Mi Conchita

Di Concha, ho pochi ricordi, che però fondano la mia vita.

Concha era la mia tata, quando ero piccolo.

Pelle scura, abiti tradizionali scuri, capelli scuri, occhi scuri.

Concha veniva dalle montagne di Oaxaca, un mondo lontanissimo dal resto del Messico, che è un paese vasto e vario come l’Europa tutta.

E forse anche di più.

A Oaxaca c’era un formaggio, un cacio, tutto arrotolato, di cui ricordo ancora il sapore.

Oaxaca deve tutto a un piccolo vermiciattolo, che vive nel cactus, e se lo spiaccichi, fa un vermiglio (appunto) meraviglioso, che ha battuto in un solo colpo per qualità il Kırmız, il vermetto armeno/turco che ci aveva dato il cremisi.

Gli europei vollero riuscire loro ad allevare il verme, ma non vi riuscirono, e dovettero cedere il posto agli indigeni: e così Oaxaca divenne uno degli angoli resistenti del mondo, dove l'Occidente non ha mai vinto.

Concha non era per niente giovane, ma nessuno – né lei né lo Stato – sapeva in che anno fosse nata: si diceva, era verso l’inizio del secolo.

Io mi sono sempre detto, anno 1900, ma è una fantasia mia.

Concha era analfabeta.

Le si scriveva su un foglio il nome del negozio dove doveva andare, e lei capiva l’immagine. Ma non imparò mai a leggere o a scrivere.

Quando Concha si lavava, faceva il Baño de monja, mi ricordo solo vagamente che era tutta vestita mentre si lavava, ma nemmeno mia madre capiva come faceva.

Concha mi raccontò due episodi della Rivoluzione.

Nei campi dove la bambina dagli occhi scuri giocava, arrivarano a cavallo degli uomini, e lanciarono ai contadini i soldi appena stampati dalla loro banda.

E in quel momento ho capito, che il denaro vale solo il valore che noi gli attribuiamo.

Siamo a Chapultepec, la collina dei grilli, dove i Bambini Eroi morirono resistendo agli invasori statunitensi.

Sta per scoppiare il temporale, come sempre alla stessa ora d’estate.

Io scavo nel terreno, come fanno i bambini, e la Concha mi racconta…

Il Padrone offrì una grande festa, e tutti poterono mangiare carne.

E alla fine della festa, il Padrone sorridendo disse, “avete mangiato carne umana!”

Concha, Conchita… la cosa più strana è che si chiamava Concepción di nome, e Franklin di cognome. Un misterioso inglese tra gli avi di una india dei monti… Che però, da anche-inglese, mi fa sentire affine a quello sconosciuto avo.

In questi ultimi anni, mentre in Italia ci si lamentava degli autobus in ritardo, nell’Altro-mezzo-del-mio-mondo, in Messico, hanno raccattato molti cadaveri, che non hanno nemmeno avuto la fortuna di essere stati mangiati.

Un braccio di qua, una testa di là, hanno calcolato, in maniera molto approssimativa, 39.000 (trentanovemila) morti ammazzati in Messico di cui non si sa né nome né cognome.

Lo so, son messicani, mica italiani, per cui è stragiusto che non ve ne freghi nulla, ma un pochino colpisce.

E allora, mi è venuta in mente una canzone di Lila Downs, anche lei di Oaxaca, anche lei india, anche lei con un improbabile cognome inglese.

Ora, Lila Downs ha trovato dove esprimersi, presso la bottega di un artista, babbo di un mio straordinario amico, proprio tra quei monti. Un amico molto messicano, ma anche toscano.

Toscani, messicani, assurdamente diversi, ma comunque fuori dal vostro mondo

Odio incorporare video youtube, ma non ho al momento un altro modo per donarvi qualcosa del mondo di Lila Downs,

con la gioia di vivere, la presenza della morte, le statue dei santi, il ricordo di quella figura fuori da ogni schema che fu Emiliano Zapata, la sensualità erotica, i leopardi, i cadaveri, l’idea del santito che siamo tutti noi ma anche gli esseri invisibili che ci contrastano, la via dei miracoli, la magia, i colpi di pistola, la danza, le chiese barocche, la compresenza delle generazioni, l’onnipresenza scherzosa della morte e, sì, la mexicanidad.

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92 risposte a Mi Conchita

  1. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    Mi hai anticipato di poco. Alla fine ti spiego perché. Ma prima alcune domande sono d’obbligo. Tieni conto che, assassinio di Trotzki a parte, l’unica fonte sulla storia Messicana diffusa in Italia sono i prodotti USA, dallo Speedy Gonzales di Pat Boone ai telefilm di Zorro fino a “Veracruz” con Gary Cooper. Poi abbiamo il castello Miramare a Trieste, destinato al quel principe Massimiliano che avrebbe fatto una brutta fine in Messico. Sull’arte va già meglio: so che dopo gli Aztechi ci sono stati Siqueiros e Frida Kahlo).

    a) Di quale Rivoluzione parli? In un vecchissimo numero di Paperino, lui si perde in una cittadina latinoamericana perché tutte le strade si chiamano Calle de la Revoluciòn: la ventiduesima, la diciasettesima, la cinquantunesima. E’ stato la solita sostituzione di un generalissimo con un altro?

    b) Come ha fatto il Messico a perdere così rovinosamente le guerre contro gli USA dei tempi di Santa Ana (nome da me conosciuto da quand’ero ragazzo perché citato all’inizio di “Dalla Terra alla Luna” di Verne 🙂 ). Sembra quasi che fin dall’indipendenza sia sempre stato quel sonnacchioso rimasuglio feudale di miseria, burocrazia, polizia corrotta (“L’infernale Quinlan”), militari infingardi e latifondo che i baldi Statunitensi hanno avuto buon gioco a ridicolizzare. In altre parole, perché il Messico sembra da sempre una irrilevante repubblica delle banane tipo (ancora film hollywoodiani) “Il dittatore dello Stato Libero di Bananas”?

    c) Diego Fabbri, lo studioso di geopolitica ex partner di Caracciolo a Limes, individua nel Messico una delle promettenti potenze del futuro (come e meglio, ad esempio, dell’India). C’è un filmato su Youtube al riguardo. Era di questo che ti volevo chiedere prima di questo tuo post. Forse un motivo è proprio la stabile permanenza di quella “mexicanidad” di cui parli. Ma come si concilia ciò con la spaventosa mortalità (a quanto capisco legata alle lotte fra bande per il narcotraffico) di cui parli, come se Gomorra si estendesse a mezza Europa?

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Ros scrive:

      Andrea Di Vita: “…Sull’arte va già meglio: so che dopo gli Aztechi ci sono stati Siqueiros e Frida Kahlo)…”

      Qui ci sarebbe da dilungarsi parecchio…

      Il contributo del Messico alla storia dell’arte di ieri e di oggi non può essere riassunta in poche righe e nomi, quindi mi limiterò a:
      Octavio Paz nei suoi tanti saggi, e

      “Passione per la vita.
      La rivoluzione dell’arte messicana nel XX° secolo”,
      a cura di Alessandra Borghese e Miguel Angel Corzo, Leonardo Arte 1997.

      Raro ma bellissimo , assai completo e mmmmagnificamente iillustrato.

      FridaKahlo (artista sopravvalutata, e comunista convinta insieme al marito pittore: l’immenso muralista Diego Rivera) e Trotzki furono pure amici e amanti.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      Rispondo a frammenti…

      Un aspetto dimenticato di Massimiliano è che fu l’unico capo di stato del Messico del suo secolo a sostenere le comunità degli indios contro le ruberie dei latifondisti. Addirittura emanava i suoi decreti e proclami in due lingue (spagnolo e nahua).

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “a) Di quale Rivoluzione parli?”

        In realtà la storia messicana è abbastanza lineare: in duecento anni ha avuto meno momenti “turbolenti”.

        1810. La Insurgencia – una complicatissima rivolta in parte “insorgenza” vandeana antinapoleonica degli indios, in parte rivolta elitaria massonica, in parte rivolta dei ricchi bianchi contro il governo spagnolo, in parte rivolta contadina contro gli stessi ricchi bianchi. Ne esce l’Impero messicano, che presto diventa Estados Unidos de Mexico sul modello USA.

        1848. Santa Ana, diventato un po’ troppo presidente, subisce l’invasione USA.

        1858. Guerra civile tra cattolici e anticlericali, che è in buona parte anche guerra etnica (bianchi e indios contro meticci). I conservatori invocano gli Asburgo, che coinvolgono Napoleone III a mandare truppe, Massimiliano diventa imperatore. Poi gli USA, finita la guerra civile, mandano aerei e droni armi ai “liberali”, i francesi mollano Massimiliano. A questo punto i liberali restaurano la Repubblica – anticlericalismo, sacralità assoluta della proprietà privata, dominio politico dei meticci.

        1910. La Rivoluzione: Porfirio Diaz, liberale e astuto manipolatore, diventato un po’ troppo presidente, viene cacciato dai liberali più liberali; ma la cosa si complica perché contemporaneamente ci sono rivolte contadine e indigene (Zapata) e conflitti di ogni sorta, alla fine vincono gli anticlericali del Nord, fissati con l’industrializzazione. Ma riconoscono l’autonomia degli indios. Prevale il mitico partito unico che governerà il Messico per quasi un secolo.

        1926. La Cristiada, la rivolta contadina dell’ovest contro le leggi anticlericali del governo.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per ADV

          “Messico sembra da sempre una irrilevante repubblica delle banane”

          La chiave credo che l’abbia scoperta Guillermo Bonfil:

          https://rebelion.org/el-mexico-profundo-de-guillermo-bonfil/

          “Bonfil mantiene la tesis de que la historia de México —en los últimos 500 años– es la historia del enfrentamiento entre quienes pretenden encauzar el país en el proyecto de la «civilización occidental» y quienes resisten a ello arraigados en formas de vida de estirpe mesoamericana. A ese sector que encarna el proyecto dominante en nuestro país, Bonfil lo denomina «el México imaginario.»

          El México imaginario y el México profundo, con sus expresiones y elementos culturales propios, han nutrido a grupos y clases sociales de una pirámide en cuya base se encuentran los pueblos y en cuya cúspide se encuentran los impulsores del proyecto occidental.”

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Cioè, in pratica, ci sarebbe il Messico profondo che coincide con l’eredità di quella che era la civiltà mesoamericana (isolata per millenni, il cui unico apporto esterno rilevante sono stati – molto forse – i metalli importati, passaggio dopo passaggio, dalla civiltà andina) e poi una classe dirigente di importazione (dal punto di vista etnico, oppure anche solo di formazione/ideologia) che vuole trasformarlo.

            Mi sembra uno schema abbastanza tipico delle periferie, le cui classi dirigenti cercano di imitare modelli del centro. Poi il modelo importato si “deposita” e entra a far parte della parte profonda della società, anche quando magari la classe dirigente cambia modello a cui ispirarsi.

        • roberto b scrive:

          Miguel,
          “Ma riconoscono l’autonomia degli indios”.
          Direi che non è proprio così. Sia i liberali dopo la guerra di indipendenza, sia la nuova classe politica uscita dalla Rivoluzione del 1910, hanno condotto una politica di riconoscimento e di integrazione dell’indio come individuo nella società messicana a prezzo pero della negazione della sua identità collettiva, sociale e culturale. Proprio per questo motivo gli zapatisti di oggi, quelli del Chiapas, hanno condotto e conducono la loro lotta affinché siano riconosciuti come cittadini messicani al pari di tutti gli altri, e nel contempo affinché sia riconosciuta dal governo centrale la loro specificità culturale indigena (quella cioè che negli Accordi di San Andrés, disattesi poi dal governo centrale, hanno chiamato “usi e costumi indigeni”), che si esprime nelle forme di governo autonomo delle comunità zapatiste.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Martinez

        “Massimiliano”

        Insomma, per capire (ripeto, io sono fermo a Speedy Gonzales!): il Messico è un poco come il nostro Mezzogiorno. E’ rimasto arretrato perché non ci si è liberati dal latifondo e perché invece dell’ascesa al potere di una borghesia imprenditoriale stile Francia, Inghilterra o Piemonte si è rimasti al vecchio schema feudatario vs servo della gleba, con in più la complicazione del sistema di caste legato alla limpieza de sangre (bianchi, indios, meticci). Questo spiega l’arretratezza tecnologica e le sconfitte di Santa Ana. E adesso i vecchi schemi sono travolti dall’enorme flusso di contante legato alla cocaina (almeno non lontano dalla frontiera con gli USA, dove la domanda è massima). Giusto?

        La difficoltà sta per me nel capire che i “liberali” sono sì massoni anticlericali, ma non sono tanto imprenditori nel senso europeo quanto (in maggioranza almeno) proprietari terrieri, latifondisti. Più simili ai gentlemen sudisti della Georgia che ai padroni delle ferriere della Pennsylvania o ai petrolieri stile Rockefeller. Sembra mancare completamente la piccola proprietà terriera tipo szlachta Polacca, forse perche’ sostituita dal villaggio indio che si identifica col clero ma che è vescluso dal potere in quanto indio. Santa Ana abolisce la schiavitù perché l’importatore di schiavi fa concorrenza al latifondista col peones, al che i coloni statunitensi del Texas (che agli schiavi ci tengono) si ribellano e passano cogli USA (all’epoca schiavisti): il che spiega perché il Messico non abbia aiutato i Sudisti contro gli Yankee a Gettysburg, dato che difficilmente la marina di Lincoln poteva bloccare pure Veracruz e i porti sul Pacifico.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Miguel Martinez scrive:

          Per ADV

          “E’ rimasto arretrato perché non ci si è liberati dal latifondo e perché invece dell’ascesa al potere di una borghesia imprenditoriale stile Francia, Inghilterra o Piemonte si è rimasti al vecchio schema feudatario vs servo della gleba”

          Fino alla Rivoluzione, è abbastanza vero.

          Dopo però c’è una riforma agraria molto radicale, latifondisti penalizzati a vantaggio degli imprenditori industriali (e soprattutto dei politici, dei cugini dei politici, degli amici dei cugini dei politici e delle guardie del corpo dei politici 🙂 ).

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            “Rivoluzione”

            Dove la Rivoluzione e quella del 1910, suppongo.

            Che è finita col potere di una nomenklatura inamovibile in stile sovietico ma senza la spinta propulsiva dell’ideologia, per cui la stabilità ha congelato l’arretratezza delle asse invece di emanciparle.

            Ecco perché il Messico non è Cuba.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              dove come se la passano le masse scusa?

              Cuba era (non so sia ancora) una tipica destinazione da puttan tuor con Castro ben vivente

              • habsburgicus scrive:

                @Francesco

                Cuba era (non so sia ancora) una tipica destinazione da puttan tuor con Castro ben vivente

                ti pare bene, ma gli specialisti del ramo (con i loro siti e blog ad hoc :D) da tempo sostengono che è in decadenza, che non c’é più la Cuba di una volta, che Cuba sta finendo 😀 in particolare le modelle habaneras*, che le stesse autorevoli fonti 😀 ci erudiscono informando noi profani che sono chiamate in gergo “miki”, sarebbero ormai off limits per l’italiano medio :D, a cui sputerebbero in un occhio…certo, se ci andasse il Silvio dei tempi d’oro sarebbero diverso, I suppose 😀

                *rigorosamente bianche, e talora bionde…anche in questo campo ci sarebbe da fare un discorso cultural-sociologico 😀 le “nere” e “mulatte”, soprattutto a Santiago, “en el Oriente” sarebbero ancora accessibili, seppur meno dei “tempi d’oro” del castrismo…così dicono 😀

            • Miguel Martinez scrive:

              Per ADV

              “Che è finita col potere di una nomenklatura inamovibile in stile sovietico ma senza la spinta propulsiva dell’ideologia”

              In effetti l’ideologia messicana si può riassumere così…

              “Noi siamo i gloriosi eredi di Moctezuma, contro i Colonizzatori Europei. Siamo laici scientisti che si battono contro l’Arretratezza e l’Ignoranza Creata dai Preti. E siamo per il Glorioso Progresso della Patria costruita con le Ossa dei Martiri.”

              Insomma, il Messico se lo sono autocolonizzati da soli.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “Glorioso”

                Il che sembra dimostrare quanto tossico sia il nazionalismo, visto come perverte l’idea stessa di progresso 🙂

                Ciao!

                Andrea Di Vita

                P.S. a parte questo, cosa pensi dell’ottimismo di Diego Fabbri sul futuro del Messico?

          • roberto b scrive:

            “Dopo però c’è una riforma agraria molto radicale”.
            Ejido a parte, sancito dalla costituzione messicana post-rivoluzionaria, questa riforma, però, non c’è stata o non è arrivata in molti stati messicani come ad esempio in Chiapas, dove la questione della terra continua a costituire un motivo di ribellione e di lotta, tant’è che una delle ragioni principali dell’insurrezione zapatista del primo gennaio 1994 è stata per l’appunto la questione agraria.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      “Ma come si concilia ciò con la spaventosa mortalità”

      Correggimi se sbaglio chimica, è una faccenda osmotica: povertà da una parte, ricchezza dall’altra e un sottile muro che le separa. Il flusso immenso avviene illegalmente, chi agisce nell’illegalità non può incarcerare chi viola la sua “legge”, lo può solo ammazzare.

      Ma il Messico è vastissimo e molto, molto vario. E c’è sicuramente uno spirito imprenditoriale notevole.

    • Francesco scrive:

      1) e Alamo? non conta come “fonte di conoscenza” sul Messico? poi c’è il film di Salvatores, Puerto Escondido mi pare, che però ci informa sui sogni di una generazione di italiani, mi sa

      2) il Messico come potenza emergente? mi pare difficile per come è la società messicana e per l’effetto terribile del narcotraffico, però posso testimoniare un fiorente mercato di macchine utensili, che prova l’industrializzazione in corso, finora letta sempre come “al servizio degli USA” ma esiste la nota dialettica servo-padrone

      3) e se si riprendessero quel tot di USA che era loro? o sono per primi i latinos emigrati che non vorrebbero mai “tornare indietro”?

      Ciao

      PS sulla mortalità altissima provocata in Messico dai narcos avevamo discuss tempo fa Miguel e io, era una cosa poco efficiente e molto scenografica. Messicana, quindi?

      Ciao bis

  2. Ros scrive:

    Miguel: “…Oaxaca deve tutto a un piccolo vermiciattolo, che vive nel cactus, e se lo spiaccichi, fa un vermiglio (appunto) meraviglioso, che ha battuto in un solo colpo per qualità il Kırmız, il vermetto armeno/turco che ci aveva dato il cremisi.

    Gli europei vollero riuscire loro ad allevare il verme, ma non vi riuscirono, e dovettero cedere il posto agli indigeni: e così Oaxaca divenne uno degli angoli resistenti del mondo, dove l’Occidente non ha mai vinto….”
    “…Ora, Lila Downs ha trovato dove esprimersi, presso la bottega di un artista, babbo di un mio straordinario amico, proprio tra quei monti. Un amico molto messicano, ma anche toscano.
    Toscani, messicani, assurdamente diversi, ma comunque fuori dal vostro mondo…”

    La Cocciniglia (e gli altri pigmenti esotici, organici e minerali), la sua storia e la sua influenza – nell’arte e nella cultura occidentale – è fondamentale per molti versi.

    https://www.indiscreto.org/come-la-produzione-dei-colori-ha-cambiato-la-storia-dellarte/

    Bellissimo il “Diario di Oaxaca” Oliver Sacks, Adelphi;
    scritto non da neurobiologo ma da botanico dilettante e “psiconauta” (Morning Glory)altrettanto dilettante (e quindi, spesso, più libero e interessante):

    Sotto un estratto sulla Cocciniglia a Oaxaca:

    “…A Teotitlán del Valle visitiamo la casa di don Isaac Vásquez, un maestro tessitore diventato famoso fuori dal Messico per i suoi tappeti, le coperte e l’uso dei coloranti naturali. Vive e lavora con la sua famiglia allargata; questo tipo di famiglie costituisce la norma, qui, tra gli artigiani; si può quasi parlare di una classe artigiana ereditaria.
    Le tecniche di tessitura e di tintura vengono insegnate ai bambini fin dalla più tenera età.
    Essi vivono praticamente immersi in questo mondo e ne assimilano tutti gli aspetti, più o meno consapevolmente, durante ogni attimo della loro vita.
    La loro perizia, così come la loro identità, è plasmata fin dai primissimi anni di vita, non soltanto dalla famiglia ma dall’intero villaggio e dalla tradizione del luogo in cui crescono.

    Osservando don Isaac al lavoro, la vecchia madre che carda la lana, sua moglie, i fratelli, le sorelle, i cugini, i nipoti e i pronipoti, vedendoli tutti all’opera nel cortile, completamente assorbiti nel loro lavoro, mi prende un senso di sgomento e di leggera inquietudine.
    Sono tutti consapevoli della loro identità, del loro ruolo e del loro destino sulla terra; sono i Vásquez, la più vecchia e famosa famiglia di tessitori di Teotitlán del Valle, l’espressione vivente di un’antica e nobile tradizione.
    Le loro vite sono programmate, quasi predestinate, fin dalla nascita. Vite utili e creative, parti integranti della cultura che li circonda.

    Praticamente non c’è persona a Teotitlán del Valle che non abbia una conoscenza profonda e dettagliata delle tecniche di tessitura e di tintura nelle sue varie fasi: cardatura e pettinatura della lana, filatura a mano, allevamento degli insetti nel loro cactus preferito, scelta dell’indigofera giusta.
    È una conoscenza radicata nei componenti delle famiglie di questo villaggio.
    Non c’è bisogno di chiamare nessun «esperto», non è necessaria nessuna conoscenza esterna che non esista già nel villaggio. Ogni aspetto di questa esperienza è già presente qui.

    Com’è diverso tutto ciò dalla nostra cultura più «progredita», dove nessuno sa né è in grado di costruire qualcosa da sé.
    Come nascono, per esempio, una penna o una matita? Saremmo in grado di crearne una se ce ne fosse la necessità?
    Temo per la sopravvivenza di questo villaggio e di quelli simili, che esistono da oltre mille anni. Temo per la loro sopravvivenza nel nostro mondo massificato e specializzato.

    C’è qualcosa di gradevole e stabile in questo villaggio di artigiani, e nel ruolo che svolge nella cultura circostante; questi villaggi non subiscono quasi nessun mutamento con il passare del tempo: i figli prendono il testimone dai genitori e lo passano a loro volta ai propri figli, generazione dopo generazione, senza che nulla cambi né si spezzi.
    Vengo preso da un sentimento di nostalgia per questa immobilità del tempo, questo stile di vita quasi medioevale.

    Eppure, mi dico, cosa accadrebbe se uno dei Vásquez fosse portato per la matematica?
    O se avesse un estro letterario, pittorico, musicale? O desiderasse semplicemente uscire dal suo mondo e conoscerne uno nuovo, vedere qualcosa di diverso?
    Quali conflitti interverrebbero? Quali difficoltà dovrebbe superare?

    Osserviamo le operazioni di cardatura, pettinatura, tessitura della lana, gli operai al lavoro tra i grandi telai di legno, ma il nostro interesse, il mio, per lo meno, è per la tintura.
    Vengono adoperati solo coloranti naturali, in uso già migliaia di anni prima della Conquista, e ogni giorno si usa un colore diverso, quasi sempre di origine vegetale.
    Oggi è la giornata del rosso, il giorno della cocciniglia.

    Quando gli spagnoli videro per la prima volta la cocciniglia rimasero sbalorditi, poiché nel Vecchio Mondo non esisteva tintura di un rosso così intenso, così stabile, così resistente agli agenti esterni. La cocciniglia, insieme all’oro e all’argento, divenne una delle grandi risorse del Nuovo Mondo, più preziosa, forse, a parità di peso, dell’oro stesso.
    Ci vogliono settantamila insetti, ci spiega don Isaac, per produrre mezzo chilo circa di tintura in polvere.
    Le cocciniglie, di cui si usano solo gli esemplari femmina, si trovano soltanto su determinati cactus originari del Messico e dell’America centrale. Ecco il motivo per cui la cocciniglia era sconosciuta nel Vecchio Mondo.
    Fuori della filanda di don Isaac si trovano dei cactus al cui interno gli insetti formano dei piccoli bozzoli cerosi, bianchi e duri, simili a placche, che si possono rompere con la punta di un coltello o con un’unghia.
    Una volta estratti, gli insetti vanno ripuliti della cera e poi schiacciati, ed è ciò che stanno facendo i figli di don Isaac, passando e ripassando con un rullo, fino a ottenere una finissima polvere rossa che va dal magenta al carminio intenso.

    Il dieci per cento circa di questa polvere è costituito da acido carminico; sarei curioso di conoscere la formula di struttura di questo acido e se vi sia un modo per produrlo sinteticamente senza difficoltà. (Al ritorno dal viaggio ho controllato queste ipotesi e mi sono reso conto che l’acido carminico potrebbe essere prodotto abbastanza facilmente per sintesi.
    Ma ciò getterebbe sul lastrico migliaia di operai messicani, oltre a distruggere un’industria e un artigianato tradizionali che fanno parte della storia messicana da migliaia di anni).

    La tonalità di magenta o carminio non ha raggiunto ancora quel colore brillante che ammaliò gli spagnoli, quel rosso scarlatto che seminava terrore tra i nemici, e che fu usato in seguito per tingere le uniformi delle giubbe rosse.
    Il colore rosso vivo appare soltanto quando la cocciniglia viene acidificata, operazione che si effettua aggiungendo del succo di limone alla polvere rossa.
    Il cambiamento è immediato e sorprendente.
    Ne prendo un po’ sulla punta delle dita e mi viene quasi voglia di leccarla.
    Non ci sarebbero problemi, afferma don Isaac, perché la cocciniglia si usa come colorante nelle bevande rosse e nei rossetti per le labbra, e anche negli inchiostri di alta qualità.
    Inchiostro rosso, inchiostro di cocciniglia!
    Mi tornano in mente immagini di cinquant’anni fa, quando usavamo il rosso di cocciniglia durante le nostre lezioni di biologia: era stato in parte sostituito da coloranti sintetici, ma, negli anni Quaranta, non c’era ancora un prodotto sintetico così brillante.

    La polvere macinata – quasi mezzo chilo di peso (non oso pensare quanto costi, anche in termini di impegno umano, allevare settantamila insetti, raccoglierli a mano dalla pianta di cactus, trattarli, essiccarli, macinarli e rimacinarli) – viene versata in un enorme recipiente di acqua bollente messo su un fuoco a legna nel cortile, e viene poi mescolata e rimescolata, finché l’acqua assume un colore rosso sangue.
    A questo punto viene aggiunta la lana grezza, in grosse matasse.
    Ci vogliono dalle due alle tre ore perché il colore faccia presa.
    Guardando gli splendidi rossi che mi circondano sono colto da un’ansia insopprimibile di tingere di rosso la mia maglietta grigia con la scritta «NYBG» (New York Botanical Garden).
    Così la affido a chi di dovere, e nel giro di qualche minuto ha già preso una tonalità rosa pallido.
    Mi chiedo quanto tempo impiegherà a diventare rossa, ma mi spiegano che il cotone, al contrario della lana, non assorbe bene la tinta. Nonostante ciò, penso con euforia che sarò l’unico al mondo a possedere una maglietta cocciniglia!

    Faccio un segno rosso cocciniglia sul mio taccuino, simile alle macchie che restavano (volontariamente o involontariamente) sui miei libri durante le lezioni di chimica.

    Le cavallette, al contrario di molti invertebrati, furono dichiarate kasher con una speciale dispensa rabbinica. (Giovanni Battista, dopo tutto, visse di cavallette e miele selvatico!). Ho sempre ritenuto questa dispensa giusta, se non addirittura necessaria, perché nell’antica Israele la vita era piuttosto difficile, e le cavallette, come la manna, erano un dono divino in tempi di carestia. Inoltre arrivavano a milioni, divorando il già magro raccolto, per cui sembrò una decisione giusta, sia da un punto di vista etico sia da quello nutritivo, che questi voraci insetti fossero a loro volta mangiati.

    A questo proposito, durante un mio viaggio nel Pantanal brasiliano, rimasi sorpreso e divertito al tempo stesso nell’apprendere che i capibara, enormi porcellini d’India che vivono sulle rive dei fiumi – dei tranquilli e pacifici erbivori che si fanno gli affari loro – rischiarono a un certo punto l’estinzione a causa di una speciale dispensa papale secondo la quale, in tempi di Quaresima, questi mammiferi potevano essere considerati alla stregua dei «pesci», e quindi mangiati.
    Un mostruoso sofisma che per poco non portò alla scomparsa di questi miti animali. (I castori, in America settentrionale, mi dice Robbin, subirono la stessa sorte per motivi analoghi).
    James Lovelock, nella sua autobiografia, Omaggio a Gaia, narra della contentezza che provava da giovane apprendista tintore nella preparazione del rosso di cocciniglia.
    La quantità di insetti necessari alla preparazione era incredibile.

    Bisognava versare un sacco di cinquanta chili dei piccoli insetti in un ampio recipiente di rame contenente acido acetico in ebollizione («somigliava alle immagini che avevo visto di un laboratorio d’alchimista»), e dopo che aveva bollito lentamente per quattro ore, il liquido rosso brunastro andava fatto decantare e trattato con allume e poi con ammoniaca.
    L’aggiunta di ammoniaca faceva precipitare il pigmento rosso scuro, che veniva poi filtrato, lavato ed essiccato. Finalmente si otteneva la polvere di carminio pura, e questa, scrive l’autore, «era di un colore rosso così puro e intenso che dagli occhi passava direttamente al cervello.
    Era una gioia assistere alla trasformazione di insetti essiccati in un carminio purissimo!
    Mi sentivo come… l’apprendista stregone»…”

    Da leggere sul tema , se si avesse voglia approfondire, vi sono:

    Philip Ball “Colore. Una Biografia”, Bur

    Riccardo Falcinelli “Cromorama” , Einaudi

    Gianni Maimeri “Il colore perfetto” , Il Saggiatore

    Kassia St Clair “Atlante sentimentale dei colori”, UTET

    e, ovviamente, Michel Pastoureau.

    • PinoMamet scrive:

      Però le cavallette non sono kasher per dispensa rabbinica, ma già nella Torah.
      A differenza di tutti gli altri insetti…

      • Ros scrive:

        Pino Mamet: “…Però le cavallette non sono kasher per dispensa rabbinica, ma già nella Torah.
        A differenza di tutti gli altri insetti…”

        https://it.chabad.org/library/article_cdo/aid/5024342/jewish/Le-cavallette-sono-kasher.htm

        ne so poco, e non so quanto sia attendibile l’articolo, ma così leggo:
        “…Come è scritto nel Talmùd, ci sono 800 varietà di cavallette e locuste non kashèr e ce ne sono solo otto che sono kashèr…”

        “… Alcune comunità ebraiche Marocchine e Yemenite hanno una tradizione secondo la quale alcune specie precise sono kashèr. La specie maggiormente accettata dalle autorità halachice competenti è la locusta del deserto, schistocerca gregaria…”

        Azzardo – nella mia ignoranza – la possibilità che i deserti in zona, quei non-luoghi dell’altrove dove era, ed è, possibile trovare la voce di Dio,
        non offrivano granché d’altro all’anacoreta, e quindi…

        Se le cavallette (grilli e locuste magari fortunosamente rientranti tra le otto permesse) erano andate giù e bene per i Profeti (e più tardi furono esemplare pietanza per il Battista, e poi per i Padri del deserto egiziani, benché oramai cristiani)…

        Mi pare di ricordare d’averne letto in proposito anni fa ne “Il pasto sacro” di Mario Bacchiega, ma dovrei controllare

      • PinoMamet scrive:

        L’articolo è del sito di Chabad, è assolutamente attendibile, infatti recita:
        “La Torà proibisce di mangiare la maggior parte degli insetti, definendolo addirittura “un abominio”. Tuttavia, alcuni tipi di cavallette e locuste sono permesse”

        Come ti dicevo, il permesso è già “de’oraita”, come si dice, cioè della Torah.

        Poi ovviamente il Talmud si dilunga sui segni per distinguere la cavalletta kasher da quella no…

        non che la cosa mi importi: non mangio cavallette e non o intenzione di cominciare! 😉

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Ros

      “cocciniglia”

      Grazie e grazie ancora!

  3. Miguel Martinez scrive:

    A proposito di mexicanidad…

    https://www.youtube.com/watch?v=3BhxXOGza6Y

    Uno:

    Lila Downs canta una canzone che a noi sembra “strana”, ma che ha certamente un contenuto che potremmo definire cristiano (e l’esatto opposto della visione “laica” moderna):

    Muere el sol en los montes
    Con la luz que agoniza
    Pues la vida en su prisa
    Nos conduce a morir

    Pero no importa saber
    Que voy a tener el mismo final
    Porque me queda el consuelo
    Que Dios nunca morirá

    • Miguel Martinez scrive:

      Due, notare però l’abbigliamento e i modi della cantante, lontani dal modello “cattolico” europeo.

      La canzone ruota attorno alla figura del muxhe, che porta in mano una statuetta barocca del bambino Gesù.

      Un postmoderno si esalterebbe: “un trans! Wow! LGBTSQUAK!”

      Invece il muxhe nasce così: in una famiglia, la figlia secondogenita è destinata a non sposarsi e badare alla vecchiaia dei propri genitori.

      E se non c’è una figlia, il secondogenito maschio deve sacrificarsi; e lo fa vestendosi e comportandosi da donna, per tutta la vita.

      Difficile immaginarsi qualcosa di più lontano da tutta l’ideologia “transfemminista” moderna.

      • Miguel Martinez scrive:

        In un commento al video della Downs, un commentatore scrive:

        La inclusión de los Muxhes es una metáfora del significado de la letra de Dios nunca muere: el ser elegido como Muxhe es un sacrificio que realizan los hijos menores para cuidar a sus padres que no tuvieron hijas en su vejez, implica una renuncia a formar una familia, establecerse en otra parte, renunciar a su masculinidad , efectuar labores domesticas como señal de obediencia , respeto a sus padres y aceptación de su destino. Todo ese sufrimiento interior: vivir señalado, burlas, agresiones, negacion, dime quien eres Dios mio para permitir un destino asi como el que se me ha marcado, la tristeza de mi corazon viviendo asi, mitigar el fuego de mi pasion como hacerme olvidar mis impulsos primarios y aceptar esa suerte. Te agradezco Dios que mi sufrimiento, como ser finito, tendra un fin y quien es bueno, Dios, nunca muere.

  4. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    Ecco il link all’articolo di Fabbri che parla ottimisticamente del Messico. Esiste anche un filmato YouTube.

    https://www.limesonline.com/cartaceo/le-potenze-ignote-del-2051

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  5. habsburgicus scrive:

    a proposito di mexicanidad…
    non si sottolinea abbastanza come il Cattolicesimo -nonostante le selvagge persecuzioni subite e forse proprio per questo- sia riuscito a sopravvivere in Messico e le sette protestanti, forse perché viste come emanazione dei “biechi” yanquis abbiano fatto un sostanziale fallimento…
    se pensiamo che in Brasile il protestantesimo ha ormai (quasi) eliminato la religione di Roma, ciò è notevole !
    il Brasile sta diventando un pallido ricordo
    en passant, l’altra sera ho cenato con una ragazza brasiliana, bianca, bella, che vive in Lombardia….questa mi dice, inter alia, che è “cristiana” [leggi, protestante evangelica !] e dunque non festeggia le superstizioni “di voi italiani”….
    in Brasile, quindi, la Chiesa cattolica sta ormai diventando minoritaria !
    anche di questo bisogna ringraziare il Concilio 😀

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      I brasiliani vorrebbero essere statunitensi. In che modo la messa tridentina li avrebbe fatti sentire più usani non so.

      • Francesco scrive:

        Cosa c’entra?

        A parte il fatto che io conosco un Brasile discretamente nazionalista e non succube alla cultura USA ma forse è cosa del passato. O forse i brasiliani poveri vorrebbero essere statunitensi e diventano protestanti?

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Mica riguarda solo i poveri. Riguarda in special modo i poveri, ma la tendenza è più estesa.

          Ma è lo stesso motivo per cui nel Barbaricum sorgevano ville costruite sul modello romano o per cui i danesi cominciarono a inumare i morti ancora prima di convertirsi al cristianesimo: la periferia cerca di copiare il centro.

    • PinoMamet scrive:

      Leggendo l’articolo postato da Ros, direi che senza il Concilio i brasiliani sarebbero diventati interamente protestanti…

      Gli evangelici coinvolgono, parlano la lingua del popolo, creano comunità, offrono speranze facili, promettono denaro e felicità in questa vita:
      tutto quello che la messa in latino NON fa.

      C’è solo un aspetto nel quale la Chiesa preconciliare poteva fare concorrenza ai protestanti, ed era quello miracolistico, ma..

      -1 io li ho letti i santini cattolici, ed erano addirittura di dopo il Concilio: ci voleva la maturità liceale per capire cosa c’era scritto 😉

      -2 davvero la Chiesa vuol fare concorrenza nel campo non della fede, ma della credulità popolare?
      La stimo troppo per crederlo.

      • Francesco scrive:

        Pino

        sospetto che quello che tu chiami credulità popolare sia esattamente quello che i “vecchi cattolici” chiamano Fede, insofferenti allo scadente sociologismo subentrato dopo il Concilio

        o almeno che fosse in sintonia profonda con la Fede, a differenza della teologia progressista e quasi tutta la predicazione moderna

        per questo dubito che il CV2 abbia salvato la Fede di un solo povero o semplice

        • PinoMamet scrive:

          No, la statua della Madonna che piange non era la fede cattolica neanche negli anni Cinquanta.
          L’idea che i non istruiti siano tutti propensi a credere alle più grandi invenzioni- siano, in pratica, tutti cretini – è neanche tanto sottilmente razzista o classista, è lontanissima dall’esperienza emiliano romagnola (dove accadeva l’esatto contrario) ed è avvilente per la Chiesa stessa, che ne riceverebbe un’immagine cinica e falsa (“noi non ci crediamo davvero, ma sai, dobbiamo accontentare gli ignoranti…”).

          Benissimo ha fatto il Concilio ha mettere un limite a certe cose.
          Quello di Trento, dico…

          • Francesco scrive:

            Ah, quello lì di Concilio! allora credo di essere d’accordo.

            Tieni conto che un cattolico minimo deve credere a “voci misteriose che sono messaggi di Dio”, “una ragazza incinta ma vergine”, “morti che sono stati fatti risuscitare” e per finire in bellezza “uno morto che è risuscitato da solo”.

            Capisci che sotto sotto sappiamo benissimo di essere cretini (lo diceva già Paolo nelle sue lettere) e che dobbiamo diffidare di quelli istruiti e saputi.

            🙂

    • Ros scrive:

      Sulle persecuzioni anticristiane nel Messico degli anni ’30, tema accennato da Habsburgicus, quando Plutarco Elías Calles tentò di sradicare la Chiesa Cattolica, resta memorabile la figura romanzesca di “padre whisky”, ne
      “Il potere e la gloria” di Graham Greene

  6. Ros scrive:

    habsburgicus: “…a proposito di mexicanidad…
    non si sottolinea abbastanza come il Cattolicesimo -nonostante le selvagge persecuzioni subite e forse proprio per questo- sia riuscito a sopravvivere in Messico e le sette protestanti, forse perché viste come emanazione dei “biechi” yanquis abbiano fatto un sostanziale fallimento…
    se pensiamo che in Brasile il protestantesimo ha ormai (quasi) eliminato la religione di Roma, ciò è notevole !…”

    A tal proposito, lunghetto ma esaurente:

    Il tempio è denaro
    In Brasile è boom di conversioni al movimento neopentecostale e in particolare alla Chiesa universale del regno di Dio che predica la teologia della prosperità: paga e abbi fede.
    Il vescovo che la guida è uno degli uomini più ricchi del paese e possiede il terzo network televisivo nazionale.

    ANNA VIRGINIA BALLOUSSIER — Laureata in Giornalismo all’Universidade Federal do Rio de Janeiro, è una giornalista brasiliana e scrive di religione per il Folha de São Paulo, il maggiore quotidiano del paese.

    Traduzione di Marcella Petriglia

    «Una bestia così brutta, orribile, così penosa», esplode il vescovo evangelico Sérgio von Helder, annegando in una giacca grigia che sembra di una taglia di troppo. In seguito, prende a calci una statua di argilla:
    Nostra signora di Aparecida, la più popolare rappresentazione della Madonna in Brasile.

    I capelli ingellati, le riprese amatoriali, lo sfondo blu, tutto ricorda la tv spazzatura degli anni Novanta.
    Il programma andò in onda su una delle maggiori emittenti brasiliane, la Record, non per caso acquisita sei anni prima dal proprietario della chiesa di cui faceva parte il religioso dal calcio facile, un Cristiano Ronaldo della fede.

    Contesto: secondo l’ottica evangelica adorare idoli e santi va contro la volontà di Dio.

    La scena dominò i notiziari di un Brasile ancora prevalentemente cattolico e provocò una reazione violenta da parte della popolazione, con attacchi ai templi dell’organizzazione religiosa in questione.

    Il «calcio alla santa», come venne ribattezzato, intaccò l’immagine della Chiesa universale del regno di Dio, conosciuta in Italia come Comunità cristiana dello Spirito santo, ma non la distrusse, come prevedevano all’epoca i suoi nemici.

    Il suo leader, il vescovo Edir Macedo, è tornato in pista e, nel 2014, ha accolto nel suo impero religioso le più alte autorità dello stesso paese che, a suo dire, anni prima lo aveva umiliato.

    Oggi la fortuna sorride agli evangelici e il volto più conosciuto tra i loro capi è quello di Macedo, un magnate dei media che di tanto in tanto si dà un tono da profeta biblico con una lunga barba bianca.

    L’ultimo censimento ufficiale della popolazione brasiliana ha rivelato che, tra il 2000 e il 2010, la percentuale dei cattolici è crollata dal 74 al 64,5 mentre quella degli evangelici è schizzata dal 15 al 22 per cento: da 26 a 42 milioni.

    Quasi un decennio dopo, l’istituto di ricerche Datafolha stima che il 32 per cento della popolazione abbraccia questa fede mentre i cattolici si sono ridotti alla metà del popolo brasiliano (cifra che ancora garantisce loro il primato di maggiore concentrazione cattolica al mondo).

    La tendenza? Caduta libera.

    Quando Macedo ha iniziato a predicare, il cattolicesimo costituiva il credo di nove brasiliani su dieci.

    La sua Chiesa universale ha guidato in Brasile la grande ondata neopentecostale, un nuovo ramo dell’evangelismo che introduceva tre paroline magiche: teologia della prosperità.

    Essa assicura che è possibile collocare sul piano terrestre, e non più in un distante aldilà, lo spettacolo pirotecnico promesso alla fine del tunnel.

    Basta con la storia che la sofferenza in vita fa accumulare crediti per il post mortem.
    La ricompensa è immediata: i bravi ragazzi vengono gratificati da Dio il prima possibile, in vita.

    Basta avere fede – e pagare la decima, certo.

    «La teologia della prosperità assicura che è possibile collocare sul piano terrestre, e non più in un distante aldilà, lo spettacolo pirotecnico promesso alla fine del tunnel.»

    Reginaldo Prandi, docente di sociologia all’Università di San Paolo ed esperto di religioni afrobrasiliane, ha parlato del fenomeno sulla Folha de São Paulo:
    nella misura in cui «il peso dell’economia brasiliana si è spostato dal lavoratore che produce al consumatore» gli evangelici si sono dovuti adattare.
    «Si può contare sul Dio di questa nuova teologia per realizzare qualsiasi sogno consumistico» dice l’autore di A realidade social das religiões no Brasil («La realtà sociale delle religioni in Brasile»).

    «Insomma, non si riesce più, come accadeva un tempo, a distinguere un pentecostale tra la folla, dagli abiti, dai capelli e dalla postura.

    Tutto è stato adeguato alle nuove condizioni di vita in un paese il cui governo si vanta della (dubbiosa) nascita di una “nuova classe media”, di fatto cliente preferenziale dei negozi a 1,99 reais.»

    Se i cattolici si muovevano come un lento transatlantico della fede, immobilizzati dalla gerarchia della Santa sede, ancora legati a una tradizione che fino agli anni Sessanta nemmeno consentiva messe che non fossero in latino, gli evangelici erano come una moto d’acqua che si adattava alla nuova marea religiosa.

    La Chiesa universale a questo proposito è emblematica. Il suo conservatorismo si presenta sotto una veste moderna: si pensi a Godllywood, un progetto delle donne della Chiesa universale «nato da una rivolta nei confronti dei valori sbagliati che la nostra società ha acquisito attraverso Hollywood».

    In uniforme nera e verde, dei giovani marciano ed eseguono saluti militari dicendosi «pronti alla battaglia»:
    sono i «Gladiatori dell’altare» della congregazione di Macedo, disposti a formare battaglioni di nuovi pastori in Brasile e nei 92 paesi in cui la chiesa dice di essere attiva.

    Questa nuova onda evangelica ha dominato le serate dei canali televisivi in chiaro e, adesso, i social network.

    Con l’apertura in ogni dove di filiali della fede, ha ispirato giochi di parole come «il tempio è denaro».

    In un’intervista rilasciata alla rivista Veja nel 1997, il pastore José Wellington Bezerra da Costa, di fronte all’Assembleia de Deus – Ministério do Belém, la denominazione più diffusa in Brasile – ha ironizzato:
    «Dove c’è Coca-cola, un ufficio postale e una filiale del Banco bradesco, c’è un’Assemblea di Dio.»

    Nel 2013, con l’obiettivo di realizzare un reportage per il giornale per cui lavoro, ho partecipato alla riunione delle 14 (ce ne sono varie al giorno) in una piccola filiale della Chiesa universale nella regione centrale di San Paolo.

    Una cinquantina di fedeli hanno ricevuto dagli operai (come vengono chiamati gli aiutanti del pastore) dei quadratini di pancarré grandi quanto un polpastrello e succo d’uva in scatola, servito in bicchierini di plastica bianca, di quelli che si usano per il caffè in ufficio.

    A metà di quasi due ore di sermone, il predicatore dalla cravatta viola scintillante ci ha fatti passare sotto una gigantesca struttura che sembrava fatta di polistirolo colorato con pastelli marroni, simile a un carro allegorico, che era stata battezzata
    «Arco del peccatore».

    A chi le vede dall’esterno, le liturgie di questa chiesa possono sembrare alquanto scenografiche.

    Molte di esse si concentrano su questioni problematiche per tutti noi e che potrebbero benissimo rientrare in un percorso di coaching.

    Nella sede più imponente della Chiesa universale, per esempio,
    i lunedì sono dedicati al «successo finanziario»; i martedì al «recupero della salute fisica ed emotiva»;
    il mercoledì è la volta del «rafforzamento spirituale» e gli affollati incontri del giovedì promettono di sanare i mali del cuore con la «terapia dell’amore».

    La settimana si conclude con la «preghiera per l’eliminazione dello stress e dell’energia negativa».

    Il Tempio di Salomone di San Paolo è una replica, costruita dalla Chiesa universale del regno di Dio, di quello di Gerusalemme.
    I turisti possono fare una visita guidata del Giardino biblico, adiacente alla chiesa.

    Tutto questo avviene nella più ambiziosa opera di Edir Macedo, il Tempio di Salomone, inaugurato nel 2014, una replica del monumento biblico che è costata al vescovo brasiliano circa trecento milioni di dollari e che rende molto bene l’idea dell’ascesa evangelica in Brasile.

    In quell’edificio realizzato con pietre importate da Israele, Macedo ha ricevuto tanti presidenti, da Dilma Rousseff a Jair Bolsonaro.

    Ormai è normale che nelle varie riunioni quotidiane ci sia il pienone. Capienza: diecimila persone.
    Dress code: niente cappellini, canottiere, maglie delle squadre di calcio, infradito, bermuda, abiti scollati, minigonne e occhiali scuri.

    Sta tutto nel manuale di etichetta che la Chiesa universale ha pubblicato per chi voglia conoscere il Tempio di Salomone, «il luogo che Dio ha scelto per abitarvi».
    «Se tu stessi per incontrare Dio a casa sua, come ti vestiresti?»
    domanda il vescovo Renato Cardoso, genero di Edir Macedo, in un video divulgato nell’anno d’esordio. «Vestiti come se andassi a incontrare una persona molto importante.»

    «La Chiesa universale ha rivoluzionato il panorama religioso brasiliano» sostiene Christina Vital da Cunha, docente di sociologia all’Università federale fluminense di Rio de Janeiro.
    «A partire dalla sua nascita, si sono registrati molti cambiamenti nel modo di essere evangelici.

    È stata la prima denominazione evangelica nazionale a ottenere la concessione di un canale televisivo in chiaro.
    I suoi templi sono grandiosi e il settimanale Folha Universal ha una tiratura spettacolare: due milioni e mezzo di copie.

    Il Partito repubblicano brasiliano è un partito politico il cui presidente è un vescovo della Chiesa universale, il deputato Marcos Pereira.»

    «In trent’anni, i membri della cupola avevano accumulato 23 canali televisivi e 40 stazioni radiofoniche, oltre a 19 imprese operanti in vari settori.»

    All’ultimo censimento, nel 2010, quasi due milioni di brasiliani si sono dichiarati seguaci della Chiesa universale.
    Ma è bene ricordare che Edir Macedo, oltre che un leader spirituale, è anche un magnate mediatico che sa il fatto suo.

    Oltre alla Record, l’omonima casa di produzione ha lanciato negli ultimi anni i due film con il maggiore incasso del cinema brasiliano di tutti i tempi:
    Nada a perder («Niente da perdere»), la prima di una cinebiografia in tre parti, e Os dez mandamentos («I dieci comandamenti»), un remake del racconto biblico.

    I due film hanno raggiunto quasi dodici milioni di spettatori, superando Tropa de Elite 2, la saga di un agente del battaglione speciale della polizia che ha fatto abbastanza discutere a livello internazionale.

    È vero che, dietro ai numeri impressionanti, c’era la diffidenza: già all’anteprima i biglietti per molti spettacoli erano esauriti ma le sale non erano necessariamente piene.
    C’erano poltrone vuote, molte persone infatti avevano ricevuto biglietti omaggio in chiesa ma poi non li avevano usati: di qui un successo gonfiato.

    La risposta della Chiesa universale seguiva sempre la stessa linea:
    l’accusa era una «vecchia bufala» alimentata da «media che non si rassegnano all’incredibile successo di film di argomento spirituale in Brasile e che cercano di sminuire l’importanza del fenomeno».

    Che spettacoli teoricamente sold out non si riempissero, l’ho visto con i miei occhi.
    Su una cosa, tuttavia, il vescovo Edir Macedo e i suoi accoliti hanno ragione:
    il rapporto con la stampa secolare è burrascoso.

    Nel 2007, il maggiore quotidiano brasiliano, la Folha de São Paulo, scatenò la furia della Chiesa universale con un reportage sui patrimoni di alcuni dirigenti di questa chiesa balzachiana.

    In trent’anni, i membri della sua cupola avevano accumulato 23 canali televisivi e 40 stazioni radiofoniche, oltre a 19 imprese operanti in vari settori, come agenzie turistiche, giornali, una casa editrice, un’agenzia immobiliare e perfino un’azienda di servizi di aerotaxi, l’Alliance Jet.

    Un decennio dopo, la giornalista Elvira Lobato è tornata a scrivere sull’argomento che le era valso il premio Esso (il Pulitzer brasiliano) ma anche una grossa seccatura.

    La Chiesa universale usò fedeli e pastori per intraprendere 111 azioni giudiziarie contro di lei e il suo giornale: parlò di danni morali senza contestare nessuna informazione contenuta nel testo.
    «Ho rilasciato interviste a televisioni e giornali di vari paesi e ancora mi cercano per discutere di come questo episodio abbia rappresentato una minaccia alla libertà di stampa.

    Il mio giornale è stato costretto ad affrontare negli stessi giorni processi che si tenevano in località remote, cosa che rendeva la difesa ancor più difficile e onerosa» ha affermato la giornalista.

    Lo scontro più duro è quello con il gruppo Globo, che possiede l’emittente televisiva più importante del Brasile e che ha già assestato dei bei colpi alla chiesa del proprietario della concorrente Record.

    Nel 1995 un vescovo dissidente divulgò un video in cui Edir Macedo spiega come ottenere denaro dai fedeli.
    Si inginocchia per contare le decime racimolate, le banconote sparse sul pavimento. Guardando la telecamera, tira fuori la lingua e sorride.
    Questo materiale è finito tra le mani di Globo.

    Nel film sulla sua vita, Macedo ha dato una versione differente dell’episodio:
    si trattava solo di banconote da un dollaro e il leader della Chiesa universale le contava per terra perché non avevano soldi per comprare un tavolo.

    Ogni banconota sarebbe servita a pagare l’affitto del tempio e a poter, in questo modo, diffondere la parola di Dio.

    Un altro episodio che ha avuto grande eco mediatica: l’arresto del vescovo, nel 1992.
    La messa era appena finita e Macedo si trovava all’interno di una Volkswagen Santana verde con la moglie e la figlia 17enne.
    Si avvicinarono delle vetture, alcuni uomini armati accerchiarono il veicolo e portarono il vescovo in carcere.

    Invece di fare la figura del bandito messo alle strette – lo scenario auspicato dai suoi oppositori – Macedo ne uscì vittorioso fornendo la sua versione della storia, fedelmente riportata nel film: in un Brasile agli inizi della sua svolta evangelica,
    la Chiesa universale in piena ascesa è una spina nel fianco dei potenti.

    Un vescovo cattolico cospira apertamente con il ministro delle Comunicazioni per incastrarlo.
    Per metterlo a tacere, trovano il modo di rifilargli le accuse di esercizio abusivo della professione medica, ciarlataneria e truffa.

    Nella sua biografia, il vescovo racconta che «stava bene» nella cella affollata, a volte calpestato dai compagni che si dirigevano in bagno.
    Ma se c’è qualcuno che di marketing se ne intende, quello è proprio lui.

    Convoca la stampa e si lascia fotografare dietro le sbarre, seduto su uno sgabello, gambe incrociate e mano poggiata al mento, tale e quale la scultura Il pensatore.
    Stava leggendo la Bibbia.
    Nel giro di undici giorni esce dal carcere per andare tra le braccia del popolo.

    I NEOPENTECOSTALI

    L’Igreja universal do reino de Deus appartiene al movimento neopentecostale, definito Terza onda del pentecostalismo, una confessione, come il pentecostalismo, rinnovatrice.

    Dio è presente, aiuta, partecipa. I fedeli entrano in contatto diretto con lo Spirito Santo e lo evocano per combattere il male, le persone cattive, le malattie.

    Ci si appella in cerca della prosperità, perché si vuole cambiare casa, macchina, lavoro. Dio serve alla felicità, a rimettere la vita sul sentiero giusto.

    È un Dio che opera qui e ora, senza rimandare l’appuntamento all’aldilà, contrariamente al Dio dei cattolici.

    Per questo motivo le comunità pentecostali riscuotono successo tra la popolazione più povera e sono diffusissime in Africa, Asia e Sud America.

    Dati dell’Istituto brasiliano di geografia e statistica mostrano che dal 1970 al 2010 i pentecostali sono cresciuti dal 5,2 per cento al 22 per cento
    (mentre i cattolici sono crollati dal 91,8 per cento al 64,6 per cento).

    Il balzo in avanti è stato molto forte.

    Tuttavia, il target delle pentecostali non è solo la fascia disagiata:
    la Bola de neve church, fondata a San Paolo nel 1999 da un ex esperto di marketing, Apóstolo Rina, si rivolge a un pubblico giovane, di classe media, che ama sport come il surf e lo skate.

    L’altare del tempio-sede è infatti una tavola da surf.

    La Bola de neve non pretende il rispetto di costumi e condotte particolari, anzi il suo successo sta proprio nell’approccio informale, e si rivolge a chi nella vita ha incontrato ostacoli e insegue una seconda possibilità.

    50 SFUMATURE DI DIO

    Un articolo del quotidiano O Globo dava notizia che in Brasile ogni ora che passa nasce una nuova chiesa evangelica: di fatto basta un garage, una casetta di legno, un negozio, un chiosco per farci entrare un’assemblea di fedeli e il loro pastore.

    L’aspetto peculiare però non è tanto il numero esorbitante, quanto i nomi con cui le chiese sono battezzate.

    Di seguito alcuni:
    Igreja evangélica Jesus é o comandante (Chiesa evangelica Gesù è il comandante); Igreja pentecostal esconderijo do Altíssimo (Chiesa pentecostale nascondiglio dell’Altissimo); Assemblea águas que jorram do trono de Deus (Assemblea acque che zampillano dal trono di Dio); Casa de oração pentecostal dos afastados (Casa di orazione pentecostale degli allontanati); Igreja a gosto de Deus (Chiesa al gusto di Dio); Assemblea de Deus pavio que fumega (Assemblea di Dio miccia accesa); Igreja cuspe de Cristo (Chiesa sputo di Cristo); Associação evangélica fiel até debaixo d’água (Associazione evangelica fedeli persino sott’acqua); Igreja bailarinas da valsa divina (Chiesa ballerine del valzer divino); Igreja batista brasileira dos povos agarrados à Bíblia (Chiesa battista brasiliana dei popoli aggrappati alla Bibbia); Comunidade do coração reciclado (Comunità del cuore riciclato).

    I nomi si trovano su diversi siti specializzati, e non è detto che tutte esistano davvero, ma visto che si tratta di aver fede, perché non crederci.
    Se non altro, l’invenzione dei nomi testimonia della fantasia che ispira i brasiliani quando si tratta di pensare a Dio.

    Oggi in Brasile e all’estero la Chiesa universale dirige un’infinità di progetti.
    «Tra gli evangelici di altre denominazioni cresce la domanda di culti e dinamiche che tengano in conto la teologia della prosperità.

    Essa agisce attraverso la promessa di ottenere grazie e beni materiali a partire da comportamenti disciplinati su questa terra.

    In questo sistema, il pagamento di un tributo è un tassello fondamentale, elemento di negoziazione tra il sacro da una parte e gli uomini e le donne dall’altra» scrive ancora la professoressa Cunha.

    La strategia di espansione della chiesa passa attraverso azioni coordinate, dall’aumento del numero di parlamentari al congresso nazionale al forte investimento in ambito mistico, in messe e campagne.

    Tutto ciò prevede l’assistenza 24 ore al giorno dei fedeli, dal vivo o in modo virtuale.
    La Chiesa universale ha perfino creato il «Drive-in della preghiera»:
    «Hai un minuto per Dio?» recita un manifesto che invita i fedeli motorizzati a pregare nel garage del tempio a San Paolo.

    Da tempo Edir Macedo predica il coinvolgimento degli evangelici in politica.
    Nel suo libro del 2008, Plano de poder («Piano di potere»), mette in guardia da un’inerzia «nociva» nell’elettorato cristiano, in parte dovuta a una «interpretazione erronea secondo cui Dio farà tutto senza che l’individuo debba muovere una foglia».

    Scrive il vescovo: «Machiavelli ha definito [la politica] come l’arte di governare e di stabilire il potere.

    Stando così le cose, dal punto di vista di Dio, nelle mani di chi pensi che Egli vorrebbe vedere questo potere e questo dominio? In quelle del Suo popolo o no?»

    La prima grande vittoria politica del suo gruppo è arrivata con l’elezione del nipote Marcelo Crivella, un vescovo ordinato della Chiesa universale, a sindaco di Rio de Janeiro nel 2016.

    Crivella ha fatto la sua comparsa nei notiziari internazionali a settembre del 2019 per aver imposto al maggior evento letterario del paese, la Biennale del libro, la confisca di un fumetto che ritrae due supereroi maschili della Marvel, completamente vestiti, che si baciano.

    L’azione, rigettata dal Tribunale supremo federale del Brasile, è stato lo sfogo di un’omofobia comune nella narrativa di vari capi evangelici.

    Una settimana dopo il tentativo di censura, il sindaco mi ha detto di aver preso questa decisione non a causa del bacio ma di alcuni dialoghi che, a suo modo di vedere, violerebbero lo Statuto del bambino e dell’adolescente (che non parla di unioni omoaffettive ma solo di contenuti erotici).

    Tra le parole che hanno allarmato Crivella, ci sono quelle di un ragazzino che, secondo lui, proponeva di «muovere il sedere»: in realtà l’espressione è «alzare il culo» e rimanda a qualcosa di simile a «andiamocene subito», il «move your ass» inglese.

    Suo zio non la pensa allo stesso modo, cosa che mostra quanto il segmento evangelico in Brasile sia sfaccettato.

    Quattro anni prima, al programma Palavra amiga di Rede Aleluia, che raggruppa le stazioni radiofoniche della Chiesa universale, il vescovo ha detto:
    «Ci sono molti credenti, pastori e chiese che agitano bandiere contro il movimento gay, contro il matrimonio tra omosessuali.
    Io domando: Gesù lo farebbe se fosse tra noi? Io credo di no.

    Perché ai suoi tempi c’erano già gli omosessuali e Gesù non ha detto niente a riguardo.
    Gesù non ha agitato una bandiera dicendo:
    “In verità, vi dico, dovete predicare contro l’omosessualità, dire che è proibita, che non si deve.”»

    Nello stesso anno ha vinto il Triangolo rosa di un importante gruppo Lgbt locale.
    È il premio che l’organizzazione chiama Oscar gay e ricorda il distintivo che i nazisti usavano nei campi di concentramento per i deportati omosessuali e che in seguito, risemantizzato, è diventato il simbolo dell’orgoglio della comunità.

    Certo, tutto è relativo.

    Fino a che punto si spingerebbe la disponibilità della Chiesa universale ad accettare membri Lgbt? Non si ha notizia di pastori o vescovi della congregazione che possano essere apertamente omosessuali, fa notare l’ala scettica.

    E anni fa Macedo fu criticato perché guidava, con un frustino in mano, quello che sarebbe stato un esorcismo su un ragazzo gay.

    Ma l’approccio più amichevole rispetto alla media evangelica nei confronti di fedeli Lgbt potrebbe essere un indizio della grande capacità del vescovo di adeguarsi ai tempi.

    Avrebbe puntato gli occhi, secondo gli esperti interni ed esterni al settore, a una nicchia di mercato: non sono pochi i gay con un elevato potere d’acquisto, molti dei quali senza figli da sostenere, che potrebbero donare laute decime e che non si sentono accolti da altre correnti cristiane, da quella cattolica o da quelle evangeliche.

    Il tempio, in fondo, è denaro.”

    Estratto da “The Passenger – Brasile”, Iperborea, 2019

  7. Ros scrive:

    E a complicare piacevolmente c’è pure in espansione il fenomeno – non solo turistico o New Age – dei culti contemporanei dell’Ayahuasca:
    L’União do Vegetal, il Santo Daime… vannno forte!

    Con entusiasti e detrattori tra gli antropologi:
    https://www.carmillaonline.com/2020/08/05/quelli-che-non-se-la-bevono/

    https://www.ibs.it/psicotropici-febbre-dell-ayahuasca-nella-ebook-jean-loup-amselle/e/9788855192071

    https://www.carmillaonline.com/2020/07/27/i-tristi-psicotropici-dellantropologo-sciamanofobico/

    https://www.carmillaonline.com/2021/01/25/scommessa-psichedelica-magia-e-favole-per-la-rivoluzione/

    Culti largamente sbarcati persino in Italia (dove pare si sia demenzialmente corsi a vietare per legge qualche pianta contenenti Beta-carboline e IMao (gli inibitori delle monoamino-ossidasi che attivano la DMT dell’enteogeno di base e la visione psichedelica)

    “…La trentaquattresima puntata di Illuminismo Psichedelico ospita la prima parte della conversazione con Walter Menozzi sul Santo Daime in Italia.
    Walter Menozzi è il legale rappresentate della chiesa del Santo Daime in Italia, nonché membro del consiglio direttivo della chiesa Santo Daime in Europa.

    Ma cos’è il Santo Daime? Un culto sincretico a base cristiana, nato in Amazzonia, e che usa come sacramento l’ayahuasca, nonché il vettore che per primo ha permesso al decotto amazzonico di raggiungere l’Europa.

    Le vicende giudiziarie del Santo Daime sono state per decenni la ragione per cui l’Ayahuasca è di fatto rimasta legale in Italia, fino a qualche giorno fa.

    Trovate il seguito della conversazione con Walter Menozzi nella puntata trentacinque.
    Link alla puntata…”
    https://www.facebook.com/IlluminismoPsichedelico

    Piante (e cibi) contenenti alcaloidi di Beta-carboline e IMao sono tantissime,
    112 specie appartenenti a 27 famiglie, e comunissime, spontanee… auguri!😎)

  8. Ros scrive:

    habsburgicus: “…a proposito di mexicanidad…
    non si sottolinea abbastanza come il Cattolicesimo -nonostante le selvagge persecuzioni subite e forse proprio per questo- sia riuscito a sopravvivere in Messico…”

    Chissà, sensibilità comuni, sincretismi quasi automatici:

    Ska Maria Pastora – Salvia divinorum – enteogeno dei Mazatechi di Oaxaca
    diviene “naturalmente” la Vergine Maria.

    Teonanácatl (Psilocybe), Ololiuqui (Rivea corymbosa),
    Sinicuichi (Heimia salicifolia), Toloatzin (Datura),
    Peyotl (Lophophora williamsii), rospo Bufo (Alvarius, Marinis, 5-MeO-DMT, Bufotenina) e tantissime altre vengono – apparentemente di buon grado –
    assimilate a santi ed eucarestie (Teonanácatl significa carne di Dio).

    La Comune Passione per la Festa.

    Sacrosanta ebbrezza melanconica e agrodolce delle fiestas
    (Octavio Paz ha scritto tantissime pagine sull’importanza della Fiesta per il carattere messicano in special modo ne “Il labirinto della solitudine”)
    https://nairaquest.com/it/topics/2204-the-labyrinth-of-solitude-by-octavio-paz-summary-and-analy
    https://www.ibs.it/labirinto-della-solitudine-libro-octavio-paz/e/9788867233908

    e il culto tradizionale sdoganato della Santa Muerte Mictecacihuatl
    (Memento Mori, Trionfo della morte, Totentanz e Danze Macabre a noi familiari;
    di “La carne, la morte e il diavolo” di Praz…)

    (sulla Santa Muerte sotto una rassegna di articoli di Fabrizio Lorusso)

    https://www.carmillaonline.com/tag/santa-muerte/

    e della “Calavera Catrina”, resa universale icona da José Guadalupe Posada
    e da Diego Rivera nel suo murale “Sueño de una Tarde Dominical en la Alameda Central”;
    dello zucchero di maschere mortuarie grottesco e baroccheggiante.

    Beffardo, sprezzante come preferenza
    (in Sicilia, forse mutuato per via spagnola, pure è di casa; ne hanno scritto qualcosa Vittorini e Brancati)

    La Semana Santa con le sue torce e gotici e perturbanti cappucci spettrali,
    le sue masochistiche processioni e rappresentazioni,
    iperrealiste e grand guignol.

    Questa sensibilità comune tra il cattolicesimo latino-iberico della Controriforma
    (e della pure contemporanea Conquista delle Americhe),
    e la religiosità precolombiana pare più di un ambiguo e fortunato sincretismo di costumi e coincidenze:
    notturno, funereo e penitenziale – Alain Badiou ” Lo splendore del nero” – ,
    col nero e di sangue scarlatt e oro e sole degli Aztechi e Maya;
    fusi insieme.

    Chi deve a chi?

    Sincretismo o Sincronicità?

    sotto un articolo, volendo, interessante sulla Vergine di Guadalupe

    https://axismundi.blog/2019/03/08/la-vergine-di-guadalupe-il-serpente-piumato-e-il-fiume-nascosto-della-storia/

  9. Ros scrive:

    habsburgicus: “…a proposito di mexicanidad…
    non si sottolinea abbastanza come il Cattolicesimo -nonostante le selvagge persecuzioni subite e forse proprio per questo- sia riuscito a sopravvivere in Messico…”

    https://www.ibs.it/paradiso-scomparso-storia-dei-gesuiti-ebook-r-b-cunninghame-graham/e/9788868266691

    ..ci metterei pure la “Teologia della Liberazione”, e il Marxismo in mutuato chiave cattolica…

    L’impegno costante del cattolicesimo sul campo a favore degli Indios e della loro cultura (assimilabile in chiave sincretistica dopo una prima fase di feroci censure e persecuzioni alla loro “idolatria” demoniaca)
    https://www.ibs.it/brevissima-relazione-della-distruzione-delle-libro-bartolome-de-las-casas/e/9788831711432

    Al contrario dei missionari protestanti che – ieri come oggi – facevano tabula rasa di cultura e tradizioni religiose autoctone imponendo la propria senza alcuna possibilità di sincretismo.

    Interessanti:
    https://www.ibs.it/identita-del-nuovo-mondo-libro-vari/e/9788883342745

    https://www.ibs.it/scoperta-conquista-di-mondo-nuovo-libro-vari/e/9788883342738

  10. Ros scrive:

    Absburgicus: “…in Brasile, quindi, la Chiesa cattolica sta ormai diventando minoritaria !
    anche di questo bisogna ringraziare il Concilio 😀…”

    Forse si potrebbe azzardare che con la “Teologia della Liberazione” e l’autentico impegno nelle lotte sociali,
    https://www.famigliacristiana.it/articolo/oscar-romero-un-santo-contro-la-dittatura.aspx
    (con tutte le contraddizioni in merito della Santa Sede: ivedi l Pontificato di Giovanni Paolo II)

    il Concilio Vaticano II – almeno in alcune zone dell’America Latina – lungi dall’allontanare dal Cattolicesimo Romano le popolazioni amerindie le consolidò ulteriormente nella Chiesa.

    Curioso! Parrebbe che il Protestantesimo avanzi più nelle zone di influenza portoghese che non in quelle spagnole.

    • Ros scrive:

      “Curioso! Parrebbe che il Protestantesimo avanzi più nelle zone di influenza portoghese che non in quelle spagnole.”

      Potrebbe forse dipendere, anche, dalla composizione etnica della popolazione?

      • Moi scrive:

        … cioè ?!

        • Ros scrive:

          Mi pare che nelle zone di influenza spagnola ci siano state in genere assai meno coltivazioni intensive e latifondiste di canna da zucchero, caffè, tabacco ecc.

          Quindi non vi è stato il bisogno di importare popolazioni dall’Africa come manodopera in schiavitù.

          Prendi come semplicistico esempio le etnie presenti in Messico e quelle in Brasile.

          Popolazioni deprivate dalle loro tradizioni (gli Indios erano pur sempre nella loro terra e storia) sono spesso (pur non tralasciando l’importanza e l’influenza della Santeria e il Sincretismo Yoruba…) più influenzabili e meno costanti a mantenere quelle influenze ricevute, specie se in seguito ne arrivano delle altre più “forti” e convenienti.

          Ma sono solo deboli congetture.

          • Moi scrive:

            Santeria e Sincretismo Yoruba, a Cuba e soprattutto a Bahia (nel Brasile) , sono stati gli unici legami culturali di generazioni e generazioni di “ne(g)ri” nati locali con l’ avita Africa Nera …

          • Ros scrive:

            “Popolazioni deprivate dalle loro tradizioni (…) sono spesso (…) più influenzabili e meno costanti a mantenere quelle influenze ricevute, specie se in seguito ne arrivano delle altre più “forti” e convenienti”

            Cosa questa che oggi sembra valere, neoliberisticamente e “transetnicamente”, in generale.

            E forse il fenomeno delle entusiastiche conversioni – brasiliane e altrove – tanto facili quanto labili (non solo di quelle religiose) è da ascriversi semplicemente a questo

      • Moi scrive:

        … il Mondo tradizionalmente Protestante (tendenzialmente triste e cupo … da far sembrare gioiosi perfino l’ Ebraismo e l’ Islam ! 😉 … ) , mi risulta che sia sempre meno tale: in favore dell’ Ateismo / Agnosticismo / Areligiosità : gli atteggiamenti più “puritani” sono mossi dalla paura di violare il Politically Correct , NON di Peccare !

  11. tomar scrive:

    Che il cattolicesimo sia in crisi solo in Brasile e che la bufera evangelica abbia risparmiato il Messico e gli altri paesi ispanici non corrisponde (purtroppo) alla realtà.
    Dico purtroppo pur non essendo credente, ma avendo visto da vicino negli anni 80 in Guatemala, vivendo in un villaggio indigeno, la progressiva penetrazione delle più varie e pittoresche sette evangeliche, schierate con l’esercito che massacrava i contadini ribelli, non pochi dei quali facevano parte dell’Azione Cattolica. Il primo evangelico di quel villaggio era stato anche il primo, negli anni 60, a sostituire nei suoi terreni la coltivazione del mais con quella del caffè, oggi di gran lunga prevalente.

    • PinoMamet scrive:

      Tra i personaggi più o meno pittoreschi che frequentano la sinagoga della mia città ho già ricordato un tizio sud americano (dell’Ecuador se ricordo bene) evangelico fissato con i midrashim (miti ebraici, diciamo) che lui prendeva completamente alla lettera.
      Fu gentilmente allontanato dopo un po’, e le ultime notizie lo davano tornato nel suo paese, dove aveva iniziato a frequentare una setta di protestanti ultra giudaizzanti…

      • Moi scrive:

        Be’ , non preoccupatevi : fa sempre in tempo a passare ai Raeliani 😉 o altri Ufi 😉 (difatti la PaleoAstronautica ritiene che i Midrashim
        e libri “proibiti” tipo Enoch siano più importanti della Torah !) … dopo che l’ avete allontanato dalla sinagoga !

    • Ros scrive:

      tomar: “…ma avendo visto da vicino negli anni 80 in Guatemala, vivendo in un villaggio indigeno, la progressiva penetrazione delle più varie e pittoresche sette evangeliche, schierate con l’esercito che massacrava i contadini ribelli…”

      Più che di Cristianesimo protestante in queste sette pseudoevangeliche abbiamo spesso quello che Harold Bloom ha descritto ne “La religione americana. L’avvento della nazione post-cristiana” del 1994

      https://www.amazon.it/religione-americana-Lavvento-nazione-post-cristiana/dp/8811738393

      Quante volte tali missionari altro non sono che le avanguardie del mercato neoliberale…

    • habsburgicus scrive:

      e pittoresche sette evangeliche, schierate con l’esercito

      i tempi nefasti di José Efrain Rios Montt, ex-DC passato al protestantesimo più estremo…
      ero ragazzino, ma fui ebbro di gioia quando l’8 agosto 1983 il gen. Oscar Humberto Mejia Victores infine lo depose ! intendiamoci non era molto meglio di Rios Montt, ma almeno non era così laido

      • tomar scrive:

        No, Humberto Mejia Victores non era molto meglio di Rios Montt, né lo era quello che l’aveva preceduto, Eugenio Laugerud Garcia, durante il cui mandato fu assassinato il decano della facoltà di diritto e prestigioso dirigente sindacale Mario López Larrave, nonché avvenne il massacro di Panzós, la prima delle matanze indigene del decennio successivo. Credo che sia stato proprio in seguito a questo massacro che Carter (l’unico presidente usano per cui sono riuscito a provare simpatia) decise di togliere l’assistenza militare alla giunta guatemalteca. Non so esattamente quando, liquidato Carter, l’assistenza sia tornata, comunque nel 1981 potei constatare che in questa assistenza era subentrato Israele.

  12. Andrea Di Vita scrive:

    @ Mauricius Tarvisii

    “risorse”

    Le possibili conseguenze sono descritte in questo film, che in via del tutto eccezionale fu elogiato da un editoriale di Nature per la sua verosimiglianza.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Gravity_(film)

    Ci fu sul film un amichevole botta e risposta fra la Cristoforetti e il regista. L’astronauta fece notare che nella realtà i frammenti sono troppo veloci per essere visibili ad occhio nudo, pur lodando il film per tutto il resto. Il regista rispose che qualcosa allo spettatore bisognava pure far vedere… 🙂

    L’attrice protagonista Sandra Bullock, che nella vita reale è anche una ballerina, interpretò sul set le numerose scene a gravità zero ballando fra specchi che rimandano l’immagine delle stelle sotto varie angolazioni.

    Da notare che a combinare il guaio qui sono i Cinesi. Oggi verosimilmente sarebbero i Russi 🙂

    Non sorprendentemente, fra i primi a proporre in passato a ESA una missione (non finanziata) per la pulizia dell’orbita bassa dai frammenti (mediante una sorta di gigantesco retino spaziale) furono gli Svizzeri.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  13. Miguel Martinez scrive:

    Ecco queste sono le notizie per me più interessanti, micro-notizie che rivelano tutte le crepe nascoste di un mondo in disfacimento.

    CRISI ENERGETICA E GUERRA, SOFFRE ANCHE L’IMPERO DELLA GRAPPA NONINO: «GAS 7 VOLTE PIÙ CARO, BOTTIGLIE INTROVABILI»
    Anche la Nonino, che vuol dire Friuli in mezzo mondo, ha sentito il colpo della crisi. E solo grazie a una serie di scelte lungimiranti e molto “furlane”, riesce a reggere la botta.
    La fotografia è scattata dall’amministratrice delegata Elisabetta Nonino. E la prima immagine è comune a molte altre aziende. Riguarda il gas, che nella produzione di grappa è centrale come poche altre materie. Serve infatti a far funzionare la caldaia che trasforma l’acqua in vapore, con quest’ultimo che poi serve per completare il processo di distillazione. Senza gas, niente grappa. «Fortunatamente – spiega Elisabetta Nonino – siamo riusciti a strappare un contratto ad un prezzo bloccato quando ancora non era arrivata la mazzata dell’ultimo periodo. Ma stiamo comunque parlando di un costo sette volte superiore (al metro cubo, ndr) rispetto a quello che pagavamo prima della vendemmia del 2021. Siamo stati lungimiranti e anche un po’ fortunati, ma se la guerra dovesse durare ancora a lungo entreremmo seriamente in difficoltà anche noi».
    Prima del gas, si usava l’olio combustibile. Adesso in Unione europea non si può più: la regola è quella sui limiti alle emissioni nocive. «Ma molti fanno i furbi – spiega ancora Nonino – e di fatto hanno delocalizzato dove queste regole non ci sono». Non l’azienda simbolo della grappa friulana.
    […] Non c’è solo la guerra in Ucraina o la scarsità di materie prime. Si sente ancora l’onda lunga della pandemia. E colpisce anche la Nonino, vediamo come. Molti produttori di bevande, infatti, si rifornivano in Cina. Costava meno, anche se la qualità era inferiore. La Nonino invece ha sempre scelto l’Italia, al massimo l’Unione europea. Ma adesso si trova lo stesso in difficoltà. «Con la pandemia – spiega sempre Elisabetta Nonino – i traffici navali dall’Oriente sono nettamente diminuiti. Molti spedizionieri sono falliti e i costi al container sono schizzati da 4mila a 14mila euro. Così chi si riforniva in Cina ora non lo trova più conveniente e si rivolge al mercato interno». Il risultato è una strozzatura che penalizza clienti storici come la Nonino, costretta a prenotare bottiglie ormai quasi introvabili e ad attendere anche mesi per poterle vedere arrivare. «Noi che siamo sempre stati seri – conclude – adesso ci ritroviamo danneggiati due volte». (Fonte: Il Gazzettino (https://www.ilgazzettino.it/nordest/pordenone/guerra_russia_ucraina_crisi_grappa_nonino_gas-6610143.html))

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “Nominò”

      È poco noto, ma costruire fisicamente una bottiglia di vetro non è proprio la cosa più ecologica del mondo.

      È vero che il vetro è fra le sostanze più innocue chimicamente (reagisce praticamente solo con l’acido fluoridrico) ed è riciclabile praticamente al 100%, ma a parte il fatto che una bottiglia dispersa nell’ambiente dura migliaia di anni (e se non essa, le sue schegge) il “semplice” atto di fondere (o rifondere, per riciclare) il materiale (sabbia con varie impurezze) necessario per produrre una bottiglietta di birra richiede 400 J, cioe’ 1/9 di Wattora. Vale a dire, novemila bottiglie richiedono 1 KWh. LA Coca Cola vende due miliardi di bottiglie al giorno.

      https://www.ultimavoce.it/coca-cola-ci-stiamo-bevendo-pianeta-la-nostra-salute/

      Anche ammettendo siano tutte riciclate, fanno 0.22 GWh al giorno. In un anno fanno circa 72 GWh. Sapendo che le bottiglie di plastica della Coca Cola sono un quinto di quelle prodotte al mondo

      https://comune-info.net/110-miliardi-bottiglie-coca-cola/

      e immaginando una simile proporzione per le bottiglie di vetro per semplicità, si ha che al mondo ogni anno per produrre o riciclare bottigliette di birra si consumano almeno (ho trascurato l’impatto del trasporto) 360 GWh, cioè poco più di 1/3 di TWh.

      Quanto consumano grosso modo gli abitanti di Savona. Solo per le birrette.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

    • Francesco scrive:

      Miguel

      il mondo “industrial-capitalistico” è sopravvissuto alla crisi petrolifera dei primi anni ’70: sei sicuro che questi rincari delle materie prime siano un segno di crisi e non il solito modus operandi del sistema?

      il sistema economico “di mercato” è un sistema oscillatorio, che procede per fasi di crisi e fasi di espansione (e sempre qualcuno trae conclusioni affrettate in un senso o nell’altro)

      ciao

      • Fuzzy scrive:

        Investono nella ricerca di nuovi giacimenti di petrolio soltanto se il ricavo lo consente. Ma i prezzi di vendita finora sono stati bassi
        Dati i costi di estrazione il prezzo del barile dovrebbe aggirarsi attorno ai 150 dollari.
        A quanto siamo adesso? A poco più di 100 dollari, con tutto il casino che c’è stato.
        Quindi sempre meno petrolio in giro.
        Poi però i consumatori si lamentano che la benzina, il gas e il gasolio costano troppo (vedi autotrasportatori e agricoltori). Biden
        sta facendo l’impossibile per far abbassare i costi dei carburanti.
        È tutto un tira e molla tra produttori e consumatori.
        Se alzi troppo il prezzo ne soffrono i consumatori, se resta basso, i produttori non investono, si ritirano dal mercato e il petrolio resta nel sottosuolo.
        Stimoli monetari? Si può dire che non ci siano stati? E con quale risultato?
        Dal petrolio dipendono tutte le altre fonti energetiche, perché è quello che ne consente l’estrazione.
        Io l’ho capita così. Se poi ho capito male accetto correzioni. Da evitarsi le sentenze vaghe.

        • Francesco scrive:

          >>> È tutto un tira e molla tra produttori e consumatori.

          basta questo, il 99% della questione è lì. peccato solo i politici che si intromettono e fanno danni.

          ciao!

  14. tomar scrive:

    Anche Radio Maria ha deciso di non trasmettere ieri la via crucis per protesta contro la preghiera comune sotto la croce di una donna russa e di una donna ucraina.
    Maria contro Gesù.

  15. Andrea Di Vita scrive:

    @ tutti

    Buona Pasqua!

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  16. Fuzzy scrive:

    Non puoi pretendere di andar molto lontano
    Se cerchi Pasqua nel rimario in italiano
    È questa festa che non sai perché l’han
    messa
    E la parola è un corpo estraneo essa stessa
    Ma se ti informi da qualcuno tipo un Saggio
    Ti potrà dire che è una festa di passaggio
    Mentre i bambini dipingevano le uova
    E si allietavano del non andare a scuola
    Non so se pure fosse festa per gli agnelli
    Che abitualmente si portavano ai macelli.
    E come ho già specificato poco prima
    Non faccio auguri perché non ho la rima

    Ma si, dai. Buona Pasqua!

  17. Miguel Martinez scrive:

    Brillante e “complessa” operazione militare della polizia italiana, catturati “una casalinga, un impiegato e un operaio, tra i 56 e i 42 anni” rei di aver “minacciato” addirittura il Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, tra l’altro osando dire, “Non ci sono parole per descrivere, vai solo buttato nel rusco” (preciso che copio SOLO CIO’ CHE DICE REPUBBLICA, CONDANNO NELLA MANIERA PIU’ FERMA QUALUNQUE CRITICA AL MINISTRO IN QUESTIONE).

    https://www.repubblica.it/politica/2022/04/16/news/minacce_online_a_di_maio_polizia_individua_presunti_autori-345690754/

  18. Tortuga scrive:

    Buona Pasqua a tutti.
    Stupenda opera musicale questa canzone, Miguel!

  19. tomar scrive:

    “Nelle prossime ore un fronte freddo velocissimo, proveniente dalla Finlandia…”
    Fa incazzare anche Eolo questa corsa invasata verso la Nato.
    Purtroppo il “tracollo termico” che (sembra) ci coglierà a Pasqua, non sarà nulla rispetto a quello sociale che ci aspetta nei prossimi mesi… che ci aspetterebbe ceteris paribus, cioè in uno stadio della guerra come l’attuale, il che non potrà certo essere vista l’incessante escalation cui assistiamo giorno dopo giorno, piantando banderillas sulla cervice del toro furioso in attesa di matarlo… a luglio dice un cremlinologo à la page.
    A luglio? Se va avanti così in climax ascendente non riesco a pensare realmente niente riguardo al tipo di tracollo in cui potremmo ritrovarci per quella data.

  20. roberto scrive:

    Buona pasqua a tutti!

  21. habsburgicus scrive:

    mi associo a Robelux…
    Buona Pasqua (occidentale) !

  22. Ros scrive:

    Buona Pasqua! …e, crepi l’avarizia, ci aggiungo pure il lunedì di pasquetta😀

  23. Mauricius Tarvisii scrive:

    Buona Pasqua!

  24. Mauricius Tarvisii scrive:
  25. Moi scrive:

    BUONA PASQUA !

  26. Moi scrive:

    1853 – 1856 … Guerra di Crimea : facciamo un po’ di Cancel Culture Storica 🙁 anche noi ? 😀 😉

  27. Moi scrive:

    Staltra 😉 settimana … si bissa a tavola con la colomba, l’ ovone e l’ agnello per l’ Ortodossa 😉 ?

  28. Moi scrive:

    Io cmq, per star un po’ più leggero, mi son preso anche un po’ di matzah … in ‘sto periodo !

  29. Moi scrive:

    @ PINO

    La מצה שמורה /Matzah Shemurah , è uguale all’ altra “normale” 🙂 … solo che viene sorvegliata durante la preparazione rituale, giusto ?

    • PinoMamet scrive:

      Viene sorvegliata durante la preparazione… rituale non saprei, non è che ci sia un rito particolare, nel senso cristiano del termine.
      La Matzah è semplicemente pane non lievitato, perché negli 8 giorni di Pasqua non si mangia pane lievitato.

      In generale vanno benissimo quelle certificate kasher-le-Pesach che si trovano in molti supermercati, ma sicuramente c’è sempre qualcuno “più kasher” degli altri che troverà motivi per non farsele andare bene 😉

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