Il Palazzo della Dimensione Parallela, il Servitore e il Locale sigillato

Abbiamo scritto cose molto dure contro la movida, che contribuisce allo svuotamento e alla mercificazione dei quartieri dei centri storici.

L’altro giorno, hanno chiuso un locale a due passi da casa mia, proprio per troppa movida; e invece di essere contento, sono perplesso.

Si tratta di La Cité (scritto con una grafia pseudoaraba che irrita chiunque abbia nozioni di lingue orientali), in Borgo San Frediano.

La Cité, mi dicono, è nata nell’area dei Giovani Comunisti, e fino all’una di notte ospita concerti dal vivo, una libreria, intellettuali e studenti, categorie che a Firenze certamente non mancano. Ho assistito anche alla presentazione di qualche libro lì, tra cui lo splendido  Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio di Lakhous Amara.

Adesso, un magistrato ha deciso che il locale deve chiudere per l’estate per “disturbo alla quiete pubblica“.

Così, come si usa da noi, ci andiamo a informare direttamente.

Uno che mi dice, “chi può stabilire chi ha ragione, tra il tuo diritto di dormire la notte e il mio diritto di divertirmi?”, parte male. E’ un po’ come chiedermi di mettere sullo stesso piano il diritto di prendere a schiaffi la gente, e quello di non essere preso a schiaffi.

E non condivido l’affermazione dei difensori del locale, secondo cui sarebbero vittime di una “piccola mentalità bigotta“. A meno che non si considerino bigotti quelli che i poliziotti di mezzo mondo torturano con la tecnica della privazione del sonno. Ma a sinistra ci si deve sempre sentire moderni, persino di questi tempi…

Eppure qualcosa di importante a propria difesa, quelli della Cité ce l’avrebbero da dire, anche se per qualche motivo hanno scelto di difendersi in altro modo.

Innanzitutto, i frequentatori de La Cité non sono antropologicamente quelli che cantano in cori rumorosi, o che prendono a calci le macchine sotto casa mia verso l’alba, o che strombazzano con i clacson sui fuoristrada, o che crollano ubriachi dopo una notte di pub crawling. Al massimo, ridono e scherzano un po’ fino alla chiusura del locale.

Ma c’è anche un’altra cosa, che riferisco come me l’hanno raccontata nel rione.

Un piccolo commerciante molto informato mi spiega che Firenze non sarà certo Salerno, ma se vuoi aprire un locale e non un semplice negozio, un protettore lo devi avere. Nel caso della Cité, mi dice, c’era nella giunta precedente un assessore di Rifondazione Comunista, che però poi ha perso il posto… e così La Cité si sarebbe trovata indifesa.

“Vedi quel palazzo lì, proprio di fronte?” mi dice qualcuno vicino ai gestori del locale, indicando una delle tipiche casette a tre piani dell’Oltrarno. “La gente che abita lì si è rifiutata di partecipare alla campagna contro di noi, capiscono le nostre ragioni, abbiamo anche comprato i doppi vetri a tutti.”

So per esperienza che i doppi vetri servono a poco quando d’estate fa caldo e vuoi tenere le finestre aperte, ma in effetti La Cité funziona soprattutto d’inverno.

“No, la guerra ce l’hanno fatta solo quelli là”, e punta il dito verso la facciata dell’immenso Palazzo Magnani Feroni. Con le sue finestre ampie e regolari, così diverse da quelle delle casette caotiche e cunicolari che caratterizzano il nostro rione.

Mi vado a informare.

Palazzo Magnani Feroni sul proprio sito si descrive come “Residenza d’epoca Firenze L’eleganza Sublime di un Palazzo Rinascimentale“, dove “Si viene catapulati in una dimensione parallela palazzo in stato piu’ che eccellente interni curatissimo e un arredamento perfetto inoltra la gentilezza del personale rende il soggiorno indimenticabile” (grafia come nell’originale).

Apprendiamo poi che

“il Palazzo offre in tutto 11 suites suddivise in due Executive ed una Junior Suite situate al pianterreno del Palazzo, otto Suites Deluxe al primo e secondo piano. Le grandi Gallerie del Palazzo che si trovano su ogni piano sono a disposizione dei nostri ospiti. Un servizio accurato ed attento ad ogni personalizzazione distingue la raffinata ospitalità di Palazzo.

Ogni suite è di circa 90-100 mq e dispone di una grande camera doppia o matrimoniale, bagno in marmo, grande soggiorno, televisori con canali internazionali sia nella camera che nel soggiorno di ogni suite, frigo-bar, telefoni in camera e nel soggiorno, angolo ufficio con accesso internet diretto nel soggiorno, aria condizionata.

“Su richiesta l’ospite potrà prenotare, fiori particolari o articoli di lusso che verranno posti nella Suite prima dell’arrivo dell’ospite”

Provo l’ebbrezza di prenotarmi via Internet una suite, ovviamente evitando l’ultimo fatale clic: i prezzi variano da 511 a 669 euro a notte.

All’ingresso di Palazzo Magnani Feroni, c’è sempre un solenne indiano in livrea – “certi lavori devi avere la pelle scura per farli, non li fanno fare a un italiano”, commenta qualcuno.

Servizio al Palazzo Magnani Feroni

Non so perché i frequentatori di La Cité abbiano tanta certezza nel dire che l’attacco proviene dal Palazzo, comunque aggiungono, “è una faccenda di massoni!”

Quando un fiorentino dice massoneria, non si riferisce necessariamente a qualche loggia in senso stretto.

Immaginatevi l’amministrazione comunale (e tutto ciò che si rapporta con essa, come la Soprintendenza) come un dispositivo in cui la norma è la completa inerzia generata dalla pigrizia umana, moltiplicata e giustificata dal terrore dei ricorsi.

Ogni funzionario del dispositivo porta un cartellino virtuale, con le due frasi chiave, non si può fare, non si può impedire.

Poi, quando meno te l’aspetti, il sistema si anima improvvisamente, e succede realmente qualcosa, senza che si possa capire perché.

Chi è in grado di animare oppure di paralizzare la macchina, attraverso canali che sono misteriosi anche per quasi tutte le normali persone che compongono il dispositivo, ecco… questa è massoneria.

“Vedi il locale a destra? Quello chiude alle cinque di mattina, il bar all’angolo alle quattro, a loro nessuno dice niente… e davanti a noi, c’è il marciapiede su cui parcheggiano i SUV di quelli che vanno a mangiare al ristorante, ma ti pare che da noi verrebbe gente con i SUV? Abbiamo chiamato un sacco di volte i vigili per denunciarlo, niente, non sono mai venuti, ma adesso troviamo che nel documento del magistrato ci accusano pure per quello.

Abbiamo chiesto anche la pedana all’esterno, come ce l’hanno tanti locali qui. Invece di darcela, un giorno abbiamo trovato un cartello di divieto di sosta proprio sul tratto qui davanti, poi qui si parcheggia ugualmente, non è mai passato un vigile per far rispettare il divieto, tanto serviva solo per dare loro la scusa di negarci la pedana.”

Ma perché dovrebbero avercela con voi, chiedo. Stento a immaginarmi gli inquilini del Palazzo costretti dal caldo ad aprire le finestre sugli autobus e il traffico sottostante.

“Non è il rumore, è una faccenda di occhio. Non vogliono che i loro ospiti siano turbati dalla vista dei ragazzi che vengono qui, che escono fuori a fumare sul marciapiede. Ma tu non sei di Firenze… però forse la conosci ormai abbastanza bene per capire checittà di m… che è.”

Venerdì 5 luglio, ci sarà un corteo a sostegno della Cité, credo che parteciperò almeno come osservatore.

P.S.

Riporto due commenti a questo post da parte di residenti nelle immediate vicinanze, nessuno dei quali peraltro caratterizzabile peraltro come “bigotto”:

Se avessero pulito le centinaia di cicche fuori dalla porta la sera peima di chiudere anzichè lasciarle lì sul marciapiede fino al pomeriggio seguente, se avessero provato una sola volta da quando sono aperti a invitare i propri clienti (non quelli del NOF di fronte, i propri) a non sostare vociando dopo la chiusura, se avessero insonorizzato e climatizzato il locale in modo da poter tenere la porta chiusa forse avrebbero anche la mia comprensione. Non sono mai stai un esempio di buon vivere col vicinato, a me i doppi vetri non me li hanno messi (e abito 20 metri piú in là) e quando c’erano solo loro nella strada i problemi erano gli stessi di adesso. Hanno regolarmente sfiorato perfino gli orari delle varie notti bianche suonando per strada musica ben oltre i limiti stabiliti dell’ordinanza (le 5 del mattino!). Il promuovere iniziative interessanti non fa che peggiorare la loro situazione, è proprio da chi dovrebbe ragionare in modo diverso che è lecito aspettarsi anche comportamenti diversi e più vitruosi. Hanno la responsabilità di non aver saputo assumersi l’onere di una maggiore responsabilità etica. So che è vero che il Giannotti gli fa la guerra, ma dire che è tutta colpa sua è scaricare su altri le proprie colpe che, credimi Miguel, ci sono tutte.

****

….sì però il rumore c’era e tanto,ricordo di essere passata alle 2,50 di notte e c’era un tal radical-chic casino che ho sentito veramente una gran pena per i residenti.
….non capisco perchè chi ha il privilegio di poter stare in un palazzo elegante….per dispetto (invidia) debba essere disturbato….
piuttosto,il ”locale” dietro l’angolo ,che se c’è una giustizia karmica ha già cominciato a ”pagare”la sua arroganza,il disprezzo degli altri ,perchè non ha più la clientela di una volta !!!!!! Anche ”quel locale ”credo dovrebbe essere ”silenziato”.
scusa,non mi interessa sapere di marmi,tariffe e camerieri indiani….mi interessa che il rispetto delle leggi sia operativo per tutti ..TUTTI.
io preferirei impegnarmi in modo fermo e deciso su questo, piuttosto che fare dietrologie-vere o false che siano, che però comunque hanno un pò il il sapore del lamentìo di portinaie.

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41 risposte a Il Palazzo della Dimensione Parallela, il Servitore e il Locale sigillato

  1. Judith Munat scrive:

    Grazie per avermi spiegato che cosa ci sta dietro la chiusura della Cité. Non fosse per te avrei creduto alla balla del troppo rumore.

  2. Moi scrive:

    Penso che “bigotto” venga usato qui in senso di “retrivo”, “contro il diviertimento e il giovanilismo” … nulla a che vedere con la religione.

    PS

    A proposito di religione, premesso che Mirkhond è l’unica “voce” che abbia mai letto scettica e diffidente nei confronti dello scrittore Khaled Hosseini, segnalo il suo terzo romanzo, dopo “Il Cacciatore di Aquiloni” e “Mille Splendidi Soli” :

    http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__e-l-eco-rispose.php?gclid=CMGY7_WLirgCFQeS3godtmYAgg

    “E l’ Eco Rispose”

    • PinoMamet scrive:

      ” A proposito di religione, premesso che Mirkhond è l’unica “voce” che abbia mai letto scettica e diffidente nei confronti dello scrittore Khaled Hosseini”

      Beh, io non l’ho mai letto e perciò non posso essere né scettico né sostenitore…

    • mirkhond scrive:

      Non ho letto niente di Hosseini.
      Il mio giudizio riguarda un film, nel quale i biekiSSimi talebani vengono accusati proprio di ciò che combatterono con tanta durezza: la pederastia.
      Per il resto fagli pure il monumento al pashtun americanizzato e non al di sopra delle parti….

  3. daouda scrive:

    Olavo de Carvalho

    Quando dico che il marxismo è una cultura, vi è implicito che paragonarlo ad una
    “religione” è abusare di un’analogia. Tale analogia funziona solo, in parte, se per “religione” intendiamo i primitivi complessi mitologici nei quali credenze, riti, governo e società si fondevano in una totalità inseparabile.
    Le religioni universali sono per eccellenza trasponibili fuori dalla loro cultura originaria, e lo sono, precisamente, perché in esse il deposito iniziale della rivelazione si
    trasforma in una formulazione teologico-dogmatica razionale con pretese di verità universale, la quale si offre all’essere giudicata valida o rifiutata sul piano teoretico. Il marxismo, invece, non ammette in nessuna maniera di essere discusso su questo piano, perché l’essenza del suo contenuto intenzionale, come ho già spiegato, non è espressa in discorso, bensì è inserita in modo organico,
    come un segreto muto, nel tessuto della pratica rivoluzionaria, dal quale deve essere dipanata per mezzo di sottili mutamenti di significato, procedimento esoterico la cui autorità trascende quella degli scritti dello stesso Marx.

    Toni Negri, scrivendo nel 1994 circa un dibattito avuto con Norberto Bobbio, afferma: «Per Bobbio, una teoria marxista dello Stato potrebbe essere solo quella che derivasse da un’attenta lettura dello stesso Marx. Per l’autore marxista radicale (Negri), però, era la critica pratica delle istituzioni giuridiche e statali a partire dalla prospettiva del movimento rivoluzionario — una pratica che aveva poco a che vedere con la filologia marxista, ma apparteneva prima di tutto all’ermeneutica marxista della costruzione di un soggetto rivoluzionario e all’espressione del suo potere. Se c’era qualcosa in comune tra Bobbio e il suo interlocutore era che entrambi consideravano il socialismo reale come uno sviluppo ampiamente esterno al pensiero marxista».
    Da un lato, il marxismo non consiste nella formulazione espressa da Marx, ma si trasforma nella «costruzione di un soggetto rivoluzionario». Dall’altro, neppure s’identifica con il “socialismo reale”, cioè, con la situazione storicamente oggettiva prodotta da questa stessa costruzione. Ma, se il “vero” marxismo non sta né nel progetto né nell’edificio, né nelle intenzioni della teoria, né nei risultati della pratica, dove sta allora? Sta nel tragitto, nel processo in sé. Sta nelle profondità
    occulte e moventi della praxis, velata ai suoi protagonisti e adesso svelata in parte dal tirocinio ermeneutico del sig. Negri, con grande sorpresa dei suoi predecessori che si immaginavano essere marxisti. Lungi dall’essere una religione dogmatica arroccata alla lettera della rivelazione, il marxismo è un flusso esoterico di simboli in movimento perpetuo, il cui senso solo si rivela ex post facto , ad ogni nuova generazione, provando che gli idoli rivoluzionari di ieri non erano rivoluzionari, bensì traditori, come in una Chiesa auo-immunizzante nella quale il primo obbligo di ogni nuovo Papa fosse quello di scomunicare il predecessore. Si comprende bene il terribile rischio di discutere con i marxisti. Si fa un lavoro spaventoso per vincerli, solo per poi veder apparire
    qualcuno il quale dichiara che, dalla loro sconfitta, il marxismo è uscito non solo incolume ma addirittura ancora più grande.
    In questa linea, il sig. Negri afferma che «una critica molto radicale del diritto e dello Stato si era sviluppata nel corso del processo rivoluzionario ed era stata repressa nelle codificazioni e costituzioni dell’Unione Sovietica e del ‘socialismo reale’». In uno schioccar di dita, la massima realizzazione storica del movimento socialista diviene il suo contrario: la repressione del socialismo. Ma, con la stessa disinvoltura con la quale si esenta dalle responsabilità per le sue azioni, la «pratica rivoluzionaria” attribuisce a se stessa i meriti dei suoi nemici: nella prospettiva del sig. Negri, «l’insieme di lotte per la liberazione che i proletari svilupparono contro il lavoro
    capitalista, le sue leggi e il suo Stato» abbraccia «dalla sollevazione di Parigi nel 1789 fino…. alla caduta del muro di Berlino». La lettura esoterica trasforma lo smantellamento del comunismo in ribellione anticapitalista.
    Come ragionamento filosofico, scientifico, dogmatico o anche ideologico, non ha alcun
    senso. Come argomento retorico, è ridicolo. Come frode, è troppo puerile. Ma come operazione di emergenza per la salvezza dell’unità culturale minacciata, ha tutto il senso del mondo. Le culture sono la base della costruzione della personalità dei propri membri, che crolla insieme con esse.
    La difesa della cultura è un’urgenza psicologica assoluta, che giustifica il ricorso a mezzi disperati.

    Caratterizzato il marxismo come cultura, è necessario adesso dare più precisione alla
    diagnosi per mezzo di alcune differenze specifiche. Il marxismo non è un processo culturale autonomo, ma una trasmutazione avvenuta in seno al movimento rivoluzionario mondiale, che a quel tempo già aveva una tradizione centenaria e una identità definita, al punto di essere popolarmente designato dalla semplice espressione “il movimento” o “la causa”, malgrado la coesistenza, in esso, di una infinità di correnti e sottocorrenti in disputa tra loro.
    Il Manifesto Comunista del 1848 si presenta come un superamento e assorbimento di tale movimento disordinato, in una totalità superiore. Da quel momento in avanti, le relazioni tra il marxismo e le altre correnti rivoluzionarie furono quelle del padrone con i suoi sottoposti che a suo piacere convoca, dimette, espelle o chiama indietro.
    Fu così che esso poté condannare come rivolta piccolo-borghese le proteste esistenziali di ordine sessuale o impugnare il nazionalismo come il peggiore nemico della rivoluzione proletaria, e subito dopo convocare e l’uno e l’altro perché servissero sotto le sue bandiere.
    La sua capacità di assorbimento ed espulsione è illimitata, e giacché non deve dare soddisfazione se non all’unica sua priorità, che è la sua propria esistenza ed espansione, essendo ogni considerazione di verità o moralità pragmaticamente ribassata alla condizione di ancilla revolutionis.
    Opportunismo portato alle ultime conseguenze, il suo totale disimpegno dalla verità può essere misurato dalla costanza con la quale il movimento comunista annuncia la sua vittoria ormai prossima contro le nazioni capitaliste e, allo stesso tempo, nega perfino la propria esistenza materiale, denunciando come paranoia e “teoria del complotto” ogni tentativo di identificare la sua rete di organizzazioni e i suoi
    modi di azione. Di fronte a ciò anche la comparazione con le religioni dogmatiche è inadeguata.
    Nessun fanatismo religioso ha mai prodotto questo tipo di sociopatologia di massa.
    La differenza fondamentale tra il marxismo e le altre culture è che per quest’ultime il test decisivo è l’adattamento all’ambiente naturale, l’organizzazione dell’economia. Qualsiasi cultura che fallisca in questo punto è destinata a scomparire. Il marxismo, al contrario, il cui completo fallimento economico in tutte le nazioni in cui ha dominato è notorio (basti ricordare che nessuna organizzazione economica è mai riuscita ad uccidere di fame 10 milioni di persone in una sola volta come con il “Grande Balzo in Avanti” dell’agricoltura cinese), sembra trarre da questo risultato i
    più straordinari vantaggi, crescendo in prestigio e forza politica quanto più diviene fragile edipendente dall’aiuto dei paesi capitalisti.
    La sua incapacità di sfruttare efficacemente un territorio, comparata alla brutale efficienza nello espandersi in territorio altrui, mostra che il marxismo non esiste come cultura in senso pieno, capace di affermare il suo valore contro la resistenza dell’ambiente materiale, bensì solo come sottocultura parassitaria incrostata in una società che esso non creò e con la quale non può competere.
    Sottocultura parassitaria della cultura occidentale moderna, il marxismo non è capace di sostituirla, ma è capace di indebolirla e portarla alla morte. Il parassita, però, non può sussistere fuori del corpo che sfrutta, e la debolezza dell’organismo ospitante dà margine all’ascensione di una altra cultura concorrente, quella islamica — questa sì cultura in senso pieno — alla cui lotta anti-occidentale il marxismo finisce per servire di forza ausiliaria in quanto cerca di servirsene per i suoi
    scopi.
    L’adesione all’Islam di importanti pensatori marxisti come Roger Garaudy e la “alleanza anti-imperialista” di comunisti e mussulmani sono simboli di un processo molto più complesso di assorbimento del marxismo, che alcuni teorici islamici descrivono così: la lotta per il socialismo è la tappa iniziale e inferiore di un processo rivoluzionario più vasto che aggiungerà alla”liberazione materiale” dei poveri la loro “liberazione spirituale” attraverso la conversione mondiale all’Islam.
    Al contempo, i marxisti credono di dirigere il processo e servirsi della ribellione islamica come in altre epoche utilizzarono vari movimenti nazionalisti, soffocandoli in seguito. Se i marxisti saranno le truppe di attacco della rivoluzione islamica, o i mussulmani la punta della lancia del movimento comunista, ecco la questione più importante per chi desiderasse sapere dove andrà il mondo nei prossimi decenni

    • La prassi marxista quale opportunismo dinamico mi mancava: e sinceramente la reputo azzeccatissima.
      Potremmo trovare già qui qualche “radice” della società liquida tanto nominata su questo blog.

      • Moi scrive:

        A me risulta che il Marxismo sia estremamente duttile e malleabile finché si tratta di combattere un potere costituito … è quando s’ instaura il proprio (!) potere che il Marxismo si fa rigidissimo e tetragono.

        Almeno, finché il proprio potere non è minacciato dall’ esterno da qualcosaltro che si spera però di riuscire a “imbrigliare” … con la I. 😉

        • è quando s’ instaura il proprio (!) potere che il Marxismo si fa rigidissimo e tetragono.
          Poverini!
          Vogliono fare i rivoluzionari… davvero.

          L’è che la realtà è una brutta bestia, e difficilmente si adatta alle loro perfette equazioni.
          Altrimenti da tempo avrebbero capito che un sistema meccanicistico o si applica alla lettera oppure ci si ritrova a fare le puttane del potere con la bandiera della verginità.

          Però sono sinceri quando cianciano di rivoluzione, mica no!

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    “Penso che “bigotto” venga usato qui in senso di “retrivo”, “contro il diviertimento e il giovanilismo” … nulla a che vedere con la religione.”

    Penso anch’io, ma c’è un doppio fraintendimento.

    “Bigotto” implica un giudizio moralistico (religioso o semplicemente anti-divertimento) che non ha nulla a che fare con il mio diritto di dormire. E siccome spesso mi alzo a lavorare alle 4 o alle 5, a quel diritto ci tengo 🙂 , mentre non me ne potrebbe importare di meno se qualcuno si sbronza o ascolta musica a notte fonda. Basta che sia lontano dalle mie orecchie.

    E siccome non intendo spendere una fortuna in aria condizionata per colpa di qualcun altro, non mi si imponga d’estate a dormire con i vetri doppi chiusi.

    Il secdondo motivo è che non credo proprio che i proprietari del Palazzo siano “bigotti”, in un senso o nell’altro. Se le cose stanno nei termini descritti dai clienti e amici del locale, si tratta di qualche altra motivazione, molto più concreta.

  5. Marco Caleri scrive:

    Se avessero pulito le centinaia di cicche fuori dalla porta la sera peima di chiudere anzichè lasciarle lì sul marciapiede fino al pomeriggio seguente, se avessero provato una sola volta da quando sono aperti a invitare i propri clienti (non quelli del NOF di fronte, i propri) a non sostare vociando dopo la chiusura, se avessero insonorizzato e climatizzato il locale in modo da poter temere la porta chiusa forse avrebbero anche la mia comprensione. Non sono mai stai un esempio di buon vivere col vicinato, a me i doppi vetri non me li hanno messi (e abito 20 metri piú in là) e quando c’erano solo loro nella strada i problemi erano gli stessi di adesso. Hanno regolarmente sfiorato perfino gli orari delle varie notti bianche suonando per strada musica ben oltre i limiti stabiliti dell’ordinanza (le 5 del mattino!). Il promuovere iniziative interessanti non fa che peggiorare la loro situazione, è proprio da chi dovrebbe ragionare in modo diverso che è lecito aspettarsi anche comportamenti diversi e più vitruosi. Hanno la responsabilità di non aver saputo assumersi l’onere di una maggiore responsabilità etica. So che è vero che il Giannotti gli fa la guerra, ma dire che è tutta colpa sua è scaricare su altri le proprie colpe che, credimi Miguel, ci sono tutte.

  6. concetta gautam scrive:

    ….sì però il rumore c’era e tanto,ricordo di essere passata alle 2,50 di notte e c’era un tal radical-chic casino che ho sentito veramente una gran pena per i residenti.
    ….non capisco perchè chi ha il privilegio di poter stare in un palazzo elegante….per dispetto (invidia) debba essere disturbato….
    piuttosto,il ”locale” dietro l’angolo ,che se c’è una giustizia karmica ha già cominciato a ”pagare”la sua arroganza,il disprezzo degli altri ,perchè non ha più la clientela di una volta !!!!!! Anche ”quel locale ”credo dovrebbe essere ”silenziato”.
    scusa,non mi interessa sapere di marmi,tariffe e camerieri indiani….mi interessa che il rispetto delle leggi sia operativo per tutti ..TUTTI.
    io preferirei impegnarmi in modo fermo e deciso su questo, piuttosto che fare dietrologie-vere o false che siano, che però comunque hanno un pò il il sapore del lamentìo di portinaie.

    • maria scrive:

      mi interessa che il rispetto delle leggi sia operativo per tutti ..TUTTI. concetta

      maria
      concetta, il problema è che non lo è, conosco gente in santa croce che ogni giorno anzi ogni notte deve fare i conti con rumori e schiamazzi di ogni tipo e sopportare soprusi dai bar sottocasa, ecco perché questo provvedimento così radicale mi ha stupito un po’, comunque il fatto che non abbiano chiuso anche gli altri non giustifica la solidarietà a priori, il quesito è questo: la cité fa o non fa rumore fino a notte inoltrata?

      Ma ce n’è anche un altro, perché chi fa altrettanto rumore non è stato toccato?

      Marco le cicche sono una brutta cosa ma sono silenziose….dovrebbero raccattarle ma qui si entra in altro ordine di problemi, e poi anche se le avessero raccattate il rumore sarebbe stato più accettabile?

      Più in generale me ne frega il giusto se siano intellettuali, bravi ragazzi, o giovanotti palestrati, il rumore è rumore e alla lunga butta fuor di simmetria

  7. Moi scrive:

    “La Cité”
    scritto con una grafia pseudoaraba che irrita chiunque abbia nozioni di lingue orientali
    [cit.]

    Invece i ristoranti cinesi o i sushi-bar _ spesso Cinesi che si spacciano per Giapponesi, sperimentalmente (!) provato da gente con moglie Giapponese, che dopo un ” si è sentita rispondere “pal-lale italiano seniola pe favòle” 🙂 _ sono i primi a scriversi il nome in alfabeto latino ideogrammizzato … comunque lo pseudioarabo di “La Cité” non c’entra nulla con l’ Islam e il Corano: il riferimento è ovviamente (!) a “Le Mille e Una Notte” …

    C’è da dire che l’ alfabeto latino, specie maiuscolo è straordinariamente adattabile, combinando semplicità e simmetria, non teme i diacritici più disparati … dall’ Alaska (almeno dopo che gli USA l’acquistarono all’ Impero Russo, mi pare nel 1865 o giù di lì … ) al Vietnam “facendo il giro largo” 🙂 …

    PS

    Lo scrittore Francese Guillaume Apollinaire scrisse fra il 1913 e il 1916 una raccolta di poesie intitolata “Calligrammes”, in cui adottava l’ escamotage (per agggirare il divieto monoteista di non avere raffigurazioni suscettibili d’ idolatria) di certa arte islamica
    di “disegnare scrivendo” 🙂

    • Moi scrive:

      dopo + “un saluto di buonasera in Giapponese” e.c.

    • Moi scrive:

      http://img1.2spaghi.it/ristoranti/img/big/ristorante-tokyo-sushi-wok-20110622-113819.jpg

      Qui addirittura la “T” fatta a Jinja (u cum al s’ciama ) … ma di considerarlo blasfemo neanche (!) se lo sognano. Il ché pone una domanda che farebbe piacere a Tortuga (che non è shintoista, ma in Occidente in pochi stanno a distinguere il “grano dall’ olio” 🙂

      “Chi è, quindi, il vero (!) Idolatra ?”

      • PinoMamet scrive:

        Dal loglio:
        http://it.wikipedia.org/wiki/Lolium

        distinguere il grano dall’olio è abbastanza semplice, direi 😉

        • Moi scrive:

          C’era la faccina … comunque la Famiglia Cristo 😉 aveva un figlio unico (?!) sempre enigmatico.

          PS

          A proposito, ma nelle bibbie nuove c’è scritto ancora “cammello” o han corretto in “gomena” ?!

        • PinoMamet scrive:

          ” comunque la Famiglia Cristo 😉 aveva un figlio unico (?!) sempre enigmatico.”

          ??
          Non ho capito cosa vuoi sapere e neanche bene cosa c’entra… mai pensato di mandare il curriculum alla Settimana Enigmistica?
          😉

    • PinoMamet scrive:

      In ogni caso moltissimi cinesi qua (specialmente quelli che gestiscono ristoranti) hanno accenti del tutto locali; fa eccezione un ristorante cino-giapponese fighetto, i cui gestori parlano con marcato accento milanese!

      • Moi scrive:

        Di Cinesi con accento “locale” ne ho sentiti anch’io … però gente che “si mischiava”, sì insomma: che non frequentava unicamente la propria comunità; spesso (ma non sempre) ermeticamente chiusa amenoché non abbiano da venderti qualcosa, nell’ attimo in cui ne hanno bisogno.

        Persinalmente le organizzazioni in “Comunità” degli Immigrati non mi hanno mai ispirato … credo che in Occidente Secolarizzato l’ Individuo Sradicato magari “ci mette un po’ di più”, ma si integra meglio. Semplice opinione, lecita nevvero ? 😉

        • Peucezio scrive:

          Io credo dipenda da dove si è cresciuti. Un cinese nato e cresciuto qua inevitabilmente parlerà un italiano accettabile e con l’accento del posto, per quanto chiusa sia la comunità, mentre quelli che sono venuti qui da adulti, o comunque non da bambini, sono refrattati: fra i vari popoli stranieri che migrano in Italia, credo siano i più negati in assoluto per le lingue.
          E non è solo questione di chiusura intracomunitaria: ho conosciuto un cinese che ha preso in fitto un monolocale da un mio amico: altissima borghesia, questo è venuto perché i genitori l’hanno iscritto a un corso in una scuola che costa tipo una ventina di migliaia di euro all’anno (!), aveva tutto l’interesse e la voglia di integrarsi, ma alla fine l’hanno mandato via, perché non solo non ha mai imparato a spiccicare due parole di italiano, ma aveva un inglese talmente povero e stentato che non era in grado di seguire le lezioni.
          Il che fa anche capire il desolante provincialismo che cela l’anglicizzazione linguistica dell’Occidente: siete dei coglioni: questi si stanno comprando il mondo, sono in prospettiva la prima potenza economica, vengono con i rotoli di biglietti da cinquecento euro, fate in culo a imparare il cinese e a fare corsi in cinese!!

        • PinoMamet scrive:

          “fate in culo”

          che vuol dire?

          per la serie, “difficoltà linguistiche” 😉

        • PinoMamet scrive:

          Comunque è anche questione di voglia e di necessità.
          Nel senso che il riccastro a carico dei genitori sentirà meno necessità, e avrà forse anche meno voglia se è uno scioperato, di imparare una lingua straniera.
          Se poi viene da un contesto culturale in cui si ritiene di essere al centro del mondo…

          in questo senso il tuo conoscente cinese non mi sembra diverso dagli studenti americani (di famiglie sicuramente facoltose) con cui facevo conversazione di italiano.
          La maggior parte, dopo un anno e più in Italia, sapeva dire “chee-ah-oh, mee kee-ha-moh Kim, ko-meh stah-ee?” e poco altro.

          facevano eccezione una mezza brasiliana, a sua volta di origine italiana, una di origine coreana, e una ebrea new-yorkese della parentele illustri (quella che non si depilava, già ne parlammo); che impararono piuttosto bene.

          Gli altri, buio assoluto: tanto, tutti capiscono l’inglese, no?
          😉

        • Peucezio scrive:

          ““fate in culo”

          che vuol dire?

          per la serie, “difficoltà linguistiche” ”

          “fate in culo a” = “fate il cavolo di piacere di”
          Italiano regionale pugliese, come avrai intuito.

        • Peucezio scrive:

          Sì, probabilmente c’entra anche il fattore di prestigio nazionale, che genera una sorta di pirgrzia mentale.
          Ma un po’ anglosassoni, francesi e ispanofoni sono negati per le lingue. Gli estremo-orientali non ne parliamo.
          I Filippini per esempio, diversamente dai cinesi, sono in una posizione socialmente subalterna, eppure fanno molta fatica e raramente arrivano a parlare un italiano decente e a capirlo bene.

        • habsburgicus scrive:

          i più poliglotti sono senza dubbio gli europei dell’Est…polacchi, romeni, moldavi imparano la nostra lingua con grande facilità (e anche altre lingue)
          un po’ meno lituani, croati e soprattutto ungheresi
          (nel caso dei lituani c’è pero disinteresse per la favella di Dante, tranne alcuni intellettuali e pochi altri…tedesco e inglese, che a loro interessa, lo imparano con facilità)
          forse i più poliglotti di tutti sono i polacchi che apprendono le lingue straniere veramente con facilità impressionante, forse a causa della difficoltà della propria

  8. Moi scrive:

    http://space.comune.re.it/davinci-einstein/Materiali%20didattici/Francese/TourEiffel.gif

    “Salut monde dont je suis la langue éloquente que sa bouche
    O Paris tire et tirera toujours aux allemands.”

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Habsburgicus

      Mia moglie, Polacca, dopo sei mesi di corso di lingua Italiana in Polonia è venuta a stare in Italia. Dopo due anni non solo faceva la dichiarazione dei redditi da sola, ma capiva il Genovese dei muratori e dei negozianti. Oggi alla TV capisce Catarella e i vari comici partenopei di ‘Made in Sud’ meglio di una Genovese.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  9. Moi scrive:

    http://www.vivanotte.it/wp-content/uploads/2012/01/183149_1434412519246_1800949737_812822_7156191_n.jpg

    La scritta incriminata … comunque : sì ! 😉

    Gli Studenti FuoriSede che avessero voluto studiare sarebbero rimasti nell’ università più sotto casa (a proposito, le facoltà universitarie esistono anche in Meridione, ma … ne esistono solo gli edifici e i docenti o anche gli studenti ?!) e quindi stentano a credere che esista gente che vuol dormire la notte MA 😉 “vota a Sinistra” !

    Così come stentano a credere che possa “votare a Sinistra” gente che NON ama muri imbrattati da vernice spray né “deiezioni canine” (nonché umane, ndr) sotto casa propria o scontro i muri della stessa.

    La spiegazione classica “da Sinistra” è che proveniendo da città arretrate, in mano alla Mafia e al Vaticano (+ immancabile “TV Diseducativa di Berlusconi”), non appena trovano un po’ di LiBBBertà a Bbbòloòòggna perdono la testa.

  10. Roberto scrive:

    Però miguel mi pare che tralasci l’unica questione decisiva: il casino c’è o non c’è?

    Che siano i massoni a chiedere la chiusura, o che chiudano questo e non quello, o che quel locale faccia attività più o meno culturali, è certo interessante, ma secondario

  11. Moi scrive:

    Bigotto” implica un giudizio moralistico (religioso o semplicemente anti-divertimento) che non ha nulla a che fare con il mio diritto di dormire. E siccome spesso mi alzo a lavorare alle 4 o alle 5, a quel diritto ci tengo [cit.]

    MIGUEL MARTINEZ

    Certo, concordo. Credo però che qui scatti il discorso “NON-verbalizzabile” da parte del Comune su “chi fa girare di più l’ economia” … il lavoro dei Residenti o i bagordi degli Avventori ? Ripeto : NON-verbalizzabile.

  12. Moi scrive:

    @ PINO

    1

    Intendevo dire che Gesù (che “Cristo” ne fosse il cognome è una credenza diffusa) è pochissimo (!) conociuto dai Cattolici, che in fondo “basta dare retta ai preti”, almeno in teoria. Del resto, se fosse figlio unico o no, sarebbe stato un fatto eccezionale, clamoroso … e difatti ci sono anche Cattolici “probabilisti”, in fatto di fratelli vari ed eventuali per Gesù.

    2

    Tornando al presunto effetto “irritante” del nome del locale “La Cité” in alfabeto latino arabizzato, al quale portavo da contraltare i SinoGiappi 😉 , intendevo dire che mi pare che generalmente chi ha studiato Arabo e “robe mediorientali” sia molto più suscettibile e abbia più “cazzimma” contro il proprio “Occidente d’ origine”.

    Contrariamente a chi invece ha studiato Cinese o Giapponese, e anzi agli stereotipi e alle caricature manieristiche tende a sorridere bonariamente, comed’altronde quelle genti stesse di cui ha studiato lingua e cultura.

    O no ?

    PS

    Direi di sì, e forse l’ Islam politicizzato svolge in tutto questo un ruolo determinante.

    • PinoMamet scrive:

      “Intendevo dire che Gesù (che “Cristo” ne fosse il cognome è una credenza diffusa) è pochissimo (!) conociuto dai Cattolici…”

      Rinuncio a capire cosa c’entri con il grano, il loglio, e le grafie pseudo-orientali!
      😉
      comunque, non ho idea se fosse figlio unico o meno.

    • PinoMamet scrive:

      ” Intendevo dire che mi pare che generalmente chi ha studiato Arabo e “robe mediorientali” sia molto più suscettibile e abbia più “cazzimma” contro il proprio “Occidente d’ origine”. ”

      Non credo mica, sai?
      E non credo neanche che c’entri l’Islam. Diciamo che chi conosce bene una cosa, tende a incazzarsi quando la vede sputtanata o deformata; è normale.
      Io mi incazzo per Omero sul Baltico, per esempio, Lisa per gli antievoluzionisti, e immagino che un sinologo si incazzerebbe per le deformazioni della cultura cinese presentate dai mass-media.

      Comunque non mi risulta alcuna fatwa contro l’insegna de La Citè! 😉

      • Moi scrive:

        @ PINO

        No, però almeno tu difendendo Omero non ti atteggi a Difensore di un Miliardo e Mezzo di Persone “alla Lorenzo Declich” 😉 …

        Nel merito, anni, fa il controverso Imam al Pesto _ che poi, in effetti, il pesto è una roba halal !_ 😉 Umar Andrea Lazzaro aveva individuato come “Razzismo Sionista AntiArabo di Hollywood” la scena dell’ Ebreo (ergo presunto “ProtoIsraeliano” !) Indiana Jones che spara all’ Arabo che si prepara ad affrontarlo facendo roteare la scimitarra :

        http://www.youtube.com/watch?v=anEuw8F8cpE

        • Moi scrive:

          Credo che comunque l’ Estremo Oriente abbia, a differenza del Medio Oriente, una concezione meno “polemica” e più “dialettica” del proprio ineluttbile (!) rapporto con l’ Occidente … e difatti si sta imponendo su entrambi gli altri due “mondi”.

      • habsburgicus scrive:

        @PinoMamet
        Omero sul Baltico io l’ho letto, nell’ultima edizione allargata e imponente (me l’ha regalato l’autore stesso tramite un comune amico, perché voleva sapere la mia opinione…che non gli ho ancora detto e forse non gli dirò mai 😀 dovrei fare capolavori di diplomazia per non offenderlo 😀 Metternich e Bismarck al confronto sarebbero solo dei dilettanti :D)
        dovrai però convenire che l’autore si impegna molto 😀 e dimostra di conoscere a fondo Omero, anche se si fa guidare dalle sue a dir poco originali teorie 😀
        mitico è il suo pan-etimologismo 😀
        mitico è Troia presso Helsinki
        la patria di Achille presso Narva in Estonia orientale
        Itaca in Danimarca 😀
        e il tutto in un sistema con una sua coerenza ! (accettate le sue premesse)
        dai, devi almeno riconoscergli una grande fantasia !…..un po’ omerica 😀

  13. Moi scrive:

    @ PEUCEZIO

    “Fate in culo” è una forma breve sincopata o simili di “Andate a fare in culo” … nevvero ? 😉

    • Peucezio scrive:

      Oltre all’accezione che ho spiegato più sopra, si dice anche “fare nel culo” nel senso di farsi il mazzo, lavorare, “farsi un culo così”.
      Si dice pure “stogghe a ffà ngule a ffadegà”, lett. “sto a fare in culo a lavorare”.
      L’andare affanculo semanticamente c’entra poco, anche se il concetto scurrile cui si fa riferimento è alla fin fine sempre lo stesso.

      Poi c’è “me sènghe de scì ngule” o “me sènghe de fotte” (“mi sento di andare in c… / di fottere”, usati esattamente così, tradotti alla lettera, in italiano), da intendere originariamente in senso passivo, cioè, “sento che mi vanno nel sedere”, “mi fottono”, che corrisponde al romanesco “me rode”: più o meno l’idea è “mi fa rabbia”.

  14. Moi scrive:

    Altro esempio “PseudoNipponico” … credo che nessuno del Sol Levante si sogni di sentirsene offeso :

    http://www.accademia-kdk-judo.it/grafica/banner4.gif

    né che uno “Yamatologo” si possa irritare … forse per stare in sintonia con la mentalità Meiji ! 😉

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