Gente del Nord

La storia statunitense, così come viene instillata nelle teste di chi sceglie di Essere Americano, è il racconto compiaciuto di uomini saggi e giusti che costruiscono un mondo migliore. A partire dal geometra George Washington che Non Diceva Mai una Bugia della mia infanzia, fino alle Eminenti Scienziate Lesbiche Che Hanno Fatto Grande La Nazione di oggi.

I racconti di guerra statunitense, poi, sembrano la storia di un rullo compressore alle prese con muretti di fango.

C’è un solo elemento che stona in tutto questo, così enorme da costituire per milioni di americani l’unico racconto storico degno di interesse: la Guerra civile, o come dicono al Sud, “la guerra tra stati“. Nel massacro tecnologico tra bianchi, gli statunitensi raggiunsero livelli degni della prima guerra mondiale; e nella successiva resistenza all’occupazione nordista, i sudisti si distinsero in decenni di ciò che oggi chiameremmo “terrorismo”.

Forse non è stato tanto tempo fa, in realtà. Conosco bambini che conoscono i propri bisnonni; ora, il mio bisnonno Edward Bentley Ball prese parte a otto battaglie contro i Confederati, durante la durissima campagna in cui gli Unionisti devastarono la Valle di Shenandoah, il granaio della Virginia abitato da scozzesi e ulsteriani.

Edward Bentley Ball era comproprietario della carrozzeria Ball & Ward – infatti morì ancora piuttosto giovane per avvelenamento da piombo – e lavorava a Newark, nell’Ohio.

Traggo questa immagine della carrozzeria Ball & Ward dal sito Genealogy Bug. Credo che il tempo e l'eredità familiare mi diano il diritto di fare uno strappo alle pretese di copyright che l'accompagnano.

Nel sistema tipico di un paese costruito da geometri, Newark nell’Ohio prende nome da Newark nel New Jersey.

Quest’ultimo non deriva però da Newark in Inghilterra, ma indica una New Ark o New Work, la nuova arca dell’alleanza o nuova opera: la città del New Jersey fu infatti fondata  da un pastore congregazionalista di Branford nel Connecticut, che temeva che gli inglesi avrebbero applicato nella sua comunità leggi diverse da quelle bibliche.

Va detto che il pastore si spostò portandosi dietro una biblioteca di ben 440 libri e suo figlio avrebbe fondato l’Università di Yale, a dimostrazione che i tanto deprecati puritani della New England erano tutt’altro che incolti: tra l’altro, e per fortuna ignorata ancora dall’industria spiritualista contemporanea, la New England ebbe anche una fiorente scuola di alchimia, e correnti filosofiche come il trascendentalismo dovranno molto alla lettura di Platone.

Insomma, puritano non è sinonimo di fondamentalista.

Nella terra dei contratti, i puritani acquistarono il terreno per fondare la loro nuova teocrazia dagli indiani Hackensack con qualche barra di piombo, un po’ di polvere da sparo e birra, qualche pentola e dieci paia di calzoni. Beni che non preservarono i Hackensack dall’estinzione.

La spesa fu ancora minore per costruire Newark nell’Ohio –  il governo aveva in pochi anni deportato l’intera popolazione indigena dalla regione: l’Indian Removal Bill del 1830 autorizzava la pulizia etnica addirittura fino al fiume Mississippi, cosa eseguita in breve tempo, in una tipica sinergia tra governo e impresa privata.

Newark nell’Ohio sarebbe sorto proprio accanto al più grande sistema di terrapieni del mondo, eretto ai tempi dell’impero romano dalla scomparsa cultura di Hopewell. L’area archeologica fu trasformata poi in un golf club: non poteva certo essere opera di selvaggi, per cui i coloni l’attribuirono a lungo agli antichi israeliti del loro Libro.

Il padre di Edward, Isaac Chauncey Ball aveva fondato la carrozzeria: Isaac Chauncey era il nome di un eroe nazionale, il comandante navale che appena un anno prima della nascita del mio trisnonno, nel 1812, aveva tenuto testa agli inglesi nella battaglia dei Grandi Laghi.

Il padre di Isaac Chauncey fu Jonathan Christopher Ball, contadino o falegname, presbiteriano, che nacque proprio a Newark nel New Jersey.  Fu lui a spostarsi dal New Jersey nell’Ohio, e le poche notizie che si riescono a rintracciare, indicano che fosse piuttosto benestante: la colonizzazione dell’interno non fu principalmente opera di disperati.

Il distretto dell’Ohio in cui sarebbe sorto Newark fu ceduto in blocco dal Congresso degli Stati Uniti ai veterani della guerra rivoluzionaria, in sostituzione degli stipendi non pagati.

Jonathan Christopher Ball era massone, come testimonia la sua lapide tombale; ed Edward Bentley Ball venne ricordato nella stampa locale soprattutto come membro della loggia dell’Independent Order of Odd Fellows, un’organizzazione britannica di mutuo soccorso, nata per sostituire le corporazioni che la regina Elisabetta aveva voluto smantellare: parole di passo e gesti segreti assicuravano che i fondi assistenziali arrivassero solo ai soci.

L’altro socio della carrozzeria era Pruden A. Ward, peraltro sposato con una Ball.

Pruden A. Ward apparteneva a una famiglia di pionieri arrivati anche loro da Newark: c’era John Ward, marchiato a vita con il nome di Hog Ward per aver rubato dei maiali, il diacono presbiteriano Josiah Ward che organizzò incontro di preghiera e canto nelle casupole di legno dei pionieri. Ma un altro Ward fondò la locale chiesa Universalista, molto seguita, che negava Dio potesse volere l’inferno per le sue creature e si batteva per l’abolizione della schiavitù: molti universalisti avrebbero aderito al nascente movimento spiritista. Il passaggio dalla teocrazia ad altre forme utopistiche è evidentemente facile.

E poi, per tornare in tema:

“Charles V. Ward si arruolò come musico nella compagnia D, ventiduesima fanteria volontaria dell’Ohio; morì a  Little Rock, Arkansas, il 3 dicembre, 1863, all’età di ventun anni.

Daniel Ward si arruolò nella compagnia D, ventiduesima fanteria volontaria dell’Ohio; morì a Paducah, Kentucky, il 23 aprile, 1862, all’età di diciannove anni.

David Ward si arruolò nella compagnia C, settanteseiesima fanteria volontaria dell’Ohio; morì il 12 maggio del 1862.”

Sono note sparse e un po’ confuse, raccolte in parte da ricordi di famiglia e in parte su Internet (nessun popolo al mondo è ossessionato dalla genealogia come gli statunitensi).[1]

Lo so, non permettono di cogliere molto della visione del mondo di queste uomini della Union.

Però chiaramente sono inglesi e non celti, per usare il linguaggio dell’epoca. Dove per “celti” si intendono i primi cattolici irlandesi, ma soprattutto i numerosissimi protestanti poveri che sciamavano dall’Ulster e dalla Scozia, carne da cannone, da fonderia e da prateria; nonché la base etnica della maggior parte del Sud degli Stati Uniti.

Sono ovviamente bianchi, una categoria di scontata superiorità, ma – in assenza di una significativa popolazione nera – non sono marcatamente razzisti, e si commuovono sinceramente per la sorte degli schiavi che tengono in piedi l’oziosa economia del Sud.

Emigrano e viaggiano (ecco la cruciale importanza delle carrozze) per migliorare la propria sorte, ma – nella classificazione europea – sono borghesi e non poveri.

Sono protestanti, ma anche letterati e curiosi, affascinati dalle novità intellettuali dell’epoca. Tra di loro, sono legati attraverso una rete di società maschili che agiscono pubblicamente, ma allo stesso tempo si basano su rituali segreti.

Proprio perché puritani, non seguono la religione prot0-pentecostale che si diffondeva nei revival, ma certamente conoscono tutti la Bibbia. Da cui però, a differenza degli ulsteriani, non traggono in genere i nomi per i loro figli.

Piccoli indizi, insomma, di un mondo che ha fatto il mondo.

Nota:

[1] Non sto lì a fare i link a tutti i siti consultati, perché giustamente ve ne importerà poco della storia della mia famiglia. Ciò che conta, concorderete, è il quadro generale.

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36 risposte a Gente del Nord

  1. PinoMamet scrive:

    Ti ringrazio moltissimo per l’affascinante spaccato di storia famigliare e americana, che in realtà credo descriva molte cose della storia statunitense, perlomeno a chi come me ne è estraneo.

    Aspettati però di essere sommerso da altrettanti racconti di “roots” famigliari nei commenti! 🙂

  2. Miguel Martinez scrive:

    Per Pino Mamet

    Grazie, ben vengano i racconti radicati e radicali!

    Tra l’altro, vorrei sottolineare come questi siano i veri yankee, che è un termine in origine preciso, e distinto da “qualunque cosa succede negli Usa”.

    E anche sottolineare di nuovo, se non fosse abbastanza chiara, la distinzione tra puritani e fondamentalisti.

  3. mirkhond scrive:

    I Ball erano di origine scoto-irlandese dell’Ulster?
    Diventarono cattolici in Messico accasandosi col casato dei Martinez, presumo di origine spagnola, andalusa, nuovo castigliana, estremegna o basca, o mestiza?
    Le storie di famiglia, soprattutto quando sono così ricche di azione, sono tutt’altro che noiose!
    Possiamo considerare i Ball una famiglia di antica aristocrazia statunitense!
    Ma forse sono importuno con questa eccessiva curiosità verso storie familiari altrui…

  4. mirkhond scrive:

    Premesso che ognuno di noi è unico e vale (o dovrebbe valere) per quel che è e non per le sue ascendenze, tuttavia conoscere queste ultime ci può aiutare a comprendere meglio chi siamo e con chi ci confrontiamo.
    Tempo fa Peucezio, auspicava la pubblicazione di un’ autobiografia di Miguel Martinez, ritenendola a ragione, fonte ricchissima per capire meglio il colonnello proprietario di questo blog, il quale però già dice qualcosa di se stesso attraverso i suoi articoli…
    Come amante della storia, mi affascinava conoscere il retroterra familiare sia mio che di coloro con cui interagivo.
    Cosa ad esempio, che mi aiuta non poco nel capire autori letterari come Alianello, Dostoevskij, Moravia, Silone ecc. solo per citare alcuni tra i più interessanti…
    Del resto l’ossessione genealogica è antica quanto l’uomo, se guardiamo alle genealogie semidivine degli antichi re che vissero prima del Diluvio, raccolte da Berosso (260 a.C.) nella Mesopotamia seleucide e quelle del coevo Manetone nell’Egitto tolemaico, penso alla Bibbia, sia Vecchio che Nuovo Testamento con quelle genealogie risalenti fino ad Adamo e quindi a Dio, oppure alla limpieza de sangre spagnola del XVI secolo.
    Quest’ultima, possiamo dire, un’ossessione genealogica all’incontrario, in quanto fior di hidalgos e grandi di Spagna, cercavano a tutti i costi antenati contadini, in modo da dimostrare di NON essere di origini ebraiche sefardite. Perché già allora, si dava per scontato che gli Ebrei fossero solo dei cittadini e non avessero altro rapporto che col denaro…
    Ossessione che si ritrova nel terzo reich, con l’ossessione di NON avere ascendenze ebraiche risalendo nel tempo fino al 1750! E se prima invece ce le avevano?
    Più terra terra infine, le genealogie pataccare inventate ad arte in epoce recenti, per dar lustro a questa o quella famiglia di recente ricchezza, facendo passare dei contadini per dinastie con l’antenato templare e crociato, o la cui origine risale ai Longobardi del Ducato di Spoleto e/o quello (poi Principato) di Benevento!
    Insomma, vero o fasullo che sia, il bisogno umano delle radici, le NOSTRE radici è radicato fin dai tempi più antichi, e ancor meglio se queste radici sono “nobili”….

    • PinoMamet scrive:

      Gli spagnoli, si può dire quello che si vuole, ma sono spettacolari.
      Ho letto degli svariati modi per ottenere lo status di hidalgo nelle sue varietà, che facevano sì che un numero estremamente consistente della popolazione ispanica potesse vantare un grado seppur minimo di nobiltà (fino alla “hidalguia universal” di alcuni territori baschi, o forse tutti).
      Da cui i famosi nobili morti di fame di tanta letteratura picaresca o “esotica”.

      Non so se gli stessi criteri fossero applicati nei domini spagnoli (i numerosi territori italiani che sono passati sotto dominazione spagnola per un periodo o l’altro, o l’America latina, le Fiandre ecc.) ma tutto mi fa supporre di sì, anche se poi devono essere subentrati criteri più restrittivi in Italia.
      Però il Gelli, parente credo del noto Licio, e grande storico della scherma italiana, in un suo trattatello sul duello faceva notare (ma vado a memoria!) che per il codice cavalleresco italiano è “gentiluomo”, e quindi eligibile come avversario in duello,… chiunque si consideri e si comporti come tale.
      (In Italia il numero di duelli regolarmente registrati, nell’Ottocento, era circa il doppio di quelli francesi- ma da noi, più accortamente, si sceglieva quasi sempre la sciabola, che tagliando potrà nel peggiore dei casi lasciare brutte cicatrici, e non la spada come i cugini d’oltralpe, che infilzando, nel peggiore dei casi, procura la morte).

      Fine excursus su cose che non c’entrano!

    • Peucezio scrive:

      “Tempo fa Peucezio, auspicava la pubblicazione di un’ autobiografia di Miguel Martinez”

      Per la verità non ricordo di aver mai espresso un auspicio simile. Tuttavia, se la scrivesse, sarei fra i primi a correre ad acquistarla.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    “I Ball erano di origine scoto-irlandese dell’Ulster?”

    No, no 🙂

    Inglesissimi. La parte irlandese (e cattolica) arriva dopo, dalla contea di Cork, grazie alle meravigliose politiche dei liberali inglesi nei confronti dei contadini.

  6. http://en.wikipedia.org/wiki/Race_and_ethnicity_in_the_United_States

    Gli ulsteriani saranno per caso quelli che si dichiarano di discendenza “americana” e che si concentrano negli stati del Sud non schiavisti (cioè quelli rossi in questa cartina: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Most_common_ancestries_in_the_United_States.svg)?

  7. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Mirkhond

    “Possiamo considerare i Ball una famiglia di antica aristocrazia statunitense!”

    O meglio, di antica borghesia. Che poi nella leggenda di famiglia, viene estesa un po’ oltre il realmente documentabile, con l’arrivo di un certo Ailing Ball di Londra sulla nave The Planter nel 1635 – peccato che le liste dei passeggeri della nave sono rimaste, e non c’è nessun passeggero di quel nome.

    Comunque dà un’idea almeno di chi si vorrebbe avere come antenati, il fatto che Alling Ball a sua volta viene presentato come figlio di un altro Alling Ball, che a sua volta sarebbe un antenato della madre di George Washington. L’ultimo antenato rivendicato (ma non dimostrato) sarebbe un certo Laurence Ball, nato a Northampton in Inghilterra.

    Da notare che la linea maschile si riesce a rintracciare fino a tempi comunque piuttosto lontani, mentre le donne appaiono come semplici “mogli di”, senza antenati. E’ probabilmente lì che si annida qualche antenato nativo americano, di cui si parlava in famiglia, ma non saprei.

    In ogni caso, è interessante notare come una cultura che avrebbe avuto orrore di avere un antenato nero, rivendicava con un certo orgoglio l’antenato “pellerossa”.

    • PinoMamet scrive:

      Questo orgoglio dell’antenato “pellerossa” è una cosa che mi sembra di notare spesso nelle genealogie statunitensi (anche nere!) e mi ha sempre incuriosito.

      Non c’entra: il noto giornalaccio locale sostiene da sempre che tra gli antenati di Jacqueline Bouvier in Kennedy o in Onassis, ci fu un francese che però risiedeva a Pellegrino Parmense in tempi napoleonici. Non so da che archivi abbiano tratto questa conclusione (e del resto, perché non potrebbe essere?), però per loro la Jacqueline è comunque “nostrana”.
      Anche il candidato Santorum ha dei parenti italiani sia al nord “vero” (mi pare in provincia di Brescia) sia da queste parti (è stato avvistato l’anno scorso a Bore, sempre presso Pellegrino Parmense, intento a visitare dei parenti neanche lontanissimi).
      da questa stessa zona l’emigrazione verso l’estero è sempre stata notevole (si dice che il più antico gelataio londinese, “established” nel XVIII secolo, fosse un italiano, tanto per cambiare, di Pellegrino Parmense) e si sono sempre integrati, come si dice adesso, molto bene sia nel mondo anglo-sassone che in quello francofono, con un’enorme capacità mimetica e di “meticciato” che rende a tratti difficile ricostruire i legami.

      In compenso ho già ricordato le famiglie scoto-abbruzzesi che conobbi anni fa (non so quante siano, credo pochissime, e sono direi completamente italiani come cultura).

      la curiosità genealogica, alla fine, ci porterà a capire che siamo tutti parenti, non ci sono cazzi.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius Tarvisii

    “Gli ulsteriani saranno per caso quelli che si dichiarano di discendenza “americana” e che si concentrano negli stati del Sud non schiavisti (cioè quelli rossi in questa cartina:”

    Direi di sì.

    Da notare quanto siano pochi gli stati ormai in cui prevalgono persone di ascendenza inglese.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Mauricius

    probabilmente gli ulsteriani sono anche la prima popolazione “bianca” nell’area indicata come a maggioranza “africana”.

    Si vede meglio in questa cartina, con la ripartizione per contee e non per stati:

    http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a7/Census-2000-Data-Top-US-Ancestries-by-County.svg

    • Peucezio scrive:

      La cosa curiosa di ‘sta carta, che avevo già visto, è che, se si valuta l’estensione territoriale e non la desnità di popolazione, che non è desumibile dalla carta, parrebbe che gli Stati Uniti siano stati fatti dai Tedeschi.

      • PinoMamet scrive:

        “parrebbe che gli Stati Uniti siano stati fatti dai Tedeschi.”

        In realtà penso che in buona misura gli Stati Uniti siano stati fatti proprio dai tedeschi! Che sono il 17% della popolazione, una percentuale tutt’altro che piccola (considerando solo la popolazione “bianca”, la percentuale crescerà in proporzione)

        http://en.wikipedia.org/wiki/German_American

        molte robe dell’ “americano medio” mi sembrano risentire più di un qualche sostrato culturale genericamente germanico/centro o nord-europeo, più che anglosassone.

        Certo la cultura inglese ha rappresentato il termine di paragone e il polo di aggregazione e omologazione, ma sono esistiti anche momenti in cui gli USA guardavano abbastanza esplicitamente alla Germania.

    • Peucezio scrive:

      E che gli inglesi, con buona pace degli antenati di Miguel, abbiano avuto un ruolo marginale.

  10. mirkhond scrive:

    Quindi tracciando in estrema sintesi l’ascendenza genealogica di Miguel Martinez, alla luce della documentazione certa possiamo stabilire che:

    1)I Ball, nucleo materno, provengono dall’Inghilterra, Londra o forse Northapmton, e giunti nelle Colonie nordamericane nel XVII secolo, se non nel 1635, come afferma la tradizione di famiglia, quasi certamente in quell’epoca, forse qualche anno dopo.
    2) I Ball, inglesi, protestanti e uno dei più antichi casati dell’alta borghesia statunitense, si mescolano con una famiglia irlandese cattolica, originaria della contea di Cork, e quindi celti gaelici, giunta nel XVIII o più verosimilmente nel XIX secolo (all’epoca della grande carestia del 1848 che uccise mezzo milione di irlandesi?).
    3) I Ball statunitensi anglo-irlandesi, protestanti poi cattolici o in parte cattolici con qualche ascendenza femminile nativo-americana, si trasferiscono in Messico dove si mescolano al casato dei Martinez, di probabile ascendenza spagnola, non sappiamo se andalusa, estremegna, nuovo-castigliana, basca creola o mestiza.
    4) Infine Miguel Martinez, figlio di queste feconde unioni meticce, divenuto cittadino di Firenze, storica capitale della Toscana e della Lingua Italiana!

  11. mirkhond scrive:

    errata corrige: Northampton

  12. serse scrive:

    Grazie.

  13. Francesco scrive:

    Dos preguntas para ti:

    1) la prima frase si riferisce ai libri di testo delle scuole medie?

    2) quando scrivi racconti di guerra a me vengono in mente i racconti di Hemingway, La sottile linea rossa, i molti libri sulla guerra del Vietnam che ho visto (ma non letto). tu a cosa ti riferisci?

    ciao

  14. tanto per scrive:

    “nessun popolo al mondo è ossessionato dalla genealogia come gli statunitensi”
    confermato dal post 😉

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per Tanto Per

    🙂

    Comunque, sono affascinato dalle storie genealogiche anche altrui:

    http://kelebeklerblog.com/2010/04/24/sanremo-i-misteri-e-i-delitti-di-villa-devachan-ii/

  16. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Dos preguntas para ti:”

    Presumo dal fatto che usi lo spagnolo che ti rivolgi a me, ma non capisco a cosa ti riferisci.

    • Francesco scrive:

      beccato!

      mi riferisco a:

      1) “La storia statunitense, così come viene instillata nelle teste di chi sceglie di Essere Americano,”

      2) “I racconti di guerra statunitense, poi, sembrano la storia di un rullo compressore alle prese con muretti di fango.”

      mi pare ti ne sia l’autore.

      ciao

  17. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    Ah ecco…

    1) io non ho fatto le scuole negli Stati Uniti, ma sono stato esposto a un’infinità di libretti da biblioteca americana per ragazzi.

    2) a me viene in mente guerra del Messico, la narrazione della “Conquista del West”, le incursioni in Nicaragua, la guerra del 1898 nelle Filippine e a Cuba, la guerra del Vietnam, l’Iraq, la guerra dei Seminole, lo sbarco in Marocco, il Laos, e l’elenco potrebbe procedere per un’altra ora.

    • Francesco scrive:

      1) grazie, però non sono certo che sia QUELLO il livello giusto per capire. o forse non lo è da noi, dove quello che si pensa dell’Italia NON è quasi per nulla quello che insegnano alla scuola elementare

      2) non stavamo parlando dei fatti ma dei loro racconti. ammetto che ho qualche idea di racconti delle guerre indiane, degli eroi di Los Alamos, poco sulla guerra a Cuba contro gli spagnoli, per le altre dovrei fare riferimento al cinema. tu a quali RACCONTI facevi riferimento?

      ciao

      • PinoMamet scrive:

        ??
        Non capisco il punto 2, Francesco.

      • Francesco scrive:

        2) MM dice che i racconti di guerra USA sono “storie di rulli compressori che abbattono muretti di fango”. poichè ciò non corrisponde alle mie limitate conoscenze, gli ho chiesto spiegazioni.

        volendo, ci sono poi le motivazioni per cui, IMHO, i racconti di guerra sono importanti nel comprendere l’anima di un popolo. la guerra è una esperienza definitoria per la collettività coinvolta e questa definizione viene elaborata e tramandata nei racconti sulla guerra.

        ma questa è un’altra storia

      • PinoMamet scrive:

        Sì Francesco, ma sarà sempre più facile (specie per uno statunitense) aver sentito racconti sulla IIGM che non su Los Alamos, no?
        Per stare in Italia, io ho sentito parecchissimi racconti di vita vissuta di reduci delle II GM, mentre un reduce della spedizione dei Mille non l’ho mai incontrato!
        Da cui il mio dubbio.

        Io racconti di guerra USA non ne ho mai sentiti in prima persona, ma ne ho letti un’infinità a opera di amici/conoscenti dei vari forum.
        Però ormai, nella migliore delle ipotesi, sono figli già su di età che parlano dei genitori, quindi facciamo pure la tara.
        Hanno in genere un tono marcatamente diverso da quelli italiani che sentivo a bizzeffe da piccolo e oltre.

        Lo sintetizzo con le parole del nonno di un mio amico, che raccontava così:
        “ho fat tutta la guèrra da Tobruk a el Alamein… po’ i m’han ciapè j’inglès e ho tachè a stèr ben..”
        (“ho fatto tutta la guerra da Tobruk a el Alamein… poi mi hanno catturato gli inglesi e ho cominciato a stare bene!”)
        😉

      • Francesco scrive:

        x Pino

        sono definitivamente malato di Liceo Classico

        per me un racconto è, senza bisogno che venga detto, un racconto SCRITTO o, al limite, FILMATO

        mai e poi mai penserei a un racconto “vero”, a un tizio che mi parla di quello che ha vissuto

        e però … ma sa che sono i racconti nel mio senso quelli che insegnano alle generazioni successive e diventano sentire comune

        mentre i racconti di chi c’era davvero si perdono nel mare delle opinioni, impressioni, visioni parziali, stranezze di vecchietti un poco tocchi e così via

        somo finito nel carrugio di Andrea De Vita, mi sa

        ciao

      • PinoMamet scrive:

        ” ma sa che sono i racconti nel mio senso quelli che insegnano alle generazioni successive e diventano sentire comune”

        ti dirò, io l’impressione contraria.

        Nel senso che posso aver letto tutti i libri (o visto tutti i film, poco cambia) sull’ultima guerra mondiale che vuoi, ma se devo pensarci quello che mi viene in mente subito è mio prozio catturato in Africa Orientale, o il nonno del mio amico che ti dicevo, o il vecchietto che aveva il negozio di scarpe e raccontava le sue interminabili vicissitudini e aggiungeva sempre “e la chiamavano guerra lampo!”, mia pro-zia mitragliata da un aereo mentre era sfollata e salva per caso, mia nonna che fece da interprte e convinse dei tedeschi a non fucilare per rappresaglia una famiglia di contadini, mio padre piccolissimo che giocava con i partigiani e un altro mio pro-zio che invece partigiano lo era e così via.

        però hai ragione anche tu. Queste cose si perderanno (facciamo i poetici, “come lacrime nella pioggia” cit. 😉 ) e resterà… il tronfio filmone su Pearl Harbor coi due aviatori innamorati della stessa ragazza…

      • PinoMamet scrive:

        Sì, ho moltissimi pro-zii e moltissimi zii.
        Ho una famiglia un po’ particolare (Miguel lo sa 😉 ) pare quella de Pippo, hai presente?

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