Thomas Homer-Dixon, il romanista dell’impero

Sto leggendo The Upside of Down, di Thomas Homer-Dixon.

Il libro parla delle grandi catastrofi storiche, in particolare della caduta dell’impero romano, costruendo paralleli con la crisi mondiale attuale.

Lo spunto è un complesso studio che l’autore, professore universitario in Canada, ha condotto sul consumo energetico richiesto per la costruzione del Colosseo; e da qui compie ampie escursioni in campi come lo sfruttamento delle risorse, la demografia e il cambiamento climatico, arrivando a teorizzare il concetto di catagenesi, cioè del collasso di sistema complessi che porta alla nascita di nuovi sistemi.

In apparenza, Thomas Homer-Dixon non ha nulla dell’ottimismo di certi cultori dell’impero, che sostengono che viviamo nel migliore dei mondi e che le preoccupazioni ecologiche ed energetiche sono perdite di tempo.

Però, tutta la ricerca di Thomas Homer-Dixon ruota attorno al tema, come governare l’imminente catastrofe. Che è un tema estremamente concreto per tutto il vasto dispositivo di dominio mondiale.

Infatti, Thomas Homer-Dixon si vanta di essere un consulente per la CIA, il National Security Council, il National Intelligence Council e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Thomas Homer-Dixon, ci informa Wikipedia, è professor di “Sistemi globali” presso il Centre for International Governance Innovation (CIGI), istituito con notevoli finanzialmenti da James Balsillie, miliardario canadese nel campo delle telecomunicazioni e uno dei pochi membri della Trilateral Commission.

Secondo l’associazione dei docenti universitari canadesi (CAUT), le università che accettano i fondi del CIGI – in tempi di duri tagli ai fondi statali – sono obbligate a concedere al think tank di Balsillie il diritto di scegliere e talvolta anche di licenziare il personale accademico.

Lo studio dell’impero romano, in Italia, sarebbe competenza di qualche solitario latinista, o al massimo potrebbe essere considerato utile per qualche infausto Disneyland antico-romano.

Mentre il sistema del dominio statunitense investe denaro e ascolta attentamente chi cerca nella storia di quell’impero, lezioni utili per salvare il salvabile dell‘impero attuale.

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73 risposte a Thomas Homer-Dixon, il romanista dell’impero

  1. Francesco scrive:

    Senti, alla fine ci racconti se ci sono buone notizie o se l’entropia dell’Impero è senza rimedio? così, tanto per regolarci …

    Grazie

  2. Peucezio scrive:

    Mi chiedo se l’esempio del Colosseo sia davvero pertinente oppure se l’autore del saggio l’ha scelto solo per il fatto che è più conosciuto, anzi, probabilmente è l’unico monumento antico romano di cui in America è nota l’esistenza (tolta qualche decina di professori, completamente avulsi dalla realtà e detentori di un sapere occulto e iniziatico, precluso ai comuni mortali).

    • Francesco scrive:

      mi sa che devi togliere “in America”, perchè a chiederlo altrove “cosa hanno costruiti i Romani?” non credo si abbiano molte risposte diverse da “il Colosseo”.

      🙁

    • PinoMamet scrive:

      Cose che non c’entrano:

      annissimi fa, c’era un gruppetto di ragazzi americani (statunitensi) che studiavano nella mia città per un qualche scambio culturale di cui non so più nulla.
      Una mia amica, ora insegnante di ruolo, all’epoca non ancora laureata o neo-laureata, dava loro lezioni di italiano;
      lo impararono a livelli decenti in tre, tutte ragazze, una di origine coreana o sino-coreana; una di origine brasiliana-italiana, già avvantaggiata in partenza; e una newyorkese ebrea dalla parentela illustre… gli altri brancolavano nel buio, per scarsità di voglia direi, e in qualche caso anche per asinità, e dopo mesi in Italia sapevano dire “buongiorno, grazie” e poco altro.

      Io fui chiamato dalla mia amica per fare conversazione in italiano, e mi capitò la newyorkese, che peraltro era molto simpatica e girava con dei collant bianchi da cui trasparivano terribili pelazzi neri, visto che non si depilava… era molto prima di Sex& the City 😉

      Ora, stiamo parlando di studenti dal background sociale alto, provenienti da famiglie che potevano pagare la migliore istruzione statunitense sul mercato, eppure il livello di cultura generale era piuttosto basso, diciamo a livello di un ITIS italiano, ma non dei migliori.
      Portati in giro, in mia presenza, nei dintorni, si dimostravano stupiti del fatto che “romanico” e “romano” indicassero due cose diverse;

      ma soprattutto, ciò che mi stupì parlando con la “mia” studentessa, era che di fatto l’unica cosa che sapeva della cultura di Roma antica era che fosse una società “brutale”, disse proprio così, e mi lasciò stupito, perchè- da studente latinista e grecista, e da italiano- avrei definito Roma antica in mille modi, ma certo non in quello.
      Non voglio dire che non fossero violenti e sbrigativi, all’occorrenza, ma ecco, non mi viene da dirli brutali più di quanto lo direi di mio nonno, e sentirli definire così mi fece esattamente lo stesso effetto che mi farebbe sentirlo dire di mio nonno.
      Poi uno dice che non conta…

      anche perchè di altro sapeva proprio poco, non è che ci fosse un equilibrio o che fosse un giudizio espresso dopo chissà che studi, semplicemente doveva essere il modo in cui l’americano medio, anche upper class, pensava a Roma antica.
      Mentre io, per semplificare molto, penso a Berlusconi e D’Alema (o Bombolo e Cannavale) in toga…

      • Ritvan scrive:

        — …l’unica cosa che sapeva della cultura di Roma antica era che fosse una società “brutale”, disse proprio così, e mi lasciò stupito…Pino Mamet—

        Caro Pino, perché ti stupisci? Come già detto il “simbolo” dell’Antica Roma negli USA (e non solo) è il Colosseo, no? E cosa si faceva nel Colosseo?…ecco, appunto:-).

        Ciao

        • PinoMamet scrive:

          Io scrivo “pollice verso” nel senso che si dà comunemente all’espressione nella cultura popolare, ma in realtà non ci sono troppe certezze a riguardo di questo
          (non si sa bene come fosse eseguito questo gesto, insomma, ma probabilmente non “pollice in giù” o “pollice in su” come nella Roma hollywoodiana…)

      • PinoMamet scrive:

        Mmm
        mettiamola così: io di mestiere faccio l’impresario di spettacoli gladiatorii.
        Con la mia, come definirla, troupe di gladiatori, giro per i vari anfiteatri; quanto mi costa un gladiatore? tra comprarlo (che mica tutti vanno bene), allenarlo in modo che sappia fare il suo lavoro e nutrirlo perchè riesca a farlo e fare bella figura (nessuno vuole vedere un lottatore denutrito che non si regge in piedi) ci vanno dei bei soldini…
        siamo proprio sicuri che a ogni spettacolo me ne muoia la metà?

        Io non ne sono mai stato sicuro, e mi pare che molti archeologi (si sa, loro devono fare delle ricerche serie, gli ci vuole un po’ più tempo… ) ormai la pensino come me.
        Insomma, i giochi gladiatori erano assai meno cruenti, quantitativamente, di quanto si supponesse.

        Qualitativamente, chi avesse dimestichezza non cursoria con la storia e la letteratura antica, sapeva già che lo scontro vero e proprio tra “morituri” era solo la parte culminante del ludus, ma moltissimo tempo era impiegato per spettacoli collaterali “circensi” nel senso moderno, lotte incruente di liberi cittadini appassionati dello “sport” gladiatorio (anche donne, vedasi Marziale), balletti e così via.
        Inoltre, anche lo scontro vero e proprio (tra persone appartenenti alla stessa troupe o comunque allo stesso ambiente, che conoscevano bene tutti i “trucchetti” e che non è detto avessero proprio voglia di morire…) mica sempre finiva col “pollice verso”, eh?

        Si sa anche che molti gladiatori raggiungevano la libertà e per così dire la pensione dopo lunga e onorata carriera.

        L’idea che mi sono fatto io, insomma, è che sì, qualcuno o più di uno ci morisse, sostanzialmente se aveva la sfiga di finire di fronte a un imperatore sanguinario o una folla particolarmente intemperante (magari anzi temperata proprio dall’imperatore), o anche per incidenti del mestiere, ma molti meno di quanti si sia portati a credere.

        Poi c’erano i condannati ad bestias, che erano una cosa diversa: dovevano morire, e ci si aspettava che morissero, era una condanna a morte dopotutto.

      • Peucezio scrive:

        Questo fa capire qual ì il background anche della cultura universitaria e del mondo accademico. O i professori e gli studiosi americani cascano giù dall’Empireo direttamente sulle cattedre già con la scienza infusa, oppure è gente che fino ai vent’anni più o meno ha una cultura come quella della tua irsuta amica e poi, a froza di fare studi specialistici e approfonditi, apprende cose un po’ più complesse, ma il suo sostrato resta quello: come se in Italia fai fare studi universitari molto seri e approfonditi a uno che, proveniente da una famiglia di analfabeti, ha fatto fino alla terza media per poi fare lavoretti da manovale o un istituto tecnico dei più scalcinati.

        • PinoMamet scrive:

          Ti dirò, il tuo paragone mi sembra un po’ esagerato, ma la mia impressione è tutto sommato quella.

          da cui anche l’impressione, un po’ straniante, di lontananza dagli statunitensi, anche colti, dalle “radici” (culturali) europee, di cui avevamo già parlato.
          Insomma, io se mi mettessi a studiare le culture cosiddette pre-colombiane, per approfonditi che siano i miei studi e per buona che sia la mia volontà, resterò sempre uno “straniero”, dovrò sempre fare uno sforzo intellettuale per capire cose che a un aymarà o quechua o lacandone magari appaiono semplici e naturali;
          e questa è l’impressione che mi danno spesso gli statunitensi rispetto a noi
          (anche i letterati, mica solo gli studenti…)

        • Zhong scrive:

          L’educazione universitaria e la selezione negli USA sono quasi l’opposto di cio’ che accade in Italia e, in generale, in Europa.

          In Italia e’ (o era) difficile arrivare ad una laurea. Inoltre dopo 5, 6, 7, 8, anni etc… uno puo’ anche laurearsi con la lode. Negli USA il corso dura *X anni* e basta.. alla fine degli *X anni* si riceve un voto che dice cosa lo studente ha fatto *in quei X anni*.

          Per questo la laurea e’ certa anche per un asino, pero’ il voto di laurea in genere e’ molto indicativo..

          Negli USA il dottorato e’ molto selettivo. Questo a differenza dell’Italia dove il dottorato dura 3 anni, alla fine dei quali il titolo e’ quasi garantito. Invece, negli USA, i primi due ani sono quasi solo di studio (e non di ricerca) alla fine dei quali ci sono i famigerati “quals”

          http://www.phdcomics.com/comics/archive.php?comicid=28

          .. passati i quals inizia la vera e propria attivita’ di ricerca che si conclude quando ci sono abbastanza risultati per completare una tesi degna.

          Io, personalmente, credo che ci siano vari vantaggi e svantaggi in tutti e due i sistemi.

          Zhong

        • Peucezio scrive:

          Pino, mi chiedo se sia solo una questione di rapporto con la civiltà classica ed europea in genere o con la cultura in generale.
          Cioè se quello non è il modo normale degli americani di studiare le cose (comprese le loro).

      • Peucezio scrive:

        Sui gladiatori: ciò che dici mi pare molto plausibile.
        Tra l’altro una cosa che spesso viene trascurata è il fatto che fossero spettacoli popolari non solo nel senso che erano seguiti da moltissima gente, ma nel senso che erano connotati negativamente, come le nostre telenovelas: qualunque persona di un certo livello culturale e sociale trovava disdicevole assistervi.

  3. Peucezio scrive:

    A proposito, cosa ne dite della mia proposta per il 2 o 3 giugno, conseguente al comprensibile disagio espresso da Lisa?

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “cosa ne dite della mia proposta per il 2 o 3 giugno,”

    A me va bene. Direi di fare lo stesso, anche se alla fine vengono solo due o tre persone, piuttosto che rimandare all’infinito.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Mi chiedo se l’esempio del Colosseo sia davvero pertinente oppure se l’autore del saggio l’ha scelto solo per il fatto che è più conosciuto”

    E’ pertinente, nel senso che lui ha organizzato una lunga ricerca in merito, mettendo all’opera varie persone, per trovare la risposta. Nel libro parla di tutti i tipi di sistemi interconnessi e di consumi energetici, ma l’esempio dell’impero romano e della sua caduta costituisce una sorta di filo conduttore.

    Poi può darsi che l’esempio specifico (Colosseo) all’interno di quello più generale, lo abbia scelto per la sua immediata comprensibilità.

    D’altronde l’esempio generale è l’unico cui la CIA e affini si possano agganciare, perché l’impero romano non è stato buttato giù da qualcuno più forte, come è successo con altri imperi; e credo anche che l’impero romano presenti diversi punti in comune con quello statunitense, alla faccia dei cultori della romanità 🙂

    • Armando scrive:

      O certo per loro è stato un modello vedi fondazione di Washington.
      C’è chi però ne rivendica una continuità con l’impero ottomano per esempio per via di sovrapponibilità territoriale e per le funzioni del califfato (C. Mutti, Roma dopo Roma), inoltre il termine Cesare ha influenzato il termine kaiser, zar, e c’è anche un re mitologico tibetano che si chiama Gesar.

  6. Armando scrive:

    Molto interessante (sono queste le cose che ti fanno stare avanti), non so perchè, ma il video di presentazione del documentario che uscirà dal libro con statue di buddha, posizioni yoga insieme ad immagini di tzunami e 9/11 e la parola catagenesi così simile a palingenesi, mi fa pensare ad un impianto new age dietro. la trilaterale comunque è molto coinvolta in questo compito di governance, anche la Rockefeller fnd:
    http://www.scribd.com/doc/91676704/Scenarios-for-the-Future-Rock-Feller

  7. habsburgicus scrive:

    @PinoMamet (e chiunque fosse interessato)
    io non sono stupito da quanto ti ha detto la tua “sexy” (:D) studentessa…diciamo che sono amareggiato, ma me lo aspettavo
    ormai da decenni é in corso una forsennata campagna contro Roma e la sua grande, inimitabile civiltà e purtroppo dopo la caduta del vecchio Benito non si fa nulla per contrastarla neppure in Italia !
    i marxisti (tranne figure serie e colte come Preve e pochi altri) attaccano Roma perché “imperialista”
    gli ambienti liberal-massonici (che un tempo esaltavano, in Italia, la Roma pagana contrapponendola a quella cristiana e produssero anche notevoli storici, pensiamo al massonissimo Ettore Pais :D) al massimo salvano la Repubblica ma anche lì notano “violazioni dei diriti umani” (sic) e stolidità varie…
    i giudei e i loro fidi seguaci accusano Roma per la distruzione del Tempio nel 70 d.C (e, subliminalmente, perché poi divenne sede dell’odiato Cattolicesimo, odio che li accomuna alle sette protestanti)
    i francesi a partire dagli anni ’20 e ’30, in polemica con Mussolini (e con un’operazione voluta e finanziata dal Grande Oriente) diffamano sempre più Roma in favore delle cosiddette radici galliche; incominciò Jullian, massonissimo e radicale, che attaccò con violenza estrema Roma nei suoi libri, fra l’altro andando CONTRO la tradizione erudita francese che fino ad allora era stata pro-romana e anzi vedeva nella France l’erede designata di Roma (pensiamo ai dotti francesi del XIX secolo, a Napoleone III stesso nella sua Vita di Cesare e nel XX secolo a Carcopino, che non a caso fu Ministro a Vichy e allo stesso Holleaux, sopratutto grecista ma autore di eruditissimi studi sulla Roma del III secolo a.C e del II secolo a.C, privi di ogni bias verso Roma); a livello popolaresco, pensiamo ad Asterix…
    anche i conservatori e i cristiani ora attaccano spesso la civiltà romana ed ellenistica; pensiamo all’amico Mirkhond di cui ho, ci tengo a dirlo, immensa stima (e mi auguro prenda spunto da questa “punzecchiatura” per intervenire in modo copioso, da par suo :D)
    dunque, che a New York, si abbia un’immagine caricaturale e ostile di Roma é purtroppo nella norma !
    vorrei però ricordare che una volta le classi dirigenti dell’Est degli USA conoscevano la Storia di Roma (bei tempi !) e che gli USA ancora 50 anni fa produssero con Broughton “The magistrates of the Roman Republic”, 3 voll, un’opera fondamentale e molto utile; alcune riviste scientifiche USA erano un tempo all’avanguardia anche negli studi classici (prima della “piaga” del politicamente corretto)…concordo però con Peucezio che questo era un fenomeno di élites avulse dal mondo reale, per quanto forse più numerose di quanto si pensi
    ciao e buona giornata !

    • daouda scrive:

      Habsburgicus non posso rispondere per Mirkhond, ma non credo che lui sia contro Roma, Roma che cadde, ricordiamo, nel 1453.
      Semmai contro l’ellenismo , o come si voglia chiamare quel tipo di edonismo misto a filosofia naturalista che anche l’imperatore Augusto contrastò, e con lui molti degli imperatori seguenti.

  8. mirkhond scrive:

    Per una volta tanto, sento di concordare al 100% con Daouda che ha compreso alla perfezione il mio pensiero sull’argomento…

  9. mirkhond scrive:

    Infatti, quando si parla di Roma e Impero Romano (io preferisco il termine Romània, sebbene compaia per la prima volta nel IV secolo dopo Cristo), per deformazione occidentocentrica, “francocentrica” si pensa SOLO alla Pars Occidentis, la ripartizione OCCIDENTALE della Romània a partire “definitivamente” dal 395 d.C.
    Pars Occidentis collassata in un settantennio (406-476 d.C.), mantre invece la Pars ORIENTIS, più colta e più ricca anche se solo in minimissima parte latinofona, con capitale la NUOVA ROMA, cioè Costantinopoli, sarebbe durata, seppur sempre più rimpicciolita fino agli anni 1453-1461, col crollo dei suoi ultimi brandelli, Costantinopoli e altre due cittadine tracie, la Morea e la Khaldia pontica con capitale Trebisonda….
    La stessa rinascita umanistica e la passione per il classicismo greco-romano PAGANO, tanto caro ad Habsburgicus, sarebbero impensabili senza il contributo di diversi umanisti ed ecclesiastici romei fuggiti in Italia tra XIV e XV secolo, e di poco preceduti dai monaci bizantini calabresi, Baarlam di Seminara (1290-1348) e Leonzio Pilato (morto nel 1366), quest’ultimo invitato a Firenze dal Boccaccio che gli affidò la PRIMA traduzione dal Greco dell’Odissea e affidandogli la PRIMA cattedra di lingua “greca” a Firenze nel 1360!
    Quanto alla mia “demonizzazione” del mondo classico greco-romano, non c’entrano nulla le correnti di pensiero citate da Massimo/Habsburgicus; è un’avversione che nasce già nella mia infanzia, sia contro l’idolatria e un’idolatria della peggior specie con quelle divinità olimpiche, davvero fatte dall’uomo ad immagine e somiglianza di se stesso, quelle divine caricature delle aristocrazie elleniche con i loro orrori verso cui effettivamente, non provo che un voltastomaco…
    Questo nulla toglie al “tenere ciò che è buono” di una civiltà che ha dato due lingue, studi storici, geografici, opere ingegneristiche che sfidano i secoli, ma, ricordo ancora che, in terza elementare io tifavo per i Sanniti, e alle superiori per i Persiani di Dario e Ciro…
    Poi, grazie a Dio NON sono fascista e non soffro di delirii imperialistici, amando più le (relativamente) piccole patrie….
    E poi, per chi è cristiano, francamente mi ha sempre stupito l’amore per una cultura impregnata di orrori sessuali e della loro esaltazione, della loro “normalità”, Secondo Natura, come un libro di Eva Cantarella….

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “alle superiori per i Persiani di Dario e Ciro…”
      Io tifavo per i persiani anche alle elementari, ma credo più che altro perché alla fine perdevano e anche perché hanno una pessima pubblicistica (vedi da ultimo 300). I vincenti e quelli elogiati da tutti mi hanno sempre dato un poco ai nervi.
      E immagino che sia questa la ragione per l’amore che ho maturato per il Medioevo (periodo storico dalla pessima pubblicistica) e dal mio scarsissimo amore per la roba classica (che invece ha un’eccezionale pubblicistica ed è quasi sempre sopravvalutata, a mio avviso).

      • PinoMamet scrive:

        Sai che in questo non andremo mai d’accordo! 😉

        Sul Medioevo, sospendo il giudizio; vero che ha avuto una pessima stampa, però anche vero che hanno provato in tutti modi di farmelo piacere e rivalutarlo (con qualche ragione, lo ammetto), ma niente da fare, non è roba per me.
        Peraltro, di solito gli amanti del Medioevo (non dico te) difendono proprio quelle cose che trovo brutte, false, o entrambe le cose.

        Sul periodo greco, ellenistico, e romano, credo che abbiano avuto una stampa fin troppo buona, che però spessissimo li ha fraintesi, rileggendoli alla luce di idealità moderne
        (i filologi tedeschi e inglesi per esempio mostravano anche troppo timore nel pubblicare i Papiri Magici che cominciavano a uscire a Ossirinco e altrove, e turbavano l’ideale dei “loro” Greci…);
        anche qui, di solito mi piacciono gli aspetti che altri tralasciano o ignorano del tutto! 🙂

        • Francesco scrive:

          Dai, ragazzi, basta con le ricreazione!
          I “classici” hanno prodotto roba eccellente, l’epica, il teatro, la poesia, la filosofia greca rimangono a livelli cui possiamo paragonare solo il Brasile di Pelè o i Celtics di Bird!
          Sui romani non posso pronunciarmi per carenze culturali gravissime ma mi bastano gli scrittori cristiani di cui so qualcosina (si faccia avanti chi vuol mettere in discussione Agostino :D)
          Sul Medioevo sono reduce da quattro giorni in Toscana: vogliamo discutere chi ha fatto quello? certo, avessero avuto un qualche interesse nel lavarsi sarebbe stato meglio …
          e c’è sempre la Commedia dell’Alighieri

          saluti

      • Peucezio scrive:

        C’è anche da dire che, se è vero che la classicità gode di buona stampa in ambito colto, c’è tutta un’estetica mediatica, cinematografica, ecc. e tutta una paccottiglia che veicola ossessivamente un gusto magico-fantasy, oscuro, goticheggiante, nord-europeo dai connotati pseudo-medievali e pseudo-celitici, mentre la limpida bellezza classica non paga, non viene proposta, è considerata convenzionale, noiosa.

        E in questo c’entra molto (anche se non solo) l’egemonia dei popoli del nord (sostanzialmente degli anglosassoni), che se prima avevano ancora un certo complesso culturale verso le civiltà del Mediterraneo (la Grecia, Roma, il Rinascimento) adesso sono orgogliosissimi di aver inciso qualche runa sulla corteccia di un albero e aver costruito qualche capanna.

        • PinoMamet scrive:

          Dai, poracci, hanno fatto qualcosa pure loro più di una capanna, eh? 😉

          Però, sì, a star sentire i loro infiniti cantori, pare che abbiano fatto loro, e non solo è disconosciuto completamente l’apporto delle culture mediterranee, senza le quali esisterebbe ben poco di quelle nordiche, ma gli attribuiscono ormai anche virtù e valori del tutto immaginari

          (specialmente ai poveri Celti, ormai sputtanati quasi a livelli dei nativi americani, che per qualche motivo nell’immaginario germanico/anglo-sassone devono avere il ruolo degli “antichi saggi e misteriosi”)

        • Peucezio scrive:

          Con tanto di barba bianca… 🙂

  10. mirkhond scrive:

    “l’impressione, un po’ straniante, di lontananza dagli statunitensi, anche colti, dalle “radici” (culturali) europee, di cui avevamo già parlato.”

    Concordo.

    “Insomma, io se mi mettessi a studiare le culture cosiddette pre-colombiane, per approfonditi che siano i miei studi e per buona che sia la mia volontà, resterò sempre uno “straniero”, dovrò sempre fare uno sforzo intellettuale per capire cose che a un aymarà o quechua o lacandone magari appaiono semplici e naturali;”

    Personalmente, mi approcciai alle civiltà cosiddette precolombiane, tra i 9 e 12 anni, grazie ad un cartone animato, Pepero, ambientato sulle Ande peruviane, e che trasmettevano su mediaset nei primi anni ’80.
    Però, nonostante i miei sforzi, trovavo queste realtà come troppo “esotiche” e comunque lontane dal mio sentire…
    Inoltre, rivedendomi sul tubo e in internet, spezzoni di questo anime giapponese ambientato nel Perù dell’800, ma ricco di riferimenti al passato preispanico e precristiano, rivedendomelo dicevo, ho intuito sempre più che si trattava di un Perù visto alla luce della sensibilità giapponese del 1975 (anno dell’uscita di questo anime in Giappone)…
    Mentre, caso strano, gli elementi “bizantineggianti” e “orientaleggianti” presenti nell’abbigliamento della famiglia imperiale “incaica”, e nelle iscrizioni “simil-cartveliche” che compaiono nell’ultima puntata, mi hanno spinto all’amore per l’oriente bizantino cristiano-ortodosso!
    E ciò grazie ad una bizzarra storia di ambientazione andina, fatta da giapponesi….

  11. mirkhond scrive:

    “la roba classica (che invece ha un’eccezionale pubblicistica ed è quasi sempre sopravvalutata, a mio avviso).”

    Concordo. Vedasi le riduzioni/stravolgimento cinematografiche fatte dagli statunitensi….
    ciao!

    ps. anch’io, fin da bambino, sono sempre stato attratto dai perdenti che dai vincenti, a partire proprio dalle epoche remote e dai popoli senza scrittura e /o vinti da Roma dopo lunghe e durissime lotte come gli Illiri e i Liguri….

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Armando

    “statue di buddha, posizioni yoga insieme ad immagini di tzunami e 9/11 e la parola catagenesi così simile a palingenesi”

    Non è facile dare un giudizio.

    Thomas Homer-Dixon è un bravissimo divulgatore, che dice che stiamo andando su un treno che tra poco andrà a sbattere, e lo dice in modo piuttosto calmo, ascoltando anche altre voci.

    Il primo punto è che il futuro del treno, nudo e crudo, è di grande interesse per i conducenti più intelligenti del treno, e quindi la CIA – ad esempio – ha tutto l’interesse ad ascoltarlo attentamente.

    Come ce l’abbiamo anche noi.

    La sua impostazione (ma sono arrivato a metà libro) mi sembra molto tecnica e americana, sul tipo, “quando guidi sull’autostrada e ti si ferma il motore, rischi di creare incidenti a catena perché ci sono troppe macchine e vanno troppo veloce”. Non è il massimo per capire la civiltà dell’antica Roma, ma è verissimo per quanto riguarda i nostri tempi.

    Però non escludo un elemento spiritualista, praticamente connaturato a qualunque discorso americano; e forse alla fine (vedremo) ci metterà un tocco del genere per indicare come la sensibilità e la compassione e affini potrebbero salvare l’umanità.

    Thomas Homer-Dixon, negli Stati Uniti, sarebbe considerato moderatamente “di sinistra”, probabilmente, cosa che ai suoi sponsor non interessa minimamente. Ma è anche vero che la “sinistra” americana riesce a riflettere su cose veramente importanti, senza essere legata a rancorosi identitarismi.

  13. mirkhond scrive:

    Sul romanista dell’Impero

    Ancora oggi tra gli studiosi ci si chiede il perché del collasso della Pars Occidentis della Romània nel V secolo dopo Cristo.
    Sono state fatte diverse ipotesi, tipo il ruolo “nefasto” e “disgregatore” del Cristianesimo, che avrebbe dissolto le antiche virtù civiche romane, legate al paganesimo, oppure l’estensione della cittadinanza romana a tutti i liberi dell’Impero a partire dal 212 d.C., la crescente orientalizzazione della stessa cultura e geopolitica romana, quest’ultima sicuramente presente a partire da Diocleziano (284-305 d.C.) e continuata da Costantino I (306-337 d.C.) e i suoi successori cristiani…
    Insomma una serie di spiegazioni molto parziali, ma che lasciano aperti diversi quesiti, tipo l’arretratezza delle regioni occidentali della Romània, il declino della stessa Urbe e dell’Italia nel ruolo di centro dell’impero.
    Anche la stessa demonizzazione del Cristianesimo, al massimo potrebbe spiegare il crollo di UNA PARTE della Romània, ma non della Romània in toto, che, invece, dal Cristianesimo ricevette una nuova linfa vitale e una nuova “missione”, quella appunto di baluardo del Cristianesimo Ortodosso come venne a definirsi coi grandi Concili Ecumenici dei secoli IV-IX d.C., e di centro di irradiazione di questa stessa Ortodossia (e conseguente civilizzazione) dell’immensa area slava balcanica meridionale, della Russia e di parte del Caucaso.
    Non dimentichiamo infine che, al momento della decadenza e del collasso della Pars Occidentis (secc.IV-V d.C.), gran parte di quest’area era ancora de facto PAGANA, soprattutto nelle aree rurali, anche non molto distanti da Roma e perfino nella stessa Roma…
    Sarà proprio nei secoli “bui” dell’alto medioevo, tra V e VIII secolo che, grazie agli sforzi missionari e spesso alla conversione al Cattolicesimo dei nuovi re barbari, prevalentemente germanici, che si sarebbe costituità la Cristianità franco-latina, il cui suggello sarà appunto il nuovo impero franco dei Pipinidi-Carolingi, il Sacro Romano Impero…
    E però mister Dixon ha colto un’interessante analogia tra i nostri tempi e quelli della crisi romana del III secolo dopo Cristo, e del tramonto e crollo della Pars Occidentis romana.
    Mi viene da pensare infatti a scrittori pagani e cristiani come San Girolamo (347-420), Sant’Agostino di Ippona (354-430), Sulpicio Severo, Simmaco e Rutilio Namaziano col De reditu suo del 417 d.C.
    Namaziano, aristocratico pagano di origine gallica, già praefectus Urbi nel 414, nell’autunno del 417 abbandona l’Urbe ormai non più capitale da un pezzo, alla volta della nativa Gallia narbonense. Nel suo viaggio Rutilio è ancora ottimista, crede che lo stellone di Roma brilli ancora alto nel cielo, e guarda con disprezzo un gruppo di eremiti cristiani che stanno edificando un monastero su un’isoletta davanti alla costa tirrenica…
    E comunque tutti questi autori coevi, ognuno con la sua sensibilità e il suo vissuto religioso, sono però convinti, sentono che il mondo sta cambiando, che il futuro è denso di nubi minacciose e l’avvenire è incerto
    Tra i cristiani si ricorre agli esempi biblici come il sacerdote Salviano di Marsiglia col suo De Gubernatione Dei, scritto negli anni 439-451 d.C., in cui, osservando le scorrerie e l’insediamento di popolazioni barbariche, prevalentemente germaniche o germanizzate come in parte gli Alani, in questi movimenti di popolazione all’interno della Romània occidentale, padre Salviano vi scorge un’opera provvidenziale, un castigo di Dio, in quanto quei barbari a suo giudizio, sono moralmente assai superiori ai Romani corrotti e falsi cristiani ancora impregnati di paganesimo e perciò “giustamente” colpevoli di punizione…
    E’ in sostanza un’epoca allo sbando, un’epoca di passaggio da un mondo ad un’altro, una via vecchia ma conosciuta, per una via nuova sconosciuta e quindi fomite di paura…
    E infine, sugli estremi confini danubiani dell’agonizzante Pars Occidentis, nel Norico Ripense, area corrispondente alle attuali Austria e parte della Baviera e che infatti finirà per diventare germanica e germanofona, all’epoca di San Severino (c.410-482), asceta ed evangelizzatore del Norico ancora romano e latinofono (455-482), un tribuno (cioè un ufficiale militare), Mamertino, abdica alle sue funzioni militari e viene eletto vescovo dalla popolazione, diventando il simbolo dei tempi nuovi (Eugippio, Vita S.Severini, IV, 2).

    • habsburgicus scrive:

      anch’io ho spesso avuto simpatia per i vinti, dunque una certa simpatia per i Persiani l’ho provata anch’io….come dice giustamente Mauricius Tarvisii specialmente i ragazzi tendono a simpatizzare per coloro che ricevono “cattiva stampa” (é anche per questo che io ho da molto tempo simpatie per la Germania ed i tedeschi, senza dubbio il popolo più attaccato nell’ultimo secolo così come ho simpatie per la Spagna asburgica, anch’essa vittima della “Leyenda Negra”, per gli Austro-Estensi di Modena, sistematicamente e assurdamente calunniati in passato così come per Carlo Felice, ultimo Re tradizionale di Sardegna e veramente sabaudo e per gli stessi Borboni di Napoli..ecc)
      addirittura una certa simpatia per i Sanniti ho avuto, ma é da molto tempo che sono pasato integralmente al romanismo 😀 (en passant, della Lega non sopporto le “radice celtiche”…radici liguri magari sì, radice venete, per i Veneti sì..ma i Celti mai, in ogni caso MAI se branditi come una spada contro Roma “caput mundi” e civilizzatrice ! il che non vuol dire che io ami la Roma attuale…credo che nessun settentrionale, così come molti italiani di altre regione, si spinga tanto in là :D)
      e veniamo, con Mirkhond, alla crux del problema
      io ammiro, come Mirkhond sa da altro blog, la civiltà bizantina o “romea” e apprezzo la cristianità ortodossa; sono inoltre ben conscio del grande ruolo intellettuale e culturale svolto da Bisanzio nel trasmetterci ANCHE l’eredità antica greco-romena…
      c’é però un MA—io da alcuni anni comincio ad avre seri dubbi SE la civiltà bizantina (11/5/330-29/5/1453 d.C) possa ancora essere definita ROMANA…attenzione non sto facendo un discorso di valore, non sto tornando al Settecento di Gibbon, non dico che “Bisanzio” è la decadenza di Roma, assolutamente NO….riconosco che é una grandissima civiltà che merita di essere studiata sempre più approfonditamente e che può ancora riservarci molte sorprese positive ! semplicemente contesto che la Storia Romana possa essere prolungata sino al 1453
      un tempo le mie opinioni (seguendo il Bury, Toynbee) e altri collimavano con quelle di Mirkhond (e di molti altri, autorevoli studiosi)…ripensandoci credo che la civiltà bizantina, pur essendo derivata da quella romana ed avendo con essa incontestabili punti di contatto, sia ALTRA COSA, almeno dal VII secolo d.C (il periodo da Diocleziano/Costantino ad Eraclio sarebbe, in questa interpretazione, un’eta cerniera che infatti può essere definita “tardo-romana” o anche “proto-bizantina” come fa Ernst Stein, che chiama “meso-bizantina” l’epoca che va dal 641 al 1081 d.C e “tardo-bizantina” gli anni dal 1081 al 1453…fra l’altro pure Ostrogorsky nella sua celebre opera, che mi estasiò quando la lessi per la prima volta e fu la causa dela fase “bizantina” del mio pensiero, parte dal 610 d.C, lasciando ad un breve capitolo introduttivo gli anni “tardo-romani”, 324-610 d.C); una delle principali ragioni, per affermarne l’alterità, é come ammette Mirkhond, la lingua; non può esserci Roma senza la lingua di Roma, cioé senza il latino e dunque scandalizzaando alcuni io trovo molto più romano l’Impero di Carlo Magno (inc. 25/12/800-ob. 28/1/814) che quello di Leone V l’Armeno (813-deposto 25/12/820) !
      inoltre, e anche qui ho mutato le mie pristine idee, la “vera” Roma non é nell’Impero (che fu il mio primo “amore” da cui giunsi all’amore per la Tarda Antichità) ma nella Repubblica e al massimo nei Giulio-Claudi, non oltre ! e, se si ammette questo punto di vista allora Bisanzio non c’entra più nulla poiché, se escludiamo l’opera arcaicizzante di Giovanni Lido (VI secolo d.C), all’epoca non si sapeva più nulla della Repubblica Romana !
      in definitiva, credo che bisogna tornare ai dotti più arcaici che vedevano la fine di Roma nel crollo della pars Occidentis, che fu allo stesso tempo l’inizio del Medioevo, ep0ca assolutamente da comprendere e non disprezzare (se poi tale inizio sia nel 410 d.C, nel 476 d.C, nel 535/553 d.C o nel 568 d.C si può discutere)…Roma dunque finì fra V e VI/VII secolo d.C; alla fasae romana della storia successe il Medioevo, quello occidentale o Medioevo tout court e quello orientale, o Storia bizantina vera e propria (c.a VII secolo-1453); fra l’altro porre la cesura nel VII secolo é consigliato anche dalle conquiste arabe che eliminarono per sempre l’opera millenaria di ellenizzazione iniziata dal grande Alessandro (e talora anche prima) e dalla scomparsa in Oriente dalla datazione per Ere, questa tipica forma ellenistico-romana (ancora ad inizio del VII secolo in Frigia si usava l’Era di Silla, con partenza dall’85 a.C, 686 Syl=23/9/600-22/9/601 d.C); la datazione per consoli era de facto già scomparsa nel 541 d.C (consolato di Basilio, ultimo privato a rivestire, sebbene a Costantinopoli, i fasces; l’ultimo a Roma fu nel 534 d.C, mi pare di nome Paulus) e l’ultimo Imperatore che assunse il consolato fu Costante II nel 642 d.C, seguendo il dotto Pagi (secondo altri fu Eraclio il nuovo Costantino nel 632 d.C, dunque 9 anni prima del suo effimero breve “Impero”, ma era già co-Imperatore); inoltre, sempre nel VII secolo, Eraclio assume per la prima volta il titolo di basileus, in una novella del 12/4/629 d.C (gli anni di regno, altra inovazione non romana fu già introdota nel 537 d.C da Giustiniano) e tralascia i titoli tradizionali tardo-romani…no, mi spiace, Roma anche all’Est morì al più tardi nel VII secolo d.C….la sostituì una civiltà nuova, grande e affascinante, ma non più romana !
      un dibattito quanto più esteso p0ssibile é benvenuto, data l’importanza del tema…come sempre, sono disposto a cambiare di nuovo idea e a tornare alle mie posizioni di una decina di ani fa, se mi si dimostra che le mie teorie attuali sono insostenibili !
      ciao a tutti !

      P.S (lo dico una volta per tutte) mi scuso se talora ci sono errori di ortografia nei miei post, purtroppo i commenti una volta inviati non si possono più correggere

      • PinoMamet scrive:

        “il che non vuol dire che io ami la Roma attuale…credo che nessun settentrionale, così come molti italiani di altre regione, si spinga tanto in là”

        Non so se conto come settentrionale, ma a me Roma attuale piace molto!

  14. Miguel Martinez scrive:

    Ho messo Daouda di nuovo a dieta.

    Ho approvato un suo commento (sul post riguardante Adama Kebè), domani ha diritto a un unico commento, che se lo prepari bene.

  15. mirkhond scrive:

    Per Habsburgicus

    Se vogliamo parlare di civiltà, sicuramente la civiltà bizantina dal VII secolo dopo Cristo in poi è qualcosa di diverso rispetto alla romanità classica sia repubblicana che imperiale pagana, e anche dalla fase di mezzo costantiniano-giustinianea.
    Però la Romània RESTA Romània anche nella PARS ORIENTIS che con la NUOVA ROMA, cioè Costantinopoli, anche se non latinofona (eccetto nuclei di Valacchi presto imbarbaristisi e sparsi per il Balcano).
    Certo una Romània romeofona cristiana ortodossa, e quindi DIVERSA eccome da quella classica, ma nello stesso tempo sua CONTINUATRICE.
    L’Impero Romano MUORE nel 1453-1461, non nel 476 d.C.
    Del resto gli stessi ROMANI orientali, seppur in buona parte romeofoni, soprattutto nell’ultima fase paleologa (1259-1460), sono e SI CONSIDERANO ROMANI, e il termine romeo e romaico per la lingua, indica un’identità etno-culturale e linguistica che se, dal secondo punto di vista continua la koinè attica, però nella sua AUTOIDENTIFICAZIONE è e si considera la LEGITTIMA EREDE DI ROMA, anche se non latinofona…
    Questo risulta dalla documentazione e a questo io mi attengo…
    Quanto al Sacro Romano Impero (800-1806) il cosiddetto Primo Reich, esso è “romano” nella misura in cui il suo sovrano Carlo Magno (768-814) fu investito come tale dal Papa, con un’autorità quantomeno dubbia e in seguito alla NOVITA’ della rottura con Costantinopoli negli anni 751-754, al tempo della più virulenta iconoclastia e della minaccia longobarda sul Ducato Romano, su cui DE FACTO il Papa esercitava ormai il vero potere….
    La svolta filo-franca del 751-754, necessaria alla SOPRAVVIVENZA del potere DE FACTO papale, porterà all’evoluzione politico-ideologica dell’incoronazione dell’800, che, GIUSTAMENTE a Costantinopoli, sarà riconosciuta nell’812 d.C., ma solo come impero FRANCO, in quanto l’UNICO, VERO e LEGITTIMO IMPERO ROMANO era quello tra lo Jonio e l’Armenia…
    Da qui la nascita della denominazione bizantina di Franghià come sinonimo di Occidente e di Frangistan per l’Islam, soprattutto quello di matrice persiana, il che culturalmente a me sembra molto corretto…
    I Franchi cattolici costruiscono l’Occidente di cui siamo parte, sulle macerie della Pars Occidentis, ma nello stesso tempo sono UN’ALTRA COSA rispetto ad essa, cosa che una visione francocentrica antica e DURA MORIRE, non riesce ad accettare….

    • Francesco scrive:

      perchè romeofona e non grecofona? la lingua è diversa (a parte la naturale evoluzione)?

      che il Sacro Romano Impero fosse diverso da quello Romano lo si sapeva pure allora, è che ci si doveva accontentare di quello che si aveva. e la liberazione dell’Italia dai Goti da parte di Bisanzio pare non sia stata un’occasione colta al meglio per riunire la prima e la nuova Roma …

      mi incuriosisce che Bizantini e Islamici (meglio dire Arabi e Persiani?) chiamassero tutti col nome di Franchi, che presto divennero solo una (piccola?) parte dell’occidente, con l’Impero in Germania e non in Francia e l’Italia autonoma e divisa

      ciao

      • mirkhond scrive:

        Romeofoni perché parlavano e parlano il Romaico termine con cui i Romei definivano la propria lingua evolutasi dalla koinè attica, ancora nel XIX secolo.
        Franco divenne sinonimo di occidentale proprio per l’opera di unificazione dell’Europa svolta dai Pipinidi-Carolingi nel 751-888 d.C.
        Anche se poi la Francia si divise stabilmente in Orientale (Germania) e Occidentale (Francia), più la Borgogna, alta e bassa Lotaringia (Lorena) e Longobardia maior/Italia, l’impronta franca carolingia rimase, lasciando un aspetto culturale che, malgrado le differenze al suo interno, restò sostanzialmente unitario, anche per la parziale restaurazione a guida franco-orientale/germanica con Ottone di Sassonia nel 962 d.C.
        Da qui l’identificazione tout court come Franchi, per l’intero Frangistan da parte dei Romei e dei Musulmani.
        ciao!

        • PinoMamet scrive:

          ” Romeofoni perché parlavano e parlano il Romaico”

          Mmm, io direi più che altro il contrario, vale a dire che il greco è cominciato a essere chiamato Romaico perchè lo parlavano i Romei, romano orientali…
          😉

    • PinoMamet scrive:

      Scusa Mirkhond ho visto adesso che rispondevi a Francesco;

      ” perchè romeofona e non grecofona? la lingua è diversa (a parte la naturale evoluzione)?”

      A parte la normale evoluzione, no; se hai fatto il classico, leggi tranquillamente la stragrande maggioranza della letteratura bizantina, tutt’al più ti capiterà qualche parola usata in senso un po’ elastico
      (ricordo un brano ad esempio dove “giavellotto” era usato nel senso di “lancia da cavalliere”; insomma, robetta di questo genere).

      Ci sono nel greco bizantino colto diversi latinismi, naturalmente, specie per indicare cariche pubbliche; il greco popolare continua ovviamente quello popolare di età ellenistica, e in fondo è quello di oggi, salvo qualche prestito turco e veneziano.

      • PinoMamet scrive:

        Per dire, il brano in questione lo traducemmo come “versione” proprio al liceo…
        avevamo un professore molto preparato e non banale, a cui piaceva proporre cose nuove.

  16. mirkhond scrive:

    Del resto, seguendo Ostrogorsky, si può osservare come la Romània sia una continuità secolare e nel frattempo una realtà sempre mutevole….
    Quanto alla Roma repubblicana invece, la mia giovanile ammirazione è andata via via scemando proprio dalla constatazione più che della ferocia con cui si è imposta via via sui popoli del Mediterraneo, per la grettezza della sua classe senatoria così “stretta di culo” ad allargare il giro, ad inglobare ed assimilare masse crescenti di sudditi NON latini, liberi e schiavi…
    E tale allargamento, tale aumento di cittadini romani ci fu lo stesso ma non grazie, bensì MALGRADO le intenzioni dell’aristocrazia senatoria romana che, ancora nel I secolo a.C., pretendeva di governare quello che ormai era un IMPERO, con criteri e pregiudizi di un piccolo e gretto comune latino delle origini….
    Furono le necessità militari crescenti, le rivolte servili e dei sudditi, italici e provinciali dei secoli II-I a.C., contro tale oppressione, a favorire, seppur gradualmente e in maniera sofferta, il provvidenziale allargamento per cooptazione, di cittadini romani…
    Pensiamo alla stessa aristocrazia senatoria repubblicana, DECIMATA dalle guerre civili dell’88-30 a.C., tra i vari signori della guerra romani, e tra essi Giulio Cesare, portando avanti il processo iniziato con Gaio Gracco e il partito democratico nel 123-121 a.C., e dallo zio Mario (158-86 a.C.), Giulio Cesare dicevo, non è un grande solo perché generale di prim’ordine, ma proprio per quella visione allargata del mondo, illuminata dall’universalismo ellenistico alessandrino (in questo davvero positivo), capì meglio dei nani conservatori Bruto, Cassio e dello stesso fin troppo lodato Cicerone, che Roma se voleva sopravvivere e prosperare doveva allargarsi a TUTTI coloro che via via ne venivano compresi, insomma la repubblichetta latino-tiberina era ormai una reliquia archeologica, non il futuro, sebbene continuerà ad essere venerata nei secoli in modo fin troppo eccessivo, e qui concordo con Mauricius.
    Con Cesare, e poi con Augusto e gli imperatori successivi Roma sarebbe diventata la Romània, ed è questa, a mio modesto parere, la vera grandezza di una civiltà nata da un aggregato di sette villaggi tribali sulla sponda meridionale del Tevere, e unificati in un piccolo comune cittadino sotto la dinastia etrusca di Tarquinia nel 600-550 a.C. circa.

  17. mirkhond scrive:

    Riguardo alla celtomania moderna, anch’io la ritengo eccessiva, soprattutto nell’ostinarsi a minimizzare il più possibile l’apporto culturale romano che fu notevole e modificò profondamente l’assetto etno-linguistico delle aree celtiche inglobate da Roma.
    E’ davvero ridicolo vedere dei latinofoni padani e francesi e, in misura minore, spagnoli del nord, inneggiare acriticamente a qualcosa di cui non conoscono e non parlano nemmeno la lingua….
    Inoltre tale celtomania è fondata su un modello celtico mutuato dalle isole britanniche, autentico o pataccaro che sia, che è tutto da dimostrare come e quanto avesse in comune con l’immensa “Celtia” pre-romana e pre-latina….
    Quindi posso concordare con te nel trovare estremamente ridicolo il celtismo-patacca dei leghisti. Personalmente, se fossi padano mi autodefinirei e mi considerei longobardo, oppure romagnolo se fossi dell’Esarcato/Legazioni Pontificie, o Veneziano se fossi di Venezia e della fascia costiera circostante…
    Insomma esistono antiche e venerate identità padane a cui storicamente mi sentirei molto più legato, piuttosto che ad un celtismo pataccaro che dimentica che la “Padania” pre-romana NON fu MAI tutta celtica, comprendendo quantomeno popolazioni meticce come i Liguri di base forse nordafricano-sahariana, sacche etruscofone come Mantova ancora ai tempi di Tito Livio (59 a.C. – 17 d.C.), i Veneti indoeuropei ma la cui esatta collocazione in una più specifica famiglia linguistica è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi, i Reti, anch’essi non chiaramente definibili etnicamente, ma tra cui dovevano esservi i gruppi più occidentali della vastissima area illirica come i Breuni e i Genauni degli attuali Trentino e Tirolo…
    Credo che la moderna celtomania occidentale sia il riflesso dell’influenza e del prestigio del mondo anglosassone sulla nostra società.

    • PinoMamet scrive:

      Guarda, la gente dell’Italia settentrionale non si è MAI sentita “padana”
      (l’unico che credo sentisse un’identità del genere in epoca pre-Lega credo fosse Gianni Brera, ma era una fissazione sua, innocua come tante altre);

      anche il celtismo pataccaro della Lega, che pure ha attecchito forse più della Lega stessa, è un’invenzione che non risale più indietro degli anni Novanta; prima, tutt’al più, parlavano di carrocci e di Barbarossa, cose che avevano molta meno presa sull’immaginario.

      Coi Celti se la sono giocata sporca, ma bene, perchè si sono appropriati di tutto l’immaginario già approntato per altri scopi in Gran Bretagna e in Francia (e spesso quasi altrettanto pataccaro; altrettanto è impossibile, i Celti della Lega sono italicamente pezzotatissimi!).

      Comunque, anche indipendentemente da chi vivesse in Italia settentrionale prima dei Romani, dopo di essi credo sia difficile trovare tracce celtiche significative;
      mentre i francesi, nazionalistissimi, hanno una qualche ragione nel parlare di arte gallo-romana o cultura gallo-romana per le cose di casa loro, da noialtri in Italia si tratta di arte e cultura romana e basta;
      da noi cioè trovi i resti del tempio di Apollo o Minerva o magari il Mitreo, ma il tempio di Apollo sincretizzato con una divinità gallica no; in Francia invece sì, ecco.

      Poi, per carità, io vedo differenze addirittura tra nord e sud del Po, ma forse sono io che esagero (non credo, però).

      Ma insomma, direi proprio che da dopo le guerre puniche, in Italia settentrionale di culturalmente celtico sia rimasto assai poco, anche perchè i celti nostrani erano “meticci” e diffusi a macchie anche prima; figuriamoci dopo la colonizzazione romana!

      • Peucezio scrive:

        Verissimo.
        Non si fa mai notare tra l’altro come il Veneto e il nord-est in genere (a parte le zone alpine) non c’entri nulla coi Celti.

  18. mirkhond scrive:

    Infine, riguardo alla Roma attuale, forse i miei riferimenti all’opera di Silone puo’ indurre a considerare che io nutra un’avversione per la Città Eterna.
    Niente di più falso. Primo perché la visione siloniana di Roma come alterità negativa e oppressiva rispetto alla Marsica (e di riflesso all’intero fu Regno di Napoli), riguarda il POTERE, politico e religioso, sia di Roma antica, repubblicana e imperiale, che quella papalina (vedasi L’avventura di un povero cristiano del 1968), che quella sabaudo-fascista, quest’ultima conosciuta di persona fin dal terremoto della Marsica del gennaio 1915 e causa di tante sciagure e sofferenze personali…..
    Per quel che mi riguarda, pur essendo Roma, per secoli la capitale del Papa e del Cattolicesimo, ma nello stesso tempo uno stato legato al mio paese, ma nello stesso tempo UN’ALTRA COSA, ha portato in me un sentimento ambivalente ma di sostanziale affetto.
    Da una parte la Città Santa del Cattolicesimo, il simbolo dell’Universalismo Cristiano da cui non posso e non voglio separarmi nonostante il mio rapporto tormentato con la Chiesa, e dall’altro proprio quell’aspetto “burino”, pecoreccio, da Alvaro Vitali, da Monnezza, da Banda del Trucido di Thomas Milian, che mi ha sempre fatto amare Roma.
    Roma e il Lazio, dove per “Lazio” intendo il paese da Acquapendente a Terracina, e non quella MOSTRUOSITA’ creata da Mussolini tra il 1922 e il 1934, che vi annesse la Sabina, e alcune terre NOSTRE napoletane, come mezza provincia di Caserta, coi comuni tra Traetto/Minturno sul Garigliano e Sora e Arpino, per creare i non sensi delle attuali provincie di Frosinone e Latina, e togliendo il Cicolano, Antrodoco, Cittàducale, Cittàreale, Accumoli ed Amatrice all’Abruzzo aquilano, stravolgendo confini e storie secolari in nome di un Lazio MAI esistito…
    Il Lazio antico, quello latino-romano era manco la metà della moderna provincia di Roma, comprendendo il paese dalla foce del Tevere ai Castelli Romani. Già Palestrina e Velletri NON erano più Lazio, in quanto situate nel paese dei Volsci, gente di ceppo umbro-sabellico e appaetenente quindi agli Italici orientali, diversi dai Latini (e dai confinanti e NEMICI Falisci) di ceppo ausonico o italico occidentale….
    Infine, la conquista romana dell’Italia, ebbe come effetto imprevisto quello di trasformare profondamente lo stesso Latino tra Roma e i Castelli, per la massiccia immissione di immigrati sabellici tra Umbria e Sannio, almeno dal tardo III-II secolo a.C., che dovette esser tale da favorire l’evoluzione di un idioma molto sannitizzato e molto vicino alle lingue osco-latine dell’Italia centro-meridionale: il Romanesco.
    Se leggiamo testi come la trecentesca vita di Cola di Rienzo (1313-1354), vi troviamo molti sannitismi (a lengua, a vocca, Rienzo), sannitismi poi in gran parte affievoliti dall’influenza toscana, fattasi forte a partire dal rinascimento e dai molti papi e famiglie aristocratiche toscane stabilitesi a Roma, che contribuirono a rendere meno “burino” il suo vernacolo….

  19. mirkhond scrive:

    errata corrige: possono indurre

  20. antonello scrive:

    l’impero romano è pagano e unito. La storia di Roma finisce con la tetrarchia e con Costantino che concede ai cristiani libertà di culto, e, solo dopo, fonda Costantinopoli, che quindi nasce già come un corpo estraneo all’Impero pagano. Gli imperatori bizantini avevano titolo di dirsi romani come quella capra analfabeta di Carlo Magno, cioè meno di zero.

    • mirkhond scrive:

      Opinione molto discutibile….

      • mirkhond scrive:

        Ricordiamo che il termine bizantino è un’invenzione della storiografia moderna per indicare l’IMPERO ROMANO CRISTIANO MEDIEVALE ridottosi alla PARS ORIENTIS.
        Bizantino al massimo può indicare una CIVILTA’, sicuramente differente da quella greco-romana e pagana classica seppur in parte derivata da essa.
        I “bizantini” non sapevano di essere tali mentre ERANO e si AUTODEFINIVANO e IDENTIFICAVANO come ROMEI cioè ROMANI.
        Che piaccia o no….

    • Armando scrive:

      pagano nel senso di superstizioso? In realtà l’Impero andava naturalmente verso il monoteismo (vedi la copiatura di Giuliano), anche se bisogna dire che l’impatto di quell’In Hoc Signo Vinces fu notevole e “cruciale”.

  21. Peucezio scrive:

    Ragazzi, proviamo a fare un appello nominale 🙂 , se no qua non ne si esce più…
    Conto sulla partecipazione di Lisa in virtù del preavviso quadrisettimanale…
    Pino Mamet, tu che ne dici del 2-3 giugno? Preferisci sabato o domenica?
    Mirkhond?
    Mauricius? Habsburgicus? Ritvan?
    Che fine ha fatto Francesco?
    Moi?
    Daouda (basta che non insulta in romanesco, perché metterlo a dieta di persona è più complicato che su internet 🙂 … scherzo ovviamente)
    Roberto ha già detto che è a Tallin…
    A proposito, c’era uno che scriveva molto spesso, molto colto, di cui non ricordo il nick, che fine ha fatto?
    E Reseau? Maria? E jam?!!
    Come si chiamava quella commentatrice con cui feci quella disquisizione sull’archetipo femminile?
    Chi altro c’è?

    • daouda scrive:

      no no ciài proprio preso! Io magno pé 3…ma pago pé 1 eh eh.

      Comunque sappiate che non verrei mai.
      Se vi vedo come faccio a permettermi l’inzurti, soprattutto a te Peucé , tanto t’ammiro tanto dico che sei stubido cò te ste cazzate da sinistra nazionale che segui?

      Nun ze po’ fà. E poi ma che davero…dopo tutto quello che jò detto a Miguel me lo fai vedé? Naaaaaa, farei la figura der cojone, oppure lo devo accopà, ma mica pé finta, e visto che nun lo farei ( o non sarei in grado di farlo ) , ma che vengo a fà?

      Come vedi, me piace ‘r teatro. Sto bbene qua…

  22. Peucezio scrive:

    Antonello?
    Armando?
    Chi altro…?

    • PinoMamet scrive:

      Ma io verrei, 2 o 3 non fa differenza, solo che a prendermi impegni sono negato… magari mi esce fuori uno sbatti improvviso e non ce la faccio!
      Comunque tenetemi informato!

    • Armando scrive:

      Ringrazio dell’invito, non so se potrò perchè sono di Roma (a proposito la discussione è veramente appassionante non so per chi parteggiare…Forza Roma!!), consiglio però magari di prendere la mail da Miguel che le dovrebbe avere e di accordarci tramite quelle.
      saluti

      • Peucezio scrive:

        Bene, io allora terrei per stabiliti quei giorni.
        Per quanto riguarda la scelta del 2 o del 3, visto che nessuno si sbilancia, chiedo a Miguel: secondo te per esperienza è più facile far spostare la gente il sabato o la domenica?

  23. mirkhond scrive:

    Purtroppo credo che per me non sarà possibile, per motivi Peucezio che conosci bene…
    ciao!

  24. habsburgicus scrive:

    @Peucezio
    l’incontro si terrà a Firenze ? in ogni caso, e con mio grande rammarico perché avrei avuto piacere di conoscere personalmente i commentatori del blog, temo proprio di non potere partecipare, soprattutto per la lontananza (sono dell’Albese, prov. Cuneo). Ciao e una buona riuscita della riunione 😀
    Massimo

    su storia Romana
    per molti aspetti sono costretto a dare ragione ad Antonello, seppur io userei un linguaggio più moderato e sfumato
    il problema é però nominalistico e “nomina sunt falutis vocis” come diceva Roscellino (se non sbaglio)
    io credo che nessuno contesti che, con l’avvento di Diocleziano (20/11/284 d.C) e la proclamazione della Tetrarchia si apre una fase molto diversa da quella precedente (il grande Mommsen parlava di “dominato” in luogo di “principato”, per quanto l’erudito tedesco sotovalutasse un po’ nella sua analisi gli aspetti autocratici già presenti nell’epoca anteriore e non solo all’epoca di Imperatori “malvagi”: Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo e, se vogliamo, Caracalla; ancora più importanti sono i cambiamenti economici, monetari e, da Costantino, religiosi)
    ben pochi contesteranno che all’Est, nel VII secolo d.C avviene un altro cambiamento fondamentale, in modo da rendere irriconoscibile l’età di Giustino I (518-527 d.C) e quella di Filipico Bardane (711-713 d.C); istituzionalmente fra la Notitia Dignitatum (inizio V secolo d.C, ma molto restò valido sino a Giustiniano, con gli opportuni ggiornamenti) ed il Kletorologion di Filoteo (899 d.C) c’é un abisso !
    allora che fare ?
    si potrebbe sostenere che la Storia romana durò dall’VIII-VII secolo a.C (diciamo anche prima metà del VI secolo a.C) sino al 284 d.C (o volendo sino al 313 o al 324 d.C….la Cambridge Ancient History, 1°edizione, finiva al 324, interrompendo a metà il regno di Costantino perché con un linguaggio gibboniano che potrà urtare qualcuno scriveva che quando un Imperatore raduna vescovi in un Concilio, si riferiva a Nicea-I, per legiferare di teologia non siamo più a Roma, siamo già nel Medioevo…e non ha torto, se non nel disprezzo, del tutto gratuito, per il Medioevo che fu una grande civiltà e che merita ogni considerazione, ma non é più antichità, per definizione :D)
    si potrebbe poi sostenere che dal VII secolo (diciamo 641, o 610, o financo 602) al 1453-1461 si ha una Storia che io amo chiamare “bizantina” (pur essendo conscio dell’infelicità del termine) ma che potremmo chiamare “romaica” o ancor meglio “medievale romea”, una storia che NON é certamente più antica e che é cristiana per definizione (così come la Storia romana, in tale schema, sarebbe pagana per definizione)
    vi sono poi i secoli intermeedi da Diocleziano (o Costantino) ad Eraclio che potrebbero essere definiti “tardo-antivchi” o “proto-bizantini” o “proto-medievali”; la definizione “tardo antica” (o “proto-medievale”) andrebbe riservata anche alla società occidentale da fine III secolo d.C/inizio IV secolo alla morte di Clodoveo in Francia (511 d.C), all’invasione dei Longobardi in Italia (568 d.C) e alla conversione al Cattolicesimo di Recaredo in Spagna a fine VI secolo
    in sintesi, secondo uno schema (che non pretende certo di essere l’unico e ha, lo riconosco, molti punti deboli)
    1. Storia romana: Monarchia, Repubblica e Impero “unito” (so bene che già nel 161 d.C si ebbero due Augusti ma sino a Diocleziano, e anche oltre, non vi furono separazioni territoriali), dunque sino al 284/293 d.C (o anche sino al 305 d.C perché Diocleziano esercitò un’effettiva autorità sui colleghi; preferirei tuttavia separare Diocleziano dai precedenti anche se ciò mi crea problemi di periodizzazione), in essenza PAGANA (per quanto operasseo dei cristiani dal I secolo d.C)
    2. Storia tardo-antica o proto medievale: (estrema fine III) inizio IV-VII secolo d.C, soprattutto CRISTIANA (non più completamente romana e non ancora del tutto romaica, all’Ovet romaica non fu mai, diciamo non ancora “germanizzata”)
    3. Storia romaica o bizantina: dal VII secolo al 1453 (Costantinopoli) e 1461 (Trebisonda), in essenza CRISTIANA
    ciao a tutti !

  25. Armando scrive:

    “Costantino perché con un linguaggio gibboniano che potrà urtare qualcuno scriveva che quando un Imperatore raduna vescovi in un Concilio, si riferiva a Nicea-I, per legiferare di teologia non siamo più a Roma, siamo già nel Medioevo…”
    neanche lo fanno morire l’Imperatore?

    Niente invece sul fatto che Costantino spostò la capitale a Costantinopoli che mi sembra un criterio migliore (anche se per me non esaustivo) per distinguere?

    • habsburgicus scrive:

      no, se ti riferisci all’11/5/330 d.C (inaugurazione di Costantinopoli); forse però i curatori si riferivano all’8/11/324 d.C (fondazione di Costantinopoli) e dunque, almeno questo tornerebbe…

  26. mirkhond scrive:

    Credo che si possa tutti concordare che tra III e VII secolo dopo Cristo, avvennero dei profondi sconvolgimenti che modificarono il mondo romano, portandolo da una società classica pagana ad una medievale cristiana…

  27. maria scrive:

    E Reseau? Maria? E jam?!!

    maria
    io ci sono sabato e domenica mattina, poi parto per il mare 🙂

  28. maria scrive:

    A meno che miguel non abbia altre idee si potrebbe andare alla trattoria La Casalinga vicino a piazza S. Spirito , una piazza bellissima.

    Una volta si mangiava bene spendendo il giusto, dovrebbe esserci anche la bistecca, così a Roberto fischieranno le orecchie:-))))

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