Danilo Omar Speranza, l’Associazione Musulmani Italiani, Re Maya: spiritualismo e media (I)

Leggo che hanno arrestato Danilo Omar Speranza, presentato come il “guru della setta Re Maya“, cui i media attribuiscono mille o più seguaci, concentrati quasi tutti a Roma.

Ho deciso di dedicare qualche puntata al tema, per diversi motivi.

Innanzitutto, perché ho fatto parte anch’io di un gruppo che è stato definito una “setta”, l’organizzazione Nuova Acropoli.

Secondo, perché Omar Danilo Speranza ha a che fare con il complesso mondo dell’Islam italiano.

E terzo, perché ho in un certo senso conosciuto personalmente il signor Speranza.

Nulla di notevole – ci siamo sentiti al telefono, ormai parecchi anni fa. Il signor Speranza si era lamentato perché avevo scritto sul mio blog che un’altra persona, e non lui, era il segretario di qualcosa che si chiama Associazione Musulmani Italiani (AMI).

Credo di avergli dato il mio numero di telefono in risposta a una sua mail di protesta.

Non si possono giudicare le persone in base a una telefonata, per quanto lunga, però posso dirvi la mia impressione, o forse solo l’impressione che lui voleva che io avessi di lui: non un guru, ma un imprenditore, molto energico, sicuro di sé, dalla cultura assai approssimativa, ma – come tutti i veri imprenditori – capace anche di essere diplomatico e attento a non farsi inutilmente dei nemici.

Un imprenditore in quel campo vago (e minato) che è il commercio internazionale, che nella vita privata si sarebbe convertito all’Islam, forse soprattutto per i suoi rapporti con alcuni somali in Italia e con la Somalia stessa. Un Islam, mi faceva capire, molto contrario a quello “politico” e militante, e che si avvicinava a certi imprecisati movimenti sufi. Ma su questo torneremo più avanti.

Allo stesso tempo, il nostro imprenditore sembrava più interessato a fare affari con il Medio Oriente che a farsi dare la tessera di Musulmano Buono dal governo italiano: evitava quindi certi eccessi servili alla Souad Sbai.

Una posizione abbastanza comprensibile. Un imprenditore è infatti molto diverso da un portaborse. Si immischia in politica solo nella misura i cui gli fa comodo, evita di mettersi nei guai, ma non campa sperando che a forza di strisciare ai piedi dei potenti, qualcuno lo affitti come lustrascarpe.

La nostra conversazione gettava ben poca luce, però, su una cosa di cui ero al corrente: Danilo Speranza, oltre a essere un commerciante di fede privatamente islamica, era anche qualcosa di completamente diverso.

Infatti, all’epoca mi era noto soprattutto come promotore delle “Associazioni Maya”.

Bastava sfogliare le loro riviste – purtroppo non le ho conservate – per capire subito che si trattava di un movimento sorto nell’immenso calderone post-teosofico.

L’Associazione Maya non era però una semplice palestra che vendeva yoga o aromaterapie. Era un vero e proprio movimento, finalizzato a realizzare una “coscienza mondiale protesa al bene di tutti“. Mentre i normali venditori di fuffa New  Age si limitano a proporre la felicità individuale e a far passare lo stress, il movimento di Speranza affermava di essere dalla parte della storia  e del progresso, e segnalava anche una sorta di reazione in agguato:

“Consapevolezza che il mondo è colmo di esseri ostili, servi di vecchi sistemi di potere a cui sono attaccati. Pieni di confini, barriere e settarismo, sottomessi a dogmi e in lotta contro ogni progresso.”

Una via di mezzo tra le Tenebre combattute dai Lumi e i maghi neri delle tradizioni occultiste. Frasi del genere erano molto usate in Nuova Acropoli (assieme a lunghe tirate contro i complotti dei “Gesuiti e dell’Opus Dei”), e quindi riconosco il meccanismo della creazione del nemico.

Alla base, c’erano le presunte scoperte di Speranza riguardanti il “corpo mentale“. Non so in cosa consistessero, ma il termine è significativo in un solo contesto: la teosofia, infatti, combattendo il dualismo cristiano di anima e materia, sosteneva che in realtà tutto l’esistente fosse costituito da diversi livelli di vibrazione (oggi diremmo “energia”) che coesistono, riunendosi provvisoriamente per formare i vari”corpi” cui diamo il nome illusorio di “io”. Dal livello del visibile, attraverso quello “eterico” su cui agirebbero pranoterapeuti e altre discutibili terapie alternative, a quello delle emozioni, appunto alla “mente” e poi su su fino ai vari livelli più spirituali.

Questa visione del mondo ha un fascino che io, a lungo militante di un gruppo teosofico, non voglio affatto negare. Ha anche una parvenza scientifica: mentre a Dio si deve o no credere, le energie si possono percepire, utilizzare, equilibrare, esplorare. Il punto debole della teoria però è costituito dal fatto che se le energie non le percepiamo noi, dobbiamo affidarci a persone che noi crediamo che le percepiscano: cioè a persone che hanno una di quelle tremende personalità sempre sicure di sé e dominanti.

E’ così che la Ricerca di Sé finisce troppo spesso nella Sottomissione all’Altro.

Quella di Danilo Speranza è una forma concentrata e militante di ciò che io chiamo Spiritualismo Diffuso. Che non è nulla di esotico, anzi è la religione di massa dei nostri tempi. Sottesa non solo alle ricette omeopatiche e agli appassionati di indiani d’America, ma anche ai corsi di management e affini, che si fondano proprio sull’Idealismo Magico.

Volere è potere, e se qualcosa non va, sei tu che devi cambiare il tuo corpo mentale. Come dico io, però.

(Continua…)

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20 risposte a Danilo Omar Speranza, l’Associazione Musulmani Italiani, Re Maya: spiritualismo e media (I)

  1. falecius scrive:

    "combattendo il dualismo cristiano di anima e materia"

    Più platonico, direi. Il cristianesimo parla di resurrezione dei corpi, per dire.
    Poi, è vero che il cristianesimo in epoca patristica ha assimilato quanto più platonismo possibile (Sant'Agostino, tanto per fare un nome).

  2. utente anonimo scrive:

    (Un po' di sano scientismo)

    Questo del tirare in ballo i 'diversi livelli di vibrazione' è una fissa dell' irrazionalismo moderno. Prima che libri come 'Il Tao della fisica' divulgassero un po' di meccanica quantistica, il Lewis di Narnia faceva dire alle creature angeliche del suo 'Lontano dal pianeta silenzioso' che la differenza fra lo spirito e la materia era solo una questione di differenti velocità. Allora ad essere maldigerita era la meccanica classica. (Del resto, è lo stesso Lewis che nelle 'Lettere di Berlicche' fa contare il tempo ai suoi protagonisti usando gli 'anni luce', il che vul proprio dire che anche a relatività era messo maluccio).

    Oggi tutti a parlare di livelli energetici. Che palle. Che poi si vede subito dove vano a parare: siccome gli autori di queste solenni panzane sono ovviamente gli unici ad avvedersi di queste Realtà Superiori, gli adepti devono delegare loro ogni possibilità di accedere a tali Conoscenze Superiori.

    Coi risultati debitamente riportati in cronaca.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  3. kelebek scrive:

    Per Falecius

    Sostanzialmente d'accordo, anche perché il discorso è ben più complesso di come l'ho posto io.

    Forse sarebbe meglio dire che il teosofismo combatteva la dicotomia Creatore-Creato.

    Miguel Martinez

  4. falecius scrive:

    fa contare il tempo ai suoi protagonisti usando gli 'anni luce'.

    Non è affatto l'unico. Ho sentito usare "anno luce" come misura di tempo in svariati contesti, molti dei quali imbarazzanti (ultima in ordine di tempo che io ricordo, un libro di Jeannette Winterson. Ma potrebbe essere colpa del traduttore, non lo so).

  5. NonStoConOriana scrive:

    Siamo democratici e realisti: si destini questo signore per alcuni anni-buio a tirar su pietre in cava, a pulire stive, a cavar marmo, a rastrellare sale… e non se ne parli più; tempo qualche giorno-buio che diverrà già a sadder and wiser man!

  6. Peucezio scrive:

    Falecius, in effetti più che cristiano il dualismo di spirito e materia è ebraico e cristiano solo di conseguenza e parzialmente.
    Anche se l'ebraismo non formula così la distinzione. L'idea è quella dell'assoluta trascendenza di Dio, che non ha alcun legame con la natura e con la realtà, dunque nessuna immanenza, cosa che nel mondo antico era inaudita (in senso letterale, non mai udita prima). Ma il risultato è quello: se Dio è alieno al mondo fisico, quest'ultimo viene spogliato di ogni spiritualità immanente.
    L'esito naturale è il materialismo: se la natura e il mondo sono materia bruta e nient'altro e lo spirito è relegato in una dimensione inaccessibile, l'unica ratio di questo mondo è il mero meccanicismo. E' a quel punto che le concezioni olistiche insorgono e, insieme a qualche concetto valido, anche le peggiori corbellerie, insieme ai loro propalatori, hanno buon gioco nel diffondersi.

  7. kelebek scrive:

    Per Peucezio n. 6

    Verissimo. Pensa alla radicale modernità dell'Arabia Saudita, dove la distruzione di ogni traccia del "passato" o della "tradizione" a forza di ruspe è una specie di dovere religioso.

    Chi si chiede perché i salafiti non si scandalizzano per la presenza di McDonald alla Mecca hanno sbagliato bersaglio: non hanno nulla contro vetrate scintillanti ultramoderne e efficienza tecnologica, purché la carne sia perfettamente halal.

    Miguel Martinez

  8. falecius scrive:

    Peucezio: non sono d'accordo, nel senso che secondo me "l'assassino" è e rimane Platone. L'ebraismo pre-ellenistico, pur avendo già concepito la trascendenza assoluta di Dio, non strutturava un dualismo radicale tra spirito e materia, per quanto ne so (non è un argomento su cui sia espertissimo, eh). Non mi risulta che l'immortalità dell'anima, per dire, fosse concepita nell'ebraismo più antico e perfino il Qohelet, che è probabilmente redatto già in epoca ellenistica, la contempla solo in parte.

  9. kelebek scrive:

    Per Falecius n. 8

    Non infierire sul mio errore iniziale 🙂

    Il punto fondamentale non è il dualismo spirito-materia, quanto quello Creatore-Creato, che mi sembra sia decisivo nel giudaismo e nell'Islam.

    Miguel Martinez

  10. utente anonimo scrive:

    NScO,

    bentornato, perdincibacco!

    Però un giorno dovrai spiegarmi da dove deriva la tua persistente necessità di far sì che pressoché chiunque si svegli il mattino dopo più triste e più saggio 🙂

    Z.

  11. utente anonimo scrive:

    …trascendenza-immanenza-logos
    …non é che Dio sia alieno al mondo fisico, x' Dio é dapperttutto, é il mondo fisico,più specificatamente l'uomo, che se non mette in moto il meccanismo di ricerca resta alienato, se non mette in moto il logos, resta estraneo alla divinità, cioé estraneo alla potenza, cioé etraneo all'Esssere.
    Dio é il Tesoro nascosto, cioé Dio é TESORO. Sohrawardi e i neoplatonici di persia si sentono i continuatori del pensiero platonico ed aristotelico, cosi come si sentono i continuatori di Mitra e  Mazda, nella loro spiritualità filosofica di ricerca della luce-intelligenza divina. Gli ishraqi sono musulmani, Avicenne é uno di loro, e sono consapevoli che l'anima abita in un castello che spesso viene distrutto dalla pesantezza della materialità tou-court. Ma il castello ha un luogo inespugnabile e fenomenale in Sohrawardi é la sua completezza innamorata. Come un vero cavaliere universale non rinuncia come ho detto poc'anzi al mitraismo pre-islamico, anzi in quanto musulmano si sente erede del fuoco di Zoroastro, erede della cultura greca. Il dualismo, l'arcangelo Gabriele ha un'ala di luce e un'ala di tenebre, é soltanto un momento transitorio , un fenomeno del basso mondo che verrà riassorbito nel barzakh, il medium mundi. Dio in sé non ha bisogno delle tenebre essendo Dio in una dimensione completamende inimmaginabile, ma le tenebre sono state inevitabili  perché la manifestazione non poteva avvenire senza "incidenti".  A volte gli arabismi sono di qualità esoterica , e faccio tilt su "sensale" perché sensale  situato nel mondo filosofico, é il luog fra i due, il barzakh, mondo intermedio mondo del sensale, spiaggia del cuore. vado a raccogliere conchiglie, ciao,jam

  12. falecius scrive:

    Miguel n 9: concordo. Comunque non ce l'avevo con te, ma con Peucezio 🙂

  13. Peucezio scrive:

    Beh, ma Platone non è un dualista. C'è un passaggio per gradi dalle cose alle loro idee fino all'Idea del bene in senso astratto e assoluto (ammesso che di assoluto si possa parlare). Infatti le molteplici manifestazioni della realtà sensibile sono comunque ombre, proiezioni delle idee. E le idee sono tutt'altro che inattingibili, anzi, bisogna elevarsi gradatamente ad esse.
    Nel dualismo giudaico e dei monoteismi che ne sono derivati l'uomo non potrà mai diventare Dio, è qualcosa di intrinsecamente, ontologicamente distinto, anche nella sua dimensione spirituale, che è comunque limitata.

  14. NonStoConOriana scrive:


    Per Z., #10:

    sono piuttosto convinto che la necessità di anteporre necessità di ordine assolutamente concreto sia il miglior antidoto -preventivo, ma anche terapeutico in qualche caso- a disastrose iniziative pindariche ed a certi svolazzamenti da Icaro di provincia che al decollo pretenderebbero di esplorare chissà quali orizzonti dello spirito e poi finiscono invariabilmente con l'esplorare il portafogli o la biancheria intima altrui.


    Quanto non si stiantano sul brigadier Mancuso o sull'appuntato Esposito che te pijano e te mettano ar gabbio, come dicono a Reykjavik.

  15. falecius scrive:

    Peucezio: se parliamo di dualismo tra spirito e materia, Platone è dualista. Se parliamo di dualismo creatore/creatura, invece, no, dal momento che per lui non c'è un Creatore ma al massimo un Demiurgo, un Ordinatore.
    E' vero, certamente, che per lui il mondo spirituale delle Idee è strutturato in una gerarchia ascendente, ed è attingibile all'uomo, o per meglio dire all'anima umana immortale. Tuttavia Platone, e soprattutto il pensiero che da lui prende le mosse (e che com'è noto avrà una grande influenza sia nel cristianesimo che nell'Islam) si interessa prevalentemente di questo mondo spirituale ed intellegibile. Tanto che l'essere umano per Platone è un'anima che si serve di un corpo, non un'insieme armonico di anima e corpo; questa seconda concezione è più frequente nelle tradizioni monoteiste, dove ovviamente sia l'anima che il corpo sarebbero creature.

    Comunque tutte le tre grandi religioni monoteistiche hanno cercato di superare il dualismo tra Creatore e Creatura, di solito attraverso la via mistica; e ovviamente questa via passa spesso nei pressi del confine dell'ortodossia.
    Comunque la dottrina religiosa più esplicitamente materialista è stata anche quella più coerentemente dualista: il manicheismo, che agli occhi dei musulmani dei primi secoli costituiva l'anatema più grande.

  16. Peucezio scrive:

    Falecius, forse si tratta di intendersi su c he cosa si definisce "dualista".
    Una concezione in cui il mondo materialeè il riflesso di quello spirituale (o ideale) secondo me non è una concezione dualista, perché in un autentico dualismo i due piani sono completamente scissi l'uno dall'altro.
    Con ciò non nego che il platonismo abbia incrinato fortemente un'armonia, un senso di intima connessione fra materia e spirito, un immanentismo profondo che caratterizzava la religiosità tradizionale e che si trova ancora, sia pure in forma intellettualizzata, nei presocratici.
    Ma ciò a mio avviso va nel senso della distinzione, dell'articolazione, non del dualismo. Il dualismo invece è semplificazione, il dualismo è rozzo, perché polarizza il mondo e rifiuta le sfumature e la complessità. Una concezione della realtà come articolata in gradi e livelli, com'è la platonica e anche la neoplatonica, non è semplificatrice.

  17. falecius scrive:

    Peucezio, forse si tratta anche di leggere allo stesso modo Platone :). Dovrei rivedermi per bene il Timeo e il Simposio, cosa che al momento non ho modo di fare.

    Quand'ero molto giovane, scrissi una cosa in cui dicevo in l'anima è la prigione del corpo. Non ci credo adesso e non ero sicuro di crederci nemmeno allora, ma mi sembrava divertente.

  18. Peucezio scrive:

    Sicuramente l'hai letto molto più di me.
    Ciò che trovo seccante del corpo rispetto all'anima sono tutta una serie di seccature che comporta. In poche situazioni ce ne si rende conto così bene, come quando si sta in un posto molto affollato, in cui non ci si riesce letteralmente a muovere. E' un caso in cui la tua antica definizione di "prigione" è più calzante che mai.

  19. falecius scrive:

    Peucezio, su questo sono d'accordissimo con te. Soffro di una vera e propria fobia verso i posti molto affollati, il che naturalmente può diventare davvero spiacevole quando si vive qui al Cairo.

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