Burocrazia e spreco

Si discuteva qui di tasse, dal punto di vista del popolo: “ce ne sono troppe”.

Ieri parlavo invece con un architetto del Comune, che si lamentava di come il popolo chiede troppo, citando il famoso detto “tanto paga Pantalone”.

Come al solito, non mi ritrovo in nessuna di due posizioni contrapposte.

Prendiamo un esempio molto, molto piccolo, che le cose piccole si vedono meglio. E sono le più universali: secondo me, ogni lettore di questo blog potrà dire, “una cosa molto simile è successo nel mio comune”.

Senza consultare nessuno, i tecnici di Publiacqua hanno installato un fontanello di “acqua da alta qualità“, anche frizzante, nella piazza qui vicino. Acqua gratuita.

Una cosa in sé assolutamente positiva.

Dopo sono arrivati i politici a farsi fare la foto mentre inauguravano il fontanello.

Accanto al fontanello, c’è un campo di calcio in rovina, che i tecnici del Comune hanno trasformato in un magnifico campetto con l’erba sintetica.

Da babbo, ho scoperto che “erba sintetica” è quella roba perfetta per giocare, che semina ovunque piccole palline di plastica colorata che entrano nel terreno, in casa, nella lavatrice, e magari (ma chi lo sa?) fanno più danno delle bottiglie di plastica.

Anche il campetto è stato inaugurato, con foto, dai politici.

Ora, l’ufficio che fa il fontanello non comunica con l’ufficio che fa il campetto, e nessuno dei due si sogna di andare a vedere cosa succede il giorno dopo il loro intervento. Abitano e lavorano da un’altra parte, e comunque le carte dicono che hanno esaurito il loro compito.

Siccome l’acqua di alta qualità è gratis, e non esiste un fontanello di quelli con l’acqua normale, e nessuno legge il cartello dove c’è scritto che è roba preziosa che non va sprecata, i ragazzi che giocano a calcio tutto il giorno e buona parte della notte, si sciacquano mani e testa con l’acqua ad alta qualità.

Ogni volta che vado al fontanello, assisto a forme nuove e ingegnose di spreco.

Non c’è solo la gente (quasi tutta) che sciacqua le proprie bottiglie nell’acqua prima di riempirle.

C’è pure la signora che pulisce le scale che usa l’acqua per riempire i secchi con cui lavora.

Tanto è gratis.

Ovviamente, più acqua viene munta al fontanello, più Publiacqua può dire che ha trovato l’alternativa ecologica alle bottiglie di plastica di acqua minerale.

E qui arriviamo alla questione del “popolo“.

Il popolo, inteso come le persone che frequentano la piazza, non è in grado né di inventare un fontanello né di sistemare un campetto di calcio.

I funzionari e i tecnici, se preparati, indubbiamente servono a qualcosa, tenendo sempre presente che per il funzionario e il tecnico, viene prima di tutto la paura di finire sotto processo per qualche cavillo, poi viene tutto il resto. Se viene.

I politici sono invece un mistero: sappiamo che in genere non capiscono niente, promettono cose che non sono in grado di mantenere, chiamano il funzionario per fare qualcosa al posto loro, e poi si prendono gli applausi che spetterebbero al funzionario.

Torniamo alla nostra piazza.

Siccome il popolo vede e vive il luogo, è in grado di capire che:

– ci vorrebbe un secondo fontanello di acqua normale, per permettere gli usi comuni;

– per scoraggiare gli sprechi, basterebbe far pagare l’acqua ad alta qualità un prezzo anche simbolico (e gli introiti permetterebbero di pagare la costruzione del fontanello di acqua normale);

– e per scoraggiare l’acquisto di bottiglie di plastica, basterebbe farle pagare, non il loro prezzo, ma il loro costo effettivo (che qualcuno mi pare abbia stimato in circa duecento dollari l’una, magari sarà in realtà un decimo, ma sarebbe pur sempre una bella mazzata).

Però qui bisogna intendersi sul concetto di “popolo”.

Immagino che se si facesse pagare l’acqua 20 centesimi a bottiglia, ci sarebbe davvero chi si lamenta; in un referendum carico  di roba emotiva che non c’entra niente (“i ricchi vogliono far pagare l’acqua! Il fascismo acquatico avanza! Il comunismo del Comune ci fa pagare l’acqua!”), la maggioranza degli individui rancorosi e attenti all’interesse immediato potrebbe anche bocciare l’idea di far pagare l’acqua.

E’ vero, ma è anche l’eterno alibi del burocrate. Un alibi che giustifica il fatto che ci siano persone pagate con i soldi della comunità per decidere, a compartimenti stagno e dall’alto, il destino della comunità stessa.

Ed è anche l’eterno alibi del politico, che può far finta di aver pensato lui, ciò che ha pensato il funzionario.

Ma si sta impostando la questione nel modo sbagliato.

Si pensa a individui, cioè agli enti immaginari che sono alla base della modernità: atomi scissi dalla vita, dai luoghi, dalle relazioni umane, dall’aria, dalle generazioni passate e future e (appunto) dall’acqua.

Pensiamo piuttosto a chi vive in un luogo, prendendosi cura e responsabilità.

Sapendo che ha a che fare con un tessuto estremamente vario e complesso, dove ogni singolo elemento influenza tutti gli altri, e dove i giudizi sono difficilissimi.

Ma poiché ci vive, vede le cose in maniera unitaria, a differenza del funzionario di Publiacqua o del funzionario che cura la sistemazione del campetto di calcio: i due uffici che non hanno alcuna relazione tra di loro.

Non vede solo un fontanello o un campetto.

Assapora l’acqua;

vede (proprio fisicamente) il ragazzino che gioca nel campetto, che cerca l’acqua, immagina la sua sete;

immagina che magari poco dopo, quel ragazzino incontra il giovane carismatico che lo introduce alla droga;

osserva il cane che fa la cacca nel campetto perché non c’è un altro spazio per i cani e il campetto è incustodito;

guarda i due che alle sette di sera – quando i funzionari sono tutti a casa – si prendono a bottigliate tra i giochi dei bambini;

conosce lo spazzino che gli racconta quante siringhe ha raccolto nella piazza;

è diventato confidente del clochard di cinquant’anni che ne dimostra settanta, esaltatore di Salvini, che vorrebbe dormire su una panchina dove la notte lo derubano gli spacciatori marocchini;

e conosce la mamma marocchina angosciata perché i suoi figli frequentano la piazza.

Pensate per un attimo alla distanza da funzionari e politici che decidono la nostra vita in base al parere di urbanisti americani, di magistrati che non hanno mai vissuto nei luoghi su cui sentenziano, di tecnici che non hanno mai visto i bambini giocare in un campetto.

Questa voce è stata pubblicata in esperienze di Miguel Martinez, Firenze, resistere sul territorio, riflessioni sul dominio, urbanistica e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

523 risposte a Burocrazia e spreco

  1. Moi scrive:

    Mmmmh … mi sembra strana la cosa delle bottiglie di plastica vuota a 200 $ ! Anche perché “da qualche altra parte dalla parte” del Consumatore ho appreso che le lattine di bibite gassate vengono vendute ad almeno il 150% (!) del costo di produzione.

    Oppure, i 200 $ per produrre una bottiglia di plastica vuota NON sono il costo di produzione … ma di “qualcos’altro” da individuare e definire.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “mi sembra strana la cosa delle bottiglie di plastica vuota a 200 $ ! ”

      Certo… intanto è una frase sentita una volta da un’amica, senza fonti, per cui non garantisco affatto.

      Quello che volevo sottolineare è la differenza tra “prezzo” (costo dei materiali, manodopera, macchinari, trasporto, guadagno della rivendita, ecc) e “costo” – per dire, problemi di rifiuti, malattie, ecc.

      Anche se la bottiglia di plastica che “prezza” 28 centesimi con tanto di acqua dentro, “costasse” solo 28 euro invece che 200 dollari, già ci sarebbe da pensarci.

  2. Z. scrive:

    Secondo me, in realtà, in entrambe le posizioni c’è del vero.

    E’ vero che la pressione fiscale in Italia è più elevata di quanto non sarebbe desiderabile. Certo, ci sono stime in cui nella pressione fiscale finisce anche l’Inps; inoltre, si dovrebbe pure discutere su chi davvero sostiene il peso delle imposte, dato che non è necessariamente chi se ne lamenta di più.

    Ma per essere elevata, la pressione fiscale in Italia è elevata.

    Ed è vero che la gente ha molte pretese: vuole pagare poco ed avere tanto, se non proprio tutto. Ricorderete tutti il giovane ministro del partito di maggioranza, che ha dichiarato pubblicamente: va bene la flat tax, purché sia progressiva. Però in fondo siamo un po’ tutti così: vogliamo la carne senza la cotica, si sarebbe detto a Bologna molti anni fa. Ci sembra sempre di dare molto e ricevere poco in cambio.

    Va anche detto che, probabilmente, non abbiamo tutti i torti. Se paragoniamo l’Italia di oggi a quella di qualche decennio fa, probabilmente sotto diversi punti di vista diamo di più e riceviamo di meno. In parte, a mio avviso, dipende dal fatto che allora si decise di essere prodighi nel presente e tassare – letteralmente e non – il futuro.

    E quindi, ecco, forse non solo in entrambe le frasi c’è del vero, ma sono anche legate tra loro 🙂

    • PinoMamet scrive:

      La penso come l’illuminato Z.

    • Francesco scrive:

      sempre detto che è stata colpa di voi comunisti!

      😀

      • Z. scrive:

        …quelli che hanno governato mentre la DC era all’opposizione!

        Beh, in Emilia-Romagna è stato precisamente così.

        Infatti funzionava bene, e anche adesso rispetto ad altre lande non se la cava male 🙂

        • Francesco scrive:

          mai sentito parlare di egemonia culturale? l’Italia è un paese di cultura politica ed economica comunista dalla fine del centrismo

          e non ne siamo mai usciti, neppure nei magici anni ’80, tranno poche sacche felici di Civiltà e Progresso, durate lo spazio di un sogno

          quindi sì, è colpa tua

          😀

          • Z. scrive:

            Il nome corretto non è “egemonia culturale della sinistra”.

            Il nome corretto è “deserto culturale della destra”.

            Nel senso proprio del termine: gli intellettuali, più spesso che no, disertavano e passavano a sinistra.

            Ci provò anche Longanesi. Letteralmente. Ma niet tessera per Leo 🙂

            • Francesco scrive:

              in Italia sì, non c’è dubbio

              questo certifica vieppiù che quello che è successo è colpa dell’unico gorilla nella stanza, voi comunisti

              giusto?

              PS poi un pensiero non di sinistra c’era ma ogni posizione di potere, ogni università, ogni giornale, ogni editore era in mano vostra

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Parli dei deliri di Evola?

              • PinoMamet scrive:

                Il PS è una balla assoluta.

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, dai, e in mano di chi era?
                Dei democristiani forse? Dei fascisti, sta a vedere? Dei liberali?
                I democristiani erano ottimi amministratori di aziende pubbliche, parastatali, imprenditori, gente così, ma il mondo della cultura e della comunicazione era totalmente comunistizzato, tranne forse parte della Rai e il Giornale di Montanelli.

              • Z. scrive:

                Se le cose stavano davvero così, se parte non piccola degli intellettuali rifuggivano la DC e la destra come la peste, forse la DC e la destra avevano qualche margine di miglioramento…

                Dopo tutto, se un posto è deserto di solito non è per caso.

                Forse parte del problema stava – ad esempio – nell’assenza di alternanza di governo, che nel corso dei decenni ha agevolato il radicarsi di inefficienze e malcostume.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                che c’entrano le inefficienze e il malcostume con le seghe mentali e il conformismo degli intellettuali, che devono semplicemente essere contro per ribellismo di maniera, per fare i controcorrente di ‘sto cazzo?
                Come se dopo l’Italia fosse diventata un modello di efficienza…

              • Francesco scrive:

                x MT

                Evola chi sarebbe? ogni tanto lo sento nominare dai nostalgici di Mussolini

                ma non lo trovo citato tra le fonti di nessun partito conservatore al mondo, per cui non ritengo approfondire

                c’è una politica di destra (ma non fascista) in ogni paese civile al mondo, tranne l’Italia

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      A me va bene la flat tax, a patto che sia fortemente progressiva e preveda molti scaglioni.

    • Peucezio scrive:

      Z.,
      non sono molto d’accordo.
      Anche quando c’era uno stato sociale più forte, c’erano tante inefficienze.
      Insomma, se mi tassi come siamo tassati in Italia, mi devi dare dei servizi svizzeri o svedesi.
      Altrimenti mi devi tassare alla russa o all’americana.

      • Francesco scrive:

        diciamo che metterei dei numeri a questa affermazione ma la condivido

        non dimentichiamo, però, quante persone mangiano nelle “inefficienze” dello Stato italiano, e intendo mangiano in senso letterale: credo che a fare pulizia molti di questi non avrebbero da mangiare

        mica per nulla la DC è sparita, ha creato un disastro per tamponare un problema

  3. Roberto scrive:

    Ma quanto costa di più l’acqua del fontanello dall’acqua normale? Questo per capire se ne servono veramente due….

    Per il fontanello, basterebbe forse una di quelle fontane ad acqua con il becco all’insù
    https://goo.gl/images/GfwHCZ

    È una rottura riempire una bottiglia o un secchio,ma perfetta per bere (dovresti conoscerle, negli USAsono dappertutto)

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto…

      “Per il fontanello, basterebbe forse una di quelle fontane ad acqua con il becco all’insù”

      Mi sono espresso male: lo scopo del fontanello di “acqua ad alta qualità” è di riempire bottiglie intere, quindi funziona a scariche di mezzo litro alla volta.

      E’ proprio questa la funzione positiva, ecologica, di alternativa all’acqua in bottiglia di plastica: io mi carico sempre nove litri di acqua frizzante alla volta, al fontanello.

      Mentre per sciacquarsi la faccia o bere, basterebbe un fontanello di quelli a becco in su oppure in giu..

      • Roberto scrive:

        Ah ok, capisco meglio

        Allora hai ragione, monetina da 10 centesimi al litro e fontanello gratis per le mani

        • werner scrive:

          Confermo che l’opzione pagamento funziona. D mie parti le “casette dell’acqua” sono comparse come funghi qualche anno fa. Ogni comune ne ha almeno una, l’acqua si paga (poco) e nessuno si sogna di riempirci i secchi per le pulizie.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        La gente riempie il secchio con quel coso lì?

        • roberto scrive:

          mi stupisce ma è normale, cioè non è normale ma è normale….

          per questo credo che miguel abbia ragione sul punto “fai pagare un minimo e magicamente la gente rifletterà”. daltronde abbiamo rischiato una guerra civile e l’italexit per 2 centesimi sulle borse di plastica, mettere anche 1 centesimo al litro dovrebe essere un buon incentivo, a riflettere (certo bisogna lottare con gli acquagratispertutti e quelli che ti diranno che l’acqua dell’acquedotto costa di meno)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            “daltronde abbiamo rischiato una guerra civile e l’italexit per 2 centesimi sulle borse di plastica”

            Vero, ma gli strumenti non sono neutrali.

            I social media più l’antagonismo politico creano un “popolo” di rancorosi individui pronti a diventare isterici per due centesimi, soprattutto per odio per l’avversario politico di turno.

            Vivere a piedi un quartiere crea invece attenzione ai dettagli, alle sfumature, alle relazioni tra le cose.

            Detto questo, la famosa borsa di plastica biodegradabile è un esemplare su scala enorme del fenomeno che critico qui: dall’alto, si impone una cosa sacrosanta (sostituire sacchetti biodistruttivi con sacchetti biodegradabili), da un giorno all’altro, obbligando la gente però a usarli una sola volta, ad appiccarci sopra un adesivo in colla e carta chimica (che ecologicamente è devastante) e contemporaneamente a usare guanti di plastica (non biodegradabili) per la frutta.

            Certo, potrebbe avere senso in una strategia a tappe (prima cambiamo i sacchetti, poi le etichette, poi vietiamo i guanti di plastica, poi introduciamo sacchetti riutilizzabili e resistenti…) ma dubito che i ministri che cambiano a gran velocità possano pensare al di là di un orizzonte di due o tre mesi.

  4. Roberto scrive:

    Oddio erba sintetica che si disfa!?! Mai vista una roba simile, ma che è?

  5. Roberto scrive:

    Infine, ma i vostri terribili funzionari una passeggiata non se la fanno mai? Da come li descrivi sembrano alieni su un satellite….

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “Infine, ma i vostri terribili funzionari una passeggiata non se la fanno mai?”

      Se te li immagini terribili, vuol dire che non sono riuscito a spiegarmi.

      Il funzionario è pagato per fare un lavoro specifico, secondo le regole e bene.

      Ad esempio, mettere un fontanello che fornisce un’alternativa ecologica allo spreco di plastica legato al consumo di bottiglie minerali.

      E fa benissimo e correttamente il suo lavoro.

      Un altro funzonario, che non ha alcun rapporto con il primo, ha il compito di fare un campetto di calcio, e di riempirlo di palline di plastica, come richiesto dai migliori standard.

      Fa bene e correttamente il suo lavoro.

    • Roberto scrive:

      Miguel
      Ti faccio un esempio per spiegarmi

      Il destino cinico e baro mi ha portato nel corso del tempo ad occuparmi di informatica applicata alla giustizia, ed in particolare allo scambio elettronico di documenti.

      Ora, secondo la tua nozione di funzionario, sarebbe una cosa semplicissima: faccio un appalto e il miglior offerente mi da un programma e ciaociao. Questo è l’approccio che seguono, secondo te, i funzionari che si occupano di fontanello e campetto, e questo è, sempre secondo te, normale.

      Invece, i mio approccio (uso la prima persona ma in realtà è un gruppo di una decina di persone) è stato un altro:
      1. studio la questione cercando di vedere cose che già esistono, come funzionano, come migliorarle, esempi da seguire o piste da abbandonare
      2. Creo il programma
      3. Testo il programma in interno
      4. Testo il programma con gli utilizzatori, prima un gruppo piccolo, poi più grande
      5. Rifaccio il programma secondo le indicazioni dei test
      6. Testo di nuovo
      7. Si inizia ad utilizzare il nuovo programma: ho sempre un quadernino dove annotare osservazioni/critiche/nuove idee
      8. Ogni tot mesi, modifico in base alle note prese dal quadernino

      Insomma, mutatis mutandis, credo che “andare a vedere i bambini che giocano al parco” sia esattamente un pezzettino del mio dovere, senza il quale non potrei fare correttamente il mio lavoro

      Poi per carità, ci sono cose che riescono più o meno bene, lavori più o meno facili, persone più o meno pigre, tasche più o meno vuote e giornate più o meno lunghe….

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Insomma, mutatis mutandis, credo che “andare a vedere i bambini che giocano al parco” sia esattamente un pezzettino del mio dovere, senza il quale non potrei fare correttamente il mio lavoro”

        Beh, in effetti conosco qualcuno che fa come te.

        Una si è persa in una tale marea di ostacoli burocratici, che poveretta mi sembra che si sia arresa dopo il primo anno di entusiasmo

        Alcuni altri (proprio un bel nucleo) se la cavano perché lavorano in una biblioteca di cui le istituzioni per fortuna si sono dimenticate e riescono a fare un sacco di cose

        Un altro ufficio che conosco è gestito da due signore straordinarie, che riescono a raccontare storie davvero divertenti di inestricabili ingarbugli burocratici.

        Ma molto dipende dai vincoli: comunque il funzionario di Publiacqua deve costruire un fontanello che eroghi acqua gratis, non ha alcun mandato a costruire anche un fontanello per sciacquarsi le mani. Magari ci sono in cassa 100.000 euro per il fontanellone, ma non c’è un centesimo per fare fontanellini.

        • PinoMamet scrive:

          Ma… perché Publiacqua costruisce fontanelli che danno acqua gratis?
          è una società pubblica? per chi lavora? se è pubblica (e a maggior ragione se è privata) chi è tra gli amministratori pubblici che ha voluto costruire fontanelli di “alta qualità” anziché i soliti “nasoni” come li chiamano a Roma o “fontanelle” come le chiamano qua, con l’acqua solita?
          In fondo, le bottiglie di plastica e d ivetro le puoi riutilizzare con qualunque tipo di fontana, mica c’è bisogno di quall’accrocchio enorme di Publiacqua…
          la motivazione ecologica mi convince sì e no

          (ho visto accrocchi simili per il latte, e lì ci sta; ma anche per la distribuzione di cibi di genere vario, debitamente inplasticati…)

          boh, non è che sia convintissimo.

          • PinoMamet scrive:

            Comunque il latte lo paghi, mentre l’acqua di Publiacqua no… com’è che sta in piedi Publiacqua? e torno a dire (metti che la risposta sia: prende denaro pubblico) perché??

            bastava una fontanella…

            • Miguel Martinez scrive:

              Per PinoMamet

              “bastava una fontanella…”

              Non sono d’accordo: il 90% degli italiani beve solo acqua minerale, in bottiglie di plastica.

              Non so esattamente cosa sia “l’acqua ad alta qualità”, ma è una valida alternativa all’acqua minerale in bottiglie di plastica (come dicevo, c’è anche il rubinetto dell’acqua frizzante).

              Solo che è un po’ più scomodo caricarsi le bottiglie e andare al fontanello, per cui contemporaneamente bisognerebbe penalizzare, e pesantemente, l’acqua in bottiglia di plastica.

              Come vedi, nella mia critica allo Stato, chiedo contemporaneamente più tasse e l’acqua del fontanello a pagamento; ma sono sicuro che appena busso alla porta di qualche funzionario, mi sentirò ridire per l’ennesima volta, “voi cittadini non fate altro che chiedere, ma non ci sono i soldi!”

          • Roberto scrive:

            Totalmente d’accordo

            Mi sa che per ricollegarsi al post di sotto l’acqua la paga il tizio che ha una seconda casa inutilizzata, sive rudere, sui colli fiorentini e smadonna contro le tasse sugli immobili

  6. Roberto scrive:

    ” tecnici che non hanno mai visto i bambini giocare in un campetto”

    🙂

    Tutti rigorosamente scapoli e senza figli i vostri tecnici…

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “Tutti rigorosamente scapoli e senza figli i vostri tecnici…”

      ho scelto un esempio volutamente microscopico, quasi ridicolo nella sua provincialità.

      Certo, la mia frase è infelice: non intendo dire che il singolo tecnico non abbia mai visto giocare un bambino, fuori dal suo orario di ufficio.

      Voglio dire che qui abbiamo la Funzione Uno, che ha come esclusivo compito installare fontanelli.

      E la Funzione Due che ha come esclusivo compito quello di installare campetti da calcio.

      Entrambi agiscono in base a progetti a cui sono totalmente alieni sia gli utenti del fontanello, che quelli del campetto, figuriamoci i residenti della piazza.

      Il risultato è che le buone intenzioni – che ci sono – si annulla a vicenda, con un’alta percentuale di spreco di soldi pubblici.

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      “Tutti rigorosamente scapoli e senza figli i vostri tecnici…”

      Ma va, è che giocheranno tutti il giorno al telefonino e non avranno mai visto un campetto di calcio.

  7. Miguel Martinez scrive:

    Sulla gomma da intaso, ben dodici anni fa l’istituto superiore di sanità ha lanciato (invano) l’allarme:

    http://www.tgcom24.mediaset.it/sport/articoli/articolo331224.shtml

    Un metastudio oggi dice che il rischio di cancro è “molto basso” http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2017/04/11/news/assolti_campi_di_calcio_sintetici_non_c_e_rischio_cancro-162744722/

    ma rimane la questione della diffusione ovunque di palline di plastica/gomma.

  8. PinoMamet scrive:

    Non IT (In Tema, qua vige l’autarchia 😉 ) ma quasi:

    campetti, giardinetti.

    A proposito della crescita del razzismo, amici mi raccontano questa scena: ai giardinetti un bambino, età da elementari, spintona e prende in giro un bambino più bassino, nord africano. La madre del bulletto non interviene, perciò interviene, dopo un po’ la madre del bullizzato, e rimprovera il bulletto. Il bulletto schifoso estrae il cellulare e chiede in tono minaccioso alla madre del bullizzato di dare a lui i suoi dati “perché adesso chiamo i carabinieri e vediamo un po’ se sei regolare”.
    La discussione tra amici si è poi sviluppata e non so come sia finita la storia (non oso sperare nel modo migliore: calci in culo al bulletto; ma mi accontenterei della seconda opzione, che credo sia quello che è successo, cioè la de-escalation della situazione in qualche modo).

    Ovviamente il piccolo cretino avrà imparato certi discorsi e metodologie a casa; non escludo che gliele abbiano proprio insegnate appositamente.
    Amici che hanno mandato improvvidamente i figli alle scuole private (ehm, Francesco…) si lamentano ora del tasso di razzismo strisciante, e anche rampante, tra i genitori (“mamma mia, adesso abbiamo anche gli indiani…”).

    Il clima direi che sta nettamente peggiorando…

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      “Amici che hanno mandato improvvidamente i figli alle scuole private (ehm, Francesco…) si lamentano ora del tasso di razzismo strisciante, e anche rampante, tra i genitori (“mamma mia, adesso abbiamo anche gli indiani…”).”

      Ma perché, anche nelle scuole private ci sono figli di immigrati?

      • PinoMamet scrive:

        Beh certo.

        • Peucezio scrive:

          E allora che ce li hanno mandati a fare?

          E inoltre, come possono gli immigrati permettersi la scuola privata per i figli? Sono immigrati ricchi?

        • PinoMamet scrive:

          Molti genitori, a sentire i discorsi in giro, mandano i figli alla scuola privata perché ci sono meno figli di stranieri che “rallentano l’apprendimento dell’italiano”

          (questo discorso, mirabile dictu, lo si fa solo se lo straniero viene da un paese più povero dell’Italia; se viene dall’Inghilterra, dalla Francia o dagli Stati Uniti, allora non rallenta più…)

          non so come funzionino le rette delle scuole paritarie, mi risulta che sia possibile chiedere un contributo; restano comunque più care, perché organizzano attività aggiuntive e opzionali non alla portata di tutte le tasche, e non coperte da nessun contributo statale. Poi ovviamente uno può lasciare il figlio a casa da queste attività (col risultato di farne ulteriormente un “diverso”).

          Comunque esistono anche immigrati ricchi, non parliamo di persone che sono appena sbarcate dalla barca, swag! barca
          (cit.). 😉

          • Peucezio scrive:

            Ma invece non ci sono scuore private con la retta alta per tutti, dove è molto più difficile ci siano immigrati?

          • Peucezio scrive:

            Comunque fosse per me ci sarebbero le scuole per quelli di sinistra, dove i comunisti possono mandare i loro figli, tutti contenti che crescano in un ambiente multietnico, e quelle per quelli di destra, riservate a soli bambini italiani, dove i genitori fascisti sono tutti contenti che non ci sono stranieri.

            E allo stesso modo il primo tipo di scuole servirebbe anche per i genitori stranieri che vogliono che i figli si amalgamino con gli italiani, mentre ci potrebbero anche essere scuole egiziane, pachistane, ecc., dove possano mandare i loro figli genitori che vogliono che essi crescano all’interno della loro comunità.

            • PinoMamet scrive:

              Ma niente impedisce che sia già così, tranne il fatto che le scuole paritarie sono accessorie o sussiddiare dello Stato o come cavolo si dice, quindi non possono rifiutare iscritti. Ci sono anche le non parificate, però (la differenza è che dopo devono superare un esame statale per farsi riconoscere il titolo di studi)

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Comunque fosse per me ci sarebbero le scuole per quelli di sinistra”

              Interessante questa divisione, tutta fondata su sistemi ideologici.

              Io invece farei scuole fondate sul quartiere, dove le ideologie vengono accantonate in nome della cura dei luoghi, dei rapporti reali tra persone che si conoscono, delle piante, delle pietre, degli animali, delle storie che i posti hanno da raccontarci.

              • PinoMamet scrive:

                Credo che almeno le elementari in teoria dovrebbero già essere così;

                nella pratica hanno smesso di esserlo da tanti anni, con l’accorpamento in scuole più grandi e la chiusura delle scuole nelle frazioni.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                io sarei d’accordo.
                Il problema è che in Italia di quartieri non ce ne sono poi così tanti.
                L’Oltrarno lo è, ma tanti agglomerati di case non lo sono (in senso sociale; in senso urbanistico sì).

              • Peucezio scrive:

                Aggiungo,
                l’idea di Salvini di reintrodurre il militare o simili (anche per le donne poi!) non mi convince affatto.
                Perché il servizio militare mi sembra espressione dello statalismo giacobino ottocentesco collettivizzante della peggior specie.
                Però se invece fosse concepito come legato al quartiere, al territorio, come i giovani della comunità che si armano, non mi dispiacerebbe. Ma dovrebbe essere gestito dai padri di famiglia, dai residenti, dai membri della comunità.

              • PinoMamet scrive:

                Questo è vero. Un quartiere non sono solo case vicine geograficamente, è un senso di appartenenza e un vissuto comune.

              • PinoMamet scrive:

                “Perché il servizio militare mi sembra espressione dello statalismo giacobino ottocentesco collettivizzante della peggior specie.”

                Beh, apprezzo l’originalità della posizione.

                di solito gli argomenti sono “il militare insegna a stare il mondo!” vs “mio figlio poverino non si deve allontanare da casa!”
                😉

                va da sè che il servizio militare obbligatorio in Italia non servirebbe assolutamente a niente.

                Però ti dirò: ridotto a uno o due mesi, dopo l’esame di maturità, reso generalizzato per tutti senza nessun esame o scusa, e assolutamente privato (vade retro!) da qualunque connotazione sociale o buonista, sarebbe un bel rito di passaggio.

                Tutti in campeggio con gli ex compagni di classe, con un sergente che ti fa alzare presto e ti fa marciare un po’ mentre ti insulta a cuor leggero… credo che tutti lo ricorderebbero con piacere.

              • PinoMamet scrive:

                Io, ça va sans dire, la vedo come una cosa assolutamente classista: nel senso della classe scolastica 😉 , e per chi non ha finito le superiori boh, fatti suoi, con i compagni di lavoro.

                Un po’ come i Pals battalions dell’esercito britannico, falcidiati nella Prima guerra mondiale.

              • Z. scrive:

                ODDSP!

                😀

              • Roberto scrive:

                Ma non si può andare tutti in campeggio a pescare, fare falò, cantare sotto le stelle e compiere atti profondamente impuri, senza il sergente rompicoglioni?
                Tipo due mesi di boy-scout?
                Se proprio vuoi due mesi di vita comune sarebbe più divertente credo

              • PinoMamet scrive:

                C’ho pensato, ma non sarebbe più un rito di passaggio, sarebbe una vacanza, e anche brutta perché la vacanza non può essere obbligatoria.
                Invece certe cose hanno proprio bisogno dell’obbligo e di un minimo di difficoltà e durezza per essere belle e significative.

                Inoltre sarebbe vagamente “buona”, che è una cosa molto sgradevole da e per dei diciannovenni.

                A conti fatti, tradotto nella realtà, quello che vogliono i sostenitori della leva è proprio è solo questo: un rito di passaggio che sintetizza e simbolizza alcuni aspetti della vita adulta e virile (quindi ha perfettamente senso escluderne le donne, specialmente quelle che vogliono farlo) .
                La mia è la versione più pratica!

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                le scuole alla Miguel sarebbero utili per “creare” i quartieri dove non ci sono

                mentre sul militare direi che la versione light e buonista è del tutto inadeguata.

                1) lontano da casa
                2) moschetto e baionetta
                3) sergente Hartmann

                sono le condizioni minime di utilità personale del servizio

              • PinoMamet scrive:

                La mia era una versione light ma non buonista, infatti!
                😉

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                la mia non è una versione “light” e buonista.
                E’ una versione antimoderna.
                Nutro per il servizio militare la stessa avversione che nutro per: scuola, ospedale, manicomio, cimitero, tutte istituzioni illuministe.

                Se invece l’esercito di popolo lo interpretiamo come il gruppo dei maschi giovani del quartiere o del paese che si mobilitano per dare una bella lezione agli spacciatori sotto casa o a un tizio del paese vicino che ha rubato le galline, mi va bene.

                E soprattutto… nessuno deve fare niente lontano da casa: lontano da casa non si va, punto. Ognuno stia a casa sua!

              • Peucezio scrive:

                “scuola, ospedale, manicomio, cimitero”
                Ho dimenticato il carcere.
                Che è una delle massime espressioni dello spirito illuminista e moderno.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                più che preilluminista la tua idea è preumana!

                e ha la mia piena disapprovazione: per diventare adulti bisogna fare il militare a Cuneo (tranne quelli di Cuneo, che manderei a Catanzaro)

                anche perchè nessuno ama casa sua come chi ha dovuto allontanarsene

                ciao

              • PinoMamet scrive:

                Mah, in questo senso la vedo all’opposto di Peucezio.
                Armarsi per andare a dare una lezione agli spacciatori? Esula dalla mia visione della vita.
                Picchiare un povero rubagalline, non parliamone nemmeno.

                Questa è una banda di picchiatori, non un servizio, tantomeno militare.

              • PinoMamet scrive:

                Comunque Peucezio sei il fascio più strano che conosca!
                😀

              • Francesco scrive:

                a me pare una milizia medievale, quelle che picchiavano gli ebrei e uccidevano le streghe

                e scappavano a gambe levate se arrivavano i saraceni dal mare

                su questo tema mi sento molto moderno!

                PS volendo, ci sarebbe il modello USA della Guardia Nazionale … moh Peucezio è filo-americano?

              • roberto scrive:

                una curiosità per francesco: non ho mai ben capito come funziona la guardia nazionale

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                quindi prima del 1860 la gente non diventava adulta…
                Secondo me diventavano molto più adulti allora, zappando la terra sotto il sole, altro che militare!
                La guerra è un’occupazione per ricchi sfaccendati, non a caso l’hanno sempre fatta i nobili (o, meglio, al contrario, la nobiltà si definisce come tale in quanto in origine casta guerriera).
                E soprattutto, diversamente dal lavoro, non produce nulla ma distrugge.
                Ecco, così a Pino sembrerò un fascio ancora più strano 😀

                Cosa ci sarebbe poi di preumano?
                Poi uno può anche dire che vivere senza smartphone è preumano.
                Ma do più ragione a chi sostenesse questo che a chi, come te, sostiene che è preumano vivere senza ospedali e scuole, perché lo smartphone risponde a un bisogno ancestrale, che è quello della comunicazione individuale.

              • PinoMamet scrive:

                Non l’ho mai ben capito neanche io;
                a quello che ho capito sono reclutate su base statale, non federale, e costituiscono in caso di guerra una parte della riserva dell’esercito (e dell’aeronautica)
                (ma le varie forze armate hanno anche delle riserve a livello federale).

                Mi sembra un sistema altamente incasinato, ma credo permetta a moltissimi americani di fare i soldati part-time
                (c’è qualcosa di simile anche nel Regno Unito, mi sa)
                e, suppongo, di usufruire di agevolazioni per militari, che nel sistema privatistico degli USA è una cosa di un certo peso.

              • PinoMamet scrive:

                “La guerra è un’occupazione per ricchi sfaccendati, non a caso l’hanno sempre fatta i nobili”

                Questa è una delle più grosse balle che abbia mai letto, Peucè.

                E non da ieri e neanche dal Medioevo.

                Se hai letto Tolstoj, ti ricorderai che i soldati russi, arruolati sostanzialmente con il vecchio sistema feudale, all’epoca delle guerre neapoleoniche si stupiscono che tra gli omologhi francesi siano arruolati persino i nobili.

                Vero invece che i nobili si sono riservati a lungo il ruolo di ufficiali, o perlomeno di ufficiali in determinati corpi (in cavalleria ancora a fine Ottocento i nobili erano la maggioranza degli ufficiali, per esempio nell’Impero absburgico).

                Le guerre di Atene sono state combattute da coltivatori diretti (e poi da sottoproletari arruolati come rematori e fanti leggeri), quelle di Roma da coltivatori diretti prima, e da proletari poi (da Mario, in realtà da prima ma non sottilizziamo), quelle medievali prima da eserciti arruolati su imitazione tardo romana (i Franchi), poi soprattutto da “milites”, una classe in origine abbastanza umile da essere distinta dalla nobiltà e nominata nei paesi germanici con un nome che indica la “servitù” (knecht, knight);

                più tardi, quando diventano quasi il primo gradino della nobiltà, oltre ai cavalieri “ordinati” combattono a cavallo anche popolani (“gendarmi”, cavalleria pesante senza titolo);

                nel tardo Medioevo e Rinascimento, all’epoca dei condottieri di ventura, i cavalieri (che ormai combattevano soprattutto a piedi, in realtà) erano una percentuale ridotta delle truppe, di cui l’unità minima era la “lancia”
                (di grandezza variabile da tre a cinque uomini).

                Il soldato tipico del Cinque-Sei e anche di molto Settecento perlomeno negli Stati più poveri è il picchiere, archibugieri e moschettieri (di estrazione varia secondo i luoghi) sono ancora pochi, comunque gli eserciti di quell’epoca sono un’accozzaglia di mercenari delle nazionalità ed estrazioni più varie
                (leggo in un approfondimento del libro di Storia: all’epoca della Guerra dei 30 anni, nell’esercito di uno stato tedesco si trovano spagnoli, francesi ecc. e anche alcuni soldati turchi…)

                insomma, ai nobili piace raccontarsela, via 😉

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                d’accordo, ma tutti questi, con poche eccezioni, erano cooptati.
                Il contadino non ama la guerra, non ama farla e sa che quando la subisce, porta solo razzie, sconvolgimenti, fame, ecc.

                Il mio è un discorso archetipico più che storico: la casta dei guerrieri è distinta da quella dei contadini (si può pensare agli kshatriya indiani, ma anche ai bellatores medievali: il trifunzionalismo, come insegna Dumézil, è panindoeuropeo) ed è portatrice di sistemi di valori opposti.

                Poi, d’accordo, i nobili se la raccontano 🙂
                Ma non è neutro quello che uno si racconta.
                Un nobile vanta le guerre più o meno inventate dei suoi antenati.
                Il contadino dice: fìirre e ffuèche, fusce quànde cchiù ppuète.

              • PinoMamet scrive:

                Mah, io ho conosciuto moltissimi contadini, che non amavano affatto questo termine (lo ripeto sempre) e avevano una varietà di ricordi legati al loro periodo sotto le armi, in guerra o meno.
                Esattamente come tutte le altre persone.

                Il “contadino” con determinate caratteristiche esiste solo nella mente dei milanesi 😉

                sulla “casta” dei nobili/guerrieri, che poi nella pratica sono sempre stati, semmai, i capi degli eserciti, si è favoleggiato molto negli ambienti “fascistoni” 😉 ma lo stesso Dumezil scrive che tra i Narti la distinzione tra gli ordini è blanda e vaga, più una questione di preferenze che altro
                (non ce l’ho sottomano).

                Del resto molte delle “caste” guerriere indiane non sono kshatryia per niente (si dice anzi che gli kshatrya veri si siano sostanzialmente estinti prima dell’epoca di Alessandro Magno, mica ieri…)

                quelle del sud dell’India, come i Nair (o Nayar secondo le trascrizioni) sarebbero anzi neanche “lavoratori” (vaishya) ma “servi” (shudra) a rigore.

                Senza contare alcuni gruppi di intoccabili veri e propri, come i Mahar, che hanno sempre fatto i guerrieri.

                Insomma, le cose sono sempre più complesse…

                comunque a me pare che gli opliti greci e i legionari romani fossero ben orgogliosi, in genere, del loro compito.

              • Z. scrive:

                Se c’è un’esperienza che non mi rincresce affatto non aver provato è proprio quella del servizio militare.

                E quando sento che c’è chi vorrebbe costringere di nuovo i ragazzi a subirla mi dico: bah 🙂

                Ci vada chi vuole, se proprio vuole. E se lo prendono…

              • PinoMamet scrive:

                Beh i miei amici dal paese-che-sta-poco-simpatico lo fanno tutti, e dico tutti (chi proprio non potrebbe per ragioni di salute- e mi pare siano davvero in pochissimi e gravi, rispetto alle centinaia di atleti che ho visto “scartare” in Italia- lo fa volontario, comprese persone con handicap più o meno gravi) e a quanto pare gli piace abbastanza.
                E dura tre anni! (ora qualche mese di meno, mi sa).

              • PinoMamet scrive:

                Non è che gli italiani fossero più imbelli o più mammoni o più intelligenti o più pacifisti…

                la mia spiegazione è un’altra:
                la naja in Italia faceva schifo, era organizzata male, costringeva laureandi quasi trentenni a stare agli ordini di perfetti ignoranti e convivere con truzzi diciottenni con la terza media, aveva le pesanti stupidate (nel migliore dei casi) del nonnismo accettate se non incoraggiate sottobanco dai superiori, e insomma era considerata ormai come un’esperienza il più delle volte squallida quando non pericolosa (e non per le armi).

                Nonostante tutto questo, molti l’hanno apprezzata lo stesso.

                Per quanto mi riguarda, sono neutro sulla sua reintroduzione;
                ma se lo devono proprio fare, gli consiglio di seguire il mio modello 😉

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                certamente.
                E’ chiaro che un conto è l’archetipo, altro la complessità del reale.

                Comunque io i “cafoni” in Puglia li ho visti (ora ce ne sono sempre meno) e ti assicuro che, con tutte le loro differenze, rispondono a un tipo antropologico abbastanza individuabile e molto distinto per esempio da noi.
                Ricordo un contadino della Murgia (è un’intervista registrata che posseggo ancora), che diceva che sia fra i socialisti che fra i fascisti c’era “u bbùune crestiàne e u bbrutte crestiàne”, cioè la persona buona e quella cattiva.
                Ecco, un ragazzo di città di oggi che ha fatto il liceo e un po’ di università non direbbe mai una cosa del genere: sarebbe proprio incapace di astrarsi dalla propria ideologia e attingere all’esperienza diretta.

              • Z. scrive:

                Pino,

                — Nonostante tutto questo, molti l’hanno apprezzata lo stesso. —

                Sì, c’è gente a cui quel tipo di ambiente piace. E va bene così: quelli come loro possono fare i volontari, quelli come me possono farne a meno 🙂

    • roberto scrive:

      prego tutti gli dei di non assistere mai ad una scena del genere, sennò sarà difficilissimo estrarre il cellulare da dove penso di infilarlo a calci

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Il clima direi che sta nettamente peggiorando…”

      Di fronte alla forza della storia, siamo impotenti, temo.

      In queste scene, si coglie un circolo vizioso pauroso: colonialismo e neocolonialismo hanno sbucaltato l’Africa e l’hanno scaricata, karmicamente, sull’Europa che ha messo in moto tutto il processo; per una serie di complessi meccanismi, il bambino bulletto si sfoga sul bambino nordafricano; ma siccome non lo ammazza, in realtà trasforma il bambino nordafricano in un adolescente risentito, che “sa come sono” gli italiani, perché l’ha sperimentato sulla propria pelle.

      Magari tra dieci anni, il ragazzino maltrattato si sfogherà con qualche strage vendicativa.

    • Francesco scrive:

      Mah, i miei pargoli hanno fatto le elementari private e basta. C’erano stranieri (non poveri, le suorine non potevano far venire nessuno gratis), rompicoglioni, bambini normali. Tra le mamme, un pò di puzza sotto il naso ma nulla di eccessivo – e non tutte.

      Sul razzismo, mio figlio detesta i cinesi che non capiscono una parola di italiano (ma ha smesso dopo una settimana, secondo me erano solo timidi); mia figlia odia tutti quelli che non studiano, a prescindere da altre considerazioni.

      Io ci faccio la figura del democristiano buonista, a cercare di moderarli.

      Ah, la fola che il pallone azzeri tutte le altre differenze pare vera, ogni prato pare che si alleni la nazionale francese!

    • Peucezio scrive:

      Ma quindi prima i testi scolastici austriaci erano filorisorgimentali?

      Comunque è interessante una cosa: nella retorica ufficiale (almeno in Italia) ogni identitarismo è legittimo, purché sia a spese di unità più piccole, mai più grandi.

  9. mirkhond scrive:

    Alle esagerazioni dei libri di scuola austriaci, si contrappongono le altrettante esagerazioni dell’articolista della Stampa, specie quando parla di “sanguinario” regime austriaco nel Lombardo-Veneto.

    • Peucezio scrive:

      Infatti, l’ho notato anch’io. Suona piuttosto ridicolo.

    • PinoMamet scrive:

      In effetti… tra l’altro i libri austriaci presi in esame appaiono sì prevenuti e maligni verso l’Italia, ma non hanno torto quando dicono che lo Stato italiano unitario fu intollerante e oppressivo nei confronti delle minoranze.

      Che poi lo dicano ora per rivendicare fuori tempo massimo (ma io personalmente glieli lascerei volentieri) i privilegiatissimi sud-tirolesi come concittadini, è un altro discorso…

  10. Z. scrive:

    Ma col nuovo decreto la cittadinanza potrà essere revocata a prescindere da come era stata ottenuta? Qualcuno di voi ha seguito?

    • Z. scrive:

      Leggo che può essere revocata, per certe condanne, solo quella acquisita in determinati modi.

      Ma come fa una disposizione del genere a superare il vaglio di legittimità costituzionale?

      Non è una domanda retorica, magari mi sfugge qualcosa…

    • PinoMamet scrive:

      Non credo lo supererà!

      • Peucezio scrive:

        Bisogna restare in sella a lungo, in modo da avere poi, col naturale ricambio, giudici della Consulta compiacenti.

        • Z. scrive:

          No, seriamente…

          il decreto così come votato afferma, nero su bianco, che chi è diventato cittadino in un certo modo non è un cittadino come gli altri!

          Non sono un giurista, beninteso, e forse per questo non riesco a immaginarmi come possa non contraddire il disposto dell’art. 3 Cost…

          PS: per la tua domanda sull’Irap, ti rispondo appena ho più di due minuti di fila. Promesso 🙂

          • Peucezio scrive:

            Certo che è tremenda ‘sta cosa.
            Ci sono atti giuridici del tutto irreversibili, che cambiano in modo definitivo lo status giuridico di una persona.
            E tra l’altro sono l’esito di scelte pregresse, fatte da precedenti governi e parlamenti, su cui non si può agire in nessun modo.

            Tranne, beninteso, a modificare la costituzione.

            • Z. scrive:

              Adagio, compagno! Ho solo detto che non riesco a immaginare come si possa considerare legittima una norma che dice, a chiare lettere, che alcuni cittadini sono meno cittadini degli altri.

              Ma ci sono molte cose che non riesco a immaginare.

              L’art. 3 Cost., invece, fa parte degli articoli fondamentali, immodificabili dal legislatore costituito. Se si vuole una costituzione dove alcuni cittadini sono diversi dagli altri di fronti alla legge, occorre un legislatore costituente che scriva una nuova costituzione.

              Su questo, che io sappia, il consenso della dottrina è unanime.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Anche lì ci sarebbe lo scoglio del diritto internazionale: diventeremmo una nazione-canaglia…

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, tanto lo siamo già.
                L’ha detto pure l’ONU.

              • Peucezio scrive:

                E oltretutto da quando c’è Salvini i turtisti americani non possono più venire a visitare l’Italia!

                Per la verità io a Roma i giorni scorsi ne ho visti a frotte, ma si vede che Salvini non sa che sono americani, crede che siano di Busto Arsizio, altrimenti li caccerebbe uno per uno.

          • PinoMamet scrive:

            Che c’è di tremendo? Troverei più preoccupante stabilire il principio per cui lo Stato può decidere di privarti in via definitiva della cittadinanza per un qualunque motivo. Se ci pensi è una china molto pericolosa.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma che articolo lo prevede?

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Eccolo (art. 14)

        La cittadinanza italiana acquisita ai sensi degli articoli 4, comma 2, 5 e 9, è revocata in caso di condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4), del codice di procedura penale, nonché per i reati di cui agli articoli 270-ter e 270-quinquies.2, del codice penale.
        La revoca della cittadinanza è adottata, entro tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati di cui al primo periodo, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno

        4 c. 2: Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore eta’, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

        5: 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano puo’ acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. 2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della meta’ in presenza di figli nati o adottati dai coniugi

        9: . La cittadinanza italiana puo’ essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno: a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che e’ nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera c); b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione; c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato; d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunita’ europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica; e) all’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica; f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza puo’ essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

        Secondo me sarà dichiarata incostituzionale nella misura in cui non esclude chi così facendo diventerebbe apolide.

        • Z. scrive:

          C’è anche questo aspetto, certo…

          Però mi sembra ci sia pure l’aspetto secondo cui la cittadinanza acquisita da Tizio è irrevocabile mentre quella acquisita da Caio no: eppure sono entrambi cittadini italiani. E se tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge…

        • Miguel Martinez scrive:

          “La cittadinanza italiana acquisita ai sensi degli articoli 4, comma 2, 5 e 9, è revocata in caso di condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4)”

          Vedo che si tratta di:

          “delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale”

          Al di là delle giuste considerazioni di Z sulle due categorie di cittadini… come si è più volte detto qui, la pena cambia completamente per lo stesso identico atto, se compiuto “per finalità di terrorismo” o no, e le pene sono ormai talmente alte che si fa presto a arrivare a una condanna di cinque anni per azioni che normalmente sarebbero di rilievo relativamente scarso.

          Poi colpisce che non perderebbe la cittadinanza chi, ad esempio, fosse condannato per aver organizzato una rete internazionale di traffico di droga.

          • roberto scrive:

            in effetti pare una pena accessoria un pochino esagerata….

            noto totalmente OT che
            1. leggi il decreto salvini che rimanda all’articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4) del codice di procedura penale
            2. vado a vedere l’articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4) e mi rimanda ai “delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, [270bis, secondo comma], e 306, secondo comma, del codice penale”

            insomma per capire il decreto ho bisogno di due codici.
            non è un difetto tipico del decreto, anzi è una tecnica legislativa comunissima e questo non è per nulla un caso drammatico (ho trovato una disposizione fiscale con 12 rimandi e questo mi sembra il mio record personale), ma mi fa schifo

  11. PinoMamet scrive:

    FT

    ma senza polemica; qualcuno, possibilmente meridionale, mi spiega cosa c’è di offensivo in questo slogan, che a quanto pare ha scatenato polemiche?
    https://www.corriere.it/cronache/18_settembre_12/slogan-bus-sull-emigrazione-crea-polemica-nord-sud-5c586fee-b5fc-11e8-ab7a-628da4bad542.shtml

    Non so, a me pare che gli italiani ultimamente siano diventati iper-suscettibili.

    Se c’è un vago doppio senso sessuale, intervengono i Genitori e le Femministe; del black humour poi non parliamone, gli italiani non lo capiscono proprio.
    I poveracci di Charlie Hebdo, che non trovo particolarmente divertenti ma neanche mal disposti verso l’Italia, sono regolarmente subissati di insulti per vignette che non hanno niente di irrispettoso verso le vittime italiane, se non il fatto di essere ciniche.

    Non so, negli anni Settanta, Ottanta, Abatantuono faceva il “settentriunale al cciento pe cciento” e nessuno se la prendeva; mo’ dire che gli studenti fuori sede sono “il meglio del Sud” suona così male? Non so, spiegatemi.

    Allora perché non suona male dire che gli studenti italiani che si fanno onore all’estero sono “il meglio dell’Italia”?
    Non capisco, davvero.

    • Z. scrive:

      Non saprei.

      Immagino sia questione di sensibilità: a me la frase ha fatto pensare ai bagagli degli studenti fuori sede, che si portano o si fanno inviare il cibo a cui sono abituati e che al Nord non riescono a trovare.

      E forse, ma proprio forse, ad una vecchia canzone di Bruno Lauzi…

      https://www.youtube.com/watch?v=vIxC9xYfe_k

      Non certo alla valigia di cartone del meridionale che va a Torino nei primi anni Sessanta, come sembra pensare l’articolista.

      Immagino che se la frase fosse stata “porta al Sud il meglio del Nord” qualcuno avrebbe commentato con altrettanta suscettibilità.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Pino Mamet

      “ma senza polemica; qualcuno, possibilmente meridionale, mi spiega cosa c’è di offensivo in questo slogan, che a quanto pare ha scatenato polemiche?”

      TUTTO “scatena polemiche”, visto che su 60 milioni di italiani, almeno 40 milioni hanno il dito sempre pronto sulla tastiera.

      E il fatto che i giornali “ufficiali” considerino notizia il fatto che uno, due, venti dei 40 milioni si è lasciato andare alla tastiera, ci fa capire lo stato del giornalismo attuale.

      Detto questo, sì. E’ una tragedia che il Sud si svuoti.

      Che abbiamo un sistema economico idrovorico che attira le persone in pochissimi posti del mondo, lasciando crepare chi non si trova in quei posti. Che poi i posti verso cui si va, in genere, fanno veramente schifo, rispetto ai posti da cui si scappa.

      • PinoMamet scrive:

        Certo, ma non c’è niente di tutto questo nello slogan, che anzi a me sembra dettato da “orgoglio meridionale”, con una certa ironia.

      • Z. scrive:

        Uhm, siamo sicuri che il Sud sia davvero vuoto, o in via di svuotamento?

        https://www.tuttitalia.it/statistiche/nord-centro-mezzogiorno-italia/

      • Francesco scrive:

        >>> Che poi i posti verso cui si va, in genere, fanno veramente schifo, rispetto ai posti da cui si scappa.

        questo mi pare un pò strano, implica che a scappare sono degli imbecilli, non trovi?

        • Peucezio scrive:

          No, implica che per godere delle cose un po’ di soldi ci vogliono.

          Ma i soldi hanno una bruttissima caratteristica: se da una parte di consentono di godere di posti bellissimi (se ce li hai vai ai Caraibi, in Sardegna, un americano viene a Roma…), dall’altra si guadagnano quasi immancabilmente nei posti bruttissimi.
          E più sono brutti i posti, più ci sono posti di lavoro e stipendi alti.

        • Peucezio scrive:

          Sapete che vi dico?
          Non solo abbiamo fatto male a riprodurci tanto e ad abolire la mortalità infantile, al punto di stare così stretti in un pianeta che, ahimè, non si dilata.
          Ma dovremmo vivere solo in una piccola parte dei luoghi che oggi sono abitati.

          Pensate se anziché 8 miliardi fossimo qualche centinaio di migliaia di persone e stessimo tutti in posti paradisiaci dove la temperatura non scende mai sotto i 20-25 C°!

          • PinoMamet scrive:

            Mah… non credo esistano questi posti paradisiaci.

            A parte che alcune persone amano i luoghi freddi; per me inspiegabilmente, ma non tutti i gusti sono al limone.

            Poi c’è da dire che i posti tropicali mi piacciono da vedere un po’, ma non sono esattamente il mio ideale (preferisco i paesaggi mediterranei o similari);

            infine, e più importante, in quei posti ci sono di solito i monsoni e lunghe stagioni delle piogge, tristissime, senza contare uragani, tifoni, tsunami e vari tipi di pesci velenosi, serpenti terribili, insetti feroci ecc.

          • roberto scrive:

            “Mah… non credo esistano questi posti paradisiaci.”

            – southern california, al limite coastal california, un po’ più freschina ma paesaggisticamente più varia

            – creta (ma la costa che in montagna fa freddo)

            • PinoMamet scrive:

              Beh ma questi sono posti dal clima mediterraneo o simile, già listati 😉 tra le mie preferenze 😀

              • Peucezio scrive:

                Alle Canarie credo che la temperatura raramente scenda sotto i 25°, eppure credo non ci sia nessuna delle insidie che dici.
                L’unico fastidio è il vento e il fatto che da un po’ di tempo ci sono molti pensionati, perché molti europei si vanno a passare la pensione lì.
                Ma c’è anche molta figa 🙂
                Non scherzo: le canarie sono fra le ragazze più belle, dolci, femminili e dalla voce melodiosa di Spagna.

              • PinoMamet scrive:

                I canarii (?) mi si dice però che soffrano di pregiudizi da parte del resto degli spagnoli, non ricordo però di che tipo;
                mi ricordo che hanno un soprannome tipico e probabilmente degli sfottò.

                Comunque le Canarie mi sembrano un buon compromesso tra Mediterraneo e Tropici, ci può stare. 😉

              • Peucezio scrive:

                Piucchealtro hanno fama di essere indolenti.
                Più che fama, autoconsapevolezza: ricordo proprio un canario che mi diceva che loro sono così.
                Il che, vivendoci è sicuramente un vantaggio: quella nelle Canarie è una vita rilassatissima, dai ritmi molto tranquilli.

          • roberto scrive:

            d’accordo invece sui tropici, per di più troppo umidi

          • Z. scrive:

            Ho sentito molti dire “siamo in troppi”.

            Tutti, e dico tutti, intendevano “gli altri sono troppi”.

            🙂

            • Peucezio scrive:

              Applicando questa logica, siccome ognuno potrebbe non essere nato, ognuno deve dire che se oggi in India c’è gente che fa dieci figli va benissimo anche se questo significa che fra qualche decennio moriremo tutti di fame.

            • Z. scrive:

              No no, ognuno dice ciò che vuole.

              Ad esempio, io dico che uno che dice “siamo in troppi” e poi corre a suicidarsi per non gravare sul nostro pianeta non l’ho mai conosciuto. Non dico che non ce ne siano mai stati, solo non ne ho conosciuti.

              Sicché mi vien da pensare che chi dice “siamo in troppi” in realtà stia più probabilmente pensando “siete in troppi”.

              🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Ad esempio, io dico che uno che dice “siamo in troppi” e poi corre a suicidarsi per non gravare sul nostro pianeta”

                Non confondere la constatazione di un fatto con il tentativo di fare qualcosa per cambiare il fatto stesso.

                “Siamo troppi” (o “siete troppi”) è un semplice, banale dato di fatto che i nostri figli (e pure i vostri) pagheranno in modo molto caro.

                Questo fatto cambierà per lo stesso motivo per cui una colonia di amebe in provetta si espande e poi collassa.

                Ma non mi illuderei certo di risolvere la situazione eliminando me stesso oppure Z, perché la soluzione la darà la natura stessa, non certo qualcuno di noi.

              • Z. scrive:

                Miguel,

                — Non confondere la constatazione di un fatto con il tentativo di fare qualcosa per cambiare il fatto stesso. —

                No, no, io descrivo una cosa molto più semplice: il “siamete”.

                Si dice “siamo”, si intende “siete”: di troppo sono sempre gli altri.

                Quello della popolazione mondiale è uno dei casi in cui il siamete ricorre più spesso, ma non è certo l’unico.

              • Peucezio scrive:

                Per inciso, io non voglio eliminare nessuno, voglio solo che la gente smetta di fare meno figli in Asia e in Africa (e cominci a farne un po’ di più in Italia, per riequilibrare).

                Quindi va bene il “siamo”: che senso avrebbe rivolgersi a gente non ancora nata?

    • Roberto scrive:

      Nulla

      Posso essere meschino? Secondo me nessuno si è offeso ma il corriere ha inventato la notizia di sana pianta, e dopo che hai schiacciato sull’interruttire “indignatevi” non c’è nulla da fare

      Posso ammettere che il corriere non abbia inventato la notizia ma l’abbia copiata da una bacheca FB o da un giornale locale, ma non riesco a credere che ci sia veramente gente che si indigna

      Carina la ragazza

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      “ma senza polemica; qualcuno, possibilmente meridionale, mi spiega cosa c’è di offensivo in questo slogan, che a quanto pare ha scatenato polemiche?
      https://www.corriere.it/cronache/18_settembre_12/slogan-bus-sull-emigrazione-crea-polemica-nord-sud-5c586fee-b5fc-11e8-ab7a-628da4bad542.shtml

      La gente si è bevuta il cervello.

      E’ quello che dicevo altre volte: un tempo esistevi se eri onorato e temuto, oggi esisti se vieni offeso.

      Comunque anch’io l’ho intesa nel senso di Z.: mi immagino i pacchi di caciotte, insaccati, ecc.

    • roberto scrive:

      non vedo la minima differenza fra “concretezza” e “efficacia-efficienza” nel senso che una pubblica amministrazione EE è perforza concreta, sennò non è EE

  12. Z. scrive:

    Miguel,

    ti hanno ascoltato: pare che la legge di conversione prevederà la revoca della cittadinanza anche ai condannati per reati di droga. Così ha detto oggi il capo del Governo in TV.

    Sarei per una mediazione Lega-stranieri: la cittadinanza sarà sì revocata, ma tra circa ottant’anni. Quando la Lega avrà finito di restituire tutti i soldini…

  13. Z. scrive:

    T’an é brisa capì, Geremia…

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/25/brexit-congresso-labour-ok-allipotesi-di-un-referendum-bis-sulluscita-dallue/4649686/

    vuiétar a sì fura. Fura, àut, o come ch’i dis in Isvezia: andersen!

    • Peucezio scrive:

      Se indicessero davvero un secondo referendum, ogni sollevazione popolare con conseguente impiccagione indiscriminata dei politici britannici sarebbe automaticamente lecita se non doverosa.
      Che cazzo di senso ha chiedere le cose due volte nel giro di un paio d’anni, se non quella di chiederle tante volte, finché non arriva il responso voluto?

      Comunque io mi chiedo perché a suo tempo furono così coglioni da entrarci.

      • Z. scrive:

        Se indicessero un secondo referendum, probabilmente il Remain vincerebbe. Con un margine via via superiore nel tempo.

        E invece, niente. F-U-O-R-I e buona vita a tutti 🙂

        • Peucezio scrive:

          Z.,
          “Se indicessero un secondo referendum, probabilmente il Remain vincerebbe. Con un margine via via superiore nel tempo.”

          Appunto per questo vogliono farlo.
          Per lorsignori non ci sono responsi popolari e basta, ma responsi buoni e responsi cattivi.

          • Francesco scrive:

            guarda che le elezioni si rifanno ogni 5 anni, non durano in eterno

            credo che lo stesso principio valga per i referendum, soprattutto quelli il cui esito ha massacrato politicamente in vincitori e si dimostra ingestibile per chi vorrebbe cavalcarlo

            diciamo le cose come stanno: la Brexit è una grandissima cazzata (votata dal popolo ma sempre cazzata, come divorzio e aborto da noi) e ogni giorno che passa la Realtà afferma se stessa a spese delle cazzate

            ciao

            • Peucezio scrive:

              Francè, fammi capire, si può uscire e rientrare nella Ue ogni cinque anni?

              • Francesco scrive:

                credo che sarebbe come far abbattere e ricostruire una casa invece di cambiare la tappezzeria: possibile ma non pratico

                intendo dire che inchiodare il popolo britannico a quel voto mi pare stupidamente crudele, tanto più che oggi lo stesso popolo voterebbe in modo diverso e che i politici che hanno fatto votare per il Leave sono scappati come conigli il giorno stesso

                mi paiono indizi molto significativi

              • Peucezio scrive:

                No, vabbè, ma è inaccettabile mettere in discussione un responso popolare su una cosa così importante prima di una decina d’anni.
                Che facciamo, la tela di Penelope?
                Ma è chiaro che sono proposte in cattiva fede: se da qualche parte nel mondo si fa un referendum per l’entrata nell’Ue e vince, sta’ tranquillo che il controreferendum non ci sarà mai.
                E’ come quegli affari di plastica che servono per raccogliere i fasci di cavetti, che sono come dei fili, delle fascette, fatte in modo che quando le chiudi poi non si aprono più (tranne a tagliarle), hai presente?

              • Peucezio scrive:

                Comunque giuro che non capisco cosa ci trovi in un’istituzione bolscevica, accentratrice e dirigista come la Ue, che soffoca la crescita e l’iniziativa privata e deprime l’economia, in perfetto stile sovietico-maoista-polpottiano.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                so di avere torto, le prossime elezioni europee saranno il trionfo dei nazional-populisti e la fine dell’Unione, ma voglio credere che i popoli possano ravvedersi dalle cazzate che a volte fanno. persino gli inglesi!

                PS la UE ha moltissimi difetti ma non di essere bolscevica o dirigista o maoista. il mio piano è nuclearizzare Parigi e Barcellona, poi ri-clericalizzare l’Europa! ma tenendo il libero mercato, naturalmente

              • Peucezio scrive:

                Ma scusa, un’istituzione che ingerisce pesantemente nelle politiche nazionali, non in senso liberista peraltro, ma ponendo un’infinità di vincoli che sono depressivo per l’economia.
                Questo è peggio del maoismo: comunque, nel bene e nel male, la Russia e la Cina col comunismo all’inizio si sono anche modernizzate (poi sono rimaste ferme) e la Cina ora riesce a coniugare dirigismo politico e crescita sfrenata.
                Ma l’Ue cosa produce? Solo miseria, depressione, calo del livello di vita, calo della produzione industriale.
                Cosa c’è di difendibile nell’Ue?

              • Z. scrive:

                Ma infatti non si tratta di “difendere” la UE.

                Si tratta di seguire l’esempio degli inglesi: ma solo una volta che constateremo l’indiscussa grandiosità del loro libero avvenire. Che, ne siamo certi, arriverà a brevissimo, dico bene?

                PS: no Francè, out is out. Non è che si vota a oltranza finché non esce l’esito che piace a chi ha perso 🙂

              • Roberto scrive:

                Peucezio, una curiosità. Quando dici calo, cali rispetto a quando?
                Qual è la data a partire dalla quale caliamo per colpa della UE?

                Per il resto, pure per me out is out

              • Francesco scrive:

                Peucezio

                i governi democratici europei, guidati dai migliori politici degli ultimi 100 anni direi, hanno SCELTO di formare una Unione

                chiaro che per farlo hanno messo insieme alcune parti delle vecchie politiche nazionali (troppo poche per me)

                non sono abbastanza liberisti? peccato

                ciao

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                io mi riferivo agli aspetti economici.

                Roberto, almeno dal 2000, ma, insomma, una curva discendente direi che c’è dagli anni ’70 (non solo per colpa dell’Europa ovviamente).

              • Roberto scrive:

                Ok ma nel 2000 l’UE già c’era, ed invero anche negli anni 70 sotto forma di CEE

              • Peucezio scrive:

                Ma i problemi grossi li ha creati Maastricht e poi l’euro è stato la catastrofe totale.
                Per inciso, tutti qui dentro insistete che se ne usciamo ora succede il finimondo, ma nessuno mi ha ancora spiegato che vantaggi abbiamo avuto a entrarvi.
                Quante cazzate dobbiamo ancora fare irrimediabili, tali cioè che poi, per disfarle, si fanno ancora più danni (ammesso che sia vero, cosa che io non penso)?

              • Z. scrive:

                Finimondo… che esagerazione.

                Chi ritira tutti i suoi euri prima che diventino carta buona per incartare il pesce attutirà la caduta, ad esempio…

                Anche chi ha investito tutto in titoli esteri ne risentirà meno.

                Gli altri? Eh, gli altri pace. Diremo loro: “e allora il piddì” sperando che si mettano buoni 😀

              • Peucezio scrive:

                Io mi riferivo all’economia italiana in generale, non ai singoli casi.

                Prendo atto che hai smesso di fare terrorismo sull’uscita dall’euro 🙂

              • Z. scrive:

                Macché terrorismo!

                Basta portare tutti i soldi all’estero come ha raccomandato di fare un membro autorevole della maggioranza.

                Anzi, poi chi l’avrà fatto potrà fare buoni affari a prezzi stracciati. È un’opportunità di bisnis, uè 😀

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, avere i soldi all’estero è sensato sempre e comunque, indipendentemente dall’euro.

                Io che non ci ho una lira ma ciò qualche mezzo immobile che dovrei fare…?

              • Z. scrive:

                Visto? C’è sempre una soluzione facile!

                Te al massimo puoi pregare, come me. Nessuno di noi due è credente, vero, ma l’importante non è che noi crediamo in Dio. L’importante è che Egli creda in noi 🙂

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                battute a parte, è curioso.
                Tu mi consideri credente perché pensi che io consideri la religione un instrumentum regni.
                In realtà considero il regno un instrumentum religionis, o, per meglio dire, considero lo Stato, cioè il Volksgeist sostanza spirituale, quindi per me le due cose coincidono. Sono molto più credente di un trascendentista cristiano, che crede che nulla sia sacro tranne la religione, che è sentita come un’opzione individuale, che trascende il mondo, le istituzioni sociali, ecc.
                Invece per me è tutto sacro.
                Quindi in realtà sono il più credente di tutti, l’unico vero credente.

              • PinoMamet scrive:

                Insomma, credi nello Stato.

                Devo dire che tra tutte le religioni che ho sentito è la più bizzarra, e se proprio dovessi scegliere, ancora preferirei lo Spaghetto Volante 😉

                Ma so’ gusti!

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                sono pur sempre un hegeliano, non invento nulla.
                Ma potrei dire un platonico o comunque un ateniese…
                Ovviamente non penso allo stato moderno, con buona pace di Hegel stesso, ma allo stato in senso comunitario, come partecipazione mistica, direbbe Lévy-Bruhl. L’essenza della religione è appunto questa, è il legame sacro di una comunità.
                Che poi ti stupisci proprio tu, che appartieni a una religione etnica, di un popolo, per definizione.

              • PinoMamet scrive:

                Mmm non mi sembra mica la stessa cosa.
                E a dire il vero non credo che un ateniese dell’eoca di Pericle o di Aristide avesse tanto in comunbe con Hegel.
                Sicuramente u tedesco dell’epoca di Hegel lo credeva…

              • Peucezio scrive:

                Beh, perché lo stato di allora era una cosa diversissima dallo stato prussiano del tempo di Hegel.

                Ma vedere lo Stato, la pólis come il proprio orizzonte esistenziale, morale e spirituale mi sembra che fosse di quelli, molto più probabilmente che dei contemporanei di Hegel: Hegel lo teorizzò, che non significa affatto che gli europei o i tedeschi del suo tempo sentissero davvero così nell’intimo.

      • Roberto scrive:

        Secondo me se fanno un secondo referendum c’è la guerra civile

        • Peucezio scrive:

          Magari!
          L’Europa ha bisogno di guerre civili.
          Vediamo chi vince fra i pistoleros veneti salviniani e lo stuolo di magistrati, intellettuali e simili, che non sanno maneggiare una fionda.

          • PinoMamet scrive:

            I magistrati.
            Non essere ingenuo, Peucè.

            • Peucezio scrive:

              Già, è vero che recentemente un magistrato è stato indagato, perché, in seguito a un diverbio con un automobilista, ha tirato fuori la pistola.

              Ma credo siano casi molto rari.
              E comunque secondo me combatterebbe dalla parte nostra 🙂

            • PinoMamet scrive:

              Vabbè, se ti va di scherzare…

          • roberto scrive:

            fate pure, io mi ritiro nel paesello sui pirenei a guardarvi mentre vi fate scannare
            auguri

            (pino, Z e francesco sono invitati, portate birra e armi per difenderci. Miguel immagino sia troppo legato all’oltrarno e poi senza macchina non ci arriverà mai. gli altri, mi dispiace, ma qualcuno la dovrà pur combattere la guerra civile di peucezio, mica lo volete lasciare solo!)

            • Peucezio scrive:

              Moi, Mirkhond e Habsb sono cooptati!
              Se non imbracciano le armi con me, gli tolgo il saluto!

              • Francesco scrive:

                aspettate, non vale mettermi a scegliere tra i Dementi e i Laici!

                mi andrebbero di traverso pure le salamelle grigliate da RL!

                PS la Peroni senza glutine la porto io

              • Roberto scrive:

                Ma non ti impedisco di pregare tranquillamente, anzi nel paesello suddetto c’è una chiesa bellissima e una decina di vecchietti che sarebbero felicissimi di avere un correligionario!
                Quindi porta la birra e vieni a goderti lo spettacolo dei dementi che si scannano!

    • PinoMamet scrive:

      Poi sarebbe l’Italia a non essere un paese serio…
      😉

  14. Peucezio scrive:

    Comunque tutti ‘sti casini si sarebbero evitati se
    1) non si fosse concessa la cittadinanza agli stranieri, cioè se la cittadinanza non fosse acquisibile, ma sono trasmissibile dai genitori ai figli;
    2) se il non cittadino potesse godere di tutti, ma proprio tutti i diritti di cui gode il cittadino italiano, tranne il diritto di voto, che è una cosa che non ha conseguenze pratiche di sorta.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “Comunque tutti ‘sti casini si sarebbero evitati se”

      1) Credo che esistano tre idee diverse di cittadinanza. Sommariamente:

      – Peucezio: “cittadino è quello che è figlio di italiani, a prescindere del tutto dal suo comportamento o valore umano”

      – Roberto: “cittadino è chiunque abbia un codice fiscale”

      – Miguel: “cittadino è solo quello – di qualunque etnia – che per strada vede una cartaccia e la raccoglie, perché ama il luogo in cui sta”.

      Un mondo in cui Eileen e Meeta sono cittadine, e un bel po’ di altra gente no 🙂

      http://kelebeklerblog.com/2012/10/13/il-giardino-segreto-di-meeta-ed-eileen-2/

      Come la signora albanese che ci diceva, “prima avevo il corpo in Italia e il cuore in Albania, ma da quando ho i figlioli, il corpo e il cuore stanno qui assieme”. Questa è l’unica cittadinanza che mi interessi.

      2) Il voto ” è una cosa che non ha conseguenze pratiche di sorta.” 🙂

      In massima parte sono d’accordo, però mi piace andare in Palazzo Vecchio scansando i turisti cinesi, bussare agli uffici dei vari gruppi consiliari e chiedere che facciano un’interrogazione su questo o quell’altro tema, strettamente attinente al nostro micromondo.

      Comunque è vero che per quanto ti sbatti, l’impatto è praticamente nullo.

      Assistere a una seduta del Consiglio Comunale è un’esperienza talmente scoraggiante e anche umiliante, da farti rimpiangere i soviet, i podestà e i baroni tutti insieme.

      • Z. scrive:

        Il codice fiscale ce l’hanno pure gli stranieri!

        L’idea Zetaluxe-Boskov è riassumibile così:

        “cittadino è quando arbitro fischia”

        Sul fatto che il voto non abbia conseguenze pratiche, beh… è quello che il governo inglese cerca di dire a tutti, inglesi e non, da oltre due anni. Non risulta molto convincente sinora 😀

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Z

          “L’idea Zetaluxe-Boskov è riassumibile così:

          “cittadino è quando arbitro fischia””

          Beh, anche gli stranieri devono sottostare al fischio dell’arbitro.

          Cosa distingue allora lo straniero dal cittadino?

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Z

          “Sul fatto che il voto non abbia conseguenze pratiche, beh… è quello che il governo inglese cerca di dire a tutti, inglesi e non, da oltre due anni. Non risulta molto convincente sinora”

          Beh, in Toscana hanno rimandato la ri-pubblicizzazione dell’acqua, decisa dal referendum del 2011, al 2023. Per ora, poi si vedrà.

          Comunque un referendum su un grande tema è diverso dalle elezioni dei nostri “rappresentanti”.

          • Francesco scrive:

            >>> in Toscana hanno rimandato la ri-pubblicizzazione dell’acqua, decisa dal referendum del 2011, al 2023.

            allora ci sono dei buoni politici anche in Toscana! me ne compiaccio

          • Z. scrive:

            Il referendum non ha deciso che l’acqua deve essere pubblica.

            Per dirla in modo rapido, approssimativo e rozzo, ha abrogato l’obbligo di “privatizzarla”.

            Le scelte in materia dipendono da chi eleggete.

            E dopo qualche anno di Salvalino, vedrete quanto è irrilevante il voto 🙂

      • Roberto scrive:

        Secondo la tua definizione però sarei cittadino di una buona decina di paesi…..

        Il codice fiscale non ho capito bene cosa c’entra

      • Peucezio scrive:

        Miguel,
        ma infatti è quello il punto.
        La cittadinanza non è una cosa comunitaria (sono d’accordo anch’io che fa parte della comunità chi ne fa parte, indipendentemente dall’origine), è una cosa statuale.
        Di quello stato di cui a te di massima, se ho ben capito, non frega granché.

        • PinoMamet scrive:

          Mmm proprio perché la cittadinanza non è una cosa comunitaria, ma statuale (e su questo sia d’accordo tu, Miguel, Z. e Roberto) non capisco la tua posizione di concederla solo per ius sanguinis.
          La logica che c’è dietro la vedo: sarebbe, in sostanza, un privilegio ereditario (una delle robe che trovo più odiose al mondo, come sai).
          Ma non avrebbe alcun senso pratico: non vedo perché un tizio australiano che non ha mai messo piede in Italia debba poter votare su come vanno spese le tasse, pagate per esempio dal medico africano che curò mio nonno…

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            hai ragione, ma mi immedesimavo nel comunitarismo di Miguel, che condivido, ma io credo anche nella nazione.

            Sul privilegio ereditario: ma la cittadinanza non è un privilegio, è una caratteristica.
            E io trovo odioso questo principio consumistico moderno per cui non solo si possono acquistare le cose, ma anche le caratteristiche, cioè si può essere ciò che non si è.
            Un uomo è un uomo: non diventa una donna solo perché lo vuole, ma al massimo un mostro mutilato con una grottesca apparenza di donna ma con una fisiologia maschile.
            Mi chiedo, se è acquisibile l’appartenenza a un luogo, perché non deve essere possibile l’appartenenza a un tempo.
            Non solo nel senso di voler nascere in un’altra epoca. Ma anche per esempio di avere 20 anni quando se ne hanno 80. Io ho deciso di cambiare la mia data di nascita. Perché non posso??

            • PinoMamet scrive:

              Un uomo è un uomo, ma “cittadino italiano” o “cittadino francese” sono dei pezzi di carta.

              C’è poi la cultura italiana o francese, che non si acquisisce con il sangue ma con la lunga frequentazione della medesima.

              Infine ci sono robe strane come i gruppi sanguigni, gli aplotipi di DNA e le forme del cranio, che sono distribuiti in maniere strane e mescolate e comunque senza nessun rispetto per i confini storici o moderni dei vari popoli.

              • Peucezio scrive:

                Secondo me la fai complicata.
                Io sono italiano e pugliese, perché lo erano i miei genitori. Punto.

                I fogli di carta dovrebbero solo servire ad ufficializzare questo semplice dato di senso comune.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Io sono italiano e pugliese, perché lo erano i miei genitori. Punto.”

                Scusa la brutalità, ma che cavolo ci stai a fare a Milano? E perché non ti sbattono fuori?

              • Francesco scrive:

                Peucezio

                tu sei un pugliese di Milano. Credo basti questo a smontare la tua tesi!

                PS mia madre è milanese, mio padre genovese, io che sono, un ircocervo?

              • PinoMamet scrive:

                OMDAF

                In realtà credo di farla nel modo più semplice possibile.

                Il tuo sistema, Peucè, funziona in un mondo dove tutti stanno fermi e rigorosamente endogamici. Naturalmente non è mai esistito (altrimenti saresti un africano, non un pugliese; e verosimilmente estinto causa consanguineità) ma anche fosse, non è il mondo di oggi.

                Né di innumerevoli altre epoche, ma a noi basta l’oggi: non funziona più.

                PS io sono un emiliano per un ottavo campano, un ottavo “non ho idea ma molto scuro e con idee comuni agli zingari” è un quarto “non italiano non so di dove”
                Mi unisco al club degli ircocervi.

              • Peucezio scrive:

                Non ho capito quale sia il problema dell’ircocervo.
                Molti di noi sono di sangue misto.
                Lo sono anch’io, anche se all’interno della Puglia settentrionale (non ho ascendenti tutti della stessa località).

                Poi è chiaro che anche le parti che ascriviamo a un luogo non lo sono ab aeterno, ma, insomma, sul piano pratico, se uno ha un ascendente che appartiene a un luogo da generazioni, la questione secondo me si chiude.
                Io stabilirei come limite convenzionale la fine del ‘700 o l’inizio dell”800 (magari l’invasione napoleonica, che tra l’altro porta alla creazione delle anagrafi pubbliche), poiché da quel momento la mobilità s’incrementa e comunque siamo già in un altro mondo, il mondo d’oggi sostanzialmente.

                Poi è chiaro che sono scelte convenzionali, con tutto ciò che di arbitrario queste comportano, ma d’altronde il linguaggio è per definizione una convenzione.
                E anche la legge.

              • Peucezio scrive:

                Al tempo stesso però le definizioni che hanno una base storica, anche se non assoluta, hanno anche un riflesso ontologico: di tante cose non sapremmo definire in modo esatto cosa ce le fa classificare come tali (è il problema delle classi; Wittgenstein se non sbaglio fece l’esempio della parola “gioco” per dimostrare che si possono chiamare “giochi” cosa che fra loro non hanno nulla in comune), eppure non abbiamo esitazioni a farlo.

              • PinoMamet scrive:

                Non credo di aver capito: insomma per te per essere italiano bisogna avere un antenato italiano dal 1700?

                Davvero, non ho capito.

                A me sembra, lo dico senza intenti offensivi, che tu abbia una grande confusione in testa.
                Che è perfettamente normale, quando si tenta di dare una forma razionale a idee che non lo sono affatto.

                Tu dici “vabbè, ciancio alle bande 😉 , alla tutti sappiamo cos’è un italiano o un pugliese e cosa non lo è”;

                ma il problema è proprio questo: quando invece bisogna definirla, questa cosa che “tutti sanno”, risulta impossibile.
                Ma le cose vanno pur definite.

                Il metodo “carta d’identità” è semplice e definibile: hai la carta d’identità italiana, sei un cittadino italiano.
                I tuoi antenati sono mezzi del Burundi e mezzi del Caucaso? Parli perfettamente russo? hai vissuto dieci anni tra gli Yanomami e pratichi i loro culti sciamanici?
                Benissimo, tutta roba che rientra nella categoria “cazzi tuoi”.

              • Francesco scrive:

                Pino

                la fai un pò troppo facile: credo che quasi nulla si possa definire un modo cartesiano; d’altra parte ridursi al puro formalismo (cosa è quando arbitro fischia) è ancora più triste

                preferisco dibattere all’infinito

                PS io cmq sono milanese al 101%, pur con ascendenze miste

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Pino Mamet

                “Un uomo è un uomo, ma “cittadino italiano” o “cittadino francese” sono dei pezzi di carta.”

                Io vorrei che riuscissimo a separare un attimo questioni profondamente diverse.

                Uno, l’Africa si vorrebbe svuotare addosso all’Europa, per molti motivi: il fascino di Facebook, il cambiamento climatico indotto dal “nostro” criminale sistema produttivo, la struttura degli stati post-coloniali (e neo-coloniali), le “nostre” medicine che permettono anche al quintogenito di sopravvivere…

                Questo è un problema storico immane, che non ha nulla a che fare con i giudizi sugli individui coinvolti. Gli “antirazzisti” che fanno finta che non esiste, non hanno capito niente.

                Poi c’è il fatto reale di tante persone, buone e cattivi, di origine pugliese, tedesca, egiziana, messicana o senegalese, che si trovano realmente nelle nostre città. Se rispettano e amano il luogo in cui vivono, si guadagnano il diritto di partecipare alla sua gestione.

                Infine, c’è quella roba di carte, codici fiscali, giudici, governo, nazione, stato, funzionari, decreti e altre cose, da cui mi sento totalmente estraneo e che non mi riguarda, se non nella misura in cui oggettivamente mi soffoca.

              • Z. scrive:

                Francesco,

                ma la cittadinanza è proprio questo: qualcosa di formale.

                Non testimonia delle nostre idee, dei nostri sogni. Non dice chi siamo davvero. Ed è giusto così.

              • PinoMamet scrive:

                “la fai un pò troppo facile: credo che quasi nulla si possa definire un modo cartesiano; d’altra parte ridursi al puro formalismo (cosa è quando arbitro fischia) è ancora più triste”

                Ti ha già rispondo Z., e confermo che è proprio così.

                La cittadinanza è un pezzo di carta che stabilisce un set di diritti e di doveri. Nulla di più e nulla di me.

                Il resto, è un grande gioco, e di quello si può discutere all’infinito.

              • PinoMamet scrive:

                “la fai un pò troppo facile: credo che quasi nulla si possa definire un modo cartesiano; d’altra parte ridursi al puro formalismo (cosa è quando arbitro fischia) è ancora più triste”

                Ti ha già rispondo Z., e confermo che è proprio così.

                La cittadinanza è un pezzo di carta che stabilisce un set di diritti e di doveri. Nulla di più e nulla di meno.

                Il resto, è un grande gioco, e di quello si può discutere all’infinito.

              • Francesco scrive:

                x Pino e Z

                veramente, se fosse come dite voi, le questioni formali non esisterebbero neppure!

                invece ci sono, hanno importanza e molto a che fare con quelle sostanziali.

                credo che il problema esista da quando, per fare giustizia al posto di arbitrio, hanno inventato le leggi scritte (Hammurabi?)

                🙂

              • PinoMamet scrive:

                Le cose sono complesse se le vuoi rendere complesse. Purtroppo c’è sempre qualcuno che chissà perché vuole, e rompe le balle per infilarci dentro problemi che non esistono.

                Scusa, se a uno gli devi dare la patente cosa gli chiedi? se è biondo? se suo nonno conosceva Ford o Agnelli? Se qualcuno della famiglia ha mai lavorato nello stabilimento della Fiat?
                A te interessa che lui sappia guidare la macchina.

                La patente- odio usare questi stilemi un po’ clichè, ma quando ce vo’- la patente è-un-cazzo-di-documento.
                Niente di più, niente di meno.
                Dice che sai guidare la macchina.

                Il passaporto è un altro cazzo di documento. Dice che voti nel tal paese e che se ti rapiscono il riscatto lo paga il tal paese, che nel tal altro paese per andarci ci vuole il visto mentre in quest’altro no.
                Punto.

                Puoi trasformare la cittadinanza in una cosa tipo la patente? sì, perché no. Mettiamoci un bell’esame di educazione civica e di lingua e cultura, voglio esagerare.

                Possiamo farlo dipendere dalla “razza” o dall’ “appartenenza etnica” (che tradotto in soldoni vuol dire “aria fritta”) o dagli “antenati”?
                No, per un motivo molto semplice: perchè sarebbe una stronzata!!

                sarebbe esattamente come dire che i biondi non possono guidare la macchina.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                in generale sono d’accordissimo, ma non per la cittadinanza.
                La cittadinanza è un fatto ideale, ti definisce, ti rende membro di una comunità, che è poi il vero fine dell’uomo, che dà senso alla vita, la sua dimensione sociale, affettiva, il suo essere zoon politikon. E’ come e più della religione.

              • Z. scrive:

                Il vero fine dell’uomo è come il vero italiano: non esiste.

                E in entrambi i casi, “vero” significa “secondo il mio arbitrario e insindacabile parere” 😉

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                parla per te. 🙂
                Io sono benissimo qual è il mio fine.

                Comunque è troppo facile fare obiezioni astratte 🙂 : ora mi devi dire qual è il tuo di fine! 😛

              • Z. scrive:

                Ma l’avrò detto un milione di volte: una tranquilla esistenza piccolo-borghese!

                Se me lo chiedete di nuovo, sapevàtelo, cambio risposta 😀

              • PinoMamet scrive:

                E il fine tuo Peucezio qual è? Non credo di averlo mai capito.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                scusami, ma con tutto il rispetto un po’ hai eluso la domanda.
                Devi dare un contenuto a codesta esistenza piccolo-borghese.
                Io potrei dire la stessa cosa, se non fosse sono convinto che il piccolo-borghese sia un’invenzione dei comunisti per odiare la gente un po’ più povera di loro, cioè quei popolani che sono arrivati appena mezzo gradino più su degli altri.
                Chi cavolo è il piccolo borghese?
                Per me c’è il popolo, che comprende il manovale come l’impiegato. E poi c’è l’élite, la classe dirigente (cioè i comunisti).

                Di che contenuti riempi tale etichetta? Cosa interessa al piccolo borghese? Cosa lo anima?

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                la fica 🙂

      • roberto scrive:

        miguel,
        ma non è che confondi cittadinanza e nazionalità?

        citadinanza è quella che si ha se hai il passaporto italiano che puoi avere se sei nato da genitori italiani o se sei naturalizzato nei modi prevosti dalla legge

        nazionalità è un concetto sociologico che corrisponde un po’ a quello che intendi tu. faccio parte della nazione oltrarnese perché amo il territorio, ne conosco lingua e costumi, e mi sento oltrarnese

        confusione più che legittima. credo che anche lo sciatto legislatore italiano usi espressioni come “sposato con una persona di nazionalità italiana” per dire “con un cittadino italiano”, e pure io devo spesso fermarmi a pensare visto che in francese si parla di “acquisition de la nationalité française”

        poi per carità, i due concetti spesso coincidono o dovrebbero coincidere, ma non è detto. per dire, i miei figli hanno per nascita tre cittadinanze (tre passaporti), ma facendo la tara al fatto che i bambini si sentono bambini e basta, non li sentirai mai dire “mi sento italiana o tedesca o francese” (tranne quando faccio notare che i bambini italiani mangiano la mozzarella e i bambin tedeschi l’orrido cambozola, allora si sentono italianissimi)

        • paniscus scrive:

          “per dire, i miei figli hanno per nascita tre cittadinanze (tre passaporti), ma facendo la tara al fatto che i bambini si sentono bambini e basta, ”

          Rassegnati, ormai una quattordici-quindicenne ce l’hai pure tu.

          Corcavolo che si sentono bambine. 🙂

  15. PinoMamet scrive:

    FT

    http://blog.iodonna.it/scuola/2018/09/24/niente-tablet-niente-progetti-e-via-i-genitori-cosi-la-scuola-funziona/?refresh_ce-cp

    piacerà a Francesco perchè, en passant, parla male di Don Milani, ma in realtà lo fa come lo farei anch’io: don Milani andava bene a Barbiana, all’epoca; adesso, nelle nostre scuole, non ha tanto senso.
    Credo che il 90% o più degli insegnanti, comunque, troverebbe l’articolo molto condivisibile.

    • Francesco scrive:

      io sono sempre contro Io Donna, anche quando è d’accordo con me!

      🙂

    • Z. scrive:

      L’articolo non l’ho letto. Il testo del link lo condivido!

      • Francesco scrive:

        Il libro pare scritto da un reazionario, che è la posizione naturale assunta da una persona perbene quando parla di una sua esperienza.

        L’articolo è quanto di più neutro io abbia letto, credo che il giornalista abbia percepito l’incompatibilità tra il libro che doveva recensire e il resto della rivista/sito.

  16. mirkhond scrive:

    Pino Mamet a Peucezio
    “Non credo di aver capito: insomma per te per essere italiano bisogna avere un antenato italiano dal 1700?”

    Il XVIII secolo era il limite cronologico a cui si risaliva per dimostrare di non avere antenati ebrei nel Reich nazista.

    • Francesco scrive:

      prima mancavano le anagrafi, se ho capito

      furbetti con la svastica!

    • PinoMamet scrive:

      Che poi credo che risalire così indietro fosse richiesto solo alle alte cariche o ai candidati all’arruolamento nelle SS; se non sbaglio (ma attendo correzioni) per tutti gli altri ci si accontentava di molto meno
      (anche perché in effetti per la maggioranza delle persone risalire al XVIII secolo è spesso impossibile, e sempre difficilissimo).

    • Peucezio scrive:

      “Il XVIII secolo era il limite cronologico a cui si risaliva per dimostrare di non avere antenati ebrei nel Reich nazista.”

      Pensare che io non lo sapevo, ci ero arrivato indipendentemente.

  17. mirkhond scrive:

    Pino Mamet
    “Che poi credo che risalire così indietro fosse richiesto solo alle alte cariche o ai candidati all’arruolamento nelle SS; se non sbaglio”

    E ciò che viene affermato in questo documentario su Himmler e le SS:

    https://youtu.be/bCI0G664Ues

  18. PinoMamet scrive:

    Comunque mi sono fatto l’idea che la cittadinanza peuceziana, cioè sostanzialmente lo ius sanguinis, funzionerebbe nel mondo dei suoi nonni, o in quello che lui ipotizza fosse il mondo dei suoi nonni. Non voglio discurtere qua se e quanto e dove.

    Però adesso le cose stanno così: io insegno a degli studenti dalle origini etniche più disparate (ho un’indonesiana, per dire) che molte volte sono state nei paesi d’origine dei genitori una volta sola, o mai, e ne parlano la lingua male e qualche volta per niente (e qualche volta benissimo), mentre parlano italiano perfettamente e senza accenti (tranne quello locale), studiano Dante, sanno chi sono Mattarella, Salvini, ma anche Asia Argento, Young Signorino, Chiara Ferragni e Papa Francesco e insomma vivono immersi nell’Italia.

    Naturalmente uno può anche negargli il pezzo di carta; o può nche dire “per me non siete italiani perché non avete il nonno italiano”. Ma domani saranno nonni loro…

  19. mirkhond scrive:

    E’ quello che è sempre successo, in Italia e oltre……

    • Peucezio scrive:

      Se fosse così, perché in Italia non c’erano negri, gialli, ecc., già negli anni ’50? O nei secoli passati?

      • PinoMamet scrive:

        Nei secoli passati c’erano diversi neri, in realtà. Manco pochissimi a quanto pare (per esempio a Napoli nel Settecento).
        Esiste, se non sbaglio, addirittura una famiglia italiana di lontana origine coreana,è un paio di famiglie spagnole di origine giapponese, oltre a diverse di origine latinoamericana (antica, non recente). Anche nelle colline qua attorno del resto ci sono famiglie con nonna india, importata in modo strani da un prete, e qui invece parliamo di anni cinquanta o prima.

      • PinoMamet scrive:

        In realtà credo si possano scrivere volumi (e forse sono stati scritti) sulla presenza di persone di origine non europea in Europa nei secoli passati
        (senza risalire ai gimnosofisti e ai portatori indiani dell’Antica Roma, ricordo a memoria i laskari delle città portuali inglesi, spesso regolarmente ammogliati a donne inglesi, o appunto i neri di moda a Napoli nel Settecento, ma la lista sarebbe assa lunga).

        Mi puoi dire che si tratta di casi isolati e che non hanno lasciato tracce genetiche significative, che è un conto;
        (per quanto https://en.wikipedia.org/wiki/African_admixture_in_Europe )

        ma non certo dire che non “non c’erano nei secoli passati”, perché è falso.

        • Peucezio scrive:

          Vabbè, d’accordo, ma sono fenomeni marginali.

          E’ un po’ il discorso che vale per tutto.
          Dice: ma gli uomini si sono sempre spostati, hanno sempre viaggiato.
          Ma c’è un salto qualitativo fra metterci mesi per arrivare in un posto e arrivarci in aereo in poche ore.

          • Francesco scrive:

            hai ragione ma … quel salto c’è stato, non possiamo rimettere i guai nel Vaso di Pandora, tocca conviverci

            anche io cancellerei Lutero, Calvino, Enrico VIII e un sacco di gentaglia. ma non ci riesco!

            🙂

            • Peucezio scrive:

              Ho capito, ma proprio per questo non ha senso collegare l’appartenenza etnica a spostamenti così rapidi e contingenti.

              Mi sembra la storia di quel tale che era convinto di essere un pesce perché era nato in mare, cioè su una nave.

              • Francesco scrive:

                “appartenenza etnica” è una realtà in via di estinzione

                io penserei a una “appartenenza culturale”, sul modello (ORRORE) degli USA, che sono una non nazione di grandissimo patriottismo

                hai ragione se dici che per avere dei cittadini italiani devi avere PRIMA la nazione Italia, non puoi pensare che un pezzo di carta faccia una nazione (e senza nazione cittadinanza non vuol dire nulla)

              • Peucezio scrive:

                Magari modello statunitense!
                Apartheid di fatto, comunità chiuse, gente classificata in base alla razza…
                Se si facesse in Italia, la Boldrini e Saviano tirerebbero fuori il machete e scenderebbero in strada a decapitare i passanti, per poi finire entrambi nel manicomio criminale, come meritano.

                Comunque un documento dovrebbe rispecchiare la realtà (altrimenti è un falso ideologico). Se un verbale dice che io sono passato col rosso, dovrebbe voler dire che io sono effettivamente passato col rosso.
                Allo stesso modo, se un documento dice che io sono italiano, io devo essere effettivamente italiano.

              • PinoMamet scrive:

                Peucezio

                siediti comodo perché sta per arrivare un colpo molto forte, ma ormai sei grande ed è giusto che tu lo sappia:

                “effettivamente italiano” non esiste.

                Aspetta, tira un bel respito, rilassati:
                non esiste neanche effettivamente tedesco, francese, lussemburghese, islandese.

                Esisti tu con le tue idee, una delle quali (nel tuo caso, non è detto in quello di altri) può essere “gli antenati”.

                Queste idee sono molto più variabili di quanto pensi, e credo che se si facesse un sondaggio tra gli italiani, comunque definiti, su cosa sia che li rende “effettivamente” italiani (o i francesi su cosa li rende francesi) le risposte varierebbero tantissimo, ma “gli antenati” figurerebbero nelle ultime posizioni, ben dietro alla Ferrari, Michelangelo e i Mondiali dell’82.

                “Effettivamente” tu sei un essere umano con due braccia e due gambe (ho controllato) che respira, mangia, caga, usa perlopiù la lingua italiana per esprimersi (ma questo non è un dato costante: se ti trasferisci in Australia per 20 anni e frequenti gli autraliani e basta, quando torni parlerai meglio l’inglese dell’italiano, garantito al limone).

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                che c’entra il limone?

                Comunque ho sempre la percezione che tu confonda l’accidente con l’essenza.

                Un’automobile è sempre un’automobile. Poi può essere rossa, verde, berlina, coupé, diesel, benzina, con l’aria condizionata, col servosterzo, coi sedili in pelle, con le portiere posteriori o meno, di grossa o piccola cilindrata…

              • Z. scrive:

                Pino,

                — “effettivamente italiano” non esiste. —

                Non potrei essere più d’accordo.

                Di solito, in contesti simili, “effettivamente” significa “secondo il mio arbitrario e insindacabile parere” 🙂

              • PinoMamet scrive:

                “Un’automobile è sempre un’automobile. ”

                A parte rimandarti alla risposta esausitiva di Z. qua sopra:

                balle.
                Un’automobile a pedali cos’è? un’automobile, un giocattolo, una bicicletta?
                Una con tre ruote? E un’automobile volante? E un’automobile in miniatura?

                La sai la storia (falsa, ma non troppo) degli eschimesi che hanno quindici parole per definire la neve, no? cioè, non importa le parole: importa il fatto che per loro sono quindici cose diverse
                (che poi invece di 15 siano 7 o 6 poco ce ne frega).

                La sai anche quella delle lingue africane che non distinguono tra cane e sciacallo?
                e i Greci, senza andar tanto lontano, che non distinguevano gatto e donnola?
                E del resto in italiano rondine e rondone sono quasi la stessa cosa, al limite pensiamo a una differenza di grandezza, invece voila, in inglese sono due uccelli diversi (swallow e swift).

                Peucè, le cose essenzialmente cose non esistono.

                Tutto viene mediato dal tuo cervello. Che non è neutro.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                grazie alla pizza.
                Ci volevi tu per dirmi che la suddivisione del reale in classi è una cosa arbitraria e culturalmente condizionata.
                Ma questo mica dovrebbe creare lo scetticismo integrale cui tu fai riferimento (che, peraltro, se fosse vero, non ci consentirebbe di parlare di nulla e sarebbe del tutto ribaltabile), perché invece sappiamo benissimo cos’è un’automobile e tutto sommato possiamo anche dare una definizione univoca, che escluderebbe tutti i tipi di “automobile” che hai citato, così come la casa della Barbie non è una casa, ma un’imitazione, una riproduzione della casa.

              • Z. scrive:

                I precolombiani non conoscevano la ruota, ci dicono.

                Non hanno mai costruito carri o carretti, questo no. Eppure i giocattoli per bimbi ce le avevano, le ruote.

                La conoscevano o no la ruota?

                Dipende da cosa intendiamo con questa domanda. Da ciò che questa domanda mira a ricostruire.

                Non esiste un “vero italiano universale”. Esiste ciò che per Peucezio è un “vero italiano”: e questo è interessante. Perché non ci dice granché di cosa sia un italiano, ma ci dice molto del modo in cui ragiona Peucezio. Di cosa è importante e di cosa è trascurabile per lui.

              • PinoMamet scrive:

                Peucè

                Immodestamente sì, ci volevo io. Infatti, ancora ci rifai a dire che “in realtà” sapremmo tutti benissimo cos’è un’automobile, vale a dire, pensa un po’, ciò che Peucezio ritiene tale 😉

                Che dirti, se non rimandarti al commento di Z.?

                Certo, noi parlando diciamo “automobili” e “italiani”.

                Non è che dicendole le facciamo esistere. Se una lingua (e non escludo ce ne siano) non distingue automobile e motocicletta?

                Dai Peucè, un po’ di elasticità.

              • Francesco scrive:

                Ah Platone, Platone e la teoria delle Idee!

                Ecco, adesso sì che mi sento giovane!

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “Se una lingua (e non escludo ce ne siano) non distingue automobile e motocicletta? ”

                Ho capito, ma chissenefrega di quella lingua, qua stiamo in Italia e parliamo in italiano. E in Italia tutti sappiamo a cosa ci riferiamo parlando di un’automobile.

                Sono d’accordo anch’io che la realtà è un dato culturale, non intrinseco e assoluto. Lo dici proprio a me? Infatti mi trovo ogni volta a battagliare con le assolutizzazioni che si fanno qua dentro della scienza, come se fosse una verità metafisica (e mi pare tu a un certo punto invece, qualche tempo fa, volessi sostenere proprio questo).
                Però non è che siccome la realtà è culturale, non esiste. Anzi, è proprio la cultura che la fa sussistere.
                Se fosse come dici tu, non potremmo nemmeno comunicare, perché non ci sarebbe alla base quella convenzione tacita che fa sì che io parlo di “automobile” e tu sai benissimo di cosa parlo e intendi la parola nella stessa accezione mia; e questo per tutto.

              • Peucezio scrive:

                Comunque pure tu, Z….
                Non vi ci vedo proprio (forse Pino già di più) a fare quelli che relativizzano, che la realtà oggettiva non esiste, non va assolutizzata, che il mondo è culturale e convenzionale…
                Z., non è roba tua questa qua! 😛
                Tu fa’ il tuo mestiere, che è quello di celebrare le magnifiche sorti e progressive del migliore dei mondi possibili, illuminato dal verbo della Scienza, portatrice di Verità, che sta per essere offuscata dalla pandemia prodotta dal novello oscurantismo dei negatori del Verbo. A decostruire e relativizzare il razionalismo ottimistico del mondo moderno ci penso io!

              • Francesco scrive:

                come dice Peucezio, se la realtà fosse solo cultura, come facciamo a capirci?

                oppure non ci capiamo ma non lo capiamo e ci va bene lo stesso?

                😀

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                ci capiamo perché apparteniamo alla stessa cultura.

                Non è uno scherzo, si nota anche fra generazioni: ci sono cose che io non sarei stato in grado di spiegare alla mia bisnonna, perché le mancavano le categorie cognitive. E viceversa.

              • Z. scrive:

                Peucè,

                quando tu mi pagherai lo stipendio – possibilmente un ottimo stipendio! – allora deciderai anche quale sarà il mio mestiere 🙂

              • Peucezio scrive:

                Come??
                Invece di ringraziarmi che ti faccio capire quale ruolo ti si addice e in quale risulti del tutto fuori luogo?
                Guarda che prima o poi mi farò pagare per i feedback che ti do (passami il barbarismo…).
                Altro che pagare io te! 🙂

                Insomma, bisogna che sia chiaro il compito di ognuno di noi qui nei commenti del blog.
                Non puoi appropriati abusivamente del mio. Non è corretto, diamine! 😛

              • PinoMamet scrive:

                “Ho capito, ma chissenefrega di quella lingua, qua stiamo in Italia e parliamo in italiano. E in Italia tutti sappiamo a cosa ci riferiamo parlando di un’automobile.”

                Ammettiamo che sia così (ma non lo è: è più complesso):

                lo dici tu stesso, ci capiamo perchè parliamo la stessa lingua.

                Quindi non esiste “la” automobile, o per dirla platonicamente “l’idea di automobile” o “l’automobilità”, ma semmai esiste un certo numero di caratteristiche che ha un oggetto per essere riconosciuto come automobile nel sistema lunguistico/culturale italiano.

                Dici che se il mondo fosse come dico io non ci capiremmo; ma non è vero: io dico che ci capiamo benissimo, almeno nella maggioranza dei casi, perché molte frasi sono inequivoche (quando diciamo “porta fuori il cane” è difficile che qualcuno vada a prendere quel vicino di casa così antipatico che una volta nonna ha chiamato “cane” durante un litigio…) e perché appartengono al medesimo orizzonte culturale.

                Eppure, non sono le frasi, non sono i termini, a far nascere gli oggetti che designano.

                Non è che se io sostengo “quando io dico ‘italiano’ tutti sanno a cosa mi riferisco” (a parte che è falso) allora faccio nascere questo ‘italiano’ come l’ho in testa io.

                Ti dirò di più: non ce l’ho (non ce l’hai) neanche in testa.

                Faccio un esempio: copio dal primo dizionario online che trovo:
                “italiano
                i·ta·lià·no/
                aggettivo e sostantivo maschile

                1.
                aggettivo e sostantivo maschile
                . Appartenente, relativo all’ Italia dal punto di vista geografico o politico: le regioni i.; gli i. del nord; abitante, nativo dell’Italia.”

                “appartenente”, “relativo a” non sono sinonimi, e sono designazioni piuttosto vaghe;
                “abitante” e “nativo”, separati da un’ambigua virgola (che può indicare congiunzione o disgiunzione o alternativa) pure non sono sinonimi e sono sufficientemente vaghi
                (molte persone sono “native” dell’Italia e tu non le troveresti per niente italiane, per non parlare di “abitante”…)

              • Z. scrive:

                No Peucè…

                quale aspirante piccolo-borghese, voglio gli sghei.

                Come direste voi milanesi: no sghei, no gain 😀

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                d’accordissimo.
                Però se tu da questo arrivi a negare l’esistenza dei cosiddetti “universali” io non sono d’accordo.
                Perché posso comunque dire che l'”italianità”, cioè l’essere italiano, ha un contorno preciso, e quindi un suo statuto di esistenza, nel sistema culturale italiano.
                D’altronde anche i confini dei singoli enti non sono così definiti. Perché si dice che io di oggi sono la stessa persona di vent’anni fa? Eppure sono diverso fisicamente, psicologicamente, moralmente, per esperienze fatte, ecc. ecc.
                Quando mi taglio i capelli o le unghie, le sento come oggetti. Eppure fino a quel momento erano “me” anche loro.
                Non solo, ma se dico che mi fa male la gamba, ne parlo in terza persona, come quando dico che mi si è guastata la macchina. Quindi “io” è una cosa che risiede altrove, fuori dal corpo. E che cazzo è….?
                Eppure non credo che tu diresti di non esistere e che io non esisto.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                brutto essere venale schifoso!! 😛

                O, meglio, sedicente tale, che invece sei generosissimo, come ho constatato.

                Comunque è molto meglio il mio di fine 😉

                Anche perché con quelli si compra anche quella (anche se quella che dà più soddisfazione non si compra mica), quindi vuol dire che quelli sono un mezzo e quella è un fine.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                prima o poi mi spiegherai qual è il meccanismo psicologico che ti induce, essendo generoso, a voler sembrare avido, essendo intelligente, a voler passare per scemo, essendo colto, a sostenere di essere ignorante, essendo raffinato, a voler far credere di essere grossolano, essendo giovane e nel complesso in forma, a voler passare per vecchio e grasso.

              • PinoMamet scrive:

                “Perché si dice che io di oggi sono la stessa persona di vent’anni fa? ”

                So di essere un po’ estremo, ma secondo me è solo una convenzione.

                Comunque, senza spingersi così avanti, mi limito a dire, confortato dal supporto di Z. che l’italianità è un concetto sufficientemente fumoso da non poterci costruire nulla.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “So di essere un po’ estremo, ma secondo me è solo una convenzione.”

                D’accordo, ci può stare.
                Ma sono vere in un certo senso tutte e due le cose.
                Esisto io, da quando sono nato fino alla mia morte.
                Poi esistono tutti gli “ii” dei vari momenti della mia vita.
                E così esiste l’italianità, la pugliesità, la “mondità”, che a loro volta possono essere declinate in molti modi.
                Però a un certo punto se ne sceglie uno, non arbitrariamente, ma perché alcuni concetti sono più forti.
                Vai a spiegare in giro, magari a un impiegato dell’anagrafe, ma anche al mio futuro biografo 🙂 , che io di oggi e di dieci anni fa siamo due persone diverse.

              • paniscus scrive:

                “Non è uno scherzo, si nota anche fra generazioni: ci sono cose che io non sarei stato in grado di spiegare alla mia bisnonna, perché le mancavano le categorie cognitive. E viceversa.”
                ———————-

                E invece questo non mi torna molto.

                Io ho avuto due nonne significativamente longeve, adesso sono morte, ma entrambe avevano superato i 95 anni.

                E quando sono nata erano ancora abbastanza giovani (rispetto ai tempi di ricambio generazionale che ci sono adesso), tanto che io ho avuto la bellissima possibilità di avere ancora le nonne fino ai miei 40 anni, e anche un po’ oltre, e i miei figli hanno avuto la possibilità di conoscere bene le bisnonne e di ricordarsele in modo consapevole.

                Bene, io non ho AFFATTO questo ricordo di incomunicabilità totale con le due vecchiette, nemmeno su questioni etiche, sociali e convenzionali che per loro sarebbero state importantissime quando erano più giovani, ma che avevano imparato a ridimensionare e a ridiscutere anche in età molto avanzata.

                Certo, c’erano dei cambiamenti di abitudini di massa ai quali facevano fatica ad abituarsi, ma non vuol dire che li rifiutassero, che li odiassero o che li maledicessero.

                ( e assicuro che NON erano per nulla rincoglionite, in quella fase, ma capivano tutto, e ci si poteva parlare liberamente di tutto – e faccio presente anche che non avevano studiato a lungo, e che la loro cultura formale era piuttosto limitata).

                Le persone intelligenti sono quelle che riescono a imparare cose nuove anche a 90 anni, e che hanno voglia di rimettersi in discussione fino a che ne hanno le forze.

              • Peucezio scrive:

                Lisa,
                come te lo devo dire che la Toscana è molto diversa?

                Comunque, scherzi e semplificazioni a parte (ma qualcosa di vero c’è), probabilmente la distanza temporale non è la stessa.
                La mia bisnonna è nata nel 1876 in un paese dell’Alta Murgia.
                Poi non lo so, io non la ricordo, è morta che avevo due anni.

                Ma ho parlato anche con gente nata molto dopo, tipo anni ’10-’20, e lo scarto cognitivo si nota.
                Per esempio la tendenza a ricondurre la realtà a dei modelli, a dei tópoi, senza darlo a vedere, ma interpretandoli di volta in volta come situazioni specifiche, contingenti e specialissime.

                Un mio amico docente universitario mi spiega che alle sue studentesse si fa un’enorme fatica a far capire la specificità delle cose: non riescono a ragionare se non per astrazione e generalizzazione concettuale. Usano un linguaggio molto fortemente polisemico e astratto, che denuncia un modello percettivo chiaro. Uno scrittore dell”Ottocento invece è uno che scrive in un modo per cui capisci con estrema precisione cosa sta descrivendo, di cosa sta parlando.

              • PinoMamet scrive:

                Comunque Peucè continuo a non sapere cosa sia l’italianità. Se si tratta di definirla, non possiamo essere molto meno vaghi del dizionario riportato più sopra.
                Come diceva il mio benemerito prof di matematica “se non riesci a esprimere chiaramente un concetto, in realtà non hai nessun concetto, solo una grande confusione”.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                io te l’ho detto.
                Avere ascendenti italiani dal ‘700.
                Poi puoi non essere d’accordo, ma è un altro paio di maniche.

              • PinoMamet scrive:

                Peucezio, su, non fare il gioco delle tre carte.

                L’hai già detta questa cosa: ok, questa è l’ “italianità” secondo te. Ti basta rileggere i commenti velocemente per capire che non è l’italianità secondo tutti gli altri
                (secondo nessun altro a dire il vero)

                quindi

                non è l’italianità in assoluto.

                Rimango in attesa che qualcuno trovi il minimo comune denominatore tra le infinite posizioni possibili sul tema, che sarebbe la famosa pietra filosofale o araba fenice, cioè “l’italianità” in assoluto.

              • Roberto scrive:

                Il ramo paterno della famiglia di mia madre è un guazzabuglio straordinario, di spagnoli e scozzesi (mia madre ha un cognome spagnolissimo)
                Mia nonna materna era tedesca (non di origini tedesca, proprio tedesco)

                Spero che tu non stia mettendo in dubbio la mia italianità, sennò scegli arma e posto, io prendo Pino come padrino

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “Ti basta rileggere i commenti velocemente per capire che non è l’italianità secondo tutti gli altri
                (secondo nessun altro a dire il vero) ”

                Gli altri sbagliano 😛

                Roberto,
                ci mancherebbe!
                Si parla così, accademicamente.
                Poi sei troppo grosso perché qualsiasi persona di buon senso ti sfidi a duello. 🙂

                Scherzi a parte, diciamo che la mia definizione si riferisce all’italianità di sangue, per cui se io, putacaso, ho un trisavolo ungherese, sono per un sedicesimo ungherese.
                E’ chiaro che devo porre un limite cronologico, altrimenti saremmo tutti africani, secondo gli studi sull’origine dell’uomo.
                Ovviamente non posso avere un passaporto italiano per 15/16 e ungherese per 1/16, quindi è logico che io abbia un passaporto italiano, a maggior ragione se i miei genitori sono cresciuti qua, io pure, sono italiano di cultura, ecc.
                Questo da una parte.
                Dall’altra bisogna pur porre un argine a un movimento che rischia di stravolgere una fisionomia etnica che è il risultato di una lenta e complessa stratificazione e sedimentazione storica, che io fermerei appunto al ‘700, perché l’età contemporanea (nell’accezione degli storici) è l’età borghese, che pone fine alla costruzione dell’Italia come luogo di retaggio storico e soprattutto artistico, come luogo del bello cioè. La civiltà italiana insomma non è certo ottocentesca, è medievale (col retaggio classico), è rinascimentale, è barocca…

              • PinoMamet scrive:

                Vabbè, questa è la spiegazione per esteso del tuo personalissimo punto di vista. E visto che è il tuo own personal punto di vista, più vai avanti e più me dai ragione, Peucè… 😉

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                fammi capire: dovrei scrivere qui dentro per esprimere il tuo punto di vista? Non è più semplice che lo scriva tu?

                Come quelli che quando uno dice una cosa dicono: “ma questa è la sua opinione” (riferito all’interlocutore). Grazie al cavolo: se sta parlando, è chiaro che è la sua opinione.

              • PinoMamet scrive:

                Dai Peucezio sai benissimo che non è il punto

                ti riassumo:
                tu hai sostenuto che esista una cosa chiamata “effettivamente italiano”;

                Z., Roberto e io sosteniamo che questa cosa non esista, e infatti le definizioni di cosa sia “effettivamente italiano” possono variare tantissimo;

                tu, anzichè dimostrare il contrario, rispondi citando la tua personale opinione di cosa sia.
                Che per esempio è diversa da quella di un dizionario online che ti ho riportato, come è diversa dalla mia che se vuoi posso riportarti.

                Insomma, cadi nel pensiero circolare.

                Ripeti con me 😉

                Peucezio ≠ Verità

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                tu vuoi la dimostrazione, quasi fosse un teorema geometrico.
                E’ chiaro che la nostra visione del mondo e il nostro modo di interpretare la realtà è dovuto alla nostra stroria, sensibilità, al nostro retroterra.
                Insomma, qui non si tratta di un dato, chessò, la data di un evento storico, che uno sa o non sa. Si tratta appunto di interpretazione.
                Io ho portato i miei argomenti a favore della mia interpretazione, ma non posso portare prove, perché non avrebbe senso.

              • PinoMamet scrive:

                Peucè

                Scusami se sono sintetico, ma è davvero così breve:

                Tu sei partito dicendo che “un’automobile è sempre un’automobile”, e sei finito dicendo “un’automobile è una cosa fatta così, secondo me”.

                Un’affermazione non può essere contemporaneamente:
                -Assoluta e universale
                -Soggettiva e personale

              • Peucezio scrive:

                PIno,
                allora,
                è chiaro che ciò che io penso, anche se, poiché lo penso io, si potrebbe dire che è soggettivo e personale, per me è oggettivo e universale.

                E’ un po’ come le religioni, diciamo i monoteismi esclusivisti.
                Per un cattolico la sua verità è assoluta e vale a tutte le latitudini e presso tutti. Ma un islamico ti dirà esattamente la stessa cosa.
                Io sono convinto di avere ragione. Tu, legittimamente, pensi di no, perché tu sei tu e non sei me. Poi chi lo sa dov’è la verità, ammesso che esista: io credo che sia quella che penso io.

              • PinoMamet scrive:

                Daje…

                Peucè, il punto non è se hai ragione tu (“sono italiani quelli che discendono dal Settecento”) o se ho ragione io (la mia opinione, se la vuoi sapere, è “sono italiani quelli che tifano ai Mondiali”);

                il punto è che tu sei partito dicendo
                “tutti sanno cosa vuol dire ‘effettivamente italiano'”

                e invece salta fuori che ci sono mille opinioni diverse in proposito!

                allora questo “effettivamente” non esiste, come ti ripeto dall’inizio.

              • Peucezio scrive:

                Ah, vabbè, in questo senso sì.
                La mia accezione di italiano non coincide necessariamente con quella più diffusa.

  20. Roberto scrive:

    In topic (spreco)

    https://www.quotidiano.net/cronaca/seggiolino-auto-con-allarme-legge-1.4204623

    Tutti i seggiolini esistenti in Italia sono da buttare?

    • werner scrive:

      La lobby dei costruttori di seggiolini ringrazia !1!!11!!

      • roberto scrive:

        magari c’è un produttore di seggioli che li produce e gli altri si fottono….

      • roberto scrive:

        comunque questa storia è veramente in topic, non solo per la questione “spreco”, ma anche per la questione “burocrazia” e “la vita non è nelle carte ma nel giardino”.

        Al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prepareranno un decreto che con un tratto di penna ci dirà cosa si può vendere in italia e cosa no. chi ci guadagna e chi è fuori mercato. chi perderà il posto di lavoro perché fuori mercato e chi lo manterrà.

        un tratto di penna.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Tipologia di seggiolino, curvatura delle banane, obbligo di essere titolari di una linea fax… Io rinvio sempre a Irti, L’ordine giuridico del mercato.

        • Roberto scrive:

          Sembra interessante in effetti

          Volevo comunque solo evidenziare la potenza del tratto di penna in un blog dove si legge spesso che la politica è inutile ed impotente

  21. Peucezio scrive:

    Fuori tema,

    invece, ragazzi, secondo voi qual è lo scenario più probabile fra qualche anno?
    1) continua più o meno una qualche forma di collaborazione fra populisti di destra e “populisti” di sinsitra, magari con una scissione dentro il M5S che ne porta un pezzettino a sinistra, magari con LeU o qualche roba simile, ma nel partito resta prevalente l’anima “dimaista” (di Di Maio); ciò comporta che il Pd resta il referente dei ceti non populisti (cioè in sostanza della borghesia internazionalista) e quindi recupera un suo ruolo (anche se non può espandersi troppo come consensi: le élite per definizione non sono composte da grandi masse di persone), per cui si va verso un bipolarsimo partiti-istutizionali-antipopulisti vs partiti-populisti; oppure
    2) a un certo punto si rompe il sodalizio, i grillini diventano la sinistra, la sinistra tradizionale diventa marginale (il nuovo PRI) e comunque ci si allea, per cui si ha un bipolarismo sinistra “populista” vs destra populista (insieme a F.I.).
    Io inclino per una delle due ipotesi, ma non vi dico subito quale.
    Che ne pensate?
    C’è magari un terzo scenario possibile?

    Per inciso, a me un po’ sfugge che differenza ci sia fra Pd e M5S riguardo ai fini, cioè all’idea di società, alla visione del mondo, ai valori. Mi sembra che perseguano gli stessi fini con mezzi diversissimi, per certi versi opposti.
    A volte ho l’impressione che Di Maio sia un signore che vuole percorrere la stessa strada di Salvini, per arrivare nello stesso luogo… di Martina!
    E’ chiaro che i mezzi non sono un dettaglio, anzi, la politica è soprattutto scelta di mezzi, di strategie.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Martina, Di Maio e Salvini vogliono tutti la stessa cosa: voti.

      • Peucezio scrive:

        Questa è una banalizzazione e lo sai.
        Su Martina poi… un partito che ha scelto di rappresentare le élite non vuole voti per definizione.

        • Z. scrive:

          Non è quel che sceglie il povero Martina, secondo me, è che le “élite” al momento hanno ben poche alternative: Casalino e Toninelli? Borghi e Bagnai? un sempre più anziano Berlusconi?

          Ma ormai temo che questo conti poco.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Tra i due partiti che possono avere voti in futuro…

          • Peucezio scrive:

            Io però parlando di élite non mi riferivo all’establishment (quanti cazzo di barbarismi tocca usare…), cioè a settori della finanza e del potere che fanno buon viso a cattivo gioco e, come nota giustamente Mauricius, hanno capito chi ha qualche possibilità di governare nel futuro prossimo e chi no, ma alle élite semicolte, cioè al popolo dei laureati e rincoglionitume vario. Quelli state tranquilli che, con poche eccezioni, restano tenacemente piddini.

            • Z. scrive:

              Ma esattamente cosa ti disturba dei laureati? Chessò, boh, ti urta la concorrenza? Non capisco

            • Z. scrive:

              Cioè, intendo, pensi che quel titolo permetta loro di vantare privilegi immeritati?

              Tiro a indovinare…

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              ma dai, che mi conosci molto meglio di quanto non fingi…
              La concorrenza poi… quando non ero laureato allora perché mi sarebbero stati sul cazzo?
              No, non c’entrano nulla i privilegi.
              E’ un disprezzo antropologico, perché essendo istruiti e borghesi hanno perso il legame con le esigenze pratiche e il mondo della vita reale e vissuta, che comunque riscatta e ancora a un dato di realtà e concretezza che è sempre sano, senza però eccellere, ma esprimendo mediocrità e conformismo intellettuale, ignoranza, strumenti linguistici ed espressivi poveri e approssimativi, competenze fittizie, generiche e inconsistenti.

              Io, più in generale, disprezzo le élite, perché esprimo la violenza del conformismo e del potere.
              Mio zio dice che ci sono tre gruppi umani: i capi, i gregari e pochi uomini liberi. I capi e i gregari soggiacciono alla stessa logica del potere, lui dice. Ma lui, in fondo, diversamente da me, disprezza anche i gregari, sia pure sentendo anche solidarietà umana nei loro confronti.
              Io invece credo che gli strati bassi della popolazione non soggiacciano davvero alla logica del potere, perché solo chi la esercita davvero, ne è schiavo. Chi la subiosce con la forza, la subisce come imposizione esterna, ma non ne è intimamente partecipe.
              Invece i capi (intesi come ceto, non i vertici) sono i veri gregari, perché sono completamente in consonanza con le idee e i valori dominanti, il che significa che sono in consonanza con le logiche del potere, che essi stessi interpretano, senza metterle in discussione, anzi, alimentandole.
              In questo senso il conformismo non è un atteggiamento totalmente passivo: il vero conformista è aggressivo. La logica del branco infatti è questa: tutti fanno la stessa cosa, con violenza e brutalità, e si alimentano fra loro, non sono così attivi da essere veramente liberi da logiche di branco, ma nemmeno così passivi da obbedire ciecamente a un ordine esterno.
              Per questo io trovo ci sia una nobiltà di fondo nella passività del popolo: chi non esercita violenza (in tutti i sensi: oggi non è più quella fisica ovviamente, almeno da noi) è meno schiavo degli istinti, è più mediato, più nobile, più umano e meno ferino.
              Il monstrum sta proprio nelle élite, perché sono loro ad esercitare il potere.
              E oggi le élite sono i laureati, così come in altre epoche erano i guerrieri (pur con tutti i distinguo che ha fatto giustamente Pino qualche giorno fa) o altri gruppi.

              Cioè io vedo un seme di ferocia nei ceti dirigenti attuali. E in questo momento che sono anche residuali e in decadenza, sono anche regrediti intellettualmente e moralmente. I ceti dirigenti dei tempi della I Repubblica avevano mille difetti, ma erano molto più raffinati: a un certo punto le società si strutturano per temperare gli istinti peggiori, mediarli, integrarli. Ma capitano anche i periodi di regressione, di imbarbarimento.
              Molti lo vedono nel popolo, che sarebbe diventato razzista, ecc. Il popolo fa il popolo, cioè esprime il suo consenso millenario:il popolo in un certo senso è fuori dal tempo. La regressione io invece la vedo in alto, non in basso, nel degrado culturale e morale dei ceti semicolti, dei laureati medi, del mondo dei professionisti, dell’università, dell’editoria, del giornalismo, della scuola, della cosiddetta cultura, cinema, musica, ecc.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              comunque è davvero strano che tu abbia pensato che questo disprezzo sia legato a ragioni personali: le mie esperienze personali sono di tutt’altro segno: ho incontrato gente di tutti i tipi, ma, nel complesso, se dovessi basare il mio giudizio sulle mie esperienze dirette, sarebbe abbastanza positivo (magari forse non sul piano strettamente culturale e intellettuale – anche se ho trovato felicissime eccezioni, e non pochissime – ma sicuramente su quello morale).
              Circa la concorrenza: si sa che l’Italia funziona per cooptazione e per rendite di posizione e questi sono vizi antichi, che non c’entrano nulla col mondo intellettuale in sé e non costituiscono nemmeno sistemi di privilegio di un ceto intellettuale contemporaneo, perché sono retaggi, benché ancora molto forti, legati a un’Italietta che idealmente potrebbe pure starmi simpatica, se non fosse per le conseguenze pratiche che comporta. Se il mio problema fosse la concorrenza in virtù del livello intellettuale e culturale del contesto di cui parliamo, potrei dormire sonni tranquillissimi!

            • Peucezio scrive:

              Scusa, volevo dire “il suo buon senso millenario”, non “il suo consenso millenario”.

            • Z. scrive:

              Più che altro immaginavo qualcosa tipo: ecco, questi hanno un titolo come il mio, o più importante addirittura, e ne sanno un decimo.

              Ma come ti ho detto, tiravo a indovinare…

              Comunque:

              1) con tutti i laureati che fanno i telefonisti, la laurea credo abbia a che vedere con l’élite come le ghiande con gli orbitali:
              2) trovo che il gregario medio sia oggi molto, molto più conformista del capo medio.

              • Peucezio scrive:

                Sì, probabilmente ne sanno meno di me, ma non ho mai considerato una colpa il non sapere in sé…

                Sul primo punto: è quello che sostiene anche mio cugino, che dice che hanno una specie di sindrome di Stoccolma: vittime che amano il carnefice. Mah… non lo escludo. Resta il fatto che se una famiglia ha i mezzi per farti prendere una laurea, proprio malissimo non devi stare messo.

                Il punto due per la verità non l’ho capito.
                Io ho detto che secondo me il capo e il gregario sono la stessa persona, cioè le élite e che il popolo, così come i pochi uomini liberi, si collocano fuori da questa logica.
                Tu parlando di “gregario” a chi ti riferisci?

                Io comunque trovo che il livello di cultura delle classi basse si sia tutto sommato innalzato (ricordo quando ero ragazzino che c’era ancora gente non in grado di esprimersi in italiano; poi sono venute meno altri tipi di competenze, ahimè…), mentre quello delle classi alte si è abbassato visibilmente.

                Tieni conto comunque sempre di una cosa (che avrò spiegato mille volte): quando io dico “conformista” non intendo uno che segue le idee correnti, più diffuse, ma uno che segue le idee alla moda, quelle professate dalla parte più avanzata della popolazione.
                Per intenderci, per me nel ‘700 i conformisti erano gli illuministi, non il popolino cattolico e magari anche un po’ superstizioso o la nobiltà tradizionale; nell”800 in Russia erano i nichilisti, non certo i conservatori o la gente comune: con conformismo io mi riferisco alle avanguardie di pensiero, alle idee alla moda, trainanti, non al senso comune collaudato della maggioranza.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Insomma, tu chiami conformismo quello che non ti piace. Esattamente come hai scelto il Settecento come misura di italianità perché così ti girava.

              • Z. scrive:

                MT,

                — Insomma, tu chiami conformismo quello che non ti piace. —

                Sì, l’idea mi sembra sostanzialmente quella 🙂

              • Peucezio scrive:

                No, chiamo conformismo l’adesione alle ideologie di moda.

                Dire che d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo non è conformismo, è ovvietà.

                Poi uno può usarlo anche in un’altra accezione, può usarlo per riferirsi a pregiudizi popolari tramandati, quelli di un tempo. Ma io lo trovo meno pertinente, perché il conformismo lo associo all’adesione a una temperie, non alla mera ricezione passiva di idee tramandate.
                Però basta intendersi sui termini.
                Visto però che sono più o meno l’unico a battere qui dentro sul tema del conformismo, sappiate che la mia accezione è quella, altrimenti non ci capiamo.

            • PinoMamet scrive:

              “E’ un disprezzo antropologico, perché essendo istruiti e borghesi hanno perso il legame con le esigenze pratiche e il mondo della vita reale e vissuta, che comunque riscatta e ancora a un dato di realtà e concretezza che è sempre sano”

              Cito solo questo passaggio ma mi riferisco un po’ a tutto l’intervento.

              Mah, Peucezio, non so: mi sembrano più o meno le idee che aveva Pasolini, però ai suoi tempi poteva darsi che fosse ancora così, oggi non mi pare.

              A dire il vero credo che al giorno d’oggi i non istruiti siano più ferocemente conformisti degli istruiti.

              Al tempo di Pasolini esisteva ancora una cultura tradizionale, contadina, artigiana, popolare, in procinto di essere travolta.

              Ora non c’è più, tolto qualche anziano e anzianissimo.

              Se negli anni ’50, ’60, i popolani erano gli ultimi a ricevere le mode, oggi sono i primi, e i loro più feroci missionari e inquisitori. Non hanno più niente da contrapporgli, del resto.
              Mentre gli istruiti conoscono almeno qualcos’altro, due libri li hanno letti, sanno che esiste anche un’alternativa.

              [Forse tu hai l’idea degli istruiti, laureati, che vogliono a tutti costi far passare l’idea del gender (semplifico) mentre la gente umile la trova indigesta.
              Del resto è l’unico caso in cui pare che ci sia una certa resistenza a una moda, per questo credo che ti riferisca a quello.

              Solo che non è più così, forse lo era ancora dieci anni fa, ma ora non più: i programmi televisivi generalisti offrono servizi che parlano di persone che cambiano sesso, le signore “comuni” dicono a Vladimir Luxuria che la vorrebbero come migliore amica (parlo solo di cose che ho visto io), le persone dichiarano esplicitamente di esere omosessuali e nessuna vecchietta cattolicissima (che non esistono più) batte ciglio.
              Secondo me è una cosa positiva ma l’argomento non è questo.]

              Voglio dire che la resistenza a modelli imposti o importati non viene certo dal ceto umile.
              I cantanti “rap” e “trap” non sono certo dei laureati alla Normale, né li rappresentano.

              E il legame con la cultura pratica dei non istruiti poi ormai mi sembra ampiamente mitico.

              I non istruiti di oggi non fanno mica gli artigiani e i contadini: a fare gli artigiani e i contadini oggi sono giovani istruitissimi, che hanno studiato apposta, oppure hanno studiato qualcos’altro e a un certo punto hanno deciso di “tornare” a un lavoro che magari loro o i loro nonni non hanno mai svolto (o magari sì, ma non cambia), e lo fanno in modo diversissimo da come l’avrebbe fatto il loro nonno:
              il loro nonno non vedeva l’ora di avere la pianta arrivata da chissà dove che produceva molte più mele, loro riscoprono il melo dimenticato dal Settecento.

              Mentre i non istruiti e i poco istruiti fanno lavori su cui non hanno nessun controllo tecnico: fanno i riders in bici, i fattorini e magazzinieri di Amazon ecc. ecc., tutta roba che si fa con in mano un computer o un palmare progettato da altri.

              • Peucezio scrive:

                Sì, è verissimo tutto quello che dici e sono obiezioni pertinentissime.

                Quello che noto però, malgrado tutto ciò che analizzi in modo molto corretto e lucido, è che i partiti identitari e conservatori pescano fra i ceti bassi, mentre i ceti alti votano i partiti mondialisti, europeisti, “gender-isti”. E questo in Italia, come in America, come altrove, almeno in Occidente (in altre realtà non saprei).
                Per questo, malgrado tutto il degrado antropologico dei ceti subalterni che hai giustamente descritto (e che già lo stesso Pasolini rilevava nelle sue forme incipienti), io qualcosa di sano ancora ce lo trovo.

              • Z. scrive:

                Il partito Alfa lo votano i ceti umili, dunque ha ragione?

                Ci vedo un certo salto logico.

                PS: contraddice anche la tesi che votare Berlusconi, il quale non ha sfondato tra i ceti umili, fosse una buona idea. E qui concordo, non lo era 🙂

    • Roberto scrive:

      Anni….per me l’orizzonte è le prossime europee e prevedo questo:
      – fino a gennaio febbraio si discute a Bruxelles della manovra italiana
      – verso fine febbraio il boom: non possiamo abolire la povertà per decreto perché bruxelles non vuole
      – campagna elettorale anti Europa: non fa niente per gli immigrati e ci impedisce di eliminare la povertà
      – a Maggio pentastelluti fanno il 90% (del 45% dei votanti….)
      – l’Italia sarà presa ad esempio da lepenisti, néonazi tedeschi, svedesi, danesi e visegradesi
      – primo parlamento europeo a forte maggioranza antieuropeista
      – game over in 5 anni

      (Venite a mangiare nella mia osteria sui Pirenei, sempre se vi resta qualche spiccio in tasca dopo la tempesta)

      • Peucezio scrive:

        Semmai i leghisti, più che i pentastelluti.

        Game over per chi (o che cosa)?

        Sull’invito ti prendo alla lettera!! Ho voglia di una bella scampagnata pirenaica!

        • Francesco scrive:

          Game Over per noi comuni mortali europei. Sempre che non si finisca come in Jugoslavia, ad ammazzarci.

          Ma è più facile una roba di tipo venezuelano, miseria ogni giorno più nera e sfacelo, mentre un qualche Maduro straparla in televisione.

        • Roberto scrive:

          Esatto, e anche io vedo più il Venezuela che la jugoslavia.
          Poi per carità, l’umanità è sopravvissuta alla fine dell’impero romano, a due guerre mondiali e alla Juve in serie B, ci si riorganizzerà in qualche modo e di sopravviverà

          • Z. scrive:

            Però il fatto che ci si rimetta periodicamente in mano a gente che si lancia ai duecento all’ora contro un muro è interessante.

      • Roberto scrive:

        Si certo, mi è scappato il post, intendevo legastelluti

      • PinoMamet scrive:

        Un paio di anni fa pensavo che l’uscita dall’euro sarebbe stata un fatto sostanzialmente positivo, nell’arco di dieci anni, nonostante il terrorismo psicologico europeo.

        In effetti a livello di scenografia, per così dire, ero giustificato: il tenore di vita di moltissimi italiani si era abbassato con l’euro, ed effettivamente la UE faceva terrorismo psicologico contro le varie exit, economiche o politiche, e si mostrava stupidamente intransigente con i greci.

        Ora, a conti fatti, credo che all’Italia convenga restare nell’euro, negoziando al meglio possibile la sua situazione debitoria.

        Solo che non può essere Salvini (vabbè, Conte) a farlo. Non puoi negoziare due cose contemporaneamente, non puoi mostrarti intransigente su due argomenti insieme, perché useranno un fronte per indebolire l’altro.
        O riduce il debito (che è molto rischioso, è un argomento serio perché tocca i soldi) o sbatte le porte in faccia agli immigrati (che è molto meno rischioso: in fondo in Europa le sbattono tutti, e meno ne sbarcano più sono contenti).

        Quindi immagino che il governo Salvini (vabbè, Conte) durerà al massimo fino a primavera.

        • Z. scrive:

          Dici? Secondo me i grillini non hanno fretta di perdere le elezioni, e non è detto che un alleanza di centrodestra riuscirebbe ad arrivare al 40%.

          Secondo me continueranno a far danni più a lungo…

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          ma quale sarebbe il nesso fra euro e immigrazione?

          Tra l’altro non ho mai capito che c’entra l’Europa con l’immigrazione. Comprese le querule richieste anche italiane, dello stesso Salvini, che gli altri stati si accollino parte dellka nostra immigrazione. Per quale folle motivo dovrebbero mai farli.
          Secondo me ognuno dovrebbe poter respingere gli immigrati liberamente, con i metodi che vuole, senza pretendere di accollarli ad altri.

          • PinoMamet scrive:

            Ma non c’è alcun nesso! Perché dovrebbe esserci? Potrebbero benissimo essere due altri argomenti completamente diversi e slegati;
            Semplicemente, l’Italia non ha la credibilità e la forza di inimicarsi l’UE in due campi contemporaneamente, come Hitler non aveva la forza di fare la guerra agli USA e all’URSS contemporaneamente

            • Peucezio scrive:

              Ma quello che non ho capito è perché s’inimicherebbe l’Ue sull’immigrazione? Che c’entra l’Ue con l’immigrazione?
              Se la puoi inimicare sui conti, questo sì.

              Poi, vabbè, l’Ue se potesse direbbe pure a che ora possiamo cagare, ma non è che se mi scappa alle 9 anziché alle 10 posso trattenerla per non contrariare l’Ue.

              • Francesco scrive:

                >> Che c’entra l’Ue con l’immigrazione?

                i paesi membri della UE hanno deciso la libera circolazione delle persone al loro interno e, poi, di avere politiche comuni verso gli immigrati. si chiama Unione, non Vattelapesca, Europea.

                nei fatti hanno poi scelto di comportarsi alla Peucezio, ognuno per sè e si fottano gli altri, ma questa è la negazione di una unione.

            • PinoMamet scrive:

              “Perché” non lo so e non ha importanza, sta di fatto che lo sta facendo e lo ha già fatto.

              • Peucezio scrive:

                Mah, forse sopravvaluti un po’ la cosa.
                E’ vero, e sono d’accordo con te, che c’è molta ideologia.
                Ma è anche vero che comunque alla fin fine l’Ue è la Germania, o, per meglio dire, l’economia tedesca che pensa a tutelarsi e imporsi.

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          invece cosa ti ha fatto pensare che invece si può stare nell’euro senza danni?

          Io personalmente comunque sono fermamente convinto che l’euro ci porterà nel baratro. Ma forse lo eviteremo non tanto perché i nostri politici saranno così coraggiosi da uscirne (non ci conto), ma perché si sfascerà da sé.

          • PinoMamet scrive:

            L’euro è stata una grossa scommessa, che forse l’Italia non avrebbe dovuto fare da subito.

            Però l’ha fatta, e io la vedo così: il momento buono per uscire era subito.
            In un fiume o ci entri o non ci entri; ma una volta che sei oltre la metà del guado, tornare indietro non ha senso.

            L’economia italiana non è più quella degli anni Ottanta; può essere che sia peggio (lo credo) ma sicuramente è in procinto di una trasformazione ormai profondamente legata a quella degli altri paesi dell’area Euro.
            Ci sono in ballo molti, molti soldi. O si sta dentro tentando di giocarsela al meglio, o si affronta un’altra volta l’ignoto, e accompagnati da una serie di paesi storicamente mai troppo ben disposti verso l’Italia, e pronti a farti pagare fino all’ultimo centesimo (anche più volte e oltre il dovuto).

            L’unica alternativa sarebbe trasformarsi in vassalli dei russi e dei cinesi, prontissimi a comprarsi l’Italia a contanti e a prezzo di sconto.

            Allora tanto vale giocare quasi-alla-pari con francesi e tedeschi, con cui comunque si è garantiti da una serie di vincoli comuni e da una conoscenza secolare, e lo squilibrio non è eccessivo.

            • Peucezio scrive:

              Beh, ma perché dei russi saremmo vassalli e dei tedeschi no?
              I tedeschi sono una potenza economica divesre volte la Russia.
              E i russi sono ortodossi, ci sono più affini cultura rispetto ai tedeschi protestanti.

              • Francesco scrive:

                metà dei tedeschi sono cattolici

                le economie tedesca e italiana sono molto molto simili

                entrambi i paesi sono democrazie liberali, dove la polizia non arresta i giornalisti e i politici dell’opposizione e dove le elezioni non sono controllate dal governo

                eccetera eccetera

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                “entrambi i paesi sono democrazie liberali, dove la polizia non arresta i giornalisti e i politici dell’opposizione e dove le elezioni non sono controllate dal governo”

                Male, male. Molto male.
                Se in Italia si potessero arrestare un po’ di giornalisti e politici dell’opposizione, diverrebbe un paese più pulito.

                Comnunque ciò che dà il segno in Germania è il luteranesimo: la Germania acquisisce una lingua unitaria grazie alla Bibbia di Lutero, si unifica grazie ai prussiani… Il più significativo episodio cattolico in un certo senso è stato proprio il III Reich, nato da un austriaco, sviluppatosi in Baviera e legato intimamente a quell’area.
                Oggi poi, se già tutto il cattolicesimo postconciliare è profondamente protestantizzato, quello teutonico lo è all’ennesima potenza. Si salva solo Ratzinger alla fine.
                No, no, meglio la Russia, che non ha conosciuto né riforme protestanti, né concilii vaticani II e, soprattutto, non è in balìa dei pennivendoli e dei politici antinazionali.

              • roberto scrive:

                sul luteranesimo, non posso che confermare quanto dice Francesco: metà dei tedeschi sono cattolici…anzi precisiamo, un terzo non sono niente, quasi un terzo cattolici e quasi un terzo protestanti (*meno* dei cattolici, veto ora dalle ultime statistiche 28% a 26%) e i due “quasi” sono riempiti dai musulmani.

                fare finta che non esistono i cattolici rientra nella classica petulanza piangiona catolica

              • Peucezio scrive:

                Per carità, non voglio dire che non esistano, ci mancherebbe altro!

                E per la verità non so cosa sia la petulanza piangiona cattolica: gli attuali vertici religiosi cattolici piangerebbero se non ci fossero i loro amatssimi fratelli luterani, quello sì. Poi per piangere e petulare, effettivamente piangono e petulano, ma solo quando Salvini cerca di limitare l’immigrazione o qualche politico bavarese impone il crocifisso negli uffici pubblici. Altrimenti no.

              • Roberto scrive:

                Peucezio,

                Questa è una scena profondamente americana secondo me (rivolta a parte gli americani sono i due che lavorano al fastidio food)

                https://youtu.be/1DuYVuLgQ9U

              • Roberto scrive:

                Fast

                E ho sbagliato ad allineare il post, va lì dove parliamo di regole

              • Z. scrive:

                Peucè… i cattolici si lamentano quando qualcuno vuole imporre il crocefisso negli edifici pubblici? quando è successo?

              • Z. scrive:

                Difficile dare torto al vescovo: la croce non è una clava e – salvo che in uno Stato confessionale – nemmeno un’insegna civile.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Difficile dare torto al vescovo: la croce non è una clava”

                Infatti, chiedessero a me se preferisco morire in croce o con un veloce colpo di clava in testa…

              • Roberto scrive:

                Quando c’era stata la sentenza della corte CEDU sui crocefissi a scuola, vari vescovi, cardinali, preti &e affini erano corsi a strapparsi le sottane su giornali e TV per spiegare che il crocifisso è un simbolo culturale.
                Ci fosse stato uno, oltre a me, che gli avesse detto “a banda di senzadio! è un simbolo cristiano che ricorda la passione morte e resurrezione di nostro signore Gesù cristo!”
                Vedo che in Germania ci sono ancora dei cristiani

            • Z. scrive:

              Perché coi tedeschi e coi francesi condividiamo, dagli anni Cinquanta, in un’organizzazione che comunque può garantire una base di regole comuni.

              E poi perché la Russia NON fa, né mai farà politica estera. Mai. Sembra strano, vero? Però è quello che ci racconta la maggioranza al governo e i giornali che servono la sua causa: la politica estera russa non esiste. La propaganda russa non esiste. Forse la stessa Russia, chissà, non esiste 😉

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                è questione di regole quindi…
                Io ho l’impressione che il guaio dell’Italia non è la carenza di regole, ma l’eccesso.

              • Peucezio scrive:

                Comunque quello con la Germania è un abbraccio mortale, perché loro hanno il complesso del senso di colpa, quindi si suicidano moralmente e trascinano noi nel loro suicidio. La Germania è una superpotenza economica e un nulla, un buco geopolitico.
                E la mancata egemonia geopolitica è anche una mancata egemonia culturale, infatti la società tedesca non ha valori da proporre.

              • Peucezio scrive:

                Aggiungo che Mosca è la Terza Roma, c’è una continuità ideale con Costantinopoli (un mio vecchio anziano amico russo, un eccentrico pittore che vive vicino a Milano, mi disse una volta di sentirsi bizantino), quindi i russi sono legittimamente dei cives romani, quindi è giusto che la prima Roma sia alleata con la terza.
                Per altri questi elementi simbolici e identitari non significheranno nulla, per me significano moltissimo: la Russia è un impero romano e cristiano, quindi è un pilastro del bene contro la dissoluzione e le forze disgregatrici del nichilismo occidentale. Vi ha soggiaciuto nel Novecento e, anzi, fu l’Occidente a fare da argine contro il comunismo ateo e distruttore, oggi i ruoli si sono invertiti.

              • PinoMamet scrive:

                sì ma è una Roma troppo lontana!

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — è questione di regole quindi… —

                Di protocolli comuni, inzomma.

                — Io ho l’impressione che il guaio dell’Italia non è la carenza di regole, ma l’eccesso. —

                Uhm, mi sembra che qui “regole” assuma un diverso significato 🙂

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                ci sono arrivato in aereo in tre ore da Milano.
                Ci metto di più ad arrivare a Venezia in macchina.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                d’accordo, ma qual è il vantaggio in tutto questo?
                Perché codesti protocolli sarebbero benefici?
                Visto che gli svantaggi sono più che evidenti: i tedeschi stanno distruggendo tutte le economie europee che non siano la loro.

              • Z. scrive:

                Uhm, io non sono certamente un esperto, e sarà per questo che a me questa evidenza sfugge.

                Quel che mi è abbastanza evidente, invece, è il terrore che ha preso i brexitoni una volta vinto il referendum, tra corse a smarcarsi e ad accaparrarsi passaporti stranieri.

                Sei sicuro che le imprese italiane siano ansiose di tornare alle barriere nazionali?

              • Peucezio scrive:

                Mah, coedsta Inghilterra pentita e in crisi mi sembra più una costruzione onirica che reale.

                Quando vedrò l’Inghilterra combinata peggio della Grecia (che è parte integrante di Europa ed euro), ci crederò.

              • PinoMamet scrive:

                Vabbè Peucè, se è per questo arrivi anche a New York in 6 ore e in 10 a Pechino.

                Ma voglio dire che non c’è stato un momento storico in cui la “Terza Roma” abbia avuto i territori della “Prima” sotto il suo controllo diretto, in cui vi abbia esercitato un’influenza culturale preponderante (mentre è vero il contrario), in cui si può dire che in qualche misura abbia “russificato” l’Italia (escluso Reggio Emilia 😉 ).

                L’Italia non è mai stata nell’orbita russa-imperiale, e quanto al periodo sovietico, ci si accontentava che in Italia vi fosse un forte e più o meno fedele Partito Comunista.
                I russi non sarebbero entrati in Italia neanche nell’improbabile caso di “guerra calda” convenzionale: vi sarebbero entrati gli ungheresi, secondo i piani.

                E penso che neanche nei sogni di grandeur più sfrenati di Putin si sogni di sottrarre l’Italia al mondo euro-occidentale per trasformarla in una Bielorussia…

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                la storia cambia.
                Nel ‘700 qualcuno avrebbe immaginato che saremmo stati sotto l’egemonia d’Oltreoceano?
                Forse persino Hitler, pochissimo tempo prima, stentava a immaginarlo: per lui tutto si giocava fra l’impero marittimo inglese e gli sterminati spazi terrestri in mano agli Slavi.

                Resta da capire quali sarebbero gli svantaggi del fare fronte unico con i Russi. Tra l’altro per decenni i comunisti nostrani – quelli di cui il nostro Z. è un erede politico – lo volevano, per ragioni opposte. Ora che si tratta di farlo in nome di valori giusti, non alla rovescia, non vedo quale sia la controindicazione.

              • Francesco scrive:

                Peucezio

                la Germania è il Sacro Romano Impero!

                molto più vicino a noi della Terza Roma, che è filiazione di Bisanzio, la versione greca di Roma con cui abbiamo avuto pessime esperienze!

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                questo è vero.
                Però l’ultima versione dell’Impero Tedesco, dopo il Sacro Romano Impero e quello Guglielmino è stata perlappunto la terza (il III Reich) e mi pare che la Germania (e l’Europa) attuale si ponga non solo in discontinuità, ma tragga la sua stessa legittimità e le sue basi ideologiche e morale proprio dalla contrapposizione ad essa.

                “molto più vicino a noi della Terza Roma, che è filiazione di Bisanzio, la versione greca di Roma con cui abbiamo avuto pessime esperienze!”

                Veramente tutta la storia sta a dimostrare che sono loro che hanno avuto pessime esperienze con noi. La IV crociata è solo l’esempio più eclatante.
                Io ci aggiungerei la Rivoluzione Bolscevica, che fu anch’essa un bel regalo dei Franchi alla Santa Madre Russia.

              • PinoMamet scrive:

                povera Rivoluzione Bolscevica! Devo dire che ai Franchi non l’avevo mai sentita attribuire…

                😉

                pensa che a me, tutto sommato, nell’ideazione, nello svolgimento e negli sviluppi, sembra una cosa tipicamente e profondamente russa:
                una specie di messianismo popolare, un idealismo preso sul serio fino allo spargimento di sangue, e per finire, sfociare in un bello Stato autoritario quanto quello precedente… il tutto contornato da drammi, deportazioni, poesie, esaltazioni, fucilazioni, burocrazia e visionarietà… insomma la Russia dei grandi scrittori!

                Ma tu li conosci meglio.

              • Lucia scrive:

                “la società tedesca non ha valori da proporre”
                Eh? Vivendoci, mi sembra ne abbiano molti di più della società italiana, quella sì decisamente amorale e cinica (ma spero di sbagliarmi)

              • roberto scrive:

                non osavo dirlo ma ho la stessa impressione di Lucia….

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                non è un’invenzione mia ‘sta cosa dei bolscevichi “franchi”: l’ho sentita riferire come un’idea degli ortodossi russi.
                In realtà è vero tutto ciò che dici, ma anche il contrario. Cioè è chiaro che poi ilc omunismo è stato assimilato alla maniera russa, ma l’impulso primo è il prodotto di ideologie d’importazione, tipicamente occidentali.

              • Peucezio scrive:

                Roberto e Lucia,
                parliamo di cose diverse.
                Voi vi riferite a un senso generale di correttezza, a una certa etica pubblica, a un senso di onestà e di rigore nella vita pratica e nelle interazioni fra cittadini, stato, ecc.

                Io mi riferisco ai valori fondanti di una società: la Germania attuale ha come unico valore l’antinazismo, cioè un valore negativo. Non ha da proporre valori religiosi, né valori patriottici laici né valori etici di nessun tipo che non siano quelli necessari al funzionamento pratico della società (e in quello sono rigorosissimi).

                Trovo disprezzabilissimo il messianesimo biblioco degli Americani, ma a suo modo è una visione del mondo, è un valore. Allo stesso modo lo è l’ideale imperiale condito di cristianesimo ortodosso della Russia di oggi. E lo è il neoncofucianesimo in salsa marxista cinese, così come il culto civile del fondatore (Kim Il Sung) della Corea del Nord, con tutti i suoi gravi limiti.
                Ma la Bundesrepublik Deustchland…? Cos’ha da dire? Che bisogna arrestare quelli che insegnano al cane a fare il saluto romano o che danno per malati i bambini i giorni in cui a scuola insegnano la teoria di genere? E si può fondare una società su questo?

                Intendiamoci, è chiaro che uno stato liberale laico non fa molto di più (anzi, semmai dovrebbe essere permissivo anche su queste cose), ma infatti uno stato liberale laico puro è un nulla valoriale, programmaticamente, per sua stessa scelta.

              • Peucezio scrive:

                Tra l’altro poi i tedeschi hanno questo maledetto vizio di obbedire, senza sapere perché e a cosa obbediscono, così, acriticamente.

                Arriva un signore col baffetto dall’Austria, c’è da sterminare gli ebrei e lo fanno senza battere ciglio. Bisogna essere europeisti, americanisti, antirazzisti, ecc., lo si fa senza battere ciglio. E così per tutto.

              • Peucezio scrive:

                Malgrado tutto ciò,
                non potrò mai disprezzare un popolo che ha espresso Gerhard Rohlfs, come anche Karl Brugmann, il recentemente scomparso Max Pfister e tantissimi altri.
                Come d’altronde Mommsen, lo stesso Winkelmann, Schliemann…
                E inoltre Hegel, von Humboldt, Nietzsche… e poi Thomas Mann, e via discorrendo.

                Ma si occupino di cultura, appunto, e lascino stare la politica!

              • roberto scrive:

                Ma per dirla come farebbe questo è un cherrypicking bello e buono

                correttezza, etica pubblica, onestà e rigore sono chiaramente valori che non vedo come possano essere considerati “non fondanti”. aggiungerei “protezione della natura”, “uguaglianza fra uomini e donne” (anche se su quest’ultimo punto avrei molte osservazioni), generale pacifismo….insomma ce ne sono molte di cose che potremmo definire “valori”

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “aggiungerei “protezione della natura””

                Mi sono un perso, ma se ti riferisci alla Germania, penso che sia uno dei peggiori paesi del pianeta, da questo punto di vista:

                https://edition.cnn.com/2017/07/25/opinions/germany-climate-change-secret-paul-hockenos/index.html

                La Germani reale è quella dello scandalo Volkswagen, o del bosco di Hambach: http://act.350.org/sign/solidarity-hambi-c1/

                Poi sono il primo a dire che i singoli tedeschi sono molto più bravi di noi a fare la raccolta differenziata,ma è una questione assai diversa.

              • roberto scrive:

                leggasi “come farebbe moi”

              • roberto scrive:

                “Tra l’altro poi i tedeschi hanno questo maledetto vizio di obbedire”

                su questo ti do ragione (ed è anzi spesso un motivo di discussioni in famiglia), ma è anche una cosa profondamente americana

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                “correttezza, etica pubblica, onestà e rigore sono chiaramente valori che non vedo come possano essere considerati “non fondanti”. aggiungerei “protezione della natura”, “uguaglianza fra uomini e donne” (anche se su quest’ultimo punto avrei molte osservazioni), generale pacifismo….insomma ce ne sono molte di cose che potremmo definire “valori””

                Vabbè, diciamo che oggi ci si accontenta di poco…

                Ma è anche la totale mancanza di assertività geopolitica che è un problema per tutta l’Europa. Perché siamo di fronte a una potenza egemone economica che rinuncia ad avere un qualche ruolo internazionale significativo sul piano delle scelte politiche, militari, ecc.

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                “su questo ti do ragione (ed è anzi spesso un motivo di discussioni in famiglia), ma è anche una cosa profondamente americana”

                Chiariscimi quest’ultimo punto.
                In che senso lo dici?

              • PinoMamet scrive:

                “Ora che si tratta di farlo in nome di valori giusti, non alla rovescia, non vedo quale sia la controindicazione.”

                ma guarda- come saprà spiegarti Moi 😉 – che i comunisti italiani mica avevano dei “valori alla rovescia”.
                Per quanto riguarda i valori, direi che erano anzi sostanzialmente conservatori.

                Non sono un grande esegeta del periodo, ma mi sa che il Sessantotto fu anche contro il PCI.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                uno stato liberale laico puro è un nulla valoriale

                Questa è una fesseria: non sei proprio tu a gridare ogni giorno “o more o lamponi!”, “che secolo!” e compagnia cantando? Non sei tu che si sta rivoltando la società come un calzino? E credi che una semplice negazione possa portare a tutto questo? Le forze storiche sono sempre propositive.

                A meno che “nulla valoriale” non sia “quello che non mi piace” 😀

              • Roberto scrive:

                Miguel

                “ma se ti riferisci alla Germania, penso che sia uno dei peggiori paesi del pianeta, da questo punto di vista”

                Addirittura!

                Francamente credo che sia l’unico paese al mondo dove possono seriamente romperti le scatole se metti un sacchetto di plastica nella spazzatura sbagliata. Senza contare trasporto pubblico, energie rinnovabili, costruzioni ecologiche eccetera
                D’altronde hanno avuto un partito verde serio e popolare quando nel resto del mondo la parola ecologia non esisteva ancora, avrà pur lasciato qualche segno nella popolazione no?

                Poi se l’unica azione ecologicamente sostenibile è suicidarsi, ok siamo d’accordo che non sono tanto ecologici….

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “Chiariscimi quest’ultimo punto.
                In che senso lo dici?”

                Lo dico solo perché non mi colpisce come caratteristica esclusivamente tedesca, gli americani mi sembrano peggio con il loro culto della procedura che si deve seguire scrupolosamente, senza eccezioni, ottusamente.
                Anzi mi sembrano che creano procedure per impedire ogni forma di pensiero autonomo

              • Z. scrive:

                Comunque Peucè, io non sono contrario a tenere buoni rapporti col governo russo, che in linea di massima l’Italia aveva anche quando al governo c’era la DC e il governo russo era quello sovietico.

                Anzi, sai bene cosa penso delle sanzioni contro Mosca.

                Solo non credo che ci convenga il vassallaggio, né alle dipendenze dei russi né alle dipendenze di altri.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “ma guarda- come saprà spiegarti Moi ? – che i comunisti italiani mica avevano dei “valori alla rovescia”.
                Per quanto riguarda i valori, direi che erano anzi sostanzialmente conservatori.”

                Tu parli dell’età di mezzo, per così dire, quella del comunismo popolare.
                E c’è del vero.
                Ma è anche vero che quelli comunque erano materialisti, atei, nemici dell’idea stessa di patria e ragionavano solo in termini economicistici e distributivi.
                Con la rivoluzione bolscevica si legalizzò il divorzio. Poi però la Russia dopo la caduta del Muro era di fatto molto più conservatrice e religiosa dell’Occidente, perché il libertarismo sessantottardo nel frattempo aveva scavalcato di molto il materialismo marxista.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                “Solo non credo che ci convenga il vassallaggio, né alle dipendenze dei russi né alle dipendenze di altri.”

                Su questo d’accordissimo, ci mancherebbe altro.
                Oggi peraltro ce l’abbiamo con gli Stati Uniti.

                Io sono per alleanze organiche con alcuni paesi con cui abbiamo convergenze d’interessi e anche, secondo me culturali e storiche.
                Poi è chiaro che esistono proporzioni e rapporti di forza, ma non devono mai trasformarsi in vassallaggio.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                non ho capito un cazzo.

                Che fai il Moi ora? 🙂

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — Poi è chiaro che esistono proporzioni e rapporti di forza, ma non devono mai trasformarsi in vassallaggio. —

                Ecco… ora, che altro può essere un rapporto tra la grande Russia – o la grande America, o la grande Cina – e l’Italia da sola se non di vassallaggio?

                Come UE forse possiamo provarci, a giocarcela alla pari. Non è detto che funzioni, d’accordo, ma da soli sappiamo già che non può funzionare…

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                non mi ha mai convinto ‘sta teoria.
                Pensa solo a Israele. Quanto è grande? Eppure quanto conta? E anche aggiungendoci tutti gli ebrei della diaspora, quanti sono?

                E il Giappone? La Corea del sud?
                NOn hanno forza militare per scelta o comunque per motivi storici e politici.
                Ma se la loro forza militare fosse proporizionale a quella economica?
                E noi?

                Lascia perdere, Z.: l’Italia, solo che lo volesse, potrebbe fare il culo a tutti! Altro che vassallaggio.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                non ho capito: prima dici che sbagliamo a seguire modelli stranieri, poi dici che dovremmo fare come il Giappone (oltre tutto ci vedo proprio 🙂 ). Oppure come Israele.

                Addirittura vuoi spaccare questo e quello a chissà chi, tanto “basta volere”. Come negli slogan motivazionali per utenti web di bocca buona.

                Sono perplesso 🙂

    • Roberto scrive:

      Ah e il PD? Staranno ancora cercando di organizzare una cena, ma saranno sempre il primo pensiero di pentastelluti e di quelli che “il PD non è abbastanza di sinistra”

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Non è che non è abbastanza di sinistra: il PD è proprio di destra (liberista).

      • Z. scrive:

        Prevedo che “ma allora il piddì” sarà un argomento usatissimo per anni.

        Assieme ai seguenti avverbi: “però”, “almeno”, “eppure”.

        Nella migliore delle ipotesi, il conto da pagare sarà una bella sberla. E lo pagheranno i soliti noti.

        • Peucezio scrive:

          Comunque i postcomunisti, con le varie denominazioni, hanno governato una bella manciatina d’anni: 1995-2001, 2006-08, 2011-18. Bisognerebbe fare il calcolo dei mesi, ma, insomma, è circa un quindicennio (su 23 anni complessivi).
          A questo si devono aggiungere le amministrazioni locali, i vari incarichi (per es. la Corte Costituzionale) e anche, non ultima in ordine dìimportanza, la presidenza della Repubblica, monopolizzata in tutta la II Repubblica, fino ad oggi compreso, dalla sinistra (o da democristiani di sinistra).

          • Z. scrive:

            Ma che dici, governano dal 1946 😀

            • mirkhond scrive:

              In Romagna sicuramente. 🙂

              • Z. scrive:

                A Ravenna no. Quivi si contendevano il municipio soprattutto socialisti e repubblicani:

                https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sindaci_di_Ravenna

                Tra l’altro, i repubblicani locali erano mediamente più progressisti del PRI nazionale, e si sono uniti ai DS nel 1998. La loro storia locale è importante e sono stati attivi, forse determinanti nella Resistenza.

                Ma erano pur sempre il principale partito antagonista alle sinistre, sicché su di loro confluivano molti voti di destra, più di quanto succedesse altrove.

                La Storia spesso prende strade sue, a volte ironiche 🙂

  22. PinoMamet scrive:

    FT totalissimo

    leggo da un link di FB (sì, vabbè, lo so) un articolo sui peggiori aeroporti del mondo, secondo i passeggeri. Mi aspettavo il Congo e il Kirghizistan, invece sono praticamente tutti aeroporti del “Primo Mondo” come si diceva una volta, molti di paesi nordici e/o lodati di solito per modernità ed efficienza (Ginevra, due aeroporti di Stoccolma, quello di Rejkiavik, due di Londra, entrambi quelli di Parigi, Berlino…).
    Roma e Milano non ci sono.

    Fa un po’ effetto leggere che gli staff svedesi o canadesi sono svogliati, incapaci, maleducati e arroganti…

    la mia idea, un po’ nazionalista, è che ‘sti popoli nordici ci abbiano marciato un bel po’. Hanno avuto un periodo molto fortunato, e hanno giocato molto a fare i “buoni”, ma si tratta di una fama abbastanza immeritata tutto sommato.
    (Del resto, un’amica mi racconta di un matrimonio in Svezia tra un suo cugino spagnolo e una tizia mezza svedese mezza americaba: lei è andata ospite, vergognandosi per tutto il tempo del comportamento dei cugini spagnoli con cui viaggiava, piuttosto maleducati).

    Tra gli aeroporti migliori in assoluto, invece, figurerebbero uno giapponese e uno greco…

  23. Z. scrive:

    A nome anche di Moi, nuntio vobis gaudium magnum: domani riapre l’autostrada.

    https://bologna.repubblica.it/cronaca/2018/09/29/news/esplosione_bologna_il_1_ottobre_riapre_il_raccordo_autostradale-207672707/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P19-S1.6-T1

    Si è parlato prima di cinque mesi, poi di tre mesi. In realtà in poche settimane, meno di due mesi, i lavori sono terminati.

    Non siamo molto furbi, qui in Regione. Se fossimo furbi ci impiegheremmo anni, anzi decenni. Faremmo un uso più furbo dei soldini che arrivano da Roma, ricostruendo il più lentamente possibile. Il tutto strillando “Roma ladrona!” oppure “lo Stato ci ha abbandonato!”.

    Ma siccome non sono furbo neppure io, mi sentirei piuttosto a disagio.

  24. Francesco scrive:

    >>> nessuno mi ha ancora spiegato che vantaggi abbiamo avuto a entrarvi

    x Peucezio

    1) acquistare le materie prime che ci sono indispensabili con una valuta forte
    2) avere i tassi di interesse dei tedeschi e non più degli italiani per parecchi anni, fino a quando i mercati si sono accorti che li stavamo fregando
    3) essere obbligati prima a fare quello che era comunque destino, cioè smettere di competere sul basso prezzo in un mondo in cui paesi più poveri di noi stavano entrando nei “nostri” mercati, partendo da condizioni con cui non avremmo potuto resistere mai (Cina, India, Turchia, Est Europa)

    ti basta?

    • Peucezio scrive:

      1) E prima come facevamo?
      2) Ma che c’entra, i tassi mica dipendono dalla moneta, noi abbiamo i nostri e i tedeschi i loro.
      3) Questa non l’ho capita. Comunque sia per vendere devi avere prezzi appetibili, a qualunque livello. E dov’è che avremmo resistito? Stamo andando a puttana proprio per la concorrenza di quei paesi, grazie alla vostra beneamata globalizzazione, mercato libero e altre cagate simili.

      • Z. scrive:

        1) Prima c’era un po’ meno richiesta di materie prime. Non solo da parte nostra, ma anche, e in ispecie, da parte di molti Paesi non europei;
        2) Beh, no, credo che Francesco non abbia torto. Se sa che lo ripaghiamo in euro, il nostro creditore è probabilmente più tranquillo; se sa che lo ripaghiamo in PopoLire [1], che domani potrebbero valere molto meno, il nostro creditore potrebbe pretendere un interesse un po’ differente per i soldini che ci presta.
        3) Dubito che tu scriva i tuoi messaggi da PC e smartphone costruiti a Monza con minerali estratti a Sesto.

        [1] Nel senso di Lire del Popolo. Alëša Popovič, celebre canzonator di donne, non c’entra niente 🙂

      • Francesco scrive:

        1) prima era un salasso molto più pesante per la nostra economia, strano che non te lo ricordi. obbligati a incassare valute forti per pagarci ogni goccia di petrolio e delle altre materie prime, che nessun paese al mondo ce le vendeva per delle lire
        2) i tassi di interesse pagati dall’Italia sono crollati quando abbiamo aderito all’Euro, guarda i numeri. I creditori hanno pensato che ci saremmo impegnati veramente a sistemare i conti pubblici.
        3) per vendere puoi avere prodotti economici o prodotti appetibili. nel primo caso, la qualità e la tecnologia contano meno: infatti è quello che fanno i paesi poveri nella parte iniziale dello sviluppo.
        ah, la bilancia commerciale italiana è in attivo, grazie a quel terzo di paese che produce beni “ad alto prezzo” e li esporta, non stiamo andando a puttane IN QUEL CAMPO

        senza mercato libero e globalizzazione, temo che non esporteremmo affatto così tanto e saremmo molto più poveri

        • Peucezio scrive:

          1) io ricordo che facevo la benzina tranquillamente e
          2) il debito ha continuato ad aumentare anche dopo.
          3) Scusa, ma mi pare un dato difficilmente contestabile che lo stesso prodotto, popolare o di lusso che sia, lo vendi di più se costa meno. Ti assicuro che se la Ferrari costasse la metà, la comprerebbe molta più gente. Poi magari quello che vuole lo status symbol passerebbe alla Lamborghini, ma quanti sono?

          • PinoMamet scrive:

            Non sono sicuro che funzioni così (mi riferisco all’esempio della Ferrari).

            Magari, limando sui materiali le finiture ecc, riesci a fare una Ferrari, sparo cifre a caso, che costa ottantamila anziché centomila euro.

            Poi di quelli che se la possono permettere, te la comprano in cento di meno, perché è meno figa ed esclusiva.

            Chi la vuole a meno, aspetta a prendersela usata, di solito funziona così.

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              io parlavo della possibilità di svalutare la moneta, quindi di poter vendere a un prezzo meno gonfiato, mica dicevo che dobbiamo fare prodotti di minore qualità!

              • Z. scrive:

                Prima o dopo aver trovato il petrolio in Italia?

                Potremmo chiederlo ai No Triv, forse loro sanno dove sta…

              • Peucezio scrive:

                Per quello basta allearsi con la Russia e mandare a fare in culo tutti gli altri 🙂

          • Francesco scrive:

            1) ricordi malissimo, l’Italia doveva ogni anno svenarsi per il petrolio, che serve mica solo per la benzina. ricordi le domeniche a piedi?
            2) il debito ha continuato ad aumentare perchè tutti i soldi spesi in meno per gli interessi li abbiamo buttati in spesa pubblica improduttiva (e temo che Silvio B. sia stato il campione in questo). Pensa solo al proliferare di provincie di cui abbiamo goduto.
            3) se vendo vino sfuso, il prezzo deve essere basso. se vendo vino pregiato, può essere anche alto, se è buono. ma se sul mercato del vino sfuso entrano 100 produttori con costi molto più bassi dei miei, io da quel mercato devo uscire, non posso competere con loro – a meno di diventare povero come loro.

            i tedeschi fanno tassi di profitto altissimi sulle auto che vendono, molto più alti di quelli che fanno italiani o francesi. è il “riconoscimento alla qualità e al marchio”. e soprattutto non hanno concorrenza dai coreani o dai cinesi

            ciao

          • Francesco scrive:

            >> Poi magari quello che vuole lo status symbol passerebbe alla Lamborghini, ma quanti sono?

            nel mondo sono abbastanza tanti da far prosperare i loro spacciatori di beni di lusso. penso al caso della Porsche, i cui volumi di produzione sono cresciuti moltissimo negli ultimi anni, sempre a prezzi folli

  25. Moi scrive:

    Ma difatti l’ Alternativa Culturale alle Sx avrebbe potuto ergo dovuto provenire NON da una Dx Nazionalista … bensì dalla Chiesa Cattolica, che però sappiamo aver premuto il proverbiale megabottone rosso dell’ autodistruzione con lo Spirito del Concilio !

    Fra l’altro, con il Relativismo come Malattia Senile del sedicente (!) Progressismo, lo vediamo : sono sufficienti 4 Palandrane Barbazzute 😉 di un Culto Tribale di un Millennio e Mezzo Fa 😉 a trasformare gli Atei Militanti in Mistici, le Femministe di ogni risma da WonderWoman a Pina Fantozzi ! 😉 Perfino gli LGBTQUA+etc pensano stolidamente di poterci CoEsistere nella Diversità che “più ce n’è, meglio è” [cit.] …

    Ciò premesso, come già detto ma mi pare poco recepito, di Sx ve ne sono 2, che ai Politicanti conviene scientemente confondere per stare a galla : Marxismo Europeo e Liberalismo USA. Il primo è una noiosa, pesantissima nenia ideologica che mette e rimette in discussione i Rapporti Sociali di Produzione come AlfaOmega delle Umane Cose … il secondo è uno scoppiettante turbinìo di “Trovate” molto creative che mette e rimette in discussione ogni de-costruita certezza umana; quando, però, si arriva ai sullodati Rapporti Sociali di Produzione :

    Cinni tutti in riga … che la ricreazione è finita ! 😉

    • Francesco scrive:

      Beh, la Chiesa Cattolica era rimasta scottata dall’esperienza del Ventennio e, paradossalmente, manteneva la diffidenza fascista contro i regimi democratici, laici, capitalisti dell’Occidente.

      In molti, già prima degli infausti eventi degli anni ’60, preferirono proporsi come mosca cocchiera del comunismo, quasi che fosse possibile dare un’anima a quella roba lì.

      Alla luce della quasi egemonia culturale liberal non avevano tutti i torti, peccato che invece abbiano scambiato i liberal per nemici del sistema e non li abbiano riconosciuti come l’anima nera del sistema. Finendo molto spesso per allearsi coi loro peggiori nemici

  26. PinoMamet scrive:

    FT

    I “macedoni” non raggiungono il quorum nel referendum che li metteva di fronte all’alternativa: o chiamarsi Macedonia del Nord o restare fuori dalla UE.

    Copio e incollo:
    “Questa è la Macedonia, qui vivono i macedoni, la nostra identità è quella macedone, la nostra lingua è il macedone, i nostri antenati erano macedoni», ha rivendicato dopo il risultato Hristijan Mickoski”

    Ognuna delle frasi prese a sé potrebbe anche essere vera, o semi-vera come spesso nei Balcani

    (“questa è la Macedonia”, ma anche quella greca…; “qui vivono i macedoni”, cioè qui vive il popolo che si identifica come tale; “la nostra lingua è il macedone”, cioè la variante di bulgaro nota come tale; “i nostri antenati erano macedoni”, e vabbè, mio nonno era Napoleone)

    messe insieme, costituiscono una discreta stronzata.

    Secondo me “Macedonia del Nord” era una possibilità realistica e che non scontentava nessuno: è davvero il territorio settentrionale della Macedonia (forse più della Peonia, ma vabbè). Devo dire che, conoscendo il nazionalismo greco, era anzi una discreta concessione da parte “romea”, visto che i greci per anni si opposti all’uso di quella che ritengono una loro esclusiva regione storica.
    Vabbè, contenti i “macedoni” contenti tutti.

    va da sé che le mie simpatie vanno ai greci, ma tento di essere obiettivo.

    • roberto scrive:

      con tutta la simpatia per i greci, ammetto che trovo molto fastidioso l’impuntarsi su questa cosa del nome.
      Un po’ come se noi volessimo imporgli di chiamarsi Romei, saran ben fatti loro!

      comunque un candidato all’adesione in meno e quindi tutto è bene quel che finisce bene

    • PinoMamet scrive:

      Vabbè ma Mirkhond?

      • mirkhond scrive:

        Non ho capito a cosa ti riferisci.

      • PinoMamet scrive:

        Cosa ne pensi della querelle tra macedoni e romei sull’uso del nome Macedonia?

        • mirkhond scrive:

          Mi sembra una querelle cretina, anche perché penso che la Macedonia non romea, andrebbe spartita tra Bulgaria (di cui il dialetto slavo-macedone è parte) e Albania (per la parte occidentale della Macedonia, abitata in maggioranza da Albanesi).
          I “Greci” pensassero piuttosto a rivedere la loro onomastica etnica, visto che sono più figli di Bisanzio e dell’Impero Ottomano, piuttosto che dell’antica Ellade.

          • Francesco scrive:

            Anche io preferirei sottolineare gli antenati più nobili, però.

            Mica cita Garibaldi e Mazzini, piuttosto Dante e l’Aquinate!

            🙂

  27. Peucezio scrive:

    Z.,
    “Se le cose stavano davvero così, se parte non piccola degli intellettuali rifuggivano la DC e la destra come la peste, forse la DC e la destra avevano qualche margine di miglioramento…”

    Aggiungo,
    eh già, quando i barricaderos moralisti che abbattevano il sistema precedente erao i vostri, andavano bene. Rammenta che ogni moralizzatore ha i suoi pentastelluti che lo moralizzano a sua volta: non è un ciclo che s’interrompe nel punto in cui il moralizzatore è quello che piace a noi e il moralizzato ci è antipatico; è il motivo per cui, malgrado il governo giallo-verde, non sarò mai un pentastelluto (ammenoché non capovolgono tutti i loro presupposti originari) e ho tifato Renzi e la Boschi contro Travaglio e Di Maio, malgrado il Pd avesse moralizzato contro Berlusconi fino a un gionro prima.

    Io trovo semmai che il degrado culturale e politico nel passaggio dalla I alla II Repubblica sia stato molto vistoso.
    Puoi dirmi che lo è anche quello dalla II alla III, ma gli esponenti della III non pretendono di essere gli intellettuali dei miei coglioni: sono populisti e lo dicono.
    Ma il vero trapasso è stato il primo, perché si è passati da una visione di Realpolitik a una visione morale della politica (eredità di Berlinguer, che è stata la vera sciagura della sinistra italiana). Siccome la politica non è morale, quando si crea questa confusione si fanno guasti enormi. E’ il motivo per cui il messianesimo ameriucano semina rovine ovunque (e infatti la sinistra moralista è merce d’importazione: Togliatti aveva tanti difetti, ma non era certo moralista).

    • Z. scrive:

      A me sembra che il degrado sia apprezzabile, al di là di ciò che dicono…

      Detto questo, e tornando al discorso, io penso che la corruzione sia il vero male del nostro Paese.

      Non parlo di grandi scandali, che ci sono pressoché ovunque e che sono necessariamente circoscritti. Parlo di una corruzione profusa, diffusa, “pulviscolare” com’è stata definita.

      L’incapacità di affrontare questa corruzione alimenta ingiustizie, sperequazione, clientelismi, risentimenti. E quindi l’odio, la rabbia, lo sfasciatuttismo, la fiducia negli imbonitori che vendono fumo.

      È qualcosa di molto più persistente di una moda, di un’ideologia politica; è policentrica e radicata; ed è difficile da affrontare, se non altro perché è parte integrante e integrata nel sistema.

      Che poi molte polemiche al riguardo siano strumentali è indubbio, ma non è che il problema sia irrilevante, ecco.

      PS: non ho capito invece la parte da Curva Sud. Quella coi miei e i tuoi, i miei che vanno bene e i tuoi che vanno male o viceversa. Ma non importa, via, su ciò che conta ci siamo capiti 🙂

      • Peucezio scrive:

        Sulla corruzione hai pienamente ragione, ahimè.
        Ma non vedo la pertinenza. La corruzione del tipo di cui parli è indipendente dai regimi politici e dalle egemonie partitiche e nessun governo di nessun colore l’ha affrontata seriamente. Ai politici la corruzione serve solo per cavalcare battaglie moralistiche contro gli avversari, nessuno ha interesse a combatterla sul serio.

        Ma io non parlavo della corruzione, parlavo della qualità e competenza del ceto politico della I Repubblica.
        Quello della II, sia berlusconiano che pds-ds-piddino è intellettualmente molto più scadente, d’altronde è cambiata l’antropologia: sono proprio gli italiani nati dagli anni ’40 in poi ad essere molto più scadenti di quelli dell’epoca della vecchia Dc.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Ma non vedo la pertinenza. La corruzione del tipo di cui parli è indipendente dai regimi politici e dalle egemonie partitiche e nessun governo di nessun colore l’ha affrontata seriamente. ”

          Guillermo Bonfil scrisse anni fa uno straordinario testo, Mexico profundo https://zoonpolitikonmx.files.wordpress.com/2012/07/mexico-profundo-guillermo-bonfil-batalla.pdf, che descriveva la straordinaria iattura tra il Messico “ufficiale” – giacobino, moderno, laico, stato-di-diritto, cittadino-individuo, economia capitalista e tutte le altre imbecillità che ben conosciamo, e il “vero”, il “profondo” Messico, fatto di antiche comunità. Con risultati catastrofici.

          La questione italiana non è tanto diversa: da quasi duecento anni si cerca di adattare gli italiani alla République francese o agli Stati Uniti, e ci si lamenta che gli italiani sarebbero “sbagliati”.

          E se fosse al contrario?

          Gli italiani sono ciò che sono, e vanno bene così, la corruzione e tutto il resto (che sono un enorme problema) nascono dall’imposizione di un modello che impedisce a ciò che di buono esiste in Italia di emergere.

          • Miguel Martinez scrive:

            Io non conosco molto la letteratura italiana, mentre conosco molto bene innumerevoli luoghi italiani.

            Credo che tra quella letteratura che conosco e i luoghi ci sia un immenso iato, come se la borghesia italiana si vergognasse di ciò che è; mentre l’Italia che conosco io la ritrovo, oltre che in certa letteratura popolare, in una scrittrice inglese come Ouida o in un tedesco come Michael Ende, che in Momo ha colto i punti essenziali di debolezza e di forza dell’Italia.

            Il guaio è che il “sistema Italia” punta esclusivamente sul trasformare le lepri italiane in perfetti nuotatori che si devono vergognare di saper correre.

            Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

          • Z. scrive:

            Mig, fai qualche esempio concreto, così magari capisco cosa intendi!

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Z

              “Mig, fai qualche esempio concreto, così magari capisco cosa intendi!”

              Già fatto 🙂 nel mio post successivo a questo, che è uno sperticato elogio, un’esaltazione viscerale del Popolo Italiano, così com’è.

              In fondo, il mio blog si potrebbe chiamare “Viva gli italiani!”

              • Z. scrive:

                L’ho letto, naturalmente, ma che c’entra coi nuotatori e con le tangenti?

                Mah, mah 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “L’ho letto, naturalmente, ma che c’entra coi nuotatori e con le tangenti?”

                Tantissimo, direi.

                Che se chiedi agli italiani di fare una Nazione di Combattenti e di Eroi, finisci male.

                Se chiedi agli italiani di fare i Cittadini Onesti che Pagano le Tasse alle Scadenze Fissate dallo Stato, finisci male.

                Se chiedi agli italiani di impastare la pizza insieme, di condividerla generosamente, di accogliere una specifica persona di qualunque parte del mondo e condividere con lei il cibo, di buttare la spazzatura insieme, hai il popolo migliore del mondo.

                E queste, se ci pensate, sono le cose che contano davvero.

                Viva gli italiani!

                Ovviamente con l’eccezione di str… approfittatori. Solo che se adottiamo questa prospettiva, gli str… che sembravano la stragrande maggioranza, diventano improvvisamente la sgradevole minoranza che sono realmente, in Italia come in tutto il mondo.

              • Z. scrive:

                No, senti, razza di Pancho Villa del piffero! Ti proibisco di parlar male della mia Patria e dei miei compatrioti a questa maniera 😀 😀 😀

                Gli italiani sono capacissimi di combattere da eroi, se hanno un buon motivo per farlo. Molti di quelli che ce l’avevano l’hanno fatto eccome, e sono vissuti e morti da eroi.

                Sono anche capacissimi di rispettare le regole alla grande alle stesse condizioni degli altri popoli: vale a dire, quando le regole sono chiare e sono fatte rispettare. Questo dimostra l’esperienza del divieto di fumo nei locali pubblici, e almeno in buona parte d’Italia l’esperienza dell’obbligo di portare il casco.

                Poi certo, ci sarà sempre chi cercherà scuse a buon mercato per la codardia o per la disonestà, ma non penso affatto che gli italiani siano più vigliacchi né più disonesti di altri popoli.

                Invece, quello che scrivi da “impastare la pizza insieme” in poi lo condivido 🙂

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                certo, gli italiani alla fine sono elastici e si adeguano.
                Ma poi non funziona.

                Ha ragione Miguel.

              • Z. scrive:

                Non sono d’accordo. Mi sembra un’immagine caricaturale, dettata dalla necessità di far quadrare la realtà con categorie schematiche e prestabilite 🙂

              • Roberto scrive:

                Bella questa frase

                “Questo dimostra l’esperienza [….] almeno in buona parte d’Italia [….] dell’obbligo di portare il casco.”

                🙂

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                allora mi devi spiegare perché l’Italia è stata egemone in varie epoche storiche (antichità, basso Medioevo, Rinascimento) e oggi conta come il due di picche.
                Se non per il fatto che questo non è un mondo a misura di italiani.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                forse perchè ai tempi di Roma gli italiani obbedivano eccome alle regole? perchè negare che la disciplina fosse la prima qualità dei Romani mi pare difficile.

                Nel Rinascimento eravamo fighissimi ma a casa nostra comandavano quegli stronzi dei francesi e degli altri stati europei più forti. Almeno fossimo stati fedeli sudditi dell’Impero, avremmo fatto parte di una grande comunità.

                Invece nisba e già Dante descrive cosa era e sarebbe rimasta l’Italia “all’italiana”.

              • werner scrive:

                Al momento ritengo che la migliore spiegazione l’abbia data Cipolla nella sua storia economica dell’Europa pre industriale.

                Riguardo alla questione del casco… Intorno al Po’ mi pare ormai lo mettano tutti, autoctoni, meridionali, stranieri… E il fatto che bene o male si riesce a convivere tra Siculi e Lombardi, Calabresi ed Altoatesini e via dicendo è uno dei motivi per cui ritengo che i problemi portati dalle recenti ondate migratorie in fondo siano affrontabili.

              • Peucezio scrive:

                Werner,
                che dice Cipolla?

                Francesco,
                sì, non posso darti torto, sono anche cambiati gli italiani.

              • Francesco scrive:

                Peceuzio

                gli italiani del rinascimento (ma anche prima) erano fighissimi ma … divisi, deboli, alla lunga perdenti

                qualcosa va cambiato

              • werner scrive:

                Quello che dice Francesco qui sopra, che portò alla serie di guerre di inizio cinquecento e alla dominazione straniera.

                A questo aggiunge l’incapacità di innovare le strutture sociali ed organizzative. La mentalità prevalente e le strutture sociali andarono sempre più irrigidendosi.

                Il risultato, a quanto scrive, fu una ripresa economica (nel dopoguerra) rapida, ma basata sui vecchi modelli. Le corporazioni rimasero forti e obbligavano a metodi di produzione e organizzazione superati. Il costo del lavoro era alto e non compensato dalla produttività. Pressione fiscale alta. Scarsità di capitali e di investimenti. Alla prima crisi internazionale l’economia degli Stati Italiani sprofondò in un circolo vizioso di calo della produzione e disinvestimenti e quelli che erano stati i territori più ricchi e sviluppati d’Europa divennero poveri ed arretrati.

          • Peucezio scrive:

            Miguel,
            “Gli italiani sono ciò che sono, e vanno bene così, la corruzione e tutto il resto (che sono un enorme problema) nascono dall’imposizione di un modello che impedisce a ciò che di buono esiste in Italia di emergere.”

            Infatti secondo me è questa l’essenza del problema.
            Compreso quello del sud.

            • Francesco scrive:

              no, altrimenti dove e quando l’Italia è stata libera di essere se stessa, sarebbe emerso qualcosa di buono e duraturo

              gli Italiani sono quello che sono e devono smettere di cercare di fregare il prossimo, altrimenti resteranno nella palta, poi spariranno dalla Storia

        • Z. scrive:

          Secondo me dovremmo chiederci una cosa: come si comporterebbe il politico medio di ieri nel mondo di oggi? Siamo sicuri che se la caverebbe meglio di quelli attuali?

          Ho molti, molti dubbi al riguardo.

          • Peucezio scrive:

            Io no!

            Comunque non sto dicendo che ho nostalgia della I Repubblica, mi vanno benissimo Salvini e Di Maio.

            • Francesco scrive:

              a me mancano De Gasperi, Scelba, Andreotti, Cossiga, Einaudi

              un pochino meno Moro, Dossetti, La Pira e il PCI di osservanza staliniana

              sono in dubbio su Fanfani, Almirante, Berlinguer, Nenni

              molto poco De Mita e Martinazzoli

  28. Peucezio scrive:

    Per inciso, la morale è per definizione nemica della cultura, perché la cultura è comprensione del mondo nella sua complessità e contraddittorietà. Nessun moralista può essere colto, perché per coltivarti devi riconoscere ogni parte di ciò che sei e integrarla, senza manicheismi o schematismi. La morale invece crea scissione, perché rinnega l’intima natura umana e i suoi bisogni: l’uomo moralista non sarà mai coltivato, sarà un uomo scisso, in fondo uno psicopatico. E non sarà mai adulto, perché essere adulto significa riconoscere la realtà per quello che è e saperla affrontare, significa riconoscere il principio di realtà, mentre la morale è un esercizio narcisistico e infantile, è pensare che il mondo sia un giocattolo da plasmare secondo un nostro progetto.

  29. Peucezio scrive:

    Ovviamente non parlo della morale come mos: è ovvio che dobbiamo darci dei limiti nell’agire, una moderazione, dobbiamo incanalare le nostre scelte dentro certi canoni.
    Parlo del moralismo come idea unilaterale e schematica di bene da imporre al mondo.

    • Francesco scrive:

      Ah ecco, iniziavo seriamente a preoccuparmi!

      🙂

      PS su Berlinguer sospetto che tu abbia ragione, forse però le cose sono più complesse.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Moralismo = quello che non mi piace?

      • Peucezio scrive:

        Vabbè, tu butti tutto in vacca per il piacere di farlo, ma siccome scemo non sei, anche se ci fai, hai capito perfettamente cosa voglio dire.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Io ho capito che esistono certi principi morali che ti piacciono e che sono elevati a “mos”, mentre altri che non ti piacciono e sono “moralismi antivitatali”.

          • Peucezio scrive:

            Quindi non hai capito niente.

            • Francesco scrive:

              però la differenza tra moralismo e mos non è chiara nel tuo discorso

              e siccome il moralismo temo sia un mio difetto, a me sarebbe utile invece capirla bene

              • Peucezio scrive:

                Giusta domanda.
                E’ una distinzione sia quantitativa che qualitativa.

                Per me il mos è anche un modus, cioè una misura, un modo di temperare i propri comportamenti, di evitare gli eccessi.
                Il moralismo è l’idea di voler imporre agli altri una visione del mondo, è lo spirito messianico, è l’idea di ridurre il mondo a uno schema, comprimere la sua vitalità cangiante.

                Non saprei trovarti un elemento di distinzione chiaro e univoco, ma potrei dirti che
                1) la morale è relativa, è culturale, mentre il moralismo è universale e indistinto: per un moralista Maometto faceva male ad avere amanti dodicenni, mentre per l’epoca e il contesto era una cosa del tutto normale.
                2) La morale prevede che se non rompi le palle alla società, non dai scandalo pubblico, puoi fare quel cavolo che vuoi, applicando la tua morale personale o la tua assenza di morale. A me non dà fastidio se due omosessuali fanno sesso, basta che non esibiscano la propria omosessualità all’esterno e non pretendano che sia riconosciuta pubblicamente. Io non mangio carne il venerdì, ma mica pretendo che non lo facciano neanche gli altri. In una società plasmata secondo le mie idee, i ristoranti non te la darebbero il venerdì, ma in casa la gente farebbe quello che vuole, con discrezione e senza dirlo troppo in giro. Per un vegetariano moralista invece, se io mangio carne per cazzi miei, sono comunque un criminale.

              • Francesco scrive:

                Cioè sei un relativista estremo?

                Non esistono il Bene e il Male ma solo un minimo di Perbenismo necessario per vivere fianco a fianco, ognuno facendosi i cazzi propri?

                Ho capito bene???

              • roberto scrive:

                in effetti il commento di peucezio avrei potuto scriverlo io!

                cosa distingue le posizioni mie e peucezio?

              • Francesco scrive:

                perchè distinguerle? avete torto entrambi!

                🙂

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                no, l’idea è che il Bene è seguire le tradizioni del proprio popolo.
                In una società ideale, organica, come la intendo io, l’individuo non esisterebbe nemmeno, perché non sarebbe bene in grado di distinguere sé stesso dal resto del gruppo, ma neanche dalla foresta che lo circonda, dalle bestie, dal cielo, dalle stelle, ma in una società moderna il compromesso più accettabile è lasciare totale libertà di comportamenti privati (senza ledere gli altri, s’intende: non è che puoi violentare un bambino; altra cosa è se vai a letto con una sedicenne consenziente, cosa che è legale persino per l’ordinamento italiano), mantenendo un decoro pubblico, che è quello che ahimè oggi non si fa: si perseguitano i clienti delle prostitute, ma si fanno i pubblici matrimoni omosessuali.
                Il mio ideale è l’Iran, magari perfettibile in alcune cose, ma, insomma, lì mi dicevano che la gente fa feste, senza il velo, del tutto simili a quelle occidentali, insomma, se la spassano, però almeno non puoi sputare pubblicamente sulla religione, dare scandalo, ecc.
                Peraltro le minoranze cristiane, ebraiche, zoroastriane sono rispettate e hanno i loro rappresentanti politici.
                Ecco: io sarei per un Iran in salsa cattolica.
                Prendiamo lo stato della Chiesa: c’erano anche i postriboli, del tutto legali, però non potevi metterti pubblicamente a fare casino, a turbare l’ordine pubblico.

                Roberto,
                tranne forse il divieto per i ristoranti di servire carne al venerdì, immagino 🙂
                Scherzi a parte, conoscevo un vecchio ristoratore friulano che faceva una cucina tutta basata sulla carne, ma il venerdì proponeva vari tipi di pesce (anche se un’alternativa di carne mi pare fosse prevista).

              • Roberto scrive:

                Certo, ovviamente la tua società ideale sarebbe per me un incubo ed immagino viceversa. Pure io però non voglio imporre la mia società ideale
                Il problema è ovviamente quando si tocca un nocciolo duro.
                Per dire sono assolutamente contrario a sacrifici umani e pedofilia, e ovviamente non tollererei né l’uno né l’altro

                (Anzi il sacrificio umano se la vittima è consenziente mi sta bene)

              • Peucezio scrive:

                Io non li tollererei in Italia, ma se qualcuno scopre che c’è una tribù che li fa da sempre in qualche angolo del mondo e vuole andargli a imporre di non farli più, per me fa una violenza speculare a quella di uno la cui cultura prevede il sacrificio umano e volesse venire a imporre a noi italiani del XXI secolo di praticarlo.

  30. mirkhond scrive:

    Pino Mamet a Peucezio

    “Per quanto riguarda i valori, direi che erano anzi sostanzialmente conservatori.

    Non sono un grande esegeta del periodo, ma mi sa che il Sessantotto fu anche contro il PCI.”

    Mio nonno comunista era molto conservatore sui valori della famiglia e sulla libertà sessuale (oltre a non impedire un’educazione cattolica ai figli e andando a messa durante comunioni, matrimoni e funerali).
    Il ’68, vide la sinistra accodarsi a Pannella e ai radicali, rinnegando i valori conservatori cristiani che, pur in un’ottica di scontro con la Chiesa Cattolica, i comunisti italiani avevano mantenuto.

    • PinoMamet scrive:

      Uguale a mio nonno comunista!

    • Z. scrive:

      Credo che in quel periodo pressoché tutta la società abbia “rottamato” quei valori, come si usa dire oggi. Il comunismo c’entra poco e sai cosa? secondo me pure l’apporto di Pannella è stato ampiamente esagerato.

      Diciamo che faceva molto costume, e quell’epoca era l’ideale per i costumadier.

      • Peucezio scrive:

        Però, se i comunisti fossero stati davvero così attaccati ai valori tradizionali, perché non fecero nulla per difenderli? Perché si opposero solo blandamente i democristiani e con un po’ più di veemenza i fascisti e alcuni gruppi cattolici molto militanti, che però erano comunque minoranze abbastanza ininfluenti?
        Perché i comunisti furono d’accordo con divorzio, aborto, nuovo stato di famiglia, non si opposero ai sessantottini, al femminismo, ecc. ecc.?

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Però, se i comunisti fossero stati davvero così attaccati ai valori tradizionali, perché non fecero nulla per difenderli?”

          Ascolta l’accelerazione dei tempi.

          Tutto passa, scorre, cambia, si muta, e sempre più velocemente, ora che ci avviciniamo alla fine dei tempi.

          A cosa ci possiamo “attaccare”, cosa possiamo “difendere”?

          Tutto ci sfugge.

          Tu avrai perso il passato, ma dovresti compatire anche Z e Roberto che hanno perso il futuro: davanti a noi si spalanca l’abisso creato dalla presunzione di poter controllare il mondo, che è l’unica cosa che possa mettere in pericolo l’esistenza della vita umana sul mondo.

          E’ enormemente difficile renderci conto della devastazione che stiamo vivendo, ma smettiamola di litigare su faccende di cinquant’anni fa, che è un’epoca remota quasi quanto quella dei faraoni.

          C’è solo l’adesso, e solo per un attimo.

          • Z. scrive:

            Mah, è da una vita che sento dire che siamo arrivati alla fine dei tempi.

            Per ora continuo a non vederla. Al massimo vedo Toninelli, e quel leghista che dice “i mercati crollano perché non capiscono l’economia” (che è una frase fantastica, se ci pensi).

            Non è un gran bel vedere, ma da qui alla fine dei tempi…

            Però sull’aver perso il futuro è difficile darti tutti i torti.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Z

              “Mah, è da una vita che sento dire che siamo arrivati alla fine dei tempi.”

              Si vede che hai degli amici assai sensibili:-)

              Il tempo non è altro che la misura delle trasformazioni: più trasformazioni ci sono, più velocemente scorre il tempo.

              Quando le trasformazioni raggiungono la simultaneità – cosa che diventa teoricamente possibile grazie all’elettronica – finisce il tempo. O no?

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Quando le trasformazioni raggiungono la simultaneità – cosa che diventa teoricamente possibile grazie all’elettronica – finisce il tempo. O no?”

                Verissimo.
                Così come se tutto fosse concentrato in un unico luogo, finirebbe lo spazio.
                Che è un po’ quello che sta succedendo.
                In Italia per esempio ormai si può lavorare solo a Milano.

            • Z. scrive:

              Miguel,

              quella che descrivi non è la fine dei tempi. A una prima occhiata, sembra piuttosto una sorta di pseudo-fisica new age 🙂

              Invece sono d’accordo che il mondo cambi sempre più in fretta, e le chiavi per interpretarlo non sempre sono disponibili.

          • Roberto scrive:

            ” hanno perso il futuro:”

            Intanto mi do una scaramantica ed italianissima grattata.
            Ma poi ti chiedo: che vuoi dire?

        • Z. scrive:

          Ma perché i socialcomunisti avrebbero dovuto opporsi a divorzio, aborto, eguaglianza tra coniugi?

          • Peucezio scrive:

            No, per carità, chi glie lo chiede?

            Ma voi state sostenendo che erano difensori dei bei valori di una volta, Dio, Patria, Famiglia…
            Cosa che in parte è vera, non sto dicendo che abbiate torto, ma solo in parte.
            Insomma, delle belle mazzate le hanno date pure loro, poi, certo, i comunisti anni ’50 non erano come i drogati dei centri sociali che fanno incesto, antropofagia e simili.

            • Francesco scrive:

              dai Peucezio, non farmi difendere i centri sociali

              dove che io sappia si fanno le canne e la birra e concerti di musica non sempre disprezzabile

              • Peucezio scrive:

                Questo è anche vero.

                Però sono anche antropofagi 🙂

                Scherzi a parte, mi fa schifo la trascuratezza ostentata, la sciatteria, i capelli lunghi, i tatuaggi, i piercing, i vestiti tutti brutti, fetenti, stropicciati, poi ‘ste loro sedi tutte sporche, trascurate, con tavoli e sedie di risulta, tutto disordinato, volutamente squallido, poi i murales… che schifezza!

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Scherzi a parte, mi fa schifo la trascuratezza ostentata, la sciatteria, i capelli lunghi, i tatuaggi, i piercing, i vestiti tutti brutti, fetenti, stropicciati, poi ‘ste loro sedi tutte sporche, trascurate, con tavoli e sedie di risulta, tutto disordinato, volutamente squallido, poi i murales… !”

                C’è del vero in quello che dici, e sarebbe da capire il perché.

                Sicuramente, i comunisti hanno sempre avuto un’aria da “veri uomini” indifferenti alla comodità, al lusso borghese, con una tendenza all’austerità e al risparmio, e forse questa tradizione, ancora viva nell’ambiente della sinistra “dura” soprattutto a Roma, ha contribuito.

                Però non era un ambiente che cercasse coscientemente la bruttezza.

                Ad esempio, i pantaloni un po’ rovinati dall’uso e dal tempo erano “di sinistra”; ma i primi tagli nei pantaloni erano di “destra”, nel senso che erano i pariolini che si permettevano di comprare jeans costosi e farci qualche dispettoso strappo.

                Un altro elemento probabilmente è stata la cultura hippy, che però cercava assiduamente la bellezza: una bellezza che forse non tutti condividerebbero, tutta fluida, perline ricamate e scarpe fatte a mano. Era a quei tempi però una bellezza molto trasgressiva, sconvolgente per una società fisicamente molto rigida.

                Detto questo, però trovo davvero diffuso un elemento di “volutamente squallido”, come lo definisci tu, che si riassume non tanto nei murales (che possono essere belli o brutti) ma nella cultura dei “writers”, degli insozzamuri. Che non sono necessariamente “di sinistra”, ma sono comunque vicini a quegli ambienti.

                Siamo molto lontani dal socialismo di William Morris!

              • Z. scrive:

                Miguel,

                chi dice che gli “insozzamuri” siano di sinistra, o comunque vicini ad ambienti di sinistra?

                Secondo me non è affatto così, anzi.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “chi dice che gli “insozzamuri” siano di sinistra, o comunque vicini ad ambienti di sinistra?”

                A Firenze è sicuramente così, in quel curioso mondo che oscilla tra centri sociali, tifo calcistico, figli della borghesia illuminata, artisti un po’alternativi (ma quelli veramente alternativi odiano i writers), sostanze fumose varie.

              • Peucezio scrive:

                Che poi non c’è niente di più borghese della sciatteria ostentata.
                D’altronde ne parlavamo tempo fa: il borghese è uno straccione orgoglioso di essere straccione.

                Ogni tanto su RaiStoria si vedono quelle donne degli anni ’50 vestite di nero, massaie dell’Italia rurale di allora…
                Davano un senso di dignità, di decoro, di bellezza…
                L’antitesi assoluta degli straccioni dei centri sociali.
                Non a caso il fighetto non persegue mai il bello, ma rende fighetto l’informale.
                Il ristorante vecchia maniera ti mette la tovaglia, il ristorante fighetto mette la tovaglietta di carta.
                Fateci caso su questa cosa: questa fra tovaglie di stoffa (che trovi dal ristorante costosissimo da trecento euro a pasto alla bettola di quartiere) e tovagliette di carta (da locale moderno-fighetto-finto informale) è un discrimine fondamentale: lì ci sono proprio due civiltà diverse.
                Z., ti ricordi quando tempo fa, da quanto raccontavi qui dentro, sei stato in un posto di quel genere e ti sei sentito un po’ sedevacantista? 🙂

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                –Z., ti ricordi quando tempo fa, da quanto raccontavi qui dentro, sei stato in un posto di quel genere e ti sei sentito un po’ sedevacantista? 🙂 —

                Sì, ci pensavo giusto un paio di giorni fa.

                Riusciva a raccogliere tutto, ma proprio tutto ciò che a te da fastidio in un ristorante, che poi è esattamente ciò che da fastidio a me: i piatti con forme bizzarre, le posate incartate in un contenitore a centro tavola anziché a lato dei piatti (a proposito, ma com’è possibile che siano incartate in buste sigillate? le rendono anziché lavarle? boh!), coperti di carta, musica e per di più sgradevole, TV accesa, luce inutilmente bassa.

                Più che sciatteria, direi che è quel tipico giovanilismo pretenzioso, quel finto spontaneo alla moda. Che è peggio della sciatteria, per me.

                E io non sono mai stato giovanile, nemmeno quand’ero ragazzino 🙂

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                “Più che sciatteria, direi che è quel tipico giovanilismo pretenzioso, quel finto spontaneo alla moda. Che è peggio della sciatteria, per me.”

                Esattamente.

              • Peucezio scrive:

                Ma per caso c’erano anche le sedie di legno bianche, stile finto country? A Milano da qualche anno le vedi in giro ovunque.
                E’ tutta roba che la prima volta che la vedi è una curiosità, volendo persino simpatica, la seconda ti risultano indifferenti, la terza ti stanno sulle palle e ti chiedi cos’abbiano di speciale per cui tu debba vederle dappertutto.

              • PinoMamet scrive:

                Mi unisco alla domanda di Z. sulle posate incartate: come curiosità non capisco come facciano; come considerazione stilistica, mi sembra del tutto inutile e scemo (mi basta che siano lavate…); come considerazione ecologica, mi chiedo se non sia un’inutile spreco di carta, come non ci fosse abbastanza “packaging” in giro.

              • Peucezio scrive:

                Avranno la macchinetta che le incarta e le buste aperte predisposte, che la macchinetta chiude.

                In effetti noi tendiamo a pensare che per fare certe cose ci vogliano macchine speciali e costose delle quali se ne trova solo una nel raggio di 50 km, invece non è così: sarà un meccanismo molto semplice.

              • PinoMamet scrive:

                Sai perché
                tendiamo a pensare così?

                Perché siamo abituati a pensare 😉

                Lasciami fare un po’ l’énarque 😉

                credo che in effetti sia così: noi usciti da licei e università vediamo le posate incartate, e pensiamo, come avranno fatto? e ci mettiamo a progettare mentalmente la macchina, partendo da zero.
                E diciamo, caspita! è davvero difficile farla.

                Ed è vero. Partendo da zero non è affatto facile, devi possedere un numero elevatissimo di cognizioni.
                Qualcuno, uscito da un liceo e da un facoltà universitaria; anzi, molti; in effetti le hanno avute, e ci hanno costruito una macchinetta che qualunque tizio con la seconda elementare sa usare.

                Ma un tizio con la seconda elementare alla domanda “come avranno fatto a incartare la posata”, risponde “ce sta ‘a macchinetta”.

                Il problema grosso secondo me è che vogliono renderci tutti così.

              • Z. scrive:

                Chi è che lo vult?

              • PinoMamet scrive:

                Vari ministri della pubblica istruzione 😀

            • PinoMamet scrive:

              “Insomma, delle belle mazzate le hanno date pure loro”

              mmm per esempio?

              • Peucezio scrive:

                Appunto, l’avevo scritto: aborto, divorzio, solidarietà col femminismo, coi sessantottini…
                non parliamo poi, a proposito di ’68, delle riforme scolastiche, dell’evoluzione (se così la vogliamo chiamare) del concetto di educazione, don Milani, le idiozie di alcuni (oggi fanno ridere ma negli anni ’70 erano moneta corrente e oggi ne vediamo gli effetti) secondo cui la grammatica e l’ortografia sono forme di oppressione borghese, ecc.

              • Peucezio scrive:

                Non parliamo poi del rapporto con la religione, l’anticlericalismo, ecc.

                Sostanzialmente la sinistra italiana si è divisa in atei e dossettiani. I primi negano proprio la religione, quindi vabbè, si distrugge tutto, si riduce l’uomo alla materia, come fosse una bestia… I secondi hanno fatto anche peggio: hanno eroso la religione dall’interno, sfigurandola, lasciandone l’etichetta, ma svuotandone l’essenza, fino a trasformarla nel contrario di sé stessa. L’esito finale è Bergoglio, cioè il papa dei luterani, degli atei, dei divorziati, degli immigrati islamici, dei ricchioni.

              • Peucezio scrive:

                E Dossetti, come anche Roncalli, Montini, Bugnini, Lercaro e tutto il resto della combriccola vengono molto prima del ’68 e delle zecche e sono ancora antropologicamente uomini del passato.

              • Moi scrive:

                la grammatica e l’ortografia sono forme di oppressione borghese,

                [cit.]

                ——-

                In Italia ‘sta tiritera non ha mai attecchito troppo, perché abbiamo una lingua sostanzialmente fonetizzata … in Francia invece tira tantissimo !

              • Peucezio scrive:

                Ah, non lo sapevo.
                ‘Sti francesi… per quanto uno ne pensi male, sottovaluta sempre la loro scemenza.

                Pensare che i comunisti che oggi si scandalizzano per i congiuntivi di Di Maio, un tempo li consideravano un mezzo di potere della classe capitalista 🙂

              • Z. scrive:

                Peucè,

                l’uso completamente a raglio del termine “comunisti”, fatto da parte tua, mi lascia sempre perplesso 🙂

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, ma se a una mela la chiami “pera”, smette di essere una mela?
                Non è che se io cambio nome divento un altro: sempre io sono.

              • roberto scrive:

                moi

                “in Francia invece tira tantissimo”

                ne sei sicuro?
                mai sentita in francia una cosa del genere.

                più che altro visto che l’ortografia è abbastanza complessa, scrivere bene è un chiarissimo segno di essere persona di una certa classe sociale ( = hai studiato, hai letto), e scrivere male è una specie di stigma sociale.

                il bello poi è che
                – se io faccio un errore (e in francese scrivo molto bene) “eh, è così difficile per voi stranieri…”,
                – se ahmed fa lo stesso errore “eh, viene da un quartiere sfigato”,

                – ma se un énarque fa lo stesso identico errore “vabbé, gli è sfuggito, capita”

                (soccia quanto li odio…..non i francesi, gli énarques e affini)

              • Peucezio scrive:

                Se l’è on “énarque”?

              • roberto scrive:

                ah scusa, quelli che hanno studiato all’ENA (école nationale d’administration)….praticamente tutta la classe dirigente francese esce da lì

                è una delle “grandes écoles” (tipo la normale di pisa), e sicuramente la più antipatica, nel senso che chi esce da lì si sente un essere superiore (ed io ci lavoro tutti i giorni con gli esseri superiori, destino cinico e baro….)

              • Z. scrive:

                Peucè,

                — Vabbè, ma se a una mela la chiami “pera”, smette di essere una mela? —

                No, ma poi le pere come le chiamo? Susine?

                Chiamiamo mele le mele, pere le pere, susine le susine. È più semplice 🙂

  31. mirkhond scrive:

    A casa mia il ’68 era visto come la rivoluzione dei ricchi-fighi-snob, che dei lavoratori e dei proletari non gliene fregava niente.
    E questo da persone che votavano comunista.

  32. mirkhond scrive:

    Zanardo a Peucezio

    “Solo non credo che ci convenga il vassallaggio, né alle dipendenze dei russi né alle dipendenze di altri.”

    Però siamo vassalli degli USA da più di 70 anni.

    • PinoMamet scrive:

      Come sai, io non è che li apprezzi troppo, e sicuramente c’è molta demonizzazione interessata nei confronti di russi e cinesi;
      però c’è da dire che con gli americani ci siamo trovati quasi bene, tolto il caso Mattei in cui sono stati veramente stronzi e meschini.
      Culutralmente, piaccia o meno (a me meno) ormai c’è na grande consonanza tra USA e Italia, un’inglese con cui parlai anni fa mi diceva che anzi gli americani le sembravano molto più simili a noi che a loro…

      • Peucezio scrive:

        C’è del vero.

        Però poche nazioni nella storia hanno fatto nel mondo i danni degli USA.

        Certo, puoi obiettarmi che però noi non ne abbiamo avuto grossi danni, ma semmai diversi vantaggi.
        Il problema è che con gli Americani è difficile avere un rapporto dignitoso: sono non solo troppo forti, ma troppo rozzi e arroganti per rispettare il vassallo (ammesso sempre, come dice il buon Z., che sia desiderabile essere il vassallo di qualcuno).

        Sia chiaro comunque che, per quanto filorusso, se la Russia volesse fare l’arrogante o l’imperialista con noi, sarei il primo a dire che meriterebbe calci nel sedere, come chiunque.
        Ma con i russi storicamente siamo sempre andati d’accordo.
        Sono anche un popolo colto, sensibile, con un notevole talento per l’arte, la musica, la letteratura… Come sai li ho frequentati a lungo e strettamente. Poi, certo, c’è anche l’ubriacone di periferia che fa le risse e picchia la moglie…

        • Francesco scrive:

          1) per non fare il vassallo devi ESSERE un duca; se non lo sei non hai scelta
          2) tra tutti i possibili duchi di cui essere vassallo, non ne vedo di migliori degli USA, neppure di pari agli USA, ne vedo molti peggiori
          3) con la UE abbiamo provato a farci duchi tutti insieme, noi europei, ma sta andandoci male, peccato
          4) con i russi siamo andati d’accordo, nella misura in cui il russo più vicino stava a 3.000 km da casa nostra!

          ciao

          • Peucezio scrive:

            Francesco,
            durante la II Guerra Mondiale chi era il duca e chi il vassallo fra Germania e Giappone? E fra USA e URSS?
            Chi l’ha detto che le alleanze debbano essere sempre forme di vassallaggio?
            Poi c’è sempre quello che cerca di allargarsi e allora bisogna dargli una mazzata in testa, prima che la alzi troppo.

            • Z. scrive:

              Le alleanze possono essere quasi alla pari quando intercorrono tra potenze di pari livello.

              L’Italia da sola non è una potenza, e neppure la Francia o la Germania.

              Poi certo, c’è il Governo del Cambiamento 🙂

              • Peucezio scrive:

                Leggi su a proposito di Giappone, Corea, Israele e simili.
                La potenza non è un fatto né di demografia né di estensione geografica.
                L’Unione Europea poi è una somma di debolezze.

              • Francesco scrive:

                Piano Peceuzio, non confondere i Sacri Principi della Forza (Machiavelli) con i periodi di “liberi tutti” concessi da particolari circostanze storiche.

                Giappone e Corea del Sud hanno potuto fare i gradassi, i vassalli poco rispettosi, fino a quando lì vicino c’erano una URSS in decadenza e una Cina ancora Terzo mondo.

                Oggi che la Cina sta tornando grande, le Leggi della Forza tornano in pieno vigore e la scelta è stare dalla parte degli USA o soffrire le imposizioni cinesi.

                Forse il Giappone potrebbe provare a fare da solo ma dovrebbe riarmarsi quasi da zero e con pochi giovani, tendenzialmente imbelli.

                Israele è anomalo, lo riconosco, ma per avere una tale esagerata influenza sugli USA deve utilizzare una grandissima pressione, ogni giorno è a rischio di rigetto.

                Come ha detto Z, se non vuoi essere vassallo devi essere potente e la dimensione minima di potenza è quella europea: la Bomba francese, l’economia tedesca, la somma delle popolazioni, ci vogliono tutte.

                E per mettere insieme quelle risorse, da piccola nazione formalmente indipendente devi diventare provincia dell’Impero Europa.

                Io resterei protettorato USA ma sono giusto gusti personali

              • Peucezio scrive:

                Queste sono proprio fole, secondo me.
                Roma quanto era grande in origine?
                L’Inghilterra? Eppure gli Stati Uniti da lì vengono.
                Certo, tu mi dirai, non è che si può fare qui ed ora. Ma infatti le cose vanno preparate.
                Il problema delle classi dirigenti di ora è che non sono vassalle tatticamente ora come ora, ma lo sono come proiezione ideale, antropologicamente.
                E l’europeismo è il peggio di questo vassallaggio, perché è la rinuncia a priori a contare qualcosa. Se conta l’Europa e l’Italia non esiste se non come provincia, in che cosa l’Italia conterebbe? Almeno come vassallo indipendente te la puoi giocare, puoi usare tattiche, puoi barcamenarti in attesa di ingrandirti e rafforzarti.
                Che me ne frega che sia importante l’Europa?
                Allora uniamo il mondo, casomai venissero gli extraterrestri!

              • Peucezio scrive:

                E infatti non funziona.
                Come mai l’integrazione europea c’è da decenni, eppure l’Europa continua a non contare nulla e ad accodarsi pedissequamente ai voleri americani da decenni, anche in imprese folli come quella irachena o masochistiche come quella iugoslava?
                Le identità non si creano a tavolino, come le famiglie. Non puoi pretendere che arrivi qualcuno, ti dica di voler bene al figlio di altri genitori che manco conosci, e aspettarti poi di volergli bene come a un figlio e creare una famiglia coesa, con dieci famiglie estranee fuse a freddo fra loro.

              • Francesco scrive:

                Piano: l’identità culturale europea è un dato di fatto, oggettivo, almeno quanto qualsiasi identità nazionale o regionale in Europa.

                Con un’Europa forte, unita e grande, io me medesimo conto di più, anche se le mie identità di milanese, lombardo, italiano, sono necessariamente sbiadite.

                E mi sembra meno utopia di una Italia in grado di farsi un suo impero sul modello di Roma. Pensa agli inglesi: quali territori hanno conquistato in Europa? nessuno e la forza del loro impero nasce proprio da lì, dal non spendere neppure una stilla di sudore per rimettere piede sul Continente. Intanto che tedeschi, francesi, spagnoli, russi si sono consumati senza mai farcela.

              • Z. scrive:

                Barcamenarsi per propria decisione tra frontiere chiuse, dazi, dogane e visti per viaggiare mentre gli altri viaggiano e commerciano liberamente?

                I vantaggi di questo progetto, a parte la crescita del PIL conseguente all’incremento di spesa pubblica, temo mi sfuggano.

                E credo sfuggano altresì a tutti i politici di tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione…

  33. Peucezio scrive:

    Roberto,
    “Questa è una scena profondamente americana secondo me (rivolta a parte gli americani sono i due che lavorano al fastidio food)
    https://youtu.be/1DuYVuLgQ9U

    Anche gli spagnoli sono così.

    • Roberto scrive:

      Ma per pigrizia o perché senza la procedura si sentono persi?
      Mi sorprende questa cosa

      • Peucezio scrive:

        Per ottusità, rigidità mentale.

      • Peucezio scrive:

        Per dirtene una (ma è un esempio fra mille), ricordo che ero davanti a un’edicola alla Puerta del Sol e stavo buttando un occhio sui giornali esposti. L’edicolante mi fa “no se puede leer la prensa”.
        Un italiano non ti direbbe mai una cosa così: o lascerebbe correre, oppure ti direbbe “vuoi fare il furbo, se vuoi leggere il giornale compratelo, tengo famiglia, se tutti leggono i giornali senza comprarli, io che mangio…?”, cioè butterebbe la cosa sul personale, non certo su una regola astratta, di principio.

        Oppure il buttafuori del locale, che non ti fa entrare se hai le scarpe sportive (loro hanno ‘ste fissazioni; poi ovviamente vestono male, senza buon gusto, non sanno accocchiare i colori…). Un italiano ti direbbe: “sai, non posso, poi mi rimproverano, mi fanno storie, fosse per me ti farei entrare…” Invece lo spagnolo ti dice: “es imposible”, come se fosse un’impossibilità intrinseca, come se si violasse una legge fisica.

      • Peucezio scrive:

        Inoltre hanno un’estrema difficoltà con le cose complesse.
        Vagli a spiegare un problema complicato, in cui non si tratta di sì o no, di cose schematiche, non ti seguono, non è cosa loro…
        Per loro si fa così e basta.

        • Francesco scrive:

          mi piacciono “a pelle” le persone così, ligie alle regole

          diffido sempre di quelli intelligenti che sanno il motivo delle procedure e quindi le aggirano

          tranne quando lo faccio io

          🙂

          • Peucezio scrive:

            Francesco,
            va’ un po’ a vivere in Spagna: dopo un po’ ti staranno sulle palle, anche quando non sei tu 🙂

            Un mio amico andaluso molto intelligente ammetteva che gli spagnoli sono un po’ i tedeschi del sud.
            E’ un po’ diverso però: il tedesco, per quello che so (non posso dire di conoscerlo), si sente a disagio fuori dall’ordine e dalle regole, ma non esibisce il suo essere ligio.
            Lo spagnolo invece come al solito è retorico, enfatico, quindi ne fa una bandiera (non dico dell’essere ligio in genere, ma dell’importanza della singola regola: ci mette l’orgullo anche lì). Ovviamente, trattandosi spesso di inezie, l’effetto è un po’ caricaturale.

            Diversissimo è il caso dello svizzero. Per quello che ho visto io, non è per nulla fiscale né rompipalle. Sa che lì la gente è onesta e rispettosa, quindi, siccome c’è disciplina e correttezza sostanziale, non s’impunta rigidamente sui dettagli.
            In Svizzera ho visto forme di flessibilità che in Italia ti sogni.
            In Italia poi la persona media cerca ogni espediente per eludere le regole, ma il burocrate ne inventa altrettante e anche di più per legare le mani alla persona media e alla fine vince lui.

          • PinoMamet scrive:

            A quanto mi dicono, però, gli svizzeri sono onesti e rispettosi in Isvizzera ;

            come mettono piede nel Bel Paese dove il boh? suona, si trasformano in pecorecci ciabatti e gettatori di cartacce “perché tanto in Italia fan tutti così”.
            Idem gli austriaci, che in Austria zittiscono irritati bambini italiani colpevoli solo di essere bambini, e di essere italiani, anche quando non stanno facendo assolutamente niente di male (successo a miei amici con i loro figli) mentre di qua dal Brennero diventano urlatori e maleducati.

            In generale si conferma il mio pregiudizio verso i germanici&nordici, civili quando fa comodo a loro.

            Logico che si parla per grossolane semplificazioni e brutali generalizzazioni.

            Sulle regole, gli abitanti del paese-simpatico-a-pochi (e in genere a quelli sbagliati, ma sarebbe un altro argomento) sono invece convintissimi di essere dei furbacchioni disonesti e svicolatori; in linea col generale loro luogo comune di essere un passo più furbi degli altri (ingiustificato).
            Nella realtà, mi risulta che seguano le leggi piuttosto pedissequamente e quanto alla furbizia, beh, alcuni miei amici si sono fatti derubare nel modo più ingenuo e sprovveduto appena messo piede in Italia…

            • Z. scrive:

              Pino.

              — A quanto mi dicono, però, gli svizzeri sono onesti e rispettosi in Isvizzera ;

              come mettono piede nel Bel Paese dove il boh? suona, si trasformano in pecorecci ciabatti e gettatori di cartacce “perché tanto in Italia fan tutti così”. —

              Diceva un baffuto tedesco che amava la Svizzera: dopo un lungo sonno, la virtù si alza più riposata 😉

              Tra l’altro, per quel pochissimo che ho avuto modo di vedere degli italiani all’estero mi sono sembrati molto rispettosi degli usi e dei costumi locali. Ivi compresi quelli che riguardano il rigoroso rispetto delle regole, la mancanza del quale viene spesso citato tra i mali diffusi in Italia.

              • Peucezio scrive:

                E soprattutto le fanciulle italiane all’estero si aprono di … beh, si è capito!

                Comunque, boh, può essere, l’ho già sentita ‘sta cosa. Io gli svizzeri li ho visto solo in Isvizzera, quindi non posso né confermare, né smentire.

            • Z. scrive:

              Pino,

              — gli abitanti del paese-simpatico-a-pochi (e in genere a quelli sbagliati, ma sarebbe un altro argomento) —

              Se e quando ne hai voglia parlane, è un argomento interessante.

              • PinoMamet scrive:

                Quale, quello delle persone che trovano simpatico Israele?

                Io a volte li trovo imbarazzanti. Naturalmente anch’io mi sono trovato a difenderlo, non sempre a mio agissimo, da accuse che trovavo non inconcepibili ma sicuramente eccessive.

                Però dal difenderlo dall’accusa di essere considerato un paese di razzisti, al compiacersi di atteggiamenti razzisti, ce ne passa, e spero che si noti.

                Ovviamente sono iscritto a vari gruppi di FB che si occupano di Israele: in alcuni sono stati censurati ripetutamente dei messaggi di simpatizzanti, ebrei ma molto più spesso non ebrei (che già, non capisco troppo…) decisamente razzisti, più ancora che antiarabi.
                E capita sempre la foto, un po’ propagandistica siamo d’accordo, del bravo poliziotto arabo o del bravo soldato israeliano musulmano, e il commento del solito italiano feroce “non fidatevi, fanno tutti schifo ecc. ecc.”

                E questo, guarda, ancora lo capisco: anche in Italia, ahimè, esistono i razzisti. Potrebbero scegliersi magari un altro paese del cuore, e non quello dei figli e nipoti della Shoah- sarebbe più di buon gusto, diciamo; però esistono, prendiamone atto.

                Quello che non capisco davvero non è l’antipatia verso gli arabi, insomma;
                è la simpatia verso gli ebrei! che vengono sommersi di lodi, quanto siete intelligenti, quanto siete creativi, quanto siete belli, quanto siete invincibili.
                Immagino che a qualche ebreo possa anche far piacere: in fondo è meglio essere lodati che insultati.
                Ma, per quello che vedo, nonostante un certo trionfalismo (vabbè, il solito campanilismo di tutti: non so quante volte ho sentito ripetere che “anche Colombo era ebreo”, e continua a rimanere una palla…) nonostante questo direi che il sentimento degli ebrei verso questi amici un po’ invadenti è di imbarazzo e qualche volta di fastidio.

  34. Moi scrive:

    … Dire che “Israele ha diritto di esistere” senza poi emularne le politiche di pubblica sicurezza anti-Islamizzazione NON serve a una cippa !

    PS

    Quanti milioni di pagine teologiche sono state scritte per dare a intendere (spesso invano !) alle masse che Bibbia e Corano sarebbero libri di “volemosebbene” ?! 😉

    • PinoMamet scrive:

      Israele non ha nessuna politica di anti-islamizzazione. Il presidente fa di routine gli auguri di buon Ramadan agli israeliani musulmani (te lo immagini Salvini?) e le reclute musulmane dell’esercito giurano sul Corano.
      Israele ha una politica decisamente e liberamente discutibile nei confronti dei palestinesi, non dell’Islam.

  35. Moi scrive:

    Si può certamente obiettare che NON v’è testo antico (ma basta dagli Anni Cinquanta in giù, come sapete …) privo di cronache violentissime e persuasioni a rifare quelle cose per gli stessi motivi … vero. Però nessun altro di quei testi di quel tipo ha pretese di costruire un Mondo di Coesistenza Pacifica (qualunque cosa significhi veramente) dell’ Umanità finché essa durerà !

    • PinoMamet scrive:

      Non ho capito.

      • Moi scrive:

        Boh … mi pareva chiaro.

        Si fa un gran parlare e un gran scrivere di CoEsistenza Pacifica nel Mondo fra Culture diversissime … in nome di religioni che si rifanno a testi che contengono tutt’altro, non di rado l’ esatto contrario.

        Non serve a granché “contestualizzare” quei testi, asserendo che _ come dicevo_ sono contenutisticamente (“sottomettere o essere sottomessi”, “uccidere o essere uccisi”, “vae victis”, ecc …) molto simili a tanti altri. Avrebbe più senso farne ciò che si è fatto degli altri testi più o meno simili: “estrometterli dall’ Attualità per consegnarli alla Storia”.

  36. mirkhond scrive:

    “Avrebbe più senso farne ciò che si è fatto degli altri testi più o meno simili: “estrometterli dall’ Attualità per consegnarli alla Storia”.”

    Così non esisterebbero più ne il Giudaismo e ne l’Islam.

    • Moi scrive:

      … e il Cristianesimo ?

      • PinoMamet scrive:

        Non mi sembra lo stesso caso. In effetti il Cristianesimo ha “consegnato alla storia” i testi antichi che parlano di massacri ecc., relegandoli a “vecchio Testamento”, roba imperfetta e perfettibile, superata dal “nuovo” che in effetti parla solo di pace e amore.

        Il Cristianesimo, facci caso, è in effetti casomai accusato di incoerenza; Isl. ed Eb., di troppa coerenza.

        • Moi scrive:

          Be’, cmq c’era qualcuno un po’ “birbantello” 😉 , tipo Simon Pietro e Giuda Iscariota.

          • Moi scrive:

            Il Cristianesimo, facci caso, è in effetti casomai accusato di incoerenza; Isl. ed Eb., di troppa coerenza.

            ——

            Sì, le reciproche accuse sono queste.

  37. Moi scrive:

    Sul ’68 penso che abbia in linea di massima ragione Christopher Lasch; semplificando forse un po’ troppo brutalmente : tolti di mezzo (nel senso di ridurre a “simulacra” folkloristici di ciò che erano sempre stati) Chiesa e Stato-Nazione, al Capitalismo “spensierato” serviva togliere di mezzo in ogni famiglia anche il “Padre” per assolutizzarsi.

  38. Moi scrive:

    @ PEUCEZIO

    La tovaglietta di carta ha il “vantaggio” per i gestori che quando è sporca si caccia via e che da pubblicità al “brand” 😉 , e magari con spazi per altri “sponsor”

  39. Moi scrive:

    @ PINO

    Ma in realtà forse basta molto meno: basta diseducare alla curiosità fine a sé stessa, un utilitarismo esasperato … il famigerato esempio di Blondet dei Gggiovani che considerano lo smartphone (dal quale dipendono totalmente !) un frutto magico che cresce sugli alberi …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *