Il giardino segreto di Meeta ed Eileen

Nel 1999, la cantautrice inglese Maggie Holland scrisse A Place Called England.

Diciamo che il blog Kelebek potrebbe essere un lungo e noioso commento a questa canzone.

Ho imparato che bisogna spiegare le cose fondamentali prima, altrimenti ci si perde in chi sa quali dettagli.

Maggie Holland constata che non siamo astratti Cittadini. Siamo fatti di ricordi, paesaggi, persone, piante e animali che abbiamo conosciuto, sapori, paure, odori, nella loro immensa varietà, unicità e mutamento.

Ciò che violenta sistematicamente queste relazioni, divorandole e trasformandole in deserto, è qualcosa che non ha un volto facile da identificare. Eppure Maggie Holland riesce a spiegarlo perfettamente, quando parla di “uomini che credono che l’Inghilterra sia solo un luogo in cui parcheggiare le loro auto.”

Paesaggi, relazioni e luoghi sono cose vive, che riguardano persone vive, e che diventano false appena cessano di essere vissute.

Questo è un passaggio decisivo, perché se ci pensate bene, smaschera tutta la querelle di “identitari” e “antirazzisti” e tante altre astratte ossessioni che rendono impossibile capire le cose.

Noi (in parte) anglosassoni siamo fatti così, facciamo una fatica enorme a capire a cosa possano servire le astrazioni.

Ma torniamo a Maggie Holland.

Sappiamo quanto la cultura inglese rispetti le idiosincrasie e i silenzi di ciascuno di noi; ma Maggie Holland capisce che questo non ha nulla a che fare con la sacralizzazione dell’astratta proprietà, fondamento di tutti i tabù del sistema in cui viviamo.

Solo allora, quando abbiamo fissato le fondamenta di verità, possiamo utilizzare i simboli, come fa Maggie Holland, citando San Giorgio e Re Artù, assieme però a Meeta, dal nome palesemente indiano; oppure le figure del passato, come i Digger, la comunità evangelica agraria del Seicento inglese. Il cui fondatore, l’artigiano Gerrard Winstansley, disse tutto ciò che c’era da dire sulla nuova demoniaca religiosità che stava allora nascendo:

“Il denaro non dovrà più essere il grande dio, che include alcuni ed esclude altri,[1] perché il denaro è solo parte della Terra: e certamente, il Giusto Creatore, che è re, non ha mai ordinato che non si dovessero nutrire né vestire alcuni del genere umane se non portavano quel minerale (argento e oro) nelle loro mani ad altri del loro stesso genere. Sicuramente no, perché era il progetto del Tiranno-Carne [2] (di cui i proprietari terrieri sono dei rami) di imporre la propria immagine sul denaro. E hanno fatto questa ingiusta legge: che nessuno debba vendere o comprare, mangiare o essere vestito, né avere alcuna vita comoda tra gli uomini, se non porta la sua immagine stampata su oro o argento tra le loro mani.”

Nella preparazione della canzone, Maggie Holland ha detto di aver tratto ispirazione anche dalla frase del cantautore scozzese, Dick Gaughan: “il primo posto a essere colonizzato, nell’impero britannico, fu l’Inghilterra.”

Ma ancora di più, Maggie Holland è stata ispirata da un vicino, il signor Harding, che curava uno splendido giardino, da cui lei, bambina, aveva preso dei fiori; e che Maggie Holland contrasta con il severo giardiniere della Bibbia:

“Già allora, nella mia mente di bambina,
mi resi conto che non era un buon giardiniere nello stile del signor Harding”.

In fondo, ho incorporato la versione di Maggie Holland, ma vale la pena ascoltare anche quella della grande June Tabor, che per qualche motivo tecnico, non si lascia inserire qui: mi limito quindi a segnalare dove la potete ascoltare.

“Sono uscita una bella mattina di maggio, come un eroe in una canzone,
alla ricerca di un luogo che si chiama Inghilterra, cercando di scoprire dove appartengo.
Non sono riuscita a trovare il vecchio prato alluvionale [3] né la casa che un tempo conoscevo;
nessuna traccia del piccolo fiume o del giardino dove sono nata.

Ho visto la città e la campagna, l’autostrada e i casermoni [4];
il ricco sui suoi vasti ettari, il povero ancora fuori dal cancello;
centro commerciale e burger kingdom, prateria e campagna industriale,
in mano a uomini che credono che l’Inghilterra sia solo un luogo in cui parcheggiare le loro auto.

Ma mentre il treno usciva dalla stazione, passando per le spoglie terre della disperazione
dall’angolo dell’occhio un chiarore riempì l’aria sporca.
Qualcuno aveva fatto crescere una macchia di girasoli anche se il terreno era nero fumo,
calendule e qualche pomodoro, proprio accanto al binario.

Giù tra le case terrazzate, tra le torri di cemento armato
mucchi di concime e stoloni scarlatti, giardini segreti pieni di fiori.
Meeta alleva le sue rose profumate proprio sotto il percorso dei grandi jet.
Provate a offrirle una fortuna per il suo giardino – Eileen si gira dall’altra parte e ride.

Sorgi, allora, Giorgio, e risvegliati Artù, è ora di uscire dal tuo sonno.
Rivesti il cavallo di nastri verde mare,[5] tira fuori la vecchia spada dagli abissi.
Tieni il fronte per Dave e Daniel mentre scavano nell’argilla,
quando la quercia in tutta la sua gloria assorbe il sole per un altro giorno ancora.

Venite tutti voi che vi sentite bene con la libertà qualunque terra vi abbia dato la nascita,
c’è posto per voi, radice e ramo, finché amate la terra inglese.
Posto per il topo campagnolo e per l’orchidea, posto per tutti per crescere e prosperare;
solo, meno posto per il grasso proprietario terriero con le chiappe sul suo quattro per quattro.

Perché l’Inghilterra non è una bandiera né un impero, non è denaro e non è sangue.
E’ il burrone di calcare e lo sperone di granito, l’argilla del Weald e il fango del Severn,
il merlo che canta dall’albero di maggio, l’allodola che fa le scale musicali,
pettirosso che guarda in piedi sulla tua vanga e la terra inglese sotto le unghie.

E allora, un evviva per quel luogo chiamato Inghilterra, tanto abusato ma non ancora morto;
un’Inghilterra un po’ alla signor Harding che sta appesa a un filo.
Un evviva per i folli Digger, la loro ora sta per arrivare;
pianteremo il seme che hanno salvato per noi, bene comune e suolo comune.

I rode out on a bright May morning like a hero in a song,
Looking for a place called England, trying to find where I belong.
Couldn’t find the old flood meadow or the house that I once knew;
No trace of the little river or the garden where I grew.

I saw town and I saw country, motorway and sink estate;
Rich man in his rolling acres, poor man still outside the gate;
Retail park and burger kingdom, prairie field and factory farm,
Run by men who think that England’s only a place to park their car.

But as the train pulled from the station through the wastelands of despair
From the corner of my eye a brightness filled the filthy air.
Someone’s grown a patch of sunflowers though the soil is sooty black,
Marigolds and a few tomatoes right beside the railway track.

Down behind the terraced houses, in between the concrete towers,
Compost heaps and scarlet runners, secret gardens full of flowers.
Meeta grows her scented roses right beneath the big jets’ path.
Bid a fortune for her garden—Eileen turns away and laughs.

So rise up, George, and wake up, Arthur, time to rouse out from your sleep.
Deck the horse with sea-green ribbons, drag the old sword from the deep.
Hold the line for Dave and Daniel as they tunnel through the clay,
While the oak in all its glory soaks up sun for one more day.

Come all you at home with freedom whatever the land that gave you birth,
There’s room for you both root and branch as long as you love the English earth.
Room for vole and room for orchid, room for all to grow and thrive;
Just less room for the fat landowner on his arse in his four-wheel drive.

For England is not flag or Empire, it is not money, it is not blood.
It’s limestone gorge and granite fell, it’s Wealden clay and Severn mud,
It’s blackbird singing from the May tree, lark ascending through the scales,
Robin watching from your spade and English earth beneath your nails.

So here’s two cheers for a place called England, sore abused but not yet dead;
A Mr Harding sort of England hanging in there by a thread.
Here’s two cheers for the crazy diggers, now their hour shall come around;
We shall plant the seed they saved us, common wealth and common ground.

Note:

[1] “Includere”, “escludere” sono hedge in, hedge out, come le siepi che i proprietari erigevano per impedire ai contadini l’accesso agli antichi usi comuni.

[2] Tyrant-flesh. Non sono riuscito a trovare l’origine di questo termine, anche se evidentemente unisce il concetto biblico di “carne” a quello del tiranno.

[3] Flood meadow, un pascolo che in certe stagioni è allagato dal fiume.

[4] Sink estates, gli agglomerati dell’edilizia popolare.

[5] I nastri che portavano i Digger.

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44 risposte a Il giardino segreto di Meeta ed Eileen

  1. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Bello. Lacrima.

  2. PinoMamet scrive:

    ” Noi (in parte) anglosassoni siamo fatti così, facciamo una fatica enorme a capire a cosa possano servire le astrazioni. ”

    Questo è un motivo per cui voi anglosassoni mi piacete…

    • Andrea Boari scrive:

      … mi verrebbe da aggiungere che gli anglosassoni fanno fatica a vivere di astrazioni perchè sono empiristi e lo sono da sempre.

      Non hanno principi…

      Non possiamo fermarci…

      i tedeschi operano per concetti organici e sono pieni di principi.
      I Francesi per astrazioni e principi universalizzanti.
      Gli Italiani sono artisti, flessibili e senza principi
      Gli Spagnoli sono orgoglio e carnalità, ma con molti principi
      Gli zingari rubano..e non hanno principi.

      Un equilibrato essenzialismo è inevitabile…il problema è il punto mediano fra l’astrazione e l’individuo.
      Altrimenti non si potranno mai effettuare affermazioni generali.

      Comunque gli Inglesi sono empiristi da sempre e mi chiedo perchè.

      • Ritvan scrive:

        Paradiso: luogo in cui
        – i meccanici sono tedeschi
        – i poliziotti inglesi
        – i cuochi francesi
        – gli amanti italiani
        e il tutto è organizzato dagli svizzeri

        Inferno: luogo in cui
        – i meccanici sono francesi
        – i poliziotti tedeschi
        – i cuochi inglesi
        – gli amanti svizzeri
        e il tutto è organizzato dagli italiani…

        • PinoMamet scrive:

          Però il cuoco attualmente più popolare e conosciuto (perlomeno per noi non adetti ai lavori) è proprio un inglese, anche se credo nato in Scozia (peggio me sento…) 😉

          devo dire che i suoi programmi sono anche simpatici: la prima serie nel Regno Unito è più “verace” e autentica di quella standardizzata, omogeneizzata e ripetitiva negli USA, ma lui come personaggio funziona molto.

        • Z. scrive:

          Come personaggio televisivo nulla da dire.

          Però il suo salmone buttato a bagnomaria a cazzo di cane e le sue lasagne riempite di porcherie a raglio li lascio volentieri agli amici di oltreoceano 😀

          Z.

  3. rossana scrive:

    Grata.
    Per tutto quello cui porta anche il solo leggere questo pezzo.
    E’ come scoprire di aver fame solo quando ti arriva sotto al naso un profumo di cibo che non assapori da tanto, troppo tempo.
    Siamo fatti di ricordi, paesaggi, persone, piante e animali che abbiamo conosciuto, sapori, paure, odori, nella loro immensa varietà, unicità e mutamento”

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Rossana e Andrea

    Alla domanda sull’astrazione, risponde proprio la sintesi che ho cercato di fare del pensiero di Maggie Holland (“Siamo fatti di ricordi, paesaggi, persone” ecc.).

    Non c’è nulla di male nel cercare di dedurre leggi generali dalle nostre esperienze; ma guai a giudicare ciò che non ancora conosciamo in base alle astratte certezze che abbiamo prima.

    • Andrea Boari scrive:

      x Miguel

      e vado fuori tema…

      hai accennato al limite di legittimazione della predicazione per generi ed astrazioni che consiste nella verifica del caso concreto.

      Ma avviene di rado, per ragioni pratiche, non tanto per malafede.

      Il problema consiste nella normalità sociale della predicazione non fondata sull’esperienza diretta.

      Un esempio.
      Tizio deve affittare un appartamento.
      Si presentano vari soggetti: un inglese, un cittadino di Lamezia Terme, un moldavo ed un magistrato della Repubblica italiana. (vado per estremi, ma in base al genere dei candidati, il locatore esprimerà delle preferenze)

      Sulla base delle identità fornite, chiunque in buona fede produce delle aspettative sui futuri comportamenti dei futuri conduttori, che dipendono da concetti socialmente diffusi, fondati su esperienze collettive, in parte orientate, ma in parte vere.

      Il “Terrone” verrà scartato, perchè si ritiene che non paghi, per regola.
      Il Romeno, pure; è straniero, magari rientra in patria o sparisce senza pagare.

      Alla fine si sceglie fra il magistrato della repubblica, o il cittadino britannico, i quali vuoi per il ruolo sociale, vuoi per l’immagine del paese di origine, sembrano più affidabili.
      (perchè, in relazione ad una certa collettività gli inglesi sono preferiti ai moldavi ? e perchè i filippini sono preferiti ai pakistani? perchè i brasiliani sono preferiti ai messicani?).

      Alla fine si sceglie il Magistrato, affidandosi più alle formazioni mentali che all’impressione diretta, il quale si rivela alla fine un’arrogante cialtrone.

      Per dire:
      affideresti il tuo ortafoglio ad uno zingaro o a un finlandese?

      Se si decide di non darlo allo zingaro (che tuttavia è un pur sempre singolo, sussunto nella specie zingaresca) è legittima la censura politicamente corretta di razzista?

      E’ una questione dalla quale è difficile uscire bene.

      • PinoMamet scrive:

        “Tizio deve affittare un appartamento.
        Si presentano vari soggetti: un inglese, un cittadino di Lamezia Terme, un moldavo ed un magistrato della Repubblica italiana. ”

        Ecco appunto il discorso del pensiero astratto;
        mi spiego;
        leggendo questa frase io (si vede che sono un po’ anglosassone 🙂 ) penso al mio vicino di casa che affitta appartamenti, praticamente solo a terroni e extracomunitari perchè nel mio quartiere vivono solo loro;
        alla badante moldava che è stata vicina a suo padre quando questo è morto; alle altre moldave con cui legava poco perché erano un tipo di moldavo diverso e ascoltavano musica turca; a una persona di Lamezia (originaria) a cui voglio molto bene; alla donna inglese che frequentò per un periodo un mio zio; a un mio amico che non vedo da tantissimo tempo, che è terrone 🙂 e fa il magistrato…

        tendo cioé a vedere delle persone, non delle astrazioni; e se fossi Tizio, appunto, tenterei di capire se la persona a cui affitto mi sta simpatica o no, è gentile o altezzosa o scorbutica, è loquace o silenziosa e così via…

        non voglio mica dire di essere meglio (o peggio) di qualunque altro. Dico solo che io ragiono così.

        ciao!

        • Andrea Boari scrive:

          Ciao Pino

          il caso non vale tanto per la sua particolarità, ma come esempio di meccanismi sociali.

          E’ evidente che le preferenze, i comportamenti e l’ambiente di chi segue questo blog, non rientrano nella media e nel “per lo più”

          Lo sforzo di scorgere l’individuale è sempre l’antidoto migliore.

          Cionostante le astrazioni…sono sempre in agguato !!!

          alla prossima…

          Andrea B.

        • habsburgicus scrive:

          perché erano un tipo di moldavo diverso e ascoltavano musica turca

          molto probabilmente allora erano gagauze; i gagauzi, cristiani ortodossi di fede ma turcofoni (la loro lingua era scritta in caratteri cirillici sotto l’URSS mentre oggi usano un alfabeto latino) abitano la cosiddetta “Gagauz Yeri” (autonoma dal 1994), con cap. Comrat, nel sud del paese, una delle roccaforti dei comunisti e dei filo-russi (solo a sentir parlare di “riunione” alla Romania vanno su tutte le furie :D)
          Ciao…

      • Ritvan scrive:

        —-perchè, in relazione ad una certa collettività gli inglesi sono preferiti ai moldavi? Andrea B.—
        Mah, sarà forse perché di inglesi delinquenti nel Belpaese ce ne sono assai pochini?

        —-e perchè i filippini sono preferiti ai pakistani?—
        Forse perché i filippini sono cattolici e i pakistani no?

        —perchè i brasiliani sono preferiti ai messicani?—
        Mah, non mi risulta che l’italico medio faccia di queste distinzioni fra i latinoamericani…e se fosse vero magari è dovuto al fatto che non c’é stato nel Belpaese un solo calciatore messicano che abbia lasciato gloriose tracce di sé:-)

        —Per dire: affideresti il tuo portafoglio ad uno zingaro o a un finlandese?—
        Beh, se non esiste una terza possibilità migliore, ovvero tenerselo nella propria tasca, la Gloriosa Scienza Statistica ci suggerisce bonariamente di affidarlo al finlandese: siempre scientificamente parlando, ci sono più probabilità che ci sia restituito intatto. Inoltre, l’altrettanto Gloriosa Scienza Etnografica ci informa che in Finlandia rubare il portafogli a un finlandese, australiano, ghanese o esquimese che fosse è considerato dalla società un atto ugualmente riprovevole, mentre fra i cari rom (e non chiamarli zingari, razzista che non sei altro!:-) ) è considerato moralmente riprovevole solo chi ruba ad un altro rom e non anche chi ruba a nosotros “gage” (ovvero a tutto il resto dell’umanità). E il biasimo o meno della propria comunità nei confronti di chi non ti restituisce il portafogli mi sembra un deterrente da tenere in debita considerazione quando decidi a chi affidare quel portafogli…o no? Non sarò anch’io un biekissimo RAZZISTA?:-)

        • Ritvan scrive:

          Ah, dimenticavo, Miguel, se adesso non ti precipiti a raccontarci come e qualmente – e alla facciazza della Scienza Statistica e quella Etnografica messe insieme – il tuo portafogli è uscito indenne dai tuoi lunghi soggiorni presso i tuoi amici rom, allora non ti riconosco più, eh!:-)

    • Andrea Di Vita scrive:

      Di fronte a questo post mi viene spontaneo citare due brani di ‘Fiorirà l’aspidistra’ de mio autore preferito (rispettivamente, dal Capitolo 11 e dall’Introduzione)

      ‘Spring, spring! Bytuene Mershe ant Averil, when spray biginneth to
      spring! When shaws be sheene and swards full fayre, and leaves
      both large and longe! When the hounds of spring are on winter’s
      traces, in the spring time, the only pretty ring time, when the
      birds do sing, hey-ding-a-ding ding, cuckoo, jug-jug, pu-wee, ta-
      witta-woo! And so on and so on and so on. See almost any poet
      between the Bronze Age and 1805.
      But how absurd that even now, in the era of central heating and
      tinned peaches, a thousand so-called poets are still writing in the
      same strain! For what difference does spring or winter or any
      other time of year make to the average civilized person nowadays?
      In a town like London the most striking seasonal change, apart from
      the mere change of temperature, is in the things you see lying
      about on the pavement. In late winter it is mainly cabbage leaves.
      In July you tread on cherry stones, in November on burnt-out
      fireworks. Towards Christmas the orange peel grows thicker. It
      was a different matter in the Middle Ages. There was some sense in
      writing poems about spring when spring meant fresh meat and green
      vegetables after months of frowsting in some windowless hut on a
      diet of salt fish and mouldy bread.’

      ‘Though I speak with the tongues of men and of angels, and have not
      money, I am become as a sounding brass, or a tinkling cymbal. And
      though I have the gift of prophecy, and understand all mysteries,
      and all knowledge; and though I have all faith, so that I could
      remove mountains, and have not money, I am nothing. And though I
      bestow all my goods to feed the poor, and though I give my body to
      be burned, and have not money, it profiteth me nothing. Money
      suffereth long, and is kind; money envieth not; money vaunteth not
      itself, is not puffed up, doth not behave unseemly, seeketh not her
      own, is not easily provoked, thinketh no evil; rejoiceth not in
      iniquity, but rejoiceth in the truth; beareth all things, believeth
      all things, hopeth all things, endureth all things. . . . And now
      abideth faith, hope, money, these three; but the greatest of these
      is money. I Corinthians xiii (adapted)’

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        che frignone! sembra una testo da Domenica In, tra un Caso Umano che ci commuove e un Grande Scandalo che ci indigna

        più invecchio, più detesto commuovermi a comando

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Rossana

    Ma tu sei un po’ come Maggie Holland.

    Lei per l’Inghilterra, tu per il Veneto.

  6. Miguel Martinez scrive:

    Ancora per Rossana

    Vedi, Maggie Holland compie un’azione fondamentale. Tutti sappiamo che in Inghilterra è nato il capitalismo, che l’Inghilterra ha gestito un impero tremendo, che l’inglese è la non-lingua universale del capitalismo.

    E quindi la gente peggiore di questo mondo si sente “filo-inglese”, mentre la gente migliore è tentata a odiare l’Inghilterra, gli inglesi e la loro cultura.

    Ora, Maggie Holland non solo invita la gente migliore a non odiare l’Inghilterra, ma anche ad amarla.

    Anche il Veneto, in fondo, è odiato – come insieme di imprenditori egoisti, di razzisti, di speculatori e tutto il resto.

    Bene, tu, come Maggie Holland, riesci miracolosamente a rovesciare questo, a far capire che non solo “bisogna capire”, ma che sia anche giusto amare il Veneto.

    Questo l’ho imparato da te, e te ne ringrazio.

    • PinoMamet scrive:

      Mi fa piacere essere catalogato tra “la gente migliore” 😉

      faccio notare che la frase del cantautore scozzese sull’Inghilterra, primo luogo a essere colonizzato dell’Impero Britannico, è parente stretta dello “Stato che occupa la penisola italiana”.

      E di questo Stato, i primi colonizzati sono stati proprio i cittadini del Nord (non me ne voglia il buon Mirkhond): come tutti i colonizzati, gli è stato strappato tutto, a cominciare dall’aura di ribellione romantica che al Sud ancora sopravvive…
      la prima colonizzazione comincia sempre dentro la testa.
      Quando cominciano a farti credere che il giardino del signor Harding (al quale stringo idealmente la mano) valga meno di un sacco di altre cose più avanti, più redditizie, più moderne, più giuste e così via.
      E questo ha colpito più duramente al Nord, dove se la sono bevuta di più, che al Sud.
      Al Nord c’è un mucchio di gente convinta davvero che il lavoro sia una bella cosa!
      E non stanno parlando di zappare l’orto…

      • habsburgicus scrive:

        @PinoMamet, Mirkhond e tutti…
        E di questo Stato, i primi colonizzati sono stati proprio i cittadini del Nord (non me ne voglia il buon Mirkhond):

        i primi colonizzati siamo stati noi piemontesi che ci abbiamo rimesso, oltre a un congruo numero di giovani nel 1848, 1849 e 1859, nell’ordine
        1 Nizza e Savoia, 1860
        2 la capitale, Torino (e i torinesi si presero pure le schioppettate elargite per ordine del fiorentino Peruzzi, già traditore del suo Granduca e dal bolognese Minghetti, già traditore di Pio IX :D)
        3, la dinastia nel 1946 (a quest’epoca però le città l’avevano già rinnegata in primis Torino che nel 1946 era ANCORA piemontese..Cuneo però votò per la dinastia, unica in tutto il Nord, tranne forse Padova dove il vescovo era pro-sabaudo)
        buona domenica a tutti !

      • Francesco scrive:

        a me piace non essere catalogato tra la gente migliore, invero

        saluti

    • rossana scrive:

      Sono…senza parole?
      E’ così bello ciò che hai scritto da non saper dire che…
      Grazie Miguel

  7. p scrive:

    le astrazioni servono a capire a che serve il denaro, per esempio.p

  8. Roberto scrive:

    Senti ma come suona alle orecchi di un madrelingua una parola come Fload meadow ? A me sembra molto poetica, forse perché credo di aver capito il paesaggio al quale allude (un prato verdissimo, attraversato da mini torrenti, un po’ accidentato, con delle mucche sullo sfondo en un vecchietto che passeggia sotto la pioggia)…. ma in quale altra lingua potrebbe essere resa la poesia di questa immagine?

  9. Miguel Martinez scrive:

    per Roberto

    “Senti ma come suona alle orecchi di un madrelingua una parola come Flood meadow ? A me sembra molto poetica,”

    Sono assolutamente d’accordo, ed è la cosa più difficile da cogliere dell’inglese, per cui complimenti 🙂

    Infatti, la traduzione letterale “pascolo alluvionale” sembra tratta da un manuale tecnico per geometri o geologi.

    Credo comunque che il tedesco si avvicini per poeticità dei termini semplici.

  10. Guido scrive:

    “Non c’è nulla di male nel cercare di dedurre leggi generali dalle nostre esperienze; ma guai a giudicare ciò che non ancora conosciamo in base alle astratte certezze che abbiamo prima.”

    Infatti di questo si tratta. La “concretezza” è diventata nella vulgata quotidiana il passepartout con cui legittimare l’ineluttabilità del mondo così com’è. Nulla di più concreto della concretezza dei tecnici che ci governano.
    All’opposto, in questa narrazione very cheap ci sarebbero i sognatori, gli utopisti, quelli con la testa fra le nuvole, quelli che si fanno le domande che vanno oltre la sopravvivenza quotidiana. E il mondo gira.

  11. maria scrive:

    Siamo fatti di ricordi, paesaggi, persone, piante e animali che abbiamo conosciuto, sapori, paure, odori, nella loro immensa varietà, unicità e mutamento

    maria

    miguel grazie per queste straordinarie parole.

    Le sento profondamente e danno ragione, a me stessa, del leggero spaesamento che sempre mi coglie in ogni situazione della mia vita, anche quella più favorevole e proprio perché siamo esseri attaccati alle nostre per così dire prime radici ma in perenne mutamento.

    E sono proprio le contraddizioni che emergono, a dar vita a quei momenti fugaci e preziosi, dove sento di essere vicina a qualcosa, o a qualcuno in modo “vero”

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Ritvan

    “Ah, dimenticavo, Miguel, se adesso non ti precipiti a raccontarci come e qualmente – e alla facciazza della Scienza Statistica e quella Etnografica messe insieme – il tuo portafogli è uscito indenne dai tuoi lunghi soggiorni presso i tuoi amici rom, allora non ti riconosco più, eh!:-)”

    Veramente, bastava dire loro dove tenevo i soldi, così erano al sicuro.

    Idem per oggetti d’oro che un mio amico ha affidato loro.

    • Ritvan scrive:

      Miguel, adesso ti riconosco!:-)

      • Ritvan scrive:

        Miguel, l’apparente contraddizione potrebbe spiegarsi con l’esistenza anche fra i rom di un “codice d’onore dell’ospitalità”, simile a quello albanese (i tuoi amici rom erano forse provenienti dal Kosovo?), ovvero che il “gagio” che divide il pane dell’ospitalità nella tenda (o roulotte) rom non può essere derubato…almeno fintantoché resta lì. Però, siccome la domanda riguardava l’affidamento del portafogli a un tizio, senza per questo recarsi a far l’amico nella sua abitazione, se permetti io sceglierei siempre il finlandese:-).

        P.S. Per evitare accuse ad minchiam di “zingarofobia”, riporto un esempio di albanesi “purosangue”:-).
        Gli abitanti CATTOLICI della regione montagnosa di Mirdita, nei secoli dell’occupazione ottomana dell’Albania erano riusciti a strappare ai turchi una sorta di “autonomia” molto larga, compreso il diritto di portare armi, diritto di solito non concesso ai non musulmani: pagavano alla Sublime Porta un piccolo tributo annuale e per il resto si autogovernavano come meglio piaceva loro, basandosi sul Kanun e sotto la guida del loro capoclan che era chiamato “kapidan”.
        Ebbene, i suddetti “mirditor” albanesi non disdegnavano scendere periodicamente in pianura (la pianura di Zadrima) e far razzia a mano armata nelle terre dei contadini CATTOLICI e albanesi pure (disarmati, essi, poveretti) che l’abitavano, detti “zadrimor”. E il “kapidan”, naturalmente:-) prendeva per sé una bella fetta del bottino, senza muoversi dalla sua “kulla” (palazzo a forma di torre, tipico delle montagne albanesi del tempo che fu). Però, se uno zadrimor capitava come ospite nella kulla di un mirditor, era sacro – a norma di Kanun – e non gli veniva levato nemmeno un soldo.

  13. Francesco scrive:

    di getto, caro Miguel, mi viene da dire (con fare scocciato), che anche noi abbiamo il nostro equivalente, si chiama Adriano Celentano

    e non è un complimento

    PS quando ti sento distinguere con questa chiarezza il bene dal male nella storia divento ferocemente hegeliano

  14. Miguel Martinez scrive:

    Per Ritvan

    “Miguel, l’apparente contraddizione potrebbe spiegarsi”

    Mmmh, adesso spiegati l’apparente contraddizione per cui io, pur essendo messicano, quando ci siamo incontrati non ho cercato di rifilarti una partita di cocaina.

    Non so da dove dovrei cominciare, se dovessi basarmi sulle mie esperienze con etnie varie…

    Non ho mai subito il minimo furto da un Rom.

    Ho subito furti e truffe da:

    1) un’imprenditrice di Ferrara

    2) un traduttore di Pistoia

    3) un tizio che presumo fosse romano

    4) un elegante signore tedesco di mezza età

    5) un imprenditore napoletano.

    Comunque i Rom che frequento io non solo non hanno rubato a me, non hanno mai rubato, anche perché hanno un po’ troppa paura di finire all’inferno se lo fanno.

    • roberto scrive:

      adoro le vette di sofismo alle quali puoi arrivare

      dei tanti napoletani che conosco (essendo io stesso originario di napoli), nessuno ha mai rubato*.
      vermante non so come spiegarmi il fatto che ci sono più scippi a napoli in una settimana che a lussemburgo down town in 10 anni.

      *artifizio retorico: durante il servizio civile, in occasione di un allegro ricovere all’ospedale militare ho fatto conoscenza con un simpatico soldatino che rispondeva a chi gli chiedeva che mestiere faceva ” ‘o mariuole”

    • Ritvan scrive:

      —-Per Ritvan “Miguel, l’apparente contraddizione potrebbe spiegarsi”. Mmmh, adesso spiegati l’apparente contraddizione per cui io, pur essendo messicano, quando ci siamo incontrati non ho cercato di rifilarti una partita di cocaina. MM—-
      Probabilmente perché non eri sicuro che io non fossi un agente infiltrato della DEA, cribbio!:-)…scherzi a parte, non è che i messicani campino abitualmente facendo i trafficanti di droga, eh, ci sarà pure qualche onesto fornaio, lattaio, operaio o sarkazzo d’altro da quelle parti, no?

      —Non so da dove dovrei cominciare, se dovessi basarmi sulle mie esperienze con etnie varie…—
      Beh, le TUE sono solo una goccia in un mare, pertanto è meglio affidarsi alle statistiche…

      —-Non ho mai subito il minimo furto da un Rom.—
      Neanch’io. Però, non ho subìto neanche un’intimidazione mafiosa in tutti questi anni di permanenza in Italia: dovrei concludere, per questo, che la Mafia in Italia non esiste?!:-)

      —Ho subito furti e truffe da: 1) un’imprenditrice di Ferrara; 2) un traduttore di Pistoia; 3) un tizio che presumo fosse romano; 4) un elegante signore tedesco di mezza età; 5) un imprenditore napoletano.—
      Beh, si vede che i rom difficilmente entrano in rapporti di lavoro con te (presumo che quegli episodi sono avvenuti in ambito di rapporti di lavoro)…magari perché non hanno bisogno di tradurre documenti…

      —-Comunque i Rom che frequento io non solo non hanno rubato a me, non hanno mai rubato, anche perché hanno un po’ troppa paura di finire all’inferno se lo fanno.—
      Bene, dillo a certi nostri amici di qui che considerano le religioni fonte di ogni male:-)

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Ritvan

        ‘fonte di ogni male’

        Se non sbaglio era Voltaire che diceva che la paura dell’inferno era un ottimo antifurto per la sua argenteria. Non è che le religioni ci facciano una gran bella figura, se il vantaggio che portano all’umanità è quello dell’antifurto.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          mi stupisco che Voltaire potesse fare una battuta così ingenua … credo che i pochi ladri che hanno smesso il mestiere per sincero pentimento religioso siano stati fatti santi, tanto raro e mirabile portento era il caso!

          anche gli uomini religiosi hanno il problema di mangiare e il furto, specie nei tempi andati, credo fosse un mestiere ereditario più che un’empia scelta individuale

          “ottimo antifurto” temo non sia uno degli innumerevoli benefici portati dalla religione all’umanità

          ciao

        • Ritvan scrive:

          —-Non è che le religioni ci facciano una gran bella figura, se il vantaggio che portano all’umanità è quello dell’antifurto.Andrea Di Vita—-

          Dipende dai punti di vista…p.es. è sicuramente così per chi considera il furto un “esproprio proletario”:-):-)

          Ciao

          P.S. Dici che anche altri precetti religiosi, tipo “non uccidere”, ecc., ecc., non fanno fare “bella figura” alle religioni, soprattutto nell’ottica della Gloriosa Rivoluzione Proletaria che, come disse il buon Mao, non è esattamente un pranzo di gala?:-)

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per roberto

    “vermante non so come spiegarmi il fatto che ci sono più scippi a napoli in una settimana che a lussemburgo down town in 10 anni.”

    Il punto non è la statistica: è ovvio che ci sono più mariuoli napoletani o Rom che finlandesi, in proporzione.

    E’ che non mi viene mente di dover trovare una spiegazione per “l’apparente contraddizione” che Roberto è napoletano, ma non mi ha scippato il portafoglio.

    Evidentemente, Roberto è un napoletano che non ruba i portafogli, come ci sono anche milanesi che non truffano.

    • roberto scrive:

      d’accordo, ma credo che tu stia perdendo di vista la domanda di partenza che era: “affideresti il tuo portafoglio al finlandese o al rom appena conosciuto?” (se vogliamo essere meno drammatici, “lasceresti la macchina parcheggiata con il tomtom ben in vista in in via san gregorio armeno o in route d’esch?”)

      • PinoMamet scrive:

        Scusami, ma premesso che le persone non sono statistiche, ma persone, se conosco uno che mi sembra un pezzo di merda farei fatica a lasciargli il portafoglio; se mi sembra particolarmente affidabile, invece, potrei anche lasciarglielo… anche se fosse finlandese
        In fondo, nessuno è perfetto 😉

        • Ritvan scrive:

          —-premesso che le persone non sono statistiche, ma persone, se conosco uno che mi sembra un pezzo di merda farei fatica a lasciargli il portafoglio; se mi sembra particolarmente affidabile, invece, potrei anche lasciarglielo… anche se fosse finlandese. In fondo, nessuno è perfetto:-). PinoMamet—
          Premesso che la domanda specificava “appena conosciuto”, come fai, caro Pino a capire che il tipo appena conosciuto sia un “pezzo di merda” oppure un galantuomo? Ti affidi a quel Gran Genio di…Lombroso?:-).
          Meglio-o meno peggio – dunque, affidarsi alla teoria della probabilità, la quale in questo caso ci dice che se un solo finlandese su 100 ruba abitualmente portafogli, mentre lo fanno, diciamo 20 rom su 100 (una minoranza, cribbio, mica sono razzista antirom io!:-) ), affidando il mio portafogli al finlandese avrò 99 probabilità – teoriche, naturalmente – su 100 di non essere derubato, mentre ne avrò solo 80 su 100 nel caso lo affidi al rom. Dici che me ne dovrei strafregare della differenza di ben 19 probabilità?:-)
          Ciao
          Ritvan Ex-Prof Di Statistica Medica Veterinaria (fra l’altro)

          P.S. Naturalmente la Cara Scienza Statistica non prevede una mia sfiga pazzesca che mi porti a beccare proprio quel finlandese ladro su 100, né tiene conto della Saggezza Popolare che recita “l’occasione fa l’uomo ladro”…anche se finlandese, aggiungerei io:-).

        • Roberto scrive:

          Pino, lascia perdere l’esempio del portafoglio e passiamo a quello del tomtom….com’è che qui lo lascio in macchina e a forcella no? (Anzi se dovessi parcheggiare nella mia villa natale mi sa che cercherei un bel parcheggio coperto con tanto di guardiano e dobermann )

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