La grande crisi, la Germania e gli Stati Uniti

In questi giorni, una quantità impressionante di persone si stanno improvvisando economisti.

Fanno benissimo, visto che quella che chiamano “crisi economica” sta trasformando il futuro sociale di tutti noi, e quindi è una crisi propriamente politica.

La crisi del 1929, semplificando, ha portato al collasso degli Stati liberali, alla sostituzione dell’impero britannico con quello americano, al nazismo e alla Seconda guerra mondiale, che non è poco.

Il problema, oggi come allora, è capire quali sono le grandi linee di questa crisi, e i parametri cui ci ha abituati la politica simbolica e spettacolare non servono a niente; occorre occuparsi anche di cose di cui pochi ci capiscono davvero. E quei pochi sono decisamente parte in causa.

Intuiamo sullo sfondo della crisi anche qualcosa che riguarda nomi di paesi: Germania, Inghilterra, Francia, Grecia, Stati Uniti…

Diciamo nomi di paesi, perché è difficile, almeno per me, capire dove inizia e dove finisce una economia nazionale – le aziende che conosco io hanno sede a Milano, la produzione in Cina e investono i soldi in banche di proprietà francese che li reinvestono in pension fund statunitensi. Chi, in questo intricato giro, prende le vere decisioni?

La versione ufficiale della crisi, accettata trasversalmente da destra e da sinistra in Italia, è che si tratta dell’inesorabile decreto del Dio Denaro, che solo i suoi sacerdoti stipendiati sono autorizzati ad applicare, mentre noi ci dobbiamo accontentare di discutere delle accompagnatrici di Silvio Berlusconi o frivolezze simili.

C’è però un’altra versione, non ufficiale. E come quella ufficiale è trasversale a sinistra e destra, lo è anche quella non ufficiale, e questo dovrebbe farci riflettere sul vero problema nell’uso di simili termini.

La versione non ufficiale, di sinistra e di destra è che il sistema politico-bancario tedesco, appoggiato con molta esitazione da quello francese, avrebbe deciso di far pagare la crisi a tutto il resto del Continente; e siccome la cosa è comprensibilmente impopolare tra i paganti, un danno collaterale è l’abolizione della sovranità popolare in quei paesi.

A me non piace l’abuso dei paralleli storici, ma si tratterebbe evidentemente di un ritorno all’elemento essenziale della politica di Hitler durante la Seconda guerra mondiale.

Il fatto che sia meno cruenta riguarda i mezzi, ma non i fini.

E il governo di Mario Monti, in tal caso, svolgerebbe lo stesso ruolo del governo di Pétain in Francia, ad esempio, che in cambio della pace ha agevolato il saccheggio delle risorse nazionali.

In Grecia, il parallelo tra la politica tedesca attuale e quella di settant’anni fa appare chiarissimo alla popolazione. Un motivo che si lega a un fortissimo senso nazionale (anch’esso trasversale a destra e sinistra) e al ricordo di un’invasione prima italiana e poi tedesca che comportò sofferenze terribili.

In Italia, dove stanno succedendo cose molto simili, la versione ufficiale passa invece con scarsa opposizione. Non perché manchi l’antifascismo, ma perché manca il senso nazionale.

Un simbolo di due antifascismi opposti: i manifestanti greci che portano cartelli con il ritratto della Merkel con i baffi alla Hitler; i manifestanti italiani – il giorno della caduta del governo Berlusconi – che attaccano i giovani di Forza Nuova, gli unici che si sono permessi di criticare  Mario Monti, capo di un governo gemello di quello contestato dai greci.

Per la maggior parte degli elettori di destra in Italia, infatti, i ricchi hanno ragione, e questi banchieri sono certamente ricchi; per la maggior parte di quelli di sinistra, questi banchieri sono salvatori della patria, perché hanno cacciato l’orco Berlusconi (che sia vero o no, è irrilevante).

Anche nell’ala più estrema della sinistra, molti ritengono che il solo dire nomi di paesi, invece di parlare di inesistenti classi operaie planetarie, sarebbe roba da “nazionalisti“.

Ora, se le cose stanno veramente così, la posizione dei greci è politica, quella degli italiani simbolica: il “fascismo”, per questi ultimi, è una faccenda esclusivamente di croci celtiche e di abbigliamento. Eppure quando ero ragazzo, sentivo quelli di sinistra dire che il fascismo aveva cercato di disarmare le lotte dei lavoratori in modo da non far cadere il peso della crisi su quelli che una volta chiamavano i padroni. Che è esattamente ciò che il governo attuale cerca di fare, senza croci celtiche.

Un giro di economisti, più accademici che funzionari di banche, ci ricorda però che la questione potrebbe essere più complessa.

Anche la tesi antitedesca, come sostiene giustamente Alessandra Colla, sarebbe una tesi politica che riflette altri interessi.

Pierluigi Fagan è un brillante amico, che nell’ambito di una discussione interna al Laboratorio Politico Alternativa (raccolto attorno a Giulietto Chiesa) ha scritto un messaggio, in cui spiega la posizione di questi economisti in modo così chiaro, che gli ho chiesto di poterlo riportare qui.

La parte che segue è tutta opera di Pierluigi – lo stile informale è dovuto al fatto che si tratta di un semplice messaggio su una mailing list.

Citarlo non vuol dire affermare che Pierluigi Fagan abbia ragione in tutto. Però la sua è un’analisi più ricca di quella dei critici semplicemente “antitedeschi”.

Ecco cosa scrive Pierluigi Fagan:

La questione Berlino o Washington introdotta da M.Pianta in questo articolo sul Manifesto è emersa anche nel recente incontro di Roma tra alcuni economisti  ( Vasapollo, Gattei, Giacché con contributo scritto ) organizzato dal Comitato No Debito per approfondire l’analisi sulla Grande Crisi.

Messa così come la mette Pianta ( impostazione emersa ad un certo punto anche nell’incontro romano ) ci sarebbe una nuova forza imperiale ( i tedeschi ) con chiare mire egemoniche sul continente, una forza austera e depressiva; e un forza non meglio definita ( gli americani, gli anglosassoni ) crescista ed espansiva. Alla ricerca di una via d’uscita dalla crisi, qualcuno ha prontamente fatto la battuta “allora ci alleiamo con gli americani come nel ’44?”.

Attenzione. La questione in ballo è il confronto tra due concezioni dell’economia che assegnano ruoli diversi alla moneta. C’è chi come gli americani e gli inglesi usano la moneta attivamente per determinare l’economia, strategia da cui discende la finanziarizzazione, finanziarizzazione da cui discende la frattura a Bruxelles con gli inglesi che di questo vivono e che questo vogliono proteggere in tutti i modi possibili ed immaginabili ( essendo ciò costituisce il loro modo di stare al mondo ).

Questo interesse per le monete è probabilmente ciò che spinge il potere politico americano ed anglosassone ad “ispirare” la cosiddetta sfiducia dei mercati, mercati dei compratori di bond stato nazionali.

S&P che non credo rimarrrà impressionata più di tanto dagli accordi di Bruxelles ( ed è di oggi, lunedi 12 Dicembre l’allarme lanciato da Moody’s sul fatto che i mercati voglioni rassicurazioni chiare, semplici, forti ed immediate ) incarna in pieno questa sfiducia.

E’ da settimane che si svolge questo dialogo tra sordi con i cosiddetti mercati che chiedono una cosa e i governi di Eurozona che rispondono in altro modo.

Cosa vogliono i mercati e i loro mandanti politci, qual è l’oggetto di questo mandato ?

Il mandato politico spinge a convincere i governi europei – con le buone ( Geithner, Obama, Cameron, tutti i professori universitari anglosassoni, Financial Times, The Economist, Wal Street Journal e compagnia varia ) o con le cattive ( la messa in credit watch negative dell’ Esfs, di tutti i debiti pubblici europei, di tutte le istituzioni locali, di tutte le banche e di tutte le assicurazioni continentali ) – ad adottare l’unica soluzione che possa far smettere questa pressione: avere una BCE prestatore di ultima istanza.

La vulgata vuole che con BCE come ultimo baluardo, tutti i titoli di debito, i bilanci, la liquidità sarebbe appunto garantiti e così sarebbero tutti felici e contenti. Ma attenzione, significa anche che se la speculazione si mette a prender di mira quei titoli e BCE è chiamata a stampare denaro, cresce sia il rischio d’inflazione, sia quello ben più importante di svalutazione.

Chi sostiene che tutta questa storia inizia per un preciso disegno Made in Washington ( già qualche mese fa si formò questa interpretazione ed è in effetti strano che solo qualche mese fa tutti noi vivevamo felicemente nel debito, ignari di spread e default e che tutto ciò abbia preso “improvvisamente” a far un gran baccano senza che ci fossero reali fatti nuovi ),sostiene che l’obiettivo dell’operazione è appunto quello della svalutazione dell’euro, non certo la sua distruzione.

Perchè gli USA dovrebbero esser contenti della svalutazione dell’euro che oltretutto faciliterebbe le esportazioni europee ( e quindi la ripresa, la crescita ecc. ) ?

Appunto perchè così ci sarebbe crescita e quando c’è crescita loro fanno soldi ( con la finanza ) sulla tua crescita. Ma anche perchè pagherebbero meno le importazioni europee che gravano in rosso sulla loro bilancia dei pagamenti o potrebbero smetterla di comprare così tanto dai cinesi riprendendo a dirottare flusso finanziario in una Europa più a buon mercato. Ma anche e sopratutto perchè

a) una moneta non solida non è un moneta che può ambire a ruolo internazionale ( lascerebbe così “soli” dollaro e yuan e ridurrebbe il temuto multipolarismo ad un bipolarismo in cui gli americani si sentono più confident sin dai tempi della Guerra Fredda ),

b) una moneta sensibile può essere manipolata dalla speculazione per mettere  in difficoltà la razionalità della struttura economica dei paesi che su questa si basano ( vi ricordate le incursioni di Soros sulla Sterlina e sulla Lira ? ).

Esattamente per i motivi simmetrico inversi, i tedeschi sono contrari avendo la loro economia base sulla produzione e non sulla finanza, avendo la loro economia una alta e complessa razionalità economica che si riferisce ad una moneta senza inflazione e senza oscillazioni svalutative ( ciò che i giornali chiamano “cultura della stabilità” ), una economia pianificabile con quel vetusto strumento che ormai pochi usano: l’economia politica ( o politica economica ). Impossibile pianificare une economia ( e la società che ad essa si riferisce ) su una moneta ballerina.

Se questo è vero, da ciò si desume come sia difficile, molto difficile trattenere la nostra ansia di capire subito da che parte schierarsi perchè in questo caso, o siamo fottuti subito ( via tedesca che porta prima recessione poi depressione ed in un certo senso decrescita non gestita, inclusa la rinuncia coattiva a  far crescita con debito ) o siamo fottuti dopo ( via americana che porta instabilità ed eterodirezione da parte della tanto odiata bancofinanza più perversa con crescita drogata e bolle che scoppiano come palloncini alle feste di compleanno ).

L’economia reale è la via tedesca, la via finanziaria e monetaria è la via anglosassone.

E’ da vent’anni ( ed anche più ) che è così.

Noi ci stiamo accorgendo che i sistemi hanno bisogno di una strategia complessa solo ora e forse dovremmo prenderci il tempo di capire meglio e di più ciò di cui non ci siamo occupati negli ultimi 20 anni invece di improvvisare visioni chiare e nette che rischiano di scegliere solo tra le opzioni che quelli più svegli di noi, ci offrono come uniche alternative. Inclusa l’idea di sottrarsi al bivio riprendendosi i propri giocattoli per andar via con risentimento a giocare a casa da soli, ovvero quel ritorno alla piena sovranità che si ha solo quando si è soli.

Le relazioni portano sempre ad una cessione di sovranità, ma ancor più, presentarsi a questo gioco della Grande Guerra delle Megamacchine Economiche e Bancofinanziare con la nostra ingenua liretta sarebbe come se i piccoli mammiferi da cui discendiamo, avessero abbandonato le loro tane prima che il gigantesco meteorite, con il suo deflagrante impatto, avesse liberato il pianeta dai grandi sauri. .

Questa voce è stata pubblicata in Europa e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

39 risposte a La grande crisi, la Germania e gli Stati Uniti

  1. Pingback: La grande crisi, la Germania e gli Stati Uniti - Kelebek - Webpedia

  2. Miguel Martinez scrive:

    OT… esplodono i rapporti tra Italia e Messico 🙂

    http://lamericalatina.net/tag/messico-bomba/

  3. Rock & Troll scrive:

    In realtà è tutta colpa del Signoraggio. Ma ben pochi hanno il coraggio di dirlo.

    • Francesco scrive:

      Was ist signoraggio? è una specie di Uomo nero che gira per il Web tra quelli che non hanno studiato (nè lavorano) nel settore finanziario.

      Però anche nelle analisi di Preve e di Fagan l’analisi economica fondamentale (strutturale per dirla con Marx) è molto carente.

      Quindi accetti spiegazioni anche eterodosse.

      PS ma quanto potrebbero andare avanti le elites finanziarie USAne avendo alle spalle un’economia moribonda e facendosi forza solo di un vantaggio di posizione del dollaro?

  4. roberto scrive:

    sulla grecia, vorrei ricordare come elemento di discussione, che nessuno, ma proprio nessuno ha mai pagato una dracma o euro di tasse il che, a mio modestissimo avviso, mette in una prospettiva diversa le proteste dei greci (che sono anche giustificate, per carità, ma chi è almeno in parte causa del suo mal pianga almeno in parte se stesso).

    a mio ancora più modesto avviso la grecia non doveva proprio entrarci nell’euro.

    • PinoMamet scrive:

      “sulla grecia, vorrei ricordare come elemento di discussione, che nessuno, ma proprio nessuno ha mai pagato una dracma o euro di tasse ”

      Scusami non è per mettere in dubbio, ma siamo proprio sicuri? Mi sembra un’affermazione un po’ forte; sicuri che nessun greco abbia mai pagato tasse??
      Così su due piedi, non riesco proprio a crederci, e mi sembra un po’ una leggenda metropolitana che si aggira nell’area Benelux o roba del genere.
      Non so.

      • roberto scrive:

        è un’iperbole, ma siamo più che sicuri.

        il problema è che non solo peché nessuno paga le tasse ma anche perché nessuno obbliga i greci a pagarle.

        non so se hai letto in giro quella storia delle piscine ad atene:
        conosciute al fisco 300. esistenti 16.000.
        prima di leggerla sui giornali, me l’aveva raccontata un magistrato della corte dei conti di atene nel 2010 (ero lì in missione, ci occupavamo di tutt’altra cosa, ma tra una scartoffia e l’altra saltavano fuori storie tipo questa)

        o ancora, sempre nel 2010, il fisco greco che aveva cominiciato a lavorare seriamente aveva scoperto in un mese (maggio se non ricordo male) 4500 casi di evasione di vario genere da parte dei medici.
        nello stesso mese dell’anno precedente 24 (ventiquattro)

        chissà poi dei 4500 casi quanti soldi rivedranno, visto che le procedure durano in media una decina d’anni…

    • Francesco scrive:

      in effetti la gestione dell’euro è stato politica, improvvida, improvvisata e criminale

      domandina per Romano Prodi: la strada dell’Unione politica è bloccata dal debito italiano (che nessun altro paese vuole accollarsi) o dai meri motivi storico-nazionalistici?

      perchè è seccante che la soluzione sia lì davanti da decenni ma non ci si voglia fare niente e le si giri intorno come sfigati intorno a una gnocca ad una festa del liceo …

    • linea gotica scrive:

      che alcuni paesi siano stati fatti entrare di corsa e molto allegramente nell’euro (e UE in genere) è abbastanza evidente

      • Moi scrive:

        Ma infatti è stato Prodi ad avere una fretta del diavolo …

        • roberto scrive:

          e a prodi che gliene fregava della grecia?

          quello che gli si può sicuramente imputare a lui e al suo commissario (solbes) e di non aver fermato il processo che come puoi vedere in questo documento aveva parecchi aderenti entusiasti (la grecia in primo luogo, la BCE, il parlamento ed il consiglio)

          http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/00/st09/st09300.en00.pdf

          tra l’altro ricordo che prima della presa diposizione favorevole di commissione e BCE il consiglio aveva decisi che la grecia rispettava tutti i parametri di convergenza. Immagini lo scandalo se i tecnocrati di bruxelles si fossero opposti alle legittime aspirazioni del popolo greco (che voleva assolutamente l’euro) e alle valutazioni dell’organo politico?

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Was ist signoraggio? è una specie di Uomo nero che gira per il Web tra quelli che non hanno studiato (nè lavorano) nel settore finanziario.”

    Sono d’accordo con te, anche se non lavoro nel settore finanziario 🙂 Innanzitutto, confesso, per un motivo antropologico: i sostenitori mi sembrano degli invasati, con certezze inossidabili, che non sono interessati a nient’altro.

    Ovviamente non è in sé una confutazione, ma certo gli ambasciatori della teoria si presentano nel peggiore dei modi.

    Più seriamente, i “signoraggisti” parlano delle banche banche come se fossero una realtà del tutto fuori dal resto del sistema, una specie di corpo alieno, mentre mi sembra che non sia affatto così.

    C’è una bella critica di Paolo Barnard alla teoria del signoraggio, che mi sembra ne demolisca le fondamenta. Qualunque cosa si possa pensare del modo in cui Paolo Barnard aggredisce le persone con cui non è d’accordo su altri temi, trovo convincenti i suoi ragionamenti.

    Anche perché è l’unico a essersi dedicato a un’analisi meticolosa della questione.

  6. falecius scrive:

    Miguel, ho dato una scorsa al saggio di Barnard (senza leggerlo tutto). Mi sembra che contega un problema di fondo, anche se potrei aver letto male: assume che in qualche modo sia possibile il cosiddetto “pasto gratis”, ovvero che lo Stato, stampando moneta, possa _creare valore_. Il che è assurdo, naturalmente, ma se ho capito bene è implicito in quel che dice.

    • Miguel Martinez scrive:

      Hai ragione, mi riferivo solo alla critica della teoria del signoraggio. Poi sono profondamente incompetente in materia.

    • Claudio Martini scrive:

      Salve, sono l’avvocato difensore di Paolo Barnard. La procura e’ inesistente e il patrocinio gratuito, ma la buona volontà non manca.

      Falecius, ti invito a leggere meglio il saggetto del Barnard. Egli non dice che lo Stato crea valore stampando moneta. Il valore lo crea il lavoro, naturalmente, ma solo uno Stato interventista e “stampatore” e’ in grado di creare le migliori condizioni per far lavorare al meglio la popolazione. Il meccanismo, in fondo, e’ elementare. lo Stato immette massiccia liquidità nel sistema, sia affinché i privati ne abbiano a sufficienza per i loro progetti, sia per favorire sviluppo e occupazione mediante spesa in conto capitale (investimenti). In primo luogo abbiamo crescita del deficit (a medio termine del debito pubblico), del costo del lavoro, dell’inflazione.

      Tuttavia, l’incrementi dei consumi, della produttività e anche della semplice attività dei soggetti economici (famiglie e imprese) garantisce in tempi non lunghi un recupero dell’inflazione, una sostenuta creazione di ricchezza, e un aumenti delle entrate fiscali che va a ri-finanziare il debito. Essenziale e’ che la spesa dello Stato sia ben mirata, e che gli investimenti siano quelli adeguati
      alla situazione concreta in cui l’economia e la società si trova (può aver senso costruire una grande ferrovia che connetta San’a e Aden passando per Taizz, potrebbe averne meno farne uno da Torino a Lione passando per Susa).

      L’alternativa, quindi, non e’ tra tra pasti gratuti e pasti onerosi, ma tra molti pasti (teoria post-keynesiana della moneta, ossia Barnard) e pochi pasti (genericamente, neo-liberismo)

      • falecius scrive:

        Grazie del chiarimento. Come ho detto, ho letto parzialmente e di fretta.

      • Francesco scrive:

        >> Essenziale e’ che la spesa dello Stato sia ben mirata, e che gli investimenti siano quelli adeguati

        fammi indovinare, non ti è mai capitato di dover prendere una decisione in materia, magari dovendola discutere con chi ci vede solo il propio tornaconto immediato, vero?
        perchè anche se fossero vere e univoche le conseguenza, questa sola piccola premessa fa franare tutto il progetto.

        ciao

        • Claudio Martini scrive:

          E come sei pessimista

        • Francesco scrive:

          A quanto mi risulta, il rapporto tra casi storici di successo e di insuccesso delle politiche da te proposte rientra perfettamente nel modello “a decidere è un bonobo in calore”. Che è la migliore approssimazione sperimentale del caso.

          Fa eccezione il sistema pianificazione del Comunismo Reale, che ha fatto molto peggio del Bonobo Arrapato.

          Il che è un pò scoraggiante per fondarci il Bene comune.

          Saluti

  7. Claudio Martini scrive:

    Tre cose.

    1) anch’io adoro improvvisarmi economista! Non immaginate le soddifazioni. E di solito ci azzecco pure (visto che copio a man salva dagli economisti veri)

    2) Io non penso che l’attenzione vada concentrata sulla Germania, contro cui ora va di moda imbastire assurdi processi mediatici. A me sembra evidente che gran parte della classe dirigente tedesca l’Euro voglia farlo fuori, e perciò impone agli altri paesi scelte talmente dure da suscitare, prima o poi, il rigetto. Chi l’Euro lo vuole tenere in piedi sono invece gli Stati Uniti, che stanno facendo di tutto per puntellarlo. Loro strumentale alleato in questa impresa e’ il presidente francese, che preme per gli eurobonds (e per questo suggerisco di mettere da parte il “Merkozy” per inaugurare il “Sarkoma”). Ma perché mai gli Usa dovrebbero desiderare la sopravvivenza dell’Euro? Perché se l’Europa si sfascia la Germania se ne va per i fatti suoi, abbraccia la Russia e disintegra la nanesca grandeur francese. Secondo me l’atteggiamento verso la crisi economica andrebbe messo in parallelo con quello verso l’aggressione alla Libia, con Sarkozy e Obama che tubano assieme e la Merkel che si astiene. Credo che  stiamo assistendo ad una vera rottura fra le strategie delle classi dirigenti occidentali. Ipotizzo quindi un movente geopolitico che soggiace ad un progetto monetario assolutamente privo di razionalità economica.

    3) gli italiani fanno schifo perché si fanno schifo. Basta, basta, BASTA con questa storia della “liretta”. Chi ne parla non sta esponendo argomenti razionali, ma sta agitando assiomi indimostrati e non scientifici per sostenere una precisa posizione ideologica: quella dell’inadeguatezza eterna e irredimibile degli italiani. Nessuno parlerebbe di “franchetto” e “marchetto”. Solo noi, così lontani da Dio e così vicini ai negri nordafricani, non potremmo fare a meno di “fonderci” con i popoli civilizzati se vogliamo sopravvivere.
    Insomma, er monno e’ così grande, la Cina c’ha tre miliardi d’abbitanti, ma ndo’ annamo noartri da soli, m’o dici? 

    Dopodiché, come e’ ovvio, paesi come la Turchia, l’Argentina, il Venezuela, la Malaysia e l’Iran (aldilà dei giudizi che si possono dare sulle rispettive direzioni politiche), senza aver delegato ad alcuno la politica estera e quella economica godono di un’indipendenza totale e di un peso crescente sul cosiddetto “scacchiere internazionale”. Che strano.

    Piantiamola con l’auto-commiserazione, siamo patetici…
     

    • dostojevsky scrive:

      ecco un bel punto: la russia e la germania…. geopoliticamente ed economicamente i due si attraggono a vicenda ed è stato in pratica l’incubo dei politologi anglosassoni per tutto lo scorso secolo… non sbaglia di molto chi afferma che il progetto europeo è nato anche sotto l’ottica di legare con fili di seta la germania all’orbita atlantica. ma come ben evidenziato dall’economista citato da miguel i crucchi hanno una visione dell’economia inconciliabile con l’uk e geograficamente e politicamente hanno sempre avuto ben altre aspirazioni che un’alleanza “terrestre” con la russia assolve in buona parte… i nuovi gasdotti “strategici” e il riavvicinamento dei paesi dell’ex unione sovieta alla russia sono i primi mattoni buttati per questa alleanza… la russia da tempo prova a reinserirsi in europa e se il matrimonio con la germania si celebrasse i francesi rimarrebero ancora una volta a fare da terzo incomodo… cmq la situazione è molto instabile e non bisogna dare nulla per scontato… un’europa a due velocità mi sembra anche un sinonimo per dire un’europa in due blocchi politici differenti, con svezia, ungheria, e tanti altri paesi minori ad arginare la potenza tedesco-russa… questa mappa di limes, intitolata simpaticamente “gerussia” mostra molto sinteticamente ed efficacemente di cosa si sta parlando…

      http://temi.repubblica.it/limes/gerussia-3/26851

    • Francesco scrive:

      considerate le dinamiche demografiche, mi sa che la Gereontorussia avrebbe poco futuro, molto poco

      😀

      • giovanni scrive:

        immigrazione, questa sconosciuta….

        • Francesco scrive:

          un sistema semplice semplice che i due paesi in questione gestiscono con grande successo … ops, no, quelli sono gli Stati Uniti d’America col modello socio-economico cattivo

          ah, i casi della storia!

    • Francesco scrive:

      Hai (quasi) pienamente ragione.

      Ci sono solo 1.900 milioni di ragioni a fare torto a chi pensa che sapremmo cavarcela facendo da soli, per una metà circa in mano a investitori esteri.

      Ah, e una spesa militare che ricade nella fattispecie “assistenza sociale” molto più che in quella sua propria.

    • Liretta perché con 1000 lirette non ci compravi nemmeno un caffè schifoso, perché si valutava un giorno sì e l’altro pure impoverendo i ceti più poveri e dando ai ricchi materia per arricchirsi. Una moneta debole con inflazione alta e forte svalutazione fa benissimo ai pescecani, molto male ai lavoratori dipendenti, i quali, purtroppo, non possono aumentarsi da soli lo stipendio che diventa carta straccia o stamparsi la moneta in casa.

      • Claudio Martini scrive:

        Dimmi un po’, i lavoratori italiani ci hanno guadagnato col passaggio dalla liretta all’euro?

        Per Francesco: il debito si paga tranquillamente… A patto di disporre di un Banca Centrale. Noi siamo nella stessa situazione in cui si troverebbe un paese che usa SOLO il dollaro Usa. Ci dobbiamo far prestare i soldi, e questo ci rende scarsamente solvibili. Gli investitori, che non sono scemi, lo sanno e pretendono interessi più alti. Se avessimo quel vasto complesso
        di cose che per semplicità definiamo “sovranità monetaria” il rischio di insolvenza semplicemente non ci sarebbe, e con una spesa pubblica orientata allo sviluppo alla fine anche i tassi di interesse finirebbero per abbassarsi (e forse non ci sarebbero nemmeno bisogno di grande sviluppo, Giappone docet)

        • “Dimmi un po’, i lavoratori italiani ci hanno guadagnato col passaggio dalla liretta all’euro?”
          Non lo so, dovrei sapere cosa sarebbe successo altrimenti. Ma quando penso a cosa sarebbe potuto succedere alla lirona nazionale dopo i crack Cirio e Parmalat…

        • Claudio Martini scrive:

          Ecco, “lirona” va già meglio

        • Francesco scrive:

          il debito si paga tranquillamente? non so perchè ma mi viene in mente proprio il buon vecchio Peròn e la sua Argentina schiacciata dall’iperinflazione, che è quello che succede se stampi moneta (sovraità monetaria) per pagare il debito

          e quello che risparmi in interessi lo paghi via svalutazione, che petrolio e ogni altro bene importato diventa sempre più caso (e pure i BOT in dollari che devi rimborsare)

    • Peucezio scrive:

      Molto ineressante l’analisi geopolitica e del tutto condivisibile, dal mio punto di vista, il discorso sull’anti-italianità di noi italiani.

  8. Rocco scrive:

    Barnard sostiene che lo stato con moneta sovrana dispone di possibilità illimitata di spesa semplicemente perché stampa moneta sovrana senza debito verso l’estero. Non sono sicuro, ma dice anche di basare le sue affermazioni su una teoria economica di economisti americani amici suoi… bisognerebbe essere economisti, studiarsela, etc. io sono un geologo… fate vobis…

    • Claudio Martini scrive:

      Be’, sicuramente la teoria economica non se l’e inventata Barnard

      http://en.wikipedia.org/wiki/Chartalism

      Di suo il giornalista ci mette la divulgazione e l’insopprimibile coglionaggine

      • Francesco scrive:

        in effetti appare una teoria molto farlocca, che confonde le identità contabili con la comprensione dell’economia

        ma a suo modo affascinante

    • Francesco scrive:

      stampa moneta sovrana che presto il popolo impara quanto vale … ripassino di storia del Sud America negli anni ’60 e ’70 e ’80 del secolo scorso

      non è che adottarono il cambio fisso col dollaro per fare scena, ci furono obbligati dallo sputtanamento delle monete locali

  9. studente scrive:

    Date un’occhiata all’intervento del Prof. Paolo Guerrieri (dopo quello di Giorgio Ruffolo, francamente pesantuccio), in particolare al grafico dell’indebitamento privato.

    http://www.youdem.tv/doc/223373/paolo-guerrieri-e-giorgio-ruffolo-a-cortona.htm

  10. Buleghin el vecio scrive:

    Stanno accadendo cose simpatiche un po dappertutto, manca solo un simpatico scambio di testate nucleari per completare il quadro, il dottor Stranamore “Strangeliebe” stà lavorando alacremente su “arma fine di mondo”

    I saggi cinesi per maledire qualcuno gli dicevano “possa tu vivere in tempi interessanti” ebbene i tempi in cui viviamo sono molto molto interessanti
    ergo qualche qualche figlio di buona donna ci ha lanciato una maledizione.

  11. Francesco scrive:

    http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6063/

    ehm, cosa ne pensate? quando fa cronaca Marco D’Eramo è abbastanza risibile ma questa ricostruzione è ben oltre le mie capacità di valutazione

    ciao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *