Ecologia, tra catastrofi, Anticristo e divina provvidenza

Alla fine, si ritorna sempre a quella che da qualche decennio, si chiama la questione ecologica.

La questione ecologica coincide con la questione della vita sulla Terra, e le variabili quindi sono praticamente illimitate: per questo è facile perdersi in discussioni sui dettagli – di quanti gradi sta aumentando veramente la temperatura mondiale? Il 2010 è davvero l’anno del picco del petrolio, come pare sostenga un rapporto riservato dell’esercito tedesco? E così via…

In genere, su questo argomento, si combatte una guerra a base di statistiche; ma, come dice il proverbio, i politici usano le statistiche come gli ubriachi usano i lampioni: non per illuminare la strada, ma per reggersi in piedi. Ciò vale ovviamente anche per certi ecologisti, che amano sparare cifre drammatiche, più o meno a caso.

Eppure la questione di base è semplice: viviamo su un pianeta che non ha risorse infinite.

Invece, ha trionfato un modello di economia che ha bisogno di crescere incessantemente, e di crescere sempre di più. Se potessimo tracciare un diagramma dello tendenza, è quella di un’accelerazione che tende all’infinito.

Cosa impossibile, in un sistema che non è affatto infinito. E quindi la catastrofe è inevitabile, anche se non dobbiamo essere così presuntuosi da dire con certezza che forma assumerà questa catastrofe.

Per questo, la polemica antiecologista è sempre in malafede. Si aggrappa alla sciocchezza detta dal singolo oltranzista ecologico; tira fuori un singolo caso di un fiume in cui sono tornati i pesci; oppure – si immagina che i modesti ricercatori scientifici che denunciano l’andazzo generale, stiano preparando un Governo Mondiale retto dall’Anticristo.

Dicono molti americani – la Provvidenza Divina ha creato lo sviluppo, ci ha regalato vasti territori e il dominio benevolo sul mondo e sulle sue risorse:

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Ora,  io mi guadagno onestamente i soldi e quindi ho il diritto di comprarmi un SUV, o anche cinquanta, se voglio. E’ la Costituzione stessa a santificare la mia ricerca della felicità.

“Quando tra le affermazioni della Dichiarazione di Indipendenza, si asserisce che la ricerca della felicità è un diritto inalienabile, si intende dire che l’acquisizione, il possesso e il godimento della proprietà sono faccende che i governi umani non possono né proibire né distruggere”.[1]

Solo un dittatore islamonazicomunista potrebbe impedire al Libero Cittadino della Repubblica di fare ciò che vuole; e poiché conculca i God-given rights, vuol dire che si tratta proprio dell’Uomo che, secondo le profezie bibliche, si opporrà a Gesù alla fine dei tempi, instaurando brevemente la pace universale.

Insomma, come Nicolae Carpathia, il dittatore-Anticristo della serie di romanzi intitolati Left Behind, del telepredicatore Tim LaHaye, che hanno venduto complessivamente oltre 65 milioni di copie, generando anche un vasto indotto di film e di videogiochi.

E’ una visione forte e messianica del mondo, l’unica oggi rimasta in Occidente, e quindi la derisione che in Europa accompagna simili affermazioni è del tutto fuori luogo; anche perché è condivisa, nell’essenza, pure dalla maggior parte di quegli statunitensi che non leggono la Bibbia.

Sul tema dell’impossibile sviluppo infinito, esiste un bel video prodotto da Annie Leonard e doppiato in italiano.

E’ molto americano, nel bene e nel male: gli americani parlano, in genere, di fatti, evitando le barocche contorsioni verbali care agli italiani. E quando ragionano – cosa che non succede sempre –  gli americani ragionano in una maniera universalmente comprensibile, che non si rivolge alla propria parrocchia identitaria.

Però la prova è sempre data dai Numeri, che meritano la maiuscola iniziale per il loro status semidivino, e forse Annie Leonard qualche volta esagera nel fornirli (come quando dice che abbiamo già consumato “un terzo delle risorse della Terra“, qualunque cosa ciò possa significare).

Comunque i meriti superano di gran lunga i demeriti.

Il video si trova in inglese sul sito The Story of Stuff, ed è doppiato in italiano sul sito La Storia delle Cose.

Eccovelo…

[1] Così disse il giudice David Josiah Brewer (1837-1910), figlio di missionari protestanti a Smirne, nell’impero ottomano, che da cercatore d’oro fallito divenne giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti.

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40 risposte a Ecologia, tra catastrofi, Anticristo e divina provvidenza

  1. Claudio Martini scrive:

    “Invece, ha trionfato un modello di economia che ha bisogno di crescere incessantemente, e di crescere sempre di più. (..)Cosa impossibile, in un sistema che non è affatto infinito. E quindi la catastrofe è inevitabile,…”
    Quando ho letto questa frase mi sono ritrovato a sorridere come un coglione. Leggevo di una tragedia annuciata, condividevo il fatto che esista una tragedia annunciata, e tutto quello che la mia mente riusciva a produrre era auto-compiacimento per aver compreso questo fatto prima degli altri.
    penso che sia un atteggiamento diffuso; credo che questo aiuti a spiegare perchè il pensiero “alternativo” (nel senso di opposizione al pensiero TINA, there is no alternative) è così drammaticamente incapace di conquistare l’egemonia.

  2. rosalux scrive:

    La mia personale polemica contro gli ecologisti è molto somigliante a quella nei tuoi confronti, e in generale al radicalismo anti-sistema. La “natura” di ogni sistema è quella dell’autoconservazione. Nello specifico il sistema capitalistico oltre ad affamare sfama moltissima gente, e un suo collasso significherà implicitamente una ecatombe impressionante, nella quale io e te affogheremo esatttamente come tutti gli altri indipendentemente dai nostri punti di vista. A questo punto – o la catastrofe è inevitabile e imminente, e allora il sistema correrà come un treno alla sua rovina senza prendere contromisure (e dunque gli ecologisti e in genere gli antisistema sono a dir poco inutili) oppure il sistema è emendabile, può essere trasformato, può mutarsi in qualcosa di diverso da quello che è senza morire. Diminuzione drastica delle nascite, energie verdi , consumi consapevoli, legislazione inflessibile con gli inquinatori, e via dicendo con queste belle cose che potranno forse essere altrettanto inutili ma almeno ci si prova. Ecco, a me pare che gli ecologisti troppo spesso siano degli inutili predicatori e quasi mai si pongano il problema di emendarlo, il sistema. Detto questo, se è vera la storia del picco, di qui a qualche anno la catastrofe è certa, e il mondo salvo (ma non l’umanità, e anche questo è un peccato). Il picco è tuo amico, Martinez 🙂 (ma nel contempo come la metti con i pupi?)

  3. Peucezio scrive:

    Guarderò il filmato con molto interesse.
    Nel frattempo però mi preme notare come, negli ultimi anni, affianco a questa visione messianica delle risorse infinite perché promesse da Dio, i poteri economici e finanziari statunitensi abbiano sviluppato l’interesse anche a dare un certo credito alle obiezioni ecologiste. E questo da quando la Cina sta diventando un impero industriale in grado, in prospettiva, di superare l’America stessa e l’Occidente.
    In sostanza questi signori stanno dicendo: “noi abbiamo inquinato quanto abbiamo voluto, finché era funzionale al nostro modello di sviluppo, ora che vi state sviluppando voi, basta inquinare altrimenti il pianeta va a puttane, per cui datevi una ridimensionata”. E quelli giustamente rispondono “in culo! Ora tocca a noi e non rompeteci le scatole!”. E bisogna dire che i cinesi stanno investendo miliardi per ridurre l’impatto ecologico di uno sviluppo che è talmente grande e impetuoso che non può non avere nessuna conseguenza sull’equilibrio ambientale.
    Cioè almeno la loro attenzione ecologica, se non va di pari passo col loro sviluppo, cosa impossibile, lo segue di poco, mentre noi occidentali per decenni, dall”800 in poi, ci siamo sviluppati allegramente senza nemmeno prendere in considerazione il problema ambientale.

  4. p scrive:

    Bel compitino, ma a non conoscere le “contorsioni” della teoria, si descrive solo e si capisce niente. La moda roba della pubblicità? E come se ne accorse il giovane hegel nella germania del primo ottocento? Boh:
    I bisogni sono così moltiplicati; ogni bisogno è suddiviso
    in molti; i gusti si fanno raffinati e differenziati. Si richiede una
    rifinitura che avvicina l’oggetto vieppiù al suo uso. Ma questa pluralità crea
    la moda, la versalità e la libertà
    nell’uso di queste cose. Il taglio degli abiti, lo stile d’ammobiliare la casa,
    …non sono nulla di permanente. Questo cambio costante è essenziale e razionale [in una società
    industriale], molto più razionale che
    stare attaccato a una sola moda, immaginando di trovare qualcosa di permanente in
    quelle particolari forme. Il bello non è comandato da una sola forma; ma qui
    abbiamo a che fare non con la bellezza libera, ma col lusso che attrae… perciò
    v’è accidentalità in esso. (Hegel, Realphilosophie II)

    Il buon hegel dice poi un’altra coserella qui, che la moda, dato il sistema, è del tutto razionale, non irrazionale. Rompiamo con le sciocchezze del novecento, in questo caso secondo novecento, e dei sui guasti se si vuole capire qualcosa.p

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Rosalux

    Chiaro che in mezzo a una quantità sterminata di dati, prevale spesso la soggettività.

    A essere sinceri, io non ecologista perché convinto dai dati; sono ecologista, perché tra andare in giro per localini del centro su un SUV e farmi una passeggiata nei boschi, preferisco di gran lunga la seconda. Questo fatto certamente influenza la mia percezione e non vedo perché negarlo.

    Ma rimane il principio generale, il ragionamento credo inconfutabile dello scontro tra accelerazione infinita della “crescita” e i limiti del mondo reale.

    Ora, la catastrofe può essere inevitabile oppure evitabile, e né tu né io siamo profeti.

    Certo, nel contesto dell’accelerazione, è possibile ridurre gli sprechi – il famoso “sviluppo sostenibile”, almeno per certe parti dell’Occidente.

    Ma esiste un potere talmente forte da poter imporre una vera decrescita – e non solo uno”sviluppo sostenibile”? Perché ci vorrebbe un potere non indifferente per tagliare alla radice, ad esempio nella produzione e nell’uso delle auto private, tanto per cominciare. Un potere anche in grado di fregarsene delle reazioni, non solo delle imprese, ma anche delle masse dei ceti medi occidentali coinvolti.

    Questo potere non ce l’hanno certo gli ecologisti, perché il vero potere non è dato dalle buone intenzioni, ma da qualche forza materiale, da qualche interesse potente, in grado di imporsi. E non riesco a vedere alcun interesse potente contrario alla crescita.

  6. Moi scrive:

    C’è anche un filone complottista “kattoliko” * [sic], ben rappresentato dai giornalisti Riccardo Cascioli & Antonio Gaspari che spesso scrivono libelli in coppia, secondo il quale l’ Ecologismo non è nient’altro che ” l’ Eresia Càtara che ci riprova “.

    ____________________

    * essenzialmente gente soprattutto italiana che in politica interna (rivolta ai “souchiens”) la pensa come Le Febvre e in politica estera nonché immigrazionale la pensa invece come Geert Wilders … Magdi Cristiano Allam lo considerano una manna dal cielo, trattando la sua conversione dall’ Islam alla stregua di una grave tossicodipendenza sconfitta.

    • Francesco scrive:

      Per quel poco che conosco i Catari non mi pare così campata in aria.

      L’etica dell’Ecologismo Fondamentalista ha molti punti di contatto con quella dei “Puri”. E mi spinge nelle braccia di Belzebù … pardon, di Andreotti.

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  8. @rosalux
    Ha chiesto una volta Gherardo Colombo: se Cesare Beccaria fosse vissuto nel Seicento e non nel Settecento, cosa sarebbe successo?
    Ogni cosa che sembra una banalità in un determinato periodo storico in un altro (prima o dopo) potrebbe apparire come folle. Tutto sta nella mentalità corrente, che è il vero parametro del sensato-insensato: se qualcuno avesse detto nel 100 d.C. che il nostro aspetto è scritto in una doppia elica contenuta in ogni singolo frammento del nostro corpo, oppure avesse parlato di scuola dell’obbligo…
    Dunque non vedo cosa ci sia di male o di inutile nel cercare di cambiare l’opinione degli altri: si è sempre cambiato idea col tempo e quindi non capisco perché sia negativo cercare di influenzare questo cambiamento.

  9. mirkhond scrive:

    Nicolae Carpathia sarebbe la versione immaginario-romanzata di Nicolae Ceausescu?

  10. Francesco scrive:

    L’assunto che il mondo finito non possa sostenere una crescita infinita pare evidente ma direi che è un coacervo di ambiguità lessicali,

    Io tifo per la tecnologia, che dal Neolitico ad oggi ha spostato i limiti della crescita molto in avanti …

    Ma visto che per i catastrofisti la fine è vicina, riusciremo a vedere chi ha ragione.

  11. PinoMamet scrive:

    Francesco

    io di mio la pensavo su per giù come te, riguardo la crescita economica. Ma non è proprio così.
    (per lavoro sto collaborando con un documentarista di solida formazione scientifica, quindi sono fresco proprio di questi temi).

    Cioè: io posso far produrre più grano a un campo concimandolo di più. Fino a un certo punto va bene: la terra assorbirà e “riciclerà” il concime in eccesso.
    Oltre un certo punto però non si può andare, nel senso che le falde acquifere cominceranno a essere inquinate in maniera sempre più pesante da nitrati (stiamo ancora parlando di concimi naturali, peraltro) e bisognerà chiudere i pozzi.

    Non è un esempio ipotetico: nella pianura padana sta succedendo sempre più di frequente, e so per certo che si tende a essere anche “di manica larga”, altrimenti bisognerebbe chiuderne molti di più.
    Prima o poi finiranno: non sono infiniti!

    Lo stesso ragionamento si applica a tutto, ovviamente.
    Vuoi più latte? Devi avere più mucche (=più merda, più falde da chiudere) oppure farle produrre di più (=cibi chimici per mucche, malattie per loro e per noi, carcasse di mucche da smaltire, latte “malato”, formaggio di qualità scadente)
    (anche questo NON è un esempio ipotetico, fatti un giro nelle campagne di Parma e chiedi).

    Sono solo due cose che ho sottomano, ma gli esempi potrebbero essere tantissimi.

    Eh, dirai tu, ma bisogna produrre di più perché bisogna sfamare i negri dell’Africa.

    Il problema è che, sempre dati alla mano, il sovrappiù della produzione alimentare mondiale è 22 volte superiore ai fabbisogni della popolazione denutrita:
    non bisogna produrre “di più” (casomai di meno) ma produrre meglio e distribuire meglio.

    Calcola che in Italia solo considerando la grande distribuzione si buttano IN DISCARICA all’anno 1,5 milioni di tonnellate di cibo perfettamente buono e neanche scaduto, ma “prossimo alla scadenza”.

    Non mi sembra proprio che il problema sia quello di dover produrre di più!

    Ciao!

    • Francesco scrive:

      Ottimo, quindi il catastrofismo ecologista è circa 22 volte esagerato?

      Io sono convintissimo che l’attuale distribuzione dei diritti di proprietà sia tragicamente sbagliato e che, in misura probabilmente draconiana, bisognerà intervenire a commisurare l’utilità economica privata con il costo ecologico/economico collettivo.

      Tutto molto comunista (sigh) ma molto necessario.

      E’ che rifiuto a priori una deriva nazista di tipo pannelliano (accoppiamo un 2-3 miliardi di poveri per salvalre il mondo), omologa a quella di chi santifica il “cheap oil” oltreoceano.

      Ci vuole più classismo, più ineguaglianza, meno diritti e meno “consumismo socialista” ….

      Dici che devo smettere di bere?

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Francesco

        ”Tutto molto comunista (sigh) ma molto necessario.”

        Compagno!

        Stupefatto per la tua conversione sulla via della Lotta di Classe e della Dittatura del Proletariato 🙂 ti faccio dono del seguente testo -così non saro’ per una volta tacciato di antiamericanismo:

        ‘925 milioni di persone soffrono la fame nel mondo mentre il prezzo del cibo sta aumentando. Dallo scorso luglio è cresciuto del 18%. La malnutrizione è la principale causa di morte, molto prima di malattie come l’AIDS, malaria o TBC. La maggior parte delle nazioni affamate si trova in Africa. Con queste premesse il primo pensiero degli Stati più ricchi dovrebbe essere quello di aiutare l’Africa e non di sfruttarla.
        13 milioni di etiopi non hanno cibo sufficiente, il governo etiope ha però offerto tre milioni di ettari di terra coltivabile a nazioni dove la fame è sconosciuta. 1.000 ettari sono già stati affittati per 99 anni da un miliardario saudita e coltivati con serre, costruite con la miglior tecnologia, che producono 50 tonnellate di cibo al giorno inviate entro 24 ore nei ristoranti di tutto il Medio Oriente. Uno studio della società Grain ha rilevato che 50 milioni di ettari di terra fertile (quasi due volte la superficie dell’Italia) sono stati acquistati da gruppi economici internazionali o direttamente da governi dei primi Stati del mondo. Il Darfur non è solo un eccidio, è anche un affare. Jarch Capital, una società di investimenti di New York ha affittato 800.000 ettari nel sud del Sudan. Il ritorno economico stimato è almeno del 25%. India, Cina e Corea fanno shopping da anni di suolo africano in Mozambico, Madagascar, Kenya e Senegal. L’Africa è la grande abbuffata del pianeta alle spalle dei morti di fame. La UE fa, come tutti, la sua parte. Con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili si è posta l’obiettivo di produrre il 10% di energia con biocarburanti entro il 2015. Secondo l’organizzazione ActionAid le società europee di biocarburanti hanno già acquistato quasi 4 milioni di ettari che diventeranno in futuro 17,5 milioni. I disordini dovuti alla fame sono sempre più frequenti, le cause sono l’erosione del suolo nelle nazioni più sviluppate per la cementificazione e l’inaridimento per le colture intensive, e il cambiamento del clima con inondazioni gigantesche, come in Pakistan, o incendi mai visti prima, come in Russia che ha dovuto vietare l’esportazione di grano. La guerra del cibo è al suo inizio e in confronto, quella del petrolio sembrerà una passeggiata. Sullo scacchiere mondiale si stanno muovendo, per impossessarsi delle aree coltivabili, le nazioni più potenti, come in un Grande Risiko. Un neocolonialismo della fame che non può durare nel tempo, non si può pensare che l’Africa o in Sudamerica, dove la Cina è presente con l’acquisto di immensi territori agricoli, non trattengano le loro risorse alimentari in caso di crisi mondiale. Non si possono bombardare i terreni coltivati. In futuro la vera ricchezza sarà un campo di grano, un orto, una serra. Possibilmente vicino a casa.’

        http://www.beppegrillo.it/

        Saluti di classe

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          Dalla barba di Marx alla barbetta di Grillo, dal Capitale al Blog …. dalla tragedia alla farsa, si diceva.

          Quasi tutti gli esempi che citi parlano di interventi dello Stato in economia alla “mentula canis” e potrebbero essere citati da qualsiasi politico neoliberista come prova delle sue ragioni.

          La soluzione è calcolare il prezzo della Natura e farlo pagare a chi la usa, altro che lotta di classe.

          • Andrea Di Vita scrive:

            Per Francesco

            ”pagare a chi la usa”

            In linguaggio marxista si chiama ”rivoluzione”. Hasta la victoria, compañero!

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            P.S. Il liberismo postula l’indefinita disponibilità delle risorse naturali esattamente come faceva la retorica staliniana della ‘grande trasformazione della Natura’. Non a caso Malthus è tutto fuorchè un liberista.

            • Francesco scrive:

              il liberismo non lo postula affatto, visto che definisce l’economia come “la scienza che studia l’allocazione ottimale di risorse scarse”

              e Malthus è l’esempio di scuola di quanto sia ottuso fare previsioni estrapolando le tendenze storiche

              PS rivoluzione? non cambio nulla dei diritti di proprietà, dove la vedi la rivoluzione? nella Ferrari di Totti, che può pagare la benzina anche 50 euro al litro? mah

              • Andrea Di Vita scrive:

                Per Francesco

                ”ottimale”

                Per chi?

                ”tendenze”

                Certo; ma è anche vero che un eccesso di realismo è il più grosso ostacolo alla comprensione della verità. Comunque non sto dicendo che avesse ragione Malthus nei dettagli: sto dicendo che differiva dai liberisti in un punto cruciale, il fatto di considerare importanti le condizioni al contorno poste dall’ambiente fisico. Nella teoria classica dell’economia aria, acqua ecc. sono a costo zero. (Neppure Marx ci aveva pensato).

                ”nulla”

                Nulla? Far pagare i costi naturali a chi usufruisce di una proprietà inquinante lo chiami nulla? Non a caso i seguaci del Tea Party vedono il Comunismo dietro ogni aumento della benzina.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

  12. PinoMamet scrive:

    “Ottimo, quindi il catastrofismo ecologista è circa 22 volte esagerato?”

    Di nuovo, non proprio:
    attualmente stiamo SPRECANDO 22 volte tanta roba quanta ne basterebbe a sfamare gli affamati; il che vuol dire POTREMMO NON SPRECARLA.

    Insomma, se ti dico che per ogni patatina che mangi te ne cascano dieci per terra, puoi chiamarmi catastrofista o stare più attento quando mangi, ma il pacchetto sempre quello è.

    Quanto al fatto che meno diritti facciano bene, la penso proprio al contrario, anche in base a un basilare principio economico
    (un lavoratore con meno diritti costa meno; quindi per guadagnare uguale dovrà lavorare di più; quindi a condizioni peggiori e con risultati peggiori = più pesanti a livello di sostenibilità ecc. ecc.)

    Insomma, pensa un’impresa edile in un paese con pochissimi diritti: è vero che non pagherà le spese mediche dei muratori infortunati o l’assicurazione di quelli morti, ma questi mica si faranno male di meno!
    Anzi, è probabile che accettando condizioni di lavoro peggiori, si facciano male di più.
    Devono pagare il dottore, cosa fanno?
    Accettano condizioni di lavoro ancora peggiori, case costruite di merda, scossetta di terremoto che le fa crollare, morti e feriti, ecc. ecc.
    alla fine alla collettività NON conviene, l’unico che ci guadagna è l’appaltatore con pochi scrupoli.
    Inoltre: più case (inutili, come succede ora in Italia, conosco interi quartieri ancora da affittare) uguale più impermeabilizzazione del terreno, meno acqua assorbita dai terreni agricoli, si riversa nei fiumi (già ampiamente modificati da estrazione di materiali per l’edilizia ecc. ecc.) = inondazioni del Veneto e altre spese per la collettività.

    Ciao!

  13. PinoMamet scrive:

    Oppure pensa al contadino emiliano che produce il latte per il parmigiano.

    Gli togli la mutua (=meno diritti);
    allora lui, che il dottore lo deve pagare lo stesso, produrrà più latte: quindi più sfruttamento dei terreni, più distruzione delle falde, più inquinamento del formaggio che mangi tu (io non li mangio) ecc. ecc.

    Semplicissimo.

    Mica dico che ci vuole il socialismo reale, e neanche aiuto aiuto moriremo tutti;

    soltanto che si dovrebbe produrre meglio, più intelligentemente, e distribuire meglio risorse e prodotti.

    PS
    La tecnologia non è un nemico e non voglio nessun ritorno al Medioevo:

    per esempio mi è stato fatto conoscere un sistema di irrigazione per campi (ad es. per i pomodori, diffusissimi qua) “a goccia”, che:
    -è estremamente economico da installare;
    -consente di ridurre drasticamente la bolletta dell’acqua, quindi è conveniente per chi lo usa;
    -allo stesso tempo, consumando meno acqua (in Italia il consumo meaggiore di acqua è per l’agricoltura, e quasi tutta va sprecata) è conveniente per tutti.

    Basta solo farlo conoscere.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Pino Mamet

      ”goccia”

      Un sistema simile è descritto nel romanzo di fantascienza ‘Dune’. E’ noto da anni, ma non si è mai diffuso moltissimo. Il punto è che -al contrario di quelo che è avvenuto in società costrette a far di necessità virtù come quella dei contadini del deserto dell’Iran o quella dei kibbutz di Israele- l’uso ecologicamente sensato dell’acqua non è mai stato una priorità delle economie del socialismo reale e del liberismo. La Grande Diga fa presto a diventare la Grande Sfiga.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      Ciao!

      • Francesco scrive:

        Insomma, la smettete di ignorare IL FATTO decisivo? 🙂

        esiste un prezzo politico bassissimo dell’acqua e questo inevitabilmente porta al suo uso esagerato (rispetto al valore REALE dell’acqua, non a quello imposto dallo Stato).

        x Pino: nella mia proposta, al contadino gli faccio pagare tutti quei beni comuni che usa e NON gli garantisco nessun prezzo minimo per il latte. Quindi alla fine il parmigiano deve costare sul mercato quanto costa produrlo, oppure il nostro cambia mestiere.

        Ciao

  14. athanasius scrive:

    Qui dissento.

    L’ecologismo è la parte costituente del discorso dominante dell’Occidente di oggi, almeno quanto lo è il capitalismo o il liberismo. Se alcune delle polemiche antiecologiste vengono condotte da deliranti pastori protestanti fondamentalisti americani, questo non vuol dire automaticamente che gli ecologisti hanno ragione. Anzi, non hanno.

    Già dalla mia infanzia, in linea ininterrotta, ascolto catastrofismi ecologizzanti, combinati con una certa imposizione di colpa collettiva (“noialtri membri della specie umana inquiniamo il pianeta, molte specie viventi sono in via di estinzione a causa delle nostre attività”, sempre questo famoso “noi”), catastrofismi che nell’ultima analisi risultano di essere bufale propagandistiche, esaggerazioni, chiacchiere gioranlistiche, senza vero fondamento nella realtà. Gli scenari catastrofisti che non si adempiscono mai. Tutto questo discorso è degenerato in un moraleggiamento piccolo borghese, estremamente noioso ed estremamente diffuso tra i membri del ceto occidentale medio generalizzato.

    Molti degli ecologisti sono affatto “di destra”, xenofobi e razzisti. Combinano la loro ossessione con la preservazione dell’ambiente tale com’è (pulito, puro) con la l’ossessione della preservazione di “razza” pura, “nostra” cultura pulita (senza elementi allogeni, impuri, degli immigrati). Gli ambienti urbani dell’Occidente non sopportano moschee, questo è un inquinamento ecc. Per non menzionare toni razzisti che spesso prevalgono nelle chiacchiere sulla presunta “sovrappopolazione” della terra, quando si parla spesso delle masse del cosiddetto Terzo Mondo che con i loro numeri elevati, causati dall’alta fertilità, inquinerebbero il pianeta, molteplicandosi come vermi sulla carogna e così via dicendo. O molti dei piccolo-borghesi occidentali vogliono il loro medio ambiente pulito, mentre le industrie sporche si trasferiscono in Africa o altrove.

    Evitare inquinamento con le materie tossiche chimice nel medio ambiente è legittimo. Anche le preferenze personali a cui ti riferisci (“piuttosto fare una passeggiata nel bosco che girare localini con una SUV”) mi sono simpatiche e le condivido anch’io. Ma anche credo che, se vogliamo sbarazzarci dell’eccesso delle macchine nei centri urbani, non c’è bisogno dell’ideologia ecologista. La gente normalmente preferisce l’aria pulita a quella inquinata e se si vuol liberare un certo spazio di troppe automobili, si può farlo tramite qualche regolamento urbano o qualche legge.

    Per quanto riguarda, per esempio, la teoria del riscaldamento globale causato dall’attività umana, mi sembra si tratti qui di uno spauracchio per la gente perbenista del centro-sinistra, come il “pericolo islamico” è uno spauracchio per la gente di “destra”. In questa dialettica manipolativa devi accettare di credere in una di queste due bufale per essere rispettabile nella società.

    Sulle risorse, è un fatto che, per esempio, una volta non esisteva neanche il petrolio. Infatti, esisteva, ma non si sapeva niente di lui e di come estrarlo ed usarlo. Chissà se nel futuro ci saranno scoperte nuove risorse su cui oggi non si sa niente. Esistono casi in cui spazi inquinati dall’industria si sono auto-rinnovati e la tecnologia ha inventato mezzi per ridurre l’inquinamento al minimo. Ciò detto, voglio dire che non sono nè tecnofilo, nè tecnofobo, soltanto constato la sua esistenza, con i suoi vantaggi e dobolezze.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per athanasius

      Concordo competamente con te che molto ecologismo (non ‘ecologia’, che è una cosa seria) è moda perniciosa e irrazionalista.

      Senza dubbio un nazista come Hamsun potrebbe essere considerato oggi un ecologista, e basta leggersi (ad averne lo stomaco) ‘Le origini culturali del Terzo Reich’ di George Mosse per rendersi conto dello stretto legame fra il marciume intellettuale che ha portato ai deliri nazifascisti da una parte e l’adorazione della natura di moda già dai tempi di Thoreau. (Aneddoti come il vegetarianesimo di Hitler o la fede naturista di molti Legionari di Fiume hanno un fondamento di verità).

      Come dice Chesterton, diffido di chi adora la natura di giorno, perchè sarà portato ad apprezzarne le zanne di notte.

      Aggiungo che chi è vegetariano dovrebbe camminare coi soli sandali vegetali di Gandhi, così come chi è contrario alla sperimentazione su animali dovrebbe rinunciare alle medicine che sugli animali vengono testate. Così, per coerenza.

      Detto questo, in Italia abbiamo (vuoto per pieno) un po’ meno di sessanta milioni di abitanti, e un po’ meno di una autovettura ogni due abitanti. Esteso all’intera umanità, cio’ significa un po’ meno di tre miliardi di automobili.

      Ora, semplicemente non c’e’ posto sulla Terra per tre miliardi di automobili.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      P.S. Più del farraginoso ‘I limiti dello sviluppo’ del Club di Roma, ho trovato argomenti convincenti ne ‘Gli otto peccati capitali della nostra civilità’, di Konrad Lorenz, ‘Il rifiuto’ di Giuliano Toraldo di Francia, e nel più recente ‘Collasso’ di Jared Diamond.

      • Francesco scrive:

        Concordo che ADV (e quindi vale la pena scriverlo) che non c’è posto per tre miliardi di auto (dovrebbero essere sei, se i dati sulle auto in Italia sono come li ricordo).

        SE i governi la smettessero di sovvenzionare le industrie dell’auto, credo che la domanda si fermerebbe spontaneamente molto prima, e che non ci sia bisogno di santi predicatori, solo del libero sviluppo del mercato.

        Quando la benzina costerà 10 euro al litro, io non potrò permettermi di andare in ufficio in automobile.

        Ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Francesco

          ”10 euro”

          Tu non potrai permettertelo, e io neanche. Ma il libero mercato produce spontaneamente il concentrarsi della ricchezza in pochissime mani. Oggi cinquecento persone hanno un reddito uguale a quello di tutto il resto dell’umanità messo insieme: il mercato Ligure degli Yacht di superlusso soffre la mancanza cronica di spazi espositivi, non certo la mancanza di clienti solvibili, mentre arrancano realmente sulla soglia della bancarotta i rivenditori di gommoni low-cost.

          E non vale dire che non possono portarseli appresso nella tomba, i soldi: lascialo dire a un Genovese! 🙂 Il potere e il prestigio sociale che i soldi danno sono molto più importanti di qualunque bene materiale realmente goduto, come dimostrano i boss camorristi pieni di ville che non abiteranno mai e che restano nascosti tutta la vita in un fetido bunker a gestire il loro potere.

          Come pure dimostrano tutti i Tea Party di questa terra, e’ immensamente più duro passare dall’avere due telefonini ad averne uno solo che passare dall’averne uno solo a non averne nessuno (il famoso cammello e la famosa cruna dell’ago…). Siamo passati dal serio digiuno dei protagonisti delle Scritture al digiuno-amuleto delle moderne diete sette-chili-in-sette-giorni (perchè la Chiesa non predica più il digiuno, mi chiedo?). Cio’ è l’esatto, duale corrispondente del ben noto fatto per cui in una città assediata il possesso di un pezzo di carne di cavallo è il discrimine fra povertà e ricchezza.

          Un sistema che impoverisce milioni per arricchire pochissimi è un sistema che resta stabile a lungo, tanto a lungo che ogni tentativo di cambiare seriamente le cose è visto con sospetto dai ‘riformisti’ e dai ‘moderati’ di ogni colore (ora penso con la tastiera: quando te la prendi con ‘Repubblica’ a volte mi scappa proprio di darti ragione).

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            >> il libero mercato produce spontaneamente il concentrarsi della ricchezza in pochissime mani.

            tesi interessante ma non dimostrata a sufficienza, nè a livello teorico nè a livello pratico.

            e misura la ricchezza in termini relativi e non assoluti, che mi dà sempre fastidio.

            io la vita di merda del boss camorrista non la vorrei fare, per inciso. e non solo per la mani sporche di sangue e merda ma per il dover vivere nello schifo di bunker

            • Andrea Di Vita scrive:

              Per Francesco

              ”sufficienza”

              Il mondo che ci circonda è ispirato al liberalismo (OK, fatta eccezione per Cuba e il circoli della CGIL) e in eso la disparità di reddito sta aumentando. Il rapporto fra il reddito di Marchionne e quello di un operaio FIAT è 450, quello fra Valletta e lo stesso operaio era di 50.

              ”e misura la ricchezza in termini relativi e non assoluti, che mi dà sempre fastidio.”

              Non vedo come istituire una scala assoluta di misura della ricchezza. Ancora Orwell: in una città assediata è il possesso di un pezzo di carne di cavallo che fa la differenza fra povertà e ricchezza.

              ”bunker”

              Il che dimostra appunto quanto appiccicoso sia il potere di Mammona. Nel ‘Canto di Natale’ Dickens descrive bene l’evoluzione progressiva di Scrooge da giovane spiantato di belle speranze a ricco avaraccio compulsivo, all’aumentare del suo reddito. E’ un Gollum ante litteram. Aspetta di diventare multimiliardario, e vedi come rischi di ridurti. E’ il monito evangelico: ‘a che giova all’uomo guadagnare anche tutto il mondo, se poi perde l’anima?’

              Ciao!

              Andrea Di Vita

  15. PinoMamet scrive:

    “x Pino: nella mia proposta, al contadino gli faccio pagare tutti quei beni comuni che usa e NON gli garantisco nessun prezzo minimo per il latte. Quindi alla fine il parmigiano deve costare sul mercato quanto costa produrlo, oppure il nostro cambia mestiere.

    Ciao”

    Francesco

    ma questo è proprio quello che succede oggi. Il contadino per usare l’acqua la paga, e non a prezzo di favore. I fertilizzanti li paga. Le sementi le paga. Ecc. ecc.

    Non so se esista un “prezzo minimo garantito” in Italia che la Parmalat debba pagare ai produttori di latte, o Mutti ai coltivatori di pomodori; non credo, o è così esiguo da non garantire proprio un bel niente.

    Del resto la fase della “produzione” agricola è in assoluto quella che viene pagata meno e incide di meno sul prezzo finale di un prodotto alimentare;
    quella che costa di più (non ho i dati sottomano) credo sia il packaging, il marketing e la distribuzione.

    Tu dici, il nostro deve cambiare lavoro quando non gli conviene più: ma infatti!

    (è proprio quello che sta accadendo, con milioni di persone che lasciano i paesi dove non gli conviene più vivere e vengono nel nostro.)

    Il problema dell’Italia non è certo che ci siano troppi agricoltori è che debbano cambiare lavoro, ma che il tipo di agricoltura che è necessario per far quadrare i conti è pesantemente nocivo al territorio;

    e potrebbe invece essere altrettanto produttivo, altrettanto o più conveniente per l’agricoltore, e assai meno nocivo
    (vedasi l’esempio del sistema di irrigazione).

    Ciao!

    • Francesco scrive:

      Tu mi citi solo i costi “privati” del contadino. Ma non il costo del suo uso di beni collettivi, quelli che vengono rovinati dall’uso eccessivo.

      Se è vero che i fertilizzanti inquinano, questo deve essere presente nel prezzo, in modo che esiste un motivo per il contadino di NON usarli, proporzionale al costo “totale” o “sociale” e non come oggi al solo costo di produzione.

      Idem per la cacca di gallina o di maiale.

      Questo dovrebbe far crescere il costo degli alimenti e calmierarne il consumo, portando in equilibrio la produzione con la sua sostenibilità ecologica. E incentivando l’efficienza e l’innovazione nella produzione.

      Mi viene in mente come lo shock petrolifero abbia abbattuto l’intensità di uso del petrolio nel PIL dei paesi industrializzati dal 1970 al 2009.

      Ciao

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Francesco

        “sociale”

        Se ti leggi un qualunque testo di economia che usavano prima del 1989 nei paesi del Patto di Varsavia -cito mia cognata, che si è laureata in economia in Polonia appunto all’epoca- trovi scritto che mentre nelle economie capitaliste il prezzo è determinato dal libero mercato, è appunto caratteristica del socialismo (intendendo con queso termine, a scanso di equivoci, proprio quello ‘reale’ di osservanza Sovietica) quella di definire un prezzo indipendentemente dal mercato.

        Il libero mercato è tale perchè è libero, libero quindi anche di non fare gravare sul prezzo al cliente il gravame del’inquinamento. Nel mercato libero esistono solo il compratore e il vendiotore, non esistono quelli che tu chiami ‘beni collettivi’. La Thatcher diceva ‘io non so cosa significhi la parola ‘società”.

        Non a caso i forti investimenti sul ‘carbone pulito’ e sulle rinnovabili -checchè noi se ne possa pensare al punto di vista tecnico sono assai forti in un regime dirigista come quello della Cina Popolare, così come non a caso i simpatizzanti masticabibbie del Tea Party e affini bollano giustissimamente proposte come la carbon tax come un passo verso il bolscevismo.

        Altro che NEP! Tu mi stai diventando più dirigista di Bucharin, tovarisch Francesco! O che tu mi stai tornando a propugnare l’economia comunitaria cara agli amici economisti di G.K.Chesterton?

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          no, compagno

          è che non fidandomi affatto degli estensori di piani quinquennali, vorrei che fosse il mercato a dare un giusto prezzo all’inquinamento

          è complesso, forse impossibile, ma il bravo regolatore che pensa al mio bene mi ispira tanta ostilità quanto l’ottuso bifolco che pretende “cheap oil”.

          la tua definizione di “libero mercato” è berlusconiana, quasi ti scappa che è libero di non pagare le tasse o i contributi. ma è una bugia della propaganda comunista, non la verità.

          • Andrea Di Vita scrive:

            Per Francesco

            Potrei persino concordare con te 🙂 … ma tu mi cadi quando vai a confondere cio’ che preferici con la realtà. Forse il libero mercato come lo definisco io sia una caricatura della tua certamente nobile idea di ‘libero mercato’. Di sicuro è la tua idea che semmai è una caricatura della realtà. E la realtà è quella di berlusconi e degli hedge fund, la realtà è che che il mercato ha già dato il ‘giusto ‘ (?) prezzo all’inquinamento: e questo prezzo è zero. ‘Mane thekel phares’, direbbe la Scrittura.

            La ‘mano invisibile’ certamente esiste, ma non porta al massimo vantaggio per tutti: essa porta invece al massimo arricchimento di ciascuno a scapito dell’impoverimento di molti -e del depauperamento del’ambiente in cui vivono. Alla lunga -ma solo alla lunga- il sistema diventa insostenibile, e allora scatta una rivoluzione che rimanda una soluzione definitiva della questione alla prossima volta. Tale continuo rimandare al futuro è stato possibile finchè un futuro è esistito: raggiunti i confini della Terra e i limiti di ogni ulteriore sviluppo, o cambiamo o torniamo indietro. Ma la seconda scelta non è compatibile con la sopravvivenza della specie, perchè l’entropia aumenta ad ogni momento e lo habitat dell’ecumene continua a depauperarsi.

            Come racconta Saviano, al camorrista che rammenta al proprio capo che a furia di seppellire lucrosamente rifiuti nocivi si inquinano le falde acquifere il boss risposnde che tanto lui beve solo acqua minerale. E’ l’equivalente del ‘su, date le brioches al popolo che non ha fame’ di Maria Antonietta. Inutile ricordare qui com’e’ che ci si è liberati di Maria Antonietta.

            Delle due quindi l’una: o l’abbandono del libero mercato -e le idee ad esso collegate, quale quella di libera iniziativa- o l’estinzione -se non della specie umana, quantomeno di ogni vestigia di quello che nella vita di tutti i giorni siamo soliti chiamare ‘civiltà’ e ‘decenza’. Come sempre, più precisamente di me si e’ espresso Engels: ‘o Comunismo o barbarie’.

            Tu aborrirai tale futuro. Ma non è altro che un ritorno al passato: il ‘comunismo asiatico’ che diede origine agli imperi di Cina e d’Egitto nasceva dalla necessità di regolare l’accesso al’acqua per i campi. E quelle società plurimillenarie tutto erano fuorchè liberiste. Esse adempivano alla proprie funzione perchè si reggevano su un consenso cementato dalla religione. In una umanità per forza di cose multiculturale e multietnica, quale consenso è possibile al di fuori di un moderato edonismo di massa fondato sul relativismo etico?

            Se affermi che quanto dico è per sua natura anti-cristiano (Solov’ev avrebbe detto proprio ‘anticristico’), sono completamente d’accordo.

            La Scrittura dice che ‘i poveri resteranno con voi fino alla fine del mondo’. Ma alla lunga una società a ingiustizia diffusa è instabile, il tempo di spappolamento si accorcia con l’avanzare delle conoscenze tecnologiche e il relativo velocizzarsi della trasmissione delle informazioni.

            Se un essere umano su quattro è Cinese e un essere umano su cinque è un contadino Cinese, ci vuole davvero un Armageddon per impedire che fra qualche secolo i componenti dell’umanità sopravvissuta vivano per la stragrande maggioranza a un tenore di vita di poco suoperiore agli attuali contadini della Cina, conm qualche schermo al plasma e qualche preservativo in più.

            In fondo, scusa: e’ più facile che gli USA diventino Comunisti o che lo ridiventi la Cina?

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              La definizione legale dei diritti di proprietà è una precondizione del mercato, non una sua opera.

              E la libertà di inquinare è una conseguenza di limiti della struttura di detti diritti, non una conseguenza del mercato in sè. Infatti, qualunque sistema economico che non dia un valore all’ambiente ne farebbe un uso eccessivo, libero o meno che sia.

              La tua definizione di libero mercato è molto guevariana (libera volpe in libero pollaio) ma è falsa: la storia delle società capitalistiche è storia di volpi messe al gabbio dalle galline. In nome delle “fair rules of game” che sottintendono il mercato. E che sempre qualcuo cerca di eludere, come sempre qualcuno spinge la palla in porta di mano cercando di non farsi vedere.

              Questo esclude dal mercato i camorristi, i Berlusconi, i De Benedetti e gli Agnelli. Insomma, l’Italia quasi tutta non ha mai vissuto un’economia di mercato.

              Hai solo metà ragione sulla mano invisibile, che non è un gioco a somma zero e, di principio, non può impoverire nessuno senza il suo consenso.

              OT Maria Antonietta è innocente, non pronunciò mai quella frase, si trattò di un virgolettato di Repubblica ante-litteram. Brutta storia.

              Il comunismo asiatico credeva di sapere cosa fosse il bene comune, finì schiacciato da quattro greco-macedoni e quattro inglesi. Possiamo escluderlo come modello? Che poi dovresti spiegarmi in cosa non è barbarie.

              L’unico possibile futuro comunista è una catastrofe tale da semplificare la vita al livello che il Decisore possa davvero avere abbastanza informazioni per scegliere bene.

              Che bella prospettiva!

              • mirkhond scrive:

                “OT Maria Antonietta è innocente, non pronunciò mai quella frase, si trattò di un virgolettato di Repubblica ante-litteram. Brutta storia.”

                Infatti. Pare che la cinica frase fosse stata pronunciata un secolo PRIMA dalla regina Maria Teresa, moglie di Luigi XIV.
                Quanto alla Francia pre-rivoluzione, era la società più ricca ed avanzata dell’epoca e il mondo contadino tutto sommato se la passava bene.
                La rivoluzione fu opera inizialmente di una fronda aristocratica e poi della piccola nobiltà e borghesia di provincia, ansiose di sostituirsi alla vecchia aristocrazia nel controllo del potere. In ciò col supporto dei nuovi ideali illuministici.
                Il 70% delle vittime del Terrore fu costituito da contadini e piccoli commercianti.
                ciao

              • Andrea Di Vita scrive:

                Per Francesco

                ”La definizione legale dei diritti di proprietà è una precondizione del mercato, non una sua opera.”

                Concordo. Più o meno, risale ai Romani, cioè a prima del capitalismo moderno.

                ”E la libertà di inquinare è una conseguenza di limiti della struttura di detti diritti, non una conseguenza del mercato in sè. ”

                No. Io ho il diritto di detenere una pistola (previa concessione del porto d’armi). Non ho il diritto di mettermi a una finestra e sparare al primo che passa. Ho il diritto di esercitarmi al tiro a segno. Non ho il diritto di esercitarmi al tiro a segno in mezzo alle case dove le pallottole vaganti possono colpire qualcuno.

                L’idea di mercato ‘libero’ è precisamente quella di un mercato dove l’interazione fra venditore e compratore non è vincolata da nulla di simile al divieto di sparare in mezzo alle case.

                L’ideologia sottostante è che basti appunto tale libertà da qualsiasi vincolo a garantire automaticamente il massimo vantaggio di tutti, tramite il meccanismo della ‘mano invisibile’.

                Come illustra l’analogia delle pistole, questa premessa ideologica è sbagliata.

                Un esempio semplice: proprio oggi su Repubblica esce un articolo che mostra come la percentuale di arsenico nell’acqua del rubinetto dei comuni Italiani è tanto più alta quanto più a lungo la gestione degli acquedotti è rimasta in mano privata. In Francia l’acqua di Parii è stata rinazionalizzata, dopo un catastrofico periodo di gestione privata.

                ”la storia delle società capitalistiche è storia di volpi messe al gabbio dalle galline.”

                Questo è il wishful thinking delle galline. La recente crisi finanziaria è la dimostrazione lampante del contrario: immensi capitali pagati dalle nostre tasse vòlti a salvare il sistema finanziario dale conseguenze del libero mercato dei capitali.

                Crollato il Muro, e il conseguente dirigismo da welfare state che la paura dell’URSS induceva a praticare in Occidente per tener buone le classi subalterne, si predicava la macdonaldizzazione del mondo, l’universale felicità di un perenne ‘Happy Days’ multiculturale.

                Risultato: masse di precari e di precarizzabili, pochissimi supermanager che guadagnano migliaia di volte quanto guadagnano i loro sottoposti, tribalismo (aka Difesa Dei Valori), ecc.

                Un esempio: il declino dela scuola non è un’esclusiva berluschina, chi compara il livello degli studi Polacco di trent’anni fa e di oggi si mette le mani nei capelli.

                “fair rules of game”

                Non vale! :-)) In questo blog quello del ‘rispetto delle regole’ sono io!

                ”Questo esclude dal mercato i camorristi, i Berlusconi, i De Benedetti e gli Agnelli. ”

                Al contrario: il camorrista è l’imprenditore perfetto, si considera tale e considera ipocrita chi lo condanna. Qui non serve Saviano: è più criminale fondare una banca che rapinarla.

                ”Insomma, l’Italia quasi tutta non ha mai vissuto un’economia di mercato.”

                :-))

                A questo punto se non fossi agnostico canterei un ‘Deo gratias’da fare crollare il soffitto. E’ proprio grazie ai legami solidaristici di famiglia, di cooperativa, di Comune, di parrochia, di sindacato -legami questi tutti di origine precapitalistica o anticapitalistica- che ancora non siamo precipitati nel Bronx.

                Mi obietterai subito che anche le mafie sono esempi di tali legami: ti rispondo che quelli mafiosi sono legami esclusivi, che trascendono e sopprimono quasi tutti gli altri, mentre ad esempio quelli sindacali o quelli parrocchiali no. Insomma, finchè c’e’ la CGIL c’e’ speranza.

                ”non può impoverire nessuno senza il suo consenso”

                No. E’ appena uscita una legge che consente prima di una assunzione al datore di lavoro di chiedere all’assumendo di firmare una carta in cui rinuncia alle garanzie del contratto nazionale di lavoro per poi ricorrere in caso di controversia ad arbitrati che agiscono in deroga alle garanzie conrattuali. Secondo te chi è l’assumendo che rischia di non essere assunto pur di non perdere le garanzie del contratto?

                ”Maria Antonietta”

                OK, ma è il simbolo di tutta una mentalità.

                ”Possiamo escluderlo come modello?”

                Certamente sì. Andava bene per quei rapporti di produzione: quando i Macedoni e gli Inglesi (più i secondi dei primi, in realtà) imposero rapporti di produzione più efficienti sparì. La storia la prima volta è una tragedia, la seconda è una farsa.

                ”Che poi dovresti spiegarmi in cosa non è barbarie.”

                Ogni giorno trenta milioni di bambini vanno a letto avendo fame. Nessuno è Cubano.

                ”L’unico possibile futuro comunista è una catastrofe”

                Una catastrofe ecologica, appunto: quella in cui il capitalismo ci sta prigressivamente avvicinando, realizzando inconsapevolmente la profezia marxiana.

                ”tale da semplificare la vita al livello che il Decisore possa davvero avere abbastanza informazioni per scegliere bene. ”
                Questa è un’eccellente definizione!

                ”Che bella prospettiva!”

                Beh, come dicono gli Inglesi: ‘it beats the alternative’.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

  16. PinoMamet scrive:

    Per inciso,
    solo l’anno scorso in provincia di Parma hanno chiuso i battenti più di 800 aziende agricole.

  17. PinoMamet scrive:

    “Tu mi citi solo i costi “privati” del contadino. Ma non il costo del suo uso di beni collettivi, quelli che vengono rovinati dall’uso eccessivo.”

    Francesco

    sono d’accordo con te. Vedi che ci si capisce 🙂 quando si parla di cose concrete
    (per inciso, sono spesso d’accordo con te anche quando si parla di religione, pur non essendo io un “cattolico” nel senso italiano del termine).

    Ovviamente il contadino non è il solo a usare beni comuni; c’è la trasformazione che incide anche di più, e poi c’è l’industria…

    Ciao!! 🙂

    • Francesco scrive:

      ecco, questo non lo capisco: ma i contadini, a vedersi dare il 5% del prezzo finale del loro prodotto, perchè non si incazzano e si organizzano?

      una telefonata a Esselunga e vanno direttamente dal produttore al distributore finale!

      non ditemi che Coldiretti e simili non hanno il potere per farlo, non si parla di contadini africani “schiavizzati” dai propri governi

  18. PinoMamet scrive:

    In effetti Francesco si sono organizzati:

    so per esempio che da anni molti allevatori si sono riuniti in consorzi che gestiscono direttamente lavorazione del latte e vendita del formaggio, e penso che in parte la stessa cosa sia vera anche per i prosciutti e altro
    (bada che sono tutte cose che non mangerei neanche sotto tortura, ma mi tengo informato);

    però probabilmente la cosa non è applicabile a tutti i prodotti o a tutte le situazioni, altrimenti gli agricoltori ci avrebbero già pensato, visto che, contrariamente alle idealizzazioni negative (“zotici bastardi”) o positive (“nel mulino che vorrei..”) sono persone come tutte le altre.

    Naturalmente non èdetto che questi consorzi scelgano la strategia migliore in termini di sostenibilità:
    da decenni i produttori di parmigiano sono coscientissimi di aver sacrificato la qualità alla quantità.

    Le cose sono sempre complesse, ma la sostenibilità (come mi è stato pazientemente spiegato) può funzionare proprio perché non è una cosa da “abbraccia alberi”, ma qualcosa che alla lunga conviene anche ai produttori.

    Ciao!

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