Il rogo dell’illuminismo

Leggo con un nodo alla gola, la vicenda della distruzione dell’Institut Français d’Égypte al Cairo, con i suoi duecentomila preziosi testi.

Una cosa che mi colpisce come appartenente alla piccola, impotente cricca dei laureati in lingue orientali; e più in generale, come una persona che è appassionata di storia da sempre.

Non interessa molto chi abbia provocato, nell’immediato, la distruzione: un manifestante sovreccitato, un poliziotto che voleva stanare un manifestante. O magari uno speculatore edile, per quello che ne possiamo sapere.

Come sapremo solo tra anni cosa resta, e cosa non c’è più – pensiamo al lento lavoro della ricostruzione delle biblioteche fiorentine dopo l’inondazione del 1966, in circostanze infinitamente migliori.

Le opere distrutte appartengono, pare, a due categorie diverse.

Cioè, manoscritti in lingua araba e le ricerche francesi sull’Egitto, a partire dalla famosa Description de l’Égypte.

Sui primi, posso solo dire che quando anni fa, lessi le opere di Henri Corbin sulla filosofia islamica, restai colpito dal fatto che di ogni filosofo, l’autore sembrasse dire, “la maggior parte delle sue opere sono inedite”, “probabilmente ci sono altri manoscritti che nessuno ha ancora studiato“. E presumo che lo stesso valga per tutti i campi, dalla storiografia alla letteratura vera e propria. Ciò che è stato distrutto, quindi, non potrà mai essere ricostruito.

La seconda categoria, invece, ci riguarda direttamente.

Io ho sempre pensato che lo spirito della ricerca organizzata abbia come simbolo fondante l’idea di Napoleone di portarsi dietro un gruppo di intellettuali durante la sua spedizione in Egitto. Non credo che fosse solo per aprire il paese al dominio imperiale: Napoleone, l’inventore del massacro su larga scala, nella sua follia distruttiva, è stato anche l’unico grande personaggio degli ultimi due secoli ad avere un autentico desiderio di capire e un vero rispetto per la conoscenza.

Siamo tutti nani sulle spalle di quei giovani giganti che seguirono il pazzo nella sua spedizione. E nella loro opera, c’è tutta una cultura che adesso volge al tramonto: quella che cerca di raccogliere i fatti così come sono, di collegarli pazientemente, di ragionare, di arrivare alla verità senza pregiudizi, di mettere secoli di storia in fila e capirne i legami, di osservare e imparare dal mondo. Studiare passo per passo, accogliere ogni obiezione con rispetto.

Una pratica del tutto incompatibile con il flusso mediatico, che come sottolineava Régis Debray è il vero motore – altroché la Gelmini – della distruzione della grande impalcatura illuminista/educativa.

Per un attimo, in Egitto come in Iraq, questo spirito di ricerca ha potuto aprirci un varco su lunghissimi tempi; poi, in Egitto, come in Iraq, questa porta si chiude, violentemente.

Quando penso all’Egitto, penso sempre al Messico. E non solo per i colori e i visi della gente, o le vette di ricchezza e gli abissi di miseria.

Certo, l’Egitto non ha mai trasformato la ricerca straniera in monumento identitario: non esiste nulla di paragonabile al sistema mitico-storico che domina in Messico. Gli egiziani non si fingono faraoni, a differenza di tanti messicani che si fingono aztechi; il Museo Egizio è una salvadanaio in cui si chiede ai turisti di mettere una monetina, mentre il Museo di Antropologia del Messico è il tempio del culto nazionale.

Però anche lì, tutto potrebbe finire presto tra le fiamme.

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236 risposte a Il rogo dell’illuminismo

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  2. PinoMamet scrive:

    ” Gli egiziani non si fingono faraoni, a differenza di tanti messicani che si fingono aztechi”

    Mi fido di te, non essendo pratico né di egiziani né di messicani.

    Gli egiziani sarebbero quindi come i finti legionari dell’Arena di Verona, mentre i messicani come i finti legionari del Colosseo romano?

    A latere: prima che nessuno faccia (forse non del tutto a cazzo) l’esempio del rogo plurimo della Biblioteca di Alessandria, ci penso io 😉

  3. Francesco scrive:

    Non puoi mettere insieme educazione e illuminismo, dovrsti mettere istruzione e illuminismo.

    E la tabula rasa di oggi è il frutto di quella operazione, non una “accidente storico” di cui incolpare la televisione o Internet.

    Anche nel Medioevo la cultura e la comunicazione erano iconografiche e verbali ma questo era l’humus dell’educazione.

    Ciao

    PS spiegarci cosa sta succedendo no, eh? dovremmo capirlo dal Corriere della Sera o da Repubbliac forse? per conto di chi uccide l’esercito egiziano?

    • PinoMamet scrive:

      ” E la tabula rasa di oggi è il frutto di quella operazione”

      Questa è una cosa che sento sempre ripetere dai cattolici, e non ho ancora capito bene perché (a parte la loro antipatia per l’Illuminismo, voglio dire).

      A me sembra abbastanza chiaro:
      niente scuola= più ignoranza
      istituzione della scuola dell’obbligo= diminuzione dell’ignoranza
      impoverimento culturale della scuola (specie pubblica)= ri-crescita dell’ignoranza.

      Si vede che i cattolici lo leggono in un modo diverso, e vabbè, ma quale?

      • Peucezio scrive:

        Mah, a me pare che la scuola abbia portato solo imbarbarimento e distruzione della cultura, in ogni senso.
        La cultura non è una categoria quantitativa, non è che se ce l’hanno più persone (ammesso sia possibile), ce n’è di più, anzi…

        Comunque purtroppo ancora sfugge a molti l’unica vera urgenza di questo tempo in relazione alla preservazione del sapere: fino a venti o trent’anni fa non si potevano digitalizzare i documenti e fino ad alcuni decenni prima nemmeno copiarli o riprodurli. Oggi si può e si possono far stare intere bioblioteche in dispositivi che entrano in un taschino.
        In Italia ci sono archivi di stato con infinità di preziosi documenti inediti, dove si spendono i soldi per rifare le pavimentazioni (sic!) dell’archivio.
        Questa è la catastrofe.

        • Moi scrive:

          Più che d’imbarbarimento parlerei di malinteso senso della cultura … sì insomma: un’ottima occasione SPESSO PERSA.

        • Moi scrive:

          Il discorso è (anche) che volendo in internet ci si potrebbe fare una buona cultura accedendo a tante cose interessantissime … ma i più preferiscono le cazzate, o pornografia o ancora c’ è chi cazzeggia su youtube e dopo aver visto un paio di video malevoli contro il proprio Nemico Ideologico Preferito si autoproclama politologo, o storico, o teologo …

        • Dove i governi nazionali, di ogni etichetta e applicanti dottrine iperliberiste, hanno fallito… sono riusciti i professori.
          Da quando è stato deciso il lassismo totale e la non bocciatura o – horribile dictu – la premiazione dell’ignoranza crassa e di sua sorella sfrontatezza, i risultati non hanno tardato a presentarsi.
          A complicare la situazione ci ha pensato nel tempo non la Gelmini, neanche Berlinguer (pur con le sue folli immissioni in ruolo come se piovesse), ma la crescente famelica burocrazia: riunioni collegiali a riempire carte di una inutilità come solo i tecnici logorroici sanno concepire.
          La tecnocrazia esiste da sempre, solo ora facciamo finta di averla scoperta.
          Le linee guida dei programmi didattici del Mini-stereo dell’istruzzzzione dettate da folli usciti con lauree quali Scienze dell’educazione, ovvero da persone che hanno fatto tutto tranne il lavoro per cui hanno studiato, l’insegnamento (quello sulla carne viva, a contatto con gli altri: e sia detto sempre escludendo le eccezioni).
          E mi permetto di dubitare che si tratti di persone all’altezza di un Gentile.

          Se mi esprimo così è perché mia madre ha visto e riportato sempre il tempo perso da tromboni più o meno laureati, in cerca di tempo da occupare e di POF (progetti di offerta formativa) da accaparrarsi, per i soldini in più.
          La scuola come parcheggio dei fancazzisti purtroppo è più vero di quanto non si creda.

      • PinoMamet scrive:

        ” Mah, a me pare che la scuola abbia portato solo imbarbarimento e distruzione della cultura, in ogni senso.”

        Mah, onestamente a me pare proprio il contrario!

        ” La cultura non è una categoria quantitativa, non è che se ce l’hanno più persone (ammesso sia possibile), ce n’è di più, anzi…”

        Mm, invece sì.
        Più persone conoscono le basi di un argomento, più ce ne saranno che sono in grado di arrivarne alle vette.

        A parità di numero di abitanti e altre condizioni, se nel paese A giocano quasi tutti a calcio, e in quello B si dedicano quasi tutti all’atletica leggera, è logico che i mondiali di calcio li vincerà A, mentre i migliori centometristi verranno da B.

        Se non ho nessuno con cui confrontarmi, come posso sapere se il nuovo teorema matematico che ho pensato è una svolta meravigliosa, come a me sembra, e non invece una cagata pazzesca?

        No, no, non c’è niente da fare, la cultura è una cosa ANCHE quantitativa.

        • roberto scrive:

          condivido ogni parola!

        • Peucezio scrive:

          Pino, a ciò che dici, che in linea teorica sarebbe più che sensato, si oppone il metodo induttivo, sperimentale: se fosse così, il ‘900 sarebbe dovuto essere il secolo delle vette più alte della cultura, dell’arte, della letteratura, invece è stato un secolo nemmeno di mediocrità, ma di decadenza verticale. E tanto più si sono affacciate fette più ampie di popolazione all’istruzione, tanto maggiore è il vuoto: si è aperto il secolo con Pirandello e Svevo per chiuderlo con Camilleri, Moccia, Baricco…
          Come mai in un’epoca in cui tutti possono studiare architettura o ingegneria, si dissemina l’Italia e il mondo di orrori, mentre siamo circondati da meraviglie fatte in epoche di analfabetismo? E non è che Le Corbusier fosse un imbecille, ma l’originalità singola di un edificio e di uno stile, che quando viene concepito la prima volta può essere anche geniale, una volta replicata e diventata la cifra del costruire, diffonde solo brutture mediocri che inquinano il paesaggio urbano e rurale.
          Queste dinamiche non sono così schematiche come vorrebbe il tuo ragionamento, che, ripeto, di per sé non sarebbe peregrino.
          Non tiene conto, per esempio, del fatto che non è che il sistema di istruzione di massa non è la mera estensione a tutti dello stesso modello di apprendimento di Dante o di Michelangelo, ma è una cosa completamente diversa. Se tu rendi disponibili delle conoscenze non più a un’élite ristrettissima, ma a tutti, ma i contenuti di queste conoscenze e le loro modalità di trasmissione cambiano completamente, non puoi aspettarti una mera moltiplicazione dei risultati.

        • Paucezio ha messo il dito nella piaga.

          L’istruzione a carico di chi non ha raggiunto una maturità umana diventa un peso e non un mezzo di crescita; tant’è che per mia esperienza trovo più facilmente apertura mentale al massimo in diplomati piuttosto che in laureati.
          L’equivoco di fondo permane: istruzione non equivale a formazione, e più di tutto, studiare non comporta imparare.
          Nelle scuole mediamente si studia: sanno tutti perfettamente che i bambini fino a 7 anni hanno una grande capacità di apprendere lingue anche fino a 10, semplicemente stando a contatto con altri bambini di altre lingue, senza conoscere grammatica (che studiata da subito è un macigno per i piccoli).
          Nessuno provvede a creare una rete, anche via internet: questo perché a distanza di pochi anni i risultati renderebbero gli attuali adulti praticamente inutili.
          Lo studio serve a perpetuare e perpetrare la antica fatica con cui i padri hanno avuto a che fare, secondo la logica che tutte le cose vanno guadagnate e che non è giusto che i figli abbiano la vita più facile, senza accorgersi che invece la natura lavora anche con la diminuzione delle resistenze e non solo con i carichi da somaro.

          Ma si sa, la natura è fonte di studio, non di apprendimento.

    • PinoMamet scrive:

      Che poi, a dirla tutta, la scuola pubblica italiana, almeno quella conosciuta da me post-concordataria, anche prima cioè della pesante infiltrazione ciellina, non era mica anticattolica, anzi.

      C’erano sì dei singoli insegnanti (neanche moltissimi, alla fine) di tendenza agnostica o atea o varie ed eventuali, ma cavolo, ognuno avrà ancora diritto alle sue idee, o no?

      Peraltro qualunque loro eventuale commento men che devoto era bilanciato da dosi abbondanti di messe di inizio anno, presepi e pretamenti vari, senza contare l’ “ora di religione”
      (immagino che qualche sottilissimo ingegno cattolico riesca a far passare anche questa come “simbolo di laicità”, come il crocifisso…)

      Insomma, capirei che i cattolici o cristiani tout court mi parlassero male dell’istruzione in altri paesi europei, ma in Italia…

      • Moi scrive:

        Io religione ho smesso di farla quando aveva preso una piega che non mi piaceva più: leggere l’ Antico Testamento senza capirci nella migliore delle ipotesi una fava e capendoci che Jahvè era un Padre-Padrone-Sadico nella peggiore delle ipotesi.

        Per contro, cercare di capire che le religioni sono risposte diverse alle stesse domande e che sono fenomeni culturali insopprimibili antichi quanto noi stessi mi intrigava moltissimo.
        🙂

        • mirkhond scrive:

          Anche per me cercare la verità è sempre stato importante, e mi sono fatto le stesse domande davanti alla lettura di interi brani del Vecchio, ma anche del Nuovo Testamento.
          Per il Vecchio Testamento, passati gli anni adolescenziali dietro alle cazzate da incubo di Compassi e compagnia bella, mi è stato molto utile la lettura dei testi di Werner Keller e Mario Liverani, così come Gherardo Gnoli per lo Zoroastrismo.
          Col tempo mi sono convinto che l’origine del Monoteismo appaia “in contemporanea” nei deserti tra il Giordano e il Sinai da una parte e nell’Iran orientale, nell’alto corso dell’Oxus/Amu Darya tra le vette del Pamir dall’altra, nei secoli IX-VII a.C.
          Naturalmente sono tentennamenti nel buio, luci che credo di intravvedere nella notte, basandomi proprio sul metodo della ricerca e sul lavoro di giganti dell’esegesi e dell’archeologia, sulle cui spalle sono salito umilmente da nano….
          E tuttavia più cerchiamo di avvicinarci al mistero di Dio, più esso ci sfugge, in quanto non ci spiega il mistero della sofferenza…..
          Forse il mistico come Jam, riesce a trovare la spiegazione attraverso la poesia e nell’Oriente Iranico il Santo è anche mistico e poeta, come lo fu Zarathushtra, e poi i sufi musulmani….
          Ma la domanda fondamentale, perchè il tutto, perchè ci ha creati su un mondo di passaggio, passaggio spesso contrassegnato da sofferenze, incoerenze, meschinità e cattiveria, tradimento, insomma il buono che è sempre perdente, questo non trova risposte se non in miti sul peccato originale che spiegano tutto e niente.
          Inoltre chi ci ha preceduto nell’aldilà, anche chi ci amava da dare tutto se stesso per noi, e che noi abbiamo amato e che ci manca, ci lascia il vuoto nella gelida notte di natale, NON TORNA a dirci COM’E’, questo aldilà….
          Dobbiamo aspettare la nostra morte per saperlo….

        • Peucezio scrive:

          Mirkhond,
          ciò di cui parli è l’età assiale di Jaspers (che non riguarda solo il monoteismo, ma di cui il monoteismo è una delle manifestazioni fondamentali). In effetti lo trovo un modello esplicativo di grandissimo interesse. Lo stesso Liverani, che in effetti è davvero un autore di riferimento nel campo della storia antica vicinorientale, ne parla.

          Moi,
          questi sono i danni della protestantizzazione conseguente al Concilio. Pensa che ancora in un film di Sordi del ’66 (il Vaticano II c’era già stato, ma i suoi effetti non erano ancora così pervasivi), intitolato “Fumo di Londra”, una signora inglese lo invita a leggere con lei dei passi della Bibbia e lui rifiuta cortesemente, dicendo “Mi dispiace infinitamente, ma sono cattolico”. Allora esistevano ancora dei cattolici.

  4. Antonello scrive:

    Sempre in merito ad esempi fatti non del tutto a cazzo, ma neanche troppo originali:

    http://www.nazioneindiana.com/2008/11/21/a-gamba-tesa-nessuno-tocchi-la-biblioteca-di-sarajevo/

  5. Moi scrive:

    @ FRANCESCO

    Te la metto qui per comodità, mi parte che in un tuo vecchio intervento tu alludessi ai “Teletubbies” come innocui alla Fede Cattolica :

    http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.328

    … non tutti 🙂 concordano !

  6. antonio scrive:

    “Non interessa molto chi abbia provocato, nell’immediato, la distruzione”
    chi ha acceso il fuoco non si sa, di sicuro c’è solo chi ha impedito ai pompieri l’accesso alla biblioteca per spegnerlo, ovvero l’esercito.

  7. Moi scrive:

    Ma in definitiva, al netto di internet che comunque può “riflettere ipertroficamente” entrambi i due mondi …. sono peggio i Razzisti-Che-Leggono-Libri oppure i Razzisti-Che-Guardano-la-TV ? … Perché ?

    Per ora almeno, mi pare che i primi abbiano commesso le azioni più efferate e che i secondi abbiano rilasciato le dichiarazioni e le provocazioni più becere.

    Ritengo che il delitto sia peggio della beceraggine.

  8. Moi scrive:

    @ PINO

    Riprendendo Sherif El Sebaie in versione “Pasolini Islamico” 🙂 … quel “subtopia” non mi convince nella sua ibridazione Latino-Greco Antico; Non dovrebbe essere “ipo-topia” ?!

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per PinoMamet

    “Gli egiziani sarebbero quindi come i finti legionari dell’Arena di Verona, mentre i messicani come i finti legionari del Colosseo romano?”

    Una curiosità – i finti legionari del Colosseo sono ebrei. Infatti, la comunità ebraica romana è l’unica in Europa ad avere ancora un ceto popolare, spesso disoccupato o semioccupato, e hanno trovato questa improbabile nicchia ecologica.

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    “quel “subtopia” non mi convince “

    Ti immagini un poliziotto nel ’68 che dice “subtopia”?

  11. Miguel Martinez scrive:

    Per Riccardo

    “Dove i governi nazionali, di ogni etichetta e applicanti dottrine iperliberiste, hanno fallito… sono riusciti i professori.”

    I Berlinguer e le Gelmini hanno certamente le loro colpe, così come gli insegnanti stessi. Che tra l’altro hanno trovato come unica forma di lotta, quella di far risparmiare soldi al Mini-stereo facendo scioperi… Non è una critica reazionaria agli scioperi, è solo un commento sulla loro totale e assoluta inutilità.

    Però se leggi materiale americano, francese, inglese e in minor misura tedesco sulla scuola, vedrai che il problema è uguale in tutto l’Occidente, e quindi le cause profonde devono essere globali.

    In Messico è diverso – magari un giorno vi racconterò qualcosa del sindacato degli insegnanti, il più potente di tutta l’America Latina, diretto da una praticante vudù che nella sua immensa villa fortificata e trasformata in una specie di tempio, fa le fatture a morte per chiunque le si opponga.

    La CGIL avrebbe molto da imparare…

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Antonello

    Grazie!

  13. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “In Italia ci sono archivi di stato con infinità di preziosi documenti inediti, dove si spendono i soldi per rifare le pavimentazioni (sic!) dell’archivio.”

    Figurati in Egitto, come li spendono i soldi per gli archivi, se ci sono.

    • Peucezio scrive:

      Immagino…

      E pensare che non ci vorrebbe molto.
      Basterebbe che qualche organizzazione internazionale, tipo Unesco, ci mettesse un po’ di soldi e dicesse: adesso ci mettiamo e cominciamo a digitalizzare i documenti delle più importanti biblioteche e archivi del mondo.
      Se si pensa che Google sta digitalizzando un’infinità di libri delle biblioteche americane (ma in tutte le lingue e pubblicati ovunque), di cui un’enorme quantità sono libri vecchissimi, su cui non esistono diritti di sorta (per cui non può ricavarci una lira) e che oltretutto scaricano e leggono magari alcune decine di persone in tutto il mondo (per cui Google non ne ha nemmeno ritorni in termini di visibilità e pubblicità).
      Io mi sono scaricato gigabyte di classici della linguistica storica ottocentesca, gratis et amore Dei, per avere accesso ai quali avrei dovuto andare in poche grandi biblioteche, con la possibilità di fare poche fotocopie e senza poterli prendere in prestito.

  14. valerio scrive:

    @Peucezio
    Quantitativamente e qualitativamente il XX secolo è stato un secolo “coltissimo”, nelle arti (tra l’altro aggiungendone una), negli studi sceitnfici e in tutte le manifestazioni dell’ingenio umano, nobili o ignobili.
    Sono uno storico e proprio per questo non ne posso più di chi ha una visione iper romantica del passato, pronta a vedere dappertutto un età dell’oro, eccetto che qui ed oggi.
    Ecco forse, dico forse, qui è oggi stiamo un po’ meglio di ieri ed altrove.

    Per tutti:
    la situazione deglia archivi, in tutto il mondo, è pessima, ma i costi di digatilizzazione dei documenti sarebbero (sono) enormi, e solo pochi documenti sono stati digitalizzati (in Europa tipicamente i più antichi e meglio conservati), gli archivi sono tantissimi, pubblici e privati, il materiale ivi conservato è ingentissimo, il personale scarso, l’interesse della collettività, purtroppo, anche.
    Siccome gli archivi sono posti in cui la gente deve lavorare se i soldi vengono spesi per rimettere a posto un pavimento o rifare l’impianto di riscaldamento va benissimo, anzi va meglio della digitalizzazione.

    La digitalizzazione dei documenti servirebbe, ma un archivio non funziona solo se digitalizzato, funziona benissimo in analogico, io li uso in analogico e mi ci trovo abbastanza bene. Purché il riscaldamento sia acceso, gli orari di apertura non siano folli, l’archivista sia preparata e il servizio sia rapido.

    • Facendo una debita proporzione, se non vivessimo qui e ora, il 90% dei frequentatori di questo blog non potrebbe postare i propri commenti perché troppo impegnato nei campi e perché privo di qualsiasi forma di istruzione superiore.
      Aggiungiamo che il “sapere degli anziani” sarebbe quello di gente di cinquanta o sessant’anni al massimo, mentre la persona più colta che la maggior parte di noi conoscerebbe sarebbe il parroco.

      Eviterei di esaltare troppo il ruolo diretto degli illuministi nella scolarizzazione di massa. Avevo trovato (la fonte la trovate scritta) alcune citazioni che invece erano molto critiche nei confronti delle scuole di campagna che, a partire dal tardo Medioevo, erano sorte un po’ ovunque in Francia. Posizioni molto vicine a quelle degli antilluministi che qui hanno scritto…
      http://sacroordinetagliapietre.blogspot.com/2010/08/gli-illuministi-e-listruzione-delle.html

      • Francesco scrive:

        >> il 90% dei frequentatori di questo blog non potrebbe postare i propri commenti perché troppo impegnato nei campi e perché privo di qualsiasi forma di istruzione superiore.

        il che non dimostra che il 90% di noi non avrebbe qualcosa di meglio da dire su argomenti meno vacui.
        non è che voglio indorare il passato per forza, è l’imbellettamento del presente che mi disturba.
        ciao

        • PinoMamet scrive:

          Francesco

          io non imbelletto il presente. Le cose del presente che mi fanno schifo, ci sono.

          però, su cento persone è meglio che sappiano leggere scrivere e far di conto novantadue, o cinque?

          Secondo me è meglio la prima ipotesi, e a questo serve l’istruzione popolare (non necessariamente “moderna” o “illuminista”; semplicemente ci sono state epoche in cui le scuole erano più diffuse e accessibili, e altre meno).

          Invece molta gente sostiene che “si stava meglio prima”.
          A parte che hanno un’immagine del “prima” idealizzata al contempo in positivo
          (“l’epoca delle grandi cattedrali, pochi spiriti eletti capaci di compiere grandi cose…”)
          e al negativo
          (“la massa ignorante che arrivava sì e no a 40 anni e si divertiva con lo sport di picchiare la moglie”)
          che credo abbia ben poco in comune con la realtà storica.

          A parte questo, la loro difesa in perfetta buona fede del “prima”, si basa su questioni di gusto
          (“Mozart è più bravo di Shostakovic”, tutto da dimostrare) ed è strumentale, e io credo suggerita, da chi credo voglia davvero “tornare” a quel prima mai esistito, ma che a qualcuno piacerebbe tanto, di elite colte e sfruttatrice, e masse ignoranti e sfruttate.

        • mirkhond scrive:

          la loro difesa in perfetta buona fede del “prima”, si basa su questioni di gusto
          (“Mozart è più bravo di Shostakovic”, tutto da dimostrare) ed è strumentale, e io credo suggerita, da chi credo voglia davvero “tornare” a quel prima mai esistito, ma che a qualcuno piacerebbe tanto, di elite colte e sfruttatrice, e masse ignoranti e sfruttate.

          Concordo con Pino.
          Penso che la nostalgia di un passato idealizzato e mai conosciuto, si basi oltrechè su criteri estetici, anche sulla paura del futuro e da profonde frustrazioni esistenziali personali.
          Il fatto che oggi molti vivono male, non quantitativamente, ma qualitativamente, può alimentare tali “nostalgie”.
          Ricordo l’ultima intervista fatta a Madre Teresa di Calcutta, quando venne in Italia, qualche anno prima di morire.
          Madre Teresa disse che la vera povertà di oggi, nel mondo avanzato è la solitudine…..
          Solitudine così tipica della città moderna, spesso accompagnata a depressione, o comunque ad un senso di diffusa infelicità esistenziale….
          Da qui il ritirarsi in mondi interiori, virtuali, in passati più o meno immaginari….
          Solo che questi film interiori non producono maghetti potter o medioevi disneyani, ma nel peggiore dei casi degli squilibrati pericolosi come Breivik o Casseri, oppure pessimisti cronici alla Massimo Fini, a cui Galli della Loggia, molti anni fa rispose che il suo malessere era generato dalla nostalgia della cameriera….
          ciao

        • Francesco scrive:

          saper leggere (e scrivere) è bene ma non mi basta. senza un uomo dietro al lettore, avremo Hustler (o Vanity Fair)

          che Mozart sia meglio di Shostakovic non c’è il minimo dubbio: il solo fatto che ci si possa porre il problema è segno della decadenza dell’era in cui ce lo si pone. come se volessimo affiancare Picasso a Raffaello! o Robinho a Shevcenko, si parva licet

          ciao

        • PinoMamet scrive:

          Mm tra Mozart e Shostakovic voto Mozart anch’io, và, ma mica perchè Mozart è più antico…

          voglio dire, la classifica dell’arte non si fa in base all’antichità, ma in base alla bravura (che in assenza di parametri chiari può essere una faccenda di gusto) alla capacità di innovazione, alle idee ecc. ecc.

          Ti posso portare un amico mio che dipinge in modo figurativo benissimo, ma benissimo veramente, però non aggiunge niente di nuovo a qualunque corrente pittorica già conosciuta
          (anche se io lo preferisco a mille altri artisti locali che conosco che se la tirano per l’ennesima rifrittura di Pollok in chiave auto-esaltatoria, ma questo è un altro discorso).

          Ti faccio un esempio più chiaro: nella mia città c’è un Istituto d’Arte che è una scuola superiore, nella quale gli studenti (non) imparano il disegno e la pittura, si fanno grandissimi cannoni, ed escono convinti di essere dei genialoidi che rivoluzioneranno il mondo, senza conoscere bene nè l’italiano e la matematica, nè la storia dell’arte.
          Non è colpa loro: loro ci mettono solo l’adolescenza, che non è una colpa, i programmi e il lassismo ce li mettono gli insegnanti.

          Di contro c’è un Conservatorio di musica classica che forma delle persone un po’ quadrate, ma con, se mi passi la metafora, le palle quadre sia come esecutori strumentisti, che come teoria della composizione, armonia, storia della musica ecc.

          Allora, entrambe le scuole potrebbero magari essre migliori, e ok, ma…
          l’importante è che ci siano!!

        • Francesco scrive:

          >> la classifica [dell’arte] non si fa in base all’antichità, ma in base alla bravura

          dimmi dove mandarti i padrini, l’arma la scelgo io che sono parte offesa!

          lo dici a me che le classifiche si fanno in base ai “valori” e non alla “modernità”? credevo di essere schierato con sufficiente chiarezza da questa parte della trincea!

          🙂

          POI, uno può essere tecnicamente bravissimo ma non avere nulla da comunicare e le sue opere non saranno mai arte

          ripeto, non voglio idealizzare una società dove il 99% delle persone erano analfabete ma neppure la nostra

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          non sarebbe meglio se esistesse solo in conservatorio e non tutte e due? 🙂

          A parte questo:
          Qui però stiamo confondendo due questioni diverse.
          Una cosa è la capacità di epoche anche molto dure e dove la maggior parte della gente viveva oggettivamente peggio, di produrre capolavori, un’altra cosa appunto sono le condizioni di vita della maggioranza.
          Un’altra cosa ancora è il nesso fra la scolarizzazione di massa e il benessere, che in sé non è scontato neanche questo.
          Io ammetto di stare dalla parte del passato, ma non certo per le condizioni materiali di vita e soprattutto non mi sogno di dire che siccome Dante scriveva la Divina Commedia, il contadino suo contemporaneo stava meglio di un italiano di oggi, perché sarei smentito dall’evidenza dei fatti.
          Però se mi si dice che oggi si scrivono cose all’altezza della Divina Commedia, diciamo che rimango molto perplesso.

    • Peucezio scrive:

      Qua non si tratta di funzionamento, ma di preservazione.
      Se succede qualsiasi cosa a un supporto materiale, le informazioni ivi contenute sono perse per sempre, mentre digitalizzare significa poter replicare un documento infinite volte, farne vari backup in luoghi disparati del mondo, in pratica scongiurarne la perdita per sempre. Rispetto a questo, il fatto che ci sia gente che negli archivi ci lavora è marginale.

      Sul ‘900: scusami, io non ti conosco, ma mi pare di ravvisare nei tuoi giudizi di storico (conosco storici che hanno una visione diametralmente opposta alla tua in merito) un tipico atteggiamento – diciamo pure un vezzo – dell’intellettuale contemporaneo, consistente nella compiaciuta acquiescenza verso la cultura del presente, nel volersi dimostrare aggiornati, moderni, à la page, indipendentemente dalle ragioni di merito. e di valore.
      Se mi parli del sapere scientifico, posso darti in parte ragione, sia pure con delle riserve, ma in ambito umanistico mi chiedo quale persona sana di mente potrebbe sostenere che il ‘900 abbia scritto pagine paragonabili, chessò, a quelle di Dante o di Shakespeare in letteratura, dell’arte rinascimentale in ambito figurativo, del ‘700 nella musica.
      Quanto al cinema, mi pare sia classificato come un’arte minore. In ogni caso è un’arte popolare (in termini di fruizione, non di creazione intendo), anche se poi, in alcuni autori, arriva a forme altissime. Io amo moltissimo il cinematografo e non intendo minimizzarne l’importanza e il valore. E’ possibile che fra qualche secolo arti “multimediali”, basate sui mezzi di registrazione e riproduzione di immagini in movimento accompagnate da suoni, siano considerate alla stessa stregua di come noi oggi consideriamo le arti tradizionali, perché i modelli di percezione e di fruizione dell’arte potrebbero essere cambiati profondamente (già lo sono).
      Resta da capire che ruolo ha la scuola in tutto questo. La scuola si troverà probabilmente fra l’incudine e il martello: troppo moderna per promuovere la cultura tradizionale (che infatti ha distrutto) e troppo vecchia per dare un qualche supporto significativo per questo tipo di creatività contemporanea, i cui meccanismi e modelli di apprendimento vi prescindono totalmente, essendo legati in via esclusiva all’ambito domestico e privato, o al massimo di socialità spontanea e non istituzionalizzata, infatti i ragazzini ormai imparano a usare il computer con disinvolutra ancor prima di saper leggere e scrivere, infatti l’evoluzione dell’interazione coi calcolatori è diventata via via negli ultimi anni sempre meno testuale e sempre più iconico-visivo-grafica e comunque ormai il computer facilita l’apprendimento della stessa scrittura e della lettura più della scuola, che, rispetto al mondo che si profila, rischia di diventare un rottame, un reperto archeologico molto più di quanto non lo siano per noi oggi gli scriptoria dei monasteri medievali.
      E se mai un giorno se ne celebrerà il funerale, non sarò certo col fazzoletto in mano ad asciugarmi sconsolatamente le lacrime… ma questo credo si fosse capito.

    • roberto scrive:

      “Purché il riscaldamento sia acceso, gli orari di apertura non siano folli, l’archivista sia preparata e il servizio sia rapido”

      e il pavimento non troppo sconnesso.

      scherzi a parte grazie per questo raggio di ragionevolezza

  15. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius Tarvisii

    “Anche qui invece di scioperare dovevano fare un rito vudù contro il ministro di turno? :D”

    Quando il presidente del partito al governo da 70 anni ha deciso che la Signora andava ridimensionata, lei ha dato un notevole contributo al rovesciamento del regime e all’avvento al potere della destra ufficialmente liberista, ma che non ha certo toccato il Sindacato.

    In genere, almeno secondo la leggenda, chi si mette contro la Signora muore di morte atroce. E magari in certi casi sarà anche vero, senza nemmeno bisogno di particolari magie…

  16. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius Tarvisii

    “se non vivessimo qui e ora, il 90% dei frequentatori di questo blog non potrebbe postare i propri commenti perché troppo impegnato nei campi e perché privo di qualsiasi forma di istruzione superiore.”

    Sono sostanzialmente d’accordo, quindi prendi quello che dico per una piccola deviazione di percorso, non una contestazione.

    Credo che sopravalutiamo l’intelligenza intellettuale, cioè quella specificamente legata alla scuola, alla scrittura, eccetera, quella caratteristica insomma di chi commenta su questo blog (e spero, un po’ anche di chi ci scrive).

    Esistono almeno due altri tipi di intelligenza, che non passano affatto per la scuola –

    1) quella diciamo fisica, dell’artigiano, del contadino, del pugile se volete, la capacità di avere riflessi veloci, mettere intuitivamente insieme molti dettagli e trovare la reazione giusta.

    2) l’astuzia del politico o dell’imprenditore – Bossi in una prova intellettuale di qualunque tipo risulterebbe espulso dalla media dei commentatori di questo blog, ma Bossi è riuscito a fare l’unico partito che in Italia si sia affermato dal nulla, mentre i commentatori di questo blog, con tutto rispetto, sono solo commentatori di questo blog 🙂

    • E’ verissimo, intelligenza è la capacità di partire da delle premesse e giungere a delle conclusioni valide. L’istruzione fornisce degli schemi di pensiero che aiutano a ragionare, ma fondamentalmente noi impariamo a pensare da quando nasciamo tramite il nostro rapporto con la realtà esterna: per esempio, visto che vediamo che ogni volta che piangiamo arriva nostra madre e che ogni volta che succhiamo esce latte dal biberon ci arriva il principio logico per cui dalla stessa causa non può che discendere lo stesso effetto. La scolarizzazione ci fornisce da un lato nuovi modi di pensare (il ragionamento matematico e il ragionamento filosofico), dall’altro ci fornisce delle premesse (le “nozioni”) su cui costruire i nostri ragionamenti.
      La scuola che funziona è quella che dà questi strumenti per pensare.

      • paniscus scrive:

        ma fondamentalmente noi impariamo a pensare da quando nasciamo tramite il nostro rapporto con la realtà esterna: per esempio, visto che vediamo che ogni volta che piangiamo arriva nostra madre e che ogni volta che succhiamo esce latte dal biberon ci arriva il principio logico per cui dalla stessa causa non può che discendere lo stesso effetto.

        L’idea che il latte possa uscire dalla tetta è fuori questione? 🙂

        Ora, che il riflesso automatico di aspettarsi il latte dal BIBERON sia una cosa che esiste in natura, non ci crederò mai…

        Lisa

  17. roberto scrive:

    “Credo che sopravalutiamo l’intelligenza intellettuale”

    ma non si sta parlando di “intelligenza intellettuale” ma di semplice cultura scolastica. nel senso, saper accendere un computer, leggere il tuo blog e saper scrivere una risposta…poi capire quello che scrivi e scrivere una risposta intelligente è un altro discorso 🙂

  18. Moi scrive:

    @ TUTTI

    Vi ricordo la frase mitica di Giancarlo Pajetta, Ex Dirigente del PCI che_ lo riconoscerà perfino Ritvan 🙂 _ si è sempre distinto per un’ inusitata arguzia presso il proprio Partito:

    “L’ istruzione è obbligatoria … ma l’ ignoranza è facoltativa !” [sic]

  19. Moi scrive:

    Va be’ che Baricco e Camilleri saran sopravvalutati ma … metterli sullo stesso piano di Moccia ?! … Va be’ che il criterio principale è “vende” ?

    … E Moccia è l’ unico scrittore conosciuto a far guadagnare ai ferramenta quanto ai librai ! … Francamente mi chiedo se tutti quei lucchetti dell’ “ammòre” che si trovano ormai almeno in tutta Europa (!) sui ponti non causino problemi di carico ai ponti che se ne ritrovano letteralmente ricoperti !

    • paniscus scrive:

      Ma infatti periodicamente li tolgono, i lucchetti.

      E ogni volta ci sono polemiche infinite tra istituzioni e “popolo dei fan”, oppure addirittura tra rappresentanti diversi delle stesse istituzioni (che so, tra sindaco e questura, oppure tra assessore ai lavori pubblici e assessore al turismo dello stesso comune) sul fatto che sia giusto toglierli o meno…

      Lisa

  20. Moi scrive:

    “Institut Français …” con “ç”, cediglia .

    Miguel, sei proprio Terzomondista nell’ Anima 🙂 🙂 : con le lingue “esotiche extraoccidentali” non lesini mai sulla pletora di diacritici, con le lingue “autoctone occidentali” invece ne fai sempre strage 😉 😉

  21. la timida scrive:

    Gli egizi sono diventati egiziani col semplice trascorrere del tempo e della storia.
    Gli aztechi sono stati invece messicanizzati a forza, da un’occupazione straniera.

    Ecco perché c’è il culto nazionale.
    🙂

    • Moi scrive:

      @ TIMIDA

      Mmmmh … alcuni storici dicono che gli “EuEgiziani” 🙂 sarebbero i Copti. Ma dopo un millennio e mezzo direi che in ogni caso non c’ è più differenza. Ad ogni buon _ o cattivo :-)_ merito, chi va a Sharm El Sheik quasi sempre s’ ispira ad un immaginario sull’ onda lunghissima de “Le Mille e Una Notte”: di Islam e di Chiesa Copta, di Manoscritti del Deserto e di Corano nulla sa e nulla gliene frega. Al massimo _ peggio ancora ! _ si illude di saperne mediante Dan Brown o mediante Oriana Fallaci !

      Interessante quel che dici del Messico, ma non mi pare che da altre parti del mondo che hanno subito colonizzazioni analoghe _ se non peggio_ vi siano atteggiamenti simili. Poi verdrai che se nel 2013 il mondo ci sarà ancora 🙂 i Maya passeranno rapidissimamente di moda ! 😉

  22. Moi scrive:

    @ PINO

    Ahimé quanto ben si adatta la tua descrizione dell’ Istituto d’ Arte di Parma all’ Università di Bologna ….

  23. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “E tanto più si sono affacciate fette più ampie di popolazione all’istruzione, tanto maggiore è il vuoto: si è aperto il secolo con Pirandello e Svevo per chiuderlo con Camilleri, Moccia, Baricco…”

    Non hai tutti i torti, ma credo che il meccanismo sia un altro.

    1) Molta più gente è alfabetizzata (in senso ampio)

    2) La media qualitatitiva degli alfabetizzati si abbassa quindi di molto, perché saper leggere e scrivere è una cosa così, càpita, non è un dovere di classe dei ceti alti, né una faticosa conquista di quelli bassi

    3) L’industria culturale punta sulla grande massa di alfabetizzati di basso livello

    Questo non vuol dire che non ci siano parecchi Pirandello e Svevo, solo che scrivono per case editrici di nicchia oppure magari si autopubblicano o scrivono su dei blog. Pensate a Riccardo Venturi http://ekbloggethi.blogspot.com, che io considero uno dei grandi autori dei nostri tempi, ma non ha mai pubblicato su carta una riga, che io sappia. Lui è pigro, gli editori non se lo vanno certo a cercare…

    • Francesco scrive:

      alla faccia del classismo!

      Miguel, mi surclassi a destra alla grande, potrei presentarti un mio ottimo amico che rimpiange l’Ancien Regime, in cui il Potere era un prerogativa e dovere e responsabilità cui i pargoli della nobiltà erano educati fin dalla nascita.

      • paniscus scrive:

        Scusa, Francesco, dove starebbe il “classismo”?

        Non mi pare che Miguel abbia detto che “si stava meglio prima” o che fosse più giusto quando erano alfabetizzati solo i ricchi: ha semplicemente descritto una situazione di fatto, che è vera, senza alcun giudizio di merito. Come a dire che una volta c’era il caminetto, mentre adesso c’è il termosifone (o suoi derivati): se è un dato di fatto, lo è…

        Lisa

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      può essere e non faccio fatica a crederlo.
      In questo senso il problema non sarebbe tanto che l’istruzione di massa impedisce lo sviluppo di menti eccelse, ma che impedisce a queste di affermarsi ed emergere. E’ anche possibile.
      Io ho l’impressione però che negli ultimi anni c’è una perdita di spessore generale, cioè stanno proprio scomparendo le vette, le eccellenze. Tanto per fare un esempio, io parlo meglio di tutte le persone che conosco della mia generazione (si sarà capito che la modestia non è esattamente il mio forte 🙂 ), ma non mi ritengo affatto uno che parla bene, anzi, credo di parlare tutto sommato un cattivo italiano; mio zio parla infinitamente meglio di me, mentre fra le persone più giovani di me credo che anche trovare uno che parla come me sia molto difficile. E temo che in tanti altri ambiti (la capacità critica, la capacità di costruire un pensiero sufficientemente astratto e articolato ecc.) le cose stiano allo stesso modo.
      L’impressione è insomma di una sorta di livellamento dei vertici, di smussamento delle asperità (intese in senso positivo). Ma questo non fa parte in senso stretto della storia dell’alfabetizzazione di massa, se non come onda lunga, come conseguenza tardiva. Questo è semmai il frutto del ’68 (che a sua volta ovviamente non è una causa, ma il modo di dare un nome e una data simbolo a una trasformazione sociale legata al boom economico e allo sviluppo della società dei consumi).
      Bisognerebbe capire se una scolarizzazione di massa può prescindere da un ’68. Forse sì, se consideriamo l’esempio delle società “orientali”, partendo dalla Russia e dal mondo post-comunista in genere (dove l’istruzione funzionava e in molti casi funziona ancora bene e non si sono mai imposti il lassismo e il permissivismo sessantotteschi), fino alla Cina, all’India e allo stesso Giappone, dove poco ci manca che ti frustino in classe.
      E poi bisognerebbe capire se questi sistemi che, diversamente da quelli occidentali post-sessantotteschi (che producono solo masse di rincoglioniti decerebrati) generano livelli medi molto buoni ed eccellenze di valore, possono produrre vette assolute come quelle che da noi si producevano nel Medioevo e nel Rinascimento (o nell’età classica) o meno. Oppure se, come supponi tu, le producono, ma non emergono.

      • Però ti concentri solo sull’aspetto linguistico (e in effetti è la lingua italiana ad essere in crisi), che è pacifico. Sulla crisi della capacità critica ho i miei dubbi: sul serio la scuola fascista insegnava a pensare con la propria testa? E anche sull’incapacità di costruire pensieri astratti e articolati credo che sia solo un discorso di tua “sfortuna” nelle conoscenze 😉

        • Francesco scrive:

          la scuola “fascista” ha prodotto molti più pensatori, ahimè ribelli, di quella successiva, la cui cifra è rappresentata dagli aspiranti al GF e dai sindacalisti degli insegnanti

      • Francesco scrive:

        credo di essere molto vicino a Peucezio anche se l’idea che le nerbate siano indispensabili al progredire della mente umana mi lascia perplesso

        certo una bella pulizia dalla pedagogia “68na” sarebbe un inizio

        • Peucezio scrive:

          Mauricius,
          che dire, spero sia come dici tu. Io non mi riferisco, comunque, alle mie conoscenze, che non fanno testo perché è gente poco comune, ma a quello che mi pare di osservare attraverso la televisione, le statistiche, la stessa internet, che è un buon osservatorio delle generazioni giovani. Ma le mie sono impressioni.

          Francesco,
          forse le nerbate non sono indispensabili. Diciamo che le preferisco all’eccesso opposto del lassismo totale.

        • E’ semplicemente una deformazione prospettica: in TV va ciò che vende e ovviamente ciò che vende è il prodotto che può piacere alla maggioranza, come anche le statistiche misurano la quantità della massa, non la qualità delle eccellenze. E la massa non è mai stata e mai sarà fatta di Benedetto Croce, pena il far perdere all’eccellenza di turno la sua eccezionalità.

        • Peucezio scrive:

          Mauricius, mi hai frainteso, io non parlavo della massa. Io noto che c’è proprio una diminuzione se non una scomparsa delle eccellenze e una generale depressione dei livelli medio-alti rispetto a una ventina d’anni fa, quando ero giovincello io. Anzi, forse complessivamente la massa rispetto agli anni ’80 è addirittura migliorata: all’epoca c’erano delle bestie che adesso non si vedono più.

        • Qui non posso più seguirti: dovrei essere un grande esperto in tutti i campi dello scibile umano per poter giudicare se le eccellenze di oggi siano migliori o peggiori delle eccellenze di ieri…

  24. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    ““Institut Français …” con “ç”, cediglia .”

    Beh, certo… non so come sia capitato, io ho copincollato tutta la denominazione da qualche parte per risparmiarmi la fatica di dover mettere l’accento sulla “E” maiuscola; poi si vede che con la sottolineatura del link, diventa quasi invisibile e non me ne sono accorto.

    Grazie comunque, correggo

  25. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Miguel, mi surclassi a destra alla grande, potrei presentarti un mio ottimo amico che rimpiange l’Ancien Regime, in cui il Potere era un prerogativa e dovere e responsabilità cui i pargoli della nobiltà erano educati fin dalla nascita.”

    Apprezzo la tua ironia 🙂

    Comunque, mi sembra un fatto che l’alfabetizzato mediano del 1900 era un signore che aveva fatto il liceo classico (credo che ancora non si chiamasse così, ma il concetto è quello) e poi l’università, con una forte enfasi letteraria.

    Oggi, l’alfabetizzato mediano ha fatto un istituto tecnico, se ha fatto l’università, ha seguito una facoltà come ingegneria e non ha molto tempo per dedicarsi alla letteratura.

    Non dico affatto che sia un male, constato.

    • Francesco scrive:

      ti sbagli

      l’alfabetizzato mediano (ne sono praticamente certo) ha fatto malamente un liceo (purtroppo, abbiamo disperato bisogno di diplomati tecnici) , si è iscritto all’università, facoltà umanistico-moderna-tuttafuffa (purtroppo, abbiamo disperato bisogno di ingegneri) e non la ha finita (ma rigetto lo stesso il lavoro manuale)

      però ti sbagli di più: non c’è nessun motivo per credere che un classicista-umanista del ‘900 fosse meno bestia di un alfabetizzato mediano odierno. in fin dei conti hanno provocato come reazione il futurismo.

      al massimo era più affettato

  26. PinoMamet scrive:

    Gente,

    vi informo che il ’68 è stato… fateme fà du’ conti… 43 anni fa?

    E poi, che avrà poi fatto? Ha tolto un po’ di autoritarismo e di classismo, e cresciuto una generazione di insegnanti non sempre preparati (con lodevoli eccezioni) che è… quella che sta andando in pensione! O c’è già andata.

    Non è che lo state sopravvalutando un po’ troppo?

    Peraltro nel liceo classico del capoluogo autodefinitosi migliore della provincia (infinitamente al di sotto del livello del vero liceo classico migliore della provincia, e del mondo intiero, vale a dire IL MIO!! a detta anche dei prof universitari) il classismo è vivo e vegeto, e in compenso si studia poco e male, mentre si perde tempo con inutili giornalini, attività integrative (di merda) Miss Licee e compagnia brutta.
    Colpa del ’68?

    E non forse della mentalità di quei pirletti che ricordavo nel mio Liceo, la prima ondata di ragazzotti di vaghe simpatie centrodestre (non nella mia classe, per fortuna) che credevano che bisognasse tornare sì al classismo, ma non certo all’autorità dei prof (“comunisti!”) e tantomeno alla serietà dello studio (“vecchie cazzate, a noi serve informatica- di internet quasi non si parlava- e inglese parlato!”);
    anche loro, vecchi fasci?
    No, piuttosto poveri scemotti abbagliati dal mondo post- reaganiano Top Gun e dal mondo iu-es-ei, competiscion, uì ar de cèmpions eccetera.

    Hai voglia a fargli fare le equazioni, le versioni di greco, Mendel e la tavola periodica degli elementi, questi sognavano il còllegg con le belle fighe con i pompom e la squadra di football di manzolotti, e dopo un posto in aeronautica (se, campa cavallo).

    • Francesco scrive:

      il ’68 ha distrutto

      nessuno ha ricostruito (nè costruito il nuovo)

      e in 43 anni non cresce nulla di spontaneo, in un ambiente come quello, perchè la legge spontanea del mondo è la degenerazione, se mancano l’impeto e la passione degli uomini

      distrutto lo “status sociale” della cultura, dello studio, dell’impegno personale, è rimasto qualcosa di obbrobrioso ma solido, i danè.

      mica pensavi restasse la Contestazione già impalata dall’analisi di Pasolini?

    • roberto scrive:

      “ha tolto un po’ di autoritarismo e di classismo”

      questo era sacrosanto.
      io sono invece molto scettico di quello che ne è seguito, e cioé:
      – la demolizione totale di ogni minimo barlume di autorità e disciplina nella scuola
      – l’idea che a scuola ci si vada solo ed esclusivamente per divertirsi(intendiamoci io ero d’accordissimo con quest’idea 20 anni fa, adesso da padre un po’ meno)
      – l’idea di escludere dalla scuola (ma in fin dei contianche dall’università)qualsiasi accenno a concetti quali “fatica” & “sacrificio”

    • paniscus scrive:

      vi informo che il ’68 è stato… fateme fà du’ conti… 43 anni fa?
      E poi, che avrà poi fatto? Ha tolto un po’ di autoritarismo e di classismo, e cresciuto una generazione di insegnanti non sempre preparati (con lodevoli eccezioni) che è… quella che sta andando in pensione! O c’è già andata.
      Non è che lo state sopravvalutando un po’ troppo?

      ———————–

      Questa (se si vogliono i riferimenti esatti, il codice ID del messaggio è 455f4ff3.3349666@twister2.libero.it ) è una replica che scrissi la bellezza di cinque anni fa in un forum ad argomento scolastico, sul medesimo argomento.

      L’unica cosa che è cambiata è che l’espressione “quasi 40 anni” non è più valida, e ormai andiamo per i 44. Il resto lo sottoscriverei preciso preciso.

      saluti
      Lisa


      …mi pare che ci sia un punto che si dimentica
      facilmente.

      Che anche l’orientamento politico delle rivendicazioni cialtrone è
      cambiato profondamente in quasi 40 anni.

      In passato, sì, indubbiamente era vero: la rivendicazione di chi
      voleva che si diminuisse il rigore, che si snellissero le regole, che
      si abbassassero le soglie, che si pretendesse meno, che si regalassero
      voti e diplomi a manica larga e che si promuovessero tutti, era
      indubbiamente un’istanza proveniente da sinistra.

      Ma adesso non è più così, ed è evidentissimo.

      Solo che c’è ancora qualcuno rimasto a 40 anni fa, che continua a
      ripetere ossessivamente che la colpa è tutta del sessantotto, senza
      aver mosso un neurone per capire cosa è successo dopo.

      NON E’ PIU’ VERO che le istanze di lassismo e di promozionismo facile
      abbiano connotazioni di sinistra.

      Se ce l’avevano 40 anni fa, mi pare comunque pretestuoso attaccarsi
      solo a quelle, visto che molti di noi all’epoca non erano manco nati, e
      quasi sicuramente nessuno di noi insegnava.

      30 o 40 anni fa, è verissimo, lo sbraco della scuola è partito da
      sinistra. Non si doveva bocciare perché “altrimenti si era classisti”,
      perché “altrimenti si era autoritari”, perché “se uno si comporta male
      la colpa non è sua ma della società”.

      Ma pensare che le cose stiano ancora così adesso, vuol dire mettersi
      veramente il prosciutto sugli occhi.

      Adesso non è che non si boccia “per venire incontro al povero ragazzo
      pieno di problemi che ha la famiglia svantaggiata per colpa della
      società”. Col cavolo. Adesso non si boccia per soddisfare il
      cliente
      , che è un concetto molto diverso.

      Non si boccia perché si ha
      paura che le famiglie facciano ricorso,

      non si boccia perché
      altrimenti la scuola perde iscrizioni e la scuola concorrente se ne
      avvantaggia,

      non si boccia perché la scuola è vista socialmente come
      un grande supermercato dove chiunque ha il diritto di prendere quello
      che vuole e respingere quello che vuole come meglio crede, in base
      alla più becera logica aziendale e pubblicitaria (e se l’operatore
      prova a protestare si becca pure le denunce).

      Non si boccia perché è
      prevalsa una visione consumistica e commerciale della scuola che non
      ha più assolutamente niente a che fare con il lassismo politico del
      sessantotto, e che non ha assolutamente nulla di sinistra.

      E che anzi, a mio avviso, è un’istanza profondamente di destra.

      Non parlo di destra in senso reazionario, di autoritarismo o di difesa
      delle tradizioni: parlo proprio di destra in senso brutalmente
      economico, quello che avrebbe dovuto essere l’unico senso originario
      della definizione di “destra”: capitalismo, azienda e liberismo
      selvaggio.

      di nuovo saluti
      Lisa

      • Francesco scrive:

        beh, no, non è vero niente.

        al massimo posso concederti che il “pago ergo compro ergo esigo quello che mi pare” c’è ma lo spazio è stato aperto dalle “rivendicazioni di sinistra”, che hanno ridefinito la scuola.

        è un pò come il femminismo: dall’autogestione della gnocca alla puttanizzazione della società il passo è naturale. se nella scuola non c’è una Autorità che livella ed eguaglia e giudica (e boccia), io che ho fatto i soldi comando anche lì. poi molti pretendono (e nel caso menano l’insegnante) anche a prescindere dai soldi.

        volendo, potremmo insinuare che il ’68 sia stato “di destra”, perchè aboliti i Valori resta in piedi solo una cosa, i Soldi, non appena il fumogeno della contestazione si disperde

        non è che l’omicidio si prescrive quando il cadavere è putrefatto

        • PinoMamet scrive:

          Mm

          Francesco, vorrei darti ragione per avere l’OMDAF di Dicembre, ma penso di no, secondo me ha ragione Lisa al cento per cento.
          Poi senz’altro la sinistra ha le sue colpe nella “distruzione dei Valori”, o più banalmente nella perdita di prestigio sociale degli insegnanti.

          Ma è la destra italiana che ci si è buttata a pesce, e non l’ha mica obbligata nessuno, eh?

        • Francesco scrive:

          Quale destra?

          In Italia dalla sconfitta politica di De Gasperi non esiste una destra che pensa, che propone i valori di destra, solo un popolo abbandonato che, in parte e inevitabilmente, sbraca in plebe.

          Dagli anni ’60 in poi la DC è una variante bianca della sinistra, su un piano inclinato che è giunto alla naturale conclusione con l’assorbimento nell’ex PCI e la Bindi che va a braccetto con la Camusso.

          (I fascisti e i reazionari non contano, sono e sanno di essere dei morti che camminano, è gente che gioca non che vive).

          Quello che è successo è che la sinistra ha distrutto in nome di slogan idioti (che peraltro sono anche oggi il 99% del suo pensiero) e dai varchi è penetrato lo sfascio. Se volete accusare la destra di non aver posto rimedio vi seguo ma le impronte digitali del colpevole sono lì in bella evidenza.

          La sinsitra ha insegnato che a scuola non si boccia, non si danno voti, non si fa fatica, non si rispetta l’insegnante nè il sapere che trasmette. E il popolo ha preso atto.

          Ciao

          PS credo sia per questo che il popolo di CL è così attaccato alla libertà di fare le sue scuole, per costruire una via di salvezza.

      • Peucezio scrive:

        Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
        Non è che ciò che dite – mi rivolgo soprattutto a Pino e Paniscus – non sia vero. Ma bisogna a mio avviso
        1) considerare i nessi di causalità e le trasformazioni sui tempi medi
        2) non scindere fenomeni che sono strettamente connessi.
        Mi spiego meglio:
        l’edonismo anni ’80 è in antitesi al ’68 (o forse più agli anni ’70 e al ’68 marxistizzato che non al ’68 originario) nel senso che contrappone all’impegno il divertimento, la superficialità di plastica da fast-food, le vacanze stile Jerry Calà e Massimo Boldi, alle rivendicazioni dei diritti e a un politicamente corretto in nuce la cialtroneria all’italiana del “cumenda” che si vanta di essere andato a letto con venti fra mignotte, mogli di colleghi ecc., che va a fare le vacanze a S. Domingo ecc. (in questo senso la cinematografia dell’epoca rappresenta fedelmente tipi umani reali: io, stando a Milano, li ho conosciuti ed erano esattamente così; tra l’altro quasi sempre molto simpatici).
        Ma il ’68 non è in antitesi agli anni ’80 nel senso dell’imporsi della disinvoltura dei costumi sessuali, dell’abbandono di una serie di formalismi e di modi che c’erano ancora nell’Italia degli anni ’50, dell’apertura a fasce sociali sempre più ampie di una serie di opportunità e quindi dell’emersione di una serie di comportamenti e di classi, che, se è vero che sono emersi per ragioni economiche legate al boom, hanno trovato una legittimazione culturale e di costume in virtù del ’68. Il “cumenda” che dicevo prima, che è un parvenu che dice le parolacce, senza il ’68 che ha spazzato via i modelli borghesi classici non avrebbe avuto legittimità.
        In questo senso l’edonimo anni ’80 alla Drive In non sarebbe stato possibile senza gli studenti del ’68 che leggevano (o facevano finta di leggere) Marcuse e Horkheimer.

        Circa il secondo punto: è verissimo che la caduta di livello della scuola e dell’università – e del livello generale di cultura – è legato al neoliberismo, alla dittatura del mercato ecc.
        Ma questo non è affatto in contraddizione col ’68. Il ’68 era funzionale al capitale per fare piazza pulita degli ultimi freni al consumismo di massa e per rendere anche l’amore, il sesso, la cultura, la famiglia, i rapporti umani e sociali e tutto il resto un genere di consumo: solo lo spontaneismo giovanilista, l’immaginazione al potere, l’esaltazione dell’improvvisazione e di tutto ciò che non è mediato e strutturato potevano consentire il passaggio dalla gratificazione come risultato di una costruzione e di un sacrificio a qualcosa da consumare qui ed ora, alla soddisfazione di un istinto immediato che non ammette differimento, che è piatto, superficiale, paratattico, “liquido”, direbbe Miguel.
        E badate che non sto dicendo che necessariamente c’era gente che tramava e che si è messa attorno a un tavolino e ha detto 2adesso organizziamo il ’68 e fomentiamo i giovani così dopo vendiamo le porcate nei centri commerciali. Un minimo, in forme più indirette, è successo anche questo. Ma in generale la società è portata a organizzarsi secondo le sue tendenze immanenti, che sono espressione delle sue classi dirigenti e delle spinte di chi vi esercita il potere (che era già allora, anche se in modo meno sfacciato di adesso, transnazionale, non politico, non esposto direttamente).
        In questo senso dico che voi individuate distinzioni che esistono ma, se si gratta un po’ sotto la patina, sono riconducibili a un’unica tendenza.

        • Moi scrive:

          Il primo caratterista a portare sugli schermi questo archetipo, che come giustissimamente dici è un prodotto del giovanilismo sessantottino, fu un certo Ugo Bologna … ma penso che all’apice ce l’ abbia portato Guido Nicheli :

          http://www.youtube.com/watch?v=Qt9A7NaDqU0

          … penso inoltre che ciò spieghi, a livello generazionale, l’ incoffesabile simpatia antropologica suscitata in molti del Popolo di Sinistra da parte di Berlusconi. Quelli che, in sostanza, vanno dietro a dei RadicalChic che si stracciano le vesti perché Berlusconi è grezzo ma … il mitico “Lavoratore” di origine contadina vorrebbe essere un riccastro gaudente come Berlusconi che va a letto con delle veline, mica un Intellettualoide RadicalChic che va a letto beandosi della lettura dei libri di Marx e Marcuse.

        • Moi scrive:

          http://www.youtube.com/watch?v=pVDT2waBoUs

          … qualora ve ne fosse davvero bisogno 🙂

        • Moi scrive:

          Tuttavia mi sa che per dei RadicalChic capire il perché e il percome del fatto che per i Lavoratori i “Padroni Sboroni” 🙂 sono umanamente più simpatici di loro sia di gran lunga più ostico di una critica di Costanzo Preve a Ludovico Geymonat 🙂 😉

        • Peucezio scrive:

          Io pensavo proprio a Nicheli e ai tipi come lui. A Milano negli anni ’80 erano piuttosto comuni personaggi così.
          Mi viene in mente il fatto che i due tipi che ho conosciuto più da vicino, per ragioni familiari, perché entrambi legati indirettamente a un mio zio, avevano entrambi i baffi biondi, come Nicheli.

      • Peucezio scrive:

        Inoltre c’è da aggiungere che la questione della distanza temporale (il ’68 è stato ormai due generazioni fa, è vero) non è poi così rilevante.
        Siamo abituati a un’accelerazione estrema di tutto, ma questo non ci deve far perdere di vista che ci sono tempi fisiologici che hanno dei loro ritmi e che a volte siamo portati a sopravvalutare la rapidità di certe evoluzioni. Un paese come l’Italia poi ha una massa inerziale immensa, perché ci sono resistenze, settori radicati nei loro interessi e nelle loro abitudini, immobilismi inveterati che non si schiodano così facilmente.
        Gli effetti, l’onda lunga del ’68 la stiamo apprezzando nelle sue conseguenze più forti soltanto ora e tempo che il peggio sia ancora di là da venire. Perché è vero che i sessantottini adesso hanno sessant’anni, ma è anche vero che è a sessant’anni che da noi si comincia a contare qualcosa e che, se è vero che già negli anni ’80 la scuola era molto diversa da quella degli anni ’50 e ’60, è anche vero che ancora gli insegnanti attuali meno giovani hanno la formazione di chi ha studiato in una scuola che era ancora in grado di formare una buona cultura generale e una discreta capacità critica. Il guaio grosso è stato quando i sessantottini hanno cominciato a diventare classe dirigente (e di lì la rovinosa riforma Berlinguer, che è stata una tappa molto importante verso la distruzione della nostra civiltà) e poi quando saranno insegnanti non i sessantottini (che almeno erano ancora colti, anche se hanno deciso che bisognava insegnarsi affinché la cultura non fosse più trasmessa alle generazioni successive), ma i postsessantottini, quelli che hanno studiato in una scuola già lassista.
        Millenni di civiltà non si azzerano in una generazione e ci sono competenze che si fa fatica a sradicare del tutto. Ma state tranquilli che se non c’è un’inversione di tendenza, ci riusciranno. Si vede in tutti gli ambiti, non solo in quello della cultura: l’approssimazione, lo scadimento qualitativo, l’improvvisazione si notano da quando l’idraulico viene a farti un lavoro a casa fino a quando si progetta una strada o un ponte. E anche qui c’entra l’interesse del capitale a produrre e vendere cose peggiori, veloci da fabbricare, usare e smaltire e anche qui si coniuga in modo meraviglioso con lo spontaneismo sessantottardo. Quando poi anche ai capitalisti e ai teorici entusiasti della spontaneità comincerà a cadere in testa la casa o il chirurgo incompetente li ammazzerà, forse cominceranno a preoccuparsi, ma nel frattempo l’India e la Cina (che di sessantotti non ne hanno avuti) ci avranno lasciato tanto indietro quanto è lo sono oggi rispetto a noi i paesi dell’Africa equatoriale.

  27. maria scrive:

    Ma ormai il ’68 ,come i comunisti , si cita in continuazione e quasi sempre a sproposito accusandolo di tutte le possibili nefandezze, come se prima la scuola fosse stata il migliore dei mondi possibile e come se le stragi degli esseri umani fossero cominciate con la rivoluzione del 1917!
    maria

    • PinoMamet scrive:

      Sono completamente d’accordo!!

    • Francesco scrive:

      falso falsuccio

      quello che si dice è che PRIMA la scuola era MIGLIORE di adesso

      e non è colpa degli altri se il Totalitarismo nella storia lo ha realizzato per primo il compagno Lenin – che di quello siete giustamente accusati

      • paniscus scrive:

        Allora, Francesco, visto che finora non si è capito quale sia la tua opinione in proposito, potresti per favore spiegarcela in modo più chiaro?

        Per una volta, un’unica sospiratissima volta, ti degneresti di esplicitare come la pensi in positivo TU, invece, di criticare qualsiasi cosa espressa da altri e basta?

        Nel caso specifico, la domanda è abbastanza semplice: in definitiva, secondo te, la scuola del passato (che so, di 50 anni fa, o anche 100) era meglio o peggio di quella di adesso?

        Perché qua mi sembra che tu ti sia limitato a fare le seguenti cose:

        – se qualcuno dice che la scuola del passato era meglio di adesso, lo accusi di essere un classista reazionario antidemocratico che vuole che la cultura sia circoscritta a pochi privilegiati e che è contrario alla libertà e alle pari opportunità per tutti;

        – se se qualcuno dice che la scuola del passato era peggio di adesso, lo accusi di essere un demagogo sessantottino favorevole alle promozioni facili per tutti e allo sfascio della cultura, al crollo dei valori e alla puttanizzazione della società.

        Ma esprimere per una volta un’opinione tua, proprio mai?

        Lisa

        • Francesco scrive:

          stavo per risponderti ma poi ho riletto il mio post

          >> quello che si dice è che PRIMA la scuola era MIGLIORE di adesso

          e mi sono chiesto il perchè della tua domanda

          🙂

        • Peucezio scrive:

          Paniscus, quelli come Francesco hanno il problema di conciliare il loro conservatorismo e la loro adesione al cattolicesimo con lo spirito rivoluzionario e freneticamente iper-innovatore del liberal-capitalismo e di mettere d’accordo Robespierre e Luigi XVI, Voltaire e De Maistre, in una folle sintesi che solo l’abrogazione, insieme alla scolastica, del principio di non contraddizione, da parte della Chiesa post-vaticanosecondista, ormai convertitasi sulla via di Damasco alle magnifiche sorti e progressive dell’ideologia liberale e marxista, poteva concepire.

        • Francesco scrive:

          Signor Peucezio,

          non mi sopravvaluti. Non ho alcuna intenzione di integrare nei miei valori nè Robespierre nè Voltarie e neppure Luigi XVI.

          Personalmente ci ho messo alcuni decenni a capire cosa mai la Chiesa trovasse in comune tra liberali e marxisti e anche ora ritengo prenda fischi per fiaschi, comprenda male come mai l’Ancien Regime è finito e, al contrario di quello che Lei dice, finisca a sposare versioni infantili del tardo-marxismo.

          Rispetto alla Tradizione, non posso non partire da San Paolo “non conosco altro che Cristo”. Quindi, affetto e simpatia ma nessuna idolatria.

          Saluti

    • PinoMamet scrive:

      Vero verissimo, invece, Francesco

      vedi replica di cui sopra 😉

      insomma, se la “destra” tutti questi “Valori” li ha ancora… benissimo, perché qualche volta per sbaglio non ce ne fa vedere uno?
      Non dico mica tutti, eh, me ne basterebbe uno.

      Invece ho un’amica che ha insegnato in una scuola privata (dove, per il fatto che OSAVA dare agli studenti il voto che meritavano, passava ovviamente per la “comunista”; mica per la fascista, bada bene, come sarebbe stato ai nostri tempi) e la mentalità era proprio quella commerciale descritta da Lisa.

      • Moi scrive:

        Penso che in questi casi “Fascista” o “Comunista” significhi “Ch e NON ci lascia divertire senza rompere i maroni” … se poi l’ insegnante NON è anagraficamente un rudere, scatta la logica del “E’ ancora giovane ma ci odia perché alla nostra età era un/una secchione/a sfigato/a” …

      • Francesco scrive:

        Ho fatto le medie in una scuola privata. Fondata apposta da una cooperativa di genitori (cattolici) non felici dello stato della scuola pubblica del paesotto dove vivevo. E’ questa la destra?

        Uno dei principali problemi che ebbero queste persone (naturalmente lo scoprii dopo) era spiegare COSA era una scuola a genitori che pretendevano di decidere i voti dei figli “visto che pagavano”. E’ invece questa la destra?

        Grazie della vostra cortese risposta.

        • PinoMamet scrive:

          La destra, Francesco, sono tante cose; la destra saranno i cattolici infelici della scuola pubblica (poi bisogna anche capire il perchè) ma è anche l’arroganza dell’ “io pago”
          (la mia amica mi ha raccontato di atteggiamenti, tra studenti, professori e presidi, che avrebbero scatenato la mia viulenza 😉 per fortuna lei è paziente).
          Anche la sinistra, però, è tante ciose, non te lo dimenticare…

        • Francesco scrive:

          restiamo sulla destra: cosa hanno in comune i due atteggiamenti che ho descritto e tu accumuni?
          sono una forma di vita a base carbonio? respirano ossigeno? non votano PCI?
          un pò poco mi pare

          mentre di sinistre che mettono prima il diritto degli studenti a venire educati e istruiti e dopo quelli sindacali degli insegnanti non me ne vengono in mente

          ciao

        • PinoMamet scrive:

          ” mentre di sinistre che mettono prima il diritto degli studenti a venire educati e istruiti e dopo quelli sindacali degli insegnanti non me ne vengono in mente”

          Mmm
          forse conosci pochi insegnanti??

          Forse tu pensi a un insegnante di sinistra che ha fatto il ’68, non sa un cazzo della sua materia, e invece di preoccuparsi per l’andamento dei loro studi non faccia altro che aggirarsi nei corridoi, “manifesto” sotto il braccio, a organizzare il nuovo sciopero contro il blocco degli scatti di stipendio…

          ma Francesco, non voglio dire che questo tipo di persone (magari non così eccessive come le descrivo io) non siano esistite; anch’io ho conosciuta una professoressa più o meno del genere (non mia), a parte che però, pur non essendo una cima nella sua materia, dell’andamento degli studenti si interessava.

          però, appunto, ne ho conosciuta una sola, in anni di frequentazione scolastica (i miei studi e quelli dei vari studenti di lezioni private ecc.)

          Tutti gli altri insegnanti “di sinistra” che ho conosciuto mi sono sempre sembrati interessati soprattutto alla qualità dell’insegnamento.
          E anche molti che non erano affatto di sinistra, ma che, proprio per questo loro atteggiamento, passavano per esserlo!

          Per inciso, ho conosciuto anche professori di destra, anche molto di destra, molto rigorosi;
          per questo ti dico che esistono molte destre
          (due specie antropologiche molto diverse sono i colleghi “diplomificisti” della mia amica, e il vecchio prof. di filosofia ex ufficiale di marina che ci fece iscrivere tutti alla Lega Navale…)

          ma, ripeto, anche moltissime sinistre, e quella che hai in testa tu esiste soprattutto (o quasi esclusivamente) nella “polemistica” di certa destra privatistica.

        • paniscus scrive:

          “Forse tu pensi a un insegnante di sinistra che ha fatto il ’68, non sa un cazzo della sua materia, e invece di preoccuparsi per l’andamento dei loro studi non faccia altro che aggirarsi nei corridoi, “manifesto” sotto il braccio, a organizzare il nuovo sciopero contro il blocco degli scatti di stipendio…”

          ———–

          E in ogni caso, sessantotto o meno, non vedo cosa ci sia di male a preoccuparsi anche del proprio stipendio e a protestare contro blocchi e tagli ingiusti… e non vedo per quale motivo questo dovrebbe essere associato alla tendenza a “non sapere un cazzo della propria materia” o a non preoccuparsi dell’apprendimento degli studenti.

          Quella che si vorrebbe contrapporre alla figura dell’ “insegnante sessantottino”… è la figura dell’insegnante missionario, che lavora solo per vocazione sacrale, e che è completamente disinteressato allo stipendio e al riconoscimento professionale della propria attività?

          Andiamo bene…

          Lisa

        • PinoMamet scrive:

          Mah
          dovresti chiederlo a Francesco, mi sa..

          io ho abbastanza amici (soprattutto amiche, a dire il vero) insegnanti, e ho ricordati sufficientemente variegati
          (merito credo della scuola pubblica, che non scambierei con altre, buone o meno) per pensare che gli insegnanti siano esseri umani normali, con ampio spettro di idee politiche e maggiore o minore impegno in esse; che fanno scioperi per idee giuste e a volte anche qualcuna sbagliata; e che nella maggior parte, di quelli almeno conosciuti da me, amano il loro lavoro;
          che non significa essere dei missionari, ma tentare di svolgerlo nelle condizioni migliori per gli studenti, e per se stessi, naturalmente.

          Ma a qualcuno piace troppo l’idea del fancazzista cospiratore che “inculca le idee comuniste ai nostri figli”, e contro il quale i genitori “buoni” devono correre ai ripari creando una bella scuoletta su misura
          (cattolica, imprenditoriale, o quello che è)

        • Moi scrive:

          *** A proposito di insegnanti ***

          Io ricordo che alle superiori l’insegnante riconosciuta come la migliore in assoluto era già duplicemente benestante sia di famiglia sia di matrimonio, volendo avrebbe potuto fare la mantenuta, ma preferiva insegnare solo per passione … naturalmente 🙂 era odiata a morte dalla pletora di scalda-cattedre che volevano solo sistemarsi con un part-time da 18 ore a settimana per 9 mesi all’ anno in cui lavorare “se lo vuoi” anzicché “perché devi”. Gli stessi che quando c’era l’ OKKpuazione avevano sempre il sorrisone da orecchio a orecchio sapendo benissimo di venir pagati per figheggiare facendo i “Forèver Iàngh Forèver RèBBels” … sì insomma: i Cuggini 🙂 Poveri e Sfigatoni dei Radical Chic !

        • Moi scrive:

          I “migliori”, si fa per dire, dei soggetti di cui sopra erano quelli che iniziavano a lavorare a 30 anni dopo una laurea presa a 27 cazzeggiando e facendosi canne perlopiù … per poi andare in pensione a 45 anni tirandosela tanto da Schiavi Che Spezzano Le Loro Catene !

        • PinoMamet scrive:

          Ma ve li beccate tutti voi?
          No, fatemi sapere, perché io un insegnante pensionato a 45 anni non l’ho mai conosciuto, invece ne ricordo di stagionatini assai, che sarebbero andati in pensione volentieri…

          e, sempre avendo sott’occhio insegnanti attuali, e non sepolti nei ricordi, devo anche smentire- credetemi, a malincuore: sarebbe bello che un tale lavoro esistesse- il mito dei “tre mesi di vacanza pagati”.

        • Moi scrive:

          SE conti le OKKupazioni … altro che 3 i mesi di ferie, va be’, insegnanti che dovevano stare più o meno in classe o nel corridoio ma ricordo come (ci) raccontavano che alla loro età “Le Idee Che Avrebbero Cambiato il Mondo Iniziavano a Marciare sulle Gambe dei Milioni”, e via di AutoAgiografia 🙂 Mario Capanna Style !

        • PinoMamet scrive:

          Credo di essere un po’ più vecchio di te: non ho mai oKKupato niente!
          Mica solo io, eh? è che all’epoca non usava ancora, o pochissimo.

          Non so a Bologna, ma qua- contrariamente alla vulgata corrente, credo- le inutilissime oKKupazioni sono iniziate molto, molto, molto, molto dopo qualunque possibile influenza sessantottina degli insegnanti, e, a quanto ne so io, anche con il malumore di molti di loro. Compresi quelli di sinistra che ho la ventura di conoscere.

          Iniziate, mi sa, prima nei Licei fighetti del capoluogo, e naturalmente nell’Istituto d’Arte e Fatuità Applicata
          (non perchè è “d’arte”, ma perchè non la insegna!!).

          Una moda con la quale la mia generazione non ha mai avuto molto a che spartire, insomma. Forse a Bologna è diverso, ripeto.

        • Moi scrive:

          ” La Passione per la Libertà è più Forte di Ogni Autorità “…

          Comunque la mentalità e la cultura RadicalChic hanno segnato un incredibile cinismo narcisistico tale per cui pur di non far tornare l’ Odiato Silvio hanno ritenuto il male minore bombardare l’ Afghanistan … Franca Rame in particolare deve aver delirato qualcosa del tipo “Perdonatemi Piccoli Afghani se ho dato ik mio Voto Parlamentare per la Morte dal Cielo su di Voi … ma cercate di capire che sennò tornava Berlusconi, e che significherebbe Questo non potete capirlo ” … Va be’ che poi a parte Rossi e Turigliatto _ Accusati di Tradimento secondo modalità da Stalinismo per avere osato anteporre delle banali questioni planetarie alle Beghe Italiane 🙂 😉 _ lo pensarono tutti.

          ——

          Cmq tranquilla Compagna Franca, che i Bambini Afghani il Brillare Naturale dei Tuoi Occhi NON te lo scambieranno mai per pianto. 😉 🙂

          http://www.youtube.com/watch?v=wGpIn0AyiRY

        • Moi scrive:

          Confronta :

          01:43 – 01:54 circa

        • paniscus scrive:

          Io ricordo che alle superiori l’insegnante riconosciuta come la migliore in assoluto era già duplicemente benestante sia di famiglia sia di matrimonio, volendo avrebbe potuto fare la mantenuta, ma preferiva insegnare solo per passione … naturalmente 🙂 era odiata a morte dalla pletora di scalda-cattedre che volevano solo sistemarsi

          Ma quindi la conclusione quale sarebbe? Che dovrebbero insegnare solo quelli che non hanno alcun bisogno di lavorare per vivere e ai quali non importa niente di essere pagati, mentre quelli che insegnano per professione non vanno bene?

          Per quanto riguarda le cosiddette occupazioni, credo di aver detto abbondantemente come la penso.

          E ci mancherebbe pure che gli insegnanti non dovessero essere nemmeno pagati, in quei giorni, visto che (oltre a dover sottostare a una sceneggiata tanto umiliante e tanto inutile) sono comunque tenuti a fare l’orario pieno e a fare regolarmente LEZIONE a quelli che non partecipano alla manifestazione ed entrano in classe, che ci sono sempre, e che sono sempre di più, visto che il rituale, grazie al cielo, sta passando di moda.

          Lisa

        • Moi scrive:

          Sta di fatto che la possibilità di essere pagati senza lavorare è un privilegio ipso facto, inoltre se devono educare non c’è nulla di più diseducativo che, con il proprio esempio, lasciarsi mettere i piedi intesta da ragazzini che pur di perdere giornate di lezione saluterebbero con favore persino la Terza Guerra Mondiale 🙂 così che si può perdere la giornata di scuola gridando “PA-CE ! x tot volte.

          Lisa, diciamola tutta: “andare in piazza” è il famoso “Sciopero degli Studenti”, che poi in realtà, NON essendo gli studenti “Categoria Produttiva” si chiama “Fughino di Massa Organizzato”, e se gli studenti mancano tutti l’ insegnante viene pagato ugualmente, perciò dimenticavo di aggiungere alle ferie degli insegnanti gli Scioperi Studenteschi … che poi si risolvono dopo pochi minuti a fare “le vasche” in centro o _incredibilie sed verum dictu_ da qualche anno c’è la moda delle scolaresche che fanno fughino di massa per andare alle terme: con Castel SanPietro molto gettonata da Bologna a Ravenna e Castrocaro molto gettonata da Forlì e da Rimini. Ai miei tempi, che c’ erano ancora le sale-giochi in luogo della playstation, una gestore di sala giochi fu denunciato perché affisse in tutta la città un manifestino in cui prafrasava Marx nel modo più consono in assoluto alle circostanze: “Fughinari di Tutta Bologna Unitevi !” [sic]] in cui promoetteva lo sconto mattutino in settimana sui gettoni dei videogiochi !

          L’ Okkupazione invece era una specie di campeggio interno alla scuola, con tanto di cucina da campo e sacchi a pelo in classe. Qualcuno ogni tanto provava ad attaccare con qualche canzone africana da parrocchia di quelle importate dai Comboniani e sputtanate dai CLini del tipo “Adele cikebomba uassa uassa uassa” _o quel che l’ è_ ma veniva subito stroncato, specie se si poteva schitarrare Bob Dylan … e qui per i Profs d’Inglese far cantare “Blowing in The Wind” figheggiando ForèverIàngh & Forèver RèBBels” diveniva tenere lezione a tutti gli effetti.

        • Moi scrive:

          Quel che oggi si sottovaluta è che quanto sopra sputtana anche il mondo del lavoro:

          Scioperi sempre di Venerdì, come prolunghe anticipate di weekend o i Lunedì del “Dopo Ponte” come prolunghe posticipate del “ponte” stesso. Piazze con ben poca gente, visto che moltissimi ne approfittano appunto per prolungare le villeggiature oppure per andare a fare cose, tipo la spesa, che altrimenti dovrebbero fare ai giorni e orari soliti, trovando il pienone. 🙂

          Il peggio è che ognitanto qualche RadicalChic “cade dalle nubi” con “Io non capisco pe’vché gli Italiani vanno semp’ve in fe’vie o fa’v la spesa tutti negli stessi gio’vni e alle stesse o’ve !” …

          Silvio di ‘ste gaffe non ne fa ! … Al massimo si comporta e dice quel che farebbe qualcuno del Popolo così com’è e non (!) come i RadicalChic vorrebbero che fosse. Probabilmente il vero motivo per cui i Radical Chic lo odiano è che Egli è il più straordinario e sommo esempio della Hybris (concetto pagano di gran lunga, secondo me, più affascinante di “Peccato” nei Monoteismi) di cosa succede a voler cambiare una società di molti secoli “avanti” nel giro di pochi anni.

        • paniscus scrive:

          Moi, insisto: evita di pontificare a sproposito su argomenti che evidentemente non conosci, perché ci stai facendo una figura realmente scarsa, di fronte a chi quella realtà la vive davvero, e sa di cosa si sta parlando.

          Lisa

        • paniscus scrive:

          Ah, aggiungo: fermo restando che ultimamente di scioperi non ne faccio quasi mai, perché ritengo che non servano a niente…

          …ma mi sono sempre chiesta cosa mai dovrebbe guadagnarci un insegnante (nella fantasia dei detrattori) a fare sciopero di venerdì, per “allungarsi un week end” inesistente, visto che, alle medie e alle superiori, la maggior parte degli insegnanti lavora di sabato, e quel giorno ha pure l’orario più pesante della settimana. Personalmente, in 12 anni di insegnamento, il sabato libero l’ho avuto per un anno solo.

          Quanto alle assenze di massa, che praticamente non esistono più (ossia, qualcuno che entra in classe c’è sempre), non mi risulta che il “privilegio” di essere pagati lo stesso sia un’esclusiva degli insegnanti.

          Ti risulta, che so, che se per un giorno in un negozio non arriva nessun cliente, una commessa o cassiera regolarmente assunta non venga pagata?

          Lisa

    • Peucezio scrive:

      Qui però bisogna che ci mettiamo d’accordo.
      Uno degli argomenti a difesa del ’68 è il “prima in fondo si stava peggio, non c’è molto da essere nostalgici dell’Italietta degli anni ’50” ecc.
      Però poi ci si dice che l’Italia di oggi non è il prodotto del ’68, che è colpa del capitale, di mille altre cose, che il ’68 è nato e si è concluso in un breve lasso di tempo, che in fondo ha perso…
      Insomma, come la mettiamo?
      Io, se non s’era capito, sono convinto che negli anni ’50 si stesse incommensurabilmente meglio, perché non c’erano più l’indigenza, le pestilenze, la mortalità infantile, i soprusi più efferati e nello stesso tempo non si era ancora stati travolti dal consumismo di massa e dalla sovversione totale dei valori a tutti i livelli sociali.
      Ma coloro che, non dico difendono, ma assolvono o minimizzano il ’68 cosa pensano?
      L’Italia di oggi è o non è il prodotto del ’68? Ed è migliore o peggiore di quella pre-sessantottina?

  28. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “ti sbagli

    l’alfabetizzato mediano (ne sono praticamente certo) ha fatto malamente un liceo (purtroppo, abbiamo disperato bisogno di diplomati tecnici)”

    Basterebbe controllare le statistiche. La maggior parte delle persone che abitano nel mio quartiere non hanno fatto né un liceo, né una facoltà umanistica. Poi magari nella cerchia degli amici tuoi, è diverso.

    • Francesco scrive:

      i miei amici sono ingegneri o avvocati – molti

      ma non sono l’Italia

      però se trovi un Diplomato Tecnico ti faccio il regalo per Natale!

      • paniscus scrive:

        Adesso non ho dati alla mano, ma per quanto mi risulta, tra la popolazione complessiva dei ragazzi che vanno alle superiori in questo momento, gli iscritti ai tecnici e ai professionali sono in numero confrontabile. Ma questa è una novità brusca e recentissima, che riguarda solo gli ultimi cinque anni, o al massimo dieci. Se si fa una media dei diplomati italiani su tutte le fasce di età , il numero di diplomati tecnici e professionali supera di gran lunga quello di chi ha fatto il liceo.

        E’ piuttosto ingenuo pensare che, siccome tu frequenti solo gente che ha fatto il liceo, allora questo debba rispecchiare tutta la società…

        Lisa

        • Moi scrive:

          Be’, in effetti anch’io ricordo la retorica del :

          “Con la cultura si fa i fighetti nei salotti ad averci il giro … ma se il giro non ce l’ hai, nessuno ti prende a lavorare perché non sai fare un cazzo !”

        • PinoMamet scrive:

          Vivendo in una piccola città, il dislivello numerico tra iscritti ai licei(pochini) e iscritti agli istituti tecnici/professionali(tutti gli altri) mi è sempre apparso evidente;
          scuso Francesco perché è milanese e magari il paragone in una grande città non è così immediato per lui;

          ma questa faccenda dell’Italia invasa da ex liceali va davvero ridimensionata.

          PS
          Sì, all’interno delle Lettere moderne e affini (le classiche e affini sono troppo piccole e troppo secchionesche) si trovano ampie sezioni di fuffologia applicata, dove però abbondano non gli ex liceali, ma i diplomati tecnico/professionali con la fissa dell’arte e delle lettere.

          Il fenomeno, nomi a parte, non è nuovo, e già Benedetto Marcello nel Settecento, nel suo “Teatro alla Moda”, ironizzava così:

          ” In primo luogo non dovrà il Poeta moderno aver letti, né legger mai gli Autori antichi Latini o Greci. Imperciocché nemeno gli antichi Greci o Latini hanno mai letti i moderni.
          Non dovrà similmente professare cognizione veruna del Metro e Verso Italiano, toltane qualche superficiale notizia che il Verso si formi di sette o d’undici sillabe, con la quale Regola potrà poi comporne a capriccio di tre, di cinque, di nove, di tredici, e di quindici ancora.
          Dirà bensì di aver corsi gli studi tutti di Matematica, di Pittura, di Chimica, di Medicina, di Legge, etc. protestando che finalmente il Genio l’ha condotto con violenza alla Poesia, non intendendo però il vario modo di ben accentare, rimare, etc. etc., non li Termini Poetici, non le Favole, non l’Istorie, ma introducendo anzi nell’Opere sue per lo più qualche termine delle Scienze sopracennate, o d’altre, che non abbiano punto che fare con la poetica Istituzione.”

          fenomeno ben evidente in alcuni scrittori attuali (abbondantissimo poi tra gli auto-pubblicati) e assolutamente maggioritario tra i blogger di velleità letterarie 😉

        • Francesco scrive:

          Se è come dici, e non ho motivo di dubitarne, non mi spiego l’alto tasso disoccupazione giovanile accoppiato a ampie carenze di manodopera proprio nei settori di sbocco dei diplomati tecnici e professionali.

          Sono tutti ai corsi di scienze politiche e comunicazione sociale? Basterebbe rendere praticamente impossibile l’iscrizione all’università per chi non ha fatto i licei? o meglio portare le tasse universitarie al livello dei costi, eliminando in radice la piaga dei perditempo? almeno abolire il valore legale del titolo di studio, uccidendo il mito del “pezzo di carta come lasciapassare per una vita migliore”?

          Che io SAPPIA, gli istituti tecnici per periti meccanici sono vuoti, e nel cuore delle zone manitturiere. Tutti sciampisti?

        • Sull’andamento recente c’è da ricordare un particolare.
          La riforma Moratti aveva scatenato il panico tra l’utenza degli istituti tecnici, che sembravano stare per essere aboliti. Mi ricordo che tutti i miei compagni che in terza media avevano ricevuto nel famoso “consiglio orientativo” il suggerimento “scuola a medio termine” (cioè il tecnico) sono andati al liceo con solo un paio di eccezioni.
          E’ successo, quindi, che i licei sono stati inondati di gente che fino a qualche anno prima sarebbe andata agli ist. tecnici, con conseguente calo di livello, mentre i tecnici sono stati privati dei propri potenziali iscritti migliori, con un simile calo del livello degli studenti.
          Poi questa situazione si è stabilizzata.
          In questo caso un ministro (di quelli antisessantottini, che si riempivano la bocca di parole come “merito”, “innovazione” e “selezione”) ha dato sicuramente una mano allo sfascio della scuola.

        • paniscus scrive:

          Aggiungiamoci anche che a dare il colpo di grazia all’istruzione tecnica è stata la famigerata riforma universitaria dei tre-anni-più-due, incidentalmente varata sotto un governo di centrosinistra, ma di fatto preparata già da diversi anni con pienissimo assenso di tutte le parti politiche di qualsiasi colore.

          Anzi, il fatto che sia stata varata sotto un governo di centrosinistra conferma proprio che fossero d’accordo tutti, e che abbiano deliberatamente lasciato fare il lavoro sporco a chi correva meno rischi di essere contestato in massa… perché se la stessa cosa l’avesse fatta la destra, si sarebbe trovata nelle piazze i milioni di manifestanti inferociti con scontri durissimi 🙂

          Dicevo, la riforma del tre più due: di fatto, la maggior parte delle competenze tradizionalmente acquisite in un corso di istituto tecnico, è stata trasferita di peso all’università, sotto forma di “laurea breve” nelle facoltà che apparentemente continuano a portare le stesse intestazioni tradizionali. Per cui, se uno vuole fare quello che 40 anni fa faceva un geometra, può benissimo fare un vago liceo fuffologico in cui impara poco o nulla, e poi fare tre anni di laurea breve in ingegneria civile o in architettura, conquistandosi il diritto a “farsi chiamare” ingegnere o architetto, ma avendo di fatto la preparazione di un geometra (anzi, DI MENO, perché ha cominciato ad acquisirla da zero in età già adulta).

          Per cui, magari, uno dei motivi dello svuotamento degli istituti tecnici è proprio questo: l’idea che “tanto oggi per fare il perito tecnico ci voglia comunque la laurea” e che con un diploma di geometra o di perito meccanico “non ti assume più nessuno”, perché il mondo è pieno di gente che fa le stesse cose con curriculum apparentemente migliore…

          Lisa

  29. Miguel Martinez scrive:

    Per Maria

    “Ma ormai il ’68 ,come i comunisti , si cita in continuazione e quasi sempre a sproposito accusandolo di tutte le possibili nefandezze, come se prima la scuola fosse stata il migliore dei mondi possibile e come se le stragi degli esseri umani fossero cominciate con la rivoluzione del 1917!”

    Infatti, la strage è cominciata nel 1914, che sono appena tre anni prima, ma ha come responsabili una serie di dignitosissimi signori più o meno liberali, il massimo della democrazia concepibile all’epoca.

  30. Miguel Martinez scrive:

    Per quanto riguarda il Sessantotto (seguendo Costanzo Preve, ’68 è un anno, Sessantotto è il noto moto avvenuto in quell’anno)…

    la prima cosa che noto è che nemmeno su questo particolare forum, dove la percentuale di presunti “estremisti di sinistra” dovrebbe essere parecchio alta, c’è qualcuno che difenda il Sessantotto.

    E questo dovrebbe far riflettere sulla sua importanza.

    Comunque, nella mia esperienza degli anni successivi – il Sessantotto ha visto un incontro tra

    1) poche menti straordinarie, gente di enorme capacità di riflessione, capace di sconvolgere la banalità della scuola

    2) una massa di pecore urlanti e belanti, numerosa ma sempre minoritaria, alla ricerca di divertimenti e capri espiatori

    3) con attorno, la grande massa degli studenti “normali” che guardavano male sia 1) che 2), e cercavano di cavarsela come potevano.

    Comunque, è tutto finito dieci anni dopo. Che non sono pochi, hanno segnato la vita di una buona minoranza delle persone che si sono formate in quegli anni.

    Ma non mi sembra che abbia fatto la storia – è la storia che ha fatto lei.

    • Peucezio scrive:

      Miguel, forse si tratta di capire di cosa parliamo esattamente.
      Esiste un ’68 (o Sessantotto) come momento storico individuato ed esiste un Sessantotto, non dico come categoria sovrastorica sube specie aeternitatis, altrimenti finiremmo per fare della metafisica, ma quantomeno sui tempi lunghi, come fenomeno di ampio respiro.
      Si può anche sostenere che l’Illuminismo, il liberalismo, la Rivoluzione Industriale, Americana, Francese siano stati episodi circoscritti, che si capiscono solo nel loro contesto, che esauriscono i loro effetti in breve tempo. E non è che un approccio di questo genere sia sbagliato. Solo che è parziale. Ci può far capire meglio alcuni dettagli circa gli episodi sopraccitati, ma non ci fa capire affatto la storia successiva.
      E’ anche vero che il ’68, come la Rivoluzione Francese, sono prima ancora conseguenze che cause. D’altronde bisogna pur mettere etichette e date alla storia e individuare dei punti di svolta.
      Ho l’impressione a volte, quando tu parli di capitalismo, di consumismo, di sessantotto, di destra e sinistra o di quant’altro, che tu concepisca la storia (sto schematizzando enormemente facendoti ingiustizia) come un agente cieco al di sopra del mondo e degli uomini, dal quale essi sono agiti passivamente e il quale a sua volta non è ben chiaro da chi sia agito, se non alle Moire del destino.
      Io convengo che l’individuo non ha un grande peso, che è figlio del suo tempo ecc., però credo comunque che l’istanza ultima è degli uomini, che non possiamo respingere le nostre responsabilità in un altrove indefinito che ci trascende e che, stringi stringi, per quanto in modo indiretto e con dinamiche e interazioni complesse, la storia è comunque il prodotto di un insieme di volontà.

  31. Moi scrive:

    —- CIRCA IL 1968 -1977 —-

    Per me il prodotto più genuino di quel periodo, quello che meglio spiega tutti gli altri è … il “Forèveriàngh*”, forse la versione post-proletaria del Dandy ?

    Sì, insomma … il coetaneo di Vasco Rossi che non si è mai perso un suo concerto e che, se vuoi davvero offenderlo profondamente, devi dargli del “Lei”. E infatti, sarò un po’ Avvocato del Diavolo :-), ma credo che spesso agli extracomunitari venga dato del “Tu” in primis perché non di rado sono anagraficamente giovani, semplicemente !

    E allora Silvio Berlusconi, colui che 3 anni dopo il 1977 “sdoganerà” l’ Eterna Ricreazione da Scuola Sessantottina 🙂 😉 come filosofia di vita, diventa l’ AntiEroe dei Nostri Giorni …

    _____

    * “Forever Young” , Alphaville 1984

    http://www.youtube.com/watch?v=f2B-TESYk2s

    … mi sa che ha ragione Pino con la sua congettura dell’ “Anima Humana Naturaliter Pagana”.

  32. Moi scrive:

    Se nella scuola non c’è una Autorità che livella ed eguaglia e giudica (e boccia), io che ho fatto i soldi comando anche lì. poi molti pretendono (e nel caso menano l’insegnante) anche a prescindere dai soldi.

    FRANCESCO

    _______

    Sì, sì, sì … MA PERO’ 😉 🙂 forse non ti rendi conto di aver appena fornito un efficacissimo identikit del Maestro Perboni di DeAmicis, e la Scuola Pubblica Fascista non fece che aggiungere sé stessa ad Accompagnamento Fracassone della stessa Musica* Massonica … e come ben saprai, Messori è stato assolutamente chiaro:

    la Scuola LibroCuoresca era una specie di AntiChiesa Massonica, con i Padri della Patria in luogo dei Padri della Chiesa, il Tricolore in luogo del Crocifisso e via cantando … la domanda, a tal punto diventa:

    “Ma Voi Cattolici, vi lagnate dei Persecutori di Oggi rimpiangendo i Persecutori di Ieri ?!”

    PS

    In parte, o Francesco, dici bene : esiste purtroppo effettivamente una roba che Don Camillo chiamava senza esitazione “Peccato Originale” ; e che Peppone non riusciva a spiegarsi, autoconsolandosi tuttavia dicendo che … se il Partito consentisse i comizi in dialetto, la Politica riuscirebbe a capirlo meglio della Religione.

    ___
    * “Musica” nel senso di “andazzo” è un Emilianismo usato a suo tempo anche da Prodi.

    • Francesco scrive:

      Provenendo da una millenaria civiltà cristiana, anche i nemici della Fede hanno scimmiottato le idee e le istituzioni che volevano combattere.

      Come archetipo, penso alla Dea Ragione delle fasi inziali della rivoluzione francese.

      Ma anche i fiori più belli, staccati dal fusto, seccano e marciscono.

      La scuola “laica” nasce sulla falsariga di quella delle società cristiane, impartendo però insegnamenti diversi. Che in tempo non troppo lungo ne hanno disintegrato le premesse, come si vede nei nuovi modelli di insegnati e di studenti. Degni dei contenuti da insegnare/apprendere, peraltro.

      Il mio identikit è quello della scuola tout court, che non può esistere nel deserto post-68. Questi hanno sganciato un’atomica al suolo e si lamentano perchè non cresce più l’erba!

      Ciao

      • Moi scrive:

        @ FRANCESCO

        Provenendo da una Millenaria Civiltà Pagana :-), anche gli Amici 🙂 della Fede hanno scimmiottato le idee e le Istituzioni che volevano combattere.

        Come archetipo, penso al “Diavolo Classico” del Cristianesimo, preso talquale dal Pan Greco … ma di esempi analoghi ve ne sono a non finire.

        Questo NON per negare ciò che dici, solo per ridimensionarlo storicamente.

        Dài Francesco, sei oggettivo come quegli Apologeti Integralisti dell’ Islam (ai quali molto spesso danno man forte i FiloIslamici In Odium Occidenti !) che fanno derivare, ad esempio, il Latino “Denarium” dall’ Arabo “Al-Dinar” … finché NON salta fuori una Macchina del Tempo costruita durante l’ Egira, 🙂 😉 non (!) passa !

        • Moi scrive:

          Fra l’ altro, i FiloIslamici in Odium Occidenti non di rado hanno persino più “scoop” 🙂 degli Apologeti dell’ Islam stessi sullo Splendor del Califfato … poi però dimostrano talvolta una conoscenza approssimativa della loro stessa Storia d’Occidente, perpetrando bufale dimostrate del tipo:

          Per la Chiesa le donne non avevano l’ anima (in realtà fu una disputa su fino a che in Latino “homo” indicasse sia “vir” che “femina” per tradurre “iss” e “issa” dall’ Ebraico)

          Prima di Cristoforo Colombo l’ Occidente [e solo esso !]credeva che la Terra fosse piatta e che dopo lo Stretto di Gibilterra si cascasse nel vuoto. (E il Calcolo di Eratostene su forma nonché dimensioni della Terra ?)

          La Chiesa Cattolica contestava a Galilei che le sue teorie contraddicessero la caduta dei gravi nella Bibbia e il Geocentrismo contraddiceva la Bibbia. (Questo può essere vero, ma la Chiesa Cattolica _ con buona, anzi cattiva, pace dell’ Anticlericalismo di Ultima Generazione, “formatosi” 🙂 su MTV_ non è una Confraternita di Padri Pellegrini USA … il motivo per il quale Galilei rischiò il rogo fu ben altro : avanzare pretese teologiche su quel che le sue scoperte implicavano)

        • PinoMamet scrive:

          ” Provenendo da una Millenaria Civiltà Pagana :-)”

          Viva Moi!!
          Mi ricordi un amico di tendenza UAARista (ho amici di tutti i tipi 😉 ) che oggi scrive sul noto social network
          “Buon Sol Invictus a tutti!”
          🙂

        • Ritvan scrive:

          —Prima di Cristoforo Colombo l’ Occidente [e solo esso !]credeva che la Terra fosse piatta e che dopo lo Stretto di Gibilterra si cascasse nel vuoto…Moi—

          Non è così…sì, magari il bifolco analfabeta lo credeva ma la gente istruita sapeva benissimo la verità ben prima di Colombo. Leggi qui:
          http://it.wikipedia.org/wiki/Terra_piatta#Il_Medioevo

        • Moi scrive:

          @ RITVAN

          Se rileggi bene vedrai che lo so anch’io, ma è il solito discorso: vi è gente _ da tutte le bande_ che subordina l’Amor di Verità al dare addosso al proprio Nemico Preferito …

        • L’unico autore “medievale” che sostenne la terra discolare fu Cosma l’Indicopleuste, che però era bizantino e quindi non influì in pensiero occidentale. Però lo citano, con la sua opera Geografia Cristiana, tutti quelli che vogliono irridere l’Età di Mezzo.

        • Moi scrive:

          @MAURICIUS/TUTTI

          Età ” di mezzo ” … fra cosa e cos’altro ?

          Tra il Paganesimo e la sua riscoperta in Occidente ! 😉

        • @Moi
          In che sito ateo o neopagano (i neopagani riciclano in massa gli argomenti degli atei, però) l’hai trovato?
          Io sapevo che l’Impero Romano si cristianizzò ben prima del 476 (anno in cui l’invio di qualche insegna militare per posta da Ravenna a Costantinopoli fece iniziare il Medioevo) e che dopo il 1492 iniziarono le guerre di religione (tra confessioni del cristianesimo) in Europa…
          Dove sarebbero i pagani?

        • PinoMamet scrive:

          Mmm per me il Medioevo è sempre cominciato dopo Romolo Augustolo, ufficialmente, quindi il suo inizio non è legato all’adozione del Cristianesimo come religione imperiale (assai precedente), e neppure all’adesionea esso della maggioranza degli abitanti (assai successiva! se si esclude l’Egitto, certe aree orientali o africane…)

  33. Francesco scrive:

    Oh, a proposito di cose importanti, Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti!

  34. mirkhond scrive:

    Leggendo le riflessioni di Francesco, Pino, Moi e Peucezio, diviene difficile esprimere un parere in bianco e nero, tenendo conto della problematicità delle vicende umane, come giustamente dice Miguel Martinez, rispondendo a chi lo accusa di non prendere posizioni nette su questo e quello.
    Riguardo al pre e post ’68, il mio pensiero continua ad essere sostanzialmente negativo su quella che, per racconti familiari e riflessioni personali, non è stata altro che una rivoluzione di ricchi snob fighetti che giocavano a fare i rivoluzionari coi soldi e le spalle coperte da papà, una rivoluzione in cui assieme all’acqua sporca si è gettato anche il bambino….
    Però nemmeno il pre ’68 era tutto bello, nel senso di come possa immaginarsi il “bello”, chi è nato DOPO il suddetto ’68, e che, volente o nolente da quella rivoluzione culturale ne è stato e ne è comunque influenzato.
    Il figlio del benessere, della città tecnologica, della televisione spazzatura e non, che mangia tutti i giorni e più volte al giorno, che vive in case riscaldate e con l’acqua corrente, quando ascoltava i racconti dell’infanzia di genitori,nonni e zii, non ne ricavava affatto un’immagine idilliaca, ma quella di un duro mondo, un mondo pieno di rancore soprattutto verso i genitori, verso la severità dei genitori, a volte, purtroppo, anche quella di terribili matriarche madri e nonne, che di materno avevano solo i genitali e le generalità anagrafiche…
    Se poi il figlio della città moderna e tecnologica postsessantottina, legge diari di persone vissute in epoche ancora più remote di quelle narrategli da chi ha conosciuto di persona, vedasi il diario del reduce e prigioniero di guerra borbonico, Giuseppe Conforti di Palermiti in Calabria, nato nel 1836, e soldato di leva nel 1856-1860 per la sua patria, e poi prigioniero-coscritto del nuovo ordine sabaudo nel 1861-1863; se leggiamo, dicevo il diario del buon Conforti, falegname “prestato” alla vita militare, la prima cosa che appare è la SOLITUDINE di quest’uomo, dovuta al CATTIVO RAPPORTO con la famiglia, di cui non fa che lamentarsi e parlare di continue litigate, e infine denunciando l’abbandono da parte di costoro, sia prima, che durante la sua prigionia a Pizzo Calabro per essersi rifiutato di aderire spontaneamente al nuovo ordine sabaudo-liberale. Non parliamo poi dei tormentatissimi rapporti col fratello SACERDOTE e filo-sabaudo, con cui erano LITIGATE CONTINUE.
    Questa chicca, giusto per rinfrescare a noi stessi la memoria, quando nell’abisso di infelicità, siamo tentati d pensare che prima era tutto bello….

  35. mirkhond scrive:

    Sempre sullo stesso argomento, qualche giorno fa sul tubo, ho visto un video sul Baltistan, e la sua popolazione i Balti, un interessante mix di indoeuropei dardici e tibetani, e tibetanofoni per lingua, pur avendo molti di essi fattezze europoidi e armenoidi.
    Questo interessante popolo, la cui storia più remota ci è pressochè sconosciuta (intorno al X secolo divennero buddisti, per poi passare all’Islam, prevalentemente shiita, imamita e ismaelita, tra XIV e XVI secolo; secondo alcuni con la conquista dell’avventuriero egiziano Ibrahim Shah, secondo altri grazie a mercanti e sufi di Bukhara, Kasghar e dell’Iran in genere).
    Questo popolo dicevo, mi ha sempre dato l’impressione di quiete agreste, di gente senza peccato, o comunque vivente inun mondo di perdonati e riconciliati con Dio, insomma di un’Eden tibetano, complice anche il suo emblema, quello Swastika che secondo l’archeologo inglese David Rohl, rappresenterebbe nientemeno che la stilizzazione del mitico Giardino Primordiale!
    Detto questo, nell’osservare quei volti di contadini e pastori, di gente che porta sul viso i segni della fatica legata all’economia primaria, e ascoltandone i discorsi (grazie a provvidenziali sottotitoli in Spagnolo), sento di desideri di far studiare figli e figlie, di avere medici e anche notai (se non ho capito male), che il ruolo della donna deve cambiare, ecc. ecc. e questo dalla bocca di un’anziana contadina.
    Però notavo anche la SERENITA’ di quei volti di faticatori e faticatrici, il sorriso bonario dell’anziana matriarca, circondata da nipotini colmati di amore, e così dai volti degli altri familiari e abitanti del villaggio, volti di fatica, ma volti sereni….
    Bello poi il momento della raccolta delle albicocche, a cui partecipano tutti, grandi e piccini…
    Ripenso spesso a quelle immagini e alle parole della vecchia contadina baltistana shiita, e constato che noi, quello che quella donna chiede per la sua gente, ce l’abbiamo in abbondanza (per quanto ancora?), ma NON siamo felici, e mi tornano le parole di Madre Teresa sulla solitudine dell’uomo moderno….
    Insomma la vita umana ieri come oggi, è contraddittoria e davvero problematica, per cui diventa davvero difficile tracciare una linea netta tra bianco e nero, tra bello e brutto, qualunque cosa noi consideriamo bello o brutto, se il passato pretecnologico, preilluministico e presessantottino o il contrario….

      • mirkhond scrive:

        Interessante, anche se nella sostanza, si retrodata la diffusione del Buddismo sul Karakorum se non all’epoca di Ashoka (274-232 a.C.), che non è affatto improbabile, almeno al V secolo dopo Cristo.
        Tuttavia, questo studio, NON ci dice quale religione seguissero i Balti e i loro contigui (e altrettanto misteriosi e affascinanti) Hunza.
        ciao

        • mirkhond scrive:

          errata corrige: quale religione seguissero i Balti PRIMA della loro conversione al Buddismo (e per gli Hunza non sappiamo tout court in cosa credessero PRIMA di diventare musulmani ismaeliti).

    • Peucezio scrive:

      Non dobbiamo cadere nell’errore di attribuire eccessivo peso alle parole. Persone come quelle parlano molto più con la faccia che con le parole. Se parli con un miliardario, ti dirà sempre che vorrebbe qualche miliardo in più, se parli con un povero, ovviamente ti dirà che vorrebbe più soldi, se parli con la persona più serena di questo mondo, ti dirà che gli si è rotta una gamba di una sedia e che desidera cambiarla o che un figlio ha il raffreddore e sarebbe bello se non ce l’avesse.
      Resta il fatto che se codesti Balti facessero studiare i figli e le figlie, avessero medici e notai e cambiasse fra loro il ruolo della donna (che è una pura etichetta ideologica, perché nelle società evolute occidentali le donne non contano affatto più che in quelle tradizionali), la loro vita diventerebbe una merda.
      D’altronde sono poche nel mondo le persone che sanno davvero ciò di cui hanno bisogno ed è raro il caso di colui che diventerebbe davvero più felice se ottenesse ciò che desidera.

      • Roberto scrive:

        Prova chiedere ad un balti se gli piacerebbe avere un medico quando ha un figlio che si torce dal dolore per una banalissima appendicite

      • “nelle società evolute occidentali le donne non contano affatto più che in quelle tradizionali”
        Non mi pare che mia madre sia segregata in casa costretta a sottostare a tutti i capricci di mio padre.

        “Resta il fatto che se codesti Balti facessero studiare i figli e le figlie […] la loro vita diventerebbe una merda.”
        Credo che questa riflessione sia un monumento all’Occidente che da qualche secolo a questa parte è diventato insopportabilmente frignone: abituati a volere sempre di più e a non accontentarci di niente, ci siamo scordati l’insegnamento di Epicuro e, in una frenetica corsa edonistica antiepicurea, cerchiamo un benessere maggiore ovunque possiamo. Quando poi abbiamo sempre di più, ma ci accorgiamo di essere incontentabili, allora ci guardiamo attorno cominciando ad invidiare tutti gli altri, perché noi poveri occidentali siamo la gente più sfortunata del mondo.
        Come diceva quel personaggio di Candido, ciascuno crede di essere l’essere più sventurato del mondo…

        • Peucezio scrive:

          Eppure le persone oggi anziane hanno un bel ricordo della loro infanzia e gioventù. Lo stesso non si può dire di quelli nati all’inizio del ‘900, che ricordano la condizione d’indigenza e di sfruttamento.
          Io francamente non ho ‘sto gran ricordo della mia infanzia (negli anni ’70 e primi ’80): la considero una fase inutile della mia vita: se fossi nato già adulto non avrei perso quasi nulla.
          Questo significa che l’Italia degli anni ’50 (ma anche ’30), ancora prevalentemente rurale e in larga parte pre-industriale, ma in cui non si moriva più di fame, era un’Italia relativamente serena, mentre prima e dopo si è stati peggio. Questo non significa che c’è stata una sorta di breve Età dell’Oro, ma semplicemente che non esiste un’alternativa duale e assoluta fra il modello consumista di matrice anglosassone del capitalismo avanzato e le condizioni di miseria, denutrizione ecc. e che una visione lineare della storia, basata su una progressione unidirezionale, univoca e inevitabile è sbagliata, perché la storia dell’uomo è fatta continuamente di bivi e di scelte, non di passaggi obbligati attraverso una serie di tappe poste in una successione immodificabile.

        • Peucezio scrive:

          Aggiungo che io non sono occidentale, ma mi ritengo semmai un italiano, un greco-romano e mediterraneo, occupato dall’Occidente (cioè dai barbari), che è un’entità straniera ed ostile.
          Quindi non è che io critico l’Occidente per il solito complesso d’inferiorità e del senso di colpa, ma per il motivo opposto. Perché chi si sente occidentale, come chi si sente europeo, è in realtà un traditore della sua identità, perché si rifà a un’identità comune inesistente (che cosa accomuna latini, germani, slavi, cattolici, protestanti, ortodossi ecc.? la “razza bianca” forse? Nemmeno De Gobineau avrebbe pensato una scempiaggine simile) e in nome di questa annulla quella reale e storica.

  36. mirkhond scrive:

    Sono sostanzialmente d’accordo con te. Quelle facce mi dicono cose diverse dalle loro parole.
    Però, ripeto non tutte le persone, le famiglie, le società preindustriali avevano tale serenità, e racconti familiari e romanzi come quelli di Verga, ti parlano di un familismo cattivo, disgregato, di terribili virago, incapaci di amare persino i PROPRI figli, e da cui è meglio sfuggire…

  37. mirkhond scrive:

    Insomma, ci sono società tradizionali in cui non avrei mai voluto vivere, tipo la Sicilia di Verga e quella di parte dei miei antenati…..

    • Peucezio scrive:

      Sì, bisogna distinguere in effetti.
      Ma non più che alle creazioni letterarie, che sono pur sempre proiezioni di borghesi, per quato realiste possono essere, guarderei al problema dell’indigenza, dello sfruttamento, delle malattie, che sono tutti elementi indotti da élites violente e non sono mai elementi endogeni alle società tradizionali, che in origine sono società agricole statiche, pacifiche e sostanzialmente paritarie.

      • Francesco scrive:

        Ehm, statiche più o meno.

        Pacifiche non mi pare, anche se molte guerre gli venivano da fuori, ma gli agricoltori greci o romani non erano molto pacifici. Idem i nostri antenati europei, presi a guerreggiare per gran parte della loro storia.

        Ma soprattutto non paritarie, a meno che tu non intenda dire che erano tutti contadini sotto bastone, tolti pochi capi. E escludendo le civiltà tradizionali schiavistiche.

        Ciao

        • PinoMamet scrive:

          MM

          mi sembra che tu Francesco (viziaccio cattolico 😉 ) parta dal Medioevo, come se il mondo partisse da lì 😉

          Infatti distingui tra “contadini greci e romani” e “nostri antenati europei”, una distinzione che per me, francamente (anzi… latinamente 😉 ) non ha alcun senso!
          Poi va be’ che lo avrai fatto per brevità, però è indicativo.
          Onestamente io penso che un Romano antico mi sia assai più “parente” di un picardo o borgognone o svevo del Mille e quattro, quasi Mille e cinquecento 😉 , per una infinità di motivi.
          Ma si sa che ai cattolici piace il Medioevo… però leggendosi Huizinga si ha la descrizione di una società che a me pare parecchio diversa dal Medioevo italiano.

          Comunque:
          mi sa che Peucezio parli di società tradizionali tradizionali.
          Altro che Greci e Romani! Altrissimo che incivili medievali! (ahò, per me sono incivili, c’è poco da fare)

          Qui si parla di Irochesi, Uroni, Tehuelche e Mapuche, Hunza, quella gente lì.

          E ha abbastanza ragione, tranne forse per il pacifiche.

        • Francesco scrive:

          scusa ma se parto da greci e romani come fai ad accusarmi di partire dal … Medioevo?

          e nelle civiltà schiavistiche comprendo anche i pacifici sumeri …

          saluti

          PS quegli altri che citi sono più altro dei selvaggi, ben poco agricoltori e ben poco civilizzati

        • PinoMamet scrive:

          Ti dico che parti dal Medioevo per quello che hai scritto, dividendo “greci e romani” dai “nostri antenati”, cosa che mi ha stupito…

          riguardo ai Mapuche non so, ma Irochesi Uroni e Hunza sono tutti agricoltori, e tutti con civiltà piuttosto evolute, a dire il vero.

        • Peucezio scrive:

          Francesco, io veramente parlavo del neolitico, non delle società indoeuropee, che erano tutto fuorché pacifiche e statiche. Non parliamo di quelle semitiche come un branco di squali affamati.

  38. Mondo cane scrive:

    E se fossero stati i militari o chi per loro? Lo scandalo si accende nei bravi e istruiti occidentali che, senza il minimo dubbio, vedono che la barbarie si è impossessata dei manifestanti che fino a qualche mese fà erano i salvatori del museo egizio del cairo. In quei momenti la primavera stava arrivando, tutto era bellissimo. Poi l’inverno, hanno voluto votare, e l’istituto francese, con i suoi preziosi volumi, è stato incendiato.
    Strano era prima, al museo egizio. Ora è deprecabile ma è naturale, e almeno hanno gettato la maschera. Questo sono i barbuti! !-)

    Oppure, alla primavera spontanea (?) di tunisia, egitto, yemen e bahrein, non si era ancora aggiunta la primavera che nessuno vorrebbe, quella libica. La voce del nanò transalpino sovrastava il borbottio occidentalista e gridava a perdifiato, pace e libertà per la libia. E l’istituto francese è stato dato alle fiamme.

    Giorni fà, in merito alla ragazza brutalmente picchiata, in un TG rai, non ricordo quale, è stao letto un comunicato della clinton che condannava la violenza dei manifestanti e come questo atto gettasse infamia sulla rivoluzione. Sui giornali e altri TG, invece, si rivolgeva ai militari consigliandogli moderazione. Non credo che la clinton faccia comunicati solo per i tg rai. Vista la castroneria, forse perchè era troppo strano sentire una cosa e vedere manifestanti visibilmente in divisa, non è stato più ripetuto. Ma anche una sola volta basta e avanza.

    • Moi scrive:

      SE vuoi leggere un punto di vista “disincantato” sulle Primavere Arabe … ti consiglio il blog di Sherif El Sebaie.

      • Mondo cane scrive:

        Ti ringrazio del consiglio, anche se sono già abbastanza disincantato di mio. Volevo solo far vacillare una “sicurezza”. Tra due milioni di persone, ha detto qualcuno nel contare i manifestanti, possono non essere espressione univoca. Guarda Genova durante il G8, sono passati 10 anni e ancora non c’è nulla di certo, solo ipotesi che cambiano a secondo di come si vogliono vedere le cose. Poi si sà, dietro il maleintenzionato con un piano, cene sono dietro venti che non hanno idea di quello che stanno facendo.

      • Mondo cane scrive:

        Tempo fà, in rete, ho letto questa frase, non sò di chi è, nè ricordo il sito, ma mi è piaciuta: “le rivoluzioni le pensano gli idealisti, le attuano i coraggiosi (io aggiungerei anche i disperati) e le sfruttano i mascalzoni”. A proposito del disincanto.

        • Ritvan scrive:

          x Mondo cane
          Il detto sulle rivoluzioni l’ho scritto io alcuni anni fa sul vecchio blog di Miguel. Più recentemente si trova citato in un articolo di Lucia Annunziata (sempre in rete) a proposito dei recenti moti nei Paesi arabi. Non ricordo chi ne sia l’autore ma ce l’ho impresso in memoria da anni….

        • Mondo cane scrive:

          x Ritvan.
          Allora devo averlo letto sul vecchio blog.
          Se posso, evito di leggere l’AnnuziEta.
          Grazie

  39. Mondo cane scrive:

    Canzone contro l’0ccupazione inglese. Con traduzione ingl.

    eseguita da Fairuz: http://www.youtube.com/watch?v=Ho9x9tG-u6o

    eseguita da amal maher:
    http://www.youtube.com/watch?v=XrRYAQEsX5s&feature=related

    Sayed Darwish – Aho da elle sar. Egitto 1919 ca.

    Aho dalli sar w dilli kan
    malaksh 7a2
    malaksh 7a2 tloom 3alayya

    tloom 3alayya ezay ya sayedna
    w 5air beladna mahoosh fe edna
    2olli 3an ashya2 tefedna
    w ba3daha ba2a loom 3alayya

    aho dalli sar w dilli kan
    malaksh 7a2
    malaksh 7a2 tloom 3alayya

    masr ya 2om el 3agayeb
    sha3bik aseel wel 5sl 3ayeb
    5alli balik mel 7abayeb
    dool ansar el 2adeya

    aho dalli sar w dilli kan
    malaksh 7a2
    malaksh 7a2 tloom 3alayya

    bdal ma yeshmat feena 7asid
    edak fe edi n2oom negahid
    e7na neb2ael kol wa7id
    wel 2ayadi tkoon aweya

    aho dalli sar w dilli kan
    malaksh 7a2
    malaksh 7a2 tloom 3alayya

    this is what happened, this is what was !
    you don’t have the right
    you don’t have the right to blame me
    how can you blame me sir ?
    and the wealth of our country is not in our hand
    tell me about things that help us
    then you can blame me
    Egypt, the mother of wonders
    your people are nobles, the tuft is defective
    take care of your loved ones
    those are the supporters of the matter
    instead of the gloating of jealous people
    lets hold hands and fight
    we all become one
    and hands become strong

    • Mondo cane scrive:

      Parlo pochissimo inglese e di arabo ancora meno. Se la traduzione è zoppicante c’è qualcuno che la può rimettere in sesto?

    • Moi scrive:

      http://www.youtube.com/watch?v=U7L9y-Wmz1o

      Questo invece, tratto dal film “I Gatti Persiani”, è un rap in Persiano su quella presunta pacchia alternativa (secondo alcuni) all’ Occidentalizzazione … chiamata Repubblica Islamica dell’ Iran.

      • Mondo cane scrive:

        E’ già, era meglio lo scià, almeno c’era gossip. Il tuo discorso è chiaro. L’occidentalizzazione, voluta o no, è un dato di fatto, ovvero irreversibile, e coloro che, qui in occidente, nutrono dubbi sulla reale democraticità di questa imposizione, sono solo retrogradi e sinistrorsi.

        • PinoMamet scrive:

          ” Il tuo discorso è chiaro. ”

          Ehm, sicuro sicuro?
          Guarda che non credo proprio che Moi sia un nostalgico dello Scià.
          Semplicemente a lui piace portare spunti con i video ecc.

          Poi questi tizi mi sembrano anche bravi!

          Molto meglio del vecchio “Ascanio” 😉
          http://www.youtube.com/watch?v=3sCMMhHOmDQ

        • Mondo cane scrive:

          mi riferivo alla “presunta pacchia alternativa (secondo alcuni) all’ Occidentalizzazione”. Per il video, sembra di essere in uno dei tanti sobborghi delle metropoli statunitensi. Dimostra che democrazia è una parola spesso vuota che troppe volte non realizza equità sociale. Qualsiasi ordine di potere non assicura il miglioramento economico dei poveri, che tale rimangono con preti, imam o rabbini, di destra o di sinistra, democratici o dittatoriali.
          Anche se mi è piaciuto il video.

      • mirkhond scrive:

        La pacchia non esiste da nessuna parte.
        Ciò che questi ragazzi giustamente lamentano è comune alle periferie di tutte le grandi capitali del mondo, con i loro volti oscuri e dimenticati degli slums spaventosi.
        Simili scene ci sono a New York, a Napoli, a Milano, a Mosca, a Londra, a Parigi, ad Istanbul, al Cairo, a Pechino ecc. ecc.
        Stando a quel che mi risulta, Gatti Persiani è nato dal senso di colpa di Bahman Ghobadì per le vicissitudini giudiziarie e carcerarie iraniane, vissute dalla sua fidanzata, la giornalista americana di origine irano-nipponica Roxana Saberì.
        Da qui la decisione di Ghobadì di “aprire gli occhi” e rompere col regime per espatriare con la sua amata….
        Speriamo che non abbia da restarne deluso….

        • Francesco scrive:

          a meno che non cerchi riparo in Corea del Nord mi pare molto molto difficile

          ciao

        • mirkhond scrive:

          Invece è un vero peccato che se ne sia andato, perchè Ghobadì ci ha regalato “dal di dentro” bellissimi film sulla dura realtà dei Curdi al confine Iran-Iraq, sia come attore in Lavagne della regista Samira Makhmalbaf, e sia da regista con Il Tempo dei Cavalli Ubriachi.
          Spero solo che nel Frangistan la sua creatività e il suo amore per il Kurdistan possa trovare l’attenzione che merita, e non esser tirato fuori solo quando conviene dare lezioni moralismo e superiorità franca a questo e a quello.
          Ho letto e ho visto al cinema Persepolis, di Margian Satrapì, e ne ho ricavato tanta sofferenza in questi esuli che finiscono per non essere ne carne ne pesce, e vivere da apolidi, da disagiati non solo nella realtà che hanno abbandonato, ma anche in quella che li ha accolti….
          ciao

  40. Moi scrive:

    Poiché certi argomenti in fondo non sono mai off topic, consiglio come film di Natale “Il Principe del Deserto” che ho visto ieri sera … ovvero lo Scontro di Civiltà in una versione piacevolmente inedita: ambientato nei futuri Emirati Arabi, lo scontro di due Emiri, uno che vede nel petrolio una grande risorsa per il futuro [anche se pur essendo “progressista” non è certo democratico” alla Nichi Vendola :-)] e l’ altro non certo meno dispotico ma senz’altro più simpatico a Miguel 🙂 che “Timeo Gringos 🙂 et dono ferentes” :-), nel senso che bene (!) che vada il benessere indebolirà la Fede portando corruzione, essendo portato da industrie petrolifere di un Paese Insaziabilmente Avido come gli USA. Ed è solo l’ inizio …

    Tuttavia emerge bene una cosa, nelle loro dispute, le innumerevoli tribù “arretrate” e i non pochi piccoli Emirati “civilizzati”, accomunate da una grandissima litigiosità interna che senza l’ Islam come collante determinerebbe la faida perpetua … nelle loro dispute, dicevo, fanno sempre dire al Corano cose opposte, citandone quel che conviene, poiché esso _a seconda dei contesti che cmq gli uomini di potere non esitano a strumentalizzare a proprio vantaggio_ contiene un pensiero molto articolato.

    Il titolo originale è più eloquentemente “Black Gold”.

    http://www.youtube.com/watch?v=YB3S6MqhLDo

    • Moi scrive:

      Chiedo scusa dei refusi di cui sopra, specie “dono” per “donoS” … tuttavia è interessante anche la disputa se Allah / Dio (di solito il doppiaggio fa dire “Allah” se citanondo il Corano e “Dio” in altri contesti, ndr) ha messo la maggior parte del petrolio esistente proprio sotto i Musulmani per permetterne la rinascita culturale ed economica, come prova per resistere alla corruzione frangistana lasciando il petrolio dov’è, se per riavvicinarsi / riappacificarsi all’ Occidente sfruttando l’ occasione nel più saggio dei modi filtrando il meglio dei due mondi ecc …

      Siamo cmq storicamente, come setting , nei futuri Emirati Arabi Uniti fra le due Guerre Mondiali, con tanti popoli molto diversi “allo sbaraglio”, divisi su tutto (ma proprio tutto !) forché qual è l’ unico Dio e chi è il Suo Profeta. 🙂

      • Mondo cane scrive:

        Infatti, a me fanno ridere gli “occidentalisti” quando sbraitano di pericolo islamico. Parlano di islam come fosse una super potenza, tipo confederazione teocratica. Un blocco unico, con comuni intenti, senza considerare, volutamente o no, la diversità e il contrasto, talvolta estremi, che c’è tra questi popoli e nazioni. Io non dico è meglio questo o quello, dico solo che per mille anni i popoli arabi, non hanno conosciuto libertà. Prima sotto i turchi, poi sotto gli occidentali. Io dico autodeterminazione, tutto qua. E penso che qualsiasi ingerenza, morale innanzi tutto, sia ipocrita. Auguro il meglio a questi paesi nel prorpio percorso per la “democrazia”, “il loro” percorso non quello che noi vorremmo. Ci scandalizziamo per la violenza disperata e senza senso (come in questo ultimo caso) dei manifestanti, meno per la puntuale brutalità della repressione delle istanza di libertà, democrazia e giustizia sociale, commessa da finti reami e veri stati fantoccio filo occidentali. Ci riempiamo la bocca di libertà occidentali, dimenticando che spesso, queste, sono state conquistate a suon di guerre civili e rivolte, o no?

        • Moi scrive:

          Sarebbe interessante far notare ai “Razzis”, pardon “Razzialisti” 🙂 di StormFront che nel (consigliato !) film di cui sopra l’ attore Bianco Spagnolo Antonio Banderas sembra di aspetto “più Arabo” lui di tanti “Arabi veri e propri”. Va be’, una volta sotto al Sahara si diceva “Africa Nera” e sopra di esso “Africa Bianca” … cmq è anche vero che Banderas è di Málaga, un Andaluso e quindi viene dalla regione della Spagna ove verosimilmente “gireranno” più genidi fattezze da Arabi.

          Sì va be’: gireranno anche fattezze da Berberi … ma credo che a quelli di StormFront i Berberi dispiacciano meno degli Arabi.

  41. Moi scrive:

    Quasi dimenticavo, un’ottima occasione per gli ExDuoSiciliani di sbertucciare il Principino Emanuele Filiberto di Savoia :

    http://www.youtube.com/watch?v=clj3LPTmmqM

    resistere stoicamente, guardando fino alla fine il trailer di quest’altro film.

    PS

    Lo scoiattolino rosso è effettivamente il simbolo dell’ esclusiva località.

  42. mirkhond scrive:

    Dopo Totò, Emanuele Filiberto…il nuovo principe della risata…..che però non fa proprio ridere (a differenza ABISSALE con Totò…)
    ciao

  43. Miguel Martinez scrive:

    Per PinoMamet

    “Mmm
    forse conosci pochi insegnanti??”

    Sospetto che gli “insegnanti sessantottini” non siano esistiti nemmeno nel Sessantotto. Io ho fatto la scuola negli anni Settanta, e mi ricordo molti insegnanti di sinistra.

    Almeno la metà era del PCI, e quindi gente parecchio rigorosa e precisa, per nulla lassista.

    Alla loro sinistra, c’erano alcuni marxisti decisamente antipatici, che mettevano alla griglia gli studenti che non riuscivano a formulare spontaneamente una lettura marxista delle opere di Hegel o degli sviluppi del capitalismo nel Settecento.

    Poi c’erano alcuni insegnanti piuttosto impegnati a organizzare attività o a tallonare il preside; e c’erano alcuni insegnanti che in effetti erano aperti a discutere di molti temi.

    Ma nessuno di loro mi sembra che somigli alle caricature che se ne fanno oggi. Casomai erano gli studenti post-sessantottini a essere delle caricature, ma a sedici anni càpita.

  44. Miguel Martinez scrive:

    Per Paniscus

    “…ma mi sono sempre chiesta cosa mai dovrebbe guadagnarci un insegnante (nella fantasia dei detrattori) a fare sciopero di venerdì, per “allungarsi un week end” inesistente, visto che, alle medie e alle superiori, la maggior parte degli insegnanti lavora di sabato”

    Beh, si vede che quelli che se la prendono con gli “insegnanti che scioperano di venerdì” non sanno cosa voglia dire lavorare il sabato (dovendo preparare poi una sfilza di compiti in classe per il lunedì) 🙂

  45. maria scrive:

    Io, se non s’era capito, sono convinto che negli anni ’50 si stesse incommensurabilmente meglio, perché non c’erano più l’indigenza, le pestilenze, la mortalità infantile, i soprusi più efferati e nello stesso tempo non si era ancora stati travolti dal consumismo di massa e dalla sovversione totale dei valori a tutti i livelli sociali.
    Ma coloro che, non dico difendono, ma assolvono o minimizzano il ’68 cosa pensano?
    L’Italia di oggi è o non è il prodotto del ’68? Ed è migliore o peggiore di quella pre-sessantottina?

    maria

    scusa eh peucezio ma le pestilenze erano finite mi pare da un pezzo, starei attenta anche a fare di quel periodo una specie di età dell’oro , se vogliamo rimanere nell’ambito del sistema scolastico e della formazione in genere posso dirti che in quel tempo non era ancora stata fatta la scuola media unica, riforma realizzata dal primo centro sinistra del 1962 mi pare, ora per un nemico giurato della scuola come te:-) questo potrebbe essere un dettaglio ma se ci pensi bene invece era un’ ingiustizia frutto di una società che più classista non si poteva

    .La scuola media unificata fu introdotta, con enormi resistenze, non certo per venire incontro ai figli degli operai mandati in massa alla scuola di avviamento quanto per fronteggiare meglio le nuove esigenze del capitalismo, ricordiamoci che negli anni sessanta avemmo il famoso miracolo economico che cambiò in meglio la vita di milioni e milioni di persone. Questo per dire che non si può staccare il discorso della scuola da quello sociale, sono fortemente intrecciati, tipo l’uovo e la gallina.

    Io non difendo né assolvo il ’68 ma certo quel movimento che nacque altrove per poi dilagare anche in europa, ha avuto diversi esiti nelle nazioni europee perché risentiva di ciò che c’era prima. Mi chiedo se in francia per esempio abbia avuto le ripercussioni in parte negative che ha avuto in italia e cioè una liberalizzazione degli accessi universitari che ha finito col declassare questa istituzione se vuoi, ma mi chiedo, quanto sarebbe stato possibile ancora mantenere la sua struttura gerarchica all’interno e selettiva socialmente? Quando c’è qualcosa di vecchio che regge o funziona bene per pochi finisce che quel qualcosa cambia sotto una spinta che produce anche delle cose che non vanno, penso sia fatale.

    In ogni modo per valutare davvero con un po’ di fondatezza se prima fosse un periodo migliore di ora bisognerebbe prendere in esame anche altre questioni, il ’68 non basta, per me il consumismo è stato uno dei fattori di trasformazione in peggio ben più potente.

    • PinoMamet scrive:

      Come spessissimo quando scrive Maria, non posso che essere d’accordo!

      Credo che chi demonizza il Sessantotto (accolgo la distinzione migueliana 😉 ) lo faccia partendo dai suoi presunti effetti più deleteri
      (che siano poi “figli suoi” o meno, è un’altra questione);

      ma almeno non si idealizzi ciò che c’era prima, senza aver avuto la possibilità (la sfortuna, forse) di viverlo.

      Ti consiglio, Peucezio, la visione delle belle, vecchie commedie all’italiana, fino agli Sessanta: dove peschi, peschi bene.
      Sì, si ride, e in fondo essendo commedie consegnano un’immagine anche positiva dell’epoca; ma non ci vuole tanto a capire che funzionano perché sono la satira di una società ancora ferocemente classista, ottusa, bigotta, dove ci si aspettava che il figlio dell’operaio facesse l’operaio, la donna tradita doveva starsene zitta, e l’uomo tradito era scusato se gli scappava il dito sul grilletto.
      Era una società travolta più dal boom economico, forse, che da qualunque altra cosa, ma evidentemente, e per fortuna, a molti non piaceva più.

      E non sarei disposto a tornare indietro solo per il gusto di vedere gli scolari col grembiulino nero che dicono buongiorno signora maestra.

      Specie se poi i loro genitori (non nei Cinquanta, ma ancora negli Ottanta) si lamentano che nella divisione casuale delle scuole medie al loro figlio “che viaggerà” è toccato il francese, mentre al figlio dell’operaio l’inglese, “che non sa cosa farsene”.
      Episodio vero.

      • paniscus scrive:

        Specie se poi i loro genitori (non nei Cinquanta, ma ancora negli Ottanta) si lamentano che nella divisione casuale delle scuole medie al loro figlio “che viaggerà” è toccato il francese, mentre al figlio dell’operaio l’inglese, “che non sa cosa farsene”.
        Episodio vero.”

        Bene, ancora adesso il francese non lo vuole nessuno, ma per motivi radicalmente diversi: visto che alle medie l’inglese lo fanno obbligatoriamente tutti, ma in più c’è da scegliere anche una seconda lingua straniera… allora, il francese e il tedesco non li vuole nessuno, ma non perché considerati socialmente inutili, bensì perché considerati “troppo difficili”, e tutti si fiondano a pesce sullo spagnolo perché ci si aspetta che sia una materia facile, giocosa, che si impara “a orecchio” senza studiare, e garantisca voti altissimi senza fare nulla.

        Oltretutto, ci sarebbe da raccontarla molto lunga su questa visione deleteria dell’insegnamento delle lingue straniere come puri e semplici strumenti “per farsi capire quando si viaggia”, o al massimo “per trovare lavoro più facilmente”.

        Visione che ha condizionato 50 anni di scuola italiana ammazzando sistematicamente qualsiasi barlume di curiosità per la comprensione vera delle lingue, e contribuendo a rendere la cultura media italiana ancora più provinciale di quanto non fosse PRIMA, quando le lingue non si insegnavano affatto…

        Lisa

        • Moi scrive:

          A Rimini e dintorni, il Tedesco (da decenni) e il Russo (da qualche lustro) sono considerati utili “nella misura in cui” [ah, questo mitico “abracadabra” sessantottardo !] contribuiscono a rimorchiare le turiste, ritenute più attraenti e più disponibili delle connazionali ! 😉 🙂

        • Peucezio scrive:

          Secondo me lo studio delle lingue straniere andrebbe scoraggiato con ogni mezzo. Semmai bisognerebbe creare una nutrita classe di interpreti e traduttori che consenta al resto della popolazione di non tentare di biascicare malamente qualche pseudo-idioma (l’inglese “koiné” globale non merita l’appellativo di lingua, diversamente da quello di Shakespeare).
          A parte che sarebbe meglio se si smettesse di studiare anche l’italiano, visti i risultati. Almeno nei nostri anni lo studio è la migliore garanzia dell’ignoranza più abissale.

        • Peucezio scrive:

          Moi,
          solo “ritenute”??

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        che ti devo dire, questione di gusti.
        Le commedie di quel periodo (non i film drammatici, perché i film di Antonioni sono l’esatta negazione del vitalismo, ma proprio in virtù dell’incipiente modernizzazione dell’Italia e dello sviluppo di una borghesia di nevrotici, che sarà poi ampiamente scavalcata e travolta dalla nevrosi di massa dei decenni successivi) le conosco, ne ho viste tante e le apprezzo. Considera che ho una collezione di circa 1700 film e mi sono bastati pochi secondi per verificare che ho 142 film italiani degli anni ’60 (che non ho visto ancora tutti).
        Quindi parliamo di una cinematografia che amo e con cui ho una certa consuetudine.
        Bene, io trovo che prorompa da quelle commedie una vitalità, una freschezza e una bellezza, che è proprio quella di quell’Italietta un po’ provinciale e bigotta che non ho mai capito perché tanti disprezzano (senza averla vissuta, mentre raramente ho sentito parlare male degli anni ’60 da una persona che li abbia vissuti) e che si è proprio dispersa nei decenni successivi.
        La commedia degli anni ’70 la rappresenta ancora bene, ma contrastata dall’ondata dei modelli progressisti, che nnon l’hanno ancora sopraffatta: le commedie all’italiana di quegli anni prendono palesemente le parti dell’italiano medio di quel periodo: penso a quei film con Sordi o con Manfredi in cui il protagonista fa degli sforzi un po’ velleitari per adeguarsi al modello progressista, femminista, libertario, a cui si sente in fondo estraneo, e alla fine riesprime in pieno il suo spirito italico conservatore (ma anche godereccio e amorale), con l’evidente ammiccamento di simpatia del regista.
        Il filone drammatico e moralista del cinema di quegli anni poi, ha come intento rendere odiosi quel tipo di personaggi, ma riesce semmai a renderli più simpatici. Pensa a “Sbatti il mostro in prima pagina”, di Bellocchio, in cui il cinico e calcolatore giornalista Bisanti, interpretato da Volontè, ha molto più spessore e fascino della sua vittima, il ragazzo contestatore accusato ingiustamente dell’omicidio; oppure “In nome del popolo italiano”, di Risi, in cui è davvero difficile non tributare più simpatia all’istrionico imprenditore Gassman rispetto al plumbeo magistrato barbuto Tognazzi, che tra l’altro commette specularmente la stessa identica ingiustizia di Bisanti (sono entrambi film incentrati sulla morte in circostanze poco chiare di una giovane, anche se non sono gialli, ma ritratti di taglio sociale e politico).

    • Peucezio scrive:

      Maria,
      tu parli di ingiustizia della scuola precedente al ’62. In linea di principio non avresti torto, ma secondo me è meglio una scuola di classe che una scuola appiattita verso il basso. Io non avrei mai fatto l’improvvida riforma del ’62 né tantomeno la perniciosa riforma del ’69 che consentiva a qualunque diplomato di accedere a qualunque facoltà, coi risultati che vediamo.
      E’ ovvio che l’ideale sarebbe un sistema strutturato in modo da valorizzare le capacità e inclinazioni di ciascuno (compresa la manualità e le capacità pratiche, che in Italia vengono disprezzate come le più indegne e avvilenti, in nome di un radicato classismo, questo sì disastroso, mentre andrebbero valorizzate ed incrementate in ogni modo socialmente, culturalmente ed economicamente), facendo sì che ognuno fosse spinto naturalmente a scegliere ciò che davvero gli si confà di più e non ciò che è ritenuto falsamente un mezzo ineludibile di promozione sociale minima. Ma preferisco il meno peggio al peggio e non credo che il passaggio dal primo al secondo sia una sorta di preparazione al meglio, di crisi di crescita, ma semmai il sicuro viatico verso il baratro.
      Sull’Età dell’Oro ho risposto più sopra, prima ancora di aver letto questa tua obiezione.
      Sul consumismo: e io che ho detto? Il ’68 è stato appunto il prodotto, lo sviluppo organico del boom e del conseguente sviluppo (scusa la ripetizione) di un modello sociale consumista. E’ ovvio che il ’68 è una sovrastruttura e la struttura più profonda (tanto per pensare marxianamente, ma in una prospettiva rovesciata) è il capitalismo avanzato e il conseguente consumismo di massa.

      • PinoMamet scrive:

        Peucezio

        ma guarda che una scuola che indirizza tutti alle proprie inclinazioni e le valorizza:

        1- è possibile;

        2-non è detto che debba coincidere (anzi, penso che non coincida affato) con la scuola classista pre-’62, in cui ragazzini di 14 anni venivano in pratica quasi sempre obbligati a seguire le orme dei genitori
        (“perchè poi… tanto… alla fine…)
        ben lungi dal valorizzare le loro capacità.

        Basterebbe, molto più semplicemente, stabilire standard rigorosi per le università
        (il contrario dei discutibili, già dal nome, “crediti”), numero chiuso se necessario o test di ingresso, oppure arrangiarsi a inserire in modi paralleli chi arriva da percorsi di studi meno idonei
        (nella Facoltà di Lettere di qua, già da molti anni, c’è per esempio un corso di “greco zero” per principianti assoluti… anche se, devo dirlo, rabbrividisco un po’ a pensare un insegnante di greco che abbia imparato il greco così; lo saprà davvero? è evidente che il corso, da solo, non basta,servono anche altri strumenti).

        • Peucezio scrive:

          Infatti non penso affatto che debba coincidere con la scuola pre-’62 e sonho ben cosciente che una scuola di classe preclude a molte persone dalle grandi capacità di poterle esplicare. E’ che la preferisco alla merda in cui siamo ora, perché almeno quel modello, qualche persona capace, di straforo, la esprimeva, mentre questa deprime e ottunde le menti, quali che siano le loro capacità.
          In realtà non sono neanche d’accordo sul numero chiuso o su altre forme di selezione imposta autoritativamente (ti sembrerà strano da un reazionario come me).
          Bisogna invece fare in modo che ognuno si senta invogliato a ciò per cui è più capace e disinteressato a ciò che non gli si confà e in cui darebbe esiti mediocri. E il punto chiave resta lo smantellamento radicale dell’idea del lavoro manuale e tecnico come squalificante e l’altra idea, a questa connessa, che ci si formi solo con l’apprendimento teorico, con corsi, lauree, master, stage e altre puttanate simili, anziché con la pratica, con il lavoro stesso.
          Fino a che vivremo in una società in cui uno, se pensa di fare l’idraulico, si sente come un paria, menter se si laurea in Beni Culturali o in Mediazione Linguistica e Culturale crede di essere un arrivato, non ci sarà prospettiva. E questo richiede una battaglia culturale profonda, un sovvertimento radicale di certe convinzioni inveterate.
          Inoltre secondo me è fondamentale non la selezione preventiva (un test d’ingresso è comunque sempre una lotteria e ha il sapore di un’imposizione artificiale e ingiusta, se non vessatoria), ma a posteriori. Se la gente sapesse che per laurearsi in lettere o in ingegneria ci si deve fare un culo così, altrimenti non si passano neanche i primi esami, si iscriverebbe solo chi è realmente motivato. Io per esempio abolirei il voto d’esame. Ti faresti operare da un chirurgo che ha preso tutti 18? Lascerei solo la promozione (corrispondente a un attuale 28-29-30) e la lode (per chi eccelle, si distingue in meglio dagli altri). Tutti gli altri li boccerei.
          A quel punto una laurea sarebbe davvero una qualifica seria e garantirebbe una vera e solida competenza.
          Uno dei guasti è che le università sono organizzate, secondo una logica di mercato, a produrre più laureati possibile, mentre semmai andrebbero premiate quelle che ne producono il meno possibile, perché vuol dire che sono più selettive e di qualità.

        • PinoMamet scrive:

          Beh, che dire…

          sono d’accordo!!

        • Moi scrive:

          Interessante l’osservazione di Peucezio … penso che lo spregio per il lavoro manuale da parte dei RadicalChic abbia origine dal sentirsi i Saggi della Politèia di Platone.

          Penso che sia un inveterato habitus mentale che, per le ragioni culturali di cui sopra, è molto più diffuso tra i popoli di cultura mediterranea che non di cultura “nordica”.
          Sempre nel senso antropologico che è più “mediterranea” Rio de Janeiro di Rimini;
          il discorso sarà pure un po’ provocatorio ma … tutt’altro che infondato !

        • Peucezio scrive:

          Pino:
          ogni tanto riesco anche a dire cose di buon senso, oltre alle mie folli anti-utopie 🙂
          Moi:
          infatti non si tratta tanto dei Radical Chic in sé, ma proprio di un elemento della cultura italiana e soprattutto meridionale, che avrebbe anche una radice nobile, ma, nella sua versione contemporanea, ha effetti disastrosi.
          Da una parte c’è la tradizione umanistica e anche un certo culto dell’otium classico e una conseguente svalutazione del lavoro in sé (identificato col lavoro manuale), il che sarebbe anche bello.
          Solo che a ciò è connesso un complesso di classe del contadino verso il signore nullafacente e parassita, che è lo stesso che produce vergogna per il dialetto e le espressioni della cultura popolare e tradizionale, ma anche, appunto, verso gli aspetti nobili del lavoro manuale, per il fatto che nel sud si è identificato per secoli con lo sfruttamento estremo del bracciante.
          In Puglia (e sicuramente anche altrove, dove la rima lo consente) si dice “Ce la fatìche iève bbone, fadegàve u galandòme”, cioè, se il lavoro fosse una cosa buona, lavorerebbe il galantuomo, il ricco, il signore.

  46. Moi scrive:

    Cmq adesso gli scioperi di Venerdì o di Lunedì Post Pontem in ambiente operaio e impieagtizio sono la norma … del resto bei ricordi, tutto sommato.

    Bologna è sempre stata, nel Bene o nel Male, il Paradiso in Terra del FanKazzismo StudentesKo … 😉 🙂

    —- Avete presente la fortunatissima serie editoriale di un certo John Beer sulle note disciplinari più pazze d’ Italia tutte garantite come tutte rigorosamente vere ?

    In pratica sono entrati nel meccanismo anche gli insegnanti: se gli studenti gareggiano a chi la fa più grossa, gli insegnanti gareggiano a chi la scrive più simpatica … tutti sperando che magari San Silvio li miracoli facendoli partecipare a qualche nuovo “reality” …

    http://www.notadisciplinare.it/

    Cmq chi non mi credesse vada un po’ alle terme in settimana e quel Sovversivo dei Fughinari … spero che l’ abbiano assolto !

    • Moi scrive:

      Amarcord anche in Epoca PreSilvio, durante i Colpi di Coda del CAF, della Rosa Russo Jervolino, allora ministro della pubblica istruzione, che solo dopo (!!!) la Discesa in Campo di Silvio è assurta a Icona Ulivisto-PDina ma all’ epoca era (ancora) una “Vecchiazza Democristiana” … che proibì il volantino di Lupo Alberto contro l’ AIDS nelle scuole perché evidentemente, nella sua “Sharia” (anche se allora non si diceva) Democristiana preferiva un Sieropositivo in Peccato Veniale a un Sieropositivo in Peccato Mortale … che con un suo opuscolo informativo diceva ai “Bambini delle Superiori” di non aver fretta per il primo bacio con la lingua, paragonandolo a “una lumaca sui denti” [sic]

      PS

      Io NON pontifico, ricordo; forse gli Idealisti RadicalChic odiano quel che io ricordo in base all’ assioma di Ernst Bloch “Se la Teoria non va d’accordo con i Fatti … ebbene tanto peggio per i Fatti !”

      … Mo ‘sa vlìv ca m’in frega a mé ? 😉

      • Moi scrive:

        Ma anche mi sa che la Jervolino preferisse che un giovane prendesse l’ AIDS senza essere informato piuttosto che la evitasse essendo informato … secondo l’ antico adagio del perdere la vita ma conservare l’ anima in cospetto di Dio.

        Sì, insomma, nella sedicente sinistra che vorrebbe governare con “Serietà” (!?) e con “Progressismo” (?!) ci sono soggetti del genere di cui sopra.

    • paniscus scrive:

      Ah, ‘mbe’, se qualcuno crede davvero che quelle note siano tutte autentiche, stiamo messi male…

      Personalmente, penso che se casomai fosse vero che qualche insegnante scrive sul registro con quel linguaggio, la sbeffeggiata su internet se la meriterebbe tutta. Ma appunto, penso che per la maggior parte siano inventate di sana pianta.

      Scusate, ma chi glielo fa fare, a un insegnante, di rendersi ridicolo descrivendo nei minimi dettagli l’alunno che si arrampica sull’armadio o che si esibisce in uno spettacolo di giocoleria sul banco…

      …quando per mettere un rapporto disciplinare serio basta scrivere “L’alunno XY ha persistito nel tenere un comportamento scorretto e fastidioso anche dopo essere stato più volte richiamato” ?

      Gli insegnanti minimamente dignitosi scrivono così, senza nemmeno specificare quale fosse il comportamento incriminato 🙂

      Lisa

      • Moi scrive:

        Ma senza descrizione come fai a dimostrare l’ oggettività della scorrettezza e l’ effettività del fastidio ?

        • Moi scrive:

          @ Lisa:

          Visto che non di rado ti lamenti dei crocifissi …

          http://www.youtube.com/watch?v=zs8Zz2XgLEw

          Scuola moooolto Laica ! 🙂 😉 🙂 😉

        • Roberto scrive:

          Perchè mai un insegnante dovrebbe dimostrare qualcosa? La sua parola basta (scusa Lisa ma te la sei cercata sta volta)

        • PinoMamet scrive:

          Scusate un secondo, ma una scritta su un registro, per quanto dettagliata, non dimostra proprio niente.

          Non è che se io scrivo “Mario Rossi fa le capriole nudo fumando marijuana mentre canta Only you” anziché “Mario Rossi disturba”, significa che ho dimostrato qualcosa…
          e neanche lo devo dimostrare!

  47. mirkhond scrive:

    Adesso Sua Santità Germano I fa anche il professore?

    • Moi scrive:

      @ Mirkhond

      Di tutto, di più, di ogni. Egli incarna (suo malgrado, poiché sono fuorionda e un Idioma Veneto senza bestemmie sarebbe come un Inglese senza “do”, “just” , “well” !) l’ unica forma di anticlericalismo genuinamente popolare … su Facebook (ove NON sono iscritto perciò “lurko”) è tutto un proliferare parodistico del Cattolicesimo in suo nome, tuttavia la UAAR il CESNUR inspiegabilmente lo snobbano. I CattoLepantini continuano a sentirsi più minacciati da un kebabbaro che chiede di affittare un capannone in disuso da adibire a moschea alla meno peggio che NON da questo singolare fenomeno d’intrattenimento multimediale.

  48. Moi scrive:

    A livello di lingue straniere, Lisa ha cmq ragione … lo Spagnolo poi si accompagna alla inveterata idea di essere una lingua “simpatica e vagamente ridicola”. Il Francese, almeno in Emilia Romsagna ma poi anche in Piemonte e in Lombardia, si accompagna a sua volta invece alla pur sempre inveterata idea (che a livello di provocazione culturale comunque regge, tant’ è che non c’ è autore di commedia dialettale che non abbia scritto almeno un dialogo farsesco, spesso equivoco, tra un personaggio dialettofono e uno francofono) di essere una variante del dialetto locale che “Però i Francesi sono stronzi che se non pronunci e dici perfettamente fanno finta di non capirti !” …

    Cmq sapere anche solo poche frasette da “Tourist Survival” 🙂 in Tedesco e/o in Russo in Italia dà subito un’ Aura di Mente Superiore … Arabo poi manco a dirlo :
    è considerato spesso una roba o da “Buonisti Suicidi” o da “Traditori dell’ Occidente”; in entrambi i casi, studiarlo renderebbe automaticamente favorevoli anche alla Sharia 🙂 😉

    • Moi scrive:

      Nonostante l’ Aura Snob connaturata ai Francesi, è _o almeno era_ comunque ampiamente riportato da degli anziani stati in gita aziendale a Parigi _meta molto ambita dai cosiddetti “Padrón Bón*”, che in Parigi molto più che in Mosca identificavano le proprie Origini Culturali _ e che si facevano dare la chiave delle stanza dalla “réception” dicendone il numero in dialetto che risultava intellegibili senza (troppi) problemi.

      ____
      *
      I cosiddetti “Padrón Bón”, come amavano autodefinirsi ed essere definiti, erano rigorosamente SocialDemocratici di cosiddetta ” Cooperativa Gialla “, particolarmente radicata a Molinella e a Baricella _ ancoranel Bolognese_ nonché nell’ attiguo Ferrarese _ ma già meno a Ferrara_ per poi risultare del tutto inconcepibili nella DemoCristianissima _ come tutto il “Veneto Bianco” Pre-Leghista_ e sottosviluppata Rovigo … ancora descritta dai “Nostrani” come “Rovigo e il Polesine … l’ è pròpri un quèl da Biafra !” [sic] addirittura nei primi anni ’80 !

      • Moi scrive:

        Penso che il modello “Padrón Bón” sia il massimo di Sinistra che ha in mente il PD. In realtà tale modello ha avuto anche dei pregi: era molto pragmatico e pensava a far star meglio i propri lavoratori, con un minimo di assistenza medica (tipo certe vaccinazioni) e un minimo di sicurezza nell’ ambiente di lavoro.

        Era cmq una cultura di stampo piccolo-massonico, che NON cercava di gemellarsi con “i Preti” e il Vaticano che (soprattutto quest’ultimo) vedeva come fumo negli occhi … pur accettando l’ idea, abbastanza recentemente riproposta da Enrico Boselli di
        Gesù Primo Socialista della Storia.

        http://www.youtube.com/watch?v=s37LxzpPYC8

        … prima del Concilio Vaticano II lo spot elettorale di cui sopra, che oggi (!) manda in brodo di giuggiole perfino certi Cardinaloni, sarebbe stato bollato di Blasfemia e di Eresia !

        • Moi scrive:

          Anzi, il PD è meno a Sx dei “Padrón Bón” SocialDemocratici … perché ha arruolato persino una con il cilicio (!) soltanto perché contro Berlusconi ! … Ma ora senza di lui, che collante troverà ?

        • mirkhond scrive:

          Quando ero ragazzino, su un muro vicino a casa mia c’era scritto: Farisei democristiani, avete mandato a morte Gesù, primo socialista della storia!
          ciao

  49. mirkhond scrive:

    Per Moi

    “penso che lo spregio per il lavoro manuale da parte dei RadicalChic abbia origine dal sentirsi i Saggi della Politèia di Platone.”

    “Penso che sia un inveterato habitus mentale che, per le ragioni culturali di cui sopra, è molto più diffuso tra i popoli di cultura mediterranea che non di cultura “nordica”.

    Hai centrato in pieno uno dei peggiori difetti delle società “terroniche”, e cioè il mito dell’elevazione sociale a tutti i costi attraverso le lettere, l’amore per l’apparenza e il formalismo, il dispregio familiare e sociale per chi non è ambizioso.
    Che poi le lettere magari servissero ad elevarsi davvero culturalmente e crescere in saggezza e profondità….
    Niente di tutto questo. E’ anche qui solo apparenza per darsi le arie, per conseguire una posizione sociale, per elevare la famiglia, ecc. (che poi ora che nell’ex Regno la laurea ce l’hanno tutti o quasi, si è pure svalutata e i posti e le posizioni che davvero contano, se le pappano solo le consorterie dei soliti furboni&family, come il caso delle baronie accademiche….)
    La meritocrazia è e sarà sempre combattuta e soffocata da noi….
    ciao

  50. maria scrive:

    Maria,
    tu parli di ingiustizia della scuola precedente al ’62. In linea di principio non avresti torto, ma secondo me è meglio una scuola di classe che una scuola appiattita verso il basso. Io non avrei mai fatto l’improvvida riforma del ’62. Peucezio

    maria
    questa tua affermazione non mi stupisce, e non mi stupisce nemmeno il cinismo con cui riconosci , in altro commento, di essere “ben cosciente che una scuola di classe preclude a molte persone dalle grandi capacità di poterle esprimere”, vorrei però farti notare come la tua idea di scuola classista faccia a cazzotti con quest’altra tua sensata affermazione:

    “Bisogna invece fare in modo che ognuno si senta invogliato a ciò per cui è più capace e disinteressato a ciò che non gli si confà e in cui darebbe esiti mediocri”

    In altre parole, per restare in tema, come faceva un bambino di 11 anni a sapere di cosa sarebbe stato capace e a cosa era disinteressato o meno dal momento che di default veniva messo in una scuola dove alcune cose pratiche e utili le avrebbe comunque imparate in tre balletti con pochi mesi di studio dopo una scuola unica e uguale per tutti, posto che non si rivelasse un bambino degno di proseguire gli studi?

    Diverso ragionamento , simile al tuo, faccio sulla liberalizzazione degli accessi universitari e sull’università, luogo che si trova alla fine del processo formativo e che non può essere assicurato a chiunque ma mai accetterò una discriminazione all’inizio della vita con buona pace di tutti coloro che pensano che il lavoro manuale sia un’attitudine e non un’imposizione dettata da ragioni che non possono essere determinate a priori ma che attengono alla famosa divisione sociale del lavoro.
    Poi che dirti, anch’io stimo e auspico un buon idraulico al solito laureato in scienza della comunicazione che non ho mai capito cosa sia:-)

    • PinoMamet scrive:

      Mi si dice che Scienze della Comunicazione stia a Lettere come Marketing sta Economia;
      credo tutto sommato che il paragone regga su più piani:
      antropologico-sociale (lo stesso tipo di iscritti ai relativi corsi);
      di qualità dello studio (più “peso” a Lettere ed Economia, più “frivolo” a Comunicazione e Marketing)
      di indirizzo dello stesso (serietà vs “spettacolo”)
      e penso anche in termini temporali (create su per giù nello stesso periodo Marketing e Scienze della, o comunque negli stessi anni- che connotterò con la sola lettera B 😉 – hanno avuto il boom degli iscritti)

      ciao!

    • Peucezio scrive:

      Maria, ma in questo modo tu comunque condizioni a priori e influenzi pesantemente un destino. La scuola non è solo una cosa che apre delle possibilità, ma ne preclude anche altre, perché un luogo dove stai per molte ore al giorno tutti i santi giorni, oltre tra l’altro a rendere infelice e opprimente un’infanzia, condiziona pesantemente la personalità e il suo sviluppo.
      Tu puoi anche disprezzare le attitudini non solo pratiche, ma esistenziali che sviluppavano i bambini che passavano l’infanzia in mezzo alla strada, nei cortili, nei campi, ma resta il fatto che quelle persone hanno sviluppato delle risorse umane e spirituali che gli uomini moderni alfabetizzati (che è ben altra cosa che colti) si sognano.
      Infatti fosse per me non esisterebbe la scuola in nessuna forma, ma quei pochi bambini e ragazzi (che sono pochi per ragioni statistiche, così come sono pochi quelli sopra o sotto una certa capacità intellettiva, una certa statura, una certa misura toracica ecc.) che mostrano attitudini all’astrazione e alla conoscenza non solo di carattere pratico, indipendentemente dal censo, dovrebbero ricevere un’istruzione privata, in casa o, al massimo, proprio come extrema ratio, in piccolissimi gruppi, da un maestro. Il quale dovrebbe essere coltissimo e soprattutto non dovrebbe mai aver aperto in vita sua un solo libro di pedagogia, di scienze dell’educazione e di tutto ciò che c’entri con la didattica, il metodo, anziché i contenuti culturali puri.

  51. Roberto scrive:

    Non so se io fossi il papà di Mario rossi ad una nota “disturba” mi sentirei obbligato a prendere un paio di ore di ferie per andare a parlare con la laconica insegnante (cosa abbastanza fastidiosa). La seconda nota sarebbe sufficiente per riempire di mazzate Mario

    • mirkhond scrive:

      In Lussemburgo la scuola è più seria? I docenti sono più rispettati da alunni e genitori?
      ciao

      • Roberto scrive:

        Caro mirkhond, sul rispetto e serietà non posso dirti perché i miei figli vanno ad una scuola privata per questioni linguistiche. Diciamo che qui i prof sono molto ben pagati (iniziano sui 4500 euretti al mese) e ammetto la mia debolezza di vedere un legame diretto tra stipendio e rispetto sociale (non perchè non rispetto chi guadagna poco ma perché credo che chi guadagna uno stipendio da fame fatica non poco a trovare rispetto sociale). Sulla scuola che frequenta mia figlia è organizzata in modo scandalosamente autoritario e tutto dipende dai prof. Sento parlare benissimo degli italiani, le due maestre tedesche avute erano una un’imbecille e l’altra così cosà. Basti dire che mia figlia ha imparato tutte le lettere a ottobre del secondo anno e tutti gli hiragana giapponesi in quattro mesi (e il maestro giapponese è un vecchietto dolcissimo, che fa un’ora a settimana)

        • Moi scrive:

          @ Roberto

          http://www.youtube.com/watch?v=MYiEcPEZS2U

          … cmq hanno dei rituali di formalità espressiva che spesso “ci” sorprendono.

        • Moi scrive:

          http://www.youtube.com/watch?v=CdiR-6e1h0o

          … però la Prof. di Coreano è più carina 🙂 🙂 🙂

        • Moi scrive:

          ***** @ Roberto / Tutti :

          ogni lingua umana è un modello interpretativo della realtà secondo modalità diverse che aprono la mente, ma credo che quanto di più inconcepibile “altrove” su scala planetaria si trovi “da Noi”.

          Quanto segue è tratto da un sito di compiaciutissima sedicente “Grammatica Veneta” … gli adattamenti da “Dio” in “D**” sono pia opera mia.

          La cosa più incredibile è che è TUTTO DANNATAMENTE VERO :

          ——–

          La ricchezza del dialetto veneto non è nota a tutti. Ecco alcuni tra i numerosi significati che le bestemmie “Porco D**” o “D** can” possono assumere, al variare dell’intonazione, tradotti dal veneto all’italiano:
          Al passaggio di una bella ragazza: “D** Can!” = “Quale stupenda creatura!”.
          In risposta alla domanda “Sei sicuro?”: “D** Can!” = “Ne ho l’assoluta certezza”.
          Di fronte a un avvenimento particolarmente sfortunato: “(Ma) D** Can…” = “Sono oltremodo contrariato dal verificarsi di questa improbabile coincidenza.”
          Commento al resoconto di un’impresa particolarmente ardita di un amico, tipicamente la conquista di una ragazza:
          “D** Can!” = “Il mio stupore e la mia ammirazione per te hanno raggiunto livelli inimmaginabili”.
          In risposta alla domanda “Ma dovevi proprio comportarti in quel modo?”: “(Eh,) D** Can.” = “Che cos’altro avrei potuto fare, data la situazione?”.
          Di fronte a un interlocutore che accampa scuse poco credibili: “(Ma dai,) D** Can!” = “Non raccontarmi codeste fandonie, non sono nato ieri”.
          Come rafforzativo di una richiesta: “Dove hai messo quel porco D** di un martello?”, oppure: “Nane, D** Can, dov’è il martello?”.
          In sostituzione di vocaboli che al momento non sovvengono: “Gigi, passami il Porco D** che svito questo bullone”.
          Ovviamente tutti questi usi possono essere messi in combinazione tra loro generando frasi altamente incomprensibili per un non esperto. Ecco, ad esempio, un dialogo tra idraulici:
          – Toni: “D** Can Bepi, el Porco D** qua, spande ancora acqua! No ti o gavevi giusta’, D** Can?”

          « Perdinci, Bepi, che sventura! Codesto tubo ha ancora delle perdite! Mi sembrava che tu l’avessi riparato! Sei certo di averlo aggiustato bene? »

          – Bepi: “Porco D**!”

          « Certamente! Perché metti in dubbio le mie capacità? »

          – Toni: “D** Can, passime il Porco D** che ghe dago mi ‘na sistemada… Ciapa, D** Can, varda che lavoreto!”

          « Non raccontarmi fandonie, il fatto è che perde ancora! Passami piuttosto la chiave inglese che lo sistemo io… Ecco, guarda bene che bel lavoro ho fatto! »

          – Bepi: “D** Can!”

          « Ammirevole davvero! Devo riconoscere la tua maggiore esperienza in lavori di questo genere. »

  52. Roberto scrive:

    Ma in generale è il “neanche lo deve dimostrare” che mi disturba, come esistesse una categoria di lavoratori che devono rendere conto solo alla loro coscienza. Leggo che tu seji stato abbastanza fortunato con i tuoi professori. Beh io non solo a parte un paio ho trovato solo imbecilli scansafatiche (del tipo liceo classico dove l’insegnante di italiano ha fatto *solo* Dante per tre anni) ma ho avuto la sfortuna di incrociare il mio cammino professionale con autentici banditi. Che mi dici di una prof di francese in un istituto per segretari corrispondenti estero che confessa prima della maturità “i miei ragazzi non sanno sostenere una conversazione in francese” tenendo conto che la stessa classe poteva ampiamente lavorare in inglese e tedesco? certo eccezioni, mele marce ma per dire nell’orrida eurocrazia il tizio che non dimostra di fare il suo va a casa punto e basta

  53. Roberto scrive:

    Giusto per completare alla maturità c’erano due compagni di classe che non sapevano leggere il greco (nel senso che leggevano xi “e grande”). Matematica abbiamo fatto solo monomi e polinomi, fisica 25 pagine, chimica e storia dell’arte 0 visto che i prof dormivano in classe. Cerano giornate intere che passavo in palestra a giocare a basket (con la complicità criminale del prof di ginnastica). Vero che avevo un fisico bestiale ma ancora mi stupisco quando penso essere in grado di scrivere due frasi di senso compiuto

    • PinoMamet scrive:

      Ammazza e dove hai studiato, nel Bronx?
      😉

      Davvero, mi descrivete una scuola che proprio non quadra per niente con i miei ricordi.
      Va bene che il greco, per fare l’esempio che ho più sottomano, era ostichetto per tutti, ma almeno tutti sapevano leggerlo, cribbio! 😉

      Gli unici professori che ricevevano critiche erano:

      – un professore di chimica, “settantasettino”, in realtà personalmente preparato, ma “troppo buono”; non è che non spiegasse, è che era “largo di manica” nei voti e lasciava che si copiasse;

      -una professoressa di greco, “sessantottina” (questa non era nella mia sezione; a parte che le sezioni erano due, ed esclusivamente per il mio anno a causa di un boom di iscritti, altrimenti una sola…) che in effetti sapeva il greco maluccio (ma lo sapeva) in compenso era una grande fan di Luciano Canfora e si occupava della parte sindacal-gestionale della scuola (la ricordo sempre irrompere nella nostra classe con una “circolare”);

      – un prof di filosofia (anche lui nell’altra sezione) anch’egli troppo “buono”, venuto al posto del pensionato ex ufficiale di marina.

      Passare le giornate in palestra sarebbe stato inconcepibile, anche perchè non avevamo una palestra nostra, e per l’ora di ginnastica bisognava sempre prendere accordi preventivi con altre scuole o realtà non scolastiche, sicché cambiavamo location quasi ogni anno.
      E poi perché sarebbe stato inconcepibile e basta! 😉

      ciao!

      • Roberto scrive:

        A Bologna. Il prof di ginnastica era l’allenatore della squadra in cui giocavo. Il fatto è che se avessi avuto dei prof appena un pò più decenti adesso starei qui a parlare da pari a pari con te di filologia invece che massacrarmi gli zebedei a studiare pallosissimi testi giuridici 🙂

        • PinoMamet scrive:

          😉
          Tra te e Moi mi descrivete Bologna come un posto deleterio per gli studi!!
          Si vede che avete rimediato con le doti personali, però!!
          😉

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        sai cos’è?
        Alla fine, se confrontiamo le varie esperienze scolastiche di ciascuno di noi non ne veniamo più fuori, perché ognuno ha un’esperienza diversa (nel caso di Lisa poi dall’altra parte della cattedra).
        Da quello che scrivo, uno dovrebbe credere che chissà che schifezza di professori ho avuto io, invece non solo sono stati nel complesso validi (anche se poco stimolanti, con alcune eccezioni), ma grazie a quella scuola (ma anche grazie a me) io ho ancora una cognizione del latino e del greco non molto comune nella mia generazione (non parliamo di quelle successive!), anche se nettamente inferiore a quella di quei vecchi che sono andati a scuola nella prima metà del secolo e, dopo essersi occupato di altro per una vita, dopo cinquant’anni sapevano ancora tradurre un testo all’impronta ed enunciare esattamente una regola grammaticale.

        Ma il guasto va giudicato, io credo, proprio dai risultati. Se ormai i laureati, persino in facoltà umanistiche, scrivono (e parlano) facendo errori non solo di sintassi, ma di ortografia (!!), vuol dire che qualcosa non va.
        E non parlo della svista, che capita a tutti, ma del fatto di credere che una cosa vada scritta in un certo modo.
        Se i miei amici docenti universitari mi raccontano che ogni anno la gente che va a dare gli esami ha una cultura generale sempre più scarsa per cui le mancano le coordinate minime in cui inserire le nozioni; se un mio cugino che si è diplomato a un liceo scientifico in un paese pugliese circa otto anni fa e me ne parlava come di una scuola-barzelletta, mi dice che ora, dando lezioni private di fisica a studentesse dello stesso liceo, il livello è peggiorato anche rispetto a quello standard, che sembrava non avere margini di peggiorabilità… insomma, forse stiamo dissipando un patrimonio di competenze e di cultura. Malgrado la scuola e forse ormai grazie ad essa.

  54. Moi scrive:

    @ Mirkhond
    __________

    Interessante la scritta sui muri che riporti, anche se non mi sorprende affatto … in effetti accanto al “Gesù Ufficiale del Vaticano” ci sono interpretazioni molto diverse, tutte concordi però nel ritenere Gesù il più iconoclasta e il più socialisteggiante della Tradizione Monoteista.

    E’ presentato così, iconoclasta e socialisteggiante, anche “Issa” del Corano ? 😉

    • Moi scrive:

      Ci sono anche certi Cristiani Rinnati (o giù di lì) che vogliono dimostrare per via comparativistica che Gesù fosse “più buono” di Maometto … penso che siano paragoni sbagliati essenzialmente per un motivo: il ruolo.

      Mi si corregga se sbaglio, anche se penso di sbagliare di poco ma … Gesù viene “inviato” a riportare la Fede in un mondo devastato dalla corruzione, Maometto invece viene “inviato” a riportare l’ ordine in una situazione caotica e “anarcoide”.

      Dal punto di vista della Tradizione MonoTeista NON si tratta di “opposizione” fra i Due, ma di “completamento” … no ?

  55. mirkhond scrive:

    Il vero distinguo tra Gesù e Maometto è che il primo viene considerato DIO INCARNATO e SIGILLO DELLE PROFEZIE, il secondo un UOMO che considera Gesù/Issa il suo PIU’GRANDE PREDECESSORE, nato da VERGINE, ma SOLO UN UOMO ANCHE LUI, mentre il SIGILLO DELLE PROFEZIE è lo stesso MAOMETTO.
    Questa e SOLO QUESTA è la VERA DIFFERENZA tra Gesù e Maometto.
    ciao

  56. mirkhond scrive:

    Gesù viene ovviamente considerato DIO nel Cristianesimo.

    • Moi scrive:

      @ MIRKHOND

      Vero, ma nulla impedisce di dire a un Musulmano Ecumenico 🙂 che lo stesso Dio dopo (!) essersi fatto Uomo ha scelto di mandare l’ Arcangelo Gabriele a portare il Messaggio Definitivo “updated” 🙂 😉 a Maometto

      .

  57. Moi scrive:

    @ MAURICIUS

    In realtà è una tesi _ quella dell’ Età di Mezzo tra il Paganesimo e òa riscoperta di esso in Occidente_ sostenuta vittimisticamente “con un certo contegno” da Vittorio Messori, ma non di rado esasperata in “Chiagn’e e Fott’e” Style 🙂 da apologeti come Rino Cammilleri e Antonio Socci.

    Però in fondo mica è sbagliato: il disprezzo antropologico verso i “Fanatici della Religione” è (stato) a lungo intecambiabile fra Ebrei, Cristiani e Musulmani … “conosciuti” (si fa per dire) molto di più in forma caricaturale ad opera di qualche becera satira malevola che NON invece direttamente.

    Oggi, dopo la Shoah, c’ è generalmente molto pudore a criticare l’Ebraismo, l’ Islam mi sembra che venga più demonizzato che non (comunque) ridicolizzato mentre il Cristianesimo, Cattolicesimoin primis, mi sembra che al contrario venga molto più ridicolizzato che non (comunque) demonizzato.

    Sicuramente il Nemico Preferito della UAAR è il Cattolicesimo.

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