Lo psicodramma di Greta Thunberg

Come sapete, qui non abbiamo mai accettato certe demonizzazioni di Greta Thunberg, anche se non ci piaceva per nulla il coro mediatica che l’improbabile ragazzina stava suscitando.

La questione ambientale è la questione del nostro ambiente, cioè praticamente di tutto ciò che ci circonda, Sulla fragilissima biosfera,

la specie umana si è specializzata in un’attività: trasformare risorse non rinnovabili, attraverso il fuoco, in rifiuti, in tempi sempre più veloci.

Il risultato è necessariamente il collasso, che però si presenta con i sintomi più imprevedibili, in cui è sempre difficile capire le relazioni.

Questa Questione preoccupava sostanzialmente solo un piccolo gruppo di studiosi, biologi, climatologi, laureati in agraria e simili, più qualche praticante di permacultura, finché non è esplosa Greta.

Dove per Greta intendiamo la sua personalità mediatica e il coro che l’ha circondata, di lei come persona non so dire nulla.

Greta ha fatto sì che miliardi di pesone scoprissero che esiste una questione ambientale, e questo è stato chiaramente positivo.

Greta ha ottenuto il loro ascolto, semplificando drasticamente la questione ambientale, in modo da farne uno psicodramma comprensibile.

Ha preso un unico sintomo del disastro, l’aumentata concentrazione di CO2 nell’atmosfera (che ovviamente c’è, ed è un sintomo particolarmente preoccupante).

Lo ha ulteriormente semplificato nel concetto di “riscaldamento globale“: il perfetto cattivo – quello che fa tanta, tanta paura ma quando alla fine sarà ucciso, tutti potranno vivere felici e contenti.

In questo psicodramma, si può vincere: siamo all’undicesima ora, ma non è ancora suonata la mezzanotte.

Gli scienziati conoscono il problema“, e avrebbero pure il rimedio, basta che i potenti li ascoltino: i potenti della finanza e quelli della politica.

Il pericolo di questo psicodramma è proprio che delega tutto tranne le marce in piazza:

  • alla finanza e alle imprese, che da causa della catastrofe si trasformano in soluzione, con una spennellata di verde
  • ai politici che possono presentarsi come salvatori e riversare fiumi di denaro sulle imprese che si stanno “riconvertendo”
  • ai tecnici di alto livello delle stesse imprese, che possono definire come meglio credono la Questione Ambientale, per presentare il passaggio di denaro dal pubblico al privato come l’azione che salverà il mondo.

L’essere umano tende naturalmente a cercare di controllare la biosfera.

Ma negli ultimi secoli, questo controllo ha preso la forma di una retroazione positiva a sua volta incontrollabile, ed è la causa stessa della catastrofe ambientale. Se alcuni esseri umani non avessero cercato di controllare l’atomo, non avremmo avuto Fukushima.

Ora, la soluzione di uomini della finanza, di imprenditori, di politici e di tecnici consiste nell’aumentare il controllo fino a farlo diventare totale – solo se ogni cosa che succede sul pianeta è nelle loro mani, dicono, potremmo evitare che succeda qualcosa di brutto.

Il culto della crescita e del controllo esalta tecnocrazia, capitalismo e potere politico.

La critica ecologica mette in discussione tecnocrazia, capitalismo e potere politico (e infatti non interessa a nessuno).

Lo psicodramma alla Greta colpisce tutti, ma delega la salvezza a tecnocrazia, capitalismo e potere politico.

Questa voce è stata pubblicata in ambiente, Collasso e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

66 risposte a Lo psicodramma di Greta Thunberg

  1. KARL scrive:

    Su Greta mi trovo d’accordo con Orlov (Greta e il “Deep State” verde , https://comedonchisciotte.org/greta-e-il-deep-state-verde/ ). In sintesi, tutto il baraccone mediatico “Greta” è stato creato dalle elite mondialiste al fine di fare accettare alle masse un futuro di crescente povertà per la stragrande maggioranza di noi a causa dell’esaurimento delle risorse, in primis energetiche, nonchè, al perpetuo godimento delle risorse rimanenti da parte di tali elites. Ed è questo il punto più importante, l’esaurimento delle risorse, anche se Orlov sottovaluta l’aspetto climatico.

  2. mirko scrive:

    Il problema è che non possiamo liberarci della tecnocrazia, del capitalismo e del potere politico.
    Almeno io non saprei come potremmo.

    • Francesco scrive:

      pienamente d’accordo con te, caro Duca

      fare senza potere politico è un non senso e basta; fare senza capitalismo lo metterei nella stessa categoria, il capitalismo è un fatto e non una ideologia; fare senza tecnocrazia non significa nulla, fare senza tecnica mi pare abbia come unico significato perdere la tecnologia e crepare in grandissima parte

      in questo ultimo caso credo valga il caso della fine dell’Impero romano d’Occidente, con moltissime nozioni tecniche perdute e un regresso delle condizioni di vita

      ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      Per mirko

      “Il problema è che non possiamo liberarci della tecnocrazia, del capitalismo e del potere politico.”

      Ma certo.

      Quello che intendo dire è semplicemente che non dobbiamo scambiare per “ecologia” il fatto che le grandi aziende si facciano ammodernare e rendere più efficienti i macchinari a spese del contribuente; che si riempia il cielo di decine di migliaia di satelliti; che si automatizzi ulteriormente l’agricoltura industriale (la famosa agricoltura 4.0), che si trasformino i boschi in fabbriche di biomasse da noi, che si “compensi” il CO2 da noi con vari trucchi contabili a spese del terzo mondo.

      Senza che si faccia nulla per ridurre i trasporti internazionali, per preservare la biodiversità, per salvaguardare la piccola agricoltura, per ridurre la cementificazione, e per smettere di scaricare i nostri costi sugli altri continenti.

      Se poi si fanno queste cose, e lo Stato dà anche dei contributi per coibentare meglio le case, bene.

      Se no, non è proprio ecologia, è un’altra cosa.

  3. Peucezio scrive:

    Miguel,

    a ‘sto giro non mi ritrovo proprio.

    Primo punto: a me sembra che Greta rappresenti solo il ritorno periodico a una lievemente maggiore ribalta ,ediatica di un problema che, sia pure in forme distorte e velleitarie, è entrato nella coscienza collettiva (anche creando controreazioni schematiche e stupide, del tipo: per contrapporci agli ambientalisti diciamo che sono tutte balle e inquiniamo a tutto andare) da decenni.
    Già negli anni ’60 c’era l’idea che si stava rovinando il paesaggio, ecc., ma non si aveva bene il senso dell’equilibrio ambientale mondiale compromesso (credo che proprio ancora non fosse stato compreso dagli scienziati); quando io ero bambino, negli anni ’70, quantomeno dell’inquinamento e delle sue conseguenze per la salute si parlava già molto. Negli anni ’80 si è cominciato col buco nell’ozono, il riscaldamento globale, l’effetto serra ecc. e sono venuti fuori anche in Italia per la prima volta i partiti ambientalisti, in particolare i Verdi del sole che ride, che mi pare siano entrati in parlamento nel 1986 (attingo alla mia memoria diretta degli eventi dell’epoca: comincio a essere vecchietto 🙂 ).

    Secondo punto: stringi stringi il tuo discorso è: Greta e chi per lei si rivolge a quelli stessi che hanno posto il problema, che non hanno nessun interesse a risolverlo e che faranno finta di volerlo risolvere, anche mettendosi alla testa della causa, ma continuando a fare danni.
    E l’alternativa qual è? Pensare che Peucezio, Miguel Martínez e pochi altri risolvano il problema ambientale contro le multinazionali, ecc.?

    Se davvero è come dici tu i casi sono due:
    – o a un certo punto questi qua, che ci stanno portando nel baratro, si convertiranno sulla via di Damasco, per la banale considerazione che nel baratro ci finirebbero anche loro, e cominceranno a imprimere un’inversione di rotta che, se non annullerà il danno, almeno lo attutirà, oppure
    – andremo nel baratro e ti saluto, malgrado gli sforzi e le migliori intenzioni di Miguel Martínez e di Peucezio (che nel frattempo magari si è convertito anche lui sulla via di Damasco e ha messo da parte la sua insofferenza per la raccolta differenziata e il suo amore per le automobili e i motori a scoppio).
    Nell’un caso e nell’altro le opinioni e i comportamenti di Miguel Martínez e Peucezio saranno stati del tutto irrilevanti, così come anche dei toscani amici di Miguel Martínez che fanno le coltivazioni biologiche senza certificazione e altri che fanno cose bellissime per loro stessi e chi ci entra in contatto, ma non cambiano di una virgola il problema generale.

    Il terzo problema è che come al solito nel tuo discorso, che è per certi versi fondatissimo e lucido, il pianeta viene identificato tout court con l’Occidente e i suoi meccanismi legati all’economia privata, cui gli stati e la politica soggiacciono, mentre il modello opposto, che in prospettiva potrebbe diventare egemone, vista l’erosione progressiva di egemonia dell’Occidente e visti certi limiti sistemici del modello di capitalismo senza controllo all’occidentale, non viene proprio contemplato.

    Ancora non mi è chiaro del tutto perché tu veda costantemente questo palcoscenico con un solo attore.
    La spiegazione che mi do, che mi evoca certe recenti discussioni con un’amica proprio su questo tema, è che dietro ci sia una sorta di metafisica del potere: il potere non è un’entità storica e come tale che interagisce dialetticamente con altre entità storiche concrete, ma è un’entità metafisica e trascendente e, come tale, monologica.
    Comprendi però che questa è una petitio principii non meno della mia sugli ebrei?

    • Francesco scrive:

      Mi permetto di confermare che negli anni ’60 si parlava abbastanza di inquinamento da far dire al presidente del Brasile “dateci il vostro inquinamento” (che qui abbiamo la fame da affrontare)

      battuta a parte, era già un tema pubblico molto prima di Greta

      • firmato winston scrive:

        Vero, per non parlare del paesaggio che infatti provoco’ l’introduzione delle piu’ vincolanti e castranti leggi urbanistico-edilizie dell’universo, che peraltro vietando tutto salvo pagamento di salati oboli, ebbero il solo effetto di far lievitare in modo abnorme i prezzi, creando al contempo millemila corporazioni burocratiche di “aiuto al cittadino” che occuparono militarmente il settore e produssero il vero inizio della speculazione da parte del pubblico e del privato, e del “mattone” come serbatoio di valore finanziario e unico modo di salvaguardare il risparmio (perche’ contestualmente comincio’ anche l’inflazione a due cifre).
        Mentre, prima degli anni 60 era ancora recente e vivissimo il ricordo che il cielo era affollato di aerei che sganciavano intere bombe, e non solo particelle di PM10, PM2.5, o molecole di CO2.
        Prima ancora, poco prima, la fame era qui e non in brasile. In brasile e in argentina ci sono molti piu’ eredi con almeno un genitore italiano migrato la’ per fame che italiani in italia.

  4. Francesco scrive:

    Miguel

    tu scrivi “delega” però forse è una forzatura. Non sarebbe più giusto “responsabilizza e coinvolge”?

    Ammesso che si possa fare qualcosa per salvarci la ghirba e l’ecosistema, mi pare evidente che il soggetto che lo fa debba comprendere tutta l’umanità, compresi, anzi in prima linea, tutti quei potenti che, a oggi, sono una parte del problema – mica l’unica e forse non la prima.

    Certo che potrebbero fare solo finta ma se non vengono coinvolti mi pare che abbiamo perso in partenza.

    Ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “Certo che potrebbero fare solo finta ma se non vengono coinvolti mi pare che abbiamo perso in partenza.”

      Benissimo.

      Che inizino a studiare come ridurre i trasporti internazionali, rendere più durevoli le merci e togliere i finanziamenti all’agricoltura industriale.

      Altrimenti, ripeto, non è ecologia e non si sono fatti proprio coinvolgere.

  5. mirko scrive:

    Quando il Sahara era ghiacciato:

    https://youtu.be/Emu_Wv8bVtQ

  6. Mauricius Tarvisii scrive:

    Domanda: ma chi prende le decisioni vincolanti per tutti se non il potere politico?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per MT

      “Domanda: ma chi prende le decisioni vincolanti per tutti se non il potere politico?”

      Infatti.

      Il problema sorge quando (esempi immaginari):

      1) il politico è una persona che sin dall’adolescenza, ha pensato che lo scopo dell’esistenza umana è che la banca faccia un profitto alla fine dell’anno

      2) il suddetto politico chiama a occuparsi di ecologia un tecnico che fa parte del consiglio di amministrazione di una ditta di armi e di una ditta di auto di lusso, che hanno come scopo fondamentale generare un profitto alla fine dell’anno

      Anche se si chiama “ecologia”, sarà “ecologia”?

      L’ecologia notoriamente non ha nulla che entusiasmi o attiri le persone, anzi è piuttosto deprimente, perché stronca la maggior parte delle nostre aspirazioni di grandezza.

      E anche se la coperta si fa corta, molti cercheranno di tirarla dalla parte loro.

      Quindi non pretendo che sorga una rivolta contro una simile situazione. Ma non deleghiamo a loro la definizione di “ecologia”.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Dunque perché è sbagliato tirare la coperta dalla “propria parte” come movimento d’opinione ambientalista?

        • Miguel Martinez scrive:

          Per MT

          “Dunque perché è sbagliato tirare la coperta dalla “propria parte” come movimento d’opinione ambientalista?”

          Nulla è sbagliato, capita.

          Poniamo che il Comune quest’anno dia 100.000 euro per iniziative artistiche.

          50.000 all’Orchestra Miguel, 30.000 al Coro Peucezio, 20.000 ai Cantori Lussemburghesi.

          L’anno dopo, il Comune ha solo 50.000 euro da dare per queste cose.

          Secondo te, i tre si metteranno felicemente d’accordo per dimezzare ciò che ognuno prende, oppure Miguel dirà, voglio 50.000 euro lo stesso.

          E se Miguel è proprio generoso, dirà, 48.000 euro per me e 1.000 a testa per gli altri due.

          Questo è il vero problema della decrescita involontaria.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Se Miguel piglia cinquantamila forse non ha bisogno di ricorrere alla piazza per ottenere qualcosa. I Cantori Lussemburghesi e il Coro Peucezio magari sì, possono avere interesse a coinvolgere l’opinione pubblica per ottenere una ripartizione più equa dei tagli: il politico ha paura di essere troppo impopolare, in fin dei conti.

          • PinoMamet scrive:

            Io sono indeciso se presentarmi nei Quattro Madrigalisti Moderni, o nel Coro a bocca chiusa “Città di Napoli” 😉

      • Peucezio scrive:

        Miguel,
        “L’ecologia notoriamente non ha nulla che entusiasmi o attiri le persone, anzi è piuttosto deprimente, perché stronca la maggior parte delle nostre aspirazioni di grandezza. ”

        Ma guarda che non è così!
        Cioè se ti riferisci a chi ha le mani in pasta e deve gestire il potere e i soldi nel concreto, senz’altro.
        Ma se pensi all’immaginario, l’ecologia sarà pure deprimente, ma la gente si compiace e si crogiola nella depressione, quindi non vede l’ora di soddisfare le sue aspirazioni di piccolezza.

        Pensa solo a questo virus, quanto sta appagando le pulsioni securitarie, paranoiche, salutiste, moraliste e antivitaliste di tanta gente, che gode all’idea dello stare chiusi in casa, dei locali chiusi e della polizia che va in giro a castigare i reprobi.

        E sull’ecologia è esattamente la stessa cosa. La gente non pensa: “che brutto! Stavamo così bene e ora probabilmente ci toccherà rinunciare a questo e quello”, pensa: “un mondo ecologico è così bello, tutto pulito e profumato!”.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Guarda ‘sta gente che odia godersi la vita e non apprezza più i piccoli piaceri di una volta, tipo lo smog!

          • Peucezio scrive:

            Giusto!
            Per goderti meglio la vita, la prossima volta che fai un viaggio, vai in bici anziché in treno o in aereo.
            Ci metterai molto di più, ma vuoi mettere il godimento?!

            • Francesco scrive:

              in effetti è uno dei miei sogni, una bella vacanza in bicicletta lungo il Danubio, con una chiatta che mi segue per dormire mangiare etc. ma io che pedalo

              però ha ragione MT: gli effetti dell’inquinamento si vedono ormai a occhio nudo, come quelli della crisi climatica. la gente può capire e agire di conseguenza, anche se tocca rinunciare a qualcosa

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Io in vacanza ci vado in treno, che è elettrico, non in SUV.

            • roberto scrive:

              beh io godo molto anche a fare vacanze camminando, ma al punto dove inizio a camminare ci devo pur arrivare
              🙂

  7. mirko scrive:

    Non tutti i Covid…

    Forse non tutto il Covid vien per nuocere. Certo quando il Covid verrà definitivamente sconfitto avremo, per ritessere la tela di un’economia lacerata, un rilancio della produzione e dei consumi. Troppe persone sono allo stremo per poter fare diversamente. Ma rimesse le cose a posto potrebbe cambiare il trend sul quale ci eravamo abituati a vivere prima dell’epidemia. Le persone potrebbero aver riscoperto il gusto e il valore delle piccole cose, delle piccole gioie. Per esempio, in una regione ridiventata ‘gialla’, il piacere di poter pranzare all’aperto con un amico o un’amica. È la privazione che ci fa comprendere i valori della vita. Eraclito lo aveva già detto ventisei secoli fa: “La malattia rende piacevole la salute e di essa fa un bene, la fame rende piacevole la sazietà, la fatica il riposo”. L’uomo postCovid potrebbe aver compreso che non è necessario consumare compulsivamente il superfluo, il voluttuario, l’inutile per star bene con se stesso e con i suoi simili, senza per questo doversi ridurre a una vita d’asceta. Una riduzione dei consumi comporterebbe necessariamente una parallela riduzione della produzione che dovrebbe concentrarsi sui beni essenziali. Questo darebbe anche un senso e un contenuto a quel sacco vuoto che è, per ora, il Ministero della “transizione ecologica” voluto fortemente da Beppe Grillo (anche se ovviamente il discorso non riguarda l’Italia ma tutto il mondo consumistico). Perché non c’è green o bio, più o meno sinceri ed autentici, che tenga se non si riduce drasticamente la produzione. Ogni energia, anche quelle più pulite, se utilizzata in modo massivo è, in una forma o nell’altra, inquinante. Un foglio di carta in una casa è innocuo, diecimila fogli ti tolgono l’aria, ti soffocano. Se davvero l’uomo postCovid, ridiventato tale e non più ridotto a consumatore costretto a ingurgitare il più rapidamente possibile quanto altrettanto rapidamente produce, seguisse la via di una relativa riduzione invece di continuare sulla strada di una progressiva e indefinita espansione, allora si aprirebbe un varco per quella che Maurizio Pallante, un pensatore che non a caso è stato oscurato, ha chiamato con felice espressione (la tautologia è qui inevitabile) “la decrescita felice”. Del resto Pallante riprende da due correnti di pensiero americane: il neocomunitarismo e il bioregionalismo. Il neocomunitarismo guarda al ritorno di una specie di feudalesimo senza feudatari, cioè a piccole comunità solidali che non abbiano sopra di sé alcun potere, né personale né statuale. Il bioregionalismo coniuga il comunitarismo, che è sostanzialmente un localismo, con l’ambientalismo. In pratica queste correnti di pensiero propongono “un ritorno, graduale, limitato e ragionato, a forme di autoproduzione e autoconsumo che passano per un recupero della terra e il ridimensionamento drastico dell’apparato industriale e finanziario”.

    Mi piacerebbe molto credere all’ipotesi di Pallante, col quale anni fa tentammo di fare fronte comune, ma non penso che le cose andranno così. La decrescita non sarà “felice” ma improvvisa e sanguinosa. Passato lo spavento del Covid, che avrebbe dovuto insegnare qualcosa, i reggitori della terra e tutti coloro che sono legati ai loro interessi o ai loro interessi piegati rilanceranno ulteriormente, approfittando proprio dell’abbrivio dato dalla ricostruzione, il modello di sviluppo che, partito intorno al Quattrocento con l’affermazione del mercante (poi imprenditore, poi finanziere) e sviluppatosi quindi con la Rivoluzione industriale e le sue successive evoluzioni, è oggi egemone. Questo modello si basa sulle crescite esponenziali che esistono in matematica ma non in natura. Tutto ha un limite. Non solo le fonti di energia ma anche la capacità della tecnologia, aiutata dal cervello umano, di autoinnovarsi (la famosa Singularity di cui parlava Gianroberto Casaleggio) o, se si preferisce, del cervello di potenziarsi costantemente attraverso la tecnologia. Quando, in un modo o nell’altro, non potremo più crescere ci sarà il collasso del modello, rapidissimo, nel giro di qualche mese, forse di qualche settimana. Si riproporrà la situazione che si ebbe dopo il crollo dell’Impero romano e delle sue strutture che diede origine al feudalesimo europeo. Ma l’Impero romano era uno sputo, seppur importante, del vasto mondo di allora, oggi il modello è pressoché globale e il collasso sarà globale.

    Quando nei primi Ottanta rimuginavo su queste cose, che sono all’origine della mia opera storico-filosofica, pensavo che questa catastrofe ci avrebbe raggiunto non prima di un centinaio di anni. Ma da allora le cose sono andate sempre più veloci, sempre più veloci, già adesso siamo immersi dentro una serie infinita e quasi indecifrabile di connessioni, in una complessità quasi insostenibile che sorpassa anche le giovani generazioni e le rende vecchie, obsolete, in pochissimo tempo.

    Nel 1982 feci per Pagina un’inchiesta che Aldo Canale ed io intitolammo “Scienza amara”, intendendo con ciò segnalare i pericoli cui ci esponevano la velocità assunta dalla Scienza tecnologicamente applicata e la Tecnologia stessa, idolo incontrastato allora come ora. Andai a Ginevra a intervistare Carlo Rubbia che allora dirigeva il CERN. Rubbia mi ascoltò infastidito, ritenendomi un “apocalittico”. Allora gli dissi: “Professor Rubbia, lei è un fisico e le faccio una domanda per la quale vorrei una risposta da fisico. Non è che andando a questa velocità noi stiamo accorciando il nostro futuro?”. Rubbia ci pensò un po’ poi ammise: “È così”. “Io vedo l’uomo tecnologico scendere una ripidissima strada in sella ad una lucente bicicletta senza freni. All’inizio era stato piacevole, per chi aveva pedalato sempre in salita e con immane, penosa fatica, lasciarsi andare all’ebbrezza e alla facilità della discesa, ma ora la velocità continua ad aumentare e si è fatta insostenibile, finché ad una curva finiremo fuori” (La Ragione aveva Torto?, 1985).

    Massimo Fini

    Il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2021

    http://www.massimofini.it/articoli-recenti/2017-non-tutti-i-covid

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      ecco, questo è perlappunto un esempio di ciò che dico nel commento più sopra.

      Massimo Fini, che ama le culture tradizionali travolte dall’Occidente, dimentica che nelle culture tradizionali c’è il mito della Cuccagna, dell’abbondanza e che la sua è una sensibilità crepuscolare e rinunciataria tipicamente moderna.

      • Francesco scrive:

        Peucezio,

        i miti sono miti, nessuno pensa o vuole vivere nei miti.

        ci si starebbe da schifo tra l’altro.

        questo lo si è sempre saputo!

        Carnevale viene una volta l’anno, dura un giorno, e così deve essere (Catone il Censore, se ricordo).

        E’ la tua voglia di godimento che è modernissima e sessantottina!

        • Peucezio scrive:

          Non è vero: ti assicuro che l’uomo tradizionale nell’abbondanza ci sarebbe voluto vivere davvero.
          E infatti i nobili, che potevano, lo facevano.

          I sessantottini non erano goderecci, erano cupi, repressi, nevrotizzati, moralisti e maoschisti.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Peucezio

        Uno che in mezzo alle culture tradizionali che tanto apprezzi ci ha vissuto quarant’anni testimonia che la passione per feste, carnevali ecc. altro non era che la controparte di una precarietà e di una fame ataviche.

        Mi riferisco a Jared Diamond, “Il mondo fino a ieri”, Einaudi.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • mirko scrive:

          Tanto ci stiamo tornando alla fame, grazie ai tuoi amici al governo.

        • Peucezio scrive:

          Ma la fame atavica era il risultato di una redistribuzione iniqua imposta dall’alto, dalle aristocrazie.
          Come dall’alto è stato imposto il modello capitalista borghese (e quello comunista, che ne è di fatto la versione asiatica statalista).

          Il popolo non è pauperista, vive la fame e la scarsità come una condanna, odia il lavoro e la fatica, non è puritano e repressivo, è vitalista, ama l’abbondanza, il piacere, il lusso, lo sfarzo, la bellezza, la ricchezza.

          Il borghese ama la privazione, il moralismo, la repressione, l’austerità, la tristezza, è continente, frugale, è infelice e soprattutto ama moltissimo rendere infelici e poveri gli altri (mentre lui dev’essere ricco ma non per goderne; solo per impoverire il mondo e imporre una morale pauperista).

          • PinoMamet scrive:

            Devo dire che un po’ secondo me ci prendi.

            Io conosco abbastanza il mondo degli “yeomen”- non saprei come dire in italiano: liberi coltivatori? emiliani, e non vedo fratture tra il mondo dei “signori” e quello dei “poveracci” in termini di visione della vita, se non che i poveri erano, appunto, più poveri. Ma mica ci godevano!

            E trovo che le doti che avessero erano la generosità, fino allo scialacquo, e la capacità di godersi la vita, quando possibile.

            I gretti erano altri, quelli che appunto sono diventati borghesi e ne hanno assunto il modello: sempre a far di conto e volersi mostrare “seri”, guai farsi vedere a sorridere.

  8. Miguel Martinez scrive:

    OT

    Una mia amica, per curiosità, ha fatto visita a Badoglio, che è questo signore qui:

    http://www.cesarebadoglio.com/

    Notevole la VIP gallery.

    Ha anche promesso di andare stanotte in un certo cimitero per lei, immaginavo che fosse una bufala, e invece lo fa davvero:

    https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mago-badoglio-tombe-1.2949396

    O magari non lo fa affatto davvero, ma la racconta così ai giornali.

    E non c’è cosa che renda più felice un giornalista fiorentino pagato meno di me.

    • PinoMamet scrive:

      Beh, l’associazione tra maghi e cimiteri è antichissima, solo che l’uso comune e raccomandato non era abbracciare le tombe ma ricavare parti di cadavere, o utilizzare la tomba e il cadavere stesso come “postino” per gli Inferi.

      Comunque “ricavare la forza da giovani uccisi in guerra” ci sta appieno, in questa tradizione: se non è vera, è ben pensata.

      Del resto, della galleria VIP mi stupiscono due cose: il gusto per l’abbigliamento del mago, che definirei eccentrico;
      e la sua statura che sembra estremamente variabile!!

      • Moi scrive:

        … Ech pió fât sugèt ! 😉

        Parente del Maresciallo Pietro ?

        Dopo Gozzini Vs Meloni parente strettissimo 😉 di quell’ altro Gozzini Giuristadegli Anni Ottanta … purtroppo, non ci si deve meravigliar più di nulla !

  9. Moi scrive:

    @ MIRKO

    Visto che ti piace il Personaggio …

    https://www.youtube.com/watch?v=IRJK-pE_9vA

    *************

    Massimo Fini:

    la Ragione aveva torto ?

    https://www.youtube.com/watch?v=IRJK-pE_9vA

    *************

    … 2017, senza Covid è inevitabilmente datato, purtropo 🙁 !

  10. roberto b. scrive:

    Amnche Amazon, buon ultimo (per ora) s’è unito al coro “zero-emissioni-ciodue” entro il… (e qui ciascun attore mette la data che più gli aggrada) secondo uno spot pubblicitario che gira in questi giorni nelle reti televisive. Insomma, stanno costruendo le auto elettriche o aibrid e devono vender(ce)le, così funziona la cosa. E c’è magari chi pensa che l’elettricità per ricaricare le batterie venga da quei quattro pannelli fotovoltaici che si vedono su alcuni tetti della case di campagna. Al meglio che ci andrà, pagheremo coi quattrini nostri sotto forma di nuove tassazioni la cosiddetta trasformazione green dell’industria europea automobilistica.

    • roberto b. scrive:

      Pardon, “trasformazione grin”.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Da un lato l’auto elettrica con un mix energetico fondato sui combustibili fossili sembra inutile, ma dall’altro può essere il primo passo per una transizione, come è già successo con il gas.
      In ogni città c’è l’ex gasometro (più correttamente, sarebbe un gassificatore con gasometro), cioè l’impianto dove si produceva il gas da carbone (gassificazione) che veniva immesso nella rete. Si inquinava come col carbone (solo che fuori città), ma, alla lunga, ha permesso il passaggio al gas naturale. Oggi abbiamo il gas, ma non più il gasometro.

  11. massimo scrive:

    In India c’e’, almeno per quanto riguarda l’eta’ , una “Greta ” locale . Purtoppo pero’ non se la sta passando bene in quanto Disha Ravi (questo il suo nome ) e’ stata portata in prigione (credo che sia libera sotto cauzione perche’ si e’ schierata dalla parte dei contadini che vengono schiacciati da politiche che non li aiutano e che ostacolano sempre di piu’ la possibilita’ di coltivare e vivere . Come al solito le accuse parlano piu’ o meno di cospirazione (chissa’ perche’ quando c’e’ qualcuno di traverso questo e’ sempre o un terrorista o giu’ di li’) , ma quando c’e qualcuno e in special modo giovane che ha a cuore un determinato problema e’ sempre bene ascoltarlo . In piu’ come dissi in un altra discussione , Greta (in questo caso quella svedese ) non e’ altro la spia che seganel un certo malessere .Poteva essere credo qualsiasi altra persona e tornando all’eta’ forse e’ questa che fa storcere il naso

  12. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martínez

    “Fukushima

    Se nessuno avesse imparato a usare l’energia atomica oggi non avremmo il 10% di potenza elettrica mondiale generata senza emettere CO2 nell’atmosfera, e invece di trentasette miliardi di tonnellate di CO2 emesse ogni anno ne avremmo quaranta.

    L’unico rimedio a una tecnologia non sufficientemente avanzata è una tecnologia più avanzata, proprio come dei buoni pasti sono l’unico rimedio alla fame.

    Il che, in un pianeta dove quattro quinti delle persone hanno fame mentre un quinto mangia troppo, è un paragone fin troppo azzeccato.

    Poi, se qualcuno mi tira fuori una fonte di energia non nucleare che non funzioni a intermittenza e non emetta CO2, sia il benvenuto.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      se qualcuno mi tira fuori una fonte di energia non nucleare che non funzioni a intermittenza e non emetta CO2, sia il benvenuto

      geotermica

      • Moi scrive:

        In Islanda …

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ MT

        “geotermica”

        Grosso modo, la temperatura sale di mezzo decimo di grado (in media!) ogni metri di profondità. A 20 km di profondità comincia la roccia fusa (geologi perdonatemi la semplificazione).

        Produrre vapore da mandare in turbina col calore terrestre richiede di scaldare l’acqua di circa 100 gradi (sottoterra la maggiore pressione aumenta la temperatura di ebollizione).

        Si richiedono perciò tubi che scendano di almeno 2 km. Percorsi da vapore rovente. La pressione sale a centinaia di atmosfere.

        BAH…

        Ciao!

        Andrea Di Vita

      • PinoMamet scrive:

        “Si richiedono perciò tubi che scendano di almeno 2 km. Percorsi da vapore rovente. La pressione sale a centinaia di atmosfere.”

        Suona molto pericoloso.
        Non come il nucleare… 😉

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ PM

          “pericoloso”

          Pericoloso no.

          Solo impossibile sul 99% della crosta terrestre.

          Mica è il nucleare.

          🙂

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Moi scrive:

            Fare con l’ Etna come coi vulcani Islandesi ?
            La sola Palermo ha quasi il doppio d’ abitanti dell’intera Islanda !

            … Avremmo un Magna-magna peggio del fatto che in Sicilia ci sono più Guardie Forestali (spesso fanKazziste) che in Canada !

          • PinoMamet scrive:

            Copio e incollo da stesso sito, un po’ sopra:
            “Le centrali elettriche geotermiche sono state tradizionalmente sviluppate in aree vulcaniche, caratterizzate dalla disponibilità di risorse geotermiche ad alta temperatura in prossimità della superficie o affioranti in superficie. Lo sviluppo di centrali a ciclo binario e i miglioramenti nella capacità di perforazione e nella tecnologia estrattiva, hanno permesso di estendere le zone geografiche dove sia possibile usufruire di questo tipo di energia.[28] Progetti dimostrativi sono operativi a Landau-Pfalz, Germania e Soultz-sous-Forêts, Francia, mentre un tentativo iniziato a Basilea, in Svizzera era stato chiuso dopo aver causato dei terremoti. Altri progetti dimostrativi sono in costruzione in Australia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America.[29] ”

            ma tanto a noi non interessa davvero nessuna “transizione green” 😉

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ PM

              Il magma sotto un vulcano ha percorsi poco prevedibili. Anche in Islanda, una perforazione per una centrale geotermica da appena di 1 MW è finita con una bella esplosione quando i condotti d’acqua hanno finito col toccare inavvertitamente roccia fusa.

              Lo si vede dalle turbine usate nel geotermico: sono formato mignon, rispetto a quelle a vapore e a quelle da energia da turbogas.

              Non credo esista al mondo (non dico in Italia o in Islanda, ma anche in California o in Giappone) un solo grande complesso industriale o una sola grande città alimentata a geotermico.

              Del resto, il pozzo più profondo scavato dall’uomo (nella penisola russa di Lola) non arriva a tredici km…

              Ciao!

              Andrea Di Vita

  13. Moi scrive:

    Beffardamente … 福島 (ふくしま)/ “Fukushima” significa “Isola della Fortuna / Buona Sorte”

  14. Moi scrive:

    … Questo sì ch’è un Green Product 😉 !

    https://www.youtube.com/watch?v=ZKLnhuzh9uY

  15. Peucezio scrive:

    Miguel,
    però mi piacerebbe, se ti va, una risposta alla mia obiezione sulla metafisica del potere, di cui più sopra.

  16. Val scrive:

    Mi stupisce che quando si parla di collasso e catastrofi ambientali future non si faccia mai esplicito riferimento alla questione demografica e alla inestricabile contraddizione che questa porta con sé. Fare figli è la prima forma di attentato contro l’ambiente: avranno bisogno di terra da coltivare e di appartamenti da abitare e di acqua da bere e di legna da ardere. Fare troppi figli è la via maestra verso l’estinzione o la miseria di massa. Non farli è ugualmente un ottimo metodo per estinguersi. Quando nasciamo abbiamo una sola certezza, dobbiamo morire. Perché ci turba tanto che oltre a noi si estingua quell’astrazione che chiamiamo umanità, e sulla quale proiettiamo un equivoco desiderio di immortalità? Alla fine la vita è una caduta dal grattacielo in cui fino allo schianto finale possiamo dire, “fin qui, tutto bene”. Vale per noi, vale per l’umanità nel suo complesso. Dovremmo goderci un po’ di più il presente.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Val

      “Mi stupisce che quando si parla di collasso e catastrofi ambientali future non si faccia mai esplicito riferimento alla questione demografica e alla inestricabile contraddizione che questa porta con sé. ”

      In realtà gli ecologisti lo fanno normalmente, mi sembra (non so se e non voglio sapere se lo fa la rubrica di Cingolani su Repubblica).

      E’ ovvio che, a parità di consumo, 20 persone fanno 2 volte il danno che ne fanno 10.

      La questione si complica, però, quando ciascuna di quelle 20 persone fa 20 volte il danno che fa ciascuna dei 10 del campione di confronto.

      A questo punto è come se avessimo, non 20 persone, ma 400.

      E l'”Occidente” si definisce proprio per questo.

      Quindi hanno una parte di ragione gli ecologisti indiani che dicono, “smettetela di criticarci perché abbiamo dei figli, tanto cento figli nostri fanno il danno che fanno due dei vostri”.

      Ma ovviamente l’aumento della popolazione è tollerabile solo se corrisponde a un tenore di vita basso; e comunque si toccherà sempre il limite.

      • Val scrive:

        Appunto. E quindi? Mi par di capire che l’alternativa è tra l’estinzione o la miseria. Se c’è rimedio, perché preoccuparsi? E se non c’è rimedio, perché preoccuparsi? 🙂

        Va beh, provo a prenderla da un altro lato. Quanto al biasimo per le incongruenze della ragazzina svedese (le bottiglie di plastica sulla barca, troppo costosa ovviamente secondo i critici) mi pare che sia la spia di una nevrosi moralista che manca completamente l’essenza della questione. Ci sarebbe da decostruire tra l’altro quel tanto di misoginia che ha in antipatia istintiva una giovane donna che agita il dito davanti al vecchio maschio potente, ma sorvoliamo. A proposito di potenti, mi sembra forzata, cioè non argomentata in modo convincente, se non addirittura caricaturale, anche la tua affermazione per cui Greta Thunberg sarebbe colpevole di una banalizzazione del problema funzionale a delegare “ai potenti e al capitalismo” la soluzione del problema. In fin dei conti è la solita critica dei benaltristi radicali, per i quali chiunque si provi a fare qualcosa o è sospetto di essere la quinta colonna del nemico o comunque di esprimere una critica troppo superficiale.

        Tutto si risolve nel solito dilemma: la banalizzazione del tema è funzionale a una sensibilizzazione del pubblico o, al contrario, è una maliziosa strategia per gabbarlo, facendogli accettare spacciandole come “eco-friendly” situazioni e comportamenti che non lo sono affatto? Ma persino questo dilemma lascia il tempo che trova.
        Mi sembra più interessante notare che, da un lato, il discorso mediatico tende a responsabilizzare, per non dire colpevolizzare, il singolo: addossando a lui il compito di camminare sulla retta via e di “comportarsi bene” (e infatti i bambini vengono catechizzati sulla differenziata già alle elementari). In sostanza questo permetterebbe di spostare sulle spalle del cittadino e delle famiglie una responsabilità strutturale del sistema di produzione dominante. D’altro canto, esiste tutta la retorica, molto spesso vuota ma qualche rara volta giustificata da risultati concreti, sulla sostenibilità, sull’economia circolare, sul risparmio di risorse naturali che delega alla scienza (o alla tecnologia) e alle imprese il compito di trovare soluzioni.
        Come sempre la verità, se esiste, è più complessa e sfuggente. Non è che sia poi così peregrino immaginare che proprio le imprese possano trovare qualche soluzione interessante al problema di cui sono causa. Al contempo, ne sono causa non perché vogliano distruggere il mondo ma perché il mondo è pieno di persone con bisogni da soddisfare. Tradurre un testo in inglese, lavare i vestiti a secco, bere latte, mangiare riso, vedere un film, viaggiare, telefonare, pulirsi il deretano con la carta igienica eccetera.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Val

          “Tutto si risolve nel solito dilemma: la banalizzazione del tema è funzionale a una sensibilizzazione del pubblico o, al contrario, è una maliziosa strategia per gabbarlo, facendogli accettare spacciandole come “eco-friendly” situazioni e comportamenti che non lo sono affatto? ”

          Dici parecchie cose interessanti e sensate.

          Per quanto possa valere la mia opinione da tastiera, Greta ha fatto benissimo a “banalizzare” la questione ambientale, scegliendo un unico tema.

          Tra l’altro è un tema ottimo, perché è uno dei più generali che ci siano.

          Il guaio non è lei, è che qualsiasi tema, in mano a “chi può”, si ritorce a favore dei potenti, per il semplice motivo che “possono” impostare il discorso come pare a loro.

          Non c’è molto da fare, in grande, su questo, se non evitare di farci abbindolare. Non da Greta, ma da chi fa cerca di farci le eco-coccole.

          • Val scrive:

            “Il guaio non è lei, è che qualsiasi tema, in mano a “chi può”, si ritorce a favore dei potenti, per il semplice motivo che “possono” impostare il discorso come pare a loro.
            Non c’è molto da fare, in grande, su questo, se non evitare di farci abbindolare. Non da Greta, ma da chi fa cerca di farci le eco-coccole.”

            Allora facciamo più attenzione a dove miriamo quando vogliamo fare questo genere di critiche. Sono l’ultimo al mondo a idealizzare chicchessia, figuriamoci una ragazzina che assume valore iconico (parola terribile della modernità mediatica), però un conto è criticare la capacità del capitalismo di fagocitare culturalmente qualsiasi antagonista (dalle religioni al Sessantotto all’ecologismo), un altro è accusare implicitamente i critici come Greta di fare il gioco del nemico. In fondo non mi pare si sia prestata a pubblicizzare auto elettriche o fornire l’endorsement alle puttanate pseudo ecologiste di Amazon, anzi risulta fastidiosa come tutti i monatti che girano col campanello e il cartellone “the end is near”. Ma se vogliamo essere onesti anche questa brutale verità (ma sarà tale? A quanto pare la popolazione mondiale è destinata a stabilizzarsi) non dirime la questione tra le tre possibili opzioni: crescita indiscriminata implosione dell’umanità; decrescita infelice; atto di fede nelle capacità umane di progredire applicando correzioni cammin facendo. Escludiamo la prima. La seconda comporta l’uscita dalla “azienda mondo” (secondo la perfetta formula di Hosea Jaffe, lettura sempre consigliatissima), ma è un’utopia cara a una minoranza e avrebbe in ogni caso costi sociali enormi, perché è l’agricoltura industriale, chimica e meccanizzata (e, oggi, digitalizzata) quella che ha permesso di sfamare miliardi di persone, non l’orto urbano con le zucchine ecologiche. La terza è la più complessa, perché può essere un grande bluff fatto di slogan e di eco-coccole palliative oppure una reale riduzione dell’impronta ecologica, frutto di un mix fatto da un rallentamento dei consumi (ma senza tornare al medioevo) e da soluzioni tecnologiche che riducano emissioni, inquinamento, sprechi eccetera.
            Che la soluzione in tal senso non possa essere delegata al capitalismo e all’innovazione market-driven mi pare, questo sì, fuori discussione. Per me vale, da questo punto di vista, lo slogan socialismo o barbarie. Cambia barbarie con catastrofe ecologica ed è lo stesso. Un rallentamento dei consumi o un leggero abbassamento del tenore di vita è indispensabile ma è impensabile fuori da una diversa distribuzione della ricchezza. Questo però non significa che l’economia circolare sia un bluff in quanto tale e che non si possa investire sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica per ottenere soluzioni “verdi”.
            Scusa la confusione e la lunghezza, spero di essermi spiegato…

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Val

              “Sono l’ultimo al mondo a idealizzare chicchessia, figuriamoci una ragazzina che assume valore iconico (parola terribile della modernità mediatica), però un conto è criticare la capacità del capitalismo di fagocitare culturalmente qualsiasi antagonista (dalle religioni al Sessantotto all’ecologismo), un altro è accusare implicitamente i critici come Greta di fare il gioco del nemico.”

              Forse mi sono espresso male, ma sono totalmente d’accordo. Infatti qui a suo tempo ho polemizzato con diverse persone che sostenevano appunto che Greta “facesse il gioco del nemico”.

            • Francesco scrive:

              >>> Che la soluzione in tal senso non possa essere delegata al capitalismo e all’innovazione market-driven mi pare, questo sì, fuori discussione.

              ehm, parliamone, caro Val, parliamone invece

              la capacità creativa del mercato mi pare incomparabile rispetto a quella di qualsiasi socialismo, compresi quelli di guerra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *