L’agnello insanguinato e le cose che non si devono dire

E’ una famiglia cui voglio bene.

Persone su cui si può sempre contare. Di scuola, ne hanno fatta poca, ma in compenso si interessano a tutto ciò che succede nel mondo.

Appartengono alla piccola minoranza di italiani di fede cattolica, nel senso che credono in Dio, vanno a Messa, d’estate frequentano ritiri più o meno ecclesiastici e insegnano ai figli a pregare.

Il loro è un cattolicesimo molto sociale, e finché andava di moda, non mancavano mai di raccontarmi con espressione autenticamente sconvolta del male che Silvio Berlusconi stava facendo al paese.

Oggi, lei mi racconta che ha tolto suo figlio, di cinque anni, dall‘insegnamento di religione all’asilo.

“Marco è rimasto molto male, la maestra gli ha spiegato che Gesù è stato ucciso! Adesso devo parlare con quella maestra…”

Sono passati pochi giorni da tutta una fila di celebrazioni pasquali, cui avranno portato Marco. E mi chiedo cosa si sarà detto.

Io ho seri problemi con la Religione Italiana,  fondata sul patto che scambia l’otto per mille con la bonaria benedizione universale.

Mi trovo francamente meglio con i Nuri ‘i Sammastianu, che in una notte dell’anno, dopo aver camminato molte miglia, correvano su per la salita di  Melilli completamente nudi e poi irrompevano urlando nella Chiesa di San Sebastiano, strisciando con la lingua insanguinata fino all’altare: di divieto in divieto, oggi di nudo i pellegrini hanno solo i piedi, e la lingua certo la tengono apposto (ho fatto comunque in tempo a vederne ancora qualcuno che camminava in mutande).

Lontano nel tempo, ho qualcosa a che fare con ciò che gli irlandesi e i messicani, mezzo secolo fa, o ancora oltre, chiamavano cattolicesimo.

La più traumatica di tutte le religioni, quella nata nel sangue che sgorga dall’Agnello ancora scalpitante, quel racconto del Padre che per amore uccide il Figlio e dei credenti che ne divorano le carni e si inebriano del suo sangue, sapendo di essere umile humus, come l’umida terra in cui gli umani saranno tutti sepolti.

E proprio per questo suo scendere nel fondo, ciò che in inglese si descrive con il meraviglioso termine di Harrowing of Hell, questa capacità di trasformare il trauma dell’esistenza in qualcosa di esaltante, è per me anche affascinante.

Parce mihi, Domine, nihil enim sunt dies mei.
Quid est homo, quia magnificas eum?
Aut quid apponis erga eum cor tuum?
Visitas eum diluculo et subito probas illum.
Usquequo non parcis mihi, nec dimittis me, ut glutiam salivam meam?
Peccavi, quid faciam tibi, o custos hominum?
Quare posuisti me contrarium tibi, et factus sum mihimet ipsi gravis?
Cur non tollis peccatum meum, et quare non aufers iniquitatem meam?
Ecce, nunc in pulvere dormiam, et si mane me quaesieris, non subsistam.

Abbi pietà, Signore: i miei giorni sono nulla.
Chi è l’uomo, perché tu lo magnifichi?
E perché dovresti rivolgere il tuo cuore a lui?
Gli fai visiti all’aurora e subito lo metti alla prova.
Per quanto tempo non mi risparmierai, non mi lascerai stare, a deglutire la mia saliva?
Se ho peccato, cosa ti ho fatto, o custode dell’uomo?
Perché hai fatto di me un ostacolo per te, e ora sono diventato un peso per me stesso?
Perché non rimuovi i miei peccati, e perché non porti via la mia iniquità?
Ecco, ora dormirò nella polvere, e se domani mi cercherai, non ci sarò più.

Francisco de Zurbarán, Agnus Dei

 

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69 risposte a L’agnello insanguinato e le cose che non si devono dire

  1. Il racconto del padre un po’ sadico che si diverte a far torturare e morire atrocemente il proprio figlio prediletto spero che abbia fatto il suo tempo: uno dei più bei corollari sarebbe la morte istantanea dei fenomeni materialisti alla Medjugorje, dove la mamma buona si mette sempre in mezzo tra l’umanità e questo essere così divino ma anche così incazzoso nonché sempre pronto a scagliare il braccio contro formichine impotenti.
    Ma il mondo per comodità preferisce il concetto di giustizia divina a quello di stupidità umana, senza sapere che giustizia nella Bibbia sta per fedeltà, non per punizione: dunque la vedo dura (senza disperare).

    Bello il non-luogo (e quindi il non tempo) del quadro: un bel plagio dalla Vergine Annunziata di Antonello da Messina.

  2. PinoMamet scrive:

    C’è una chiesetta in una frazione, poco lontana da qua, con un grosso affresco dietro l’altare, che raffigura un agnello, come dire, trionfante e irraggiante. Stelle e altra roba.
    Mi ha sempre fatto un’impressione strana, come se fosse il tempio di una religione diversa, non dei soliti cattolici. Adesso mi dicono che ci sta dentro un prete alto, grosso e barbuto, il che immagino completi la sensazione di straniamento; ma è cattolico, dell’est Europa (suppongo polacco, e suppongo barbuto per semplice scelta personale).

    Un po’ devo dire che hanno ragione gli ortodossi, riguardo le immagini sacre. Va bene la creatività, ma le immagini parlano una loro lingua, che non è detto sia quella dei dogmi. Se fossi il capo di una religione con dei dogmi, ecco, ci starei bene attento.
    E infatti il cattolicesimo, dogma nonostante, è diventato tante cose diverse, compreso quelle che affascinano te, Miguel, e che io trovo abbastanza spaventose 😉

    ciao!

    • Moi scrive:

      Ma i preti (preti, no frati eh !) cattolici non avevano l’ obbligo di rasatura della barba mutuata dagli Antichi Romani “Liberi” ?

      • PinoMamet scrive:

        Boh!
        (ma poi i Romani mica erano obbligati da qualcuno a radersi, quando gli andava di “fare i Greci” o “i filosofi” tenevano la barba, e addirittura- anche se curiosamente nessuno ci pensa- ho visto alcune statue raffiguranti ex soldati romani che portavano i baffi, immagino per imitare i costumi dei Galli, più o meno come pare che i soldati inglesi lofacessero per imitare i “colleghi” indiani al tempo del loro Impero laggiù…)

      • Nel Medioevo si era diffusa questa prassi, sì (anche se il clero germanico faceva un po’ quello che voleva: la barba era virilità…), ma già le frange più rigoriste dei francescani videro nella rasatura (della barba) un segno di vanità e questo portò alla prassi dei Cappuccini, che sono barbuti.
        Ma gli eremiti nostrani e in Oriente la barba la portavano.

  3. daouda scrive:

    Credenti che divorano le carni?Credenti che si inebriano del sangue?
    Il Figlio sacrificato da un dio sadico?
    Entrare sanguinanti e nudi al Tempio? Negare che il Dio fatto homo è stato ucciso?
    Ma che cazzo di religione vi raccontano?

    • Val scrive:

      Be’, se uno prende per buono il dogma della transustanziazione, la celebrazione eucaristica è qualcosa di tecnicamente vicino a un rito cannibalistico… 🙂

    • daouda scrive:

      Questo perché la transustansazione è illogica. In Oriente non sono così scemi che sennò, a rigore, il Cristo crepa ogni giorno…

  4. jam scrive:

    …ainsi parlait Zarathoustra (F. Nietzsche)
    “disgrazia, arriva il tempo dove l’uomo non lancerà più la freccia della sua nostalgia al di là dell’uomo. disgrazia! arriva il tempo nel quale l’uomo non potrà più generare stelle. disgrazia! arriva il tempo dell’uomo più vile che non saprà più ammonirsi. ecco vi mostro l’ultimo uomo…cosi’ parlo’ Zarathustra
    ciao

  5. roberto scrive:

    sai che non capisco?

    io pensavo che l’uccisione di gesù fatto uomo e la sua resurrezione fossero dei capisaldi per i cristiani
    poi vabbé, magari a cinque anni non scenderei in dettagli molto macabri*

    * e su quest’ultimo aspetto mi è capitato di portare in chiesa mia figlia per il matrimonio di un’amica ed essere seduti sotto un crocifisso veramente splatter a grandezza naturale, e mia figlia ha avuto gli incubi per una settimana…

    • paniscus scrive:

      Invece la nostra (però era molto più piccola), direi circa tre anni… la prima volta che vide da vicino un crocifisso, non diede segno di notare affatto il sangue e le ferite, ma notò invece i piedi tesi sulle punte, dal corpo quasi nudo e le braccia tese, e pensò che si trattasse di un tuffatore. Per cui chiese, tranquillamente: “Ma quel ragazzo zompa?”

      Lisa

      • daouda scrive:

        il crocifisso occidentale si rifà al significato della runa celtica Y.Per questo assume quella posizione e per questo cè il corpo rappresentato poiché altriemnti il simbolo più adatto è la semplice croce detta greca.

  6. Miguel Martinez scrive:

    per roberto

    “poi vabbé, magari a cinque anni non scenderei in dettagli molto macabri”

    Beh, certo, ma non credo che la maestra lo abbia fatto.

    Probabilmente è una questione in sostanza di divisione dei lavori: l’aldilà in mano alla pubblicità, i comportamenti in mano alla legge, la vita sociale che passa dai partiti ai centri commerciali, le cose brutte in mano agli ospedali.

    Resta la Bontà come unico campo di operazione per il clero.

  7. antonello scrive:

    è la degna erede di una religione in cui dio ordina a chi gli crede di ammazzare il SUO (del fedele, non di dio) figlio, che è anche peggio di ammazzare il figlio di dio, anche perchè nel secondo caso non sono i fedeli che lo uccidono. CHi crede che per dio si possa anche ammazzare il proprio figlio, che è il massimo atto di aberrazione (perchè siamo al mondo per fare figli, non per ammazzarli), può credere a tutto.

    • Veramente la storia del mancato sacrificio di Isacco altro non è che la rappresentazione del rifiuto di Dio per il sacrificio umano: era normale in precedenza sacrificare la primizia (pargolo incluso) alla divinità e con Abramo questo sistema viene ufficialmente rotto. Questo è il significato di quel passo che, come ogni passo, va letto più per l’insegnamento (anche rozzo) che vuol dare che per ciò che racconta in sè.
      A meno che antonello non creda che la Bibbia vada letta letteralmente perché è un resoconto storico e scientifico accurato e che quindi siano esistiti Adamo ed Eva e tutto il resto 😉

      • daouda scrive:

        A questo si è giunti, ignorando completamente che l’unione simbolica sacrificante-sacrificio-sacrificato sulla croce ( non a caso sulla croce ) è proprio ciò che, per l’umanità corrente, era necessario oltre che opportuno.
        Poi è chiaro che ridurre il tutto alla redenzione dell’homo sarebbe veramente puerile…

      • paniscus scrive:

        “Veramente la storia del mancato sacrificio di Isacco altro non è che la rappresentazione del rifiuto di Dio per il sacrificio umano: era normale in precedenza sacrificare la primizia (pargolo incluso) alla divinità e con Abramo questo sistema viene ufficialmente rotto. ”
        ————————–

        Mi risulta che nella Bibbia quello (mancato) di Isacco non sia l’unico sacrificio umano raccontato, e che qualche altro episodio del genere sia stato portato regolarmente a termine.

        Al momento mi viene in mente solo la storia della figlia di Jefte, ma non escludo che ce ne siano anche altre.

        E comunque quell’episodio, che si conclude con l’effettivo sacrificio della ragazza (che non meritava nemmeno la citazione esplicita del nome), è situato nel racconto biblico molto DOPO quello di Isacco.

        Lisa

      • Perché, appunto, la Bibbia non va presa per un testo storico o scientifico e perché i libri non sono stati scritti nell’ordine in cui li troviamo noi oggi. La Genesi, dove sta la storia di Abramo, è uno dei libri più recenti.

  8. Alessandro scrive:

    @antonello

    Bè, faccio notare che alla fine Isacco NON viene ucciso, e che il sacrificio umano era presente in molte civiltà antiche: anche nelle fosse romulee di fondazione della città di Roma sono stati trovati dagli archeologi diretti da Carandini resti umani, presumibilmente di sacrificati per la sacralità del rito (di origine etrusca)

    • habsburgicus scrive:

      @Lisa (paniscus)
      é verissimo che la figlia di Jefte fu sacrificata, già all’epoca dei Giudici e dunque, secondo la cronologia biblica, molto dopo il mancato sacrificio di Isacco….
      oltre al fatto che come ha osservato qualcuno (credo Mauricius Tarvisii) i libri della Bibbia non sono stati scritti in ordine e comunque sono molto posteriori ai fatti narrati, resta il fatto che gli antichi israeliti, contrariamente ad una tradizione millenaria che li ha isolati dai contemporanei, erano parte del mondo semitico occidentale di lingua cananaica, che conosceva e praticava a iosa i sacrifici umani (soprattutto di bimbi e fanciulli) come é notissimo presso i Fenici (cananei anch’essi e paganissimi) e i loro “cugini” Cartaginesi dove orrende ecatombi di bimbi avvennero fino al 146 a.C (distruzione di Cartagine ad opera di P. Scipio Aemilianus, coss 147 e 134 a.C, obiit 129 a.C) e, in forma coperta, sino a Tiberio (14-37 d.C) che finalmente decise di porre termine in modo energico alla pratica (parimenti vietò i sacrifici umani in Gallia)
      ancora il Re di Giuda Manasse, predecessore del “pio” Giosia (640-609 a.C), dunque in pieno VII secolo a.C, immolava ai Ba’alim diversi bimbi, oltre a praticare e tollerare ogni perversione sessuale…e questo ce lo dice la stessa Bibbia, nel Libro del Re e non Giovanni Preziosi in “Giudaismo, Bolscevismo, Massoneria, Plutocrazia” 😀
      anche in riferimento alle ricerche archeologiche cui faceva riferimento mirkhond, in un altro post, secondo me bisogna finalmente porre in modo radicale il problema delle origini israelitiche, salvo fare marcia indietro qualora SCIENTIFICAMENTE e non FIDEISTICAMENTE sia dimostrato l’errore
      in breve, ritengo che la ricerca più avanzata sia giunta a questi risultati (pur essendoci divergenze anche serie di opinioni e non tutti siano così radicali su ogni punto; la seguente é una ricostruzione “mia”)
      Patriarchi, pura fantasia
      schiavitù in Egitto ed Esodo, pura fantasia
      Mosé: mai esistito
      Giudici: soprattutto fantasia
      Dsvide e Salomone: dubbi, in ogni caso piccoli regni completamente inseriti nel contesto, paganissimo, dell’epoca
      X-VIII secolo a.C: esistenza REALE di due Regni, Israele (il più importante) e Giuda (il meno importante, cioé un ribaltamento della tradizione :D), sostanzialmente pagani; esistenza soprattutto a Giuda di ambienti sacerdotali che arrivano, forse, al monoteismo che resta perà estraneo al popolo; gradualmente acquistano influenza
      Ezechia, c.a 700 a.C: 1° Re di Giuda (Israele era caduto agli Assiri nel 722 a.C) influenzato in modo “serio” dai monoteisti, ma alla sua morte il paganesimo semitico cananeo riprende il sopravvento
      Giosiia, 640-609 a.C, il vero “creatore” del monoteismo che impose su tutto il popolo di Giuda; forse però più che monoteismo era enoteismo; dopo la sua tragica morte, ripresa del “paganesimo” tradizionale, contro cui inveisce Geremia (ed altri)
      esilio a Babilonia, 587-538 a.C: elaborazione teorica del monoteismo giudaico ad opera dei sacedoti esiliati; NASCITA DEL GIUDAISMO, ancora non “completato”
      V-IV secolo a.C: con le riforme di Esdra e Neemia viene “creato”, “introdotto” e “fissato” il Giudaismo del Secondo Tempio, ormai pienamente monoteistico; colossale ricostruzuione di tutto il passato alla base della nuova “ideologia” rigorosamente monoteistica, SCRITTURA DELLA BIBBIA o radicale revisione, alla luce del “buovo corso”, di quei pochi testi veramente pre-esilici, alcuni dei quali conservano tracce dell’epoca “pagana”, elohim ecc. (processo concluso solo in epoca maccabaica, metà II secolo a.C con un ulteriore e definitivo irrigidimento, ma de facto a buon punto già all’epoca della venuta di Alessandro, 332 a.C); ad Elefantina in Egitto, nel V secolo a.C, papiri aramaici, ancora chiare tracce del “paganesimo” più antico e di tradizioni ormai abbandonate o condannate da quello che diverrà il giudaismo ufficiale
      ciao

      • PinoMamet scrive:

        Mi trovo sostanzialmente d’accordo con la tua ricostruzione della nascita del monoteismo ebraico (ma non sono così estremo, non vedo perchè non possa essere esistito davvero un individuo di nome Mosè, magari dotato anche di fratello Aronne, che abbia svolto una qualche funzione di legislatore un po’ come Numa per i Latini, e sia stato ricordato per quello), però ho il dubbio (forse ne sai più di me in proposito) che ci sia molta esagerazione nella faccenda dei sacrifici umani fenici e cartaginesi.

        Alla fine sia le fonti romane, che quelle ebraiche in proposito, erano più che interessate a demonizzare il mondo fenicio, anche se per motivi diversi.
        Non escludo naturalmente che sacrifici umani possano essere stati compiuti davvero, ma forse in misura minore e meno.. “splatter” di come viene presentata la cosa dalle fonti.
        L’archeologia che dice?

        idem sui Galli, la storia del “wicker man” mi ha sempre lasciato poco convinto per la macchinosità e difficoltà pratica della realizzazione, e anche perché il “wicker man” appunto (lo chiamo in inglese per citare il film omonimo, non l’obbrobbrio con Nicholas Cage, quello originale) potrebbe benissimo essere un ottimo sostituto al sacrificio umano
        (come le varie “vecchie” o “zobie”, “zobiane”-ecc. che si “sacrificavano”, bruciandole, in varie parti d’Italia fino a non molto tempo fa).

        Insomma, mi sono fatto l’idea (forse perché sono contemporaneamente un “buonista dentro”, cui i sacrifici umani ripugnano, e un andreottiano per cui a pensar male..) che i Romani trovarono i Galli che non sacrificavano più persone ma simulacri… e per far quadrare l’opera propagandistica di “civilizzazione dei selvaggi”, hanno dovuto trovare un modo per riconvertire, nell’immaginario, questi sacrifici incruenti in qualcosa di tremendo…

        sempre per tornare agli inglesi in India, che trovo si prestino bene come paragone, qualcuno, come saprai, ha avanzato dubbi sulla reale consistenza (se non sull’esistenza tout court) dei thugs o thuggees che la stampa inglese rese famosi come assassini seriali e che avevano un ufficio di polizia apposito a occuparsi di loro…

      • daouda scrive:

        Si ottimo anche Cristo non è mai esistito. Poi dice che lo storicismo non è una macchina da guerra contro le Religioni…

        Io ti consiglio i libri di Francesco Spadafora, poi fai come te pare…

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Alessandro

    “Bè, faccio notare che alla fine Isacco NON viene ucciso, e che il sacrificio umano era presente in molte civiltà antiche”

    Essendo messicano, non ho nulla contro i sacrifici umani :-), che comunque sono una cosa assai più dignitosa dei bombardamenti aerei. E come dici tu, non sono certo un monopolio del racconto biblico.

    • habsburgicus scrive:

      @PinoMamet
      suialli tendo in buona parte a darti ragione, nonostante la mia gallofobia (non verso quelli antichi, veso i Galli moderni :D)
      sui Fenici e Cartaginesi credo che in sostanza i classici abbiano avuto ragione…leggevo una volta un articolo sui Comptes-Rendus de l’Académie des Inscriptions (di cui purtroppo non ricordo il nome) che parlava di prove archeologiche (tofet, dove si immolavano i bimbi)…..é certo che a Cartagine i sacrifici umani durarono più che in Fenicia, dove paiono esere stati in disuso già in epoca ellenistica (almeno io non ne sento parlare)
      a Roma dove furono sempre rarissimi (dopo Canne, 2/8/216 a.C, furono seppelliti vivi un gallo e una galla, un greco e una greca, ma erano momenti di terrore panico…e comunque presero degli stranieri, mica fessi :D) i sacrifici umani furono aboliti de iure solo nel 97 a.C

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius Tarvisii

    “Veramente la storia del mancato sacrificio di Isacco altro non è che la rappresentazione del rifiuto di Dio per il sacrificio umano”

    non sono d’accordo su quel tagliente altro non è.

    Forse è anche quello che dici tu; come è anche e comunque un riferimento al sacrificio umano, in particolare del figlio primogenito, di cui si trovano accenni in tutta la narrazione biblica, e culminerà proprio con il sacrificio dell’umano/dio Gesù.

    E che è inscindibile dal sacrificio parallelo del capro (espiatorio) e dell’agnello, e dal versamento del loro sangue, che è obbligatorio quanto lo era il sacrificio umano; e che viene ripreso nel sacrificio (vegetariano) del pane e del vino. Dove sacrificio è quasi sempre anche consumo e incorporazione.

    D’altronde, il Tempio di Gerusalemme (come quello di Tenochtitlan) era un immenso mattatoio centralizzato, cosa che tendiamo a dimenticare perché dell’antico giudaismo è rimasto solo l’aspetto secondario e tardivo, quello testuale.

    • La narrazione biblica comprende, per i cristiani, anche il Vangelo: e qui la parola sacrificio non viene mai messa in bocca a Gesù. La parola dono invece è presente.
      Tutte le implicazioni che ne potrebbero scaturire non sono alla mia portata, ma almeno cominciamo a mettere qualche puntino sulle i.

    • Nel racconto abbiamo Abramo che, per disposizione divina (una disposizione comune tra i culti a cui era abituato il nostro pastore mediorientale), va ad offrire alla divinità la primizia del suo matrimonio, Isacco. Questa è la massima fedeltà possibile nell’ottica religiosa di Abramo, ovvero il gesto con cui la comunità primitiva si privava della propria prole (che, come nel racconto biblico, è qualcosa di desiderato e di importantissimo: tutta la storia nasce dal desiderio di Abramo di un pargolo) per conquistarsi il favore del Cielo.
      Il nostro pastore sta per calare il coltellaccio sul figlio ed ecco che all’improvviso Dio gli dice che no, non gradisce questo genere di sacrifici e che piuttosto vuole che gli si sacrifichi un animale provvidenzialmente fornito là vicino. E questo è un punto di passaggio tra la vecchia religione di Abramo alla nuova: del resto, per gli esegeti cristiani tutto l’Antico Testamento è un racconto “iniziatico” di come un popolo è stato formato da Dio per essere pronto ad ospitare la venuta della divinità in terra. Così come le correnti più “apocalittiche” (pensiamo a Gioacchino da Fiore) hanno visto la storia dall’Incarnazione in poi come l’iniziazione dell’umanità intera in preparazione della fine dei tempi, quando la convivenza (o consistenza?) dell’uomo con Dio sarà piena.

      • daouda scrive:

        bingo!

      • Tra l’altro bisogna vedere nel testo “originale” se per caso Dio venga nominato con un termine che indichi le divinità altre (quelle del sacrificio per intenderci) quando chiede il sacrificio, e con un altro quando ferma Abramo.
        Magari li c’è uno dei contrasti Elohim-Jahve (non so come scriverli correttamente), che credo presenti anche in altri contesti, forse già dal Genesi.

      • @Riccardo
        La storia di Abramo è Genesi

      • PinoMamet scrive:

        “Tra l’altro bisogna vedere nel testo “originale” se per caso Dio venga nominato con un termine che indichi le divinità altre (quelle del sacrificio per intenderci) quando chiede il sacrificio, e con un altro quando ferma Abramo.”

        Ho controllato, e in effetti è così: quando si dice che Dio mette alla prova Abramo, si parla di Elohim
        (וַיְהִי, אַחַר הַדְּבָרִים הָאֵלֶּה, וְהָאֱלֹהִים, נִסָּה אֶת-אַבְרָהָם; וַיֹּאמֶר אֵלָיו, אַבְרָהָם וַיֹּאמֶר הִנֵּנִי)
        e si usa la stessa parola finché non un angelo di Dio (Yhwh) non ferma il sacrificio
        ( וַיִּקְרָא אֵלָיו מַלְאַךְ יְהוָה, מִן-הַשָּׁמַיִם, וַיֹּאמֶר, אַבְרָהָם אַבְרָהָם; וַיֹּאמֶר, הִנֵּנִי. )
        da allora in poi si usa Yhwh.

        le due frasi hanno la stessa costruzione, salvo che l’angelo chiama Abramo due volte.

        Comunque non so se sia un dettaglio significativo visto che ho dato un’occhiata ai vari brani in cui Dio promette un figlio ad Abramo, poi salva il figlio che Abramo ha avuto con Hagar ecc. e c’è sempre alternanza tra i due termini, ma non sono riuscito a trovarci una logica.

        (No, non so l’ebraico così bene, magari! sto solo iniziando a studiare)

    • daouda scrive:

      Difatti l’ebraismo , tecnicamente, è inefficiente.

      Ad ogni modo il sacrificio animale è il sacrificio per cui Abele è gradito a Dio ma, avendo versato del sangue, subisce la morte che però è imputata a danno di Caino, il cui sacrificio orizzontale non è gradito ed il cui atto prevedibile sfocia nella cattiveria.

      Il sacrificio di Cristo è cruento una volta per tutte per non esserlo più e riunisce donando vino e pane secondo la maniera di Melkitsedeq, Re di Pace e sacerdote dell’Altissimo, figura del Re-Pontefice, questi modi vegetali ed animali.

      Ma bisogna essere seri e comprendere al meglio come attesta Paolo nella letterea agli ebrei 10, 1-31:

      –Avendo infatti la legge solo un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio. Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati? Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati, poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
      “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
      un corpo invece mi hai preparato.
      Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
      Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
      per fare, o Dio, la tua volontà.”
      Dopo aver detto prima non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
      Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati. Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
      “Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro
      dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori
      e le imprimerò nella loro mente,”
      dice:
      “e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità.”
      Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più bisogno di offerta per il peccato.
      Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne; avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
      Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone, senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l’abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.
      Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.
      Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? Conosciamo infatti colui che ha detto:” A me la vendetta! Io darò la retribuzione!” E ancora:” Il Signore giudicherà il suo popolo”. È terribile cadere nelle mani del Dio vivente! —

      Il ché già dà un’immagine sul perché la transustansazione sia un’idiozia, giusto per aggiungere

      • daouda scrive:

        Lo attesta anche il sufi sunnita , iraniano, Mansur al-Hallaj in una sua bellissima e famosa poesia:

        “Ho molto pensato alle religioni, per capirle,
        e ho scoperto che sono i molti rami gemmati di un’unica Fonte.

        Non pretendere dunque dall’uomo che ne professi una,
        ché così s’allontanerebbe dalla Fonte sicura.

        È invece la Fonte, eccelsa e di significati pregna,
        che deve venire a cercarlo, e l’uomo poi capirà.

        Tu che biasimi il mio amore per Lui, come sei duro!
        Se sapessi Chi intendo, così non faresti.

        I pellegrini vanno alla Mecca, ed io da Chi abita in me,
        vittime offrono quelli, io OFFRO IL MIO SANGUE E LA VITA.

        C’è chi gira attorno al suo tempio senza farlo col corpo.
        perché gira attorno a Dio stesso, che dal rito lo scioglie.”

  11. Moi scrive:

    Io ho seri problemi con la Religione Italiana, fondata sul patto che scambia l’otto per mille con la bonaria benedizione universale.

    Miguel

    ———–

    E che dire di chi l’ emula polemicamente ?

    http://xoomer.virgilio.it/nrotini/tecniche_di_braccia.htm

  12. mirkhond scrive:

    X-VIII secolo a.C: esistenza REALE di due Regni, Israele (il più importante) e Giuda (il meno importante, cioé un ribaltamento della tradizione 😀 ), sostanzialmente pagani; esistenza soprattutto a Giuda di ambienti sacerdotali che arrivano, forse, al monoteismo che resta perà estraneo al popolo; gradualmente acquistano influenza

    Attenzione. Le prime manifestazione storicamente documentabili del Monoteismo ebraico, conpaiono nel regno d’Israele con Elia (tra l’875 e l’850 a.C.), e col suo discepolo Eliseo (tra l’850 e l’830 a.C.). Elia il cui nome sicuramente jahwista, si trova a combattere contro un normale e sentito paganesimo cananeo, ma getta forse per primo, i semi della Fede, con metodi sicuramente “talebani” ripugnanti a sensibilità culturali più evolute. Lo stesso aspetto di Elia è quello di un selvaggio…
    Poi abbiamo Eliseo che è anche PEGGIO del suo venerato predecessore, facendosi portavoce del golpe del generale Jehu che espugnata Samaria, stermina TUTTI i 70 membri della famiglia reale di Acab, compresa la regina madre Jezabel, gettata in pasto ai cani. Che poi Jehu (842-814 a.C.) sia uno jahwista eretico e idolatra, non toglie che le lontane premesse della svolta monoteista si manifestassero in Israele.
    E quello che in Israele non si riuscì a portare a compimento, in seguito alla sua distruzione in varie fasi, ad opera degli assiri tra 740 e 722 a.C., avrebbe costituito una brusca riflessione nel superstite Giuda, dove profeti monoteisti del NORD israelitico, da profughi gettarono a loro volta il seme della Fede a Gerusalemme e in Giuda, dando anche qui una svolta al processo che proprio in Giuda, dapprima con molta fatica, tra le classi dirigenti, e da Babilonia in poi, con ancor più fatica tra il popolo, avrebbe trovato il suo compimento….
    ciao!

    • habsburgicus scrive:

      é chiaro che conoscevo sia Elia che Eliseo…però questi fatti sono conosciuti solo dalle fonte bibliche rielaborate molto più tardi (come tu stesso ammetti), ecco perché non ne ho tenuto conto (l’esistenza di Jehu é invece attestata da fonti assire)…più darsi che, adottando pure una posizione razionalista, queste vicende siano un’eco, sia pure magari deformato, di avvenimenti politico-religiosi del IX secolo a.C; in tal caso la frase di sopra sarebbe da correggere così “esistenza non solo a Giuda, ma forse anche prima in Israele, di ambienti sacerdotali che arrivano, sembra, al monoteismo che resta perà estraneo al popolo; gradualmente acquistano influenza, più durevole a Giuda che in Israele”
      ciao

      P.S, per tutti (in primis Daouda)
      vorrei che fosse chiara la differenza radicale, soprattutto di epoca storica, che secondo me esiste fra Vecchio Testamento e Nuovo Testamento, senza la quale non si comprende che uno può essere molto “razionalista” per la storia biblica e invece conservatore per la storia evangelica
      negare l’esistenza storica di Mosé é possibiissimo e risolve vari problemi (anche se forse ha ragione PinoMamet e si può ammettere dubitativamente l’esistenza di un tale di nome Mosé che più tardi divenne “leggendario” e a cui furono attribuite imprese “epiche”)
      negare l’esistenza storica di Gesù Cristo, in piena epoca storica e con fonti (i Vangeli) nella peggiore delle ipotesi posteriori di 60 anni (ma in genere si dice 40 anni e quello di Marco ancor meno) é follia per quanto alcuni marxisti lo abbiano fatto !
      vorrei essere chiaro su questo
      ciao a tutti

  13. jam scrive:

    ….il Monoteismo che macroscopicamente é il riconoscimento di un solo Dio, riconoscimento che ha ripercussioni a livello dei costumi e corrisponde ad azioni più civili, a comportalenti meno barbari, ad elaborazioni storiche e filosofiche più sottili.
    L’Unità di Dio, che i pagani conoscevano benissimo, ma che avevano per negligenza ed interesse di potenza mondana dimenticato, riemerge con furore. Fra l’altro questa é una caratteristica della Verità, la Verità più la si nasconde e più la si maltrattà, prima o poi riemerge con l’evidenza di un lampo, é una sua caratteristica costitutiva contro la quale nessuno mentitore potrà mai fare nulla.
    Il sacrificio di Isacco, ma il primogenito di Abramo era Ismaele, il mancato sacrificio di Ismaele o Isacco, come dice Mauricius qui sopra, corrisponde con un NO netto al Dio sanguinario, cioé agli dei sanguinari, il Dio Unico odia i sacrifici umani che sono imperativamente sostituiti con quelli animali.
    Anche le conquiste morali soccombono alla legge della gradualità, bruciare le tappe significa fare nuovi errori. L’agnello al posto dell’umano per questo bisogno teatrale dell’umanità di avere una vittima. e perché umani siamo e parliamo un linguaggio anche umano, ma ne possediamo un’altro, un linguaggio umano trasmutato x’ si é tuffato nell’oceano del Divino. E qui si arriva all’impasse.
    Nel nocciolo della religione tutti i linguaggi sono sublimati, voler giudicare la religione con un linguaggio solo storico o filosofico é impossibile, perché la religione nella sua essenza vive qui, ma anche altrove, non dimora soltanto qui nel basso mondo, quindi deve essere analizzata anche con altri strumenti. Sostanzialmente più la religione si purifica, più il sangue non é quello che scorre nel nostro corpo terrestre, ma corrisponde ad un sangue spirituale, un’inchiostro col quale sono scritte le lettere luminose provenienti da Dio. L’eucarestia in Islam é il Corano, le parole del libro, le lettere sacre, sono il corpo-sostanza e l’inchiosto é il sangue, ma un sangue privato del negativo, o meglio privato di violenza.
    Gesù non é stato ucciso da Dio ma dai terrestri che si erano allontanati da Dio. Dio invece lo ha fatto RISORGERE, la resurrezione ha la chiave del mistero.
    O storici del mondo intero, parlatemi della reurrezione per favore!
    Anch’io una volta, tempo fa in italia con i miei figli piccoli, entrai in una chiesa per vedere dei quadri, e non bastarono tutte le caramelle che avevo in tasca per far smettere di piangere il mio dolce quattrenne, che davanti a Gesù crocifisso comincio’ a singhiozzare. Quanto sono belli invece i mosaici di Ravenna, dove la croce é sempre piena di gemme preziose e proiettata nel Mundus Imaginalis della resurrezione, in cieli pieni di magnifiche stelle, mosaici, dove pecore e agnelli sono descrizioni di realtà escatologiche in cerca di contemplazione…

    ciao

    • Francesco scrive:

      >> Quanto sono belli invece i mosaici di Ravenna, dove la croce é sempre piena di gemme preziose e proiettata nel Mundus Imaginalis della resurrezione

      saranno belli ma fino alla Fine dei Tempi sono terribilmente parziali e troppo spesso muti.

      se dimentichiamo che Dio si è fatto vicino a noi fino in quella esperienza terrificante che è il dolore e la morte, siamo ancora soli.

      ciao.

  14. mirkhond scrive:

    Gli studi storici non annullano il mistero di Dio…
    Nessuno storico è fino ad ora riuscito a dimostrare che il Monoteismo sia un’invenzione solo umana. Lo stesso Liverani su questo argomento si arrampica sugli specchi e non convince….
    Yehezkel Kauffman (1889-1963), rabbino e studioso del Giudaismo, affermò nel 1960, al termine di una lunga vita di studi:
    “il monoteismo ebraico resta un fenomeno che sfugge all’indagine del ricercatore. Qui ci troviamo alla soglia di uno dei più profondi misteri della storia”.
    ciao!

    • Lo storico deve attenersi ad un’ottica agnostica, ovvero non porsi il problema di Dio e non cercare nemmeno di avvicinarsi.
      Il Monoteismo (almeno quello cristiano) è un cammino parallelo del singolo uomo e dell’umanità, che va avanti per gradi e si conclude con la fine della vita e con la fine del Secolo. Non potendo conoscere cosa succede nella mente delle persone o nella microstoria, non si può sapere se il percorso sia suggerito o se piuttosto non sia un’invenzione originale.

      • mirkhond scrive:

        Personalmente non credo che Dio sia un’invenzione umana…
        Poi a me questi arzigogoliii sullo storico che deve fare questo o quello non mi hanno mai convinto….

      • mirkhond scrive:

        Non mi convince la luterana ragione prostituta del diavolo.
        No, la ragione se ce l’abbiamo, è uno DONO DI DIO, che LUI ci ha dato per aiutarci a SCOPRIRLO, ognuno naturalmente coi mezzi che ha a disposizione..
        Jam è un caso a parte, perchè lei E’ GIA’ NELLA RIVELAZIONE e non ha bisogno delle nostre povere indagini terrene….
        ciao!

      • PinoMamet scrive:

        Mirkhond

        io concordo con Mauricius, lo sai; sai benissimo che le tue riflessioni hanno certamente senso, ma nell’ottica di uno che è già credente, e cerca nella Storia i segni del divino; non in quella di chi voglia svolgere una ricerca, come dire, “neutrale”.

        è un po’ come la faccenda dei miracoli: se senti parlare di una guarigione “miracolosa”, ci credi di più se ne parla un devoto che è sempre andato in Chiesa e parla sempre di santi, o un agnostico scienziato che per tutta la sua vita ha prestato fede solo a ciò che poteva verificare?

      • mirkhond scrive:

        Lo storico deve attenersi ad un’ottica agnostica, ovvero non porsi il problema di Dio e non cercare nemmeno di avvicinarsi.

        Lo storico non vive in un mondo asettico, ma è un uomo coinvolto nel suo tempo e nelle problematiche del suo tempo, sociali, personali, familiari, affettive ecc.
        La sua vita non è al di sopra di quella degli altri, ma è DENTRO questo mondo, con le sue sofferenze e con i suoi interrogativi….
        Un mio professore all’università ci disse una volta che l’obiettività NON ESISTE e le nostre convinzioni sono sempre influenzate da vissuti e sensibilità personali….
        Un’altra mia docente disse che lavoriamo sui resti di un naufragio, e da quei poveri resti dobbiamo ricostruire il galeone…
        Ora, proprio perchè si tratta di poveri resti, le nostre ricostruzioni anche le più accurate avranno sempre un tocco personale se non arbitrario, perchè mancano TROPPE cose…
        Con questo non intendo affatto sminuire o negare 150 anni di studi esegetici, antropologici comparati e archeologici sul Medio Oriente Antico e sulla più antica storia ebraica, per noi così importante proprio per le radici della nostra civiltà e del nostro essere….
        Per cui pur essendo in profondo DISACCORDO con Kaufmann su tali questioni esegetico-storico-archeologiche (che lui da uomo di fede, combatteva e negava), però CONCORDO con lui proprio sul MISTERO del MONOTEISMO!
        ciao!

      • Non si chiede all’uomo che fa lo storico di essere un automa, ma semplicemente si chiede allo storico, nell’esercizio delle sue funzioni, di cercare di mantenere un agnosticismo metodologico indispensabile per la ricerca.
        Che poi comunque lui vedrà le cose dal suo punto di vista e che il suo studio sarà influenzato da mille fattori, questo è scontato, ma quantomeno bisogna sforzarsi, nel proprio piccolo, di essere asettici.
        Agnostico “metodologico” è il contrario di ateo, in ogni caso: sai bene che nemmeno per me Dio è un’invenzione umana.

      • daouda scrive:

        Mauritius questa è proprio una bella trovata. Studiare quel che esiste per via di Dio come se Lui non ci fosse.
        Ma è una cosa idiota oltre che folle!

        Per il resto anche te MIrkhond sei già nella rivelazione e precisio che la razionalità è individuale mentre l’intelletto universale.
        Le verità si gustano con l’intelletto, non con la ragione…

        Pino: il miglior credente è colui che sà ed attesta la verità. I miracoli sono ovvietà, ed è per qeusto che gli homini di scienza sono di solito capre materialistiche, oltre che stupide.

      • Francesco scrive:

        Credevo lo storico dovesse attenersi ai fatti e cercare di capirli. (Sennò scrive roba noiosa e nessuno gli compra i libri).

        Se trova il monoteismo, mica può far finta di niente, giusto?

        Certo, mi sento di escludere a priori che uno storico possa trovare una bella lasta di adamantium con su scritto “Deum fecit. VII M AC”, questo sì.

        Ciao

  15. mirkhond scrive:

    errata corrige: Kaufmann

  16. mirkhond scrive:

    Quanto sono belli invece i mosaici di Ravenna, dove la croce é sempre piena di gemme preziose e proiettata nel Mundus Imaginalis della resurrezione, in cieli pieni di magnifiche stelle, mosaici, dove pecore e agnelli sono descrizioni di realtà escatologiche in cerca di contemplazione…

    In questo si vede che sei orientale e ti rispecchi pienamente nell’arte bizantina, la VERA arte SACRA cristiana, secondo padre Raniero Cantalamessa….
    ciao!

    • E se secondo me la vera arte sacra cristiana fossero l’architettura gotica e il “Cristo sofferente”? Che poi sarebbero un interessante contrasto tra il “pulp” della Passione e la luce dell’intervento divino nella Storia, culminato nella Resurrezione.

      • mirkhond scrive:

        De gustibus….

        • Francesco scrive:

          x Mirkhond

          non credo sia lecito alle nostre preferenze personali censurare le Scritture.

          A me stanno sulle palle la proibizione del prestito a interesse (che è ingiusta) e quasi tutto Isaia (che è troppo Arcobaleno e Lottacontinua) però riconosco che il problema è mio, mica di Dio.

          Mi sembra una questione di metodo (o di gerarchia) del tutto decisiva.

          Ciao

  17. Pingback: I funerali di Morosini, la Dispensa Automatica di Sacramenti e un cristiano invito ad andare all’inferno | Kelebek Blog

  18. mirkhond scrive:

    uno può essere molto “razionalista” per la storia biblica e invece conservatore per la storia evangelica
    negare l’esistenza storica di Mosé é possibiissimo e risolve vari problemi (anche se forse ha ragione PinoMamet e si può ammettere dubitativamente l’esistenza di un tale di nome Mosé che più tardi divenne “leggendario” e a cui furono attribuite imprese “epiche”)

    Sono in gran parte d’accordo, ma se vogliamo fare DAVVERO i conservatori sul Vangelo, bisogna ricordare che Gesù manifestò LA SUA DIVINITA’ sul Monte Tabor, affiancato da MOSE’ ed ELIA…..
    ciao!

    • habsburgicus scrive:

      touché… 😀

    • daouda scrive:

      No. Difatti se alcune cose della Sacra Bibbia non vanno prese letteralmente, questo non significa che sia permesso smontare tutto.
      Mio nonno è esistito, ma tra 50 anni nessuno sarpà che è esistito…ossia fate attenzione.
      Ma forse è meglio aggiugnere qualcosa :

      MONOTEISMO ED ANGEOLOGIA

      Quanto abbiamo detto in precedenza consente di capire la natura irriducibile dell’errore suscettibile di dare origine al politeismo: questo, che tutto sommato è il caso più estremo di “associazione”, consiste nell’ammettere una pluralità di principi considerati del tutto indipendenti mentre in realtà non sono e non possono essere che aspetti più o meno secondari del Principio Supremo.
      E’ evidente che si può soltanto trattare della conseguenza di una incomprensione di certe verità tradizionali, quelle appunto che riguardano gli aspetti o gli attributi divini;una simile incomprensione è sempre possibile in individui isolati o gruppi più o meno numerorosi, ma la sua generalizzazione, corispondente ad uno stato di estrema degenerazione di una forma tradizionale che sta scomparendo, è stata in realtà assai più rara di quanto si creda.
      Comunque nessuna tradizione, quale che sia, è stata in realtà politeista.Supporre un originario politeismo, come secondo l’evoluzionismo dei moderni, invece di vedere in esso la semplice deviazione che è in realtà, vuol dire invertire l’ordine normale delle cose.
      Ogni vera tradizione è monoteista; per parlare più precisamente, essa afferma in pimo luogo l’unità del Principio Supremo, da cui tutto deriva e dipende interamente, ed è questa affermazione, nell’espressione che essa assume in varie tradizioni specifiche, a costituire il monoteismo propriamente detto.
      D’altra parte quando diciamo che è il monoteismo ad essere necessariamente all’origine , è ovvio che ciò non ha niente a vedere con l’ipotesi presunta di una “semplicità primitiva” che indubbiamente non è mai esistita.
      D’altronde è sufficiente , per evitare ogni equivoco al riguardo, osservare che il monoteismo può includere tutti i possibili sviluppi sulla molteplicità degli attributi divini, ed anche che l’angeologia, la quale è strettamente legata a questa considerazione degli attributi, occupa effettivamente un posto importante nelle tradizioni in cui il monoteismo si afferma nel modo più esplicito e rigoroso.
      Non c’è dunque alcuna incompatibilità e persino l’invocazione degli angeli, a condizione di considerarli solo come intermediari celesti – cioè come coloro che esprimono o rappresentano questi o quegli aspetti divini nell’ordine della manifestazione archetipale/informale – è perfettamente legittima e normale anche nel monoteismo più stretto.
      A questo proposito dobbiamo anche segnale certi abusi del punto di vista “storico”, o cosidetto tale, dei nostri contemporanei, soprattutto per quanto riguarda la teoria dei “prestiti” di cui abbiamo avuto modo di parlare in diverse occasioni.
      Abbiamo infatti visto abbastanza spesso alcuni autori affermare che , per esempio, gli Ebrei non conoscessero l’angeologia prima della cattività/prigionia babilonese e che la derivarono semplicemente dai Caldei; ne abbiamo visti altri sostenere che , ovunque la si incontri, trae la sua origine dal Mazdeismo.
      E’ piuttosto chiaro che simili asserzioni presuppongono implicitamente che si tratti soltanto di semplici “idee”, nel significato moderno e psicologico della parola, o di concezioni senza fondamento reale, mentre per noi come per tutti coloro che si pongono dal punto di vista tradizionale, si tratta al contrario della conoscenza di un certo ordine della realtà.
      Non si vede affatto perché una tradizione dovrebbe aver preso in prestito da un’altra tradizione una tale dottrina, ma si comprende benissimo che una tale conoscenza è invece inerente e all’una ed all’altra, in egual modo ed egual titolo, in quanto sono entrambe espressioni di un’unica e medesima verità.
      Conoscenze equivalenti possono ed anzi devono trovarsi ovunque, e quando parliamo di conoscenze equivalenti vogliamo intendendere che si tratta in fondo delle stesse conoscenze, ma presentate ed espresse in modi diversi per adattarsi alla costituzione ed alla forma particolare di questa o quella tradizione.
      In tal senso si può dire che l’angeologia, od un suo equivalente, qualunque sia il nome con cui la si voglia designare specificatamente, esiste in tutte le tradizioni.
      Per fare un esempio è forse superfluo ricordare che i Deva , nella tradizione indù, sono in realtà l’esatto equivalente degli angeli nella tradizione ebraica, cristiana e musulmana.
      In tutti i casi, ripetiamo, ciò di cui si tratta può essere definito come parte di una dottrina tradizionale che si riferisce agli stati informali e sovra-individuali, sia in modo puramente teorico, sia in vista di una realizzazione di quegli stati.
      E’ evidente che si tratta di una cosa che non ha il minimo rapporto con il politeismo, anche se, come abbiamo detto, il politeismo può derivarne come una sua incomprensione.
      Ma coloro che credono esistano tradizioni politeiste, allorché parlano di “debiti” come quelli di cui abbiamo dato qualche esempio, sembrano vogliano suggerire proprio che l’angeologia sia soltanto una “contaminazione” del monoteismo da parte del politeismo!
      Tanto varrebbe dire che, dato che l’idolatria può nascere dall’incomprensione di certi simboli, che il simbolismo stesso è soltanto un derivato dell’idolatria. Pensiamo che questo paragone sia più che sufficiente a mettere in risalto l’assurdità di un simile modo di vedere le cose.

      • daouda scrive:

        SULLA SCIENZA ED I LIMITI DELLA STORIA E DELLA GEOGRAFIA

        Ritorniamo a considerare il punto di vista scientifico come lo intendono i moderni.
        Questo punto di vista è sostanzialmente caratterizzato dalla pretesa di ridurre tutte le cose alla quantità e di non tenere in alcun conto quel che non è riducibile ad essa e di considerarlo in un certo senso come inesistente.
        La tendenza all’uniformità in effetti, che la si applichi nell’àmbito naturale o nell’àmbito umano, conduce ad ammettere, ed in un certo qual modo a stabilire come principio ( noi diremmo piuttosto come pseudoprincipio ) che esistono ripetizioni di fenomeni identici ,la qual cosa, in virtù del “principio degli indiscernibili” è pura e semplice impossibilità.
        Quest’opinione si traduce in particolare nell’affermazione corrente secondo cui “le stesse cause producono sempre gli stessi effetti”; il che, enunciato in questa forma, è decisamente assurdo perché di fatto, in un ordine successivo della manifestazione, non possono esserci né le stesse cause né gli stessi effetti; eppure non si arriva a dire comunemente che “la storia si ripete” quando in realtà esistono solo corrispondenze analogiche fra certi periodi e certi avvenimenti?
        Quel che si dovrebbe dire è che cause paragonabili tra loro sotto certi rapporti producono effetti ugualmente paragonabili sotto gli stessi rapporti; ma a parte certe rassomiglianza, che se si vuole rappresentano un’identà parziale,vi sono sempre necessariamente delle differenze , proprio perché, per ipotesi, si tratta di due cose distinte e non di una sola e stessa cosa.
        E’ vero che queste differenze, per il fatto stesso di essere distinzioni qualitative, sono tanto minori quanto più ciò che si considera appartiene ad un grado più basso della manifestazione , e che, di conseguenza, si accentuano nella stessa misura le somiglianze, così da far pensare in tali casi ad una psecie di identità ad un’osservazione superficiale ed incompleta; ma in realtà le differenze non si eliminano mai completamente, altriemnti si sarebbe addirituttra al di sotto di qualsivoglia manifestazione/creazione.
        Quand’anche tali differenze risultassero dall’influenza di circostanze di tempo e luogo cangianti senza posa , non per questo si potrebbero trascurare; in verità per comprenderle bisogna rendersi conto che, contrariamente all’opinione dei moderni, lo spazio ed il tempo reali non sono soltanto contenenti omogenei e modi della quantità pura e semplice, ma che esiste anche un aspetto qualitativo delle determinazioni spaziali e temporali.
        Comunque sia c’è da chiedersi come , trascurando le differenze e rifiutandosi in un certo senso di vederle, si possa pretendere di costruire una scienza “esatta”.
        A rigore e effettivamente di “esatto” non può esserci che la matematica pura in quanto essa è la sola che veramente si rifersisce al dominio della quantità; quel che resta della scienza moderna non è né può essere se non un tessuto di approssimazioni più o meno grossolane, e ciò non soltanto nelle applicazioni , in cui tutti sono più o meno obbligati a constatare l’inevitabile imprecisione dei mezzi di osservazione, ma anche nello stesso punto di vista teorico ed interpretativo.
        L’idea di prendere la ripetizione in qualche modo a fondamento di una scienza tradisce un’ulteriore illusione di ordine quantitativo,la quale consiste nella convizione che il solo accumulare un gran numero di fatti possa servire a “prova” di qualsivoglia interpretazione o teoria.
        Eppere dovrebbe risultare evidente , per poco che vi si rifletta, che i fatti di uno stesso genere sono di una moltitudine indefinita per cui non si può mai contarli tutti, oltre a quelli che per varie ragioni si è portati ad ignorare, senza contare che gli stessi fatti si accordano generalmente assai bene con numerose teorie diverse.
        Si dirà che la constatazione di un gran numero di questi , di cui non si saprà mai l’effettiva grandezza in relazione alla totalità degli stessi, fornisce almeno una maggiore “probabilità” alla teoria: ma questo modo di procedere equivale a riconoscere che non si può assolutamente arrivare ad una certezza qualsiasi e che quindi le conclusioni che se ne traggono non hanno nulla di “esatto”; ed equivale ad ammettere il carattere del tutto empirico della scienza moderna, i cui fautori, per una strana ironia, si compiacciono di tacciare di empirismo le conoscenze degli antichi quando in realtà è vero il contrario, dato che essi partivano dai principi e non da constatazioni sperimentali; e quindi si può ben dire che la scienza profana è costruita esattamente al rovescio della scienza tradizionale.
        Si può anche dire che , per quanto insufficiente sia l’empirismo in sé stesso, che quello della scienza moderna è ben lungi dall’essere integrale poiché trascura od elimina una parte considerevole dei dati dell’esperienza , tutti quelli quelli cioè che hanno un carattere prettamente qualitativo.
        L’esperienza difatti non può assolutamente vertere sulla quantità pura e più ci si avvicina a questa, più ci si allontata da quella realtà che che si pretende spiegare, e difatto non sarebbe difficile accorgersi che le teorizzazioni più recenti sono anche quelle che hanno meno rapporto con la realtà e che volentieri sostituiscono quest’ultima mediante delle convenzioni non diremo arbitrarie in sé ( poiché è impossibile fare una convenzione senza che vi sia una ragione per farla ), ma perlomeno arbitrarie al massimo.

        _

        Abbiamo detto in precedenza che, a causa delle differenze qualitative esistenti fra i diversi periodi di tempo, per esempio tra le diverse fasi di un ciclo come il nostro Mantavara ( ed è evidente che, al di là dei limiti di durata della presente umanità, ancor più diverse devono essere le condizioni ), nell’àmbiente cosmico generale , e specialmente nell’ambiente terrestre che ci riguarda più direttamente , si producono certi cambiamenti di cui la scienza profana, nel suo orizzonte limitato al solo mondo moderno che ne ha visto i natali, non può farsi alcuna idea, cocicché , di qualunque epoca si voglia occupare, tale scienza offre sempre la rappresentazione di un mondo le cui condizioni sarebbero state simili a quelle attuali.
        D’altro canto abbiamo visto che gli psicologi moderni immaginano l’uomo come se fosse stato sempre mentalmente quale è oggi,e quel che a questo proposito è vero per gli psicologi, lo è altrettanto per gli storici, i quali, valutano le azioni degli uomini dell’antichità o del medioevo esattamente come valuterebbero quelle dei loro contemporanei, attribuendo loro le stesse motivazioni e le stesse intenzioni; si tratta evidentemente, a proposito sia dell’uomo sia dell’ambiente, di quelle concezioni semplificate ed uniformizzanti che ben corrispondono alle tendenze attuali; quanto a sapere come questa “uniformizzazione” del passato possa per converso conciliarsi con le teorie “progressistiche” ed “evoluzionistiche”, ecco un problema che non ci incaricheremo certo di risolvere , ma che senza dubbio rappresenta un ulteriore esempio delle innumerevoli contraddizioni della mentalità moderna.
        Quando parliamo di cambiamenti dell’àmbiente, non intendiamo soltanto fare allusione ai cataclismi più o meno estesi che in qualche modo sottolineano i punti critici del ciclo; questi sono cambiamenti bruschi corrispondenti a vere e proprie rotture d’equilibrio e, anche nel caso, per esempio, della scomparsa di un solo continente( casi del genere si riscontrano effettivamente nella storia della presente umanità) , è facile capire come tutto l’insieme dell’àmbiente terrestre ne subisca le ripercussioni, per cui la “faccia del mondo”, se così si può dire, viene ad esserne notevolmente modificata.
        Ma vi sono anche delle modificazioni continue ed insensibili, le quali, all’interno di un periodo in cui non si producono cataclismi, finiscono però per ottenenere a poco a poco risultati quasi altrettanto considerevoli; è fuori discussione che non si tratta di semplici modificazioni “geologiche” nel significato che queste hanno per la scienza profana, e che, in ogni caso, è errato considerare i cataclismi stessi solo da questo punto di vista esclusivo, che, come sempre, si limita a quanto vi è di più esteriore; per noi, si tratta di qualcosa d’ordine molto più elevato, che agisce sulle condizione stesse dell’ambiente cosicché , anche se non si prendessero in considerazioni i fenomeni geologici, i quali sono in questo contensto dettagli di seconda importanza, gli esseri e le cose non ne risulterebbero meno cambiati in senso vero e proprio.
        Quanto alle modificazioni artificiali prodotte dall’intervento dell’uomo, esse sono soltanto delle conseguenze, nel senso che, come abbiamo spiegato, sono proprio le condizioni specifiche di tale o tal altra epoca a renderle possibili; se tuttavia l’uomo può agire in modo più profondo sull’ambiente , è in senso psichico più che corporeo, e ciò che abbiamo detto sugli effetti dell’attegiamento materialistico può bastare a farlo comprendere.
        Attraverso i dati esposti fin qui è ora facile rendersi conto del senso generale secondo cui si effettuano questi cambiamenti, senso che noi abbiamo caratterizzato come “solidificazione” del mondo, che dà a tutte le cose un aspetto sempre più rispondente ( benché pur sempre inesatto in realtà ) alla maniera in cui esse vengono prese in esame dalle condizioni quantitative, meccanicistiche o materialistiche; è per questo che , come abbiamo detto, la scienza moderna riesce nelle sue applicazioni pratiche ed è per questo che la realtà ambientale non pare infliggerle smentite troppo clamorose.
        In epoche anteriori , in cui il mondo non era così solido come è divenuto oggi, e in cui le modalità corporee e le modalitta sottili dell’ambito individuale non erano così completamente separate ( benché , come vedremo in seguito, anche allo stato attuale ci siano delle riserve da porre per quanto riguarda tale separazione ), non sarebbe potuto essere così.
        Non solo l’uomo , poiché le sue facoltà erano molto meno strettamente limitate, non vedeva il mondo con gli stessi occhi di oggi, e vi scorgeva cose che oramai gli sfuggono interamente, ma, correlativamente, il mondo stesso, in quanto insieme cosmico, era proprio diverso qualitativamente perché possibilità di altro ordine si riflettevano nell’ambito corporeo ed in qualche maniera lo “trasfiguravano”.
        E’ per questo che quando certe “leggende” parlano, per esempio, di un tempo in cui le pietre preziose erano tanto comuni quanto lo sono ora i ciottoli più grossolani, forse ciò non dev’essere preso solo in senso tutto simbolico.
        Che tale senso simbolico , in casi del genere, esista e fuori questione, ma non è detto che sia il solo, difatti essendo ogni cosa manifestata/creata nient’altro che che essa stessa un simbolo in rapporto alle realtà superiori; comunque sia non riteniamo di dover insistere oltre su questo argomento come il valore simbolico dei fatti storici e geografici.
        Cercheremo invece di prevenire un’obiezione che potrebbe essere sollevata a proposito dei suddetti cambiamenti qualitativi nella “faccia del mondo”: si potrà forse dire che, se è così, le vestigia delle epoche scomparse , che ad ogni pié sospinto si trovano, dovrebbero darne testimonianza, mentre, lasciando da parte le epoche “geologiche” e per restare alla storia umana, gli archeologi ed anche i “preistorici” non trovano mai niente del genere, anche quando i risultati dei loro scavi li portano nel più lontano passato.
        La risposta , in fondo, è semplicissima: anzitutto qeuste vestigia , nello stato in cui si presentano oggi, in quanto facenti parte per conseguenza dell’ambiente attuale, sono per forza di cose partecipi , come tutto il resto , della solidificazione del mondo; se non ne fossero state partecipi la loro esistenza non sarebbe più in accordo con le condizioni genreali ed esse sarebbero completamente scomparse; ciò è senza dubbio avvenuto per molte cose di cui non si può trovare la minima traccia.
        In secondo luogo gli archeologi esaminano queste vestigia con occhi moderni, che non riescono che a cogliere se non la modalità più grossolana della manifestazione, per cui, quand’anche qualcosa di più sottile vi fosse rimasto aderente nonnostante tutto, essi sarebbero certamente incapaci di accorgersene; il loro modo di trattare queste cose è perlopiù identico a quello dei fisisici meccanicistici riservano alle loro materie, perché le loro facoltà sono egualmente limitate.
        Si dice che quando un tesoro viene cercato da qualcuno a cui esso per una ragione qualsiasi non è destinato, l’oro e le pietre preziose si trasformano per lui in carbone e pietre volgari; i moderni dilettanti di scavi dovrebbero trar profitto da questa “leggenda”!
        Comunque sia è assolutamente certo che gli storici, proprio per il fatto di interpretare tutte le loro ricerche ponendosi da un punto di vista moderno e profano, incontrano nel tempo barriere praticamente invalicabili.
        La prima di queste si trova verso il secolo VI prima dell’era cristiana, ove comincia, secondo le concezioni attuali, quella che si può chiamare la storia propriamente detta, anche se l’antichità che essa prende in esame è tutto sommatto abbastanza relativa.
        Si dirà senza dubbio che i recenti scavi hanno permesso ri risalire molto più indietro, scoprendo resti di un’antichità ben più lontana; questo fino ad un certo punto è vero, però fatto assai rimarchevole, da quel momento non vi è più alcuna cronologia certa, al punto che le divergenze nella stime delle date di oggetti e avvenimenti sono di secoli e talora persino millenni; per di più non si riesce ad avere alcuna idea, sulle civiltà di tali epoche più lontane, poiché non sono più reperibili in ciò che esiste attualmente, quei termini di paragone che ancora si incontrano quando si ha a che fare con l’antichità classica, il che non significa che questa, come pure il Medioevo più prossimo, non sia fortemente deformata dalle rappresentazioni fornite dagli storici moderni.
        Del resto tutto ciò che gli scavi archeologici hanno fatto conoscere fin’ora non risale in verità se non press’appoco agli inizi del Kali Yuga, dove naturalmente si trova una seconda barriera; e se, con un mezzo qualsiasi si riuscisse a valicare quest’ultima, se ne troverebbe una ternza corrispondente all’epoca dell’ultimo grande cataclisma terrestre, cioè quello che tradizionalmente viene designato con la sparizione dell’Atlantide.
        Queste poche indicazioni bastano a far capire quanto vane siano del tutte le discussione a cui i profani possono tentare di deciarsi a proposito dei primi periodi del Mantavare, dei tempi dell’età dell’oro, dell’Eden e della tradizione primordiale, nonché di fatti molto meno lontani quali il diluvio biblico che si riferisce , se lo si estende nel suo significato letterale, al cataclisma dell’Atlantide; cose di questo genere resteranno sempre completamente fuori dalla loro portata.
        Del resto, è per ciò che essi le negano, come negano senza distinzione quanto in una maniera o nell’altra li oltrepassa, poiché tutti i loro studi e le loro ricerche, intrapresi da un punto di vista falso e limitato, possono arrivare solo alla negazione di tutto quanto non è incluso in quel punto di vista; e per di più questa gente è talmente convinta della propria “superiorità”, da non voler ammettere l’esistenza o la possibilità di qualcosa che sfugga alle sue investigazioni.
        Quello che abbiamo detto sui limiti della storia , nella sua concezione profana, può ugualmente applicarsi alla geografia, poiché anche qui molte cose sono completamente sparite dall’orizzonte dei moderni; si paragonino le descrizioni degli antichi geografi con quelle dei geografi moderni, e si sarà spesso indotti a chiedersi se sia veramente possibile che gli uni e gli altri si riferiscano ad uno stesso paese.
        Peraltro si tratta di antichi in senso molto relativo, e difatti, per constatare cose diquesto genere, non c’è bisogno di risalire al di là del Medioevo; certamente nell’intervallo che li separa da noi non c’è stato alcun cataclisma considerevole. Ora, com’è che il mondo , malgrado ciò, ha potuto cambiare d’aspetto a tal punto così rapidamente?
        I moderni diranno- lo sappiamo bene- che gli antichi hanno visto male, o che hanno riferito male quello che hanno visto; ma tale spiegazione , la quale equivale in definitiva a supporre che, prima della nostra epoca, tutti gli uomini fossero affetti da disturbi sensoriali o mentali, è veramente troppo semplicistica e negativa, e se si vuole esaminare la questione in tutta imparzialità, perché non sarebbero i moderni invece a veder male od addirittura non veder del tutto certe cose?
        Con simili considerazioni si arriva in definitiva a questo: o una volta si vedevano cose che oggi non si vedono più, perché si sono avuti cambiamenti considerevoli nell’ambiente terrestre o nelle facoltà umane, o piuttosto contemporaneamente in entrambi , tali cambiamenti essendo tanto più rapidi quanto più ci si avvicina alla nostra epoca, oppure quella che viene chiamata la “geografia” aveva anticamente un significato diverso da quello odierno.
        In realtà i due termini di questa alternativa non si escludono affatto e ciascuno dei due esprime un lato della verità, poiché la concezione che si ha della scienza dipende naturalmente sia dall’angolo visuale da cui si considera il suo oggetto sia dalla misura in cui si è capaci di cogliere le realtà in essa implicite: mettendo insieme questi due aspetti, una scienza tradizionale o profana, anche se portano lo stesso nome ( il ché indica che la seconda è un residuo della prima ) , sono così profondamente diverse da essere separate da un abisso.
        Orbene esiste realmente una geografia sacra o tradizionale che i moderni ignorano completamente così come tutte le altre conoscenze dello stesso genere: c’è un simbolismo geografico come un simbolismo storico ed è il valore simbolico che dà alle cose il loro significato profondo, perché esso è il mezzo che stabilisce la loro corrispondenza con realtà d’ordine superiore; ma per determinare effettivamente questa corrispondenza, bisogna essere capaci, in una maniera o nell’altra , di percepire nelle cose stesse il riflesso di quelle realtà-
        E’ per questo che vi sono luoghi più particolarmente adatti a servire da supporto alle influenze spirituali ed su ciò che si è sempre basata la fondazione di certi “centri” dell’antichità, di cui gli oracoli dell’antichità ed i luoghi di pellegrinaggio forniscono esteriormente i segnali più appariscenti.
        PEr contro vi sono molti luoghi che sono non meno particolarmente al manifestarsi di influenze appartenenti alle più basse regioni dell’àmbito sottile.
        Ma cosa può importare ad un occidentale moderno che, per esempio, ci sia una porta dei Cieli in un dato luogo, ed una bocca degli Inferi in un altro, daro che lo spessore della sua costituzione è tale che in nessuno dei due egli potrebbe provare qualcosa di speciale?
        Tali cose sono letteralmente inesistenti per lui, il che, è sottointeso, non vuol affatto dire che esse abbiano cessato di esistere.
        A questo proposito vogliamo ancora aggiugnere un’osservazione concernente certe descrizioni di esseri strani presenti nelle descrizioni che risalgono all’antichità classica.
        In tal tempo già si era prodotta un’incontestabile degenerazione dal punto di vista tradizionale ed è assai probabile che si siano introdotte confusioni di più generi per cui parte di tali descrizioni può in realtà derivare da sopravvivenze di un simbolismo non più compreso, un’altra può riferirisi alle apparenze rivestite da certe entità appartenenti all’ambito sottile, ed un’altra ancora, senza dubbio, può realmente essere la descrizione di esseri che ebbero un’esistenza corporea in tempi più o meno lontani , ma appartenenti a specie in seguito scomparse, o sopravvisute solo in condizioni eccezionali con rari rappresentanti che si possono incontrare ancor oggi checché ne pensino coloro che immaginano che a questo mondo non vi sia niente di inesplorato.

  19. mirkhond scrive:

    non credo sia lecito alle nostre preferenze personali censurare le Scritture.

    Su principio sono d’accordo con te, ma a cosa ti riferisci esattamente?
    ciao!

    • Francesco scrive:

      Sono stato mosso dalle critiche ai crocifissi gotici come “non vera arte cristiana”.

      Nel Vangelo la Passione di Gesù è un vero supplizio (nel senso tecnico) e non possiamo infiocchettarla con immagini che la rendano diversa. C’è anche molto di più ma c’è sempre la sofferenza di un uomo, tradito, abbandonato, massacrato.

      Ciao e scusa il tono troppo duro

  20. Armando scrive:

    cite=”Lontano nel tempo, ho qualcosa a che fare con ciò che gli irlandesi e i messicani, mezzo secolo fa, o ancora oltre, chiamavano cattolicesimo.”>
    potresti conoscere anche il battaglione San Patricios.
    E’ vero che per molti il cristianesimo è diventato qualcosa di automatico o un tassello da modificare a seconda della mia ideologia (io credo che forse da benpensante la madre abbia seguito l’ideologia anti-deicista), ma il fatto è che la Chiesa ci rimanda ad un Mistero di salvezza che prima o poi ci interroga tutti e che ci stimola ad esserne all’altezza.

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