Sanremo, i misteri e i delitti di Villa Devachan (II)

Alla prima parte

Il Castello Devachan è il nome un po’ eccessivo di una grande villa a Sanremo, che ci offre anche il pretesto per un’escursione in un immaginario occidentale legato all’esistenza di un ceto ormai scomparso di energici oziosi, curiosi e dotati di uno spirito di avventura e di una curiosità fuori dall’ordinario – spesso donne e non solo uomini – mantenuti, va da sé, dalla fatica di milioni di sconosciuti.

Ma il fatto di poter contare su redditi sicuri ha reso le personalità di quei tempi molto più libere, e quindi interessanti, di quelli di oggi che dipendono dai capricci dei media.

Il nome Devachan mi ha colpito ancora di più degli avvenimenti che si sono svolti all’interno del castello nel 1920, quando il proprietario lo prestò per giocare alla spartizione dell’impero ottomano. Ho fatto una piccola ricerca, per nulla metodica – qualche libro già in mio possesso, qualche ricordo personale e molto Google. Ma il tempo è quello che è, e mi pagano per fare il traduttore, non per fare le cose che mi interessano.

I siti internet che si scopiazzano a vicenda per commercializzare le glorie secondarie di Sanremo (le appendici di Pippo Baudo, per capirci), senza citare le proprie fonti, affermano che

“il nome del Castello deriva dal termine Devachan che in lingua indiana significa “secondo cielo del paradiso dell’anima” e indica un luogo di deliziosa sosta per il riposo dei buddisti in cammino verso il Nirvana.”

Di lingue in India se ne parlano ufficialmente 1.576, quindi la frase è già irritante.

E comunque è piuttosto fuorviante. Il termine è tibetano e non indiano; in alcuni testi sembra che sia stato usato per tradurre il termine sanscrito sukhâvatî, una sorta di spazio immaginale che il corpo di un buddha o di un bodhisattva proietta attorno a sé.

Ma l’uso in Occidente del termine devachan credo che sia legato esclusivamente a Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice della Società Teosofica, che nella Dottrina Segreta, ne afferma l’origine tibetana, mentre nel Glossario Teosofico (pubblicato però postumo e ampiamente rimaneggiato) sostiene – erroneamente – che si tratta di un termine sanscrito. Oggi lo stesso Theosophical Institute ammette che il termine buddhista e quello teosofico non hanno molto in comune.

Nel sistema teosofico, dopo la morte, l’io con cui ci identifichiamo – il nostro nome e la nostra forma – si dissolve lentamente; e per sciogliersi deve innanzitutto liberarsi delle scorie di violenti desideri accumulati nella vita, in una condizione che volendo si potrebbe associare al purgatorio dei cristiani, senza che ne abbia però la logica punitiva.

Poi si deve dissolvere anche ciò che di evoluto costituisce il nostro io – ecco la funzione del devachan stato-luogo illusorio di beatitudine prima della scomparsa di ogni identificazione e l’incarnazione della causa che siamo stati in un altro corpo.

il devachan teosofico – non so cosa ne facciano i sanremesi, ma la “ch” va pronunciata come nella parola inglese cheese – è proprio questo stato di provvisoria beatitudine, che non ha nulla a che fare con il Nirvana, in cui l’io non gode ma si estingue.

Tutto questo costituisce una proiezione occidentale sull’Oriente, legata alla fusione tra idealismo magico (il mondo come costruzione mentale) e le fantasie progressiste dell’epoca: le razze preumane, fino al momento in cui gli dèi caddero incarnandosi in loro, non sarebbero state in grado di sperimentare il devachan, perché mancherebbero ancora di percezioni elevate. Ma la parodia di Darwin che fece la Blavatsky meriterebbe un discorso a parte.

L’idea del devachan fu poi sentimentalizzata, cristianizzata psicologicamente e ampiamente divulgata dal fantasioso paravescovo pedofilo Charles Webster Leadbeater – l’uomo che inventò il Messia Krishnamurti – nel suo testo The Devachanic Plane del 1896.

Il testo fu tradotto in italiano sotto il titolo  Devachan. Il mondo del paradiso. Caratteristiche ed abitanti, non sappiamo se in tempo perché lo leggessero gli allora giovani frequentatori della sede romana della Società Teosofica, Giovanni Amendola e Arturo Bocchini, futuro capo della polizia fascista. Detto tanto per lasciarvi con l’inutile quesito, se la teosofia, come la pastasciutta, sia di destra o di sinistra.

Certamente, nel 1909, quando il Castello Devachan fu completato – a opera dell’architetto e futuro podestà fascista, Pietro Agosti – il termine era molto noto nei vasti circoli europei influenzati dalla teosofia; anche se nelle nostre scarse ricerche, non siamo riusciti a trovare un chiaro legame tra la Società Teosofica e il committente del castello, John Horatio Savile  (1843-1916), quinto conte (earl) della tetra cittadina di Mexborough in Inghilterra, nota soprattutto per le sue miniere di carbone e per essere stato il luogo di nascita del movimento vegano.

John Horatio Savile fece del Castello Devachan una sorta di regalo di nozze per la moglie, una lucchese che le fonti inglesi, con evidenti storpiature, ci presentano come Sylvia Cecilia Maria de Ser-Antoni, vedova di un capitano angloindiano che per anni aveva fatto da consigliere personale al nizam di Hyderabad in India.

Siamo riusciti a capire ben poco del quinto conte di Mexborough.

Suo padre, il quarto conte, viaggiò a lungo in Oriente, come era d’uso tra i nobili vittoriani: compare sotto il nome di Methley in uno dei più famosi racconti di viaggi dell’epoca, Eothen di Alexander William Kinglake.

Il quarto conte sposò in seconde nozze una certa Agnes Louisa Elizabeth Raphael e ne adottò la fede cattolica. Il padre di Raphael viene variamente descritto come un banchiere armeno, un persiano o uno dei più eminenti membri della sinagoga di Londra. In rete, è facile trovare un testo degli anni Trenta che colloca quindi il povero conte in un complotto ebraico contro la “razza ariana dominatrice” per via del cognome un po’ biblico della moglie.

Anne, la figlia del quarto conte e della signora Raphael, sposò un  nobile tedesco, il principe Ludwig Karl zu Löwenstein-Wertheim-Freudenberg. Essendosi rifiutato di pagare gli intermediari che avevano organizzato il matrimonio, il principe scomparve, tra l’eccitazione di media già ampiamente pettegoli.

Due anni dopo, il cadavere del principe tedesco fu ritrovato  nelle lontane Filippine.

Era morto combattendoa fianco della resistenza contro gli invasori statunitensi. Ucciso dai soldati dell’Oklahoma Regiment, oggi è sepolto nel cimitero protestante di Manila, anche se mi pare di capire che fosse cattolico. Aveva in tasca un documento firmato in persona da Aguinaldo, il mitico capo dei partigiani filippini.

La vedova, Anne, fieramente attaccata al cognome del marito, dopo qualche anno di silenzio, ricompare nel 1912: fu la prima donna a volare da sola sopra la Manica.

Sospettata durante la guerra, per via del suo matrimonio e per il suo interesse all’aeronautica di essere una spia tedesca, la principessa scompare, nonostante le benedizioni personali di un arcivescovo cattolico, in una tempesta sopra l’Irlanda, nel 1927, mentre partecipa – anche qui prima donna – a un volo transatlantico all’età di 61 anni.

Sanremo, i misteri e i delitti di Villa Devachan (II)

Gli scopiazzatori sanremesi dichiarano che il fratellastro della trasvolatrice, il nostro John Horatio Savile, figlio della prima moglie del quarto conte, abbia vissuto per trent’anni in India.

Le fonti inglesi dicono vagamente che ha vissuto a lungo all’estero, ma come militare, in particolare in Italia; altre ancora ne fanno un mite e gentile lettore di libri, che vive nella propria residenza a Cannizaro Park, a Wimbledon, una grande villa costruita da un nobile siciliano.

Il caso – la residenza di John Horatio Savile confinava con West Side House, la villa, acquistata da un’anziana miliardaria statunitense, la teosofa Mary Dodge, in cui sarebbe stato allevato Krishnamurti.

Chiunque sia stato John Horatio Savile, sappiamo con certezza tre cose:

che si è sposato a Firenze, con rito cattolico, con Sylvia Cecilia Maria de Ser-Antoni nel 1906;

che è morto nel 1916, sempre a Firenze;

e che all’inizio del Novecento, questo pari del regno si era convertito pubblicamente a qualcosa che viene chiamato “buddhismo“, anche se non siamo riusciti a capire se con questo termine si intendesse quello tibetano, quello singalese o l’Esoteric Buddhism, come spesso si autodefiniva la teosofia.

Sappiamo solo che le scopiazzanti fonti turistiche italianea [1] dicono di nuovo il falso, quando affermano che si sarebbe convertito “all’induismo“.

Ma John Horatio Savile non fu affatto l’unico nobile in quegli anni a essere attratto da religioni esotiche.

Nota:

[1] La fonte ultima sembra sia Wikipedia, dove l’estensore in una sola breve frase riesce a sbagliare il significato del nome, la sua origine, la data di costruzione, il nome, il titolo e l’età del committente, la sua religione e il nome della moglie. Un record:

“Venne acquistato dal 75enne conte inglese Orazio Seville di Mexbourough nel 1890, convertitosi pochi anni prima all’induismo, acquistato dal Conte per la giovane seconda moglie Lady Lucy: il nome Devachan significa infatti, in lingua indiana, secondo cielo del paradiso dell’anima, e viene impiegato per indicare un luogo di sosta per i buddisti in cammino verso il Nirvana.”

Non conosciamo l’età della moglie, ma dubitiamo che questa donna già vedova, morta poi nel 1915, nove anni dopo il matrimonio, fosse giovanissima. Ma evidentemente l’immagine del vecchio che dona un castello a una ragazzina fa romanzesco.

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12 risposte a Sanremo, i misteri e i delitti di Villa Devachan (II)

  1. PinoMamet scrive:

    Per caso l'altro ieri mi sono deciso a comprare (perché lo ho visto in bella evidenza tra i libri scontati) un libro di Gurdijeff, che avevo già leggiucchiato da amici.

    Mi pare che fosse un greco-armeno-russo che parlava anche turco, qualcosa che può esistere solo in un Impero (meglio ancora, ai margini di due) e che spiega ampiamente i Raphael (armeno? persiano? forse tutti e due…).

    Mi incuriosisce come queste persone abbiano contribuito a creare l' "Oriente" per gli europei, spesso a loro immagine e somiglianza.
    Gurdijeff mi pare molto meno "imbroglione" di Jodorowski, comunque.

    Invece da letture giovanili sul buddhismo, ho vaghi ricordi sul fatto che il primo italiano sia diventato monaco buddhista (autentico, di una tradizione vera anche se non ricordo quale, suppongo Theravada) negli anni Venti o giù di lì.

    Ciao!

  2. Peucezio scrive:

    Gurdjieff? Intendi "Incontri con uomini straordinari"?
    Letterariamente non è eccezionale, ma è un bello spaccato di quel mondo (ex Impero Ottomano, inizio dell'Unione Sovietica in Caucaso, Asia Centrale…). Per lui è un pretesto per accennare all'origine delle sue teorie esoteriche e spirituali, che non ho approfondito, perché non sono andato oltre quel libro, ma per il lettore può essere un interessante romanzo autobiografico di viaggio.
    E' stato fatto anche un film, che ho scaricato ma non ho visto, ma dalle poche immagini che ho visto, sembra bello.

  3. trotzkij scrive:

    The fifth Earl, John Horatio born in 1843 died in Florence in 1916 having made a career in the army – it was he who purchased the Arden Estate near Helmsley. Much of Arden has been remodelled on Methley Hall. The elder son of the Fourth Earl, John Horace succeeded his half brother and became the sixth Earl in 1916.  This Earl and his family ceased to reside at Methley in 1918 moving to Arden, returning to Methley only for the shooting season.   It was at this time that the Hall started to be affected by mining subsidence.  The house was spruced up in 1935 for the visit of Queen Mary and the Earl of Harewood but thereafter was left in the care of a housekeeper (Mrs Wood)
    The Hall was occupied by the army during during the second world war and on occasions the Earl would stop there complete with ration book.
    The sixth Earl died in 1945 and was succeeded by his son John Raphael Wentworth Savile as Seventh Earl, the early years were spent at another of the estates at Thorner.   He served as a JP and during the war and served as ADC to the Governor of Bihar and was a Captain in the Intelligence Corps.   It was the seventh Earl who commenced opencast mining at Methley towards the end of the 1940’s and the same man who then disposed of the contents of the Hall in 1951 .   After offering choice of the contents to members of his family, the library fireplace found its way into a flat in West London but can now been seen in the long gallery of Burton Agnes Hall.  Some of the 18th century doors can be found in the home of the Scrope family in Co Durham.  The Minstrels Gallery was donated to Leeds City Council and is now in Temple Newsam House Leeds. The large family portraits were taken by York City Art Gallery.
    The present and Eighth Earl John Christopher George Savile formerly Viscount Pollington succeeded in 1980 married firstly in 1958 to Elizabeth Harriet Grimston………..to be continued  

    Da: http://www.methley-village.fsnet.co.uk/body_lords_of_the_manor.html

  4. trotzkij scrive:

    The fifth Earl, John Horatio born in 1843 died in Florence in 1916 having made a career in the army – it was he who purchased the Arden Estate near Helmsley. Much of Arden has been remodelled on Methley Hall. The elder son of the Fourth Earl, John Horace succeeded his half brother and became the sixth Earl in 1916.  This Earl and his family ceased to reside at Methley in 1918 moving to Arden, returning to Methley only for the shooting season.   It was at this time that the Hall started to be affected by mining subsidence.  The house was spruced up in 1935 for the visit of Queen Mary and the Earl of Harewood but thereafter was left in the care of a housekeeper (Mrs Wood)
    The Hall was occupied by the army during during the second world war and on occasions the Earl would stop there complete with ration book.
    The sixth Earl died in 1945 and was succeeded by his son John Raphael Wentworth Savile as Seventh Earl, the early years were spent at another of the estates at Thorner.   He served as a JP and during the war and served as ADC to the Governor of Bihar and was a Captain in the Intelligence Corps.   It was the seventh Earl who commenced opencast mining at Methley towards the end of the 1940’s and the same man who then disposed of the contents of the Hall in 1951 .   After offering choice of the contents to members of his family, the library fireplace found its way into a flat in West London but can now been seen in the long gallery of Burton Agnes Hall.  Some of the 18th century doors can be found in the home of the Scrope family in Co Durham.  The Minstrels Gallery was donated to Leeds City Council and is now in Temple Newsam House Leeds. The large family portraits were taken by York City Art Gallery.
    The present and Eighth Earl John Christopher George Savile formerly Viscount Pollington succeeded in 1980 married firstly in 1958 to Elizabeth Harriet Grimston………..to be continued  

    Da: http://www.methley-village.fsnet.co.uk/body_lords_of_the_manor.html

  5. utente anonimo scrive:

    Per PinoMamet #1

    Per l'influsso di Gurdijeff sul pensiero europeo di qualche decenno fa al di fuori delle accademie, un salutare toccasana è leggersi 'Il Mattino dei Maghi'. Fu Gurdijff a spingermi defintivamente a dubitare di ogni forma di spiritualismo.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  6. utente anonimo scrive:


    Quando dubitare di ogni forma di spiritualismo,
    non coincide col considerare
    terra nullius
    la spiritualità,
    questo dubbio é necessario alla spiritulità stessa, x' la spiritualità é ricerca intelligente e nell'intelligenza il momento del dubbio é una forma d'amore. Il dubbio fa avanzare quando é unito alla ricerca e ci proietta nell'universale.

    Questa notte le foglie degli alberi illuminati dalla luna quasi piena
    brillano come piattaforme stellari
    ricoperte da una patina d'oro_argentato
    l'olio dell'anima lunare
    balsamo della navicella,
    che mi fa girare come fossi una trottola.

    Quando l'anima della luna si sovrappone a quella delle foglie,
    gli angeli volano con inclinazioni speciali,
    passi di danza, racchiusi nei battiti delle ali e come
    Gurdjieff potremo raccontare un pensro danzante:
    "svegliati dal tuo sonno ipnotico, inatteso, elevati verso la presa di coscieza e lucidità".
    (((Che poi mi fa pensare alle parole del Profeta:
    "gli uomini dormono, é soltanto quando "muoino' che si risvegliano". Vorrei dire che qui la morte non é forzatamente quella fisica, ma quella che nel "cantico delle creature" San Francesco chiama La 'prima morte', cioé quella  dell'io  limitato., senza questa operazione non puo esserci nemmeno l'uomo universale.)) ciao,jam

  7. utente anonimo scrive:

    Per #5

    ''non coincide''

    Concordo.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  8. PinoMamet scrive:

    Andrea

    non ho letto il Mattino dei Maghi, ma non capisco perché proprio Gurdijeff più di altri ti abbia spinto a dubitare delle varie forme di spiritualismo.

    Immagino abbia avuto nel suo entourage europeo persone di tutti i generi, come succede, che ne avranno interpretato il messaggio (sto ancora tentando di capire quale sia, a dire il vero) nei modi più disparati; è successo del resto anche a Socrate e Gesù Cristo, quindi è in ottima compagnia 🙂

    Quanto a lui, a parte certi resoconti di viaggio che mi lasciano un po' perplesso, come anche certi "manoscritti misteriosi di confraternite millenarie" che sono davvero un po' troppo ingenuamente romanzeschi;
    a parte tutto, dicevo, mi sembra più onesto di altri che occupano il campo dello "spiritualismo a uso occidentale".

    Poi il suo autoincensamento così ingenuo (ho guadagnato tanto facendo quello, da giovane ero bravo nella lotta, da giovane ero bravo nel biliardo…) mi pare genuinamente "orientale" e in fondo non diverso da quello di qualunque umarell;

    ben diverso dall'autoincensamento jodorowskyano, che io personalmente trovo insopportabile (G. gli "uomini straordinari" li incontra, J. pare li abbia tutti lui in famiglia…) e anche molto meno genuino, e assai più sofisticato, nella parte di invenzione pura e semplice.

    Un cosa che mi incuriosisce di G. è invece la sostanziale accettazione da parte cattolica di certe sue teorie, forse perché tutto sommato "innocue": ricordo  di aver leggiucchiato, da ragazzo, a casa di conoscenti cattolici praticanti, la rivista Famiglia Cristiana, e avervi visto delle recensioni positive di libri (non vorrei dire castronate, ma fors edizioni Paoline) sull'"enneagramma".
    La cosa mi colpì perché credevo che i cattolici fossero assai più attenti all'ortodossia, per così dire.
    O forse ricordo male.

    Ciao!!

  9. utente anonimo scrive:

    Per PinoMamet #7

    Mi sono spiegato male. Non è Gurdijeff in sè, ma la descrizione che el mondo dei seguaci di Gurdijeff si dà ne 'Il Mattino dei maghi' ad avere sortito su di me l'effetto che ho detto. Gurdijeff anzi mi sta simpatico: nonostante tutti gli evidenti limiti del personaggio – che tu stesso hai evidenziato –  l'idea (non solo sua, peraltro) che l'essere umano attuale sia incompleto ed irrealizzato mi piace molto e la trovo consolante (vuol dire che nonostante tutto c'e' spazio per migliorarci!). Una specie di Anthony De Mello esteso a tutta la specie umana. I suoi seguaci, invece… mamma mia…

    OT Consiglio a chi non l'ha letto di leggersi 'Il Mattino dei Maghi'. E' ricco di spunti interessanti, e chi l'ha letto puo' facilmente riconoscere quanto sia stato plagiato (e male) da parte dei vari voyager, Kolosimo ecc. Potrei quasi dire che è uno dei libri più saccheggiati del Novecento, insieme al 'Signore degli anelli'.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  10. Peucezio scrive:

    Pino,
    Famiglia Cristiana è un foglio bolscevico, cioè, detto in un linguaggio meno schierato, è il periodico di riferimento delle Edizioni Paoline che sono strettissimamente legate al cattolicesimo progressista e dossettiano più radicale ed è una rivista che si occupa essenzialmente del sociale e, quando tocca questioni dottrinali, lo fa in funzione della giustificazione teorica, in genere in modo semplicistico e  spesso grossolanamente mistificatorio, delle sue prese di posizione politiche, sociali e culturali. Di tutto si preoccupa Famiglia Cristiana fuorché di problemi di ortodossia dottrinale.

    Quando a Jodorowski, parlate del regista messicano di origine ebreo-ucraina?

  11. PinoMamet scrive:

    Credo sia cileno, comunque è lui.

    PS
    Sbaglio, o negli ultimi tempi hanno dato una sterzata più "ortodossa" a Famiglia Cristiana? Credevo di aver sentito qualcosa a proposito.
    Ciao!!

  12. utente anonimo scrive:

    Per Peucezio #9

    ''bolscevico'

    Concordo, e senza la minima ironia. Per fortuna di chi vuol capire, non manca chi ci riporta alle Vere Radici del cattolicesimo

    http://salamelik.blogspot.com/2010/04/dal-pulpito-del-parroco.html

    ''Jodorowski''

    E' cileno, d'origine ebreo-ucraina.

    http://en.wikipedia.org/wiki/Alejandro_Jodorowsky

    Ciao!

    Andrea Di Vita

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