Egitto, indizi sparsi…

Indizi sparsi su ciò che avviene in Egitto…

Molto meglio di Facebook

E’ stato Facebook a smuovere le piazze arabe? E’ stato il discorso di Bush? Oppure quello di Obama?

Su Jadaliyya, un bell’articolo di Sinan Antoon sulla mistificazione mediatica per cui i popoli sarebbero incapaci di fare la storia, senza l’aiuto di questo o di quell’Uomo Bianco. I tunisini scesi in piazza ripetevano le parole del poeta, Abu’l-Qasim al-Shabbi (1909-1934), “se un giorno il popolo vorrà vivere, il destino dovrà fargli strada”.

Oppure si pensi al bardo popolare egiziano, Ahmad Fu’ad Nigm, che cantava molto prima che i suoi video arrivassero su Youtube. La sua canzone, ana’l-shaab, “io sono il popolo”, è l’inno della rivolta egiziana.

Traduco brutalmente dall’inglese:

Io sono il popolo, in marcia, e conosco la mia strada
la mia lotta è la mia arma, la mia determinazione è il mio amico
io combatto nelle notti e con gli occhi della speranza
io decido dove si trova la vera mattina
io sono il popolo, in marcia, e conosco la mia strada

Io sono il popolo. La mia mano accende la vita
rende verdi i deserti, abbatte i tiranni
innalza la verità, le bandiere sui fucili
la mia storia diventa il mio faro e compagno
io sono il popolo, in marcia, e conosco la mia strada

Per quante carceri possano costruire
per quanto i loro cani possano cercare di tradire
il mio giorno spezzerà e il mio fuoco distruggerà
mari di cani e di carceri saranno spazzati via

Io sono il popolo e il sole è una rosa sulla mia manica
il fuoco del giorno cavalli al galoppo nel mio sangue
i miei figli sconfiggeranno ogni oppressore
chi potrà fermarmi?

Io sono il popolo, in marcia, e conosco la mia strada


Soldati egiziani nel Sinai

Il primo ministro israeliano ha invitato i dirigenti politici occidentali a obbligare qualunque governo egiziano ad accettare le stesse condizioni che Israele cerca di imporre a Hamas. Tra queste, l’accettazione come vincolante di ogni negoziato pregresso tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, con tutte le relative concessioni estorte nella maniera in cui inizia ad emergere dalle ultime rivelazioni di al-Jazeera.

Arriva di corsa la lustrascarpe di turno, la deputata repubblicana Ileana Ros-Lehtinen che presiede la commissione del parlamento americano per gli Affari Esteri, che sostiene che si dovranno permettere “solo a partiti che sostengono Israele” a partecipare alle elezioni del prossimo autunno in Egitto:

“Gli Stati Uniti dovrebbero imparare dagli errori passati e sostenere un processo che includa soltanto candidati che soddisfino degli standard di base per i leader di nazioni responsabili – candidati che abbiano pubblicamente rinunciato al terrorismo, sostengano lo stato di diritto, riconoscano gli impegni internazionali dell’Egitto compresi i suoi obblighi di non proliferazione e il suo trattato di pace con Israele, e che assicurino sicurezza e pace ai propri vicini”.

L’esercito egiziano non può entrare nel Sinai, secondo quanto stabilisce  il trattato di pace del 1979. Dopo trent’anni, Israele ha concesso alle truppe egiziane di entrare nel Sinai, per controllare eventuali sommosse a Sharm el-Sheikh.

Dalla Turchia

Il primo ministro Erdogan, finora assai cauto, si è pronunciato con chiarezza, dicendo che il popolo egiziano si aspetta le dimissioni di Mubarak e non solo una non ricandidatura nelle elezioni previste per settembre.

Hasbara

Prepariamoci – visto che Israele ha perso la Turchia e sta perdendo l’Egitto, dopo aver fallito contro il Libano, il ministero degli esteri israeliano ha deciso di lanciare la più grande campagna di pubbliche relazioni della sua storia. Le ambasciate israeliane in Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Spagna, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Repubblica Ceca sono state invitate a selezionare agenzie pubblicitarie per vendere meglio l’unica potenza nucleare del Medio Oriente. Si mira a una spesa di 2,5 milioni di dollari per paese.

Chi sa se prepareranno una nuova edizione del Global Language Dictionary (si chiama, enigmaticamente, proprio così).

Quando si può risparmiare, e quando no

La Grecia – incoraggiata dalla politica turca di “zero problemi” con tutti i propri vicini – ha scoperto l’acqua calda: per sentirsi sicuri, non è necessario alimentare l’industria bellica. E così il governo greco ha mandato a casa i rappresentanti delle multinazionali dell’omicidio, almeno per quest’anno.

Negli Stati Uniti, invece…

Prendete l’americano più americano che ci sia. E chiedetegli, in un momento di crisi come questo, cosa pensi di:

1) pagare le tasse

2) indebitarsi

3) regalare i soldi raccolti mediante tasse o debiti, a litigiosi stranieri in paesi lontani che non sanno cavarsela da soli

Il senatore repubblicano, Rand Paul – uno dei padri del Tea Party Movement – ha fatto due conti e ha fatto la cosa più americana.

In un’intervista alla CNN, Rand Paul ha dichiarato:

“Reuters ha fatto un sondaggio, e il 71% del popolo americano è d’accordo con me che quando ci mancano i soldi, e non riusciamo a fare le cose che dovremmo fare nel nostro paese, sicuramente non dovremmo mandare dei soldi all’estero”.

E ha identificato un problema che, a pensarci, non è da poco. Se gli Stati Uniti continuano a pompare con i loro soldi sia l’esercito israeliano, sia quello egiziano, finiscono semplicemente per creare una corsa interminabile alle armi che non aiuta né la pace né la sicurezza di nessuno (Rand Paul coglie l’occasione, comunque, per definire Israele una “sorgente di pace e una sorgente di democrazia in Medio Oriente“, per cui ogni volta che vedi due mediorientali che non si stanno sparando, sapete chi ringraziare).

Nella pirotecnia di risposte scandalizzate, scegliamo quella bellissima del responsabile della Coalizione Ebraica del Partito Repubblicano, Matthew Brooks, che dice che:

–  “condividiamo l’impegno del senatore Paul per frenare la crescita della spese federale, ma respingiamo la sua proposta male indirizzata di porre termine all’assistenza statunitense al nostro alleato, Israele“, cioè, è vero che se non tagliamo, non siamo repubblicani, ma non tagliamo lo stesso quando si tratta di Israele

– non c’è alcun pericolo per la sicurezza d’Israele, perché nel 2007, gli Stati Uniti e Israele hanno firmato un ‘Memorandum of Understanding’ che garantisce che Israele avrà sempre il “vantaggio militare qualitativo“. Insomma, si può continuare la corsa agli armamenti, basta ricordarsi che per ogni missile che si regala all’Egitto se ne devono regalare due a Israele.

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17 risposte a Egitto, indizi sparsi…

  1. Ritvan scrive:

    —…gli Stati Uniti e Israele hanno firmato un ‘Memorandum of Understanding’ che garantisce che Israele avrà sempre il “vantaggio militare qualitativo“. Insomma, si può continuare la corsa agli armamenti, basta ricordarsi che per ogni missile che si regala all’Egitto se ne devono regalare due a Israele. MM—-

    Ehmmm…io credo che l’esempio da te riportato porti a un vantaggio militare solo “quantitativo” e non “qualitativo”. Penso, pertanto, che la frase in questione vada esemplificata più o meno così:”per ogni 2 aerei risalenti alla guerra del Vietnam:-) che si regalano all’Egitto se ne deve regalare uno di ultima generazione a Israele”.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Ritvan

      Parlo da profano. Ma tutto questo insistere sul ‘vantaggio tecnologico’ mi sa tanto di paranoia stile corsa agli armamenti anni ’60. Mi spiego: se l’Iran ammucchia un po’ di materiale fissile (magari non sufficiente per farsi la Bomba, diciamo qaulch Kg di U235) e ne fa arrivare un po’ (diciamo, un etto o due) ad Hezbollah nel Libano meridionale, quanto crediamo ci mettano quelli di Hezbollah a fare scoppiare una ‘dirty bomb’ nel centro di qualche città Israeliana? Lessi tempo fa calcoli che mostravano come una dose ospedaloera di Co60 messa in uno zaino pieno di polvere da mina fatto scoppiare sul terrazzo dell’Empire State Building possa produrre per una settimana un innalzamento della radiazione di fondo in mezza Manhattan pari a quello che abbiamo avuto ij Italia dopo Chernobyl. Danni alle persone trascurabili, ma crollo degli affitti e del mercato immobiliare per un danno stimato di un trilione di US$. Ora, ammettiamo pure che quella stima fosse esagerata. Ma senza dubbio cun una azione simile senza bisogno di fare molte vittime e senza neppure bisogno di rivendicare l’attacco si possono fare ad Israele danni economici e psicologici immensamente maggiori della spesa sostenuta per portare l’attacco. C’e’ ancora gente che ragiona così? Quanti armamenti devono vendere?

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Ritvan scrive:

        Caro ADV, Miguel parlava di armi REGALATE, non VENDUTE.

        P.S. Nel tuo inquietante scenario apocalittico, dopo che il caro Hezbollah avrà fatto esplodere la sua cara bombetta radioattiva nel centro di Tel Aviv, Israele per tutta risposta dovrebbe “nuclearizzare” l’intero Libano – Paese in cui Hezbollah è al governo – con qualche banalissimo missile nucleare oppure dovrebbe usare il proprio “vantaggio tecnologico” per bombardare in modo mirato solo i covi dei sullodati hezbollah?

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Ritvan

          Tu pensi davvero che prima di lanciare un attacco simile -ammesso e non concesso che se ne possa aatribuire con certezza la paternità – Hezbollah sarebbe così fesso da non sbaraccare preventivamente dai suoi covi? O pensi davvero che la superiorità militare da sola sia sufficiente a garantire un predominio duraturo se manca la capacità di garantire un sincero consenso?

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Ritvan scrive:

            Caro ADV
            1. Se gli Hezbollah “sbaraccano” prima dell’attacco a Tel Aviv, allora la loro “paternità” diventa una certezza, no?:-)
            2. Non credo che nel Libano ci siano caverne simili a quelle di Tora Bora dove i sullodati “sbaraccati” si possano sentire relativamente al sicuro…e comunque, i missili intelligenti li raggiungerebbero prima o poi anche nei nuovi “covi”.
            3. Non credo che Israele possa mai – qualsiasi cosa faccia – ottenere un “sincero consenso” da parte dei cari Hezbollah. Allora tanto vale affidarsi al detto latino “si vis pacem…” con quel che segue:-)
            Ciao
            Ritvan

            • Andrea Di Vita scrive:

              Per Ritvan

              Ammetto che tu possa avere ragione. Ma insisto: alla lunga la superiorità militare tecnologica non compensa da sola una debolezza politica. Penso che valga sempre l’esempio di Napoleone. Il quale sconfisse sonoramente sette coalizioni una dopo l’altra, per essere eliminato dall’ottava. Il guaio di Israele è che la prima guerra che perderà sarà anche l’ultima. Puo’ vincere i suoi nemici anche per cent’anni e più di seguito, come fece l’Impero Spagnolo, ma se non riesce a convertire la vittoria in consenso (come riuscì ai dollari USA dopo la WWII) fa la fine della Spagna nelle Fiandre. Chi troppo vuole nulla stringe. Non si possono avere l’impunità garantita dal veto USA all’ONU, la superiorità militare, l’espansione delle colonie e il consenso dei soggetti contemporaneamente. Alla lunga molleranno: più tardi avverrà, più soprusi avranno commesso, maggiore il prezzo da pagare. Tra l’altro l’Antico Testamento è ricco di esempi simili.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

  2. Lorenzo scrive:

    Dove si trova il testo originale della canzone e la traduzione inglese? Stavamo cercando da giorni la canzone simbolo della rivolta egiziana!
    http://www.antiwarsongs.org

  3. Miguel Martinez scrive:

    Trovato: http://fnanen.net/index.php?option=com_resource&controller=article&article=15706


    أنا الشعب ماشي وعارف طريقي
    كفاحي سلاحي وعزمي صديقـي
    أخوض الليالي وبعيون أمالي
    أحدد مكان الصباح الحقيقي

    أنا الشعب ماشي وعارف طريقي

    أنا الشعب كفي تقيد الحياة
    تخضر صحاري تبيد الطغاة
    تعلي الحقايق رايات في البنادق
    ويصبح تاريخي منارتي ورفيقي

    أنا الشعب ماشي وعارف طريقي

    أنا الشعب مهما يقيموا السجون
    ومهما كلابهم تحاول تخون
    حيطلع ناري وأدمر بناري
    بحور الكلاب والسجون من طريقي

    أنا الشعب ماشي وعارف طريقي

    أنا الشعب والشمس وردة في كمي
    ونار النهار خيل بترمح في ددمي
    وتقضي ولادي على كل عادي
    ومين اللي يقدر يوقف في طريقي

    أنا الشعب ماشي وعارف طريقي

    كلمات: احمد فؤاد نجم
    الحان: الشيخ امام

  4. Lorenzo scrive:

    Grazie! Appena ho tempo la inserisco.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Quello che si guadagna a fare i lustrascarpe…

    Come sapete, gli israeliani hanno distrutto l’economia palestinese; solo che, invece di occuparsene loro, fanno mantenere i palestinesi dall’Europa, condizionando i fondi europei secondo gli interessi politici israeliani.

    Come sapete, l’Autorità Nazionale Palestinese si dedica soprattutto a incarcerare gli oppositori di Israele che il governo d’Israele indica loro.

    Ed ecco come Ugo Volli, islamofobo da prima linea, interpreta questo fatto: tutta colpa degli arabi, sempre.

    Cari amici,

    anche in tempi di sommosse egiziane non bisogna perdere di vista la Palestina, faro di Eurabia. Senza dubbio vi ricordate la flottiglia che provò il maggio scorso a sfondare il blocco israeliano di Gaza. […]. Bene, ma forse non avete presente che fra le navi della flottiglia ce n’era una che aveva un nome buffo, “Sfendoni 8000”. E sapete il perché di questo strano nome e in particolare del numero? Perché i “pacifisti” della flottiglia sostengono che Israele tratterrebbe in carcere proprio 8000 palestinesi: è un argomento contro la liberazione di Gilad Shalit, che non tiene conto che si tratta di terroristi, in parte condannati per reati sanguinosi e terribili stragi, e comunque sempre regolarmente processati dalla giustizia israeliana (che non è affatto filogovernativa, come tutti sanno) e richiusi in carceri regolari con tutti i diritti, visite, assistenza legale, istruzione, attività fisica ecc.

    E’ un numero interessante, 8000. Perché sapete quanti sono i palestinesi detenuti politici dell’Autorità Palestinese? Lo dice un rapporto dell’Arab Organization for Human Rights in Britain: in media fra il 2007 e il 2010 sono stati 8640, al ritmo di otto arresti al giorno. Notate che il 77% dei detenuti dell’AP era già stato arrestato e rilasciato dagli israeliani: forse la loro pericolosità è chiara anche ai palestinesi. Il turnover nei 35 centri carcerari dell’AP è alto, per la semplice ragione che in buona parte dei casi non si trattava di trattenere dei soggetti pericolosi e di impedir loro di fare danni o di punirli, ma di terrorizzarli e torturarli: secondo il rapporto il 95 per cento di questi detenuti è stato torturato durante il loro passaggio in carcere. Non solo sono di più, ma sono trattati senza nessuna garanzia, in maniera completamente inumana. Fra il 2008 e il 2009 sei detenuti politici sono morti per le torture nelle prigioni palestinesi, le quali naturalmente beneficiano del sostegno più o meno indiretto dei fondi europei. (Per altri dati, potete leggere questo articolo:http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=204763) . Non vi sembra il caso che la prossima flottiglia, che già si annuncia per la primavera, promuova una sua imbarcazione da 8000 a 8640? Così, per amore delle vittime palestinesi…

    Ugo Volli

  6. Leo scrive:

    Hi Martinez
    http://www.voltairenet.org/article168337.html
    however Mr. Wisner arrived and now suddendly we have egyptians promubarak, because, accordingly the BBC they are fed up for the closing of the banks …as the typical citizens of London or Milano of course…promubarek protesters riding horses, trained to deal with crowds.. very impressive, is it the typical train given to horses in the egyptian farms (by the way in 7 years spent there I have seen only donkeys in the farms) just look imagine on BBC world news..

  7. Francesco scrive:

    L’eccitazione fa male alla logica, direi.

    1) confondi qualità e quantità, come dice Ritvan. Ma un occhio esperto ha notato i carri armati M1 Abrams in dotazione all’esercito egiziano, roba da palati fini che darebbe del bel filo da torcere ai Merkava israeliani. Non solo robaccia, quindi (e mi pare che da molti anni gli egiziani abbiano gli F16, che noi abbiamo da pochissimo).
    2) la smilitarizzazione del Sinai mi pare un basso prezzo per riaverlo indietro, tutto e senza colpo ferire.
    3) se Erdogan dice una cosa è bravo, se la dice Obama è un prepotente ….
    4) 2,5 MILIONI di dollari per paese! allora è vero che gli ebrei sono tirchi
    5) il becero isolazionismo statunitense non me l’aspettavo come esempio positivo, a quando un post d’amore per Calderoli?

    saluti

  8. Leo scrive:

    Caro Francesco
    scrivo per te in esclusiva nella lingua del Si´…………………………………………….
    Non so che versione di Abrahams abbiano gli egiziani.. comunque quello che fa la differenza in un campo di battaglia moderno sono le dotazioni elettroniche e di puntamento per un MBT, e i tipi di munizione.. nel senso che non notabile da occhio esterni non specializzati gli Abrahams potrebbero benissimo esser dei sitting ducks in uno scontro classico coi Merkava (III e IV ) della prima linea israeliana.. nel ´73 furono i munizionamenti made in US a permettere a dei vecchi sherman israeliani, di seconda linea, ad avere la meglio sui T62 siriani sul Golan ( che non avevano ne´il puntamento laser, ne´dei faretti IR efficienti) Lo cosa vale ancor di piu´per la avionica degli F16 .. che come gli F15 che saranno dati ai Sauditi non posson ingaggiare bersagli che sono di default riconosciuti come “amici” dai loro computers made in US..a meno di non far rifare tutta la avionica da una fabbrica cinese o russa.

    • Francesco scrive:

      Carissimo Leo

      hai parzialmente ragione

      anche dei “vecchi” Abrams prima serie, con cannone da 105 mm e senza le corazzature supplementari, sono comunque dei signori carri armati. Non so quanto contino effettivamente sul campo di battaglia medioorientale i sistemi di puntamento precisi a kiometri di distanza, storicamente ci si spara da molta meno distanza.

      I Mk III e IV montano un 120 mm?

      Più serio il problema per l’avionica degli F16 ma che io sappia il pilota conta ancora parecchio, nei combattimenti aerei. Dubito che siano veramente programmati per riconoscere come amici gli israeliani, sennò noi europei avremmo venduto ai sauditi parecchia più roba.

      In ogni caso, volesse l’Egitto annettersi la Libia o il Nord Sudan ne avrebbe i mezzi.

  9. Lorenzo scrive:

    Ecco le pagina dedicata alla canzone su antiwarsongs.org. Grazie ancora della segnalazione.

  10. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    «L’esercito egiziano non può entrare nel Sinai, secondo quanto stabilisce il trattato di pace del 1979. Dopo trent’anni, Israele ha concesso alle truppe egiziane di entrare nel Sinai, per controllare eventuali sommosse a Sharm el-Sheikh.» Strano, questo. Quando sono stata nel Sinai nel ’85, i militari egiziani c’erano, pure se abbastanza discreti. Anzi, simpatici come lo sono gli Egiziani in generale, mi hanno dato un passaggio dal monastera di Santa Catarina a Suez.

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