Come molto sapone ti trasforma un arabo in un Bianco

Credo di dovervi qualche spiegazione sul mio silenzio in questo periodo.

Innanzitutto, lunghi giorni con un guasto tecnico al computer mi hanno fatto riscoprire la meravigliosa leggerezza dell’impotenza: senza i miei scritti, il mondo sta tale e quale.

A questo guasto ha fatto seguito – a computer riparato – una violenta ondata di lavoro: il traduttore è un animale flessibile, che deve saper dire di sì quando lo chiamano per tradurre, magari tutti insieme, un contratto capestro tra una multinazionale canadese e un imprenditore minimale di Prato; una pubblicità dei vini tedeschi; il progetto di un banchiere per risparmiare sulle tasse; le fantasie globali di un industriale che Coniuga Tradizione e Modernità con i tondini Leonardo da Vinci…

La Mano Invisibile riprende ad agitarsi, come nei film della Famiglia Addams, e quindi dopo mesi con poco lavoro, me ne trovo adesso tanto da dover dire spesso di no.

Ma c’è anche un altro motivo: stanno succedendo cose troppo grosse. Mi riferisco alle sommosse nel mondo arabo.

Viene la tentazione di fare giornalismo, cioè di girare incessantemente la rete a caccia di fatti e fatterelli raccolti da altri, per sparare più velocemente la Notizia. Il guasto al computer ha stroncato sul nascere ogni simile velleità da parte mia, e credo sia un bene: l’avidità adrenalinica di chi vuole guardare la partita in corsa ed essere più veloce delle telecamere è una malattia sintomatica dei nostri tempi.

E poi per dirsi esperti di un posto, bisogna conoscerne molto bene la lingua. Io mi sono laureato in arabo e ho vissuto per un periodo in Egitto, ma ho sempre bisogno del vocabolario per leggere un articolo, figuriamoci per cogliere i sensi reconditi di conversazioni tra amici. E quindi so di non sapere tante cose.

Se non faccio il giornalista, posso forse fare l’editorialista? Cioè la persona che si sveglia tutte le mattine, con le conoscenze più superficiali immaginabili, per dare la sentenza dell‘Opinione Pubblica Mondiale e riempire le due colonne dei buoni e dei cattivi della giornata?

E allora, invece di parlare delle sommosse arabe, parlo di un argomento che conosco meglio: come queste sommosse vengono vissute in Italia.

All’epoca di Tangentopoli, insegnavo inglese nella sede veronese di una potente multinazionale; e avevo fatto amicizia con un notevole dirigente mandato letteralmente in esilio tra le nebbie nella vana speranza di farlo dimettere: lui non li denunciava, loro non lo licenziavano e gli permettevano di incassare un ottimo stipendio senza fare assolutamente nulla.

Questo dirigente, che merita a pieno il titolo di maestro, mi svelava, giorno dopo giorno, le tresche, le trame e i trucchi dell’azienda e mi aiutava a riconoscere su ogni piano del palazzo direzionale le segretarie che arrotondavano gli stipendi facendo la spia per i propri capi.

Questo signore mi ha insegnato una grande lezione.

La corruzione di un regime dipende dalla struttura stessa, non dalle idee o dalla cattiveria dei singoli. L’azienda di Verona, dove avere idee comuniste era semplicemente impensabile, somigliava molto di più all’Unione Sovietica che ai luoghi comuni su come dovrebbe essere una “libera impresa”.

Copiando gli americani, anche noi italiani siamo caduti nell’illusione che il capitalismo sia una faccenda di liberi individui che si fanno strada nel mondo. E invece si regge su enormi strutture  che muovono migliaia di persone, e decidono le vite di milioni, in assoluto e legale segreto (quante confidentiality clauses mi è capito di dover tradurre…).

Queste strutture sono gestite in modo del tutto autoritario – il Partito Unico è un’esperienza quotidiana per chiunque lavori in un’azienda importante. Perché ci vuole il Partito Unico? Perché è l’unico sistema per realizzare il Piano, che magari si chiama in inglese anziché in russo, ma la sostanza è quella. E se non c’è più il Partito Unico in politica, spesso è perché il solo Piano da realizzare è rimasto quello aziendale.

Chi lavora per l’Azienda Unica, lo fa per non morire di fame. I soldi parlano chiaro, e quindi non è necessario arrivare a livelli sovietici di retorica; ma spesso ci si avvicina; e il controllo incalzante sulle persone supera probabilmente quello nei rilassati e oziosi collettivi degli operai russi di una volta.

Chi vive dentro un’azienda, in genere tace e china la testa; mentre parla e scrive chi non ci vive. A discettare di politica e del mondo sono in genere giornalisti venduti, oppure piccoli operatori gratuiti che non hanno contatto diretto con il mondo  imprenditoriale, che pure decide le sorti di tutti noi.

L’umanità, insomma, che Marino Badiale e Massimo Bontempelli hanno magistralmente definito ceto intellettuale subalterno.

Queste persone tendono a giudicare tutto da una sorta di torre d’avorio portatile: il mondo da solo andrebbe benissimo, il problema sono alcuni individui storti o alcune ideologie nefaste.

Il metro per giudicare persone e idee cattive, oltre alla propria bontà personale, è il grande Luogo Comune, che deve essere inclusivo perché altrimenti non attirerebbe. Il Luogo Comune promette una società di liberi individui, in concorrenza tra di loro, che seguendo le leggi del mercato e quelle dei tribunali, produrrebbe e farebbe star bene tutti.

Vivremmo nel migliore dei mondi possibili, se solo ci comportassimo secondo le regole.

Se penso che il problema sia solo qualche comportamento peccaminoso individuale, assolvo il sistema. E quindi per quante chiacchiere io possa fare, non metterò mai in discussione le cause stesse delle malefatte che denuncio. Ora, se io, invece di chiedermi i motivi per cui le cose vanno storto, mi limito a dire che è colpa di Tizio o di Caio, oppure delle idee dietro cui lui si ripara, mi trasformo in uno sputasentenze che si crede di essere dio – il motivo per cui i liberal all’americana stanno giustamente antipatici a tanti.

Ai tempi di Tangentopoli, dicevo… in quei giorni, il mio maestro era incredibilmente felice: occupava il tempo in cui era costretto a stare in ufficio leggendo il giornale, e quindi arrivava raggiante a raccontarmi dell’ultimo arresto eccellente, dell’ultima faccia di bronzo che si era dovuto dimettere dopo decenni di impunità. Un carnevale, insomma, che è culminato – per me – la mattina che ho sentito le sirene della polizia che portava in carcere un intero grappolo di assessori veronesi (i poveracci se li portano via alle cinque di mattina, i ricchi alle dieci, ma è sempre una bella soddisfazione).

Il mio maestro aveva ragione: la caduta di un regime che era durato più a lungo di quello di Mubarak meritava una festa.

Ma sappiamo come è andato a finire quel carnevale.

Perché la rivolta popolare/giudiziaria italiana, che univa nella festa ricchi e poveri, non ha messo in discussione nulla, tranne i nomi di alcuni singoli tromboni della politica e dell’economia. Perché da Destra a Sinistra, si condivideva l’idea che in principio non ci fosse nulla da cambiare, c’era solo da togliere di mezzo il politico ladro che strozzava il mercato rubando i soldi.

Vent’anni dopo, l’intera popolazione di questo paese, a parte i pochi strafortunati, si trova sull’orlo del precipizio, con il Dito Invisibile spinto in profondità là dove fa male. Non avendo imparato evidentemente nulla, una parte almeno della popolazione getta la colpa su un ridicolo puttaniere brianzolo, accusato di raccontare barzellette insipide invece di governare come si fa nei “paesi normali”.

Nei Paesi Normali come l’Islanda il popolo finisce per fare addirittura la rivoluzione (altro che Tangentopoli), oppure città intere come New Orleans vengono spazzate via per incompetenza governativa, ma ciò non turba l’umanità dalla torre d’avorio portatile. Gli italiani si sentono inferiori anche quando gli altri stanno peggio di loro.

Che poi se ci fosse al governo uno dell’altra parte, farebbero come gli americani che dicono che è tutta colpa del Musulmano Comunista Obama.

invisible handQuesto  ci aiuta a capire un curioso fenomeno nostrano: per una volta, folle arabe che manifestano godono della simpatia mediatica, con poche eccezioni. Gli stessi media pronti a fare baldoria quando un immigrato veniva condannato ad anni di carcere in Italia per aver espresso qualche opinione politica in privato, oggi parlano benissimo della Libertà che Avanza in Medio Oriente.

Lasciamo da parte gli opportunisti, che scaricano i vecchi amici e accorrono a rendersi simpatici ai nuovi governanti. Concentriamoci su quelli che non hanno nulla da guadagnare, se non un po’ di autocompiacimento da Bianco Buono; diciamo i piccoli editorialisti, o i blogger progressisti.

La prima cosa che dicono è, “guardate, gli arabi sono proprio come noi“. E’ la vecchia dialettica all’interno del Monologo Occidentale: i pessimisti dicono, i Negri resteranno sempre Negri; gli ottimisti dicono, con molto sapone e telenovelas, anche i Negri possono diventare Bianchi. Certa gente non è mai sfiorata dall’idea che ci potrebbe essere qualcosa che non va nell’essere Bianchi del tutto impermeabili alle culture del resto del genere umano, ma lasciamo perdere.

Oggi, parlando del mondo arabo, prevale momentaneamente la scuola ottimista. Una profusione di foto fa vedere Gente Normale, nella particolarissima accezione di frequentatori medi del McDonald’s di Padova, con cartelli in qualcosa che somiglia alla lingua inglese.

Poi non sono violenti. E qui probabilmente sentirete il nome magico, Gandhi. Che fa sempre comodo, a patto che si ignori che Gandhi era talmente cosciente della questione fondamentale – quella dell’imperialismo – da aver centrato la propria campagna sul boicottaggio del sistema economico impiantato dall’occupante.

Allo stesso tempo, gli ottimisti si sbracciano per assicurare che non è in corso alcuna rivoluzione. Siccome si tratta di Gente Normale, il loro unico problema è togliere di mezzo dei Governanti Corrotti; poi nascerà spontaneamente un sistema in cui i demagoghi potranno concorrere liberamente per il potere politico e le guerre tra imprenditori saranno regolate dalla Leggi di Mercato. Leggi nel cui potere
miracoloso gli ottimisti credono esattamente quanto i pessimisti.

Noi ovviamente ci auspichiamo l’esatto contrario: che la sommossa diventi una rivoluzione, e che la facciano a modo loro, come pare a loro. In shâ‘Allâh.

Questa voce è stata pubblicata in islam e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

101 risposte a Come molto sapone ti trasforma un arabo in un Bianco

  1. Francesco scrive:

    Io partirei prima dei Bianchi e dei Neri (e degli Arabi): ci sono (molte) cose per cui siamo esseri umani siamo tutti uguali.
    E le sommosse in Nord Africa toccano questo livello profondo di umanità (questo non toglie che ci siano dei pirla spaventati perchè gli egiziani pregano verso la Mecca, ma è un’altra questione).
    Non capisco come tu non colga la differenza tra Partito Unico e Grande Azienda, finendo per mettere nello stesso calderone una dittatura e le difficoltà della vita sociale. Verissimo che l’azienda è per sua natura una struttura autoritaria, solo non vedo dove sia il problema, visto che NON è unica.
    E che se proprio sei irriducibile alla vita “sotto padrone” puoi sempre fare il traduttore di manuali tecnici indipendente.

    Ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Francesco

      Forse c’e’ un malinteso. L’azienda non è unica perchè ce n’e’ soltanto una. Ad essere unico è il modello di comportamento cui l’azienda si riconduce. Cambiare azienda -ammesso di riuscirci- per uno che fosse stufo dell’ambiente avrebbe lo stesso effetto che avrebbe avuto ai tempi il difficilissimo trasloco di uno scontento dalla Repubblica Popolare di Bulgaria alla Repubblica Popolare di Romania. Cambiano le facce, ma la logica rimane la stessa. La logica è quella del ‘non fieri sed videri oportet’: non occorre fare le cose, occorre fare vedere che si stanno facendo. Camminare rasente ai muri, abolire dal lessico la parola ‘no’, diluire le responsabilità nella minuziosa redazione di lunghissimi memorandum, moltiplicare le sigle da memorizzare, aggiungere nei testi scritti un avverbio ad ogni verbo e un aggettivo ad ogni sostantivo, praticare l’autocensura, applaudire al capo che presenta al volgo dei colelghi lo stakanovista di turno, riempire formulari sulle motivazioni proprie e dei colleghi, e simulare una stupidità protettiva sono tutte cose in comune alla vita aziendale e alla vita sotto i regimi Sovietici. Te lo dice uno che ha visto entrambi. E un libero professionista esterno a queste realtà o e’ un ammanicatissimo furbetto del quartierino (ma per questi privilegiati, come del resto per tutti i privilegiati, quanto sopra non vale) o è un consulente/co.co.co/precario che dipende dall’ultima delle segretarie aziendali come neanche il più derelitto dei Fantozzi nei suoi peggiori incubi. Siccome poi ovviamente le persone fuggono quella precarietà che è percepita a torto o a ragione come il gulag a cielo aperto dei nostri tempi, ecco che anche nel più totale liberismo il modo di vivere Sovietico si riproduce. Anzi, peggio: più radicato il liberismo, maggiore la precarietà del mondo extra-aziendale, più sincera diventa la condivisione delle parole del Primo Segretario (pardon, Amministratore Delegato) nel suo indirizzo di saluto ai compagni (pardon, collaboratori) in occasione del ponte del Primo Maggio (pardon, Natale). La falce e martello ieri puzzava di bianchetto da scrivania, oggi di presentazione PowerPoint.

      Eccoti un esempio di autentico ma quotidiano duckspeak liberista, tratto da un documento di un Ufficio Delle Risorse Umane (Martinez di certo ne conoscerà degli altri, avendone tradotti chissà quanti)

      ”Tali conoscenze, che coprono un amplio spettro di discipline, possono essere raggruppate in un certo numero di competenze distintive, ciascuna delle quali, raggruppando in modo sinergico più discipline elementari, consente di indirizzare queste verso il raggiungimento degli obbiettivi assegnati, trovando possibile socco anche in attività di servizio per clienti”

      E almeno questo non è infiocchettato di anglismi alla genitale canino.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Beh ma è il tuo primo punto che è falso.

        Non tutte le aziende sono uguali, se non in quello che le rende “aziende”. E la tua descrizione è quella di una possibile, frequente, deriva di OGNI organizzazione – compresi partiti, sindacati, chiese, gruppi scout, stidde della ndrangheta, bande di motociclisti e associazioni di coppie scambiste.

        Se non si è in grado di tollerare il lavoro “sotto padrone” e la relativa sicurezza che offre, ci sono mille modi onesti di sbarcare il lunario – tutti più rischiosi ma la libertà è rischio (e non ho interesse per chi vuole la botte piena e la moglie ubriaca).

        Accusare il “liberismo” vale come abbaiare alla luna per non riconoscere un carattere permanente della vita umana.

        Ciao

  2. Rock & Troll scrive:

    Come pare a loro?
    E se a loro paresse bene di mettersi una Mano Invisibile in casa, un sistema politico democratico o demagogico come lo volete chiamare, se anche il loro sogno fosse di farsi il televisore al plasma, la connessione a Facebook e il macchinone?
    Ah, già, ma in quel caso sarebbero stati “traviati dall’Occidente”, poveri bimbi manipolati dalla falsa coscienza kapitalistica.

    Troppo comodo accusare gli altri di volere i “neri come piacciono a noi”, quando si fa la stessa cosa, quando i neri che non scelgono la Grande Rivoluzione Proletaria vengono bollati automaticamente come “house niggers” o “house muslims”, quando si sottintende che l’unica rivoluzione che loro possono volere è quella che piace a noi, solo che alcuni la chiamano “democratica” e altri “antikapitalista”.

  3. Miguel Martinez scrive:

    Per Rock & Troll

    “E se a loro paresse bene di mettersi una Mano Invisibile in casa, un sistema politico democratico o demagogico come lo volete chiamare”

    E’ essenzialmente quello che gli italiani hanno voluto con Tangentopoli. E si stanno godendo i risultati.

    Non escludo affatto che le sommosse in corso vadano a finire, in parte così. Dico in parte, perché l’economia planetaria è strutturata in modo tale che se lo fanno, la loro situazione non potrà che peggiorare. Senza televisori al plasma, a meno che i loro costi non calino a 5 euro l’uno.

    • Francesco scrive:

      Scusa Miguel ma quello che sta succedendo in Cina e in India non dimostra esattamente il contrario?

      La struttura dell’economia planetaria non è quella di una pompa dai paesi poveri a quelli ricchi, questa è una vecchia scusa inventata dagli economisti brasiliani per giustificare (mistificando senza spiegare) la povertà del proprio paese.

      Da quando questa tesi è stata proposta, innumerevoli paesi sono passati dal gruppo dei poveri a quello dei ricchi (o almeno benestanti), eppure il fascino della tesi rimane.

      Però è una questione di psicologia, non di economia.

      E, sì, se tutti seguissero le regole E un retto agire morale, vivremmo nel migliore dei mondi POSSIBILI.

      Ciao

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Francesco

        Il tuo post ha credo il merito di smascherare il terzomondismo ingenuo, quello da fumetto. E’ anche qui una questione di lessico: se si intende ‘povero’ il Paese che nella competizione ci perde e ‘ricco’ quello che ci guadagna, allora è vero che il Messico è povero rispetto agli USA, ma allora gli USA si stanno impoverendo rispetto alla Cina. Non si puo’ quindi ridurre le dinamiche del mercato all’egoismo di un solo gruppo di individui -tipo la Triaterale- o di Paesi -tipo gli USA.

        Dove non concordo è quando usi l’espressione ‘le regole E un retto agire morale […] POSSIBILI’.

        Da un punto di vista generale, non concordo perchè la morale è fatto intimo (‘non desiderare la donna d’altri’) mentre le regole no (‘non passare col rosso’).

        Dal punto di vista pratico, ti faccio un esempio preso dal mondo delle aziende.

        Tu sai che stella polare di ogni buon Amministratore Delegato onesto e coscienzioso (ce ne saranno pure, voglio sperare) è il ‘valore per gli azionisti’, ossia il massimizzare il dividendo a fine anno fiscale.

        Ma perseguire tale benemerito obiettivo puo’ tanto portare tanto a tagliare gli sprechi quanto ad azzerare le spese di ricerca e sviluppo, che non danno alcun beneficio immediato sul dividendo a dodici mesi e che in tempo di vacche magre sono quindi le prime ad essere falcidiate.

        Esiste ad esempio un’azienda lombarda di pneumatici abbia smantellato completamente la sua R&D in pochi anni per mantenere le quotazioni in Borsa.

        Se la crisi di liquidità e di accesso al credito continuano per più anni fiscali e un numero sufficiente di aziende hanno amministratori che privilegiano di anno in anno il valore per gli azionsti, cio’ puo’ soffocare per lungo tempo la competitività di un intero Paese.

        Ecco che la diffusione di una morale aziendalmente corretta e valida (io Amministratore Delegato do’ all’azionista il massimo ogni anno, senza sconti) ha conseguenze catastrofiche sulla competitività e dunque sui livelli occupazionali di un Paese.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          Parli di amministratori delegati particolarmente miopi e di analisti finanziari non in grado di valutare il valore economico della R&S.

          In termini economici, semplice carne da macello nella competizione.

          Ma è proprio la competizione che fà emergere le aziende con pneumatici migliori, a scapito di quelle con modelle più gnocche sui calendari, non un Saggio Omino che invita a (o impone di) investire in Ricerca & Sviluppo.

          Il mercato è più intelligente del singolo, nell’allocazione delle risorse.

          Ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            Per Francesco

            Parlo della media, e non solo in Italia (anche se da noi il capitalismo squattrinato di rapina è preponderante). L’unico Paese OCSE in cui l’impresa non ha tagliato le spese R&D, ma le aumentate, a seguito della crisi è stata la Germania (imitata, credo, dall’Estonia): e solamente grazie ad un intervento diretto dello Stato, in violazione del libero mercato. Fuori dal mondo ‘sviluppato’, avanzano nella R&D le economie con forte influenza socialisteggiante dei BRIC. Cito il cardinal Siri, che da Genovese di queste cose se ne intendeva: se lo scopo è il profitto -e nel liberismo il profitto è il Bene- allora non ci sono santi (letteralmente): si fa prima a guadagnare giocando in Borsa che non investendo in nuove fabbriche. E la competizione è quel giochino in cui, come diceva il titolo di un famoso film di qualche decennio fa, ‘tutti possono arricchire tranne i poveri’.

            Benjamin Franklin diceva che perdere un buon affare puo’ esere tanto offensivo verso la Provvidenza quanto uccidere un uomo. Gaslini dormiva in una modesta portineria del suo stabilimento, come un qualsiasi Francesco Giuseppe. Oggi, fuori dei giochetti azionari il principlae investimento dei padroni Italiani è il cemento, in attesa dei futuri condoni. E si sorride quando arriva la notizia di un sisma, perchè vuol dire appalti su appalti.

            Ma il passaggio -o, se vuoi, la degenerazione- correttamente previsto a suo tempo da Lenin, l’evoluzione dai Morgan, dai Edison e dai Pirelli al Gecko di Wall Street e a Tronchetti Provera, e di lì a Madoff, è irreversibile.

            La società neoliberista ha come modello lo speculatore, così come quella paleocapitalista aveva come modello l’imprenditore e la società confuciana il letterato: ma la stragrande maggioranza delle specie umana è costituita da individui che non sono nessuna di queste cose.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              Il feticismo, anche quello delle spese in R&S, è una malattia psichiatrica.
              E il capitalismo non ha patria: la terra degli speculatori è morta, quella degli imprenditori vive (nonostante i governi e i loro “saggi” interventi).
              Ciao

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Io partirei prima dei Bianchi e dei Neri (e degli Arabi): ci sono (molte) cose per cui siamo esseri umani siamo tutti uguali.”

    Premesso che i Bianchi e i Neri sono del tutto metaforici, ovviamente… ci sono indubbiamente tante cose che ci accomunano.

    Come ci sono delle cose che ci distinguono, ad esempio la circoncisione, oppure il culto della Mano Invisibile.

    • Francesco scrive:

      Domanda (seria): visto che non adorano la Mano Invisibile, quale è la teoria economica di riferimento nei Neri?

      Grazie

  5. Daouda scrive:

    La teoria della mano invisibile è strutturata male dallo stesso Smith per i due seguenti motivi:

    a) la teoria del valore-lavoro ( da cui Karl Marx ha derivato il modo illogico di intendere lo sfruttamente) che tutt’oggi divide gli studiosi ed alimenta incomprensioni incresciose ed invidie terrificanti, DEVIANDO DALLA VERA NATURA dello sfruttamento.
    b) il concepire il vizio individuale come positivo, ignorando che il vizio è l’anticamera del crimine e che di conseguenza solo una società virtuosa e conservatrice può essere libera, al contrario ( as usual ) delle disposizioni attuali .

    Aggiungiamo queste magagne ad un altro errore della teorizzazione liberista in sé ( vedasi anarco-capitalismo ), ossia la questione rendita ed interesse, ed ecco che il sistema sarà in mani ben salde.

    E’ inutile chiamare ciò libero mercato.
    Non lo è né lo sarà mai.
    Il libero mercato , oltre ad interagire con ogni altra scienza , non può che osteggiare queste iniquità di cui il socialismo è una delle più estreme.

    Quindi Miguel ancora non comprendo veramente la tua ingenuità.
    Le masse nord-africane sono evidentemente in balìa di certe suggestioni di cui il socialismo ed il nazionalismo sono le più rappresentative.
    Guardando all’Europa, per fare degli esempi paralleli al mondo “islamico” non avrò mai alcun dubbio sul rispetto da dare a Corsi, Irlandesi, Bretoni, Baschi ( che guardacaso stanno a sinistra ).
    Il problema è che si può simpatizzare solo ed esclusivamente perché non sono indipendenti.
    Qualora lo diventassero infatti, sarebbero oppressori essi stessi.

    La cosa nefasta è che queste realtà esistono come DIVERSIFICANTE proprio perché è scontato che non vinceranno mai!
    Come si può vincere se si condivide la teorizzazione dell’Avversario e se la propria economia è la Sua economia?

    L’errore, ancora una volta, è la LOCALIZZAZIONE. Parbleau! No, a me par marron!

    • Andrea Di Vita scrive:

      Pee Daouda

      ”Il problema è che si può simpatizzare solo ed esclusivamente perché non sono indipendenti.
      Qualora lo diventassero infatti, sarebbero oppressori essi stessi.”

      Concordo.

      ”DEVIANDO DALLA VERA NATURA dello sfruttamento”

      Una domanda. Secondo te qual’e’ questa VERA NATURA?

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Mi associo alla domanda di Andrea

        • Daouda scrive:

          Diciamo che in una civiltà tradizionale il bene comune è esercitato da tutti in base alle loro qualità e funzioni, che sono privati.
          Non essendoci alcuna possibilità di intendere il profano, tutto è sacro ( mentre qualcosa è santo, di qui la questione di purità od impurità che i poveracci paganisti odierni con i loro sbertucciamenti non comprendono ) ed è SOLO IL DIVINO che può darsi “centralista”, intendendolo come Verità Universale ovviamente Una e Giusta!
          Di conseguenza cessa di esistere la politica.

          Lo sfruttamento allora…deriva dall’ignoranza, dall’odio (ergo maligna inclinazione ) e dal vizio.

          I sistemi quindi sono solo una sintomatica conseguenza…

          p.s. il sacedote dà il sacro a Dio poiché tutto è sacro al sacerdote ( in teoria ). La santità è altro dal cosmo…

          • Andrea Di Vita scrive:

            Per Daouda

            Dove nel tuo post ‘ignoranza’ riassume immagino il concetto ‘ignoranza dell’onnipresenza immanente del sacro’. Data la quale, non esiste dialettica se non illusoria e peccaminosa, nè quindi politica. Ove viceversa esiste la politica, esiste lo sfuttamento. Logicamente ne segue che ”il berlusca è tanto di sinistra quanto forza nuova”.

            Tutte le figure sono allora marionette di carta velina, con la sola eccezioni di due soli protagonisti reali e tangibili: il sacerdote e il suo popolo pro-fano = ‘davanti al tempio’, dove il sacerdote fa da ponte (pontifex, appunto) per conto del popolo fra l’onnipresente ed immanente sacro e cio’ che è santo perchè dichiarato tale dalla designazione divina.

            Ci ho azzeccato?

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Daouda scrive:

              precisazioni :
              Il problema è quando le gerarchie esteriori non coincidono con le gerarchie iniziatiche…

              Immanenza onnipresente del Santo che determina il sacro.Essendo tutto sacro, il profano non è fuori dal sacro, ma fuori dal Santo.
              Il sacerdote è allora pontefice.

              In definitiva hai azzeccato.

              Il problema quindi è quando le gerarchie esteriori non coincidono con le gerarchie iniziatiche…

          • Rock & Troll scrive:

            La società tradizionale era quella dove il nobilastro di turno passava gli zoccoli del suo cavallo sul tuo campo appena seminato, e poi si portava tua figlia appena adolescente tra le fratte, e tu non potevi dire né a né ba.
            E questo era il meno peggio.
            Il peggio erano gli armigeri del nobilastro rivale, che il campo te lo saccheggiavano, e oltre alla figlia ti violentavano moglie e sorella e quant’altro, e se gli veniva l’uzzolo o volevano far capire al tuo nobilastro che non stavano scherzando, ti appendevano all’albero più vicino, magari dopo averti fatto qualche lavoretto con la spada.

            Aah, la società tradizionale!
            Siamo stati davvero stolti a essercela lasciata alle spalle!

            • PinoMamet scrive:

              Per questi motivi, appunto, non ho grande fiducia quando si parla di “Tradizione” o tradizioni: singolari o plurali, minuscole o maiuscole.
              A volte (un numero di volte decisamente preoccupante) le tradizioni fanno semplicemente schifo.

              PS
              Apprezzo le semplificazioni per capirsi, però il “passato” (dico passato perché non si capisce bene che epoca stai descrivendo, diciamo genericamente il Medioevo) non era esattamente così.
              Poteva però assomigliargli molto.

            • Francesco scrive:

              Beh, quel nobilastro veniva meno alla sua funzione sociale, che era “sacra” e sola dava al suo potere la legittimità.

              Non mi pare così poco.

              • Daouda scrive:

                Esatto.

              • PinoMamet scrive:

                Francesco

                che funzione sociale ho io? Nessuna. Arricchirmi, far star bene la mia famiglia (ma nessuno mi obbliga) e godermi la vita.

                Che funzione sociale aveva il nobilastro? Ma nessuna!! esattamente come me.
                Questa della funzione sociale, per non dire “sacrale”, è una palla, è una cosa che piace raccontarci a noi.
                E già che ci siamo, non è mai esistita nessuna Tradizione con la T maiuscola.
                Una roba molto comoda da tirare in ballo quando fanno notare che il passato mitico a cui si vuol tornare, guarda un po’, era una bella merda: “ehi, ma quella non era la vera TTTTradizione, la vera Tradizione era una cosa fighissima”.
                Già, peccato che non la si trovi da nessuna parte, come l’araba fenice.
                Sono esistite invece le “tradizioni”, che sono ‘na roba tutta diversa.
                Allora finché le tradizioni sono indossare un cappellino particolare, o un modo di dire simpatico, o una festa che ricorda un antico atto di eroismo o di bontà: eccomi. Sono il più grande difensore delle tradizioni sulla piazza.
                Se invece sono il perpetuarsi di un’ingiustizia sociale, per piccola e insignificante che sia, sono il disprezzo o la chiusura per chi ha un accento diverso, sono il bigottismo e la ottusità mentale elevati a sistema, allora affanculo le tradizioni.

                Allora senz’altro il Medioevo era meno buio (e più regolamentato) di come ce lo sintetizza Rock&Troll con efficace capacità descrittiva: ma grazie, no, non voglio tornarci.

                Ciao!

              • Francesco scrive:

                La tua domanda iniziale denuncia la tragica situazione in cui NOI oggi ci troviamo, una situazione che nè il passato nè, in larga misura, in non bianchi, condividono. Il solo fatto che la domanda ti paia assurda e bugiarda ci dice quanto è profonda la fossa che ci siamo scavati.
                Questo non mi spinge a rinnegare la libertà/responsabilità personale ma a dolermi della sua perversione in relativismo, arbitrio, nulla, morte.

                Ciao

            • Daouda scrive:

              Ciò è talmente indubitale perché eri presente vero?

              Ad ogni modo queste sono USURPAZIONE e quindi non siamo davanti ad una scoeità tradizionale SE queste usurpazioni divengono sistema.

              • Andrea Di Vita scrive:

                Per Daouda

                ”sistema”

                Ho sentito la stessa argomentazione in bocca a dei nostalgici del fasci che difendevano salo’, o dei nostalgici di baffone che difendevano il gulag. Se è qualcosa porta immancabilmente a quella che si conviene chiamare ‘degenerazione’, i casi credo siano due: ‘o quella non è degenerazione, o quella cosa è marcia.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Francesco scrive:

                “immancabilmente”

                trovami qualcosa che esista e che non abbia dato luogo a degenerazioni, mio caro

                ciao

  6. Andrea Di Vita scrive:

    Per martinez

    ”L’azienda di Verona, dove avere idee comuniste era semplicemente impensabile, somigliava molto di più all’Unione Sovietica che ai luoghi comuni su come dovrebbe essere una “libera impresa”.”

    A sempiterna dimostrazione che in URSS era appunto impensabile avere idee Comuniste. Cio’ indipendentemente dalla sorte di un Bucharin o di un Preobrahzenskij, dipende dal fatto che la dittatura del Partito è l’opposto della marxiana ‘alleanza dei produttori’

    ”Vivremmo nel migliore dei mondi possibili, se solo ci comportassimo secondo le regole.”

    E’ il pensiero alla base di quasi tutta l’industria culturale, nostrana e masticabibbie.

    ”Se penso che il problema sia solo qualche comportamento peccaminoso individuale, assolvo il sistema. E quindi per quante chiacchiere io possa fare, non metterò mai in discussione le cause stesse delle malefatte che denuncio. Ora, se io, invece di chiedermi i motivi per cui le cose vanno storto, mi limito a dire che è colpa di Tizio o di Caio, oppure delle idee dietro cui lui si ripara, mi trasformo in uno sputasentenze che si crede di essere dio – il motivo per cui i liberal all’americana stanno giustamente antipatici a tanti.”

    Concordo.

    ”Chi lavora per l’Azienda Unica, lo fa per non morire di fame. I soldi parlano chiaro, e quindi non è necessario arrivare a livelli sovietici di retorica; ma spesso ci si avvicina; e il controllo incalzante sulle persone supera probabilmente quello nei rilassati e oziosi collettivi degli operai russi di una volta. ‘Chi vive dentro un’azienda, in genere tace e china la testa; mentre parla e scrive chi non ci vive. A discettare di politica e del mondo sono in genere giornalisti venduti, oppure piccoli operatori gratuiti che non hanno contatto diretto con il mondo imprenditoriale, che pure decide le sorti di tutti noi.”

    Concordo entusiasticamente. Non a caso Fantozzi piacque moltissimo ai dissidenti Sovietici che ebbero la possibilità di vederlo.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  7. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Scusa Miguel ma quello che sta succedendo in Cina e in India non dimostra esattamente il contrario?”

    La domanda è importante, perché il punto cruciale del mio discorso è la cecità dei progressisti italiani di fronte alla realtà dell’imperialismo.

    La mia non vuole essere in alcun modo una critica ai ribelli (per ora uso questo termine neutrale) arabi , che mi sembra si stiano comportando con grande coraggio e hanno ragione a prescindere da come andrà a finire.

    La mia è una riflessione sul fatto curioso che ci siano tanti – persino il neocon Wolfowitz, per ultimo – che in Occidente proclamano la loro simpatia per i ribelli.

    Ora, il progressista dichiara simpatia per queste rivolte perché – a suo avviso – non porrebbero la questione dell’imperialismo, ma solo questioni politiche interne, e quindi sarebbero “buone”.

    Non è facile il calcolo finale di “chi guadagna” sul mercato globalizzato.

    In sostanza, guadagnano ovunque i ricchi, mentre i poveri perdono i mezzi storici di sussistenza. In alcuni paesi, come l’India, si diffonde anche un certo ceto medio, in altri – come gli Stati Uniti – sparisce. Ovunque cresce il ceto di quelli che non si possono chiamare proletari, perché a nessuno interessano nemmeno le braccia che hanno da vendere. E su questo tema, entra in crisi anche il marxismo, perché uno che non interessa nemmeno come schiavo non può dirsi appartenente a una “classe”.

    A me, che non sono economista, basta guardare la realtà di un paese come il Messico, dove certi aspetti della globalizzazione, legali e non, hanno certamente arricchito un numero considerevole di persone; che però è molto inferiore al numero dei contadini distrutti dalle importazioni dell’agricoltura industriale statunitense o dei negozianti ridotti alla miseria da Walmart.

    Allo stesso tempo, è vero che la delocalizzazione in Messico ha impoverito milioni di statunitensi – licenziati o costretti ad accettare contratti enormemente peggiori – riducendo in qualche modo la differenza tra il lavoratore messicano e quello statunitense.

    Credo che sia facile giocare con le innumerevoli variabili che ci sono in ballo, per costruire tabelle dove si vede i paesi poveri che “migliorano” o che “peggiorano”.

    Ma la realtà resta quella.

    • giovanni scrive:

      Ovunque cresce il ceto di quelli che non si possono chiamare proletari, perché a nessuno interessano nemmeno le braccia che hanno da vendere. E su questo tema, entra in crisi anche il marxismo, perché uno che non interessa nemmeno come schiavo non può dirsi appartenente a una “classe”.

      veramente Marx è così interessato a queste persone che ne parla anche nel Manifesto

      “Il sottoproletariato, questa putrefazione passiva degli infimi strati della società, che in seguito a una rivoluzione proletaria viene scagliato qua e là nel movimento, sarà più disposto, date tutte le sue condizioni di vita, a lasciarsi comprare per mene reazionarie. “

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per giovanni

        ”sottoproletariato”

        Nel suo ‘Ebano,’ Ryszard Kapuscinski dice quasi la stessa cosa delle masse di giovani Africani sottocupati. Dice che a principale questione del mondo delfuturo sarà cosa fare di tutte quei cervelli e le sue braccia. La cronaca di questi giorni, con le sue milizie mercenarie Africane a Tripoli, sembra darci una risposta.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

    • Francesco scrive:

      Miguel

      mica ho capito dove, nella tua lettura del Messico, sta l’imperialismo. Mi pare piuttosto un “classismo internazionale”, con i Padroni che stanno meglio sulle due rive del Ri Bravo e gli Sfruttati che stanno peggio.

      Che poi, da economista, possa dirti che ti sbagli è un’altra storia

      Ciao

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Andrea

    “Concordo entusiasticamente. Non a caso Fantozzi piacque moltissimo ai dissidenti Sovietici che ebbero la possibilità di vederlo.”

    Vedrai che i lettori di questo blog si divideranno tra quelli che conoscono le aziende – come te – e quelli che non le conoscono.

    Ora, io ritengo che chi non conosce le aziende non si sia perso nulla: la vita è breve e non credo affatto che bisogna “provarle tutte”. Ho conosciuto sessantottini che hanno bruciato le loro vite andando a lavorare in fabbrica per “imparare la vita vera”. E almeno in fabbrica, c’era spesso un bell’ambiente alla leghista, di persone autentiche.

    Mentre nell’azienda post-moderna, c’è il puro orrore umano: in questo momento sto traducendo un “management report” di una multinazionale del cotone, dove pagine sulla guerra per i terreni fertili tra produttori di cotone, produttori di “biofuel” e i miserabili che ancora li usano per fare cibo, si alternano a immaginette di bonazze in posa yoga con la scritta “La fibra per le persone che si sentono tutt’una con la propria anima”.

    Quindi, non mi si fraintenda: non dico che “io conosco la vera vita”, come facevano certi operaisti in anni fortunatamente lontani. Non auguro a nessuno di finire in un’azienda.

    L’azienda non è la “vera vita”, ne è la radicale falsificazione.

    Il problema però è che l’azienda decide delle nostre vite. Non è uno sfondo neutrale, come fa finta di essere.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per martinez

      ”orrore umano”

      Posso replicare citando la newletter di una nota multinazionale operante nel settore della Difesa che in una pagina squaderna la foto formato paginone Playboy il suo ultimo elicottero stile Rambo3 e la pagina dopo pubblica una splendida foto della comunità francescana sponsorizzata dall’azieda (giuro)

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Che elicottere? Un Mangusta ultimo modello? credevo avessero smesso di lavorarci, visto che non lo comprava nessuno.

        Bravi i francescani, che trasformano lo sterco del demonio in concime del bene!

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Francesco

          ”Bravi i francescani, che trasformano lo sterco del demonio in concime del bene!”

          …come disse l’ajatollah in visita all’impianto di arricchimento di Natanz… 🙂

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  9. Daouda scrive:

    L’obiettivo è l’uniformità globale.
    E’ ovvio che il cinese si deve “americanizzare” mentre l’americano deve “cinesizzarsi”.

    Facciamo un giochino: si imponga un salario uniforme mondiale ed un livello tecnico paritario in tutto il pianeta…si vedrà che le industrie convergeranno tutte in Europa.
    In soldoni ecco il dilemma: meglio un cinese che prende 1 euro al giorno oppure è meglio un cinese morto?
    Tutto ciò ovviamente esula da quel che ognuno può pensare dell’industrialismo, della globalizzazione e dell’imperialismo, che io chiaramente condanno.

    Comunque questo articolo mi sembra la solita ipocrita “presa di coscienza” della sinistra.

    • Francesco scrive:

      Non è un obiettivo, è un fatto.

      Con la tecnologia e la politica (più la prima che la seconda) che tolgono di mezzo barriere tra gli uomini, gli scambi SPONTANEI portano ad una relativa uniformità economica.

      Quanto relativa, lo mostrano le differenze tra Canada e Stati Uniti: a mio giudizio abbastanza ampie da uccidere nella culla ogni timore di “marmellata mondiale indistinta”.

      E’ colpa di Marx se alcuni fatti sono soggetti a valutazioni politiche? e conseguenti costosissimi esperimenti in “volo degli asii”?

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Daouda

    “Comunque questo articolo mi sembra la solita ipocrita “presa di coscienza” della sinistra.”

    Io non ho nulla contro alcun gruppo umano, quindi faccio le dovute eccezioni.

    Ma parlando generalmente, meno vedo “la sinistra”, meglio mi sento. E non mi entusiasma venire chiamato “di sinistra”.

  11. Daouda scrive:

    Però considerando che ,per quanto mi riguarda, considero Berlusconi di sinistra come Forza Nuova, tu non è che faccia molto per non dartici di sinistra…

    Dò un senso molto ampio e preciso di sinistra. Scusami.
    Cercherò di non usarlo più in modo così leggero e saccente.

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Daouda

    “Dò un senso molto ampio e preciso di sinistra. Scusami.”

    Beh, sei originale… di solito sono quelli di sinistra che chiamano “destra” qualunque cosa stia loro antipatica, mentre quelli di destra corrono a dirsi di “sinistra” 🙂

  13. p scrive:

    scusa miguel, ma hai letto chi fa parte del proletariato nel “capitale” di marx? ci sono dentro pure i “ladri e le puttane” d’una nota canzone censurata in quell’espressione.p

  14. Ritvan scrive:

    Miguel, a proposito di arabi….qualche lacrima la vogliamo versare pure per quelli che stanno “resistendo” e morendo a centinaia sotto i colpi dell’aviazione di Gheddafi? Oppure la cosa vale solo se gli aerei hanno la bandiera a stelle e strisce (o la stella di Davide, a scelta)?

  15. Daouda scrive:

    Ma infatti Miguel quelli di sinistra accusano la destra di quel che fanno loro e la ingiuriano con quel che sono loro.
    Se loro vedono destra dappartutto è perché è sinistra dappertutto. E’ un metodo facile che ha le sue limitazioni fà risparmia da molte magagne…

  16. Moi scrive:

    Scusa Miguel, ma da quando gli Arabi (che poi sarebbe più corretto dire Nordafricani) sono diventati “negri”* ?

    ___

    * Io “Neri” l’ ho sempre inteso e voglio continuare a intenderlo come “Fascisti” …

    • Daouda scrive:

      Forse da quando, commerciando gli schiavi al di sotto del sahara, hanno favorito un certo mescolamento?
      Oppure per il semplice mescolamento dovuto alla “pressione” di questi ultimi?

      Ad ogni modo gli arabi, gli egizi, i berberi , i magrebini, i nubiani NON SONO NEGRI.
      Mischiati coi negri, ma non sono negri.

      • PinoMamet scrive:

        Io le tue teorie razziali ancora le devo capire, comunque i nubiani sono da sempre piuttosto scuretti (anzi, direi scuri forte) mentre i berberi più “puri” dovrebbero essere piuttosto chiari e rossicci di capelli (come tali descritti e raffigurati dagli Egizi).

        Fatti loro: da quel che ho capito, qui si è usato “Neri” nel suo senso genericamente razzista di “chiunque non sia né simile, nè particolarmente simpatico a me” 😉

        • Daouda scrive:

          Ma non è che sò mie Pino.
          E non è che lo affermo io che è bene stare con quelli della propria razza.

          Gli Arabi appartengono ad una razza che fà parte dei bianchi.Uguale gli iranici. Uguale gli anatolici. Uguale i magrebini.
          Il problema è che da una parte ci sono state influenze mongoloidi (oriente a nord e sud a centro ), da un’altra quelle negroidi ( africa bianca , arabia e pakistan-india, america ) oppure amerindie ( in america ).

          D’altronde indoeuroepi e semiti hanno una comune origine e non è un caso che la Profezia affermasse che Jafet avrebbe abitato la casa di Sem e Sem avrebbe dominato su Cam ( cam non sono i negri ) .

          Una religione generale è necessaria quando le razze di una famiglia si fanno più vicine, lo stesso dicasi per l’affermazione del Dio Unico d’altronde, visti i tempi.
          Quale sarà allora la soluzione per il miscuglio di tutte le razze tra tutte le famiglie?
          La “Gerusalemme celeste”, la “Roma Eterna”, facile no!
          Prima però dobbiamo avere il miscuglio.

  17. jam scrive:

    ….società conservatrice , cioé che conserva i vizi.
    Una società NON puo essere conservatrice e virtuosa, la virtù esige il dinamismo, meglio l’immobilità nel movimento, quindi si muove: tradizione é futuro, non il passato.
    Per conservare bisogna mettere additivi, alias dogmi ideologici, che alterano la virtù x’ la rendono ipocrita, il futuro invece é “conservat” tramite la continua ricerca, non le conserve.

    Una bambina egiziana nata tre gg. fa si chiama Facebook. In onore al ruolo del net nella rivoluzione di Piazza Tahrir. Vorrei dire che facebook non rappresenta solo un progresso tecnologico, ma una possibilità di comunicare, facebook é una terra, nella quale gli uomini possono diventare non solo più cretini e alienati, ma anche più intelligenti. Cambiare “azienda” presuppone il desiderio di un comportamento diverso, migliore, le persone stupide non vogliono cambiare azienda, quindi cio’ implica un avanzamento culturale dell’individuo. In questo momento i popoli arabi stanno dimostrando il loro livello culturale, cioé sono molto di più che sempici marionette di governi post-coloniali, e non si stanno facendo ammazzare x’ vogliono la macchina più bella o la televisione, ma perché vogliono la loro dignità ed il loro diritto alla libertà.
    Evidentemente in questi paesi arabi si usa il net in modo diverso! Non solo consumisticamente. Non a caso in Libia in questo periodo, da venerdi scorso, hanno tolto l’accesso al web x’ vorrebbero togliere l’accesso alle idee ed alla solidarietà senz’altro rivoluzionaria x’ non accetta più l’ingiustizia …Non dimentichiamo che la rivoluzione egiziana ha fatto quasi 400 morti! Troppi! E purtroppo altri sanno morendo in questo istante in Libia e non solo….

    ciao

    • Moi scrive:

      Ma chi ha chiamato la bimba “Feisbukk” (che fa più arabo) lo sa che l’ ha inventato un ragazzino Ebreo ? … O meglio, non se ne fa un problema ?

      Forse mi sbaglio, ma mi sembra che nei Paesi Islamici viga spesso l’ infausta equazione iperfilopalestinese Ebrei = Sionisti … ma spero di sbagliarmi.

    • Daouda scrive:

      Mi sembra alquanto ridicolo che conservazione divenga sinonimo di immobilità oppure negazione del cambiamento.
      Dinamismo , che semmai è opposto a staticità, può assumere significati tra i più svariati ed inoltre è troppo associabile a tempo lineare che è contraddittorio al tempo ciclico di ogni civiltà tradizionale ( che mai esclude l’avanzamento temporale , si potrebbe intendere tempo a spirale… ), quindi non comprendo proprio le tue critiche Jam, se non perché le leggo ipotizzando che vai a cercare il pelo nell’uovo ovunque e considerando che per te tutto deve essere permeato d’Amore ( e dovresti notare una contraddizione in questa frase se fosse realmente così , altrimenti ti riduci a “pis end lov”, e quindi una mia presa in giro canzonatoria nei tuoi riguardi ).
      Ora.
      Io suo internet. Uso l’automobile.Uso il telefono e molte altre cosette.
      Innanzi tutto la consapevolezza che tutto ciò esiste contraddicendo la legge di Dio sull’usura già mi mette tristezza.
      In secondo il sapere che sono immerso in questa baraonda per testarmi e provare la mia fedeltà ( assicuro : alquanto misera ) è fonte di neutralità ed impegno.
      In terzo luogo sapere che così deve essere affinché tutto si compia , questo è veramente fonte di gioia.
      Ossia:
      Non esiste diritto alla libertà nel chiedere la democrazia.
      Esiste il diritto alla libertà nel chiedere la democrazia.
      Non esiste libertà che non si guadagni e diritto che non meriti indifferenza.

      Si applichino tali schemi ad ogni esistibile e si smetterà di utilizzare “toni” perentori.

      Se io affermo che qua sono tutti infami , è ovviamente sotto un certo punto di vista relativo.
      Ciò non significa che non esistano gerarchie, anzi.
      Ogni relatività ha il suo collocamento semmai…Perché altrimenti non avremmo , per definizione, la legge di Dio ( che in realtà mai è legge ma è sempre e solo un consiglio per tornare ad essere con l’essere quel che si era nell’essere ).
      Di conseguenza anche uno stragista ha le sue ragioni, e sicuramente – ciò è indubitabile – se compie una strage fà bene perché Dio lo ha voluto dacché accadde e perché logicamente fare il male è un’impossibilità.
      Anche io , diversa-mente , giungo a dire che tutto è Amore.
      Ciò nondimeno affermo che la guerra o la persecuzione siano doverose in vari casi, cosa che non leggo troppo spesso in giro.
      Ciò non dimeno condanno assassinio, ruberie , oppressione, malainclinazione e mi stupirei che si tendesse a chiamare CONSERVAZIONE quel che distrugge , ossia il peccatto nelle sue varie declinazioni.

      Ma si sà che ognuno legge quel che vuole leggere, come ognuno scrive quel che vuole scrivere.
      Lecito l’uno, lecito l’altro, lecito le pippe mentali che ognuno di noi rimbrotta qui, per la gioia di chi ha qualcosa da ricavarne, sia quel che sia.

  18. Miguel Martinez scrive:

    Per Rosalux

    Grazie, bello!

  19. Peucezio scrive:

    Miguel, splendido articolo!

  20. Daouda scrive:

    Questo video palesa come , in definitiva , sarà il mondo islamico la punta di diamante del NWO.

  21. Moi scrive:

    Vivremmo nel migliore dei mondi possibili, se solo ci comportassimo secondo le regole.

    [cit.]
    ______

    Miguel, lamenti di esser troppo prolisso ma … magari involontariamente, hai appena fatto un’ ottima sintesi della propaganda del PD, con chiara allusione che se le cose van male è perché Berlusconi alle regole non ci vuol stare. Su tutta la linea.

  22. PinoMamet scrive:

    “La tua domanda iniziale denuncia la tragica situazione in cui NOI oggi ci troviamo, una situazione che nè il passato nè, in larga misura, in non bianchi, condividono. Il solo fatto che la domanda ti paia assurda e bugiarda ci dice quanto è profonda la fossa che ci siamo scavati.
    Questo non mi spinge a rinnegare la libertà/responsabilità personale ma a dolermi della sua perversione in relativismo, arbitrio, nulla, morte.

    Ciao”

    Francesco

    ti rispondo qua per facilità di scrittura.

    Vedi, non è che la domanda iniziale, su quale sia la “nostra” funzione sociale, mi sembri assurda perché io sia, poniamo, particolarmente bastardo; per perversione personale o perché la società moderna mi ha fatto così.

    No; è che mi sembra assurda perché lo è. Metti pure che io sia un bastardo pezzo di merda; ok; embè, e perchè il nobilastro in questione non poteva esserlo?
    Fidati: lo era, dieci volte più di me.
    Se non lo era, era scelta e merito individuale: tale e quale a San Luigi che combatteva con la lancia capovolta, per non uccidere i nemici. Bravissimo, che dire: l’hanno fatto santo.
    Ma, bada bene, non hanno fatto santo tutto il Medioevo!

    Non facciamo questo errore di mitizzare un passato che non esiste, dandogli pregi e caratteristiche (quello ad esempio di una coscienza di una “funzione sociale” che avrebbe, in sostanza, fatto andare tutti avanti in armonia e felici e contenti) che non ci sono mai stati.

    Peggio, spesso chi tirava in ballo questa funzione sociale (attribuendola magari, in fin dei conti, a Dio stesso, con un atto che a me sembra di deplorevole superbia e di proterva usurpazione) lo faceva per perpetuare proprio situazioni di disparità e oppressione nelle quali né io né te vorremmo vivere.

    Una potrebbe dirmi, “ah, ma non sarebbe dovuto essere così”; “se invece fosse stato diverso, se invece ci fosse stata la Tradizione…”

    si tratta di periodico ipotetico dell’irrealtà, e tengo come buona norma di non utilizzarlo quando si parla di storia.

    Ciao.

    • Francesco scrive:

      Non mi sono fatto capire.

      Mi spiegherò abolendo però avverbi e clausole limitative, sennò sarebbe troppo facile.

      L’idea del ruolo sociale di ciascuno è fondamentale per vivere insieme.
      Nella società pre-rivoluzione francese, questi ruoli erano definiti, con i loro diritti e doveri, privilegi e oneri, e costituivano un sistema rigido e difficilmente mutabile. Non ha nessuna rilevanza che il singolo nobile fosse un poco di buono, da questo punto di vista. Se non adempiva ai suoi doveri e esorbitava dai suoi diritti, il sistema lo metteva al bando, in teoria.

      Oggi nessuno sa più cosa è bene fare, lo stesso rispetto della legge è insufficiente a garantire al soggetto che sta facendo la sua parte. Per molti resta solo da vivere come lupi (non quelli veri, che vivono in branco, quelli homo homini lupus). Il che è insufficiente per vivere bene, direi per vivere e basta.

      Ci vuole una patologica dose di autorefenzialità e sociopatia per accontentarsi, e le conseguenze sociali sono devastanti.

      Ciao

      • PinoMamet scrive:

        Ho capito il tuo punto, carissimo Francesco, ed è più o meno la risposta che mi aspettavo anche di ricevere;

        però no, non sono d’accordo. Il sistema pre-Rivoluzione francese, quello, chiamamolo così, “tradizionale” o “della funzione sociale”, non era in realtà diverso, che possiamo chiamare “della legge”, o “del Codice civile”.
        Si poteva “sbagliare” là come qua, adesso come allora.

        Non è che adesso siamo più spaesati di allora. Questa mi sembra una di quelle teorie che si tirano sempre in ballo quando si propone un ritorno al passato.
        Nessuno sa più cosa fare, mi si dice: ma cosa significa, Francesco??
        Che all’epoca sapevi cosa fare perché, se nascevi servo della gleba, ci morivi? è questa la bellissima Tradizione alla quale vogliamo tornare?
        Via…
        prendiamo in analisi le obiezioni

        -o non è questa; ma allora, quale?? dov’è?? ce la inventiamo di volta in volta come ci pare..
        -o mi si oppone che le cose erano diverse e più positive, e allora vuol dire che quelle erano negative, e allora vuol dire che è giusta la società nostra, egualitaria e “spaesata”, e non quella di allora;

        ma poi, a dire il vero, erano molto più spaesati all’epoca che oggi.

        Che infatti, era assai più semplice che il sistema di allora mettesse al bando il morto di fame, piuttosto che il nobile “che sbagliava”, prima di tutto;
        perché ogni sistema tende a conservarsi, e quello, che era INGIUSTO, si conservava nella sua ingiustizia;

        e poi, di fronte a un sistema palesemente ingiusto, c’era chi veniva a parlare di ordine sociale voluto da Dio…

        No, no, niente da fare. Mi tengo la Rivoluzione Francese, caro Francesco, ma dieci volte.

        Ciao!

        • La società prerivoluzionaria dell’assolutismo era già antitradizionale, perché appunto aveva eliminato quel nesso posizione sociale-funzione che invece era stato teorizzato fino ai secoli precedenti. L’assolutismo e la centralità del Re avevano fatto già a pezzi il ruolo della nobiltà che adesso era diventata una casta di mantenuti privi di un reale ruolo sociale (avevano molti privilegi, ma nessuna funzione effettiva: niente potere politico, nessun ruolo militare). La vecchia teoria del signore che deve essere mantenuto perché fornisce protezione, infine, ormai non valeva più già dal Quattrocento, quando i sovrani ricorsero ai mercenari piuttosto che agli improvvisati eserciti feudali.
          In definitiva, società tradizionale è un’espressione che va usata con le adeguate cautele se non si vuole che sia priva di significato.

          • Francesco scrive:

            Concordo, l’Assolutismo regio è il seme della rivoluzione francese.

            Posso però ribadire che l’idea della funzione sociale dei ruoli (quella di Agrippa) è antica e molto più che una semplice menzogna di chi sta in alto nella scala sociale.

            La legge ha un ruolo molto limitato nel definire i ruoli, i diritti e i doveri. Dice di non rubare, non dice per quale motivo il contadino coltiva la terra, il fabbro realizza oggetti in metallo e il monaco prega (e la donnaccia batte e così via).

            Non è la stessa cosa di morire servi della gleba se ci si nasce. faccio notare.

            Ciao

        • Francesco scrive:

          Ma se non puoi appellarti a Dio, perchè il sistema sociale e (molto più rilevanti) i comportamenti individuali siano giusti, e nel caso ribellarti agli abuso in Suo nome, che puoi fare?

          Blaterare di libertèegalitèfraternitè sapendo che sono parole in mano a chi ha il potere? Sono più schiavi del potere i figli di Dio o i cittadini della Repubblica?

          Bella domanda, devo pensarci.

  23. Daouda scrive:

    Pino tu sei furbo e parecchio.

    Innanzi tutto nessuno vuole tornare al passato.

    In secondo luogo il sistema pre-rivoluzione francese non era Tradizionale affatto. Come può essere tradizionale l’assolutismo monarchico? Il profitto usuraio? Il corporazionismo protetto? L’eresia religiosa? ecc ecc

    In terzo luogo oggi non è diverso da ieri Pino e qui sta la tua ipocrisia. Anzi l’immobilismo sociale è aumentato.Ieri guardavi all’ Europa, oggi al mondo, ed è peggio, troppo peggio.

    In quarto luogo non comprendo per quale motivo un servo della gleba non dovrebbe essere tale.
    Tu credi, insolentemente, che i servi della gleba non dovrebbero esistere.
    Il problema è quando il servo della gleba non dovrebbe essere tale, o quando un cavaliere sarebbe dovuto essere servo della gleba…

    Basterebbe sapere che, in quest’epoca oscura, i privi a fare torto dovranno essere gli alti gradi, inadatti oppure obnubilati. Poi saranno i bassi gradi.
    Siamo al secondo punto, ed è evidente che ciò significa PIU’ OPPRESSIONE e PIU’ CONFUSIONE.
    Ciònondimeno significa maggiore vicinanza alla fine escatologica.

    Quindi il tuo attegiamento partigiano non ha senso.

    Nelle civiltà tradizionali sane chi non adempie alla sua funzione viene scacciato. Il Medioevo d’altronde termina o con la distruzione dei templari o con il grande scisma d’occidente.
    E possiamo, storia alla mano, affermare che si stava meglio allora che oggi, soprattutto perché il fine umano non è astratto ma reale, della realtà al suo massimo grado, ossia l’unione con Dio.
    Quest’epoca non favorisce affatto questa possibilità e ciò dovrebbe far stare ogni chiacchiera a zero, anche se paradossalmente, proprio perché i tempi sono vicini a conclusione, molti potranno guadagnare con poco quel che un tempo costava più fatica.

    Dio lo sà.

    Il fatto che tu scelga la rivoluzione francese è sintomatico. Non c’è da giudicare il pathos che ti muove che forse potrà esserti da garanzia di salvezza , ma la tua incapacità intellettuale nel notare gli illogismi che si sono ingenerati da quella simbolica data.
    Scritto ciò, proprio perché, ribadisco, aspettiamo la fine e nessuno vuol riproporre l’improponibile, i tuoi discorsi digitali non hanno mordente.
    Sembrano le lamentele di chi ha scelto una vita di rischi e poi vorrebbe che le conseguenze di quei rischi gli venissero estinte.

  24. PinoMamet scrive:

    Vabbè
    Daouda guarda, io dalla tua prospettiva capisco tutto; e ti do persino ragione. Però la tua prospettiva è tua.
    Di tutte le obiezioni mie che (dalla tua prospettiva) hai distrutto, hai evitato però (perchè sei furbacchiotto anche tu, caro il mio Daouda) l’unica fondamentale, cioè che questa beneamata Tradizione esiste sì, ma solo dentro la tua testa; e che il Medioevo gli assomigliava pochino, se non altro perché nessuno andava a chiedere al servo della gleba “ti trovi bene così, o non staresti meglio da nobilastro profittatore? Facciamo a cambio?”

    Perciò l’insolenza non è mia, che vorrei tutti a pari livello, ma tua, che li vorresti a livelli diversi; e guarda, a me andrebbe anche bene che questi livelli li scegliessi tu; purtroppo nella Storia, e non nella Tradizione, i criteri sono stati ben altri, arbitrari e pessimi.
    Scelti non da Dio, ma dal Principe di questo mondo.

    Dovresti rivedere le tue priorità: il Kaliyuga non è oggi o domani, ma sempre.
    (anche la salvezza, però).

  25. PinoMamet scrive:

    Comunque siamo molto meno in disaccordo di quanto sembriamo.

    Ciao!

  26. PinoMamet scrive:

    Forse Daouda

    (e grazie a te, Francesco, Andrea, Rock eccet.; perchè a scrivere mi diverto)

    è il termine “Tradizionale” che non mi soddisfa, in ultima analisi. Una Tradizione come quella che dici tu, e che io credo di intuire, anche senza averla presente nei dettagli, non mi è stata “tràdita” da nessuna parte: solo sue approssimazioni, sul cui grado di somiglianza all’originale ideale possiamo anche disquisire, ma in definitiva imperfette.

    Perciò a chiunque (non sei tu, e lo abbiamo chiarito) mi dica di tornare a una di questa approssimazioni, io oppongo il mio rifiuto: sento puzza di fregatura.
    Non mi vogliono fare andare “avanti”, verso un ideale (a parte la mia diffidenza verso gli ideali, ma lasciamo perdere); vogliono farci andare “indietro”, verso qualche altra forma di oppressione ,diversa da quella di oggi, ma sempre oppressione, e sento puzza di tornaconti.

    Ciao!!

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per PinoMamet

      Concordo in pieno. E ti regalo la seguente chicca d’antologia:

      ”Il ragazzino siciliano ucciso all’arma bianca da un altro ragazzino siciliano per contendersi una femmina, come poteva capitare ai loro nonni, e ai nonni dei loro nonni, e ai nonni dei nonni dei nonni. fa riflettere sulla permanenza, non solo nel nostro Sud , di pulsioni e culture arcaiche che nessuna rivoluzione poo o hi-tech o rap riesce davvero a scalfire: quelle sono croste esteriorei, il nocciolo è irraggiungibile. Quando si parla i ‘radici’, molte delle quali ci sono care ci danno orientamento nel caos post-moderno, bisogna avere in mente anche queste luride propaggini, nutrite di ignoranza e di dolore: il vero sogno rivoluzionario sarebbe reciderle, e pazienza se insieme alle radici infette se ne taglia anche qualcuna buona. I nostalgici della tradizione lamentano i nostritempi confusi e immorali, ma omettono di dire che l’ordine che si rimpioange era spesso carico di sopraffazione e di sangue: disordinato a sua volta, dunque,tanto quanto sono disordinati la violenza e la morte. Il relativismo etico ha molti demeriti, ma il merito di non portare coltello.

      Michele Serra – La Repubblica, 3 agosto 2010”

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        >> Il relativismo etico ha molti demeriti, ma il merito di non portare coltello.

        Ma mentire spudoratamente non è più peccato? i coltelli non volarono mai quanto lo fanno oggi, che il relativismo etico ha abolito le regole di sbudellamento.

    • Daouda scrive:

      La tradizione Pino è oltre le forme e di conseguenza è Una in sé dacché ciò che supera la forma, la vita, il numero, lo spazio è infallibile.
      Possiamo dire che, ad ogni modo, che Dio solo è quel che serve ( DA NOTARSI : Dio solo è quel che serve…stile “lavanda dei piedi” ) e che la tradizione rimane la comunicazione e non ha alcuna sussistenza in sé.
      Non si tratta quindi di idolatrare ma di comunicare giust’appunto la verità, i mezzi adatti affinché Dio non rimanga nascosto.

      I se ed i ma non valgono nulla.
      Ognuno ha quel che ha , da cui può quel che può , e và bene così.
      Non è un fine la bella vita.
      I mezzi tradizionali sono poi degenerati da poco rispetto alla storia di questo ciclo…era d’altronde necessario per alcuni versi, scontanto per altri poiché tutto deve “deflagrare” : morire.
      Eppure il Signore non ci ha lasciati soli.
      E’ proprio per questo che, quando la casa brucia, non conviene perdersi in null’altro che scappare e salvarsi la pellaccia aiutando chi si può, se possibile.

      Se quindi capisci che io non affermo alcun ritorno dovrebbe esserti scontato che sbeffeggiare ed avvertire contro i socialisti pro-“islamici” odierni è cosa buona e giusta, anche se non servirà che marginalmente, e ciò è chiaro.

      Per quanto mi riguarda, non sono io che voglio tutti diversi.
      E’ una semplice evidenza, un’ovvietà.L’esistenza , pur nell’ambito spirituale, è per definizione gerarchia.
      Non sono certo io a dover decidere.

      D’altronde è invalsa una strana abitudine che fà credere che l’individualità possa dire la verità quando, a rigore, è la verità che si esprime per mezzo dell’individualità.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Daouda

        ”Dio solo è quel che serve…stile “lavanda dei piedi””

        Come dice il meraviglioso Giustino Durano ne ‘La vita è bella’ di Benigni: ‘Dio è servitore’. Il suo personaggio sostiene che il mestiere del cameriere è fra i più vicini all’essenza stessa della Divinità. Forse, Daouda, riesco a seguirti: ma continuo a non capire perchè sia così necessario che ci sia una verità che traspare dietro l’individualità, qundo l’individualità è tutto quello che abbiamo. Vedo i cavalli, non vedo la cavallinità.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Daouda scrive:

          Semplice ( con tutto quel che etimologicamente significa)-mente( con l’accenno alla menzogna incluso dacché parlarne è sviare)…semplicemente perché l’Assoluto non-è, è ed esiste tutt’assieme.
          E’ impossibile che non sia, difatti è, seppur dire che è ( e ciò implica l’esistenza) a sé non basta poiché ugualmente non si limita al solo essere poiché ciò che è ha ancora una determinazione: è.
          L’Assoluto non ha determinazioni ed è innegabile…ossia TUTTO non può essere detto non-vero poiché difatti io dico il vero, mentre la verità si esprime tramite me.
          L’ndividualità non è uccisa dal Tutto, ed a rigore, neanche è una parte del tutto poiché affermare che il Tutto abbia delle parti è illogico.
          E’ per questo che non si può essere panteisti , oltre al fatto che il panteismo è immanentista il ché è altrettanto illogico.
          Come poter giustificare il fatto che allora il mio me sia il mio me?
          Perché ciò è possibile e tanto basta, affinché Tutto sia Tutto e NULLA sia escluso ( e stessa cosa per il concetto di male, basta pensare ad un male assoluto : – x – = + ).
          Se c’è gradualità vi è anche l’estinzione di questa poiché tutto prevede tutto e per avere estinzione di deve contrarre.
          A ciò si pensi con il grande Origène.

          “Ognuno è dio di sé stesso, il Sé è il Dio di tutti”

        • Francesco scrive:

          Con Socrate ti chiedo: come fai a chiamarli cavalli allora?

  27. mirkhond scrive:

    A proposito di ingiustizie antico regime, qualcuno ha mai sentito parlare dei Cagots, popolo d’incerta origine e vissuto sui Pirenei, e considerato alla stregua dei Paria indiani, fino alla Rivoluzione Francese?
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per mirkhond

      Non ne sapevo niente. Tu e Wikipedia mi avete dato un’altra riprova dei benefici della Rivoluzione.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  28. mirkhond scrive:

    Neanch’io ne sapevo niente fino a ieri sera, quando, navigando in internet, mi sono imbattutto in questo popolo sconosciuto, il quale è al centro di un nuovo romanzo di Tom Knox, lo scrittore britannico ossessionato dagli incroci razziali e dalla genetica, e del cui romanzo di esordio, Il Segreto della Genesi, parlammo alcuni mesi fa.
    ciao

  29. jam scrive:

    …il termine tradizione, ha cambiato di significato é diventato obsoleto ed equivoco, rappresenta ormai una realtà storica del “basso mondo” della dunia, é lo specchio opaco, una materia spirituale, con lo spirito adulterato.
    Il termine tradizione é diventato un termine commerciale, come sincretismo, termini che dicono tutto x non dire più nulla.
    Tradizione, non é più un termine morale-spirituale al top.
    Le usanze tribali, o le vendette, sono abitudini storico culturali tradizionali, ma non certamente tradizione. La tradizione dei filosofi-metafisici é quella dei prototipi ed archetipi divini, quella del corpo di resurrezione, ed é fuori dal tempo, pur essendo nel tempo, é un’altro tempo.
    E non ha nulla a che vedere con le gerarchie delle caste o della società divisa in classi, dei re principi e cavalieri, cosi come vorrebbe farci credere Guénon, che é un grande erudito, ma non un sapiente.
    Tradizione in senso puro esiste solo nella ierostoria o metastoria, é una caratteristica della profezia della santità e della storialità, ma bisogna cambiarle nome, certamente nella ierostoria i termini troppo terrestri e inquinati da desideio di potere e quindi senza “potenza” subiscano una metamorfosi, io la chiamerei piuttosto l’Uomo Universale: al’insan ‘al kamil ecc…
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      ”Le usanze tribali, o le vendette, sono abitudini storico culturali tradizionali, ma non certamente tradizione.”

      Lo dici tu. Non puoi mica scegliere fior da fiore. Chesterton, ne ”L’ortodossia”, ammonisce gli adoratori della Natura che pregano il Sole di giorno a pregare anche le zanne delle belve la notte: Sole e belve fanno parte della stessa Dea. Analogamente, non puoi dire ‘questa è Tradizione’ con la ‘T’ maiuscola, e ‘questa è tradizione’ con la ‘t’ minuscola. Se io per assurdo adorassi la televisione in quanto tale, e non cio’ che mi puo’ offrire volta per volta, mi dovrei tenere sia Piero Angela sia il Grande Fratello. Quando si ama, si ama pregi e difetti inclusi, perchè sono quelli della cosa amata. Non puoi separare l’Induismo dal rogo delle vedove, come l’Islam dal rogo della biblioteca d’alessandria e il Cristianesimo dai pogrom. Quale che sia la tua fede, fàttene carico per intero: non scaricare il barile.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Ritvan scrive:

        Caro ADV, dovresti aggiornare un pochino (la sacra:-) Wiki ti garba?) le notizie un pochino:-) tendenziose che il tuo caro agitprop della Casa del Popolo ti ha fornito a suo tempo – nell’ambito della tua educazione ateistica – su biblioteca di Alessandria e pogrom. La prima distruzione della sullodata biblioteca risale al tempo di Giulio Cesare: o che per caso dobbiamo associare paganesimo/Roma al suddetto infausto evento?:-). E anche i pogrom antiebraici sono stati fortemente avversati dalla Santa Romana Chiesa del tempo (come il buon Francesco ti dovrebbe confermare).
        P.S. Se non ti ravvedi, allora ti “associo” comunismo e gulag: cuntent?:-)

        • PinoMamet scrive:

          A onor del vero, la biblioteca di Alessandria andò a fuoco una prima volta nel 48 a.C. durante disordini provocati da (o contestuali a) l’assedio operato da Cesare; probabilmente fu un fatto incidentale, o comunque non voluto da Cesare
          (ho letto che anzi fu lui a impegnarsi, ad assedio finito, a ricostituire la Biblioteca);

          poi, attorno al 400 d.C., alcuni anni prima degli stranoti fatti di Ipazia, una folla cristiana distrusse (stavolta assolutamente di proposito) il Serapeo, che fungeva anche da sede “distaccata” della biblioteca;

          infine nel 642 furono le truppe arabe a distruggere la biblioteca, anche qui di proposito (la tradizione pervenuta parla di dubbio del conquistatore o generale arabo, che avrebbe chiesto conferma sul da farsi al califfo Omar; il quale califfo avrebbe ribadito la necessità di distruzione del sapere “pagano”).

          Per quanto riguarda i primi pogrom anti-ebraici, non escludo affatto l’atteggiamento che dici tu, da parte della Chiesa, ma giova ricordare che tra i primi e più importanti ci fu appunto quello scatenato dai cristiani di Alessandria d’Egitto (sempre nel contesto del Serapeo, Ipazia, ecc. ecc.)

          Ciao!

          • Ritvan scrive:

            Caro Pino, quella che tu chiami graziosamente “la tradizione pervenuta” (a proposito del saccheggio di quel che restava della biblioteca alessandrina ad opera dei conquistatori arabi) è solo una leggenda metropolitana. La storiella del califfo Omar che nel 642 d.C. avrebbe ordinato
            il rogo della Biblioteca d’Alessandria, sostenendo che se quei libri dicevano
            le stesse cose del Corano erano superflui e se dicevano cose contrarie erano
            dannosi, viene riportata da un certo Bar Haebreus (1226-1286),
            vescovo cristiano, nel suo libro “Chronicon Syriacum”, ovvero ben 6 secoli dopo
            i fatti e senza uno straccio di documentazione d’appoggio, pertanto oggi gli storici
            seri – compreso Bernard Lewis, EBREO e non certo simpatizzante dell’islam – sono tutti concordi nel ritenerla una bufala. E’ vero che la biblioteca fu danneggiata e molti libri distrutti, ma un edificio pubblico appena conquistato da rudi soldatacci del VII secolo d.C. e desiderosi di alloggi confortevoli:-) che altro poteva aspettarsi, purtroppo?

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Ritvan

          Mi ravvedo, mi ravvedo 🙂

          Pero’, ahimè, non cambia la sostanza di cio’ che ho scritto. Così, l’Islam non ha brillato per tolleranza granchè più delle religioni ‘concorrenti’. Ad esempio, la sparizione quasi totale del Cristianesimo dal Medio Oriente è dovuta anche a una serie di violente persecuzioni da parte Islamica (cfr. Philip Jenkins ‘The Lost History of Christianity’, testo citato da Martinez qualche mse fa in questo stesso blog).

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Ritvan scrive:

            Caro ADV, non mi diventare fallaciano anche tu adesso: fra la tolleranza religiosa dei musulmani e quella dei cristiani nel Medioevo c’è un abisso.
            P.S. Oggi, in Nigeria tribù di pastori musulmani e agricoltori cristiani se le danno di (poco) santa ragione e per motivi che con Allah o Gesù c’entrano ‘na cippa. Naturalmente:-) i discepoli odierni del tuo amato Jenkins parlano di “persecuzioni a danno dei cristiani” in Nigeria:-)

  30. Daouda scrive:

    BUONA PARTE DEL POPOLO ISLAMICO E’ PURAMENTE BIANCA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Che vor dì gli arabi? che c’entra il sapone che il colore della pelle non fà assolutamente il “bianco”?

    Comunque…le usanze ed i costumi non sono tradizione se si vuol essere rigorosi. Chi trasmette errori o consuetudini inveterate per via di una discostanza o deviazione dai principi propaga semplicemente cose diaboliche ed insensate.
    Non vedo proprio dov’è il problema.
    A questo punto è inutile parlare di spiritualità, di Dio, di culto, di religione,di sacro dacché tutti questi termini sono stati snaturati del tutto. Se siamo coerenti con quel che proponi Jam dovremmo star muti ( e non è che sia poi così malsano! 🙂 ) .

    Io invece non vedo perché si debbano lasciare i termini subire questa degradazione. Non può essere tradizionale quel che è scisso dalla rivelazione, tutto il resto è mera consuetudine che può, a rigore, venir ricondotta nel solco tradizionale.
    Se non capita non si può definire tradizionale solo perché uso invalso da millenni.
    Non ha senso.

    Per il resto non sta a me sancire chi sia sapiente o no.
    Scrivere che l’organizzazione in caste sia una questione meramente sociale questo è sì anti-tradizionale ignorandone i fondamenti dottrinali.
    Il ché, sia chiaro a tutti, non significa affatto che tale dottrina sia deteriorata e che quindi l’abuso sia divenuto endemico, ma ciò non autorizza a negarne il fondamento.

    Tradire : trans dere ossia = consegnare al di là.
    Trasmettere : trans mittere = mandare al di là.

    Cos’è quest’al di là? Perché consegnarlo o trasmetterlo? Chi può consegnarlo o trasmetterlo? Chi può riceverlo?Come farlo?

    Mi sembra tutto alquanto ovvio e preciso.

    Se si vuole si potrebbe anche cambiare il termine. Certo. Ma sarebbe più utile usare i termini con il loro senso proprio non associandoli a cose idiote.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Daouda

      ”Il ché, sia chiaro a tutti, non significa affatto che tale dottrina sia deteriorata e che quindi l’abuso sia divenuto endemico, ma ciò non autorizza a negarne il fondamento.”

      E’ proprio qui che non siamo d’accordo: ti elogio per avere evidenziato il punto, che ai miei occhi rifulge come un faro nel’apparente notte del tuo linguaggio solo superficialmente oscuro.

      I Romani dicono che ‘l’abuso non toglie l’uso’, cioè: SE una norma, una legge, un diritto ecc. sono validi ALLORA non diventa meno valida perchè se ne abusa.

      La tua affermazione, proprio come il detto dei Romani, presuppone che esista un Valore Originario di una qualche Dottrina.

      E’ col tempo e la consuetudine, che la malafede/stupidità degli esseri umani hanno imbrattato e oscurato questa Dottrina.

      Ora, la premessa è arbitraria.

      Io dico che non c’e’ bisogno di alcuna Dottrina Originaria.

      Hai più volte accennato al fatto che la Dottrina è auto-evidente. a io ti dico che il suo essere auto-evidente non la rende vera, perchhè l’auto-evidenza vive solo all’interno di un linguaggio, e ogni linguaggio ha i propri ineliminabili limiti.

      Su queste cose solo una proposta è condivisibile. L’hai scritto tu: ‘dovremmo star muti’.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Daouda scrive:

        Ma principalmente è perché non sono capace a scrivere e mi lascio trasportare un po’ , anche dalla vanitas.

        Comunque sia : la dottrina è verità tradotta e quindi è vera.
        Che sia vera dipende dagli homini in sé e dalla loro traduzione.
        Il fatto che sia vera presuppone che vi si aderisca coìcché può essere più o meno vera nei suoi effetti e non in sé, che lo sarebbe sicuramente.
        O vorresti scrivermi che la verità non è auto-evidente? Di conseguenza cosa è la verità?

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per daouda

          ”O vorresti scrivermi che la verità non è auto-evidente?”

          Esatto.

          ”Di conseguenza cosa è la verità?”

          E’ proprio necessario che la verità sia altro da una utile convenzione linguistica? E se non è necessario, perchè postularlo? Tu stesso scrivi ‘Il fatto che [la dottrina] sia vera presuppone che vi si aderisca’. La verità è tale in quanto i si aderisce: è un fatto sociale. L’esatto opposto di qualunque cosa si voglia far passare per ‘autoevidenza’

          Ciao!

          Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        perchhè l’auto-evidenza vive solo all’interno di un linguaggio

        a me pare che l’auto-evidenza preceda qualsiasi linguaggio, infatti nessun linguaggio può dimostrarla, essendosi essa già prima affermata per evidenza

        mi pare un sofisma, assai ridicolo, voler ridurre l’esperienza al comunicabile tramite un un liguaggio: se voglio “spiegarti” che la Bellucci è gnocca non te lo dico, te la faccio vedere

        idem per la bellezza di un’alba

        ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Francesco

          Secondo me, proprio la Bellucci dimostra che hai torto. Se la fai vedere a un marmittone diciottenne allupato in astinenza ha un effetto completamente diverso che se la fai vedere a una bambina o a un omosessuale. Certamente l’effetto sul diciottenne è incomunicabile alla bambina: mancando l’esperienza in comune ai due, tale effeto è semplicemente intraducibile. Allora per ammettere (con Cartesio) che l’autoevidenza preceda il linguaggio devi postulare arbitrariamente che vi siano osservatori privilegiati rispetto agli altri, che il diciottenne ‘ci veda più chiaramente’ della bambina.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  31. Pingback: Streaming | ItaliaShare

  32. jam scrive:

    ..x Andrea
    ..si agli alchimisti, l’alchimia é sorella della profezia,
    no agli apprendisti stregoni,
    si ai sapienti, no agli eruditi…
    non si tratta di fare una distizine fra t maiuscola e minuscola, é una questione ontologica di ta’wil, di esegesi, riportare le cose alla loro origine! La ricerca spirituale é come la matematica o l’alchimia, se salti certi passaggi arrivi al risultato sbagliato.
    Gli stessi primitivi quando parlano dei loro modi e costumi sono consapevoli della decadenza rispetto al totem-antenato, e la quotidianità dei saggi é una continua ricerca, della verita non alterata.
    Danze e riti anche se sono decaduti, in certi “luoghi” non lo sono affatto…
    Nelle fedi sincere, non in quelle false, più che scaricare il barile….eggià occorre inventare un nuovo linguaggio…:
    si usa piuttosto dire, pulire il barile, le danze dei primitivi servono anche a pulire, le preghiere hanno anche uno scopo catartico, la ricerca incessante, il barile lucidato a specchio, affinché la luce danzi le sue teofanie sul legno eterno della “croce” l’albero sacro…
    al tramonto l’uccellino
    era un derviscio roteante
    l’infinita giravolta dei suoi trilli
    apriva le porte dei cieli
    (sotto i piedi il derviscio calpesta le falsità nascoste nel linguaggio, e cerca l’essenza degli archetipi)
    ciao
    ….

    • Daouda scrive:

      Se si usano i termini appropriati a scardinare ed poi assestare la razionalità occidentale ( ma credo ormai in tutto il globo ), già da Platone amante del discorso , portiamo alla new age oppure a quel che volgarmente è nominato come luciferismo.
      La cosa è oltretutto molto probabile.

      Ciò non vuol significare che ovviamente ci siano mezzi diversi e financo migliori, sia di farlo che di scriverlo che di intenderlo.

      saluti

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      ”si ai sapienti, no agli eruditi…”

      Questo è uno slogan, e come tale non descrive una realtà di fatto: esprime un (condisibilissimo) auspicio.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  33. jam scrive:

    …l’inquisizione é luciferismo
    ciao

    • Daouda scrive:

      Parecchio sì ma anche no ( con tutte le distinzioni del caso tra secolare e clericale, cattolica e protestante poi ), comunque non mi riferivo a quello , mi riferivo alla questione della dialettica , robba tipicamente occidentale.

      salute

  34. Z. scrive:

    Approposito di Gandhi.

    Il Consiglio Nazionale Forense ha intrapreso una campagna a favore del ripristino dei minimi tariffari e per l’abolizione del patto di quota-lite.

    Allo scopo ha reperito alcune frasi di Gandhi, dove il Mahatma dichiara di non aver mai condizionato (anzi: di non ricordare di aver mai condizionato) le proprie parcelle all’esito della sua causa.

    E finisce così:

    Quando capì che bisognava agire in difesa dei diritti dei più deboli
    e decise di dedicare la sua vita alla causa della giustizia,
    quando decise di opporre giustizia all’ingiustizia, non violenza alla violenza,
    Ghandi era un avvocato.

    Stavo per far notare agli astanti che probabilmente lo era anche quando festeggiava la caduta di Parigi complimentandosi con Hitler. Ma poi ho letto meglio e ho capito che stavo per dire una gran fesseria.

    Gandhi era quello che si complimentava con Hitler. L’avvocato, quello che opponeva giustizia all’ingiustizia, non violenza alla violenza, e parcelle fisse al patto di quota-lite, era il ben più celebre GHANDI!

    😆 😆 😆

    Z.

  35. Pingback: A occhio e croce siamo nella merda | Diario della crisi libica « Valerio Mele

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *