Mi scrive Imed…
Buongiorno Miguel,
stamattina, armato di macchina fotografica, ho fatto un giro a Ez-Zahara (periferia sud di Tunisi).
Ti invio alcune fotografie ed altro materiale trasformato in file immagine con uno scanner.
Il partito di Ben Ali, organizzatissimo, era onnipresente. Praticamente, in ogni quartiere c’era una sede di una cellula “costituzionale”.
Allego copia di un estratto conto corrente della “cellule destouriene Essafa” (Essafa è una quartiere di Ez-Zahra). Anche se risale al 1997, dimostra che ogni cellula aveva una propria autonomia finanziaria.
Allego copia di 4 tessere elettorali (nuove), che si trovavano insieme a tante altre nella sede di una cellula del partito (Essafa). Spesso, il cittadino non doveva neanche scomodarsi per andare a votare, gli attivisti del partito lo facevano al posto suo, alla sua insaputa o consensualmente.
4 fotografie, trasformate in file immagine con uno scanner, mostrano:
1) la sede della cellula Essafa (nel 1989) poi data alle fiamme durante la rivoluzione del gelsomino.
2) Membri della cellula durante una riunione, mentre cantavano l’inno nazionale.
3) La donazione ai poveri di agnelli all’occasione della festa del “sacrificio d’Abramo”. Queste povere persone sono quelle che applaudivano nelle occasioni ufficiali del partito e gridavano: “viva Ben Ali”. L’addetta alle pulizie di una società in cui ho lavorato e che usufruiva di un sussidio mensile pagato dalla cellula del partito, si assentava regolarmente quando Ben Ali andava da qualche parte a fare un discorso. Era costretta, per non perdere il suo misero sussidio mensile, ad applaudire e inneggiare a Ben Ali.
Continuano a circolare, di notte, macchine con uomini armati che sparano sulla gente. L’esercito ha intensificato le perquisizioni delle autovetture.
Viale (e Piazza) 7 novembre di Ez-Zahra, sono stati intitolati, come puoi constatare dalle fotografie a Mohamed Bouazizi (il giovane che si diede fuoco per affermare la sua dignità, dopo essere stato schiaffeggiato da una poliziotta quando si oppose al sequestro della sua povera bancarella).
Domani riprendo il lavoro, i miei impegni professionali richiedono 12 ore al giorno; tuttavia, ti terrò informato.
Imed.
Consiglio a tutti i francofoni di leggere questa analisi dello studioso belga Pierre Piccinin, tutt’altro che confortante:
http://pierre.piccinin-publications.over-blog.com/article-maghreb-tunisie-tout-changer-pour-que-tout-reste-pareil-65063724-comments.html
Da qualche tempo quando le rivoluzioni puzzano di fiori non c’e’ molto da fidarsi. Guarda anche come ilsole24 conclude l’articolo di oggi: “Sono le ore più difficili per la rivolta che ha abbattuto Ben Alì: la battaglia decisiva per restituire la Tunisia alla volontà popolare”.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-01-16/battaglia-tunisi-miliziani-attaccano-172640.shtml?uuid=AaMCLM0C#continue
Se la “volontà popolare” fosse il Fronte islamico tunisino o il Partito Comunista maoista credo chi i toni nella stampa internazionale sarebbero ben diversi…
Per Martinez
Quanto all’articolo di Piccinin, mi sembra che la stessa cosa sia avvenuta con la Romania di Ceausescu. Eliminato lui, nell’immediato furono alcuni della sua cricca a prendere il potere, per il semplice motivo che la repressione non aveva lasciato alcun oppositore che si potesse candidarsi a succedergli. (Posso sbagliarmi, ma credo che uno dei successori del regime stalinista Albanese fosse il medico personale di Hoxha). Dove tali successori invece ci sono allora è possibile che una nuova dittatura nasca dalle lotte fra i successori (Iran). Spesso la rivolta lascia spazio ad anni di delusione e frustrazione fra quanti hanno visto morire i propri amici e si tovano in una vita quotidiana non molto diversa da quella che ricordano ai tempi del dittatore. Non mi stupirei che nei prossimi anni ci fosse un aumento dell’emigrazione più o meno clandestina dalla Tunisia, così come c’e’ stata dalla Romania (e dall’Albania). Anche in Bolivia un cacicco è dovuto scappare fortunosamente, ma questo non ha inaugurato l’era del paradiso in terra. Ha solo ridato fiducia, senza risolvere molto in concreto. E’ solo coi decenni che si notano i vantaggi della rivolta vittoriosa. L’espulsione del dittatore mostra al popolo -che ribellandosi l’ha provocata- che si puo’ ricominciare col tempo a vivere e a progredire. Se il tiranno muore nel suo letto (Spagna, Rep.Dem.Congo) o viene eliminato alla fine di una guerra persa da chi collabora coi nemici esterni del regime (Iraq, Italia, Argentina) allora i veleni della dittatura non sono eliminati propriamente, e continuano a girare in circolo per decenni. (A limite: se Hitler fosse stato abbattuto da una rivolta spontanea di Tedeschi prima dell’attacco alla Polonia oggi non avremmo tanti nostalgici che lo dipingono come difensore dell’Europa dal bolscevismo). Rimane vero quanto affermato da Emma Bonino (una delle poche cose sulle quali concordo con lei): la strage di legalità precede la strage di esseri umani. Se è così, il ripristino di una legalità formale pè condizione necessaria -non sufficiente!- per il ripristino di una società appena decente.
Ciao!
Andrea Di Vita
Scusa, ma dove li vedi questi “tanti nostalgici” del baffetto tedesco?
A me sembra ce ne siano ben di più del mascellone nostrano, che pure è stato fucilato da italiani purosangue, a differenza del baffetto, i cui gerarchi furono processati dagli yankees.
Sulla positività di Mussolini se ne discute, anche a livello politico, ma nessuno si sognerebbe di riabilitare anche lo 0,1% di quello che ha fatto lo zio Adolfo.
Per Rock & Troll
Ormai il duce è nè più nè meno che Madre Teresa o Paperino. Acnora un po’ e ce ne ritroveremo l’icona sul cruscotto dei taxi, a fianco di quella di Padre Pio e della solita targhetta ‘Non mi serve un papà veloce: mi serve un papà’.
Ma anche al baffetto, di estimatori non ne mancano (magari solo al bar dello Sport, ma tant’e’). A me hanno chiesto di tradurre cosine tipo ‘berremo insieme il sangue degli Ebrei…’
Caduto il Muro, i sacchetti di spazzatura si sono messi in marcia.
Del resto, chi si rende conto quanto sfacciata sia l’impunità di cui gode oggi lo Stato di Israele, se non è proprio imbevuto fino al midollo di carità cristiana (o di relativismo etico o di coscienza di classe, fa’ tu) comincia a chiedersi ‘ma allora, il baffetto…’ E’ un ragionamento che dà la nausea, visto che da che mondo è mondo un’atrocità non giustifica altre atrocità. Ma tant’e’…
Ciao!
Andrea Di Vita
—-Posso sbagliarmi, ma credo che uno dei successori del regime stalinista Albanese fosse il medico personale di Hoxha. ADV—
No, non ti sbagli. Ed è tuttora il Primo Ministro albanese, dopo essersi fatto eleggere dal Parlamento per ben due volte (il massimo consentito dalla Costituzione) Presidente. Si chiama Sali Berisha.
A proposito di Berisha, leggi qui una notizia fresca-fresca:
http://www.loccidentale.it/articolo/una+%22striscia+la+notizia%22+albanese+mette+nei+guai+il+premier+berisha.00101197
Per Ritvan
“di fronte alla giustizia io vorrei essere un semplice cittadino come tutti gli altri”
Sarebbe bello sentire queste parole anche da noi.
Ciao!
Andrea Di Vita
Credo che i lettori di Kelebek abbiano per la maggior parte dei sani anticorpi antiretorica. E quindi giustamente diffidino dei discorsi sulla “democrazia che abbatte le dittature”, di cui abbiamo avuto un’indigestione ai tempi delle invasioni neocon dell’Iraq e dell’Afghanistan.
La capacità di non farsi convincere dagli slogan è un’ottima cosa.
Esiste però anche il rischio contrario: se vediamo una manipolazione occidentalista dietro ogni cosa che succede nel mondo, vuol dire credere che siamo arrivati davvero alla fine della storia, perché non esiste altro che la storia fatta dagli occidentalisti stessi.
Invece, la storia esiste, perché il sistema mondiale si fonda sugli squilibri, da cui nascono continuamente reazioni. Le reazioni possono essere imbrigliate o manipolate, ma esistono.
Ora, la rivoluzione tunisina – la prima da decenni in un paese arabo – è certamente una rivoluzione “democratica” e “pacifica”, senza particolari caratterizzazioni ideologiche; e questo può far sorgere sospetti.
Ma non è stata preceduta dalla minima propaganda favorevole in Occidente. Anzi, i media occidentali, fino a qualche settimana fa, sono stati unanimi nel parlare bene della “isola di moderazione e modernità” rappresentata dalla Tunisia. Dominique Strauss Kahn, capo del Fondo Monetario Internazionale, ha elogiato pubblicamente Ben Ali. Frattini ha ribadito il sostegno dell’Italia, Sarkozy ha addirittura promesso aiuto nella repressione dei moti di piazza.
E sappiamo tutti della collaborazione tra i servizi italiani, a loro volta legati totalmente a quelli USA-NATO, e quelli tunisini, nel “monitorare” i migranti in Italia (a fianco di quelli marocchini ed egiziani).
Il regime di Ben Ali ha campato per oltre vent’anni con il ruolo di “occidentalizzatore” della Tunisia.
Il problema è che il regime non solo difendeva l’Occidente e torturava o ammazzava gli oppositori; il regime era anche un clan di ladri, affine a quello di Somoza o di Marcos. E quindi era immensamente e trasversalmente impopolare, tanto tra i disoccupati quanto tra i piccoli imprenditori; tra i laici e i musulmani, tra i contadini e tra gli intellettuali.
E’ vero che in questi ultimi giorni, stanno tutti scaricando Ben Ali, a partire dalla Francia che non lo ha fatto scendere dall’aereo a Parigi, ai giornali che improvvisamente hanno scoperto che era un ladro. Solo il ministro israeliano Silvan Shalom, nato in Tunisia, continua a difenderlo, e lo fa in maniera piuttosto indiretta: http://www.allvoices.com/contributed-news/7903886-israel-fears-a-rise-in-islamist-tunisia-after-the-fall-of-ben-ali/content/69040845-tunisian-president-zine-el-abidine-ben-ali-speaks-at-the-parliament Una posizione legata però forse non tanto agli interessi israeliani, quanto al fatto che gli ebrei tunisini erano legati al dittatore http://jewishrefugees.blogspot.com/2011/01/will-ben-ali-s-departure-be-good-for.html , come avviene spesso con le minoranze mediorientali (si vedano gli alawiti in Siria e in Turchia, i Rom e i cristiani in Iraq, ecc.).
Ma è normale che nessuno speri nel ritorno di Ben Ali, e quindi cercano tutti di prenderne le distanze, come avvenne a suo tempo con lo Shah dell’Iran.
La questione adesso è cosa succederà dopo la rivoluzione, una volta che Ben Ali è stato cacciato, in un paese in cui l’esercito e i poteri economici sono le uniche organizzazioni efficaci. E si può immaginare quali agganci abbiano nelle capitali occidentali.
Concordo quindi con i dubbi di Andrea Di Vita o di Pierre Piccinin.
Però credo che chiunque conosca dei tunisini sia contento che il ladro e torturatore sia andato via, a prescindere da questioni più ampie; ma ovviamente ci interessano proprio le questioni più ampie.
Tutte le fonti tunisine che io conosco, e tutti coloro che sostengono la rivoluzione tunisina, sono sicuramente “antimperialisti”, in un senso molto generico, e legati a un’idea di indipendenza del mondo arabo dal dominio occidentale. http://nawaat.org/portail/2011/01/17/complicite-international-non-plutot-complot-international-contre-les-tunisiens/
E certamente il messaggio della rivoluzione tunisina è di enorme incoraggiamento per i popoli arabi: anche ad esempio nel Libano, dove gli occidentali in questo periodo stanno cercando di schiacciare movimenti sostenuti dalla maggioranza della popolazione.
“Esiste però anche il rischio contrario: se vediamo una manipolazione occidentalista dietro ogni cosa che succede nel mondo, vuol dire credere che siamo arrivati davvero alla fine della storia, perché non esiste altro che la storia fatta dagli occidentalisti stessi.
Invece, la storia esiste, perché il sistema mondiale si fonda sugli squilibri, da cui nascono continuamente reazioni. Le reazioni possono essere imbrigliate o manipolate, ma esistono.”
Questa in effetti è un’osservazione metodologica sacrosanta.
In me poi rimane il forte sospetto che gli americani non abbiano perdonato a Ben Alì l’asilo a Craxi, perché gli americani saranno pure pragmatici, ragioneranno secondo l’hic et nunc, ma hanno la memoria lunga (parlo ovviamente delle ristrette élites dirigenti, in cui c’è una fortissima componente ebraica).
Certi gesti politici hanno un peso: per un capo di stato, aver ospitato un capo di stato estero perseguitato dal proprio paese (sempre su impulso dell'”Impero”) non è un gesto indifferente o marginale.
Però, non mi si fraintenda, il mio è niente di più di un sospetto: ne so troppo poco per essermi formato un’idea definita.
Per i francofoni: http://24sur24.posterous.com/nous-noublierons-jamais-que-la-france-a-soute
Per Martinez
”suedois”
Parlare -come fa il testo- di commandos svedesi oggi in Tunisia mi sembra davvero paranoico. Mi sembra più verosimle che siano turisti, magari armati in cerca di cacciagione.
‘Berlusconi”
Che i nostri servizi segreti siano andati a braccetto coi pari grado Tunisini nella lotta al terrorismo/all’immigrazione clandestina è cosa risaputa. Ne parla persino Andrea Camilleri in uno dei racconti del Commissario Montalbano. Mi chiedo come la cosa potrebbe cambiare con un futuro governo a Tunisi, data la vicinanza geografica dei nostri due Paesi.
Non ho mai capito invece la faccenda dei nostri pescherecci di Mazara, occasionalmente mitragliati dai guardacoste di Tunisi.
Ma mi preme ricordare qui che -a parte qualche puntata occasionale di Mediterraneo, il settimanale di Rai3 sui problemi della regione- nessuno prima di questi fatti in Italia ha parlato dei problemi dei diritti umani in Tunisia -al di fuori del solito bollettino di Amnesty.
Nulla a che fare ad esempio con la stampa negativa che ha avuto Gheddafi.
Dopo che gli Israeliani hanno bombardato a Tunisi la sede OLP (prima, credo, dell’ascesa al potere di Ben Alì) semplicemente di Tunisia non si è più parlato, tranne che per le occasionali mitragliate ai pescherecci di cui sopra.
C’e’ una eccezione: Licia Colo’ con il suo ‘Alle falde del Kilimangiaro’. La conduttrice, che pure non è del tutto disimpegnata politicamente -ha fatto più puntate contro il turismo sessuale e sul contrabbando di specie rare finalizzato a combattimenti clandestini- non ha mai nascoso la sua viscerale passione per la Tunisia, Paese in cui dice di tornare da turista ogni volta che puo’ e che ha sempre consigliato ai suoi telespettatori. Viste le incredibili tariffe last-minute per la regione, devo dire che da buon Genovese ho pensato più volte di seguire il consiglio della Colo’.
Speriamo solo che tanta ammirazione non ci venga rinfacciata come interessata complicità -o quantomeno come cokpevole disiniteresse- dai Tunisini del futuro.
Una nota a margine, ma credo interessante. Leggo oggi su City l’intervista a un imprenditore Italiano che in Libia si occupa di far apprezzare ed acquistare ai locali i prodotti della nostra gastronomia. Il mercato di tutta l’area, dce, è in crescita, le occasioni sono d’oro. Secondo lui il problema più grave è l’ignoranza: quella Libica, nel capire che tenersi mano nella mano con la propria moglie senza veli sul viale principale del paesello alle sei del pomeriggio non è scandaloso; quella Italiana, nel cercare di vendere yoghurt resi cremosi con addensanti a base di grasso di maiale, o carne macinata partendo animali macellati in modo non certificato halal.
Ciao!
Andrea Di Vita
Una dichiarazione dei Fratelli Musulmani: http://www.ikhwanweb.com/article.php?id=27839
Tunisia,next is what?
The Muslim Brotherhood in Egypt has called on all Arab and Islamic factions to stand by the Tunisians. It commended the people’s uprising and its fight for its fight for freedom and dignity congratulating the Tunisian on its well earned victory.
In its statement the MB stressed that the Tunisian’s have made history, with its steadfast and adamant stance demanding the withdrawal of the tyrant Dictator Zine El Abidine Ben Ali, who fled the country, disregarding his aides his friends and his family in the unprecedented humiliation of an Arab leader.
The MB urged the Arab regimes and the World to heed the voice of the people who called for public freedoms and democracy. It stressed that this would ensure stability, development and justice for all. It asserted however that it was imperative that the approach be an Islamic moderate one.
The group called on the Arab and Muslim rulers to engage with their people in civilised dialogue and not to employ violence while dealing with the people and to draw the conclusions from the Tunisian dictator’s experience.
The MB urged the world’s powers to stop intervening in the Arab world affairs and to note that the oppressed Arabs are able to take matters into their own hands if pushed so far. It called on the West not to support dictators and authoritarian rulers.
The group called on the Tunisian people to remain steadfast and called on the new leader to assume full responsibility, and maintain the country’s security and interests of people.
The MB urged Tunisia’s temporary leader to allow the peaceful transition of power stipulated in the constitution. It encouraged the new leader to rectify the tyranny and corruption left by Ben Ali and to allow the people to enjoy freedom, democracy, and social justice. It called on them to form a free parliament and choose the head of state in accordance to the will of the people.
The head of the Tunisian Islamist Al-Nahda Islamist Movement, Rashid Al-Ghannouchi described Mohamed Al-Ghannouchi coming to power as getting around the popular revolution against the regime of the Ben Ali, the dictator.
He pointed out that Mohamed Al-Ghannouchi is Ben Ali’s man and will not be with the people and bring about reform.
Al-Ghannouchi called on the Tunisian people to continue their strike until Ben Ali resigns, pointing out that Ben Ali is still president according to the constitution.
Al-Ghannouchi stressed on the importance of having a government with national unity that includes all political powers and academics as well as having a new approach to build a strong state and bring about political and social reform.
Più che l’esercito, sottodimensionato e dotato di pochi ed antiquati mezzi al punto che in questi giorni c’è chi teme un’invasione algerina o libica che rimetta le cose a posto, pare che la “forza armata privilegiata” da Ben Ali fosse la polizia, dagli organici almeno cinque volte superiore, occhiuta ed onnipresente.
Per Io non sto con Oriana
Raramente i dittatori confidano nelle forze armate regolari. Nè Saddam, nè Mussolini, nè Hitler, nè Stalin nè Duvalier hanno rinunciato ad una propria milizia distinta. Avere abolito tale distinzione ha portato al collasso le forze armate, come successe con Pol Pot e il Mao della Rivoluzione Culturale. L’assenza di tali milizia distinte dalle forze armate sono i dittatori provenienti essi stessi dalle file delle forze armate, come Pinochet o Videla. E ciononostante c’e’ almeno un militare dittatore che si è creato le proprie milizie: il dominicano Trujillo. Prive delle tradizioni d’onore militare (che saranno pure inventate, ma che comunque esistono e sono molto forti per chi fa il soldato), tali milizie distinte sono ideali per il lavoro sporco, come la bastonatura a morte degli avversari politici inermi o il genocidio. Quanto scrivi sui rapporti fra forze armate e milizie privilegiate da Ben Alì mi toglie ogni dubbio residuo sulla natura dittatoriale del governo di quest’ultimo.
Ciao!
Andrea Di Vita
“Ora, la rivoluzione tunisina – la prima da decenni in un paese arabo – è certamente una rivoluzione “democratica” e “pacifica”, senza particolari caratterizzazioni ideologiche; e questo può far sorgere sospetti”.
Questa frase da te davvero non me la aspettavo: la democrazia (rappresentativa, parlamentare) ed il pacifismo (delega della violenza alle preposte istituzioni dello Stato) non sarebbero quindi “caratterizzazioni ideologiche”?
Hai perfettamente ragione rispetto alla Storia e spero vivamente che la partita in Tunisia -e altrove- sia ancora aperta. Ma per la “manipolazione occidentalista”, purtroppo, non è sempre necessario il complotto dei servizi occidentali. Cosa chiedono “spontaneamente” gli insorti? L’applicazione della sharia o la nazionalizzazione dei mezzi di produzione? Mi sembra di no. Almeno stando alle notizie che ho potuto leggere, chiedono libere elezioni in “par condicio” per un nuovo governo (forse “d’unità nazionale”) trasparente e democratico. Fukuyama non potrebbe stare più felice.
Per nic
”Fukuyama”
E’ forse troppo presto per dirlo. Se gli insorti chiederanno più privatizzazioni nei servizi pubblici, allora concordero’ con te 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
Ipocrita!
per la nostra vittoria basta e avanza che chiedano libertà politica, la Svezia mica è una minaccia per l’Occidente
🙂
Ciao
Per Francesco
”Svezia”
Lo credo che non è una minaccia. Ha introdotto la socialdemocrazia e rifiutato il liberismo prima di tutti gli altri! 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
ma non eri tu “o comunismo o barbarie”?
😕
Per Francesco
Certo. Ma meglio il 10% del Comunismo (la socialdemocrazia) che lo 0% (il liberismo). Meglio un pochino di bene che la sua totale assenza.
Ciao!
Andrea Di Vita
Credo che il comunismo vero, non quella roba che citi tu e che potremmo chiamare socialismo, sia come la verginità: o c’è o non c’è, le vie di mezzo sono solo bugie
Però concordo con te che la società migliore NON è l’applicazione rigida e precisa di nessun singolo principio ma che per ogni questione vada cercata la soluzione specifica
Quindi una (piccola) percentuale di socialismo ci vuole
Ciao
“la società migliore NON è l’applicazione rigida e precisa di nessun singolo principio ma che per ogni questione vada cercata la soluzione specifica”
SONO PIENAMENTE D’ACCORDO CON TE.
ciao
“Ma mi preme ricordare qui che -a parte qualche puntata occasionale di Mediterraneo, il settimanale di Rai3 sui problemi della regione- nessuno prima di questi fatti in Italia ha parlato dei problemi dei diritti umani in Tunisia -al di fuori del solito bollettino di Amnesty.”
I diritti umani si sa, li violano solo i nostri nemici.
ciao
beh… anche i più ortodossi teorici del Modello Assoluto Universale possono tollerare qualche variazione folklorica autoctona. In Messico, per esempio, da tempo concedono che il cheese burger di Mac Donalds si possa condimentare opzionalmente anche con “salsa chile”; in Tunisia sembra che, caduto il vecchio regime, vogliano iniziare privatizzando “la donazione ai poveri di agnelli all’occasione della festa del “sacrificio d’Abramo a cambio di applausi”. 😉
Per nic
…se almeno fossero ‘agnelli’ con l’iniziale maiuscola, noi Italiani saremmo avvantaggiati 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
Per Nic
Attenzione. Perché nella sacrosanta diffidenza per il linguaggio manipolato, lasci il linguaggio stesso in mano al nemico.
Lasciamo perdere per un attimo la rivoluzione tunisina in sé, consideriamo solo le parole che ho usato per definirla: “democratica” e “pacifica” (non “pacifista”).
Due parole indubbiamente care alle più stucchevoli retoriche; ma nei fatti, qual è il contrario? “Dittatoriale” e “violento”. E la dittatura e la violenza non sono dei beni in sé…
Ora, la rivoluzione tunisina è un’insurrezione generale di un’intera società, che patisce 1) un regime cleptocratico, 2) le conseguenze del neoliberismo applicate da quel regime.
E’ una rivolta viscerale, che non parte da una grande analisi del secondo punto, anche perché chi poteva fare analisi, sta in carcere o in esilio, o nella tomba. Non ha obiettivi sociali o storici specifici; e infatti è ancora tutta da definire.
Chiede comunque un governo che abbia il consenso generale – e quindi è “democratico” – e lo fa senza impugnare le armi.
Visto che l’imperialismo è qualcosa che privilegia una parte del mondo e svantaggia un’altra, ne consegue che spesso:
1) gli amici miei 🙂 perdono, o manco esistono, nelle elezioni nei paesi occidentali. Un Galloway in parlamento è un caso rarissimo.
2) gli amici miei spesso vincono nelle elezioni nel Terzo Mondo. Penso a Venezuela, Ecuador, Honduras, Bolivia, Libano (dove Hezbollah e Aoun hanno preso insieme circa il 60% dei voti, che però sono meno del 50% dei seggi in parlamento a causa del sistema confessionale che vige in Libano).
Proprio per questi motivi, i neocon, pur parlando molto di “democrazia”, si sono guardati bene dal diffonderla nei fatti nel Medio Oriente.
Ora, non so chi vincerà le elezioni in Tunisia, e non ho motivo di pensare che sarà un mio amico; ma posso immaginare che da ora in poi, in Tunisia, si potrà parlare molto più liberamente di imperialismo, di sionismo, di neoliberismo e tutto il resto.
Che poi una rivoluzione sia “pacifica”, beh, è anche meglio, no?
Per Martinez
”pacifica”
E’ meglio non solo per motivi umanitari, ma anche per motivi politici più a lungo termine. E’ più facile far passare per AlQaedista chi sgozza il proprio nemico che chi si limita a urlargli o a scioperargli contro. Nemmeno ‘Libero’, da noi, ha insistito più di tanto sulla trita tesi del ”Ben Alì alleato dell’Occidente nella lotta al terrorismo”. Se Ben Alì avesse mantenuto il sangue freddo, non avesse fatto sparare un colpo e avesse lasciato i dimostranti saccheggiare qualche negozio e magari malmenare qualche giornalista occidentale, adesso a Tunisi ci sarebbero le truppe speciali idi mezza Europa a difendere ”l’amico dell’Occidente”. Ci vuole una faccia di tolla grande come il proprio conto in banca per fare come i Cinesi e proclamare delinquente quel bonaccione del Dalai Lama, che precisamente non ammazzando nessuno ha fatto un enorme lavoro propagandistico per il suo Tibet libero. Viceversa, i Palestinesi si sono bruciati la simpatia di intere generazini di Occidentali con la strage di Monaco del ’72 e con i dirottamenti aerei degli anni successivi.
Ciao!
Andrea Di Vita
però i palestinesi dicono che PRIMA di Monaco e dei dirottamenti, molto semplicemente la questione palestinese non esisteva
altro che simpatia, stavano come i Curdi o i Ceceni
non so a chi dare retta
Per Francesco
Concordo. Nemmeno io ho una risposta sicura e credibile. Non so: forse la strategia migliore per ottenere visibilità è di cominciare con gli attentati (per ottenere visibilità) e poi rinunciarvi (per ottenere credibilità come perseguitati). Gheddafi e Israele hanno fatto così, e prosperano. Il Dalai Lama non ha mai fatto attentati, e adesso i Tibetani sono cornuti e mazziati. Hamas li vuole fare sempre, ed è confinata a Gaza.
Ciao!
Andrea Di Vita
“Attenzione. Perché nella sacrosanta diffidenza per il linguaggio manipolato, lasci il linguaggio stesso in mano al nemico.”
Mi sembra che si regali al nemico soprattutto quando, in mancanza di meglio, ci si rassegna a chiamare “Rivoluzione” quello che tecnicamente è solo un “golpe civico-militare” che (per giusto e/o legittimo che sia) non preannuncia nessuna sostituzione della classe al potere, né cambio sostanziale del modello economico.
Solo l’allontanamento di un ladrone… Non vorrei che di questo passo terminassimo chiamando “rivoluzionario” anche prossimo governo Fini (la Rivoluzione dei Portaborse ?)
“Che poi una rivoluzione sia “pacifica”, beh, è anche meglio, no?”
Sicuro, e per tutto il resto c’è mastercard… 😉
E neppure l’insurrezione-golpe tunisina é pacifica. Il fatto che il “lavoro sporco” lo facciano i militari e polizia non significa che sia un pranzo di gala.
Per Peucezio
Io credo invece che la vendetta sia raramente un motore delle scelte politiche.
Premessa la mia stima per il rifiuto di Craxi a Sigonella, non sono d’accordo con coloro che insistono nel vedere in Tangentopoli una “vendetta americana”. Casomai, potrebbero aver pensato che Craxi si fosse dimostrato inaffidabile.
Pensiamo ad esempio alla reintegrazione nel sistema di Gheddafi, colpevoli in decenni passati di tremende “devianze” rispetto al sistema.
Oppure pensiamo alla facilità con cui vengono accolti in Israele certi estremisti di destra fino a ieri ritenuti “antisemiti”.
Credo che una persona che si lasciasse smuovere da sentimenti come la gratitudine o la vendetta, non arriverebbe mai al potere.
E non credo – ma qui stiamo nel campo dei pareri personali, senza alcuna prova – non credo che Ben Ali abbia “deviato” accogliendo Craxi: immagino che fosse una migrazione concordata con i governanti italiani, per togliere un problema imbarazzante all’Italia.
In effetti certi comportamenti vendicativi non sono necessariamente inquadrabili come atti politici, perché hanno una valenza politica di scarso rilievo o, tutto al più, le conseguenze politiche sono indirette, sono effetti secondari, per così dire.
Però le catture, di solito in forme illegali, con veri e propri rapimenti, di tanti ex gerarchi del III Reich, il processo ad Eichmann in conseguenza di uno di questi rapimenti, la vendetta sanguinaria, sistematica ed efficientissima contro i terroristi palestinesi di Monaco, sono tutte azioni che richiedono organizzazione, impegno implicano rischi materiali e diplomatici e soprattutto hanno costi economici non trascurabili.
Per Peucezio
“parlo ovviamente delle ristrette élites dirigenti, in cui c’è una fortissima componente ebraica” [(qualunque cosa l’aggettivo voglia dire)]
Se usassi questa logica, dovrei constatare in primo luogo che nelle “ristrette élites dirigenti” di tutti gli stati occidentali, c’è “una fortissima componente” cristiana (qualunque cosa l’aggettivo voglia dire).
Se usassi questa logica, dovrei constatare in primo luogo che nelle “ristrette élites dirigenti” di tutte le dittature latino-americane degli anni 70-80, c’era “una fortissima componente” cattolica (qualunque cosa l’aggettivo voglia dire).
E che tra le “ristrette élites dirigenti” dei paesi islamici, c’è “una fortissima componente” islamica (qualunque cosa l’aggettivo voglia dire).
E allora?
Ripeto: e allora?
(diosanto, come trovo ripugnati – e argomentativamente vuote– tutte le forme di razzismo).
L’argomentazione razzista può essere tra l’altro usata per sostenere esattamente il punto di vista opposto: per esempio “parlo ovviamente delle opposizioni politiche e culturali radicali americane, in cui c’è una fortissima componente ebraica”.
Oppure: “parlo ovviamente delle opposizioni politiche e culturali radicali egiziane, in cui c’è una fortissima componente islamica”.
Oppure: “parlo ovviamente delle opposizioni politiche e culturali radicali nei paesi dell’America Latina, in cui c’era una fortissima componente cattolica”.
Vabbe’…
Come non dare ragione ad August Bebel…
C’è un fatto di proporzioni.
Se in una popolazione fatta per il 98% di cattolici, l’1,9% di altre minoranze e lo 0,1% di ebrei, gli ebrei nei posti di potere sono, mettiamo, il 3%, allora gli ebrei hanno un potere sproporzionato alla loro entità numerica, mentre il fatto che ci sia una prevalenza di cattolici al potere è scontato, è in linea con la loro proporzione numerica.
Intendiamoci, non è che sia di per sé ingiusto il fatto che il potere non sia distribuito in proporzione alle varie componenti etnico-religiose. Ma intanto è corretto constatarlo anziché, come avviene comunemente, farne un tabù.
E poi, a partire da questo, si può analizzare a cosa è dovuta questa propoprzione , se sia un bene o un male per la maggioranza della popolazione, in che misura tali minoranze utilizzano questo potere a vantaggio proprio o della società nel suo complesso e ogni altra possibile implicazione di tale squilibrio.
Io comunque non trovo affatto ripugnante il razzismo, a maggior ragione se l’antirazzismo è uno strumento ideologico in mano ai più forti. L’Occidente bianco (e anche gli ebrei sono bianchi, con buona pace di Stormfront) si è servito nell”800 del razzismo evoluzionista nell’800 e si serve oggi dell’antirazzismo come legittimazione ideologica del suo potere oppressivo sul mondo. E il bello è che sia allora che oggi cerca di dare una veste di scientificità oggettiva alle sue deliranti dottrine.
“che poi una rivoluzione sia “pacifica”, beh, é anche meglio, no?”
…dear Miguel, oggi ti voglio particolarmente bene!
in più, chi puo’ impedire alle nuvole di far scendere la pioggia?
ciao+bacirivoluzionaripacifici
Per Giuseppe
Solo una critica logica, non in merito alle tue conclusioni: gli esempi che porti (con l’eccezione di quello sull’opposizione culturale americana) sono di segno opposto, si riferiscono cioè a casi in cui élite e maggioranza condividono un elemento. Peucezio, lasciando perdere completamente il giudizio sulla validità sul suo discorso, parla di discrasia tra rapporto maggioranza-minoranza nel “popolo” e nelle “élite”.
Casomai i paralleli potrebbero essere, “la forte componente alawita nelle élite siriane”, oppure “la forte componente cinese nelle élite economiche birmane”, oppure “la forte componente libanese nelle élite di Sierra Leone”, oppure “la forte componente bianca nelle élite boliviane”.
Per Nic
“Non vorrei che di questo passo terminassimo chiamando “rivoluzionario” anche prossimo governo Fini (la Rivoluzione dei Portaborse ?)”
Non c’è confronto tra un sistema, come quello italiano, in cui Berlusconi è colpevole di una serie di comportamenti sgradevoli, usa fondi pubblici per andare a mignotte, fa in modo da non finire in galera per truffe che ha fatto, ecc.; e un sistema come quello tunisino, in cui la sopravvivenza quotidiana della gente dipende in larga misura dall’avere o no la tessera del Partito in tasca o dai capricci del poliziotto al posto di blocco, che se vuole ti può anche portare via tutto quello che hai.
E’ un grosso cambiamento. Che poi sarà una vera “rivoluzione”, lo vedremo solo in seguito.
—-Berlusconi….usa fondi pubblici per andare a mignotte…MM—-
Poverino, lo devi capire, Miguel, lui è poverissimo e non ha i soldi per pagare le mignotte di tasca propria:-)
P.S. (serio) Miguel, usare impropriamente i soldi pubblici per fini privati – anche se fosse per donarli a Madre Teresa o a Telethon, invece che alle mignotte – configura un preciso reato (che il nostro amico Z. ti potrebbe definire meglio di me). E per affermare l’esistenza di tale reato magari ci vorrebbe almeno uno straccio di prova.
Per Ritvan
”straccio di prova”
…per esaminare pubblicamente le quali occorrerebbe poter arrivare al processo -magari, perchè no, alla presenza dell’imputato e in presenza di leggi che non vengono cambiate alla bisogna dall’imputato stesso- cosa che un certo premier di mia conoscenza cerca da anni in ogni modo di evitare…:-)
Ciao!
Andrea Di Vita
Per Miguel
No, non si tratta di una questione di “logica” (logica? forse intendi “retorica”, nel senso della scelta degli esempi “giusti”, dei paralleli precisi). Ho scelto quegli esempi intenzionalmente.
Il punto è proprio che, di fronte a un’affermazione che stigmatizza la prava natura di un qualsiasi gruppo di persone mettendo maliziosamente in rilievo che esiste al suo interno una componente “allogena” (alludendo ad un rapporto di causalità), io ho due reazioni:
1) individuo l’intenzione maliziosa come intenzione razzistica, ma soprattutto
2) penso immediatamente alla – presumibilmente maggioritaria – componente non allogena. E mi sembra decisamente più importante occuparsi di quella, se proprio ci si vuole limitare a tracciare i confini della malvagità di quel gruppo di persone.
Ovvero: se c’è una componente (per quanto – relativamente – “fortissima”), allora ci sono logicamente altre componenti, in assoluto – e non relativamente – più forti: e quelle sono per esempio maggioritariamente “cristiane” (negli Stati Uniti) o “cattoliche” (nei regimi dittatoriali latino-americani degli anni ’70-‘80).
Ed è proprio su queste componenti maggioritarie che volevo mostrare l’irrilevanza di osservazioni razziste come quella di Peucezio. Anche quando non c’è quella che tu definisci ”discrasia” tra élite e il resto della popolazione (scusa, ma “popolo” è termine orrendo – e del tutto inutilizzabile analiticamente), le élite seguono logiche di potere che non hanno quasi nulla a che fare con la loro confessione religiosa (qualunque cosa si debba intendere con “confessione religiosa”). E se subiscono un’influenza culturale specifica, allora è quella della cultura generale del loro paese, non della loro “confessione religiosa” (cfr. ad es. presidenti cattolici o quaccheri degli Stati Uniti, primi ministri cattolici inglesi, dirigenti alawiti in Siria, dirigenti cristiani in Iraq etc.).
Ma lascerei ora perdere i fantasmi razzisti di Peucezio, che lo tormentano evidentemente in modo ossessivo. Ricordo che mi aveva colpito un suo commento il giorno dopo l’assalto criminale dei militari israeliani alla Mavi Marnara. Di fronte a un’azione orribile come quella, con responsabilità chiare, precise, identificabili, lui se ne usciva fuori con considerazioni sugli Ebrei (sì, proprio così, in generale – da Spinoza a Sharon), attingendo in particolare alla profonda intelligenza politica dell’imprenditore americano Henry Ford (trasformato per l’occasione in autorità morale in grado di dipensare patenti di valore etico alle diverse popolazioni umane).
Quanto alla documentazione della situazione tunisina, mi sembra tu stia facendo un eccellente lavoro. Splendidi, devo dire, i pezzi di Imed.
Giuseppe, senza entrare nel merito delle altre tue considerazioni, per cui sarebbero comunque sempre le maggioranze, con i loro orientamenti e sensibilità, a contare, mentre la storia dimostra da millenni il contrario, è interessante come tu e quelli che condividono la tua posizione francamente – scusami se te lo dico, non desidero offenderti – conformistica, usiate certe parole come formule magiche, alla stregua degli stregoni o dei sacerdoti di qualche antico culto.
Le parole come “razzismo”, “antisemitismo”, sono vissute appunto come paroline magiche che, nella nostra società secolarizzata, hanno un’aura di sacralità (negativa) e di tabù laico che in altre epoche avevano le formule religiose e le persone come te sono, se non i nuovi sacerdoti, i chierichetti di questo culto novello (non sto facendo dell’ironia, ma una mera osservazione sociologica).
Probabilmente solo il fatto che questo tipo di sensibilità non si è ancora radicato veramente a fondo negli strati popolari, fa sì che si bestemmino ancora Dio e i Santi e non, per esempio, gli ebrei, la tolleranza, l’antirazzismo.
“per cui sarebbero comunque sempre le maggioranze, con i loro orientamenti e sensibilità, a contare”
Dove l’avrei sostenuto?
Ho parlato delle maggioranze per mostrare che le logiche di potere funzionano in modo autonomo, e che la confessione religiosa dei membri di minoranze che partecipano al potere non ha particolare rilevanza, visto che questi si comportano esattamente come i membri di quelle maggioranze con cui condividono le decisioni (es. presidenti cattolici americani, dirigenti cristiani iracheni etc.). E che anzi dove non ci sono al potere membri di nessuna particolare minoranza religiosa (come appunto nelle dittature latino-americane degli anni ’70-’80, o nella Spagna franchista) le logiche di potere funzionano in modo del tutto analogo.
Che importanza dovrebbe avere ricordare che, nelle élite americane, ci sono americani di religione ebraica (o i cui bisnonni erano di religione ebraica)?
Che importanza dovrebbe avere ricordare che, nelle opposizioni americane, ci sono americani di religione ebraica (o i cui bisnonni erano di religione ebraica)?
Che importanza dovrebbe avere ricordare che, nelle masse americane di politicamente indifferenti, ci sono americani di religione ebraica (o i cui bisnonni erano di religione ebraica)?
Quanto al conformismo, credo che ci siano migliaia di cose che accettiamo entrambi molto conformisticamente: non pratichiamo il cannibalismo, né l’incesto, non giriamo per la città investendo volontariamente pedoni, rispondiamo ai saluti, ci sforziamo di farci capire dai nostri interlocutori, riteniamo che le nostre opinioni debbano poter essere liberamente espresse, riteniamo che il rispetto degli altri sia importante – come ti senti quando ti danno del “terrone”? o del “Kanake”, quando ti muovi su suolo germanico? Trovi che chi ti disprezza in quanto meridionale o in quanto italiano sia piacevolmente “anticonformista”? Trovi intellettualmente anticonformista chi valuta la complessità delle debolezze strutturali delle società italiane, o della violenza statale ed extralegale italiana riducendola – con un ghigno da illuminato protestante – all’influenza del cattolicesimo o alla notoria scaltrezza e inaffidabilità levantina degli abitanti della penisola?
(Il neoconformistico “politically incorrect”. C’è addirittura una collana di grande successo editoriale in America: guide politicamente scorrette per soddisfare l’arroganza di chi vuole poter odiare con parvenze di ragioni qualche gruppo umano particolare, sempre cattivissimo).
E comunque:
Se davvero apprezzi questo anticonformismo, ti chiedo: vuoi che ci si rivolga a te usando una delle infinite versioni di questo “anticonformismo”?
Quanto poi alla congiuntura storica, permettimi di dirti che assumere una posizione razzista in Italia era effettivamente piuttosto “anticonformista” (bizzarro, inconsueto) fino a circa vent’anni fa (anche se rimaneva un anticonformismo deteriore, un po’ come quello di chi fa sesso con i propri figli). Oggi è moneta corrente: qualsiasi chiacchierone da Bar Sport, qualsiasi giornalista, qualsiasi politicante esprime senza pudore il proprio disprezzo verso i Rom o verso gli Arabi (o meglio verso tutti i Musulmani), verso i diversi, verso i Cinesi etc. Persino la variante “antisemita” – in un Paese con una percentuale infima di cittadini di religione ebraica – ha assunto una certa diffusione (impensabile anche solo trent’anni fa – quando partecipavo alle manifestazioni contro l’operazione “Pace in Galilea” sarebbe stato arduo trovare qualcuno che ce l’avesse con “gli Ebrei”).
Qundi, riassumendo:
1) il “conformismo” di cui mi accusi è quello che condividi in gran parte con me. La buona educazione, il rispetto etc.
2) Se, ripeto, preferisci che nei tuoi riguardi si sia “anticonformisti”, segnalalo esplicitamente (però poi lo spazio di dialogo diventerebbe uno spazio di insulti, lo sai. Ed è proprio di questo “anticonformismo” che gli esseri umani non hanno alcun bisogno).
3) Essere contrari al razzismo non è importante perché si tratterebbe di una parolina magica. Come dopo la pace di Vestfalia nel 1648 la tolleranza religiosa tra cattolici e protestanti tedeschi, oggi il rifiuto attivo del razzismo è qualcosa come una precondizione necessaria per la convivenza civile in una società plurale.
Per Giuseppe
”precondizione necessaria”
Ecco, finalmente!
Anche chi non sa che per la biologia esiste una sola razza, quella umana, puo’ ben capire che l’antirazzismo, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Senza, lo sappiamo tutti a cosa si torna.
Ciao!
Andrea Di Vita
Per Peucezio e Giuseppe
Concordo, il termine “retorico” è più corretto!
Comunque, mi interessa il tema generale delle “élite etniche”, anche accantonando quella delle “élite ebraiche” molto sensibile in Europa, accenno a quello delle “élite bianche” in Messico.
Se scattate una foto di una folla per strada, vedrete che “la gente” ha un aspetto molto diverso da quella in un’analoga folla italiana.
Se riuscite a scattare una foto in una festa di imprenditori messicani, vedrete che “la gente” – con qualche rara eccezione – ha un aspetto indistinguibile da quella in un’analoga festa italiana.
E’ un fatto, quindi, che esiste una differenza etnica tra “popolo” ed “élite”. Che la maggioranza dei ricchi appartiene a gruppi etnici molto diversi da quelli cui appartiene la maggioranza dei poveri, e non credo che sia giusto definire razzismo il semplicemente riconoscimento di tale fatto: razziste possono essere solo le conclusioni che se ne traggono.
Tale differenza non ha una semplice spiegazione storica: l’élite economica messicana non è costituita, per la maggior parte, da discendenti dei conquistadores. E’ costituita da spagnoli di recente immigrazione, da libanesi (per la maggior parte cristiani, ma non solo) arrivati a partire dagli anni Venti, da ebrei europei. E in ciascun caso, abbiamo circoli esclusivi, sistemi di convivialità e di matrimonio, reti di rapporti anche di parentela internazionali e intercontinentali, scelte di persone con cui fare affari che perpetuano tale situazione, e che si basano in gran parte su rapporti identitari etnico-religiosi.
Questo non implica alcun giudizio particolare sui messicani “dall’aspetto bianco” (ne faccio parte anch’io, come ne fa parte, mi sembra, anche il famoso Subcomandante Marcos), ma non è nemmeno un discorso di cui non si deve parlare per motivi etici.
Per Francesco
“però i palestinesi dicono che PRIMA di Monaco e dei dirottamenti, molto semplicemente la questione palestinese non esisteva”
Credo che tu intenda dire, che prima di Monaco e dei dirottamenti, il mondo occidentale non era cosciente della questione palestinese.
Perché le prime manifestazioni contro gli insediamenti ebraici in Palestina risalgono al 1886 (villaggi di Al-Khdaira e Malbas), seguiti nel giugno del 1891 da una petizione congiunta dei dirigenti cristiani e musulmani al Gran Visir ottomano per bloccare la vendita delle terre ppalestinesi a stranieri.
Già nel parlamento ottomano del 1897, i deputati palestinesi discutevano animatamente della questione.
OK
anche i Kurdi discutono dei loro problemi ma altri hanno il potere
altrimenti le azioni terroristiche dei palestinesi sarebbero da catalogare alla voce “ma perchè non stanno a casa loro a risolversi i loro problemi con (prima) i sionisti e (oggi) gli israeliani?”