E festeggiano pure…

Cardroc (Kerdreg) è un paesino qualunque della Bretagna. Poche case di pietra, i tetti di ardesia, la pioggia e i campi.

Non ha mai avuto più di qualche centinaio di abitanti.

Ecco cosa hanno spremuto a Cardroc, come a tutti i Cardroc d’Europa, durante il Grande Delitto.

cardroc«La data del 4 novembre – ha scritto Maurizio Ridolfi nel volume “Le feste nazionali” – è l’unica presente nei calendari civili dei sistemi politici – liberale, fascista, repubblicano – che si sono susseguiti nell’Italia del ventesimo secolo».

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96 risposte a E festeggiano pure…

  1. mirkhond scrive:

    Il 4 novembre in Italia è funzionale ad un sistema unitario che sta facendo acqua da molte parti.
    Inoltre è una vittoria prefascista e quindi diventare un collante di consenso sempre più fragile per una casta di destri/sinistri ex fascisti ed ex comunisti.
    Quanto ai Bretoni, poveracci. Mi chiedo se oggi esista un movimento locale che rivendichi il ritorno ad una qualche forma di autonomia come c’era prima del 1789.

  2. Moi scrive:

    Veramente, in Italia, la “festa” del 4 novembre fu cassata dopo il “famigerato” 1977 come “roba da fascisti” e a reintrodurla fu Ciampi in nome della “Concordia Nazionale”, dopo che qualcuno “di sinistra”, Pansa in primis, scoperchiò l’ “Altra Faccia della Resistenza” … l’ episodio più violento di cui si abbia notizia è stata la crocifissione, stimata dalle autopsie in 5 (!) ore di agonia, di un certo Walter Tavoni, 15 anni … inchiodato, volutamente solo ferito, ad un portone sull’ Appennino Emiliano.

    “Naturalmente” ci sono anche degli Irriducibili che non solo sono compiaciuti delle vendette partigiane, ma anzi le ritengono insufficienti per numero e intensità.

    Questo per dire che c’ è un legame indissolubile tra le due guerre mondiali …
    _____________
    http://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_delle_Forze_Armate

  3. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    Grazie…

    sulla “altra faccia della Resistenza”, penso che ci sia il solito problema che avviene con tutte le mitizzazioni. Se partiamo dal presupposto che la Resistenza sia stata fuori dalla storia, fuori dalla normale violenza umana, crolliamo appena si scoprono episodi come quello che giustamente ricordi.

    Un crollo che assume la forma, o della perdita di fede (“se un partigiano ha fatto così, allora tutta la Resistenza è criminale”) o della demonizzazionde in malafede della critica (“chi tira fuori fatti del genere è pagato da Berlusconi per infangare la democrazia”).

    Io propongo un altro approccio – la Resistenza italiana è storia.

    E va confrontata con quello che è successo in altri paesi nello stesso periodo (ad esempio in Jugoslavia, 1941-1945); e con quello che è successo in altre guerre civili (ad esempio sempre in Jugoslavia, 1991-1995).

    Credo che la Resistenza italiana ne esca, certamente non sovrumana, ma piuttosto decentemente umana.

    Se si tiene presente questo, ben venga il revisionismo sulla Resistenza. Ben venga anche il riconoscimento che la Resistenza non è la “memoria” di tutti gli italiani, ma solo di una parte, anzi solo di una parte degli italiani del Nord.

    Purché si riconosca che ne è venuta fuori una Costituzione piuttosto buona.

    Ma tutto il discorso è falsato dal fatto che oggi il ricordo della Resistenza viene fatto sparire. Non sostituito da ricordi di “Destra”, che sono poco influenti; ma da un altro mito, quello dell'”antinazismo”.

    In due parole:

    1) mito della Resistenza: il popolo ha preso le armi per ribellarsi a ingiustizie sociali e a un’invasione straniera

    2) mito dell’antinazismo: un pazzo ha voluto fare stragi, non si sa perché, in nome del “totalitarismo”, poi sono arrivati gli americani e ci hanno salvati.

    Sono entrambi sistemi mitologici, ma preferisco di gran lunga il primo. E non è un caso che la Destra, che non ha mai accettato il mito della Resistenza, accolga con calore il mito antinazista.

    • Moi scrive:

      Qualcosa di molto simile avviene ora contro il Risorgimento, visto che ci si accinge a festeggiare 150 anni di Unità d’ Italia.

      In pratica si è saltati di botto dalla melassa del Libro Cupre di De Amicis al revisionismo neoborbonico, che non aveva mai coinvolto le masse (!) meridionali prima del libro “Terroni” di Pino Aprile [di cui consiglio lettura], che non risparmia paragoni (citando fonti delle epoche) fra Cialdini e Custer, tanto per capirci, e ben illustra l’ origine “savoiarda” del rapporto mafia / politica e del divario Nord – Sud, Sud che dapprima era fiorente ma in appena un lustro di Savoia lasciò ai suoi sudditi migliori il destino “o brigante o emigrante”. E si parla anche del carcere preventivo piemontese di Fenestrelle come prototipo di tutti i campi di concentramento.

      E poi naturalmente la comprensibilissima polemica dei crani lombrosiani al Museo del Risorgimento di Torino, con pseudoscientifica esposizione di didascalie recanti le presunte caratteristiche di una razza meridionale delinquente per natura …

      C’ è anche da dire che (!) piaccia o no (!) i momenti più coinvolgenti di unità nazionale (almeno di sicuro dopo il 1945) in Italia non li ha creati nessuna istituzione, nessun intellettuale … ma li hanno creati , triste ma vero, due Coppe del Mondo di Calcio : 1982 e 2006.

    • Francesco scrive:

      Sei sicuro sulla consecutio temporum dei due miti?

      Io credo che il secondo mito, al 90% “sono arrivati gli americani e ci hanno salvati” e al 10% dal pazzo totalitario, abbia una storia altrettanto antica e una ampia base popolare.

      I racconti sui salvatori americani mi sanno di “veri” racconti popolari, quanto quelli sui partigiani di costruzione a tavolino (come maggioranza dei due generi letterari, non come 100%)

      Ma in fondo sono nato molto tempo dopo.

      Ciao

      PS la Grande Guerra lasciò ferite non dimenticabili in un mondo che sapeva trattare la Morte. La retorica ufficiale (nazional-militarista o pacifista) è miserabile al confronto.

      • PinoMamet scrive:

        Puoi non crederci e giuro che non lo faccio apposta 😉

        ma racconti popolari riguardanti partigiani, tedeschi, “mongoli”, fascisti ecc., ne ho sentiti decine
        (e non è detto che i partigiani ci facessero sempre bella figura, né che i tedeschi fossero sempre barbari e violenti come da retorica ufficiale);
        di roba sugli americani invece pochissima, tranne il fatto che mia madre andava a scuola con una ragazza di colore, figlia di un americano
        (o brasiliano? o francese? o di qualche posto dell’Impero britannico?)

        Ciao!

        • Francesco scrive:

          certo che ci credo, io parlo della mia esperienza, ascoltando i vecchi e leggendo e propongo una lettura partendo da quella

          ma non presumo certo di avere ragione

          a proposito, racconti sulla resistenza e mito della resistenza sono due cose molto diverse, ne converrai. di mezzo ci vuole la retorica ufficiale

          ciao

    • Peucezio scrive:

      Sì, mi pare una buona analisi.
      Purché però tu ammetta che se la resistenza italiana (cui però si potrebbero muovere altre obiezioni, che non sono il tema di questo discorso, come il fatto di considerare invasore l’alleato militare e combattere quindi fianco a fianco ai nemici, il fatto di essere emersa quando la situazione volgeva in un certo modo e di aver dormito durante vent’anni di regime e per tutta la fase in cui la guerra andava bene per l’Asse) è stata più blanda di altre, anche il fascismo è stato molto più blando di tutte o quasi le dittature contemporanee e di molte di quelle successive.

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    Il movimento indipendentista bretone ha una lunga storia, dove si intrecciano cattolicesimo, anarchismo, gruppi comunisti dissidenti, “celtisti” e una lotta durata decenni contro lo sfruttamento coloniale parigino; con dall’altra parte sia i nazionalisti francesi di destra e tutto l’apparato statalista-laicista della sinistra, comunisti “ufficiali” compresi.

    Oggi la Bretagna è una regione benestante, almeno finché dura il sostegno europeo all’agricoltura; e quindi l’indipendentismo assume forme più miti, come le onnipresenti (e un po’ fasulle) bandiere nazionali o i cartelli bilingui. Sotto questa discutibile forma, direi che il “bretonismo” in vent’anni abbia fatto passi enormi, anzi è probabilmente il pensiero dominante in Bretagna oggi.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Aggiungo che durante la guerra, la maggior parte dei nazionalisti bretoni ha avuto contro, sia il governo centralista di Vichy, sia la resistenza antifascista, per cui si sono trovati bastonati da entrambe le parti nel dopoguerra – cioè dalle vendette dei partigiani e dal ritorno dei vecchi prefetti conservatori e nazionalisti.

    Inoltre, l’anticlericalismo governativo è stato anche molto antibretone.

  6. mirkhond scrive:

    Per Miguel Martinez

    “dalle vendette dei partigiani”

    Perchè, dettero un qualche appoggio ai Nazisti, tipo battaglione waffen ss e simili, o comunque una qualche forma, anche larvata, di collaborazione con l’occupante per vendetta verso l’occupante parigino ritenuto il vero “nazista” dai locali?
    Grazie per le preziose notizie.

  7. mirkhond scrive:

    Sempre per Miguel Martinez

    Ma l’antico idioma celtico, erede del celtico parlato dai Britanni preromani e romani in quella che oggi è l’Inghilterra, dagli antichi Britanni antenati dei Bretoni dicevo, questo idioma oggi sopravvive solo come lingua dei vecchi e quindi avviata all’inesorabile estinzione, oppure è ancora ben viva anche tra i giovani come in parte il Gallese?
    Bretone e Gallese sono affini? Sono in qualche modo mutualmente comprensibili?

    • Moi scrive:

      Che io sappia, la lingua “NeoCeltica” messa meglio è l’ Irlandese.

      “Neo” perché non penso che possa esserci continuità fra secoli prima di Cristo e fine Novecento …

      Cmq il Francese e i “dialetti” della Val Padana presentano vestigia celtiche :

      _ plurale per metafonesi (in questo sono molto più celteggianti i “dialetti padani” del Francese)

      — mi limito ai “dialetti padani”, senz’ altro meno studiati e conosciuti del Francese —

      _ termini come “braga” (pantaloni, termine quest’ultimo in realtà “abusivo”), “scrana” o “scranonn” (sedia) , “briga” (indugio, v.di “sbrigarsi”), “bega” (“piccolo problema” ma anche generico per “insetto”, confronta con “bug” in Inglese), “greppla” (presa, stretta confronta con “to grapple” in Inglese), e poi tantissimi verbi fraseologici come “dèrla sò” (confronta con “to give up” in Inglese), e tanti altri che non mi vengono in mente … ma t’assicuro che esempi del genere sono tantissimi

      • Gino scrive:

        Verissimo.
        In Emilia,dalle parti dell’Appennino tra Toscana e provincia di Reggio gli anziani (quelli poi più vecchi,quelli che viaggiano sui 90 e passa-o meglio quei pochi che rimangono) alle volte sembrano avere anche un accento vagamente “francese”.

      • Peucezio scrive:

        Più che la metafonesi nel plurale, che si trova anche nei dialetti meridionali, io direi la palatalizzazione di ‘o’ (O breve latina, ò romanza), ‘u’ e a volte anche ‘a’, che danno rispettivamente esiti come ö, ü e ä o è, come accade anche in francese.

        • Moi scrive:

          ” ö ” e ” ü ” mi pare che siano tipicamente trans-padani
          ” ä ” o ” è ” mi pare che siano tipicamente cis-padani

          … naturalmente ci sono zone come Piacenza, Cremona e Mantova (ma non credo Pavia) che sono un po’ di transizione.

          • Moi scrive:

            Interessante è anche che in Bolognese “classico” c’ è una via di mezzo fra ” à ” e ” ò ” che è stata resa dai dialettologi “ripescando” la “a con tondino sopra” dello Svedese, così ricorrente nei nomi dei prodotti Ikea. 😉

            http://it.wikipedia.org/wiki/%C3%85_(lettera)

          • PinoMamet scrive:

            “ü” c’è anche nella parte occidentale della provincia di Parma (in una pronuncia chiusa che tende alla “i”);
            mi fate venire in mente ricordi di una antica vacanza nella Francia meridionale/Spagna con amici, con uno di loro in Francia che tentava di parlare francese con un’albergatrice, scivolando inesorabile nel dialetto…
            ma lei lo capiva lo stesso :-))

  8. PinoMamet scrive:

    Miguel saprà risponderti meglio di me;

    a me risulta che bretone e gallese siano abbastanza legati (l’anello di congiunzione è ovviamente il cornico, morto e fatto risorgere in una mezza dozzina di varianti da diversi gruppi), e credo siano stati più o meno mutualmente comprensibili a lungo, ma adesso mi pare siano abbastanza divergenti almeno nella grafia (e suppongo in parte del lessico), quindi, ammesso che un bretone o un gallese si capiscano, credo lo facciano con una certa fatica.

    A proposito di somiglianze tra popoli di cui si parlava nei commenti sotto: una mia giovane amica reggiana è stata un anno in Galles, per uno di quei programmi di studio all’estero; diceva che tutti quanti le si rivolgevano in gallese per chiederle informazioni o fare due chiacchiere, scambiandola per una del luogo.
    Mi risulta peraltro che i gallesi abbiano fama di essere “scuretti” di carnagione, nel Regno Unito.

    Ciao!

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    1) mi sembra che ci siano stati dei volontari bretoni nelle SS, ma non era quello il punto: ricordiamo che fino allo sbarco in Normandia, la Francia era ufficialmente un paese neutrale, e la Bretagna rientrava nella parte occupata, in maniera relativamente pacifica, dall’esercito tedesco – se guardate la stele di Cardroc, vedrete che in basso ci hanno infilato gli appena quattro morti di tutta la seconda guerra mondiale. In questo senso, tutta la Francia è stata “collaborazionista”.

    Una minoranza in Bretagna, legata alla figura ipernazionalista di De Gaulle e quindi al culto della Francia Unita, era attivamente in guerra contro l’occupazione tedesca: gli indipendentisti bretoni erano quindi tra due fuochi, appunto Vichy e De Gaulle, e molti bretoni probabilmente vedevano nei tedeschi un freno a entrambi.

    2) Il bretone, a quello che so, è decisamente in via di estinzione, anche se in questi anni viene esaltato da molti. Non ne so abbastanza per dire se sia mutuamente comprensibile con il gallese; so per certo che il bretone – sorprendentemente – non ha un numero altissimo di vocaboli francesi.

    Sul tema, ho preso il libro di Ronan Barré, Les langue celtiques, entre survivance populaire et renouveau élitiste, ma confesso di non averlo ancora praticamente aperto.

    Invece, ho trovato delle affascinanti memorie di indipendentisti bretoni anni ’70, dove si mescola il ’68, il situazionismo, la cultura parrocchiale cattolica e i primi neo-druidi, con un’analisi marxista del tutto originale.

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Sei sicuro sulla consecutio temporum dei due miti?”

    E’ una buona domanda, e credo che tu abbia in parte ragione.

    Gli americani venivano realmente ricordati per i cioccolatini regalati; come venivano anche ricordati – ma qui la censura è radicale e trasversale – perché si divertivano a mitragliare i contadini per strada.

    Come sono autentici i ricordi dei tedeschi che fucilavano la gente, come dei tedeschi che non violentavano e che pagavano puntualmente.

    Per ovvi motivi, il ricordo della Resistenza è meno diffuso, perché ha coinvolto meno persone.

    Il poveraccio che aveva da ricordare l’americano simpatico con cui faceva affari sul mercato nero, non ha scritto la storia; quello che si è costruito la carriera politica facendo finta di aver fatto il partigiano, l’ha invece scritta.

    Detto tutto questo, però, sto parlando del passaggio ufficiale, mediatico, dal Mito del Partigiano al Mito di Auschwitz, che in Italia possiamo far risalire alla fine della Prima Repubblica, all’incirca.

    • PinoMamet scrive:

      Ecco, io me n’ero scordato e me l’hai ricordato tu:
      la mia parente sfuggita per fortuna a un aereo da caccia che (per divertimento? chi sa) si era abbassato a mitragliare la sua colonna di profughi.
      Americano, dice lei, comunque alleato (non è certo esperta di aerei, però immagino che nella colonna si avrà avuto qualche notizia di cosa succedeva sul fronte).

      Penso comunque che questi racconti popolari siano variati secondo la zona e il periodo;
      da queste parti quelli sugli americani sono pochi (buoni o cattivi) assai più vivi quelli di altri contendenti, ma penso che in altre zone l’equilibrio sia invertito.

    • Francesco scrive:

      1) la Resistenza sarà stata meno diffusa in senso geografico ma non credo abbia coinvolto, se non come protagonisti almeno come astanti, poche persone a nord della linea gotica.
      2) conosci qualche studio su come i popoli dell’Europa hanno vissuto la guerra dei bombardamenti? è un fatto rimosso o quasi dalla storia ufficiale ma non ho sentore che “sotto” ci sia una indignazione popolare nascosta, qualcosa tracima sempre, è una specie di mistero per me
      3) qui ti sbagli, nei miei ricordi è antecedente, la “pompatura” mediatica e ideologica della Shoah inizia prima, come la morte per inerzia della retorica resistenziale: a un certo punto quasi tutti hanno preso atto che non se la filava più nessuno ma direi che siamo prima del 1989

      ciao

  11. Miguel Martinez scrive:

    Per Pietro l’Eremita

    La Bretagna sotto Vichy? Mi sa che ti sbagli!

    Perché? Sto parlando dell’amministrazione civile, non di quella militare.

    • Pietro Eremita scrive:

      D’accordo, in un certo senso erano anche loro sotto Vichy, anche se per quasi tutto dipendevano dai Tedeschi.
      Un dettaglio: il 4 novembre da loro cade l’11. Devono ancora festeggiarlo quest’anno.

      Saluti,
      P. l’ E.

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    Che io sappia, la lingua “NeoCeltica” messa meglio è l’ Irlandese.

    non credo, per quel poco che ne so (ho provato a studiare un po’ di irlandese, uscendo immediatamente e totalmente sconfitto dai problemi di ortografia). Non è servito nemmeno l’appoggio dello stato e della Chiesa, che anzi gli ha tolto ulteriore credibilità.

    Credo che l’unica lingua celtica viva sia il gallese.

  13. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    “Mi risulta peraltro che i gallesi abbiano fama di essere “scuretti” di carnagione, nel Regno Unito.”

    Caterina Zeta Jones.
    ciao

  14. athanasius scrive:

    Conobbi un nazionalista bretone una volta, ma non mi piacque affatto perchè combinava il suo nazionalismo bretone con un certo razzismo pan-europeo ed islamofobia.

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per Athanasius

    Ho visto anche qualche adesivo nazionalbretonista contro la macellazione islamica.

  16. PinoMamet scrive:

    Ma insomma, che ci sei andato a fare a Cardroc? 🙂

    (ok, scusami, sai che sono un curiosone! ovviamente liberissimo di non rispondere, ci mancherebbe!)
    🙂

  17. Miguel Martinez scrive:

    Per PinoMamet

    Ma insomma, che ci sei andato a fare a Cardroc?

    A fotografare la lapide, no? 🙂

    In realtà, scatto sempre foto di lapidi della prima guerra mondiale, monumenti retorici e affini, ovunque li trovi.

  18. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “1) la Resistenza sarà stata meno diffusa…”

    Sì, è difficile dire. Certamente, ha coinvolto solo il nord; solo per un periodo che è durato poco più di un anno. E personalmente, ha coinvolto soprattutto i giovani in età di leva, più numerosi in percentuale allora di oggi, forse, ma pur sempre una minoranza relativa.

    Con questo non intendo sottovalutare nulla. Voglio solo dire che fu un’esperienza relativa e non universale.

    2) sui bombardamenti aerei – vado di fretta, per cui non ho il tempo per controllare i titoli. In italiano, ho un paio di libri che parlano dei bombardamenti in Italia in generale, più alcuni introvabili opuscoli di storia locale; un libro poi che parla dei bombardamenti sulla Germania. Infine, ho un libro in francese sui bombardamenti in Francia.

    A parte gli opuscoli di storia locale, è tutta roba che è uscita solo negli ultimi anni: il silenzio sulle bombe angloamericane (e quelle anglo erano spesso le peggiori) è trasversale e unisce destra e sinistra.

    3) Sulla “pompatura” della Shoah, a livello internazionale e mediatico, hai ragione. Però in Italia, la sostituzione ufficiale credo che risalga alla fine appunto della “Repubblica nata dalla Resistenza”.

    • Francesco scrive:

      sospetto che in Germania la cosa sia diversa e che la “guerra dell’aria” o come la chiamano faccia parte della storia nazionale – magari se lo dicono solo tra loro ma se la ricordano.

      in fin dei conti loro sono stati liberati da se stessi, non dai tedeschi invasori come francesi, italiani, austriaci …

      e scommetterei che la guerra sul fronte orientale, almeno quella difensiva dopo Stalingrado, è stata recuperata fin dai tempi della Guerra Fredda: ti sembra possibile che combattere contro i Russi che puntano a Berlino sia un male (per un tedesco)?

      ciao

  19. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    Ma cosa ti è successo?

    Cominci a fare interventi molto interessanti, al posto delle frecciatine teocon.

    • Moi scrive:

      Guarda Miguel che un cattolico italiano è tenuto a essere distantissimo dai protestannti e massoni statunitensi teocon. E anche dalle controparti “liberal” dei teodem.

      Il punto è che in Italia si stanno idolatrando-applicando terminologie statunitensi teocon / teodem (per “cattolici tradizionalisti” e “cattolici adulti”) neocon / neodem (per “ex fascisti” ed “ex comunisti”) espressione di una realtà statunitense culturalmente dominante, in un rapporto di emulazione da sudditanza psicologica da parte del dominato che “se ci sottomettono è perché loro sono fichi e noi sfigati”.

      Forse la principale differenza con il mondo islamico tradizionalista sta nel fatto che loro non (!) fanno il ragionamento europeo e italiano virgolettato. E neanche con le bombe “se ne stanno buoni e capiti”.

      • Francesco scrive:

        Sul primo punto obietterei all’identificazione tout court tra protestanti e massoni: credo che i primi stiano socialmente anche più in basso dei secondi, che se sono religiosi lo sono formalmente, mentre la religiosità USA è molto viscerale.
        Ma qui chiedo a chi se ne intende.

        Sul secondo punto è ben vero che gli ex-comunisti sono diventati, all’incirca, dei vetero-dem (alla Nancy Pelosi, non alla Bill Clinton) ma si erano già molto pannellizzati (quindi erano già liberal come cultura). Solo Berlusconi riesce a far riemergere lo Stalin che si nasconde nel loro cuoricino.

        Ma gli ex-fascisti non sono granchè neo-con, sono troppo “di sinistra” economicamente. Sulla politica estera invece hai ragione.

        “se ci sottomettono è perché loro sono fichi e noi sfigati”: vuoi dire che rimane del buon senso negli italiani?

    • Francesco scrive:

      non so cosa dirti

      io mi considero un “teocon” consapevole, un occidentalista accidentale (mica ho scelto di nascere a Milano nella seconda metà del XX secolo), uno stalinista di destra moderato (se ammazzi le persone non hai veramente risolto il problema) e così via

      forse la differenza sta tra l’amare e l’idolatrare, tra l’apprezzare “a saldo” di pregi e difetti e il voler vedere solo pregi e in misura illimitata

      magari sono malato!

      😀

      ciao

  20. mirkhond scrive:

    Credo che l’unica lingua celtica viva sia il gallese.

    Ne discutemmo anni fa, durante un ciclo di conferenze sull’Irlanda, con uno storico irlandese, padre Hugh Fenning, sulla tenace e sorprendente resistenza del gallese, tenendo conto della contiguità con l’Inghilterra e della conseguente forte anglicizzazione politica (dal 1282-84) e religiosa (dal 1536).
    Mentre invece, mi disse padre Fenning, l’Irlanda, a maggioranza celotofona ancora nella metà del XVII secolo, e fino alla carestia del 1848 ancora per metà, oggi è un paese anglofono nonostante il tenace cattolicesimo che poi è il vero pilastro dell’identità irlandese.
    Gli irlandesi, tranne circa 60000 persone sulla costa atlantica, sono celti solo per memoria identitaria, non più per lingua, a differenza dei gallesi protestanti e contigui all’Inghilterra.
    Un vero mistero, proprio un vero mistero…

  21. mirkhond scrive:

    errata corrige:
    volevo dire a maggioranza celtofona

  22. Moi scrive:

    \"Buon senso\" ? … \"Servilismo\", direi.

  23. PinoMamet scrive:

    Credo conti il fatto che, paradossalmente, il Galles non abbia avuto dinastie diverse e concorrenti di quella inglese dal Medioevo in poi, mentre la storia delle relazioni tra Scozia e Inghilterra è molto più travagliata; e ancora nel XVIII sec. inoltrato gli inglese si applicarono attivamente a sradicare lingua e costumi “celtici” (furono accettati solo quando completamente innocui).
    Oltretutto la Scozia meridionale parlava da tempo già in inglese, nella sua particolarissima versione ovviamente.
    Quanto all’Irlanda, penso che il colpo di grazia al gaelico sia stato dato dalla famosa carestia che ricordi.

    Il problema che hanno poi le lingue celtiche (io ho provato a iniziare a studiare gallese, ma non ricordo niente) a volerle re-imparare, è che non sono affatto facili (ho le mie idee sul perché) e quindi per i popoli celtici è più facile relegarle a una posizione puramente simbolica.
    Irlandesi chiesti della loro opinione, mi hanno detto che per loro il gaelico, fattogli studiare a scuola (non so se sia ancora obbligatorio a scuola) è stato una gran rottura di palle, peggio che il latino da noi.

    Ciao!

    • Moi scrive:

      Pino,

      perché secondo te le lingue celtiche sono tanto complesse ?

      PS
      … ricordati che un fondo di verità storica nei deliri leghisti c’ è : impossibile che Boica, Senonia, Insubria, Lunezia ecc … non ti dicano niente … visto il tuo interesse per l’ Antichità. E se i dialetti “padani” si chiamano tecnicamente “gallo-italici” un motivo storico c’ è !

      … certo si creano situazioni paradossali, tipo il leghista convinto di poter fraternizzare in Irlanda, Galles o Scozia parlando dialetto ma ben pesto si sente rispondere di “suoi” pizza e mandolino.

      😉

      • Moi scrive:

        http://www.youtube.com/watch?v=5jxuzdSTYHE

        ecco, ad esempio al Parco Ferrari di Modena si svolge ormai regolarmente un revival della Resistenza Celtica contro Roma … dapprima malvista come “leghista”, l’ iniziativa è oramai un evento per tutta la città.

        Certo, fa un po’ “Asterix” (il cui irriducibile villaggio celtico è appunto in Bretagna), ma che male c’ è ?

        Non mancano abilissimi amministratori di sinistra che hanno “sinistrizzato” i Celti Galli Boi , presentandone la Resistenza contro i Romani dello “Ieri Mitico” come se fosse quella Emiliana contro i Nazifascisti di una sorta di “Oggi Eterno”.

        • PinoMamet scrive:

          Mah, nelle finte battaglie tra Galli e Romani non è che veda niente di male se sono fatte a mo’ di ricostruzione storica-barra-archeologia sperimentale
          (ho un amico archeologo che si diletta a impersonare entrambi i popoli, e devo dire che lui e i suoi amici si impegnano molto nello studio e nella ricerca seria della cultura materiale ecc. ecc.);

          certo, leggere il tutto in chiave di Resistenza è paradossale;
          leggerlo in chiave di “Resistenza celtica contro i Romani” è poi, non solo ridicolo, ma anche assolutamente falso per quanto riguarda la storia regionale!

          Ciao!

  24. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    Infatti il Galles dopo il 1284, quando Edoardo I Plantageneto (il re cattivo ricordato in Braveheart) ne mise a morte il suo ultimo sovrano, il Galles dicevo, non mi sembra che si sia rivoltato contro l’Inghilterra e in ciò sta forse la sopravvivenza della sua lingua celtica fino ad oggi. Gli Inglesi, come dici giustamnte, qui non avevano motivi per soffocare il linguaggio di una popolazione fedele.
    Perchè, stando ai tuoi studi, le lingue celtiche sono ostiche, anche per i discendenti anglofoni di quegli antichi parlanti? E’ una barriera psicologica?
    ciao e grazie.

  25. mirkhond scrive:

    Sempre a proposito di celti britannici, alcuni studiosi sostengono che nella Britannia romana, si fosse creata una zona latinofona, situata nell’area sud-orientale, a Londinium e nella valle del Tamigi, e questo latino si stava evolvendo verso un volgare romanzo, quando fu annientato dalle invasioni anglossassoni del V-VII secolo d.C.
    Addirittura andando verso la Cornovaglia, è stata scoperta una lapide, datata al VI-VII secolo d.C. in un latino ormai storpiato e in cui aviene citato un certo ARTOGNU, che alcuni studiosi britannici hanno identificato col mitico re Artù, il quale stando sempre a quel filone di studi che ne sostiene la sostanziale storicità del personaggio, sarebbe stato appunto un nobile celto-romano.
    Nel bretone vi sono tracce di questa latinità britannica, oppure i latinismi sono dovuti solo alla Chiesa e all’influenza francese?
    ciao

  26. mirkhond scrive:

    La lapide è stata trovata a Tintangel in Cornovaglia nel 1998 e il nome citato è precisamente ARTOGNOU.

  27. PinoMamet scrive:

    A me sembra (ma è solo un’impressione, prendetemi con le pinze) che le lingue celtiche attuali siano così difficili da studiare, perché, quando sono sopravvissute, sono sopravvissute soprattutto come lingue parlate, popolari, quasi a livello di dialetto.

    Non è che manchino di letteratura “alta”, anzi, ne hanno un bel po’: ma sempre cose antiche, arcaiche a volte (oppure talmente recenti da poter più influire sullo sviluppo della lingua, già loro stesse pienamente influenzate dai fenomeni di cui parliamo).

    Però la parte “viva” delle lingue celtiche (quando è viva) è quella dello strato basso, quotidiano, con grandi differenze anche locali (il gallese del nord è abbastanza diverso da quello del sud, ad esempio, e anche il poco gaelico irlandese “vivo” ha parecchie differenze tra una zona e l’altra) e piuttosto distante dalle forme letterarie e antiche.

    Questo perché, per le vicissitudini politiche dei rispettivi paesi, nessuno ha potuto imporne, fino a tempi recenti, una versione unificata e ufficiale.

    L’italiano, per fare un esempio, si è sviluppato sì in un paese politicamente diviso e privo di autonomia; però ha avuto fin dall’epoca di Dante un modello sostanzialmente unico (il toscano) e ha potuto crescere e svilupparsi una letteratura “alta” autonoma, in continuo rapporto di scambio (anche discusso, vedasi querelle manzionane varie) con le parlate popolari.
    Insomma, non è che gli autori italiani avessero il dubbio, dovendo usare il registro linguistico alto o ufficiale, di dover passare a una lingua straniera totalmente diversa: gli autori gallesi o scozzesi invece sì.

    Oppure prendiamo il greco: parlato per la maggior parte dei casi in un paese occupato da gente che parlava una lingua totalmente diversa (il turco) e pieno di minoranze di altra lingua (slavi, albanesi, “vlachi” ecc.) è sopravvissuto, in una forma tra l’altro sorprendentemente vicina a quella antica, perché aveva una Chiesa ortodossa che lo manteneva vivo, che lo insegnava, e che perpetuava il legame/scambio tra lingua colta e lingua popolare.

    Ecco, le lingue celtiche mi sembrano nella situazione in cui sarebbe il greco se, paradossalmente, fosse scomparso dall’uso ufficiale (anche solo liturgico, per dire, non c’è bisogno di pensare a uno Stato-nazione) in Grecia, e sopravvisuto solo nella Grecìa salentina, nella Bovesia e magari a Creta, sul Ponto e in Cappadocia:
    avremmo una mezza dozzina di dialetti difficilmente comprensibili tra loro e parecchio lontani dal greco che si studia a scuola.

    In più, i dialetti mi sembrano portati, per loro natura, alla varietà e alla complicazione; mentre nelle lingue ufficiali una certa semplificazione è portata dall’istituzione stessa di una grammatica ufficiale, con regole, eccezioni ed esempi da seguire, i dialetti mi sembrano (ma questa è proprio un’impressione mia) fatti apposta per essere complicati, apprendibili solo da persone che in fondo li parlano dalla nascita, che non hanno bisogno ogni volta di interrogarsi sul perché di una data forma sintattica o sulla sua correttezza, e quindi estremamente mobili, variabili, sia nel tempo che geograficamente.

    Unendo questo a certe logiche celtiche che sono già di loro piuttosto complesse (ricordate da Moi in un intervento più sopra) abbiamo il gran casino che sono le lingue celtiche di oggi.

    Ciao!!

  28. PinoMamet scrive:

    Riguardo ai latinismi:

    nel bretone non so, ma in gallese ne ricordo diversi (già soltanto i nomi dei giorni della settimana, o anche parole come- non ricordo la grafia esatta- “ffenestr” per “finestra” ecc.); penso che i britanni fossero, come comprensibile, già un bel po’ latinizzati all’arrivo degli Angli e dei Sassoni;
    affascinante l’idea dell’isola latinofona londinese!

  29. mirkhond scrive:

    “il greco ….è sopravvissuto, in una forma tra l’altro sorprendentemente vicina a quella antica, perché aveva una Chiesa ortodossa che lo manteneva vivo, che lo insegnava, e che perpetuava il legame/scambio tra lingua colta e lingua popolare.”

    Il più antico cristianesimo presente in Scozia e Irlanda viene considerato celtico (secc.V-VIII d.C.) e lo stesso, almeno in parte tra i Britanni/Bretoni (anche se l’area latinofona intorno a Londinium penso si servisse del latino).
    Anche nella Galizia spagnola svevo-gotica, nei secoli V-VII si formò un’altra Bretagna, ad opera di immigrati e anch’essa con una chiesa celtica che poi si uniformò a quella latina-cattolica del regno visigoto.
    Ora, sarebbe interessante capire se queste chiese celtiche, fossero tali anche per la lingua/lingue liturgiche e il loro uniformarsi al rito latino-cattolico nei secoli VII-VIII, abbia poi contribuito al discorso che hai citato e, favorito, seppure con un lungo processo millenario, la loro scomparsa e riduzione.
    ciao

  30. mirkhond scrive:

    “affascinante l’idea dell’isola latinofona londinese!”

    Se vai su wikipedia alla voce Romanzo di Britannia, troverai notizie interessantissime e sulle quali neppure io sapevo molto, come l’affascinante scoperta della lapide di Tintangel, che ha gettato nuovi indizi si sul latino britannico che sulla storicità di Artù.
    ciao

  31. mirkhond scrive:

    errata corrige:
    nuovi indizi sia

  32. athanasius scrive:

    Canzone in qualcosa che pretende di essere il gallico ricostruito (gallico, non gallese):

    http://www.youtube.com/watch?v=jTCJiWT8avo

  33. PinoMamet scrive:

    Ho trovato il testo googlandolo, interessante, chi lo ha ricostruito?

    è una variante di gallico con la labiovelare indoeuropea con esito in P (pid anzichè quid latino, per intenderci) quindi non dovrebbe essere parente del gaelico ma del gallese;
    comunque ancora molto vicino alle “cugine” lingue italiche (iouintotis gen. femm. credo lo capirebbe qualunque liceale).

    Penso che un bretone o irlandese moderno non ci capirebbero assolutamente niente; per questo faccio notare quanto invece il greco moderno sia rimasto quasi sostanzialmente immutato rispetto a quello antico, che si parlava più o meno quando i Galli parlavano come nel testo (?) del canzone.

    Ovviamente gli ignoranti e i leghisti pensano il contrario, cioè credono che gli scozzesi moderni, poveretti, siano tutti druidi con grandi mantelli a quadretti, mentre vanno in Grecia, non capiscono la pronuncia, e dicono che i greci sono diventati turchi 😉

    • athanasius scrive:

      Non ho alcuna idea, chi lo ha “ricostruito”. Suppongo, qualche linguista. Ma non credo nelle ricostruzioni del genere. Sicuramente i Galli delle Gallie non parlavano così, è ridicolo crederci. Nientedimeno, è bella canzone.

      • PinoMamet scrive:

        Ho fatto i compiti: sono un gruppo svizzero (dal nome ci si poteva arrivare 😉 ), cantano in inglese e in “gallico”, e mi pare che gran parte dei loro testi gallici attinga ai repertori conosciuti del gallico continentale (iscrizioni varie, il calendario di Coligny ecc.).

        Non so quanto siano attendibili, chi lo sa? Tutte queste ricostruzioni (a partire dall’insulsa favola “indoeuropea” della pecora e del cavallo fino al maya “antico” di quel film di Mel Gibson di cui non ricordo il titolo, che mi pare i mayofoni 🙂 moderni non capissero per niente) mi lasciano un po’ scettico, ma chissà.

        Comunque ecco il testo:

        Immi daga uimpi geneta,
        lana beððos et’ iouintutos.
        Blatus ceti, cantla carami.
        Aia gnata uimpi iouinca,
        pid in cete tu toue suoine,
        pid uregisi peli doniobi?
        Aia mape coime, adrete!
        In blatugabagli uorete,
        cante snon celiIui in cete!
        N’immi mapos, immi drucocu.
        In cetobi selgin agumi,
        selgin blatos tou’ iouintutos.
        Nu, uoregon, cu, uorigamos,
        lamman, cu, suuercin lingamos,
        indui uelui cantla canamos!
        Ne moi iantus gnaton uorega,
        iantus drucocunos uoregon,
        cante toi in medie cete.
        Cu allate, papon sod urege,
        eððiIo de iantu in cridie.
        VediIumi: cante moi uosta!
        Ne, a gnata, cante t’ usstami,
        ne uostami, ne te carami.
        Ne carami, nec carasumi.
        Boua daga uimpi geneta.
        Immi trouga, lana nariIas.
        Vrit- me lindos dubnon -piseti.

      • PinoMamet scrive:

        Due note, la prima linguistica:
        imi, o immi come scrivono loro, è senz’altro più vicino al greco che al latino (eimi anziché sum, per capirci);
        il gallico continentale, vedo, aveva almeno una declinazione in -mi;
        canamos è invece “latinissimo” come anche “ne…. nec…”, , poi vedo che c’è un perfetto o aoristo sigmatico (“carasumi”); “ne moi” (non a me, dativo di possesso) suona di nuovo vicinissimo al greco di scuola.

        la seconda di immaginario:
        capisco che la scarsità del lessico disponibile li blocchi, ma mi sembra che questi svizzeri abbiano un immaginario piuttosto “scuro”, più germanico che celtico, volendo.

        Ciao!

      • PinoMamet scrive:

        L’ultima e poi la smetto:
        “mapos” è il cugino di primo grado di “mab” gallese (figlio, giovane) e di “mac” scozzese.
        Ciao!

    • Moi scrive:

      Un momento, ci sono stati anche dei Celti in Turchia , i Galati :

      http://it.wikipedia.org/wiki/Galati

      celeberrima la statua del Galata Morente con il torque

      http://it.wikipedia.org/wiki/Torque

      al collo.

  34. mirkhond scrive:

    Cioè questo sarebbe il celtico parlato nelle Gallie?
    Che cosa vuol dire la canzone?
    Questi Eluvetie sono francesi, bretoni?

  35. PinoMamet scrive:

    Giro anch’io la domanda ad Athanasius,
    comunque il testo della canzone (tradotto anche) si trova su google
    http://forum.eluveitie.ch/viewtopic.php?t=967

  36. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    “capisco che la scarsità del lessico disponibile li blocchi, ma mi sembra che questi svizzeri abbiano un immaginario piuttosto “scuro”, più germanico che celtico, volendo.”

    Concordo in pieno e penso che ciò sia dovuto all’immaginario celtico che si ha, che poi è quello delle isole britanniche mediato dalla cinematografia hollywoodiana di tipo “gotico”.
    ciao

  37. mirkhond scrive:

    Sempre a proposito di immaginario celtico fantasioso, preferisco quello paesano, allegro e godereccio di Asterix piuttosto che queste cupezze nordiche di stampo britannico…

    • Moi scrive:

      Allora ti troveresti benissimo alle Rievocazioni Celtiche del Parco Ferrari di Modena, il Falò agli Dèi serve per fare grigliate e bevute di birra non (!) pastorizzata … degne di Obelix ! 😉 🙂 😉 🙂

    • Moi scrive:

      D’accordo sulle preferenze, ma … quale dei due scenarii è più credibile ?

      “Alla Enya” o “alla Asterix” ? … riflettiamo bene prima di rispondere ! 😉

  38. Moi scrive:

    Questa serie tv “per ragazzi” è di fine anni ’90, e sempre sull’ immaginario celtico fantasioso … notare il “Black Celt” in onore all’ allora nascente “multiculturalismo”.

    http://www.youtube.com/watch?v=o3QW0Op3tFY

    … la serie s’ intitolava “Mystic Knights of Tir Na Nog” … e “Tir Na Nog” significherebbe “Terra di Giovinezza Eterna”.

  39. mirkhond scrive:

    Non saprei proprio dirtelo. Perciò mi riferivo ad un immaginario celtico FANTASIOSO.
    Enya mi deprime, perciò preferisco il fantasioso Asterix…
    ciao

  40. mirkhond scrive:

    Questi Mystic Knights mi ricordano Conan di Cimmeria, il cartone animato più che i film di Schwarzenegger, un mix, diciamo pure un papocchio di celti, germanici, africani e iranici e dove non è chiaro se per Cimmeri si intende l’omonimo popolo forse traco-iranico che, proveniente forse dalla Crimea, devastò l’Anatolia e l’Urartu nei secoli VIII-VII a.C., oppure i Cimri, i Gallesi, secondo una discutibile ipotesi avanzata da celtisti nel XVII secolo e oggi abbandonata dalla storiografia gallese e britannica in genere.
    ciao

  41. PinoMamet scrive:

    Moi,
    il tuo link dice “kickboxing kids Modena imparano a usare la spada dei celti”;
    ora;
    posto che della scherma dei Romani si sa pochissimo, da Vegezio; il primo trattato di scherma rimasto è del 1300 e rotti, diventano più frequenti nel ‘400;

    che cazzo ne sanno i tipi del filmato di come si usava la “spada dei celti”??

    C’è un limite oltre il quale l’archeologia sperimentale diventa marketing e fuffa, e non bisognerebbe superarlo.

    (Idem alcuni gruppi che si occupano di pancrazio e gladiatura, che a volte si lasciano andare a letture un po’ troppo “generose” in termini di tecniche descritte; ma anche loro devono campà, alla fine 😉 ; ma non divaghiamo)

    Ciao!

    • Moi scrive:

      Non lo so, Pino …

      però so che in USA (e dove, sennò ?) hanno fatto un programma tv, “Deadliest Warrior,” presuntamente “scientifico” sui guerrieri antichi (nel senso di senza armi da fuoco) con tanto di atleti in studio, elaborazione di dati archeologici ecc … messi poi in scena da atleti-attori : roba tipo Shaolin Monk VS Maori, Spartan VS Samurai, Apache VS Viking ecc … sul tubo ci sono, forse, tutti.

  42. PinoMamet scrive:

    “Due simpatiche ragazze del piacentino ci guidano alla scoperta del Monticellese d’ Ongina …

    http://www.youtube.com/watch?v=-wygAj2LJws&feature=related

    Moi, anche se Monticelli non è lontana da dove vivo io, ti assicuro che i rispettivi dialetti sono già parecchio diversi.
    Vedo che i monticellesi, come in generale i piacentini, mancano della ä. Anche il lessico ha differenze notevoli.
    Per finire, vedo che nei commenti le ragazze (o chi per loro) tira in ballo la solita fola delle influenze francesi.

    Ciao!

    • Moi scrive:

      Ma perché questa convinzione che i dialetti “gallo-italici” siano tali per esclusive “influenze francesi” è tanto radicata ?

  43. mirkhond scrive:

    “Però è vero anche che buttarla in termini di “fighting warriors” è probabilmente l’ unica via per stimolare un minimo il grande pubblico USA allo studio della Storia …”

    Parlando per me, devo dire che proprio grazie ad alcuni cartoni animati, ho cominciato ad approcciarmi allo studio di vicende storiche cui essi facevano un vago e confuso riferimento, come quel Conan di Cimmeria cui ho accennato in precedenza, e che mi ha portato all’interesse per il mondo delle steppe tra Mar Nero, Caucaso e Mar Caspio, il mondo dei cavalieri nomadi iranici sciti, di cui i Cimmeri furono la prima manifestazione storica di cui si hanno testimonianze, seppur avvolte da qualche vaghezza, nelle tavolette assire dei secoli VIII-VII a.C. e negli scritti di Erodoto.
    ciao

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