Alcune interessanti riflessioni di Damiano Facci sul rapporto tra media, emergenza e immaginario, nel caso della Libia.
Dipelle
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Per martinez
E’ certo rilevante il ruolo dei mass media nella guerra a Gheddafi. Ma -come già per Saddam, il Mullah Omar e per Noriega- tendiamo a disconoscere il ruolo in commedia dello stesso Gheddafi.
Mi spiego: abbiamo in Europa un tiranno senza scrupoli che quanto a violazioni dei diritti umani non si lascia bagnare il naso da nessuno, tal Lukashenko di Bielorussia: da noi è noto ai più perchè il noto interista La Russa non sa chi sia, condividendo con cio’ la nazionale ignoranza su Minsk e dintorni. Chi è più attento alla politica internazionale ricorda che Lukashenko ha danneggiato il libero mercato della pornografia internazionale proibendo l’esportazione di modelle dal suo Paese. Mia moglie viene da una città al confine con la Bielorussia: le guardie forestali Polacche sanno che i bisonti scappano nei parchi Polacchi fuggendo dai Bielorussi che, se li trovano, li abbattono per rivenderne la carne a borsa nera.
In passato abbiamo avuto in Africa un tiranno che decorava il viale che conduceva dal palazzo presidenziale all’aeroporto della capitale con filari dei suoi nemici politici crocifissi, Macias della Guinea Equatoriale. Lo conosciamo giusto io e un mio collega: io perchè sono uno dei pochissimi Italiani che ha conosciuto per lavoro ingegneri della Gunea Equatoriale, il mio collega perchè è socio del gruppo di Amnesty International che si occupa di quel Paese. Ma scommetto che non è una figura assai nota.
Entrambi siedono o sono stati seduti su pozzi petroliferi o su rubinetti di metanodotti. Nessuno li ha disturbati: si fanno gli affaracci loro a casa propria e garantiscono il mondo sull’affidabilità delle proprie forniture.
Saddam, Gheddafi, il Mullah Omar e Noriega invece, non solo sono probabilmente altrettanto farabutti, ma si fanno un vanto di sbertucciare il mondo, come il Re Scimmia della favola.
Sembrano i cattivi a tutto tondo di un film hollywoodiano di serie C. Fanno saltare monumenti, bruciano pozzi di petrolio, piantano tende nelle capitali dei Paesi che visitano. (Noriega poi aveva l’appeal di un Chavez ma la credibilità del Sergente Garcia dei film di Zorro).
Ora, il destino dei cattivi nei film è di fare una brutta fine, e se Bin Laden conserva almeno il fascino perverso del malvagio direttore della Spectre ( o, per i più raffinati, del Numero 1 dell’Isola del ”Prigioniero”), questi alla fine ci si aspetta che paghino il prezzo delle loro sbruffonate. Solo un berlusca poteva andare a baciar la mano. Oggi un nuovo Castro o un Kim IL Sung, senza una URSS che li spalleggi non sarebbero semplicemente tollerati: quelli che ci sono ora è più economico aspettare che ci pensino l’anagrafe e la fame.
Insomma, non basta che noi si sia il Buono: occorre anche che il Cattivo sia anche Brutto (e possibilmente Cretino, oltre che Infido).
(Un’eccezione che conferma la regola fu Milosevic: passo’ dalla parte del Cattivo quando rifiuto’ un ultimatum, ma fino a quel momento aveva allegramente sponsorizzato macellerie assortite).
Tanto che quando inaspettatamente è il Cattivo a segnare un punto (come a Little Big Horn o alle Torri Gemelle) allora l’America si ferma attonita, quel tanto che basta per giustificare di fronte a se stessa la decisione di togliersi la giacca e di scatenare il suo arsenale, dal fosforo bianco a Rambo ad Abu Ghraib a Tom Cruise (che ‘mo fa un film sulla fine di Bin Laden). E noi con lei -americani di complemento al cinemino ieri e al telegiornale oggi.
Ciao!
Andrea Di Vita