Più sul mondo che sul Mali…

Io arrivo sempre in ritardo quando ci sono le notizie.

Sul Mali, sento tre racconti diversi.

Racconto primo, che è l’unico che sentirete nei media o dai politici.

Ci sono i soliti Pazzi Terroristi Islamici, che questa volta agiscono nel Mali, che sta da qualche parte tra l’Afghanistan e l’Iran, forse.

Sgozzano, vietano i film, picchiano le donne.

Due minuti d’odio.

Ma ecco che si alzano in volo i nostri luccicanti bombardieri dotati di insetticida, evviva!

Racconto secondo, leggibile in represensibili angoli di Internet.

Ci sono, è vero, i Pazzi Terroristi Islamici, solo che sono al servizio dell’Emiro del Qatar, che è amico dell’Occidente, e quindi è tutta una truffa.

Racconto terzo, reperibile anch’esso solo in luoghi reconditi.

Ci sono i saccheggiatori francesi, o americani, che stanno facendo un’ennesima guerra per riportare a casa un carico di… segue un lungo elenco di risorse naturali, tratto da Wikipedia.

Tutti potrebbero avere un po’ di ragione, ma nessuno parla in realtà del Mali.[1]

Probabilmente perché non ne sanno nulla.

Come non ne so praticamente nulla nemmeno io, per cui non mi permetto di dire nulla di sicuro.

Voglio però costruire lo stesso un’ipotesi, magari piena di bachi.

I paesi che si definiscono “civili” hanno avuto negli ultimi due secoli come caratteristica fondamentale lo Stato Nazione.

Si tratta di un immenso dispositivo impersonale che tiene insieme la società.

Aiuta  i ricchi, ma garantisce anche un certo benessere ai poveri, cooptando il consenso della grande maggioranza, mentre assicura la paura generalizzata, con sistemi carcerari sostenuti da implacabili sistemi di indagine e di sorveglianza. Un dispositivo in cui gli addetti umani sono così poco importanti, che possono addirittura essere messi in competizione tra di loro attraverso elezioni.

Il Mali, disegnato sulla carta da qualche amministratore francese poco amante dell’arte, è uno dei paesi più poveri del pianeta. La maggioranza della popolazione è costituita da contadini che coltivano per se stessi e le proprie famiglie.

Solo che la terra fertile è quella, l’acqua è sempre meno, il deserto avanza quotidianamente (anche a causa, pare, dell’inquinamento atmosferico dei paesi industrializzati) e ogni donna fa in media più di 6 figli.

Sono cose che succedono in tutta la fascia dell’Africa che va appunto dal Mali fino in Eritrea, solo che per qualche strano motivo il mondo conosce solo il caso del Darfur, e adesso del Mali.

Le ricche risorse minerarie non solo non danno lavoro, ma provocano la cacciata dei contadini dai loro villaggi.

E il paese è popolato da almeno tre grandi etnie che non si amano affatto.

Quindi, uno Stato Nazione semplicemente non ci può essere nel Mali.

Però il Mali è da sempre un porto sul mare del Sahara: un tempo, partivano da Timbuctù le grandi carovane cariche di schiavi, oro, avorio e piume di struzzo, per la gioia dei ricchi di Marrakesh o di Firenze.

Anche oggi, il Mali si trova su due vie fondamentali.

La prima è quella dell’emigrazione dei nigeriani verso nord.

La seconda, a sorpresa, è la nuova grande via della cocaina sudamericana verso l’Europa, per valori che superano quello di tutto il prodotto interno lordo di molti paesi della regione.

Quindi, ciò che succede nel Mali si ricollega sempre alla Grande Idrovora, al nucleo del dominio che risucchia il mondo, e alle incessanti lotte per attaccarsi alle sue tubature.

Quando non c’è uno stato nazione, o c’è solo per finta, la società si organizza in altri modi.

Questa è ormai la regola in vaste aree del mondo, forse la maggioranza.

Pensiamo alle immense metropoli africane, in cui milioni di persone vivono apparentemente senza alcuna risorsa; e riescono a farlo in maniere che non sono sempre tragiche.[2]

Le forme possibili di organizzazione fuori dallo Stato sono tante.

La prima è proprio quella di chi possiede lo Stato, che in gran parte del mondo significa semplicemente il controllo degli aiuti esteri, degli appalti concordati con imprese estere, delle raccomandazioni e di uomini armati in divisa. Questo ci aiuta a capire il motivo per cui in quasi tutta l’Africa non può esistere il ricambio elettorale caratteristico dei paesi “occidentali”; e là dove c’è, ha funzioni diverse.

La seconda è quella delle comunità più o meno tradizionali, delle famiglie allargate, dei mestieri – in Nigeria, ad esempio, i mercanti riescono a supplire in maniera assai efficace all’assenza della polizia.

Altri gruppi si formano attorno a qualche bandiera, nel caso del Mali quello dell’Islam radicale.

Da dieci anni, tutto il dispositivo di sicurezza del pianeta cerca di arrivare alla “base di al-Qaida”.

Dubitiamo che là dove falliscono tutti gli esperti della CIA, ci riescano dei ragazzi della valle del Niger. Certo, possono leggere comunicati su Internet, ma nessuno è in grado di capire cosa ci sia dietro un misterioso sito che si autocertifica come “jihadista”.

E possiamo essere abbastanza sicuri che il Mali non sia stato invaso da colonne di jihadisti sauditi, più di quanto l’Emilia rossa degli anni Cinquanta fosse invasa da colonne di soldati russi.[3]

Se ci si rifa al mito di al-Qaida, quindi possiamo pensare più che altro a un’eccitante fantasia, a una bandiera. Ora, la domanda senza risposta è, come ha fatto questa bandiera a penetrare in comunità certamente non aperte a qualunque novità. “Si diffonde”, d’accordo, ma come?

Che ad agire sia lo Stato saccheggiatore, la comunità tradizionale o il gruppo simbolico-ideologico, il metodo di azione è necessariamente uno solo.

Deve creare consenso attorno a sé, distribuendo ricchezza e giustizia, e deve eliminare i propri nemici.

Ora, per eliminare i propri nemici, non può certo ricorrere al carcere, perché questa istituzione impersonale si fonda sui tempi lunghissimi: il magistrato che condanna un giovane all’ergastolo lo fa, sapendo che quando l’ergastolano sarà molto anziano, ci sarà una giovane guardia, oggi ancora non nata, a impedirgli di uscire.

Ciò che il gruppo chiama giustizia quindi deve essere sommaria ed esibita: più è esibita, più è efficace. E questo garantisce ai media, ovunque nel mondo, una vasta riserva di pittoresche immagini, che si possono tirare fuori selettivamente in caso di bombardamenti.

Infine, ogni gruppo può attingere a un serbatoio illimitato di giovani maschi che non hanno la minima prospettiva nella vita, ma hanno accesso ad armi.

Tutte le alleanze in questi casi sono provvisorie, perché ciascun gruppo serve solo se stesso, anche quando a parole accenna a qualche causa universale: nel Mali, mi sembra che operino almeno tre gruppi “islamisti” in conflitto anche tra di loro.

Tutto questo diventa interessante, se ci rendiamo conto che si tratta di un processo mondiale.

Lo Stato Nazione inizia a crollare in realtà a partire dal centro del dominio: lo constatiamo tutti anche qui, dalle infinite piccole crepe. Ma più è periferico un paese, più è fragile, e quindi più sensibile al futuro che avanza: il Mali è davvero un paese in via di sviluppo, come afferma il pietoso luogo comune.

Infatti, il processo che abbiamo descritto per il Mali è più o meno quello che vediamo all’opera in Messico, solo che il Mali è un paese incommensurabilmente più debole e povero.

Una vicenda come quella del Mali diventa così di enorme interesse, ma non per il gusto di fare il tifo di squadra. Per capire il futuro del mondo.

Note:

[1] Finché non avremo le registrazioni delle telefonate tra decisori francesi, non sapremo il vero motivo dell’attacco al Mali.

Se qualcuno arriva a essere un dirigente della NATO o un responsabile politico, certamente non può scandalizzarsi per eventuali atrocità che succedono nel Mali come succedono ovunque, per motivi strutturali, nel “Terzo Mondo”. La spiegazione sentimentale del teledipendente medio è quindi irrilevante al discorso.

Ma non mi convince nemmeno l’idea degli eserciti moderni come novelli vichinghi che entrano in una città e si portano via il bottino. Ci sono mille altri modi per impossessarsi delle risorse di un paese.

Forse i critici delle azioni militari occidentali sottovalutano un meccanismo semplice.

Il dispositivo militare moderno deve fare guerre, più o meno per lo stesso motivo per cui la Firenze Parcheggi deve scavare buche sotterranee – la scusa si trova sempre.

[2] Consiglio la lettura di quel grande racconto che è Shantaram di Gregory David Roberts, che offre un’impareggiabile descrizione della maniera efficacissima con cui gli abitanti degli slum di Mumbai – che magari sono oggetto dei buoni sentimenti di tanti occidentali – riescono a organizzarsi. E’ una lettura che mi ha aperto gli occhi.

[3] La possibile presenza di qualche algerino in Mali non ci spiega perché venga accolto e accettato da molti, mentre presumiamo che un missionario battista europeo non lo sarebbe.

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78 risposte a Più sul mondo che sul Mali…

  1. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Per me, il Mali è prima di tutto un paese di grandi musicisti.

  2. Lorenzo scrive:

    ma e’ vero o no che questi supposti “islamisti” si sono appropriati di una lotta indipendentista (per quanto questo senso abbia significato in uno stato “disgregato” come quello che descrivi) dei Tuareg, i quali pero’ tradizionalmente sono ben poco “conservatori” (nel senso ad esempio della condizione femminile ecc..). Non e’ una domanda retorica. Ho letto questa tesi in qualche articolo e mi chiedevo se ha un qualche fondamento.

    • Qûr Tharkasdóttir scrive:

      È vero quel che dici sulla cultura tradizionalmente più tollerante (senza esagerare) dei Tuareg. Lo dicono gli stessi Algerini, con un nota di invidia: da loro ragazzo incontra ragazza et fanno quel che a ragazzo e ragazza gli pare di fare Ma per quanto ho capito io, loro vivono in tutto il Sahara, un’area immensa. Tra i tantissimi gruppi/clan/tribù/strati sociali, alcuni si sono, diciamo “islamizzati” e/o alleati con gruppi islamici. E proprio in questi giorni, alcuni gruppi (suppongo diversi) hanno fatto sapere che dei fanatici non ne volevano sapere niente. In somma, non ci vedo una grande contraddizione – mutadis mutandis, a Milano regna Comunione e Liberazione, ma Milano è anche la città più fissata su YouPorn del mondo (notizia di oggi).

  3. Mauricius Tarvisii scrive:

    “Lo Stato Nazione inizia a crollare in realtà a partire dal centro del dominio”

    Dal centro del dominio dello Stato stesso (es: tracollo dell’apparato statale) o da un ipotetico centro del dominio mondiale (es: declino della forma statale nel suo centro di sviluppo storico, ovvero l’Europa)?

  4. Peucezio scrive:

    Miguel:
    “Per capire il futuro del mondo.”

    Bella analisi, come sempre.
    Ma non ho ben capito il perché dell’affermazione finale.
    Mi pare strano che il futuro del mondo siano situazioni analoghe a quella del Mali. Oggi non è più funzionale la povertà estrema di tante parti del mondo (l’Africa è solo la parte che ci arriva più in ritardo, ma quando sarà completamente una colonia cinese, sarà altrettanto assoggettata quanto lo è oggi, ma non penso sarà così indigente).
    Da noi in Occidente accade il contrario: la ricchezza si concentra e la povertà cresce, ma ciò fa parte di meccanismi di riequilibrio mondiale: per quanto ci impoveriremo saremo sempre dei nababbi in confronto ai paesi in via di sviluppo attuali (forse non in confronto a come essi saranno fra una generazione o due).
    Tutto ciò creerà altri problemi (ultimamente pensavi con preoccupazione a un futuro in cui ci sarà un’automobile per ogni abitante del mondo), ma, credo, ben diversi da quelli dell’Africa subsahariana (o sahariana, in questo caso) di oggi.

  5. Ritvan scrive:

    Miguel, Ritvan ‘O Bieko Correttore:-), nonché Autonominato Custode Intergalattico Del Dolce Idioma Dantesco:-) ti fa poco umilmente:-) presente che quel tuo “represensibili” non si trova nei vocabolari online del sullodato idioma.
    Si trova, invece, nei vocabolari del dolce idioma cervantesco “represensible” che significa “censurabile”.

    P.S. Secondo me tu sei un Bieko Agente del notorio Gombloddo della Hispanidad:-), incaricato di infiltrare spagnolismi nel dolce idioma dantesco per poter fare così dell’Italia una colonia!:-):-):-)

  6. Ritvan scrive:

    Copincollo qui anch’io:-) un mio passato commento sul Mali.

    “…i tuareg – presso cui gli islamisti hanno fatto presa ultimamente – erano fortemente discriminati dai governi maliani (e non solo da quelli, la sorte dei tuareg ricorda quella dei curdi, anch’essi divisi da confini tracciati col righello dalle potenze occidentali) e, pertanto, a mio immodesto:-) parere avevano tutto il diritto di rivendicare – anche armi in pugno, se non si poteva diversamente – una sostanziosa autonomia, se non addirittura l’indipendenza (come gli albanesi del Kosovo, per intenderci). Però,…. l’accordo con gli islamisti pare sia stato per i tuareg il classico rimedio peggiore del male e non solo per l’avversione dell’occidente nei confronti di Al Qaeda&co (che ha avuto indubbiamente il suo peso nell’intervento militare francese) ma anche perché gli islamisti vorrebbero imporre alla società tuareg un islam molto più “severo” di quello della loro tradizione.”

  7. Miguel Martinez scrive:

    Sui Tuareg e il Mali

    Partiamo sempre dalle mie conoscenze poco più che vichipediche, e lavorando di intuizione…

    Credo che si ragioni sempre in termini di enormi istituzioni tipo la Chiesa cattolica o il defunto Partito Comunista.

    Che c’è di strano che tra cento fluidi gruppi politici vagamente Tuareg – che devono fare sempre i conti con gruppi familiari, religiosi e altro – alcuni si avvicinano oggi a questi e domani a quegli altri, magari anche per farsi dispetto a vicenda?

    E’ tutto spiegato in Ammiano Marcellino, quando racconta i complicatissimi conflitti tra le complesse comunità che abitavano alle frontiere dell’impero romano.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius T

    ““Lo Stato Nazione inizia a crollare in realtà a partire dal centro del dominio”

    Dal centro del dominio dello Stato stesso (es: tracollo dell’apparato statale) o da un ipotetico centro del dominio mondiale (es: declino della forma statale nel suo centro di sviluppo storico, ovvero l’Europa)?”

    La seconda che hai detto. Il crollo parte dal centro, che è allo stesso tempo l’elemento meglio attrezzato per resistere alle proprie crisi; per cui tocca prima le periferie, e poi sempre di più il centro.

    Cerca le piccole crepe – il Comune che quest’anno, per la prima volta, non ha i soldi per riparare il tetto di un palazzo di sua proprietà, ad esempio. Per cui pian piano se ne impossesserà un feudatario locale.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Ritvan

    “Si trova, invece, nei vocabolari del dolce idioma cervantesco “represensible” che significa “censurabile”. “

    Hai trasformato un banale errore di digitazione – doveva ovviamente essere “reprensibile” – in una cosa davvero interessante, per cui per la prima volta NON correggerò l’errore che segnali!

    Anzi, si richiede l’introduzione della parola represensibile in italiano.

    • Ritvan scrive:

      —Anzi, si richiede l’introduzione della parola represensibile in italiano. Miguel Martinez—
      Lo dicevo io che sei un Bieko Agente Della Hispanidad!:-):-)

    • PinoMamet scrive:

      La mia politica è che se si dice in una lingua neolatina, va bene anche in un’altra…
      😉

    • PinoMamet scrive:

      Del resto l’Italia è la regione degli “incartamenti” raccolti (perlomeno dalle mie parti) in una “carpetta”, tutta roba presa dagli spagnoli così com’era…

      • Ritvan scrive:

        Insomma, caro Pino, ci proponi una riedizione in chiave lessicale del famigerato “Franza o Spagna purché se magna”?!:-)

      • Moi scrive:

        No, ma guardate che in teoria dire “carpetta elettronica” sarebbe più Italiano che dire “fàil”, per quanto più scomodo.

        @ PINO

        Mai capito perché _ se ne accennava una volta_ in Italiano si dica “pomodoro” (termine indubbiamente pretenzioso “pomo d’ oro”) e non “tomato/i” o “tomaco/hi” … mah.

        • PinoMamet scrive:

          beh nel dialetto di qua è “tomaca”, quindi…
          (credo di origine catalana…)

        • Ritvan scrive:

          —Mai capito perché _ se ne accennava una volta_ in Italiano si dica “pomodoro” (termine indubbiamente pretenzioso “pomo d’ oro”) e non “tomato/i” o “tomaco/hi” … mah. Moi—
          Perché così lo chiamò nel seicento il botanico italiano Pietro Mattioli (probabilmente perché a quel tempo i frutti non erano rossi come oggi, bensì tendenti al giallo). Informati sulla Sacra Wiki, infedele&miscredente!:-)
          P.S. Prima che tu ti butti sul traduttore automatico albanese:-), in tale idioma il pomodoro si chiama “domate” (dall’etimologia azteca, come nella maggior parte delle altre lingue, con la “t” iniziale trasformata in “d”). Però, nel dialetto nordoccidentale (Shkodra, Lezha ecc., zone con una nutrita presenza di cattolici e, pertanto, dai legami mai sopiti con l’Italia) i pomodori si chiamano “mollatarta”, che è la traduzione letterale di….mele d’oro.

        • Ritvan scrive:

          ERRATA CORRIGE
          Nel mio precedente commento leggasi “cinquecento” al posto di “seicento”.

  10. Ritvan scrive:

    Una succinta analisi della guerra in Mali, fatta da Sergio Romano:
    http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_Gennaio_21/LIBIA-E-MALI-DUE-GUERRE-UNITE-DA-UNO-STESSO-FILO_a04e19e0-6398-11e2-9016-003bf863ea6b.shtml
    da cui cito:
    “…I risultati di quella guerra (in Libia-ndr.) ….sono per molti aspetti alle origini della crisi del Mali. Le milizie jihadiste che si sono impadronite delle regioni settentrionali del Paese sono composte da guerriglieri allevati nella guerra libica. Le armi con cui hanno combattuto sono quelle molto efficaci e moderne che i nemici di Gheddafi avevano fornito alla resistenza. Hanno conquistato il nord con l’aiuto delle popolazioni locali (i Tuareg), da tempo secessioniste, ma si sono sbarazzate rapidamente dei loro alleati e hanno creato un nuovo anello islamista nella lunga catena dei presidi di Al Qaeda dall’Atlantico al Mar Rosso. Il Sahel è oggi probabilmente, insieme al Pakistan, la più pericolosa area geografica del pianeta….”

    • Pietro scrive:

      Sono arrivati prima della guerra libica, sono arrivati dopo la “rottura” con i Taliban. Almeno a quanto ne so io, Segio Romano scopre l’acqua calda anche quando e’ fredda

  11. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Mi pare strano che il futuro del mondo siano situazioni analoghe a quella del Mali. “

    Non esattamente. Intendo dire che il collasso degli Stati Nazione è nel futuro di tutti, ed è particolarmente visibile nel caso del Mali.

    Poi non è affatto detto che in Italia seguirà una situazione di quel tipo, anche perché molto dipende da dove tira l’Idrovora.

    E anche dal fatto che questa situazione, che somiglia in maniera rigorosamente al collasso dell’impero romano, è accompagnata invece da qualcosa di totalmente diverso: cioè la velocissima espansione del controllo e della manipolazione totale, il ciberdominio insomma.

    Magari l’Italia finirà per costituire un’isola di feudatari cyborg, circondata da tanti Mali.

    • Peucezio scrive:

      “Intendo dire che il collasso degli Stati Nazione è nel futuro di tutti, ed è particolarmente visibile nel caso del Mali.”

      Io credo che ciò valga soprattutto in Occidente (dove gli stati nazionali erano forti), mentre in quello che si chiama o si chiamava Terzo Mondo, come tu stesso noti, da quando esistono sono sempre stati più o meno involucri vuoti; i paesi emergenti invece non sembrerebbero andare nel senso dell’indebolimento dello stato come accade altrove. Questo ora come ora, in futuro chissà.

    • Francesco scrive:

      Miguel

      sicuro che il collasso dello Stato nazione sia un fenomeno universale?

      in Asia mi pare abbastanza inesistente, in nord Europa anche, l’Africa è generalmente in forte crescita, con eccezioni, l’America Latina mi pare anche – tolti voi messicani e le vostre mattanze musicate – la crisi mi pare colpire lo stato sociale europeo e i grandi truffatori USA, quelli che per 30 anni hanno stra-vissuto a credito e non sanno tornarne indietro

      mi sa che il sorpasso è più vicino di quanto pensi Peucezio

  12. mirkhond scrive:

    “Il crollo parte dal centro, che è allo stesso tempo l’elemento meglio attrezzato per resistere alle proprie crisi; per cui tocca prima le periferie, e poi sempre di più il centro.”

    Beh, qualcosa di simile accadde con l’impero assiro (740-612 a.C.), il cui crollo iniziò proprio dalle periferie egiziana, meda e babilonese.
    Oppure la Pars Occidentis della Romània, con il collasso dell’autorità centrale in Britannia, dopo il golpe e la morte dell’imperatore-usurpatore Costantino III (407-411 d.C.)

  13. Ritvan scrive:

    —Forse i critici delle azioni militari occidentali sottovalutano un meccanismo semplice.
    Il dispositivo militare moderno deve fare guerre, più o meno per lo stesso motivo per cui la Firenze Parcheggi deve scavare buche sotterranee – la scusa si trova sempre. Miguel Martinez—
    E meno male che più su ti dichiari estraneo al “gusto di fare il tifo di squadra”!:-) (e altrove di non apprezzare il cosiddetto “complottismo)…..
    Cioè, famme capi’, secondo te nel presente caso i generali francesi, smaniosi di smaltire le loro riserve di “insetticidi” aviotrasportati, a chi avrebbero dato le bustarelle:-) per avere quella “scusa”? Al biekissimo emiro del Qatar, servo dell’Occidente Kapitalista:-), perché mandasse i suoi pseudojihadisti telecomandati:-) a invadere il Mali? O al presidente del Mali perché chiedesse l’aiuto militare francese, pur essendo l’esericito maliano perfettamente in grado:-):-) di respingere l’attacco? Dai, sù, stupiscimi:-)….e non ti azzardare a dirmi che aspetti che le telefonate fra i biekissimi generali guerrafondai:-) francesi diventino di pubblico dominio, eh!:-)

    • Francesco scrive:

      >> Il dispositivo militare moderno deve fare guerre

      sarei interessato a una qualche motivazione di questo postulato, e del “moderno” che mi pare aggiunto

      • Ritvan scrive:

        —“Il dispositivo militare moderno deve fare guerre” sarei interessato a una qualche motivazione di questo postulato, e del “moderno” che mi pare aggiunto. Francesco—
        O che tu fai, chiedi “motivazioni” per un postulato…anzi, diciamo meglio, per un DOGMA FONDANTE dell’Antimperialismo Militante&Praticante?!:-) Non penserai mica – da cattolico – di chiedere anche al Papa “qualche motivazione” per cui egli è ritenuto infallibile quando parla ex cathedra, cribbio!:-):-)

        • Ritvan scrive:

          Anzi, caro Francesco, pensandoci meglio, “qualche motivazione” te la posso fornire io.
          Nell’ottica del Glorioso Antimperialismo Del 7° Giorno:-)Il Biekissimo Dispositivo Miltare Moderno (solo quello Biekamente Imperialista, of course:-) ) deve fare guerre principalmente per dimostrare l’utilità della propria ragion d’essere…insomma, anche il Dispositivo tiene famiglia:-) e non vorrebbe essere smantellato come un “ente inutile” per essere poi mandato a fare Lavori Socialmente Utili, cribbio!:-)
          Come esercizio logico si potrebbe anche accettare, solo che se estendessimo tale giochino intellettuale ad altre categorie socio-professionali avremmo degli scenari piuttosto inquietanti, nonché ci beccheremmo qualche querela. Qualche esempio.
          Il Dispositivo Poliziesco-Carabinieresco Moderno deve fare perquisizioni, arresti, inseguimenti – con sparatorie allegate o senza – e così via, altrimenti che ci sta affa’? Si potrebbero mandare tutti a zappare la terra, cribbio!:-)
          Il Dispositivo Medico-Chirurgico Moderno deve fare vaccinazioni, rianimazioni, trapianti d’organi e altri interventi chirurgici vari e variegati, altrimenti che ci sta affa’? Idem a zappare come sopra, aricribbio!:-)
          A ‘sto punto tu probabilmente obietteresti:”Ma Ritvan, i delinquenti e le malattie esistono ed operano a prescindere dall’esistenza e dall’attività di forze dell’ordine e dei medici” e io ti risponderei: Già, e anche le guerre e le guerriciole nel mondo, a prescindere dal Biekissimo Dispositivo Militare Moderno.
          A quel punto non ti resterebbe che gettare la maschera e dire chiaro e tondo, da Glorioso Antimperialista Del 7° Giorno quale sei:-):”Ma Ritvan, Il Biekissimo Dispositivo Militare Moderno (Imperialista, ça va sans dire:-) ) non si limita a intervenire nelle guerre, egli LE FOMENTA E LE PROVOCA, cribbio!”. E qui ti volevo, perché delle due l’una: o il suddetto Biekissimo Dispositivo è composto da gente di un’altra “razza” – chessò, Rettiliani?:-) – rispetto a poliziotti, carabinieri e medici (e qui ti chiederei la prova del DNA:-) ) oppure – in virtù del suddetto principio del “tengo famiglia” – si dovrebbe sostenere – come già detto, a rischio di querele – che le forze dell’ordine FOMENTANO E PROVOCANO la delinquenza e i medici FOMENTANO E PROVOCANO il propagarsi di malattie e gli incidenti (da cui trarre i preziosi organi da trapiantare). O no?:-):-)

          Ciao
          Ritvan ‘O Marzulliano:-)

  14. Mauricius Tarvisii scrive:

    Lo Stato nazione è un fenomeno storico destinato a terminare come tutti i fenomeni storici, è chiaro. Tuttavia non sono sicuro che in questi anni stiamo davvero assistendo alla crisi dello Stato nazione, nè in Europa nè nella “periferia”.
    In Europa siamo davanti ad una crisi finanziaria di alcuni stati, da cui trarre conclusioni generali sarebbe come se qualcuno avesse suonato la campana a morto per il fenomeno dell’attività bancaria davanti ai fallimenti delle compagnie Bardi e Peruzzi nel Trecento. Da noi c’è stata una trasformazione dello Stato nazione che ha perso i suoi connotati di soggetto bellico (la guerra è ormai un’attività del tutto marginale per gli europei, anche dal punto di vista dei bilanci pubblici: un punticino e qualcosa di PIL non è nulla davanti alle altre spese) e si è trasformato in erogatore di servizi ai cittadini. La crisi del welfare è un sintomo della crisi dello Stato? Non lo so, ma non mi sembra così scontato. La stessa Unione Europea, la principale “minaccia” alle realtà statali, sembra non risucire a prendere realmente il volo.
    Le difficoltà finanziare delle amministrazioni periferiche alla fine sono compensate da un maggiore accentramento delle scelte decisionali, che per quanto possano essere liberiste, sono sempre espressione di una mentalità intrisa di Stato.
    Anche l’argomento della situazione della “periferia” mi sembra abbastanza debole, visto che gli Stati falliti, le giunte militari e le guerre civili sono sempre state pane quotidiano delle aree periferiche da quando esiste lo Stato. E, dove le forze centrifughe prevalgono e sconfiggono il governo, finisce che si impongono forme statuali (vedi il Sudan del Sud). Lo Stato, paradossalmente, sembra al tracollo solo dove è ancora abbastanza forte per impedire la secessione di propri territori (che si darebbero un’organizzazione statale), ma non abbastanza per riprendere il controllo del territorio. Insomma, in “periferia” l’assenza di Stato sembra essere ancora un accidente (anche a tempo indeterminato, ma quello che conta è ciò che si pensa), più che la forma di organizzazione sociale di arrivo.

    • Peucezio scrive:

      Non sono molto d’accordo.
      E’ proprio il potere decisionale degli stati che si è andato progressivamente erodendo negli ultimi anni. Per cui è vero che ha ancora una serie di prerogative, un relativo controllo del territorio, gestisce una serie di cose, ma sono molte di meno rispetto a quelle che gestiva prima. E cioè non si nota tanto in basso, quanto in alto. Cioè a livello locale lo stato c’è ancora. E’ a livello delle decisioni economico-finanziarie (ma anche, in minor misura, politiche e militari) che hanno un’influenza enorme sullo stato stesso e sulla società, che esso ha un potere ormai molto ridotto.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Veramente le decisioni formalmente le prende sempre lo Stato. E, sostanzialmente, il potere politico ha lo stesso potere che aveva negli inesistenti “tempi d’oro” dello Stato nazione (che poi vorrei capire quali sarebbero stati): da sempre la politica è semplicemente un modo per contemperare e far pesare gli interessi senza spargimenti di sangue e mi sembra che nessuno voglia tornare alle faide pre-statali.

  15. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Buona lettura: il penultimo romanzo di Jean-Christophe Rufin (non lo trovo in italiano):

    http://www.deastore.com/livre/katiba-jean-christophe-rufin-libra-diffusio/9782844924667.html

    che, come sempre con lui, ci da una buona idea della complessità dei rapporti nel Sahara odierno.

    Poi, parlando di represensible, una questione di grammatica: è passato di moda quel che mi era stato imparato nella mia distante gioventù, cioè che sarebbe “Targhi” il plurale di Tuareg?

  16. Ritvan scrive:

    —-….una questione di grammatica: è passato di moda quel che mi era stato imparato nella mia distante gioventù, cioè che sarebbe “Targhi” il plurale di Tuareg?Qûr Tharkasdóttir—
    No, nessuna moda: semplicemente che secondo la Sacra:-) Wiki (siempre sia lodata:-) ) è esattamente l’inverso, ovvero è “tuareg” ad essere il plurale di “targhi”:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Tuareg
    E non credo che tale “inversione” sia una “moda” wikipediesca recente, visto che già nel lontano 1937 la Treccani dava “tuareg” come plurale di “targhi”.
    http://www.treccani.it/enciclopedia/tuareg_(Enciclopedia_Italiana)/
    E siccome mi pare che qui non abbiamo mai menzionato quel nome inteso al singolare siamo a posto così:-).

    Ritvan Il Sacro Custode Megagalattico Della Grammatica Del Dolce Idioma Dantesco:-)

    • Ritvan scrive:

      @ Qûr Tharkasdóttir
      Siempre per la serie “Ritvan ‘O Biekissimo Cazziatore Grammaticale”:-), ricordo vagamente:-) che nella mia distante gioventù mi è stato INSEGNATO che nel dolce idioma dantesco non si dice mai “mi è stato imparato”:-):-)

      • Qûr Tharkasdóttir scrive:

        Di nuovo, perfettamente ragione. Un dettaglio solo, il dolce idioma romanesco, a me non mi è stato i-n-s-e-g-n-a-t-o a scuola e neppure a casa, ma me lo son imparata da sola. Per cui… abbiate pazienza!

    • Qûr Tharkasdóttir scrive:

      Grande Ritvan, SCMGDID: non so come ringraziarLa per avermi ringiovanito la sgretolante memoria! E per avermi dato l’opportunità di combattere questa pigrizia incallita, e quindi avermi fatto scoprire che queste parole vengono dall’arabo. Se ci fidiamo alla Viklipedia, i Tuareg stessi si chiamano tutt’un’altra cosa: Kel Tamashaq o Kel Taguelmust

  17. Ritvan scrive:

    @ Qûr Tharkasdóttir
    Grazie di aver apprezzato le mie correzioni e soprattutto grazie per il tuo senso dell’umorismo:-).

  18. Moi scrive:

    @ RITVAN

    ” i pakëndshëm ” 🙂

    http://www.lessicografia.it/REPRENSIBILE

    😉

    • Ritvan scrive:

      —@ RITVAN” i pakëndshëm ”
      http://www.lessicografia.it/REPRENSIBILE
      Moi—

      Mmmm…veramente a me, da biekissimo:-) albanese, risulta che nel mio idioma “i pakëndshëm” significa “sgradevole”, mentre “reprensibile” dovrebbe fare “i qortueshëm” (dal verbo “qortoj”, che significa più o meno “cazziare”:-) ).

      • Moi scrive:

        “Reprensibile” [sic] lo avevo già letto da qualche altra parte.

      • Moi scrive:

        Ho riprovato Google Translator Italiano-Albanese con “biasimevole” … mi ha dato :

        ” i dënueshëm ” …

        • Ritvan scrive:

          —Ho riprovato Google Translator Italiano-Albanese con “biasimevole” … mi ha dato :” i dënueshëm ” …Moi–
          Mmmm…questo magari potrebbe andare, anche se la radice del termine albanese è “dënim” che significa una condanna/sanzione concreta (pecuniaria o altro) e non una generica e piuttosto teorica “riprovazione”. Suggerirei di nuovo “i qortueshëm”.

  19. Moi scrive:

    @ Qûr Tharkasdóttir

    Ma, se si può sapere … come t’è venuta _ dall’ Islanda, si direbbe, o Figlia di Tharka 🙂 _ ‘sta passione per l’ Italiano e l’ Italia ?

    • Qûr Tharkasdóttir scrive:

      ¿Passione? ¿¡Macchébbazzione!?

      • Moi scrive:

        Il discorso “freddezza” passi pure per il resto della Scandinavia, ma … in Islanda ci sono tanti ghiacciai quanti vulcani: stazioni termali all’ aperto (!) balneabili tutto l’anno magari sotto un cielo di notti bianche o aurore boreali e … perfino banane coltivate in serra geotermica.

        PS

        Quando Giacomo Leopardi scrisse il “Dialogo fra la Natura e un Islandese” Reykjavík doveva essere più piccola di Senigallia oggi ; -) !

  20. jam scrive:

    ..ma chi detiene le redini del narcotraffico?
    i tuareg più che del mali si sentono dell’azawad e viceversa, credo che i tuareg siano considerati nel mali come dei cittadini inferiori. nell’azawad, l’ansar dine, cioé i tuareg x la sharia, sono davvero minoritari, ma hanno un certo potere eonomico e armi, godono di finanziamenti, e non sono amati dalla gente, da sempre abituata a vivere un’altro tipo di islam meno intransigente.
    il MNLA (movimento nazionale di liberazione dell’azawad) é formato da musulmani che non vogliono aver nulla a che fare con ansar dine, mujao e aqmi ed i loro deliri per l’imposizione forzata della sharia .

  21. Miguel Martinez scrive:

    Per jam

    “ma chi detiene le redini del narcotraffico?
    i tuareg più che del mali si sentono dell’azawad e viceversa, credo che i tuareg siano considerati nel mali come dei cittadini inferiori. nell’azawad, l’ansar dine, cioé i tuareg x la sharia, sono davvero minoritari, “

    Sai, è proprio su argomenti di questo tipo che non mi sento di dire nulla. Non so nemmeno chi gestisce il traffico di droga in Oltrarno, figuriamoci nel Mali. E sono certo che i politici di destra diranno che sono i fascisti e quelli di sinistra diranno che sono i musulmani 🙂 Magari ricamando su singoli casi, o semplicemente inventando. Per cui non riesco nemmeno a immaginarmi cosa si potrebbero inventare le varie parti interessate, a proposito del Mali.

    So solo che la cocaina passa in quantità inimmaginabili per il Mali, e che qualche gruppo armato sicuramente deve entrarci.

    Poi trovo credibile ciò che dici sul fatto che solo una minoranza dei Tuareg siano attratti da certi movimenti, ma qui stiamo parlando (come di Qur Th. nel suo commento successivo) di cose che cambiano costantemente, e credo secondo interessi, più che secondo idee.

  22. Miguel Martinez scrive:

    Comunque, qualsiasi comunità umana (anche quella veneta, ad esempio) ha una quantità incredibile di regole: anche i Tuareg, presumo, ne abbiano, semplicemente non sono quelle dell’Islam wahhabita.

    Inoltre, non tutti i movimenti islamisti del Mali sono Tuareg: credo anzi che siano in maggioranza Fulbè, ma forse mi sbaglio.

    La domanda che mi pongo, e a cui ovviamente nessun giornalista frettoloso potrà mai rispondere è, in che modo, almeno tra una minoranza di Tuareg o di Fulbè, è stata possibile la veloce sostituzione delle regole tradizionali, con quelle “nuove” degli islamisti?

    Cioè, io arrivo in Sicilia – che è un tessuto di regole non scritte rigido almeno quanto quello dei Tuareg – e decido di imporre uno stile di vita giapponese: come è possibile?

    • Francesco scrive:

      0) sei armato e addestrato e deciso

      1) ti fai passare per un anti-mafia e un anti-partiti

      2) elimini fisicamente prima qualche mafioso e politico, poi quelli che protestano contro i bastoncini e la cerimonia del the

      cosa te ne pare?

    • PinoMamet scrive:

      Premesso che a parlare del Mali assomiglio ai famosi ciechi che tentano di capire come è fatto l’elefante…

      più che i giapponesi in Sicilia, credo che il paragone sarebbe quello con i Testimoni di Geova da noi.

      Naturalmente gli italiani possono convertirsi, come chiunque, a tutte le fedi religiose; logico però che lo si faccia per motivi diversi. Un italiano (ammesso che sia possibile diventarlo, non so) può benissimo diventare shintoista, per dire, come molti sono diventati buddhisti e qualcuno induista.

      Ma non credo che degli ipotetici missionari shintoisti avrebbero lo stesso successo dei Testimoni di Geova.

      Perché per diventare shintoista, vuol dire che l’impianto della religione cattolica non ti piace in toto, e devi avere una qualche curiosità intellettuale (“alta” o “bassa” o “media”, non importa) per qualcosa di completamente diverso. Ma qualcosa di completamente diverso non potrà mai diventare una cosa di massa (perlomeno non in tempi brevi; e anche in tempi lunghi, non senza sostanziali cambiamenti; ma non divaghiamo).

      Invece, non voglio dire tutti, ma quasi tutti i Testimoni di Geova che ho conosciuto provenivano da contesti di un certo disagio: economico, psicologico, sociale (un’immigrata dal SudAmerica, per dire) e così via.

      Penso perciò che i Testimoni di Geova funzionino (abbastanza) perché offrono un qualche tipo di speranza concreta, legata non al radicale cambiamento, ma alla “correzione” delle credenze religiose.

      Non suonano cioé al campanello del pensionato a dirgli: “Sai cosa, dovresti offrire un’offerta a Amaterasu, allora sì che staresti bene…”: il pensionato gli chiuderebbe la porta in faccia.
      Per avere speranza di farsi aprire, devono parlargli di una cosa che conosce:
      “il mondo va male perché non ascolta Gesù Cristo… tu credi di conoscerlo, ma non è così, lascia che t idica cosa ha detto davvero…”

      esiste cioé un terreno comune.

      In questo caso è la Bibbia, nel caso dei salafiti o wahhabiti o quel che l’è è il Corano, ma comunque deve esistere un terreno comune con chi deve essere convinto; e questo deve avere dei motivi terreni per cui abbia bisogno o voglia di essere convinto da qualcuno.

      Poi, aldilà del fatto di cosa-è-eretico-per-chi, il credo dei Testimoni di Geova c’entra con il Cattolicesimo italiano tanto quanto l’Islam dei salafiti c’entra con le abitudini dei musulmani del Mali o dei Balcani, cioé per niente;
      ma intanto hanno qualcosa in comune di cui parlare.

      per questo in Mali ci sono i terroristi salafiti e non quelli, per dire, fondamentalisti protestanti o induisti militanti.
      Un pastore protestante può benissimo convertire qualche abitante del Mali, e anche più di qualcuno, certamente;
      ma non avrà mai il terreno comune con la massa di tutti i maliani.

      invece un fondamentalista della “tua” religione ha il terreno spianato: se stai male (e immagino che in Mali le situazioni di disagio non siano poche…) arriva uno e ti dice, sì, sei musulmano, ok, ma stai sbagliando tutto.

      a quel punto, quello che rende interessante l’approccio fondamentalista, è proprio il fatto di NON essere tradizionale, di essere radicalmente diverso dalla tradizione…
      il che spiega anche l’accanimento contro i simboli monumentali della tradizione stessa, altrimenti inspiegabile:

      un italiano ateo o shintoista 😉 non si sognerebbe mai di dar fuoco a una chiesa cattolica; anzi, moltissimi atei convinti finiscono per sposarsi in chiesa e far battezzare i figli (ne conosco..);
      al contrario, senza arrivare agli estremi del terrorismo (vista anche le radicalmente diverse condizioni sociali ecc.) ho conosciuto dei testimoni di Geova che si rifiutano totalmente di entrare in una chiesa cattolica, fosse pure per il funerale di un parente stretto…

    • Ritvan scrive:

      —Cioè, io arrivo in Sicilia – che è un tessuto di regole non scritte rigido almeno quanto quello dei Tuareg – e decido di imporre uno stile di vita giapponese: come è possibile? Miguel Martinez—
      Concordo con la risposta di Francesco (specie sul punto 0 ) ma soprattutto con l’ottima – anche se un pochino troppo lunghetta:-) – risposta di Pino. Sostenere che fra tuareg e islamisti/salafiti ci sia più o meno lo stesso divario cultural-religioso come fra giapponesi e siciliani non è degno della tua intelligenza, caro Miguel.

  23. jam scrive:

    ..le regole nuove degli islamisti non sono ancora “passate” sono imposte.
    i tuareg sono una società quasi matriarcale, certamente matrilineare e queste donne proprio perché musulmane, non si faranno oltraggiare dagli islamisti.
    chi detiene il narcotraffico? domanda non poi cosi’ difficile: semplicemente occorre informarsi su chi ha i soldi oggi da quelle parti e avremo la risposta.
    ciao

  24. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Chiarimenti, o piuttosto la quasi impossibilità di chiarire qualsiasi cosa:

    http://www.rue89.com/2013/01/22/petit-glossaire-de-la-guerre-contre-le-terrorisme-au-mali-238840

     – cortesia di Pepe Escobar, quel brasileiro bacana (http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/OA26Ak02.html)

  25. Va Fangul scrive:

    Bambino [indicando due cacciabombardieri parcheggiati a un centinaio di metri dalla pista dell’aeroporto civile]: “Mamma, che cosa sono quelli?”.
    Madre: “Sono aerei che vanno a fare il bene in Africa”.

    Aeroporto di Trapani Birgi, 15 luglio 2011,
    durante i bombardamenti della NATO in Libia

    (cit. da A. Dal Lago, Carnbefici e spettatori, pag189)

  26. Moi scrive:

    A parziale (!) attenuante 🙂 per Qûr Tharkasdóttir va detto che “imparare” usato indistintamente come “insegnare” è molto frequente “al parlato” da parte dei Meridionali.

  27. Pingback: Più sul mondo che sul Mali… | FiascoJob Blog

  28. Moi scrive:

    SEGNALAZIONE

    °° Storia dell’ Islam: Problematiche e Metodiche °°

    Un certo Tom Holland, è partito dal presupposto che “è ora di basta” : -) con gli Accademici _ e relativi Allievi che poi fanno i Saggisti Politically Correct che consigliano i Politici Relativisti Culturali_ gli Accademici, si diceva, Occidentali Orientalisti che, per tenersi buoni i Migranti Islamici da un lato e gli Sceicconi del Petrolio dall’ altro, prendono per oro colato il racconto a-critico di un Angelo che detta un Libro lungo e complesso a un Analfabeta …

    Tom Holland ha quindi provato a indagare con piglio “Skeptic” tipo UAAR :

    “Islam the Untold Story”

    http://www.youtube.com/watch?v=MZuNNkojDYg

    il principio è lo stesso che diceva Ibn Warraq :

    se è stato possibile sottoporre il Cristianesimo e l’ Ebraismo a vaglio storiografico il più possibile oggettivo, senza prendere sempre acriticamente per oro colato, come fanno gli Accademici Orientalisti di Occidente, le immaginifiche leggende dei pastori e dei cammellieri dei più sperduti deserti semitici … perché non cominciare a fare un lavoro serio anche per l’ Islam ?

    • Moi scrive:

      Tom Holland è uno scrittore e un divulgatore storico, le basi per questo documentario “Islam: The Untold Story” per conto di Channel 4 gli sono fornite dalla Storichessa ; -) Patricia Crone, Islamologa Eretica 😉 Danese naturalizzata USA.

      Insomma, diciamo che Tom Holland vuole essere più serio di Dan Brown … chissà se lo è almeno quanto PierGiorgio Odifreddi. 😉

      • Ritvan scrive:

        E che cosa avrebbe scoperto il sor Holland che i Biekissimi Relativisti-Culturali-Accademici-Occidentali-Orientalisti ci tenevano nascosto per compiacere gli “Sceicconi Ricattatori”:-)?! Che non esistono gli angeli dettanti…e magari che neanche Maometto è esistito…e se putacaso fosse esistito avrebbe sposato una bambina di 2 anni?:-)
        Ma vada a scopare il mare, il sor Holland e tutta la “razza” sua!

  29. Moi scrive:

    @ Ritvan

    Comunque “reprensibile” se lo cerchi fra la Crusca e i dizionari risulta esistente.

    • Ritvan scrive:

      —@ Ritvan: Comunque “reprensibile” se lo cerchi fra la Crusca e i dizionari risulta esistente. Moi—
      Questo nessuno lo ha messo in dubbio.

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