Il bambino dei topi

Di materiale sentimentale, su come bisogna essere inclusivi verso i diversi (dai normali definiti), è pieno il mondo.

Ma se guardassimo la faccenda esattamente al contrario, cercando ciò che di norma resta invisibile?

Angelo Branduardi, Il bambino dei topi.

Parliamo ancora di lui
sottovoce quando viene sera,
seduti vicini, con un po’ di paura.
Di quando ci rincorreva
ridendo in quel modo strano
e poi si nascondeva
a spiarci da lontano.
Viveva là sulla collina.
Passava le sue giornate
a guardare i passeri volare,
giocava con i topi, ma con noi non parlava.
Noi lo tormentavamo
cercando di farlo piangere
ma lui non ci badava e se ne andava.
Suo padre non lo amava,
ogni giorno lo picchiava:
non poteva sopportare quei suoi occhi strani.
Sua madre lo consolava,
lui se ne andava sotto la pioggia
a piedi nudi, camminava adagio.
Sono così lontane
le cose accadute allora
ma qualche volta di lui noi parliamo ancora.
Nelle sere d’estate
quando qui ci si annoia,
seduti vicini lasciando che il tempo passi.

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53 risposte a Il bambino dei topi

  1. mirkhond scrive:

    Era l’alba e Sayyid guardava l’orizzonte respirando l’aria tersa e nitida del primo mattino prima che scoppiasse il caldo del deserto.
    Maryam, in chador nero, sollevò la tenda e uscì dietro a Sayyid.
    – Bisognerà mungere le pecore – disse Sayyid.
    – Nonostante le nuvole non è caduta una goccia d’acqua.
    – Ridà, Yusuf, venite da papà che bisogna mungere le pecore! – fece Maryam ai figli.
    Poco dopo Sayyid e i figli erano nel cortile attaccato alla casa intenti alla mungitura.
    – Piano Ridà altrimenti fai male alla pecora – disse Sayyd al figlio, piuttosto impacciato nel tirare i capezzoli della pecora.
    – Guarda tuo fratello com’è più agile
    – Eh sì, mio fratello è sempre più bravo in tutto – disse corrucciato Ridà.
    – E che è sta scenata di gelosia! – e mollò una calata sulla testa del figlio.
    – Stai attento che sta cacando sul latte!
    Ridà prontamente tappò il culo della pecora e raccolse in mano la merda che poi andò a buttare in un secchio, per essere usata come concime. Poi si sciacquò la mano in un altro secchio riempito con l’acqua tirata dal pozzo.
    Sayyid guardava i figli. Era contento di come crescevano, senza grilli per la testa.
    Lui invece aveva dovuto imparare praticamente tutto in età adulta. Ce ne era voluto di tempo per imparare a governare un gregge e a vivere in un ambiente semplice e austero come il deserto, lui figlio della città tecnologica.
    Era arrivato al villaggio che era un cadavere. Lui non se lo ricordava, si era risvegliato in una stuoia all’interno di una casetta di argilla intonacata di bianco.
    La prima persona che aveva visto era un vecchio con la barba bianca e la kefiah sul capo che gli dava del latte e gli parlava in una lingua incomprensibile.
    Poi vide altri uomini più giovani pure con la kefiah e dietro a loro delle donne in velo bianco e vestiti lunghi colorati a fiorellini.
    Si era spaventato, ma il vecchio gli mise una mano sulla spalla, mano vecchia e nodosa di persona che aveva faticato una vita, per rassicurarlo.
    A poco a poco si era ripreso e cominciò ad imparare la lingua di questi buoni samaritani.
    Scoprì che si trattava dell’aramaico, l’antica lingua semitica della fertile mezzaluna prima dell’arrivo degli Arabi, lingua che era parlata anche dagli antichi Ebrei e da Gesù, Issa, come lo chiamavano al villaggio, Dio fattosi uomo per la salvezza degli uomini.
    Queste cose Sayyid le aveva imparate a scuola quando era ragazzo e viveva nei paesi dell’alleanza franca e non si chiamava ancora Sayyid.
    E così aveva saputo che un giorno nonno Yusuf con un nipote erano intenti a pascolare le pecore, quando videro sul ciglio del tratturo un fagotto di stracci impolverati e, dentro quel fagotto, un uomo con gli occhi sbarrati, la bocca spalancata e una mano aperta protesa in avanti.
    Era fortemente disidratato e il suo volto chiaro e le mani bruciate dal sole.
    Si erano avvicinati.
    – un disertore osmanlü?- disse il nipote
    – non credo, non ne ha l’aspetto – disse nonno Yusuf.
    – Allora è una carogna franca!- disse l’altro con disprezzo
    – Ma no è solo un ragazzo – disse nonno Yusuf – forse possiamo ancora salvarlo.
    Si era accorto infatti che il giovane respirava ancora e, mandato il nipote al villaggio per chiedere soccorsi, prese la sua sacca di pelle in cui teneva l’acqua e con delicatezza cercò di inumidirgli la bocca screpolata.
    – hai lottato per giorni e giorni tra la vita e la morte e nel delirio parlavi in una lingua sconosciuta- gli aveva detto una volta Maryam.
    Ripresosi nel corpo, però Sayyid non si era ripreso nello spirito.
    Per sdebitarsi cominciò ad aiutare nonno Yusuf, faticando non poco ad adattarsi ad una vita che pure lo aveva sempre affascinato, ma che per uno proveniente letteralmente da un altro mondo completamente diverso, doveva essere molto dura.
    E tuttavia quando non badava alle pecore o ad altre faccende, si isolava sedendosi all’ombra di uno dei pochi alberi del villaggio.
    Si vestiva secondo il costume della zona, in djellaba e con la kefiah bianca in testa, che lo proteggeva dai raggi del caldissimo sole del deserto.
    Nonno Yusuf, che lo vedeva spesso lì seduto, un giorno si era avvicinato a quel giovane silenzioso dallo sguardo triste.
    – Sayyid, non è bene che te ne stai sempre qui solo. La solitudine alimenta l’infelicità. – gli disse
    – L’uomo non è fatto per la solitudine, dovresti prendere moglie e ritrovare la voglia di vivere.
    – E gli eremiti allora?- gli aveva risposto Sayyid
    – Lì c’è la mano di Dio onnipotente, figlio mio.
    – Senti la nostalgia di casa tua?
    – Non ho più casa da dove vengo. E poi da voi qui mi trovo bene. Mi avete salvato la vita tu e la tua famiglia, che è un vero miracolo.
    – Sayyid, lo sai che non ho figli maschi, ma solo femmine e, tranne Raghdad, la grande, tutte bisognose di un marito…noi a casa ti consideriamo come il figlio maschio che non ho avuto….
    – Porto dentro di me un grande dolore….
    – Lo so figlio mio, lo so…e proprio per questo che devi trovarti una sposa con cui condividere il peso della vita.
    Sayyid in quel momento aveva pensato a Maryam, a quando serviva da mangiare, a quando era impegnata nell’orto, a tessere un tappeto con sua madre, a quando, se n’era accorto, più di una volta l’aveva notata osservarlo in silenzio alle sue spalle, o facendo leggermente capolino da dietro una tenda, con quei suoi grandi e begli occhi neri….

    • Moi scrive:

      Scusa ma da dive li trai questi racconti, come quelli sui Briganti ? … Li scrivi tu direttamente ?

      PS

      Per chi non lo sapesse, anche il noto vignettista Vauro Senesi si è scoperto da qualche anno un discreto narratore … si è specializzato in racconti e romanzi “ispirati alla realtà” che parlano di vittime predestinate dei bombardamenti USA fra i “Civili” degli “Stati-Canaglia”, cosiddetti.

      • Moi scrive:

        dOve
        e.c.

      • mirkhond scrive:

        Li tiro dai miei sogni, dai miei pensieri che scaturiscono da riflessioni su argomenti che leggo un po’ qua e un po’ là….
        Quest’ultimo, ha trovato ispirazione anche da un articolo di Martinez dell’ormai lontano aprile 2008, su una poesia di Marcel Khalefi….
        Mi fa piacere che qualcuno legga questi brogliacci, che quando li scrivo ho invece l’impressione che suscitino solo indifferenza….
        ciao!

        • mirkhond scrive:

          Quest’ultimo poi, è tratto da un racconto che ho inziato a scrivere 5 anni fa, e che ho lasciato sospeso……
          ciao!

    • Moi scrive:

      Tempo fa avevo letto su una specie di forum cattolico “pluralista” di un utente che lamentava il seguente fatto:

      aveva scritto a delle riviste CattoLepantine (“La Bussola”, “Il Timone”)* che la posizione di preghiera dell’ Islam sprezzantemente definita su dette riviste “con il culo per aria” [sic] … in realtà è raccomandata anche ai Cristiani da parte dei Padri del Deserto. Però questo lettore cattolico era stato sempre cestinato / censurato senza mai ricevere alcuna risposta.

      ———-
      * Sono molto affezionati alla metafora della Barca di Pietro … però la prendono per uno Yacht del Millionnaire 😉 …

      • mirkhond scrive:

        Io mi sento attratto da Cristo, ma non riesco più ad avvicinarmi alla Chiesa Cattolica, troppo mondanizzata, ciellina e incapace di comprendere le sofferenze del singolo…
        Personalmente sento invece che bisognerebbe tornare alle radici, da dove tutto è cominciato, da quel che resta della Cristianità mediorientale aramaica (ma anche copta), per comprendere il Mistero di Lui, e come una pur piccola, ma preziosa LUCE sia sopravvissuta a secoli di sofferenze, soprattutto a partire dagli ultimi 100 anni di storia di quelle terre tra Golfo Persico, Mediterraneo e Mar Rosso…
        Questo estratto che ho postato infatti, risponde a questo profondo desiderio di trovare il senso della vita….
        ciao!

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per mirkhond

          “Buon Dio nel quale non credo,

          buon Dio che non esisti,

          (non sono gli oggetti mai visti

          più cari di quelli che vedo?)

          Io t’amo! Ché non c’è bisogno

          di creder in te per amarti

          (e forse che credo nell’arti?

          E forse che credo nel sogno?)

          Io t’amo, Purissima Fonte

          che non esisti, e t’anelo!

          (Esiste l’azzurro del cielo?

          Esiste il profilo del monte?)

          M’accolga l’antica Abazia;

          è ricca di luci e di suoni.

          Mi piacciono i frati; son buoni

          pel cuore in malinconia.

          Son buoni. “Non credi? Che importa?

          Riposati un poco sui banchi.

          Su, entra, su, varca la porta.

          Si accettano tutti gli stanchi.”

          Vi seggo – la mente suasa –

          ma come potrebbe sedervi

          un tale invitato dai servi

          e non dal padrone di casa.

          – “Riposati, o anima sazia!

          Riposati, piega i ginocchi!

          Chissà che il Signore ti tocchi,

          chissà che ti faccia la grazia.”

          – “Mi piace il Signore, mi garba

          il volto che gli avete fatto.

          Oh, il Nonno! Lo stesso ritratto!

          Portava pur egli la barba!”

          “O Preti, ma è assurdo che dòmini

          sul tutto inumano ed amorfo

          quell’essere antropomorfo

          che hanno creato gli uomini!”

          – “E non ragionare! L’indagine

          è quella che offùscati il lume.

          Inchìnati sopra il volume,

          ma senza voltarne le pagine,

          o anima senza conforti,

          e pensa che solo una fede

          rivede la vita, rivede

          il volto dei poveri morti.”

          – “O Prete, l’amore è un istinto

          umano. Si spegne alle porte

          del Tutto. L’amore e la morte

          son vani al tomista convinto.”

          — Guido Gozzano

          da PensieriParole

          Ciao!

          Andrea Di Vita

    • Francesco scrive:

      a dimostrazione che vieni letto, ti invito a modificare la prima frase, che ha due “prima/primo” quasi consecutivi che suonano male

      PS sicuro che gli arabi/aramaici usino il termine “franchi”?

      • mirkhond scrive:

        Oggi non credo, ma fino ad almeno un secolo fa, Franco era ancora sinonimo di occidentale, ed io per comodità/attaccamento a terminologie medievali aborrite dal buon Pino ;), continuo ad utilizzarlo anche in questo brano tratto da un racconto in costruzione e rimasto incompiuto…
        Su quel che hai detto prima invece, non ho capito….
        ciao!

        • Francesco scrive:

          >> l’aria tersa e nitida del primo mattino prima che scoppiasse il caldo

          l’espressione “primo mattina prima” suona molto male alle mie orecchie (ma sono un economista …)

          ciao

          PS nel 1913 questi non distinguevano tra i vari popoli europei e usavano un termine vecchio di 600 anni almeno? sei sicuro?

        • mirkhond scrive:

          Nelle aree più remote tra l’Alta Mesopotamia e i contrafforti del Tauro Armeno e degli Zagros, credo proprio di sì…
          Comunque il mio è un racconto, non un reportage giornalistico…..
          ciao!

        • mirkhond scrive:

          Grazie per la correzione stilistica. Non avevo ben capito…
          ciao!

  2. Tortuga scrive:

    E’ terribile questo testo … ti lascia il profondo senso di insoddisfazione e di vuoto dato dal non poter sapere che fine ha fatto quel bambino di cui – amarissimo questo passaggio – si parla “per passare il tempo quando ci si annoia”.

  3. Davvero azzeccato l’uso del chapman stick bass.

  4. Moi scrive:

    PATER NOSTER (Jacques Prévert, 1946)

    Notre Père qui êtes aux cieux
    Restez-y
    Et nous nous resterons sur la terrre
    Qui est quelquefois si jolie
    Avec ses mystères de New York
    Et puis ses mystères de Paris
    Qui valent bien celui de la Trinité
    Avec son petit canal de l’Ourcq
    Sa grande muraille de Chine
    Sa rivière de Morlaix
    Ses bêtises de Cambrai
    Avec son Océan Pacifique
    Et ses deux bassins aux Tuilleries
    Avec ses bons enfants et ses mauvais sujets
    Avec toutes les merveilles du monde
    Qui sont là
    Simplement sur la terre
    Offertes à tout le monde
    Éparpillées
    Émerveillées elles-même d’être de telles merveilles
    Et qui n’osent se l’avouer
    Comme une jolie fille nue qui n’ose se montrer
    Avec les épouvantables malheurs du monde
    Qui sont légion
    Avec leurs légionnaires
    Aves leur tortionnaires
    Avec les maîtres de ce monde
    Les maîtres avec leurs prêtres leurs traîtres et leurs reîtres
    Avec les saisons
    Avec les années
    Avec les jolies filles et avec les vieux cons
    Avec la paille de la misère pourrissant dans l’acier
    Des canons.

    ———————

    Padre nostro che sei nei Cieli
    Restaci
    E noi resteremo sulla terra
    Che qualche volta è così carina
    Con i suoi misteri di New York
    E i suoi misteri di Parigi
    Che valgono almeno quello della Trinità
    Con il suo piccolo canale a Ourcq
    E la sua grande muraglia in Cina
    Il suo fiume di Morlaix
    E le caramelle alla menta
    Con il suo Oceano Pacifico
    E le due vasche alla Tuileries
    Con i suoi bravi bambini e le cattive persone
    Con tutte le meraviglie del mondo
    Che sono qui
    Semplicemente sulla terra
    Offerte a tutti
    Sparpagliate
    Meravigliate anch’esse della loro meraviglia
    E con il coraggio di non riconoscerla
    Come una bella ragazza nuda ha il coraggio di non mostrarsi
    Con le spaventose sventure del mondo
    Che sono legione
    Coi legionari
    Con i torturatori
    Con i padroni di questo mondo
    I padroni coi loro sacerdoti i loro traditori la loro soldataglia
    Con le stagioni
    Con gli anni
    Con le belle ragazze e con i vecchi coglioni
    Con la pagliuzza della miseria a marcire nell’acciaio
    Dei cannoni

    • Francesco scrive:

      ma la totale rovina dei francesi da dove nasce? c’era una antica identificazione tra trono e altare? cosa li ha rovinati?

      porelli

      • mirkhond scrive:

        La rivoluzione che ha sostituito Dio con liberté, falsité, paraculité e con napoleone, che se nomini un maiale col suo nome, vai in galera.
        Questo, stando almeno ad un servizio del tg2 di una decina d’anni fa….
        ciao!

        • Francesco scrive:

          OK ma perchè la rivoluzione ha attecchito così profondamente e disastrosamente in Francia? c’era una tara che ha permesso una tale depravazione? o meglio, come mai non pare esistere un cattolicesimo francese – o quasi – che sia sopravvissuto al crollo della monarchia?

          c’era forse tra i due un legame innaturale e malsano, come sospetto?

        • Ritvan scrive:

          —OK ma perchè la rivoluzione ha attecchito così profondamente e disastrosamente in Francia? c’era una tara che ha permesso una tale depravazione? Francesco—
          A mio immodesto avviso di gommonista:-) (così magari il buon Pino non si lamenterà più che uso il mio gommone solo con lui:-) ) sì. La “tara” si chiamava “Centralismo Assolutista”, pertanto chi arraffava il “trono” dettava legge su tutto il territorio. E se la cattolica Vandea si opponeva, veniva soffocata nel sangue.
          P.S. Credo che lo stesso discorso valga per il successo del putch di Lenin…e non mi dire che è stato perché gli ortodossissimi russi erano, in realtà, eretici&scismatici, eh!:-)

        • mirkhond scrive:

          Lo sai, in questo sono cardiniano.
          Penso che la guerra dei Cent’Anni (1337-1453), avrebbe dovuto vincerla il re d’Inghilterra, e lasciare la Francia occidentale divisa in due, e col re d’Inghilterra con sede a Bordeaux o a Caen….
          Le Francie occidentali sarebbero rimaste DUE, entrambi cattoliche e francofone e col re di Parigi con MOLTO MENO POTERE, paurosamente estesosi già dai tempi di Filippo II Augusto (1180-1223) e Filippo IV il Bello (1285-1314), al seguito della Crociata contro gli Albigesi (1209-1229 e 1242-1244) e la distruzione dell’Ordine dei Templari (1307-1314).
          Stando a Cardini, fino alla riforma protestante, la Chiesa Inglese era MOLTO PIU’ CATTOLICA di quella sotto Parigi…..
          ciao!

        • mirkhond scrive:

          C’è infine da aggiungere che la potenza del Regno dei Franchi Occidentali/Francia a partire dagli inizi del XIII secolo, fu un frutto perverso anche della politica papale, per avere un alleato contro gli imperatori della Casa di Svevia (1138-1254), e quando Bonifacio VIII (1294-1303), pensò di rivoltarsi contro LA SUA CREATURA, ebbe a che fare con dei rotti in culo MOLTO PIU’ EFFICACEMENTE SPIETATI dei sacri romani imperatori.
          Risultato: la Cattività Avignonese (1305-1377), il Papato ridotto ad un RUFFIANO del re di Francia, successivo scisma d’Occidente (1378-1417), e infine il DISCREDITO dello stesso PAPATO fino alla Rivoluzione Francese e alle conquiste napoleoniche (1796-1815).
          ciao!

  5. mirkhond scrive:

    Moi

    Ogni tanto ti guardi le teleprediche di don Giorgio De Capitani sul tubo?
    Ha sempre il chiodo fisso sul Berlusca, Cielle e la Lega (su queste ultime a ragione…).
    Però a volte, ti fa morire dal ridere per l’abbondanza di turpiloqui degni di un Germano Mosconi buonanima…. 😉
    ciao!

  6. mirkhond scrive:

    Scrivo qui per non intasare il forum con commenti e sovra/sottocommenti vari:

    A proposito del discorso sulla morale tra Pino, Roberto e Peucezio, in questi giorni mi sono riletto un libricino, un vecchio racconto di Giovanni Arpino, La Suora Giovane, ambientato nella Torino (più incursione finale a Mondovì) gelida, cupa e NORRENA dell’inverno 1950-51.
    Malgrado il titolo, non è un romanzo porno, ma una delicatissima e castissima storia d’amore tra un ragioniere quarantenne e una novizia di paese di quasi 20 anni.
    Ciò che mi ha colpito di questa storia, aldilà delle vicende sentimentali, è proprio il carattere cupo, norreno e di una morale rigida, sconfinante ampiamente nel bigottismo conformista, di una Torino il cui orizzonte culturale è ancora quello dei Savoia, ma proprio dei Savoia preunitari, se non pre-statuto del 1848, spingendosi fino a Vittorio Amedeo II (1675-1730).
    Anche le porcheriole, le scopate, la lettura di romanzi e fumetti porno, tutto avviene nel più stretto segreto e sotterfugio. Persino le novizie come la protagonista, sono sorvegliate da agenti laici che riferiscono all’ordine. La polizia vigila di notte, scacciando ragazze dai facili costumi dai sagrati delle chiese.
    Lo stesso protagonista è consapevole e disposto ad affrontare una specie di inquisizione, al momento in cui dovrà dichiarare il suo amore per la giovane novizia e poi sposarla….
    Il collega del protagonista poi, nonostante le arie di anticonformista e lettore assiduo di letteratura pornografica, quando il protagonista gli confida il suo amore segreto, lo allontana impaurito e disgustato….
    Insomma, almeno per il Piemonte, gli eventi dal 1848 in poi, avevano inciso davvero molto poco sulla morale e la mentalità popolare, e il vero spartiacque è stato il 1968, senza il quale non avremmo oggi un Berlusconi 🙂 ……..
    ciao!

    • PinoMamet scrive:

      Vabbè, ma aridaje coi norreni… 😉
      i quali, c’è da dire, scopavano senza tanti patemi e senza tante ipocrisie…

  7. mirkhond scrive:

    Se ti leggi il racconto, hai l’impressione di vivere in un ambiente cupo, plumbeo e nordico.
    Io Torino l’ho vista solo ad agosto…. 😉
    ciao!

    • PinoMamet scrive:

      Ho capito, Mirkhond carissimo, ma i Norreni sono questi qua:

      http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_norrena

      e c’entrano con Torino molto meno che con Palermo…

      dai, non è che possiamo usare le parole totalmente come ci pare!

      Altrimenti io dico che Bari è una città thailandese: è grossa e caotica, perchè Bangkok no? La gente fa casino e vive per strada, e a Bangkok no? C’è la malavita organizzata, di nuovo come a Bangkok, e i motorini che sfrecciano dappertutto, d’estate fa un caldo che sembra di essere a Bangkok, la gente è superstiziosa come a Bangkok… insomma, dai, come fare a non rendersi conto che la cultura di Bari è thailandese? 😉

      • mirkhond scrive:

        C’è gente a Bari (non io) a cui il paragone che hai fatto non dispiacerebbe…
        A me invece, piacerebbe sentirmi più vicino al Mediterraneo Orientale e al Maghreb… 😉
        De gustibus :)…..
        ciao!

  8. mirkhond scrive:

    Ricordando sempre che NORRENO è per me semplicemente sinonimo di SETTENTRIONALE (e il Piemonte è settentrione), passiamo ad un brano di questo racconto, che, forse puo’ interessare il nostro Moi (e forse Andrea Di Vita) :

    “Tu non puoi pensare bene di me. Neanche se fossi soltanto una ragazza. Lo so, lo so, sta’ zitto. Non ci si comporta così, pensi, e credi che abbia chissà quali idee. Ma non è vero. Ti voglio bene e non voglio diventare suora. Hai mai visto le facce delle suore vecchie? Sono rosee, lisce, sembrano pasta di caramella. Non ridere, è così. Io non voglio diventare come loro. Preferirei diventare come mia madre, poveretta, tutta sfasciata e piena di dolori. Ma ha avuto figli, ha lavorato, ha visto qualcosa. Non voglio esser fuori del mondo. Se due anni fa (1948 ndr.) alle elezioni aveste vinto voi…Mi è spiaciuto così tanto di non poter votare….”
    “Voi chi?I comunisti?”
    Accennò di sì.
    “Credi che non ci siano suore e preti che votino per loro? Ce ne sono, sappilo. E io non li credo peccatori. Neanche i comunisti sono peccatori. Facendo l’infermiera ho letto qualche giornale. Anche qui, di notte. I comunisti qualche volta mi spaventano, ma almeno vogliono cambiare tutto. E tu, anche tu non vuoi qualcos’altro?”

    Da La Suora Giovane, p.52
    Il brano riguarda la confessione che sorella Serena fa al suo innamorato, il ragionier Mathis, sulla soglia dell’appartamento della Torino-bene, in cui la novizia svolge il lavoro di infermiera di notte, per un avvocato di 90 anni…
    Il tutto in un contesto plumbeo, cupo e NORRENO, del dicembre 1950….
    ciao!

    • PinoMamet scrive:

      ” Ricordando sempre che NORRENO è per me semplicemente sinonimo di SETTENTRIONALE ”

      per te non lo metto in dubbio, Mirkhond, ma il fatto è che la parola significa un’altra cosa…
      non puoi semplicemente dire “settentrionale”?
      Esistono le parole appropriate, caspita, e usiamole!

      sennò se ognuno parla a modo suo poi non ci si capisce più.

      • mirkhond scrive:

        Lo so che ti infastidisce essere considerato un nordico, eh! 😉
        Per il resto si capisce benissimo ciò che intendo, visto che utilizzo questo linguaggio da quando scrivo qua dentro….
        ciao!

        • PinoMamet scrive:

          Ma guarda che se mi vuoi considerare:

          -nordico nel senso di abitante del Nord Italia;
          -longobardo nel senso di abitante della Longobardia storica;
          -franco nel senso bizantino/arabo/persiano del termine;
          -celtico perché ecc. ecc.

          non sono definizioni che mi facciano impazzire, e su ognuna avrei da discutere, ma almeno avrebbero un appiglio nella realtà;

          ma norreno, proprio non sta in piedi!

          Poi vabbè, tu rivendichi di parlare come ti pare “tanto ti capiamo”, ma che vuol dire?
          allora famo ognuno come je pare…

        • mirkhond scrive:

          Ho notato che Pino si arrabbia con me sempre per delle sciocchezze…. 🙂 🙂 🙂
          ciao!

        • PinoMamet scrive:

          Ma non sono mica arrabbiato!
          🙂

  9. mirkhond scrive:

    Ricordiamo ancora che il mondo nordico TRANSalpino dei secoli scorsi, era molto diverso da quello vissuto e conosciuto da Roberto e (con l’eccezione della Francia), aveva una morale molto austera e severa, anche se in maggioranza protestante.
    E dunque non molto diversa dalla Torino descritta da Giovanni Arpino (di padre napoletano), nel romanzo che ho citato.
    ciao!

    • Francesco scrive:

      e gli Austriaci? i Bavaresi? i Polacchi? mica sono di quel tipo lì, che io sappia

      abbasso i cupi protestanti e le loro pretese egemoniche!

      🙂

      • mirkhond scrive:

        Voi Lombardi mi sa che eravate/siete, molto più aperti dei Piemontesi….
        ciao!

        • Francesco scrive:

          “piemontese falso e cortese”, di certo provinciale e miope, mica gente di mondo come noi lombardi

          infatti in giro per il mondo ci sono le Lombard street, mica le Piedmont street! 😀

          e poi noi si prendeva le mazzate dagli invasori, mica le mazzette per fargli passare le Alpi, siamo tutta un’altra razza

          sarà colpa del francese, linguaccia pessima, noi ci si pacque (!!!) di spagnolo e tedesco, oltre che di francese, prima di inventare l’italiano col grandissimo Manzoni

          ciao

        • PinoMamet scrive:

          …che aveva torto marcio con la sua teoria della lingua (l’Ascoli, sulla lunga distanza, lo ha stracciato)
          😀

          PS
          Manzoni fa cagare al cazzo, e ho le prove, se qualcuno si degnasse di pubblicarmi… 😀

  10. mirkhond scrive:

    Lasciando stare le norrenità che se no Pino s’incazza ;), e per tornare all’argomento delle discussione sull’ipocrisia e sull’impresentabilità della sinistra italiana di oggi, su you tube c’è un video di Don Giorgio De Capitani dal titolo :

    “Di questa sinistra ne ho piene le palle!”

    Certo, il video è datato, del maggio di 3 anni fa, ma le riflessioni di Don Giorgio sui vari Travaglio, Di Pietro, Santoro ecc. come FALSO antidoto al berlusconismo ed anzi come suo CONTRALTARE CAPITALISTICO e dunque più IPOCRITA, mi sembrano comunque molto interessanti, anche per il momento in cui viviamo…..
    ciao!

  11. PinoMamet scrive:

    OTissimo per Mirkhond, e per chi vuol leggere, ovviamente.

    (tanto va a finire che parliamo sempre delle stesse cose 🙂 )

    io ho scoperto davvero l’esistenza dell’antipatia verso i “taroni” in quarta ginnasio.

    Alle elementari, abitavo fuori città. La cosa era considerata da tutti come una caratteristica simpatica e particolare, in compenso mi sono beccato (già lo scrissi) i racconti (purtroppo citati anche da Miguel: vabbè ogni tanto anche Omero ecc. ecc. 😉 sui contadini che camminano in modo particolare…
    io non so, tra i clienti della ditta di mio padre non ho mai notato alcuna camminata strana, e anche io, nato e cresciuto in campagna, credo di camminare in modo normalissimo…
    però quei racconti lì mi davano generalmente un’impressione sgradevole, che più tardi ho scoperto chiamarsi paternalismo.
    (Però è vero che i “contadini”- di nuovo e per l’ennesima volta: nessuno si definisce così, da queste parti- hanno una specie di spirito universale, e vedere un documentario su una comunità di agricoltori, che ne so, del Perù, insieme a un agricoltore di qua, è un’esperienza che va fatta- si capisce subito che entra immediatamente in contatto con cose all’apparenza lontane).

    Insomma: non avendo tanti amici tra i vicini di casa, che non erano vicini, non avendo fatto l’asilo ecc. ecc., finivo per legare soprattutto con gli altri “diversi”, che erano appunto i bambini “taroni” (famiglione storiche di taroni impiantati qua da decenni ,e nuovi arrivati).

    Alle medie, uguale. I ragazzini delle medie sono particolarmente stupidi e antipatici, di regola, eio non rientravo facilmente tra le tipologie conosciute, per vari motivi; avevo una specie di banda di ragazzini di campagna-periferia (stavolta era diventata uan cosa per cui ti prendevano in giro e si faceva a botte) peraltro “razzialmente mista” perché diversi erano taroni o misti-taroni… e a scuola legavo sempre con gli altri diversi riconosciuti, vale a dire, di nuovo i taroni.
    Essendo l’età della stupidità e prendendosi tutti in giro, sentivo le prese in giro contro i taroni, ma non ci facevo particolarmente caso, appunto perché, nel mio ricordo, le medie sono un lungo unico giorno di pioggia, di scazzottate e di prese in giro.

    Poi sono andato in quarta ginnasio, e lì avevo una classe finalmente di persone con le quali avevo qualche cosa, o molto, in comune, stavamo bene, e siamo rimasti legati con quasi tutti fino a ora.
    Però, con mio stupore sincero, mi accorgevo che esistevano persone che, incredibile dictu, NON erano cresciute con i film di Totò o quelli di Monicelli o le commedie di De Filippo, consideravano “strano” il mio modo di parlare (lo è rimasto fino a ora, solo che ora non è più strano…) e, frequentandoci molto di più, anche le mie abitudini alimentari, ma questo non c’entra… che insomma consideravano, sfottò e amicizie a parte, la cultura meridionale come qualcosa di davvero diverso dalla propria;
    una cosa a cui io non avevo mai pensato, e che tuttora non mi convince.
    (Per inciso, anche al ginnasio/liceo c’erano ragazzi meridionali, che consideravano “strano” che io non parlassi del tutto “nordico” 😀 )

    Ma davvero, tutto l’odio che temi non c’è: non so se c’è mai stato, ma di sicuro non c’è. Ci può essere più o meno affetto o simpatia, dipende da persona a persona, e verso persona e persona…

    ma quello che proprio NON è una cosa mia, è di considerare il Sud come “altro”…

  12. mirkhond scrive:

    Pino

    Mi convinco sempre di più che tu sia unico, proprio una rara avis nell’attuale panorama “padano”….
    Nel pomeriggio, aspettando invano una risposta del Moi sui post sovracitati, mi sono letto la biografia di Giovanni Arpino, nato a Pola nel 1927 (allora in Italia) da padre napoletano e madre piemontese, di Bra, lo stesso paese di una mia zia materna ora passata a miglior vita…
    Arpino, essendo figlio di militari, ha girato molto per l’Italia nella sua infanzia (è vissuto anche a Piacenza nel 1938-43 circa), per poi stabilirsi definitivamente in Piemonte dopo l’8 settembre 1943.
    Ora, nella biografia internettiana che ho letto, ho scoperto che il governo jugoslavo, padrone di Pola dal 1947, aveva offerto la cittadinanza allo scrittore napoletano-piemontese, per diritto di opzione, cioè per il semplice fatto di esser nato in una città…divenuta jugoslava!
    Arpino ringraziò, ma declinò l’offerta, affermando però di sentire la Jugoslavia come sua seconda patria dopo il PIEMONTE!
    Questo per osservare quanto si sia più figli del proprio tempo e luogo che di quelli dei genitori….
    ciao!

  13. Moi scrive:

    @ MIRKHOND

    A quale domanda dovrei rispondere ?

  14. mirkhond scrive:

    Non era una domanda, ma un brano de La suora giovane di Giovanni Arpino, in cui sorella Serena da Mondovì spiega al ragionier Mathis le ragioni per cui una parte del clero piemontese (suore incluse) votavano KOMUNISTA di nascosto ( e siamo nell’inverno 1950-51) in una Torino davvero NORRENA 🙂 per gelo non solo climatico, ma anche nei rapporti umani….
    ciao!

  15. mirkhond scrive:

    Sul Piemonte citato dal romanzo di Giovanni Arpino, sarebbe gradita anche una riflessione di Habsburgicus, visto che, in fondo si sta parlando di un angolo di Longobardia Maior occidentale (dal XIII secolo Piemonte), a cui egli è legato….
    ciao!

  16. mirkhond scrive:

    Sempre per Habsburgicus

    Ti ho inviato una email, così, se ti va, puoi rispondermi anche privatamente.
    ciao!

  17. Moi scrive:

    L’incipit “Notre Père qui êtes aux cieux ! Restez-y !” di Jacques Prévert veniva indicato da Messori come efficacissima sintesi della Secolarizzazione … e difatti, a livello di massa, l’ Europa Occidentale era agli inizi. L’altra metà d’Europa aveva l’ Ateismo di Stato.

    L’ Ateismo di Stato insegnava “Se credi in Dio, guai a te !” a Secolarizzazione, invece, ha stravinto insegnando “Se credi in Dio sei fuori dal Mondo !”

  18. mirkhond scrive:

    Una chicca per Moi:

    “Anticlericali

    Perché i territori italiani che fecero parte dello Stato Pontificio sono oggi i più anticlericali e registrano la più alta media, in tutto l’Occidente, di un voto comunista che nulla ha a che fare con motivi socio-economici? Girare in Ferrari e gestire imprese con grinta da “padrone delle ferriere” convive spesso, qui, con l’immutata scelta “rossa” alle elezioni. Si pensi a quello pseudo-comunismo ai tortellini nell’opulenta Emilia di quei padroncini che da 40 anni votano in un certo modo anche per “farla al prete”. Si pensi ai “repubblicani storici” (anch’essi, più che proletari, borghesi e professionisti) della Romagna, con i loro cori che ancora promettono di “impiccare l’ultimo re con le budella dell’ultimo prete”.
    Spiegazione sbrigativa della vulgata corrente: colpa del “governo dei preti”; i pronipoti hanno la memoria lunga, si vendicano dell’oppressione papale subìta per secoli dai loro antenati. E nella facile trappola di una simile analisi cascano anche fior di storici cattolici.

    Ebbene, anche qui la storia mostra che la risposta giusta non è così semplice. Le Legazioni Pontificie (le attuali province di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna), diventate poi famose per la loro irreligiosità di massa, sino agli inizi del secolo scorso (l’800 ndr.) furono in realtà famose per la loro religiosità, per una fedeltà popolare incrollabile al governo dei Papi. Dopo aver accolto, con premura fraterna, centinaia di preti, e anche di vescovi, fuggiti dalla Francia rivoluzionaria, videro con orrore, nel 1796, la scorreria dell’armata del giovane Bonaparte.
    Pronte a battersi contro l’invasore sacrilego per difendere le loro tradizioni religiose e il loro governo (che, tra l’altro, imponeva le tasse più miti d’Europa), dovettero constatare che Pio VI (il quale, per maggior scandalo, era romagnolo) si affrettava a firmare un armistizio pesantissimo senza un accenno di resistenza. A piegarlo erano bastate le minacce del Còrso. Quando poi i Francesi si inoltrarono nel territorio romagnolo, alle chiese profanate e spogliate, ai religiosi cacciati dai conventi, alle liturgie “rivoluzionarie” attorno all’albero della libertà, la maggioranza dei vescovi e molti parroci replicarono moltiplicando gli omaggi e le lusinghe ai nuovi padroni e le esortazioni alla sopportazione agli artigiani e ai contadini che ribollivano di sdegno.

    Quando, a Lugo di Romagna (e poi, via via, negli altri centri dei Territori Pontifici, nelle Marche, nel Lazio, nell’Umbria) si misero le mani anche sulle statue dei patroni, il popolo – quello vero non quello dei giacobini, fatto di pochi medici, avvocati, notai – prese le armi. Solo a Lugo, in uno dei primi scontri con le “masse cristiane” che andavano all’assalto gridando “Viva il papa! viva Gesù e Maria!”, le colonne di Napoleone ebbero duecento morti.
    Nacque così l’eroica, indomabile, occultata epopea de Gli Insorgenti (che è il titolo del sorprendente libro, editore Reverdito di Trento, di uno storico-magistrato, Francesco Mario Agnoli: ottimo e raccomandabile esempio di storia sul serio “alternativa”).
    Quell’epopea in nome della religione e della Chiesa, costò a quel popolo credente lacrime e sangue. Ma la resistenza si fece spesso a dispetto di tanti uomini di Chiesa, che – per evitare guai peggiori, ma anche per quieto vivere o per considerazioni di potere – si segnalarono per pavidità e per collaborazionismo.
    Quanto più profonda era stata la fiducia del popolo nel clero, tanto più cocente fu il disinganno. I sudditi più fedeli del papa e dei suoi Cardinali Legati divennero, passata la bufera, i più indocili a riaccettare l’autorità di chi, nel pericolo, sembrava non averli sorretti a sufficienza (come si vede, se SEMPRE gli episcopati, da soli, finiscono per piegare la schiena, TALVOLTA (talvolta????? ndr.) anche il vertice della Chiesa viene, col potere, a troppo facili patti: i preti mostrano in genere, minor coraggio dei credenti laici. E’ anche questa, piaccia o no, una costante della storia. Basti ricordare il caso tragico dello scisma inglese, nel XVI secolo. Il re Enrico VIII e i suoi teologi di corte staccarono la Chiesa d’Inghilterra da Roma e misero poi mano a una diversa teologia e liturgia. Tra i molti vescovi inglesi uno solo, quello di Rochester, ebbe il coraggio di ribellarsi: fu martirizzato. Tutti gli altri presuli tacquero e chinarono il capo).
    Forse non solo, ma anche per questo “tradimento”, in quelle zone emiliano-romagnole molti passarono “dall’altra parte”. E ci restarono, porgendo orecchio attento agli apostoli dei molti anticlericalismi che si succedettero.”

    Da Vittorio Messori
    Pensare la Storia
    Edizioni Paoline 1992, cap. 129, pp. 261-263

    • habsburgicus scrive:

      Si, Messori scrive bene e quanto dice è difficilmente oppugnabile..però..però….é selettivo e “finalistico”…
      per venire all’Inghilterra, se nel 1534 si piegarono tutti tranne uno (St. John Fisher, di Rochester, martirizzato nel 1535), nel 1559 sotto Elisabetta i vescovi cattolici rimasero fermi tutti, tranne uno (Anthony Kitchin di Llandaff che tuttavia evitò di partecipare alla consacrazione dell’ “Arcivescovo” protestante Matthew Parker il 17/12/1559) eppure il Cattolicesimo venne egualmente eliminato ! anzi forse ciò rese addirittura il compito più facile e accelerò la “puritanizzazione”…sotto Enrico VIII la presenza di vescovi dottrinalmente cattolici (come Gardiner che fu uno dei caporioni dello scisma ma sotto Maria Tudor ebbe un grande ruolo nel ritorno a Roma e, alla fine del regno, Bonner che servì Enrico VIII ma nel 1559 disse di no ad Elisabetta e pagò con dieci anni di atroce prigione sino alla morte), benché supini verso il bieco tiranno, forse contribuì a salvare qualcosa !
      In tempi più recenti, nell’autunno 1948, l’intera gerarchia greco-cattolica romena (soppressa nella R.P romena con decreto del 1/12/1948) resterà fedele, a sua eterna gloria; si tratta di ben 12 vescovi, li voglio nominare uno per uno in quanto obliati da tutti o quasi..
      1.Vasile Aftenie, vescovo ausiliario di Blaj, vicario a Bucureşti, ob. 1950 nella prigione di Văcăreşti
      2.Valeriu Traian Frenţiu, vescovo di Oradea, ob. 1952 nella prigione di Sighet
      3.Ioan Suciu, amministratore della Metropoli, con sede a Blaj, ob. 1953 nella prigione di Sighet
      4.Ioan Bălan, vescovo di Lugoj, ob. 1959 in dura residenza sorvegliata in un monastero ortodosso
      5.Alexandru Rusu, vescovo del Maramureş, con sede a Baia Mare, ob. 1963 nella prigione di Gherla
      6.Iuliu Hossu, vescovo di Gherla, con sede a Cluj, ob. 1970 in domicilio forzato “leggero” (Paolo VI, come rivelò nel 1973, lo aveva nominato Cardinale in pectore)
      (i 6 summenzionati furono arrestati già il 28-29 ottobre 1948; Pio XII ne nominò in tutta fretta altri 6, che furono anch’essi in breve arrestati ed imprigionati, sino all’amnistia del 1964; 3 di questi vedranno la fine del comunismo
      7.Liviu Chinezu, vesc ausiliare a Blaj, ob. 15/1/1955 in prigione di Sighet
      8.Iuliu Hirţea, vescovo di Oradea, ob. 1978
      9.Ioan Dragomir, vescovo del Maramureş, ob. 1985
      10.Ioan Cherteş, vescovo di Gherls-Cluj, ob. 31/1/1992
      11.Ioan Ploscaru, vescovo di Lugoj, ob. 1998
      12.Alexandru Todea, Metr. Alba Iulia e Făgăraş, liberato 1964 ob. 2002
      Eppure dopo la “rivoluzione” del dicembre 1989 e l’immediata restaurazione della Chiesa unita solo pochissimi tornarono alla Chiesa unita !
      nel 2002 vi erano 195.481 uniti, nel 1948 ce n’erano 1.559.857 !!!; la maggior parte restò nella Chiesa “ortodossa” che collaborò attivamente con i carnefici, anzi spesso istigò i comunisti alla persecuzione (alcuni Uniti, oggi, pur sapendo che il Vaticano stesso li condannerebbe, ricordano che il clero “ortodosso” li perseguitò più duramente della Securitate)
      dunque, umanamente parlando, l’eroica fedeltà servì a non molto, purtroppo !
      per la Romagna, tutto sacrosanto..però bisognerà forse ammettere che l’infame Bonaparte (che io detesto) VINSE ideologicamente come vinsero i giacobini, e fin da quell’epoca (o dalla riconquista post-Marengo, 14/6/1800)..
      ciò dispiace a me, fa rabbia a te e probabilmente manda in estasi Z 😀
      temo però che questa sia la realtà !
      non sempre, ahimé, il sangue è seme di cristiani..mi sto rendendo conto che occorre, talora, una visione disincantata che vada oltre il pur affascinante “messorismo” e super il “finalismo” dello stile “il Bene-cioè noi :D-alla fine vince sempre”
      sfortunatamente, la realtà storica, sovente è più complessa, variegata e soprattutto più triste….
      Ciao

  19. mirkhond scrive:

    Per Moi:

    “L’abdicazione di Benedetto XVI. Una fine, un inizio

    14.2.2013

    Sull’abdicazione, o se si preferisce sulla rinunzia – non certo “le dimissioni”, espressione ridicola che a caldo abbiamo usato un po’ tutti – di papa Benedetto XVI si sono dette fin troppe cose. Ora, bene sarebbe dedicarci all’ascolto e al silenzio: è appena iniziata la quaresima, tempo di penitenza, di preghiera e di preparazione alla Pasqua; il Santo Padre resterà insediato sul Soglio di Pietro fino al tramonto del 28 febbraio, allorché secondo il calendario liturgico si chiuderà il mese; il 18 marzo si aprirà il conclave; tutto è predisposto affinché il nuovo sommo pontefice possa celebrare i riti della Settimana Santa, o quanto meno cantar la messa pasquale.

    Tra le molte cose vane, inutili e anche perverse che sono state dette in questi pochi giorni, particolarmente ozioso e odioso è stato il dibattito sul “coraggio” e sulla “viltà”. A chi ha tirato in ballo Dante e l’anonimo che il poeta accusa di aver pronunziato “per viltade il gran rifiuto” (e non vi sono prove definitiva che egli volesse alludere a Pietro da Morrone, cioè a papa Celestino V, per quanto la maggioranza dei commentatori antichi e moderni sia di tale avviso), qualcuno ha risposto sottolineando invece il coraggio che il papa avrebbe avuto: magari quello dell’ammettere la sconfitta, il fallimento.

    Nessuna di queste ipotesi e illazioni è legittima. In realtà, l’atto di abdicazione di Benedetto XVI non ha veri e propri precedenti nella bimillenaria storia del pontificato romano: vi sono state, certo, alcune rinunzie variamente motivate e alcune deposizioni, ma nulla di veramente comparabile a questo. Tale semplice constatazione deve condurre alla conclusione che si è trattato di un gesto nuovo, rivoluzionario, con il quale il pontefice ha inviato un energico messaggio e ha impartito una chiara lezione alla Chiesa e al mondo.

    E’ ovvio che si debba partire dal suo giudizio soggettivo: e magari dalla sua umana debolezza, dalla sua comprensibile stanchezza. L’ottantasettenne pontefice ha sulle spalle lunghi anni di pratico governo della Chiesa, come segretario di stato di Giovanni Paolo II, oltre ai pesantissimi otto anni di regno segnati da uno dei periodi più difficili che la Chiesa e l’intero pianeta abbiano mai dovuto affrontare almeno dalla fine della seconda guerra mondiale. Dopo un attento esame di coscienza, il papa si è reso conto che le sue forze non sono più sufficienti ad assolvere il “ministero petrino” per ragioni che egli stesso ha dichiarato, declinandole in ordine ascendente: fisiche, psichiche, spirituali. Dal momento che padre Lombardi, autorevole capo della Sala Stampa vaticana, ha ufficialmente e formalmente escluso che sia stata diagnosticata al Santo Padre qualche grave e progressiva malattia, e dal momento che le ragioni psichiche sono strettamente connesse alle fisiche, restano quelle spirituali, le più importanti? Quali? Benedetto XVI ha dichiarato di tirarsi da parte “per il bene della Chiesa”: è probabile che ciò significhi che egli ritiene che il suo permanere sul Soglio di Pietro avrebbe in qualche modo contribuito a mantenere o ad aggravare lo stato di tensione, se non di lacerazione, che oggi si avverte tanto a livello di gerarchia ecclesiale, quanto di comunità dei fedeli. Possono davvero convivere in una stessa Chiesa quelli che simpatizzano con i teocons statunitensi e chi la pensa come don Andrea Gallo?

    Ma se quest’analisi è anche solo minimamente plausibile, il gesto del papa si spiega, in ultima analisi, in un modo solo. E tale modo si coglie bene esaminando rapidamente la storia del rapporto tra l’ufficio pontificio e l’istituzione conciliare tra IV e XX secolo. La Chiesa nacque come unione delle varie comunità cristiane che si posero, dal concilio di Nicea in poi, il duplice problema di come rendere coerente la loro vita sacramentale, teologica, liturgica e devozionale e di come atteggiarsi di fronte al mondo e alle potenze che lo governavano. Dei 21 concili ecumenici fino ad oggi celebrati, la stragrande maggioranza si svolse tra IV e XV secolo: tra XI e XV secolo si affermò progressivamente la funzione monarchica del pontefice, fondata sul “primato di Pietro” che tra i vescovi assegnava un ruolo speciale, in termini di auctoritas ma nel tempo anche di potestas, al vescovo di Roma. Nel primo Quattrocento, per rispondere a una forte crisi dell’istituto pontificio che si era espressa nel “periodo avignonese” e poi in due successivi scismi, il conclio di Basilea (1439-1449) espresse il parere che il governo della Chiesa avrebbe dovuto abbandonare la formula monarchica per tornare alle origini comunitarie e collegiali. Ma le teorie conciliaristiche furono battute in breccia, causa non ultima della Riforma protestante. Il concilio di Trento fu indetto nel 1545 per sanare lo “strappo” della Riforma e si chiuse, nel 1563, rendendolo definitivo e rafforzando il potere pontificio; il Vaticano I, convocato mentre Roma era assediata dall’esercito italiano aggressore, ribadì tale rafforzamento formulando addirittura il dogma dell’infallibilità pontificia ex cathedra. Meno di un secolo più tardi il Vaticano II – indetto nel 1962, in un momento di grande speranze e di grandi illusioni (il tempo di Kennedy e del boom economico) – propose il tema della modernizzazione e della democratizzazione della Chiesa, il che includeva evidentemente una prospettiva “neoconciliaristica” limitatrice del potere monarchico dei papi. Ma negli ultimi anni proprio sugli esiti del Vaticano II si era innestata, in seno alla Chiesa, una fortissima polemica. La crisi mondiale ha esacerbato differenze di prospettive, rivalità, tensioni. Paolo VI aveva già parlato il un “fumo di Satana penetrato nella Chiesa”. Satana è fondamentalmente discordia e ribellione.

    All’alba del XXI secolo, la Modernità è in crisi. Zygmunt Bauman parla di una “Modernità fluida”, cioè di una Postmodernità che è già iniziata., Ma la Modernità si è riassunta, dal XV secoli in poi, in tre elementi fondamentali: individualismo; volontà di potenza dell’Occidente; primato dell’economia, della scienza e della tecnica. E’ l’Occidente-Modernità dell’uomo prometeico e faustiano che è entrato in crisi.

    Papa Benedetto XVI, abdicando, pone la Chiesa e il mondo dinanzi a questa realtà. La Chiesa, nella sua bimillenaria storia, è stata più volte in grado d’interpretare il mutamento die tempi. Deve farlo di nuovo: ed è del tutto comprensibile che non sia un quasi nonagenario, che è semmai l’ultimo rappresentante del vecchio ordine ecclesiale scaturito dal Vaticano II, a guidare il rinnovamento.

    C’è disorientamento e discordia, attualmente, nella Chiesa del Cristo. Che cosa si fa in una qualunque società umana – in famiglia, in un’azienda, in un condominio, in uno stato – quando qualcosa non va e si sente il bisogno di una correzione? Per prima cosa ci si riunisce e se ne parla francamente, a tutto campo. Questo tipo di riunione, in termini ecclesiali si chiama concilio. Ecco la naturale, immediata, improcrastinabile e terribile scadenza che aspetta la Chiesa. Ecco la situazione che il prossimo conclave dovrà affrontare scegliendo il papa chiamato a guidarla.

    Franco Cardini”

    http://www.francocardini.net

  20. mirkhond scrive:

    Per Habsburgicus

    Grazie per le interessanti vicende dell’episcopato uniate rumeno che hai riportato.
    L’articolo (datato) di Messori che ho postato però, verteva soprattutto sull’interrogarsi del perché la Romagna e le terre ex-papaline più settenrionali fossero diventate comuniste, o meglio anticlericali….
    La risposta esatta è probabilmente più complessa, altrimenti non si spiegherebbero analoghi fenomeni di anticlericalismo di massa in aree contigue ma non papaline, come gli ex ducati di Modena e Parma e la Toscana.
    Mentre, ancora altre regioni come il Piemonte, la Lombardia, Veneto, Trentino, lo stesso paese papalino tra Acquapendente e Terracina, e il Regno di Napoli, rimasero invece sostanzialmente cattolici, anche dopo gli analoghi traumi napoleonici.
    Messori inoltre è un giornalista, non uno storico e in anni più recenti ha fatto anche lui degli scivoloni, vedasi il caso di don Gelmini….
    Quindi da giornalista, tende a sintetizzare realtà più complesse come ad esempio lo scisma poi eresia anglicana del XVI secolo….
    ciao!

  21. mirkhond scrive:

    “non sempre, ahimé, il sangue è seme di cristiani..mi sto rendendo conto che occorre, talora, una visione disincantata che vada oltre il pur affascinante “messorismo” e super il “finalismo” dello stile “il Bene-cioè noi 😀 -alla fine vince sempre”
    sfortunatamente, la realtà storica, sovente è più complessa, variegata e soprattutto più triste….”

    Non posso che concordare….
    ciao!

  22. habsburgicus scrive:

    @Riccardo Venturi
    ah, sei stato anche interprete di Mircea Snegur illo tempore ?….complimenti ! (l’ho letto sul sito dell’Internazionale, a partire dal greco pontico…ammesso che non abbia equivocato :D)
    sei hai qualche notizia su Moldova (inclusa Transnistria) e/o Romania e se ti va, sappi che almeno io (ma non credo di essere il solo :D) sarei molto felice di conoscere le tue opinioni al fine di aprire, eventualmente, un “dibattito” nello stile di questo ottimo blog…
    ciao !

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