significato per un impiegato, un disoccupato, un evasore fiscale e uno speculatore?

        Davvero non lo so; dubito tuttavia dell’uso scontato che se ne fa, come se questa domanda avesse già ricevuto una risposta pacificamente accettata come valida da tutti.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          perchè parti, sbagliando, dalla divisione dell’umanità in classi sociali (o almeno ruoli economici)

          invece devi rinnegare Marx e partire dall’umanità

          l’analisi delle strutture economiche sarà sensata se verrà dopo

          ciao

          PS credo che la risposta alla tua domanda sia sì, salvo minori questioni lessicali.

  38. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    ““Si stava meglio “prima”, perché ci erano garantite “poche-cose-ma(!)-sicure” di cui poter vivere senza dover fare chissà quale fatica. La libertà di espressione, d’iniziativa privata, di culto, e di ogni altra cosa prevista _ in cambio, appunto, di tutte queste “poche-cose-ma(!)-sicure”_ costituiva un prezzo ragionevole !””

    La “libertà di espressione” ha almeno due significati:

    1) il diritto di esprimere opinioni fortemente anticonformiste, certamente represso nel mondo sovietico, ma è un’attività che nel bene o nel male, non interessa a molta gente

    2) il diritto di avere una vita interiore, interessi diciamo culturali, e oggi mi sembra che nei paesi dell’Est ci fosse più libertà di quanto io pensassi allora

    3) il diritto di dissentire da scelte statali che ti creano dei problemi diretti. E qui non va dimenticato il sistema dei collettivi gerarchici, descritto da Zinov’ev, cioè il fatto che le direttive magari non si potevano contestare, ma si poteva discutere all’infinito sul modo in cui applicarli

  39. Miguel Martinez scrive:

    La libertà di iniziativa privata ha anch’essa vari significati.

    Una minoranza molto ristretta di persone ha grosse ambizioni economiche, e quella – se non si arricchiva tramite la corruzione statale – effettivamente poteva restare frustrata nel sistema socialista.

    Mentre c’era un’ampia libertà per i piccoli arrangiamenti personali.

    • Francesco scrive:

      “Una minoranza molto ristretta di persone ha grosse ambizioni economiche”

      confessa, tu NON sei yankee neppure per una goccia di sangue! questa idea non ti sarebbe potuta venire, altrimenti!

      😀

      PS credo comunque che sia sbagliata in assoluto, che non corrisponda alla realtà

  40. Miguel Martinez scrive:

    Libertà di culto…

    So benissimo che l’Unione Sovietica era atea ecc. ecc.

    Solo che quasi tutti i “comunisti” russi, moldavi, georgiani e rumeni che conosco io non vi accennano minimamente. In qualche modo misterioso, davano per scontata sia una radicale fede ortodossa, sia il sistema socialista. Non pretendo di spiegarmelo, ma è così. Poi magari per i cattolici uniati dell’Ucraina era diverso.

    Diverso il discorso della DDR – dove la religione è di scarsissima importanza – e della Lituania, in cui la resistenza nazionale anche contro la russificazione etnica veniva a coincidere con l’identità cattolica.

    • Ritvan scrive:

      Miguel, dimentichi la Polonia.

      • daouda scrive:

        Il popolo in dittattura se la passa sempre bene, anche se male, perché la massa è inferiore per definizione.

        Ma è un discorso troppo vasto. Così come ridurre la questione della collettivizzazione all’impedimento dell’arraffo da parte dei corporativisti, che è una facezia rispetto all’impianto in sé stesso e quindi alle conseguenze devastanti che ha sull’integrità umana.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per tutti

        In breve, in Polonia per secoli l’identità nazionale Polacca e la Chiesa Cattolica hanno semplicemente coinciso, nonostante il fatto che una quota non nulla di Polacchi siano Ortodossi, Ebrei e Musulmani (le ‘meczet’, o moschee, sono da cinquecento anni le più settentrionali moschee in Europa con una comunità di fedeli composta prevalentemente non da immigrati ma da indigeni). Tale coincidenza vale almeno dalla resistenza di Częstochowa al ‘Diluvio’ dell’invasione Svedese durante la guerra dei Trent’anni. E’ adesso, che finalmente la Polonia è libera, democratica e indipendente (prima di Hitler era indipendente ma non democratica) che identità Polacca e Chiesa Cattolica cominciano a non coincidere più. La cosa ha rischiato di provocare una inaudita spaccatura verticale nel paese, sia sociale (città vs. campagna) sia geografica (Ovest vs. Est) . Il giorno della sconfitta di Kaczyński alle elezioni c’ero: la gente si abbracciava per strada, le lacrime agli occhi. Persino mio suocero e suo fratello, che hanno passato indenni il peggior stalinismo, erano arrivati ai ferri corti e non si parlavano più. Oggi con la crisi economica la gente ha altro cui pensare, e questa frattura sembra essersi rinsaldata, almeno per il momento.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

  41. mirkhond scrive:

    Nel mondo comunista credo che abbiano sofferto molto di più i cattolici, anche per il motivo di avere il loro referente spirituale FUORI dal Patto di Varsavia, a differenza dei vari patriarcati ortodossi situati all’INTERNO del blocco sovietico e quindi più controllabili dal regime, come era già successo sotto gli zar russi, bulgari e serbi, sotto gli imperatori romani d’Oriente, e persino sotto gli Ottomani…..
    La percezione del cattolico rispetto al comunismo è quindi molto più dolorosa e sofferente…

    • Ritvan scrive:

      —Nel mondo comunista credo che abbiano sofferto molto di più i cattolici, anche per il motivo di avere il loro referente spirituale FUORI dal Patto di Varsavia…mirkhond—
      Non so altrove, ma posso assicurarti che in Albania è stato proprio così e proprio per il motivo che citi. E se lo dice un non cattolico come me….

    • Francesco scrive:

      come capita oggi ai cattolici cinesi, perseguitati perchè seguaci di una religione che rifiuta di porre il partito/patria sopra ogni altra cosa

  42. Miguel Martinez scrive:

    Per Ritvan

    “Miguel, dimentichi la Polonia.”

    Non la dimentico, è che non ho mai parlato con un polacco a proposito di quegli anni, e quindi non ho nulla su cui basarmi.

    Anche se ho parecchi amici albanesi, poi, con loro non abbiamo mai parlato del passato.

    • Ritvan scrive:

      —Non la dimentico (la Polonia-ndr.), è che non ho mai parlato con un polacco a proposito di quegli anni, e quindi non ho nulla su cui basarmi. Miguel Martinez—
      Oh, beh, se hai imprescindibile bisogno di parlare personalmente con un polacco per conosere l’Immenso Amore:-) dei polacchi cattolici per i Cari Fratelli Russi Comunisti e Ortodossi, chi sono io per impedirtelo?:-)

      —Anche se ho parecchi amici albanesi, poi, con loro non abbiamo mai parlato del passato.—
      Non hai mai tentato di far leggere loro uno dei miei papiri “albanesi” e chiedere cosa ne pensavano?! Mah…..

  43. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “confessa, tu NON sei yankee neppure per una goccia di sangue! questa idea non ti sarebbe potuta venire, altrimenti!”

    Non direi. La maggior parte degli statunitensi che conosco io non ha ambizioni economiche, ha solo paure economiche. E quella paura li rende più aggressivi.

    • maria scrive:

      Non direi. La maggior parte degli statunitensi che conosco io non ha ambizioni economiche, ha solo paure economiche. E quella paura li rende più aggressivi.

      maria
      miguel forse non ti farà piacere ma il regista Moore, quello ciccione, dice che le sparatorie con conseguenti stragi, che avvengono in america non dipendono solo dalle armi, pare che in canada ve ne siano di altrettante, ma dalla paura degli americani

  44. Miguel Martinez scrive:

    Comunque nel giudizio sul socialismo reale, io probabilmente ho fatto un percorso opposto a quello di tanti.

    Sono cresciuto credendo il peggio sulla vecchia URSS, mi hanno fatto cambiare idea le persone che ci sono vissute.

    • Francesco scrive:

      anche io sono cresciuto credendo il peggio sulla vecchia URSS, però scommetto che erano dei peggio molto diversi!

      😀

  45. maria scrive:

    P.S. 2 Ovviamente la kompagna maria è liberissima di prendere come “standard” il suo caro traduttore russo…ci mancherebbe altro, noialtri siamo per la LIBERTA’, cribbio!:-)

    maria
    vedi come sei ritvan?:-) io non ho detto che tutti sono come il traduttore russo, ho solo fatto un esempio di vita vissuta fra i tanti possibili, come fai tu del resto, senza peraltro negare il valore della libertà , ma tu non vuoi intendere:-)

    • Ritvan scrive:

      —-vedi come sei ritvan?:-) io non ho detto che tutti sono come il traduttore russo, ho solo fatto un esempio di vita vissuta fra i tanti possibili, come fai tu del resto, senza peraltro negare il valore della libertà , ma tu non vuoi intendere:-)maria—
      Sì, mary, anch’io la prossima volta ti farò – invece delle statistiche – l’esempio di… Berlusconi:-), così la smettete di criticare il biekissimo kapitalismo:-):-).

      P.S. Visto che te ne sei altamente fregata, (cavolo, mi aspettavo almeno una domanda del tipo “Ritvan, ma come facevano a vivere se prendevano 20 lek – o meno – al giorno e un kg di pane costava più di 20 lek?!”) ti reincollo le condizioni di vita del 60% della popolazione albanese ai tempi di Hoxha (mica quelle chessò, del medico personale di Hoxha o di uno dei traduttori delle sue Gloriose Opere a beneficio di voialtri occidentali).
      “A proposito di kolkhosiani (in Albania più o meno il 60% della popolazione!), per una dura giornata di lavoro, dalle 5 del mattino alle 6-7 di sera (con un intervallo di 1 ora per il pranzo, pioggia, sole a picco o sarkazzo d’altro che fosse a scavare canali di scolo, zappare e quant’altro), ricevevano – media nazionale – circa 20 lek…quanto fa in euro? non lo so ma so per certo che a quel tempo un pane nero e schifoso di 1,5 chili costava 40 lek….ah, dimenticavo, i kolkhosiani non potevano avere neanche quello (riservato ai cittadini), per loro solo pane di…mais, tanto duro da poter essere impiegato nella confezione di giubbotti antiproiettile. E lo so non dai libri o dai giornali ma perché da veterinario ho frequentato diversi kolkhos albanesi.”.

      • maria scrive:

        Ritvan
        è vero lo ammetto:-), non avevo letto fino in fondo il tuo lungo post, va bene, prendo atto di ciò che scrivi, evidentemente in albania stavate ancora peggio, non credo che in Urss a parte la guerra e il periodo della collettivizzazione forzata, in quel periodo il 60 per cento della popolazione facess addirittura la fame, traduttori o non traduttori, comunque poiché tu sei laureato e anche tuo padre mi pare mi piacerebbe conoscere , se vuoi,come funzionava e per chi il sistema scolastico albanese.

        • Ritvan scrive:

          Kompagna mary, prendo atto della tua autocritica bolscevica:-)
          Il sistema scolastico albanese non si può descrivere in due parole e adesso non ho tempo, ma ti prometto che lo farò al più presto.

        • Ritvan scrive:

          Arieccomi qua, kompagna mary, ai tuoi ordini:-) a tessere le lodi del Glorioso Sistema Scolastico di Enver Hoxha:-) (o che c’hai per caso anche tu, come Miguel, “l’amico albanese” che te ne ha decantato le meraviglie?:-) ).
          Scherzi a parte – e anche tempo perso a scuola per l’indottrinamento e altre cazzate varie a parte – il sistema scolastico di Hoxha non aveva nulla da invidiare a quello dei più progrediti Paesi occidentali. E se lo dice Ritvan che mangia…i komunisti:-). Era completamente gratuito (e te credo, con i salari da fame vorri vedere come avrebbero fatto a pagare:-) ), dall’asilo fino all’università. . Fino all’8-a classe era obbligatorio (ed esteso anche nei più sperduti villaggi di montagna), poi c’era l’alternativa facoltativa fra ginnasio (non c’era la divisione fra “classico” e “scientifico”) e scuole professionali (altri 4 anni), situati solo nelle città. Il tutto era aperto anche agli studenti provenienti dalle cosiddette famiglie di “nemici del popolo”.
          Gli insegnanti avevano un’eccellente formazione ( e te credo, altrimenti andavano a zappare, altra alternativa non c’era) e svolgevano il loro compito con devozione, specie quelli che non avevano santi in….Politburò:-) e che, pertanto, venivano mandati ad insegnare nelle scuole dei villaggi. Ovviamente non c’erano okkupazioni studentesche – tanto care a te, vero, kompagna:-) – e in classe si sentiva volare anche una mosca.
          Per il resto, a parte le solite grottesche menzogne komuniste nelle materie come Storia, Filosofia ecc., e la selezione ad minchiam della letteratura moderna, nelle altre discipline – specie quelle tecnico-scientifiche – la formazione degli alunni albanesi non aveva nulla da invidiare a quella dei loro “colleghi” occidentali….tranne forse per quanto riguardava la genetica: si è dovuto attendere la rottura con l’URSS per poter mandare a cagare come si meritavano Lysenko&co e poter parlare a scuola di un certo Mendel:-)
          Le note dolenti cominciano con l’Università. La prima Facoltà fu aperta solo nel 1957 (ovvero ben 12 anni dopo la presa di potere di Hoxha) e anche in seguito la capitale Tirana rimase l’unica sede universitaria. Siccome il regime garantiva ai neolaureati un posto di lavoro adeguato alla loro laurea (vabbeh, spesso e volentieri in Culonia, ma tant’è) l’Università era rigorosamente a numero chiuso (ovvove e abominio, vero kompagna?:-) ). Però, non c’era alcun concorso come nei Paesi occidentali (e anche in Jugoslavia, come mi ha assicurato il mio amico serbo…sì, c’ho l’amico serbo, embè, che lo devo forse sgozzare?:-) ) e il diritto d’accesso all’università, nonché la facoltà a cui iscriversi, lo stabiliva un’apposita Commissione Dei Gloriosi Lavoratori, naturalmente tutti membri del Partito e tutti NON laureati. E non sto scherzando, eh, c’era il Glorioso Operaio Edile, la Gloriosa Mungitrice Delle Vacche Del Sovkoz, il Glorioso Minatore Stakanovista e così via. E non c’era alcuna possibilità d’appello.

          P.S. Personale.(o che mica solo il traduttore russo deve servire da esempio “personale”?:-) )
          Al sottoscritto, pur avendo la miglior media scolastica di tutto il distretto di Valona e non appartenendo a famiglia di “nemici del popolo” (anzi, mio padre, essendo stato confinato dal DVX nella solita amena isoletta, era considerato dal regime alla stregua di un partigiano!) la sullodata Commissione Proletaria negò l’accesso all’università. Protestai dove potei e scrissi perfino a Enver Hoxha. Ovviamente lui non lesse mai la mia lettera (anche perché a quel tempo era già in pieno rincoglionimento e qualche anno dopo sarebbe crepato) ma si vede che fra i suoi segretari c’era qualcuno che aveva conservato un barlume d’onestà e di umanità. Costui rimandò la mia lettera ai kompagni locali, con la laconica nota, in nome e per conto del kompagno Hoxha:”Che l’anno prossimo gli venga garantito l’accesso all’università”. E così fu: l’unica cosa che potevano fare i Gloriosi Proletari della Commissione era di assegnarmi a una Facoltà di agraria, così da garantirmi un Radioso Futuro lontano dalla mia città natale fra i kolkhosiani che mangiavano solo pane di mais duro come il piombo. Alle mie proteste – avevo chiesto di andare a medicina o se no a ingegneria elettrica o elettronica e le direttive del Partito garantivano a chi avesse avuto i migliori risultati scolastici l’assegnazione ad una Facoltà fra tre da lui stesso elencate- il solito kompagno locale responsabile rispose sghignazzante ricordandomi lo slogan enveriano che campeggiava su tutti i muri “Bujqësia çeshtje e gjithë popullit” (L’agricoltura è una questione che riguarda tutto il popolo) e poi aggiunse- sempre sghignazzando “Kompagno Ritvan, se non erro avevi chiesto medicina e la veterinaria è anch’essa medicina, no?”. A quel punto capii che sarebbe stato perfettamente inutile protestare oltre….

          P.S.2 No, kompagna, non ce l’ho con i membri della Gloriosa Commissione Proletaria, erano uomini e donne umili che non potevano negare il loro voto al figlio aspirante universitario del proprio direttore o caporeparto…e magari avevano raccomandazioni per un sacco di figli di cugini, amici e amici degli amici e eliminare un pericoloso concorrente come Ritvan a quel punto diventava un atto dovuto. E’ la natura umana, purtroppo. Ce l’ho con quel sistema DI MERDA che aveva istituito quel minchionesco modo di accesso all’università. E non mi è ancora passata….

        • Tortuga scrive:

          -E non mi è ancora passata… –

          Che storia incredibile. Immagino che non ti sia passata: una persona con la tua intelligenza ed il tuo dinamismo avrebbe potuto fare ottime cose sia come medico che come ingegnere.
          Ma a noi ci piaci anche così, veterinario e musulmano come sei 😀

        • Ritvan scrive:

          —Che storia incredibile.—
          Già…per voi beati occidentali.

          —-Immagino che non ti sia passata: una persona con la tua intelligenza ed il tuo dinamismo avrebbe potuto fare ottime cose sia come medico che come ingegnere.
          Ma a noi ci piaci anche così, veterinario e musulmano come sei.—
          Sì ma io mica volevo fare il medico per piacere a “voi”, eh!:-). Comunque, grazie dell’apprezzamento.

  46. maria scrive:

    @mirk
    è da tanto che volevo consigliarti un libro, visto che abbiamo parlato anche di letteratura russa, si tratta di Vita e destino di Vassilij Grossman, una sorta di Guerra e pace del Novecento che racconta la guerra, lo stalinismo, le grandi purghe del 37, la religione, le grandi battaglie al fronte della seconda guerra mondiale,attraverso 100 le vicissitudini di personaggi, alcuni veri altri inventati in un intreccio narrativo straordinario.

    Grossman giornalista e scrittore prima bolscevico e poi dissidente conobbe sia i campi di prigionia nazisti che quelli sovietici, in quel libro ci sono dialoghi degni della grande narrativa russa, se ti decidi a leggerlo dimmelo, ti segnalo un sito a lui dedicato dove si fa l’elenco di tali personaggi che nel libro cambiano spesso di nome, come succede nella letteratura russa, e ci fanno confondere.

    Il suo libro proibito e osteggiato arrivò in francia attraverso varie peripezie e fu pubblicato quando lui era morto da un pezzo.

  47. maria scrive:

    Mirk
    volevo dire ,”attraverso le vicissitudini di 1oo personaggi”

  48. mirkhond scrive:

    Per Maria

    Sulla letteratura russa di epoca sovietica ho letto il Dottor Zivago di Pasternak e Il Maestro e Margherita di Bulgakov, quest’ultimo è uno dei miei romanzi preferiti, e di cui nel 2005 fu fatto anche uno sceneggiato in Russia e con attori russi, e che ho visto due anni e mezzo fa sul tubo, grazie a Dio, sottotitolato in Italiano….
    Sto aspettando ancora la sottotitolatura per Delitto e Castigo e la vita di Dostoevskij, pure sceneggiate in Russia nel 2007 e 2011…
    Di Grossman so che insieme all’amico Erenburg (entrambi khazari/askhenaziti), condussero un’inchiesta sui crimini nazisti nell’Urss del 1941-1944, testo pubblicato in Italiano solo un paio d’anni fa….
    ciao!

  49. Moi scrive:

    La Fornero NON può sodimizzare milioni di Lavoratori con degli Strap-On degni di Priapo 🙁 e poi fare la Coperchina se ciò si presta a qualche beceraggine mascula 😉 …

  50. Moi scrive:

    Per quel che ricordo (sostanzialmente il Reaganismo) direttamente, i Sovietici magari erano “Cattivi”, ma MAI stupidi … anzi !

  51. jam scrive:

    … (de plus en plus je me demande s’il ne serait pas mieux que je me mette d’une balle
    un point final)
    il punto finale é arrivato quando aveva soltanto 37 anni, Volodia che aveva tanto amato la rivoluzione!!! 10.4.1930 il suicidio di Maïakowski
    Vladimir Volodia Maïakowski e Lili Brik: il gigante divorato da una bambola del KGV, Volodia Maïakowski, come un Prometeo Cristico, divorato anche da Stalin
    “adesso ritorno in Russia x’ non sono più un poeta, sono diventato un prete- notaio della rivoluzione”
    “la barca dell’amore si é spaccata contro la vita di tutti i giorni. Come si suol dire l’incidente é chiuso”
    “sono la dove si trova il dolore,
    ad ogni lacrima che scorre,
    sulla mia croce mi crocifiggo” V.Maïakowski
    anche dalla bibliografia di Volodia Maïakowski e dai suoi scritti, si possono trarre
    conclusioni sul comunismo,

    non credo che nel mondo comunista abbiano sofferto di più i cattolici, o se lo credessi, dimenticherei tutto cio’ che é accaduto ai musulmani di Asia Centrale…

    dire che le masse (il popolo, i popoli) sono inferiori, é scontrarsi con l’idea dostoevskiana che il popolo é portatore di Dio…

    ciao

  52. mirkhond scrive:

    Jam, si parlava della percezione del comunismo sovietico tra cattolici e ortodossi, con i primi più mazziati rispetto ai secondi…..
    ciao!

    • daouda scrive:

      Essere mazziati sotto il comunismo è un dovere. L’ortodossia è piena di casi di delazione e tradimento.

      Mi veniva in mente questo scritto ricavato da un gran blog ( di Ran Tasipi ) ormai in disuso

      ” L’invidia, osservava brillantemente Joseph Epstein, è l’unico fra i sette vizi capitali a non offrire alcun aspetto piacevole a chi la prova, inaridisce il cuore e ottenebra la ragione. In essa calcificano i peggiori sentimenti umani, dal rancore all’ostilità verso il prossimo, fino alla mera malvagità. Insomma, una vera minaccia per la cooperazione fra individui. Ma la cosa curiosa è che l’invidia, come rilevò Soren Kierkegaard che ne fece oggetto di studio, sembra essere ancora più diffusa e potente proprio in quelle organizzazioni sociali il cui scopo dichiarato è l’uguaglianza. E difatti:

      °Ai tempi dell’Unione Sovietica – mi ha detto un uomo dell’attuale Tajikistan, -vivevamo peggio di oggi. Però eravamo tutti uguali. Oggi viviamo meglio, ma siamo costretti a guardare gli stronzi ricchi che passano con le loro Mercedes – Quale epoca sceglierebbe fra le due? -Nessuna esitazione – I tempi dell’Unione Sovietica.°

      Fate ridere perché l’invidia è il meno. Tra l’altro non è cosa diversa dall’ora. E visto che siete complici oggi, lo siete anche con il passato. BRAVI!
      I MIEI OSSEQUI!

  53. Ritvan scrive:

    —-“Ai tempi dell’Unione Sovietica – mi ha detto un uomo dell’attuale Tajikistan, -vivevamo peggio di oggi. Però eravamo tutti uguali. Oggi viviamo meglio, ma siamo costretti a guardare gli stronzi ricchi che passano con le loro Mercedes – Quale epoca sceglierebbe fra le due? -Nessuna esitazione – I tempi dell’Unione Sovietica.”.
    Fate ridere perché l’invidia è il meno. daouda—

    Veramente sarebbe da piangere….

    P.S. Per la serie “perfino certi ricchi stronzi mercedesmuniti rimpiangono il komunismo”. In Albania, nel periodo di transizione un ex aguzzino della famigerata Sigurimi, coi soldi del Partito e facendo il contrabbando, si arricchì molto. Seduto ai bordi della megapiscina della sua megavilla, a chi gli chiedeva se stava meglio ora o prima, rispondeva invariabilmente:”Economicamente adesso, senza dubbio. Però, ero più soddisfatto prima, poiché adesso NESSUNO MI TEME PIU’ “.

    • daouda scrive:

      Parleranno sempre, soprattutto in Italia che è la terra dove ogni individuo è sto cazzo.
      E’ singolare che i molti studi di coloro che parlano di certe abiezioni umane ricadano spesso e volentieri specificatamente su coloro che li trovano interessanti e si prodigano per una qualsivoglia “causa”.

      Fosse questa l’uguaglianza…quando saranno costretti un giorno a dire genitore al posto di mamma e papà e mille altre cose, neanche allora capiranno, perché tanto vale per tutti.
      BESTIE!

  54. Moi scrive:

    1986

    http://www.youtube.com/watch?v=x6JIGto-gNo

    2011

    http://www.youtube.com/watch?v=HaUiyLHkcAI

    … Ovvero, perché il Comunismo Sovietoide NON poteva davvero vincere

  55. maria scrive:

    ritvan
    grazie per il tuo racconto, immaginavo che il sistema albanese scolastico non fosse tutto da gettare se non altro per alcuni aspetti che hai tu stesso riconosciuto e vedendo come sei:-)

    Per il resto fratello che posso dirti, mi dispiace che tu non possa aver realizzato i tuoi desideri, a causa di un’ingiustizia, non hai sprecato, tuttavia, la tua intelligenza, quella quando c’è non si disperde mai, e in qualche modo lotta per vincere su quanto gli è stato negato dalle diverse circostanze storiche.

    Pensa al contrario:-)), immagina per un attimo se l’albania avesse fatto parte del blocco occidentale e l’italia di quello orientale, chissà fosse malgrado la libertà non saresti laureato in medicina lo stesso, per motivi legati che so alla classe di origine o alla zona geografica di appartenenza, ed io magari sarei stata un tipa dissidente e inkazzata come te, perchè certamente lo sarei stata , arrivata in gommone e saremmo qui a battagliare come adesso. Scherzo:-)

    In ogni modo voglio dirti che io non ho mai okkupato nulla, ero troppo impegnata a lavorare, non devi immaginarti la gioventù italica del ’68 tipo certi film italiani con casali nella campagna toscana, famiglie borghesi di sinistra e libri da salvare dal fango alla biblioteca nazionale centrale di firenze:-)))

  56. Ritvan scrive:

    —ritvan, grazie per il tuo racconto, immaginavo che il sistema albanese scolastico non fosse tutto da gettare se non altro per alcuni aspetti che hai tu stesso riconosciuto e vedendo come sei:-) maria—
    Come già detto in passato, io applico l’antico detto albanese “kije inat po jepi hakun” (odialo pure ma dagli ciò che gli spetta).

    —Per il resto fratello che posso dirti, mi dispiace che tu non possa aver realizzato i tuoi desideri, a causa di un’ingiustizia,—
    A causa di un’ingiustizia messa in piedi da quel sistema, ripeto.

    — non hai sprecato, tuttavia, la tua intelligenza, quella quando c’è non si disperde mai, e in qualche modo lotta per vincere su quanto gli è stato negato dalle diverse circostanze storiche.—
    Grazie dell’apprezzamento, ma con la sola intelligenza non si campa….una laurea in medicina o ingegneria mi avrebbe fatto più comodo.

    —-Pensa al contrario:-)), immagina per un attimo se l’albania avesse fatto parte del blocco occidentale e l’italia di quello orientale, chissà fosse malgrado la libertà non saresti laureato in medicina lo stesso, per motivi legati che so alla classe di origine o alla zona geografica di appartenenza,—
    Mmmmm…ma perché, ti risulta forse che nel biekissimo:-) “blocco occidentale” uno si laurea o non si laurea in qualcosa a secondo della “classe d’origine” (ma non ci sono le borse di studio per i poveri meritevoli?!) o perfino a seconda della “zona geografica di appartenenza” (ma non ci sono gli alloggi per studenti fuorisede?!)?

    — ed io magari sarei stata un tipa dissidente e inkazzata come te, perchè certamente lo sarei stata , arrivata in gommone e saremmo qui a battagliare come adesso. Scherzo:-)—
    Ridendo e scherzando Bertoldo si confessava…:-)

    —-In ogni modo voglio dirti che io non ho mai okkupato nulla, ero troppo impegnata a lavorare, non devi immaginarti la gioventù italica del ’68 tipo certi film italiani con casali nella campagna toscana, famiglie borghesi di sinistra e libri da salvare dal fango alla biblioteca nazionale centrale di firenze:-)))—-
    Qualche luogo comune (non comunista:-) ) me lo devi concedere, cribbio!:-)

  57. Moi scrive:

    @ FRANCESCO

    R. M. … chi è costui ?

    PS

    “USSR … Time can go by / But the Russian girls don’t ever seem to leave my mind / Fine, don’t see why / I should even try to leave my heart behind” [cit.]

    … altro che Papa Polacco ! ; -)

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