Come Firenze trasforma l’opportunità della “fase due” del coronavirus in disastro urbanistico

Fondamentale è capire l’ambiguità di tutte le cose.

C’è l’opportunità della tecnica, che è diventata il disastro ambientale, in grado, per la prima volta nella storia, di mettere a rischio la sopravvivenza dei tecnici stessi.

Poi è arrivato un disastro inatteso – il coronavirus – che ci ha offerto l’opportunità di rivedere tutto, perché ha azzerato per un momento il sistema globale che ci porta verso la catastrofe.

Arriva poi l’opportunità di uscire dalle nostre tane e ricominciare a vivere.

Guardiamo i piccoli segnali, a lungo andare molto significativi, su cosa ne sarà di questa opportunità.

La prima cosa che noto sono le mascherine, non riciclabili, abbandonate per terra, spesso in mezzo alle siepi.

Poi vedo i bar che riaprono, ed è una strana scena.

Invece di farsi il caffè in casa, qualcuno fa la fila, mascherato e a debita distanza, per ritirare, ad uno ad uno, una tazzina usa e getta, calarsi la maschera, berla e poi buttarla, un po’ dove capita.

Ma cosa ne sarà dei bar?

Qui nel centro storico di Firenze, vige d’estate una zona a traffico limitato, che permette ai residenti un po’ di quiete la notte e la probabilità di trovare un posto per parcheggiare la propria auto.

E’ un quartiere che fu costruito per esseri umani e cavalli, a differenza dei dormitori circostanti, ideati come parcheggio con annesso posto letto. Qui, se si vuole stare all’aperto – e il coronavirus lo richiede – occorre invadere la strada: che finché lo fanno pochi residenti, è una buona cosa, ma c’è proprio un limite numerico alla sopportabilità.

Con il collasso del turismo, il centro è tornato miracolosamente vivibile, ed esiste addirittura la possibilità che calino gli affitti: potrebbe esserci quindi una felice convergenza tra deturistificazione, limite ai parcheggi e ritorno alla vita.

Le sedi di tutti i bar e ristorantini in eccesso, inventati solo per acchiappare i turisti, potrebbero benissimo rinascere come mille forme di botteghe.

I gestori potrebbero andare incontro ai propri clienti, trasferendo le loro licenze nelle periferie, dove ci sarebbe anche tanto posto all’aperto, magari trasformando qualche parcheggio in dehors, o semplicemente mettendoci tante sedie. E questo ridurrebbe il peso del traffico su tutta la città e aiuterebbe a ricreare comunità nei quartieri periferici.

Invece, i localari hanno chiesto e ottenuto dal Comune l’abolizione della ZTL notturna in centro, e stanno premendo per più parcheggi per gli estranei, e ancora più spazi all’aperto. Il tutto dovrebbe essere concesso, senza che i localari stessi debbano pagare le tasse.

Una volta che le leggi di mercato ci potrebbero salvare, si esige quindi un intervento di stato, per mantenere in vita una condizione artificiale e dannosa.

Il disastro tecnico è stato creato proprio dall’interazione di milioni di fattori come quello che abbiamo appena descritto, quasi invisibili e non esattamente intenzionali. E che contano a lungo termine molto più dei progetti altisonanti che le società credono di darsi.

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455 risposte a Come Firenze trasforma l’opportunità della “fase due” del coronavirus in disastro urbanistico

  1. Ripeto.
    Anni fa andai a trovare un presunto amico che aveva avviato con ottima fortuna un ristorante nella campagna del Chianti.
    Finita la cena, pagando il conto, gli dissi che mi aspettavo di fare una buona dormita, l’indomani sarei stato in trincea molto presto, la mattina: si partiva per le fiere tessili di settembre a Milano prima e a Parigi poi.
    Mi rispose che non capiva cosa mai avessi da essere stanco, visto che non facevo una [censura] dalla mattina alla sera.
    Mi separai da diverse decine di euro per il sudato lavoro, massacrante impiego di affettatrice e coltello (la cena era stata di formaggi e salumi) e salutai.
    Saranno quindici anni che non mi rivede: forse qualcosa anche di più.

    Se una cosa ha insegnato, questo periodo, è proprio a fare a meno dei servigi di tanti di questi signori.

  2. Roberto scrive:

    “ricominciare a vivere”

    Quanti anni saranno che seguo il blog? Dieci? Eppure solo ora capisco la differenza fondamentale nelle nostre visioni

    Per te cominciare a vivere vuol dire che bar e ristoranti sono sostituite da botteghe, turisti da artigiani

    Per me “vivere” è proprio tutto quello che c’è al di là delle ore che consacro all’attività Che mi permette di guadagnare i soldi necessari a vivere.
    Intendiamoci, sono contento di quello che faccio, lo faccio con dedizione e finisco le mie giornate con un senso (più o meno vago) di appagamento. Ma “vivere” è quello che succede dopo le 17.30, cucinare la cena con mio figlio, una serata al pub con gli amici, andare a fare un giro in bici, un ristorante con mia moglie, una partita a basket, una passeggiata in montagna, una nuotata al mare, una passeggiata nel centro di Firenze, un cinema, un teatro….tra le 8.30 e le 17.30 è semplicemente procacciarmi il cibo (con qualche pausa caffè/pranzo con amici e colleghi che è di nuovo “vita”)

    Dicendola alla Luciano de crescenzo io sono un ateniese per il quale la vita è αγοράζω con gli amici. Tu l’artigiano di una città stato all’epoca dei comuni

    Il che spiega anche perché trovo questo periodo orribile e vedo il futuro con un senso di angoscia molto profondo

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Roberto

      “Dicendola alla Luciano de crescenzo io sono un ateniese per il quale la vita è αγοράζω con gli amici. Tu l’artigiano di una città stato all’epoca dei comuni ”

      Riflessione interessante.

      Però l’ateniese che dici tu, cosa faceva di concreto nella vita?

      Sospetto che se non era un latifondista ozioso che agorazzava mentre gli schiavi gli preparavano da mangiare, era uno che al mercato chiacchierava con gli altri, mentre modellava i vasi.

      • Roberto scrive:

        “Però l’ateniese che dici tu, cosa faceva di concreto nella vita?”

        Non lo sappiamo perché appunto quello che per lui è importante è filosofeggiare nell’agora con gli amici (sto ovviamente parlando dell’ateniese immaginario di de crescenzo, non mi dire che storicamente non è accurato!)

        • Miguel Martinez scrive:

          Per roberto

          “quello che per lui è importante è filosofeggiare nell’agora con gli amici ”

          🙂

          Però non capisco dove sia il contrasto.

          Situazione attuale:

          1) Padrone di un fondo in centro, che abita chissà dove

          2) Gestore del fondo, che abita a Fiesole, cuochi egiziani che abitano a Scandicci, clienti turisti e di Scandicci

          3) Residenti del centro tenuti svegli fino alle tre di notte, la mattina montagne di rifiuti, per cui loro pagano le tasse

          Mia proposta:

          1) Proprietario affitta il fondo a un terzo del prezzo precedente al barbiere tunisino che abita accanto, e che offre un utile servizio ai residenti

          2) Gestore apre pizzeria con tanti posti a sedere all’aperto a Scandicci, dove lavora il cuoco egiziano che abita a Scandicci, dove vanno quelli di Scandicci ad agorizzare

          3) Residenti di Scandicci stanno attenti a non buttare i rifiuti per strada, o a schiamazzare ubriachi fino alle due, visto che ci abitano.

          Credo che anche un Roberto ci possa stare, no?

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      ma quando dici che Miguel sostituirebbe bar e ristoranti con botteghe e turisti con artigiani, vuoi dire che sostituirebbe lo svago con il lavoro?

      Io non credo sia questo.
      Anch’io farei le stesse sostituzioni di Miguel, ma non per abolire bar e ristoranti, ma per trasformarne l’essenza, da locali modaioli per turisti e fighetti, a trattorie e bar di quartiere per la gente del posto, come per secoli sono state le trattorie e le osterie.

      Io vedo un elemento di alienazione intrinseca nel lavoro e credo che questo sentimento sia profondamente tradizionale (quantomeno nella società contadina veniva espresso sossessivamente).
      Infatti poi quelli andavano in osteria a ubriacarsi e cantare con gli amici.
      Per me l’essenza del bello della vita, insieme a poche altre cose, consiste in questo appunto: l’ubriacarsi e cantare con gli amici (sono più bravo nella seconda cosa che nella prima, perché sono intonato, ma non reggo granché l’alcol), cioè in quello che chiamiamo convivialità.
      Il fatto è che nei locali fighetti c’è pochissima convivialità (ma tanta musicaccia rumorosa ad alto volume) e soprattutto non c’è vera condivisione: il gestore è un estraneo, non siete dello stesso quartiere, non fa parte della tua cerchia, vai spesso da un locale all’altro, ogni volta con persone diverse, gli avventori sono sempre diversi e spesso del tutto avventizi; il bar di quartiere o l’osteria sono una microcomunità: arriva anche l’estemporaneo, ma trova subito gente che si conosce da anni, che scherza insieme e si piglia in giro, si soccorre quando serve e, se sa entrare in quello spirito, viene accolto subito anche lui.

      • Peucezio scrive:

        Per inciso, Miguel mi ha fatto conoscere qualche artigiano, ma soprattutto mi ha portato nella trattoria del quartiere, nel bar degli “autoctoni”, come lui l’ha chiamato, cioè il tipico bar di quartiere decoroso ma senza nessuna pretesa modaiola, frequentato da gente attenpatella della zona, ecc.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Anch’io farei le stesse sostituzioni di Miguel, ma non per abolire bar e ristoranti, ma per trasformarne l’essenza, da locali modaioli per turisti e fighetti, ma trattorie e bar di quartiere per la gente del posto, come per secoli sono state le trattorie e le osterie.”

        Togli il “ma”, penso la stessa cosa.

        Solo che adesso c’è un Pizzeria Lorenzo il Magnifico o un’Antica Osteria Dante e Beatrice with Chianigiana Steak ogni cinque metri, con accanto il bengalese che vende alcol per le notti folli degli avventori. Ne basterebbe un quarto, per le esigenze dei residenti, anche se “distanziati”.

        • Peucezio scrive:

          “Togli il “ma”, penso la stessa cosa.”

          Lo so, lo so.

          “Ne basterebbe un quarto, per le esigenze dei residenti, anche se “distanziati”.”

          Certo

          Io ho assistito al disastro dell’apertura di un’infinità di locali in un paio di piazze contigue e adiacenze di Bari Vecchia, a partire dal 2000 circa.
          Hanno solo snaturato, non dico il quartiere, ma almeno quella parte, per riempirla di giovani coglioni borghesi che almeno prima se ne stavano a Bari Nuova.

          • Mirkhond scrive:

            Vero, ma hanno permesso a tanti baresi di riappropriarsi del loro centro storico, prima evitato come un casbah pericolosa…..

            • Moi scrive:

              Già, e senza questa operazione, anche il Turismo sarebbe molto meno … ma magari per qualcuno i “sitarazzi” 😉 sono auspicabili proprio perché scoraggiano i Turisti !

              • Peucezio scrive:

                I sita-che???

                Moi, mi sei sempre molto simpatico, ma perché ogni due parole ce ne devi mettere una in gergo giovanile dialettale emiliano, un termine inglese di qualche nuova perversione politicamente corretta, un acronimo di qualche altra moda o pratica incomprensibile divenuta attuale negli ultimi sei mesi e mille altre forme di criptolalia? 🙂

              • Z. scrive:

                Postacci, credo voglia dire…

                Non l’ho mai sentito se non da Moi. Non credo sia un gergo giovanile. Forse è un lemma per bolognesi purosangue!

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “prima evitato come un casbah pericolosa”

              Evidentemente questa era la Natura Platonica del quartiere, che sarebbe stata snaturata da quando ci si può mettere piede in tranquillità.

              • Peucezio scrive:

                Siete una massa di cagasotto 😀

                Si scherza, non ti adombrare 🙂

                Io ci mettevo piede tranquillamente.

                Così come ho fatto a Napoli nei Quartieri Spagnoli e alla Sanità, a Taranto Vecchia, quando faceva ancora spavento, a Bitonto negli anni Novanta, quando parcheggiavi la macchina davanti alla stazione di polizia e i poliziotti ti chiedevano se avevi già il biglietto del treno per il ritorno perché rischiavi di non trovarla più (non mi hanno mai rubato nulla, né macchina, né solid, né niente) e così via.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                più seriamente e a parte il vostro terrore per qualche delinquentello di quartiere, ti senti in distonia con l’ambiente un po’ chiuso e bigotto (e libertino al tempo stesso, stile “Signore e signori”) della provincia veneta, che pure ha dei tratti di bonomia: nel contesto della borghesia barese di cui sto palrando avresti conati di vomito cronici, a ripetizione, roba che altro che sacchettino tipo aeroplano: a un certo punto per compensare saresti costretto a mangiare dal sedere come in quella puntata di South Park! 🙂

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                A me dei veneti non piacciono avidità e razzismo, mica altro. Anzi, il fatto che questa sia una terra che bene o male è disabituata alla violenza mi mette molto a mio agio.

            • Peucezio scrive:

              Mirkhond,
              “Vero, ma hanno permesso a tanti baresi di riappropriarsi del loro centro storico, prima evitato come un casbah pericolosa…..”

              Ti voglio bene e ti stimo, non solo perché sei un’ottima persona, ma anche per le tue posizioni controcorrente, di rifiuto del consumismo e della superficialità del mondo d’oggi, della sua volgarità, del suo snobismo vacuo.

              Per questo mi sorprendo ogni volta del fatto che, quando si parla di Bari, tu non riesca a disfarti del tutto di quel retaggio un po’ classista tipico della borghesia barese, oltretutto mediamente così rozza e ignorante, dalla cultura “dorsale”, come diceva Dell’Era, così distante dalla tua, che è reale, profondissima e di sostanza.

              Davvero non cogli come, pur nel suo degrado, anche in parte criminale se vuoi (ma quella è solo una piccola parte: i barivecchiani sono principalmente portuali, operai, pescatori, commercianti, casalinghe, ecc.), esrpimeva comunque valori comunitari che i giovani fighetti coglioni baresi, nella loro vacuità e crassa imbecillità, non sono lontamamente in grado di cogliere e si affollano come imbecilli in locali con musicaccia a tutto volume di merda, dove si mangia da schifo (e costa pure) e si bevono cicchetti di supoeralcolici di seconda scelta?
              Quel mondo esprime tutto ciò che grida vendetta proprio alla tua visione del mondo e ai tuoi valori! Sbaglio?

              E che riappropriazione è?

              A parte i locali di piazza Mercantile e Ferrarese, si è riempita di turisti e di altri baresi ignoranti, che per decenni l’hanno disprezzata come il posto pericoloso e pieno di cozzali e ora di colpo se ne sono scoperti amanti, perché fa figo, perché è diventato di moda e se non dici che ti piacciono i vicoli, le chiese di Bari Vecchia, i palazzetti barocchi e le donne che fanno le orecchiette, fai brutta figura.

              Io non ho avuto certo bisogno di questi coglioni per riappropiarmi del mio centro storico: ci giravo in lungo e in largo, passandoci le ore, predendomi a contemplare quei vicoli, a udire quelle voci, a sentire quegli odori di bucato fatto da poco, a scambiare qualche parola con la gente del posto, le anziane, le donne che facevano e fanno le orecchiette, gli uomini che fcevano e fanno la passatella con la birra ghiacciata, questo negli anni Novanta, quando non lo faceva NESSUNO e tutti ne avevano il terrore, perché sfrecciavano i motorini dei “topini” (a me non mi hanno mai scippato, né aggredito, né chiesto nulla; mi portavo pochi soldi e non mettevo addosso cose vistose o palesemente di valore). Io amavo davvero quei luoghi, li studiavo nei libri e li esploravo di persona angolo per angolo, chianca per chianca, mi era già allora famigliare ogni arco, ogni corte, ogni vicolo.
              E ora devo sentirmi dire che quattro cazzoni di fighetti baresi decerebrati finalmente si sono potuti appropriare del loro centro storico, di cui in fondo non capiranno mai il valore, perché non sono in grado di capire un beato cazzo?
              E proprio da te devo sentirmelo dire, che – cosa che ti fa onore – non sei mai stato organico a quell’ambiente, proprio perché non ne condividi la superficialità e l’ignoranza?

              A parte tutto poi, chi l’ha detto che la criminalità è sparita a causa dei pub di piazza Mercantile? La criminalità negli stessi anni è diminuita moltissimo in tutta la Puglia, Bari è diventata complessivamente più sicura, gli scippi sono diminuiti, come in generale la delinquenza spicciola.
              Poi ci sono le grosse organizzazioni, probabilmente ridimensionate anche loro rispetto agli anni ’80-’90, ma certo non scomparse, che hanno ancora i piedi ben infilati a Bari Vecchia, come al quartiere San Paolo, a Japigia, a Libertà, ecc. Ma almeno a Bari Vecchia evitano di creare casini perché se no i turisti scappano e i turisti portano soldini. Sai che meraviglia… Tutti d’accordo così il turista, che non capisce niente, è contento (tra l’altro è gente di crociera, attempate signore anglosassoni o olandesi che nemmeno ci dormono una notte a Bari: totale consumismo turistico-artistico mordi e fuggi), il fighetto coglione pure e il malavitoso ci guadagna anche qualcosa. Mi fa piacere solo per il malavitoso: è il meno peggio di tutti e tre 🙂

              E questo riappropriarsi della Città Vecchia doveva passare anche per lo sfregio devastatore della sostituzione di tanta parte della bellissima pavimentazione in chianca tradizionale con orribili lastre squadrate e lisce che vorrebbero imitarle? Non si capirebbe il senso di sostituire una cosa con la sua imitazione, se non per il fatto che le chianche originali non si sa bene dove siano (i sindaci via via in carica giurano che sono nei magazzini del comune, ma nessuno le ha mai viste): probabilmente nella villa di qualche riccone in Veneto, che le ha pagate profumatamente a qualche funzionario del comune dell’epoca dell’amministrazione Di Cagno Abbrescia (bel campione! Preferisco Emiliano, comunista e tutto, almeno ha abbattuto Punta Perotti).

              No, Mirkhond, questa riappropriazione non mi convince proprio (e non la sento neanche nelle tue corde, per come credo ormai di conoscerti da anni, in modo sia pure imperfetto): questi presunti riappropriatori non hanno nessun titolo né merito per riappropriarsi di ciò che per decenni hanno disprezzato e rinnegato.

              Tu hai la cultura, la sensibilità e il retroterra per capire le pietre di Bari Vecchia (anche se una sera, mentre ci passeggiavamo, mi dicevi che non senti di appartenervi particolarmente, in virtù delle tue origini bitontine e non baresi; ma, in ogni caso ne sai e ne comprendi l’arte e la storia); quelli no!
              Se ne stiano in via Sparano e non rompano le scatole.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E che riappropriazione è?”

                Un commento stupendo!

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Secondo me si trovano meglio anche quelli di Bari Vecchia se la microcriminalità diminuisce.
                Peucezio, ovviamente, alle persone non ci pensa mai: non è molto diverso dal turista globalizzato a Firenze.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per MT

                “Peucezio, ovviamente, alle persone non ci pensa mai: non è molto diverso dal turista globalizzato a Firenze.”

                No, è come quei tanti intellettuali stranieri che si sono insediati a Firenze con rispetto e attenzione, raccontandone spesso le storie. Con la differenza che quelli comunque facevano comunità tra di loro, Peucezio fa comunità direttamente con gli “autoctoni”.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ma siamo sicuri che gli autoctoni siano infelici della maggiore sicurezza per le strade?

    • Roberto scrive:

      Ok allora ho avuto un’impressione sbagliata associando il “ritorno alla vita” con creazione di botteghe invece che bar e ristoranti, ho evidentemente letto troppo nel tuo post

      Per il resto sai come la penso, non faccio l’arbiter elegantiarum e se il ristorante fighetto piace, piace.
      Sono però per le pene corporali per gli schiamazzi notturni, i locali fracassoni, la spazzatura abbandonata e chi piscia per strada

      La via della pacifica convivenza va cercata frustando i fracassoni, non creando il ghetto di Scandicci

      Ma questo è un discorso totalmente diverso da quello dal quale sono partito

      • Peucezio scrive:

        Roberto,
        “se il ristorante fighetto piace, piace”
        Non so quanto poi certe cose piacciano realmente e quanto invece la gente si sia abituata alle cagate per una forma di inerzia.
        Perché, almeno a Milano (ma non solo, da quello che sento) il posto non finto riscuote molto successo.

        E, senza voler pianificare e stabilire a tavolino il tipo di locali che ci devono essere (che sarebbe una logica sovietica e oltrettutto artificiale, proprio il contrario dell’autenticità), ma un minimo bisognerebbe cercare di valorizzare i posti che hanno un’anima, che non sono intercambiabili a migliaia, in cui c’è una persona che ci ha lavorato decenni, in cui tende a crearsi una socialità meno stereotipata e più schietta.

        Cioè va bene anche l’altro tipo di posto, ma se ce ne sono nove così e uno col toscanaccio attempato che ha gli stessi arredi da quarant’anni e dove ci vanno altri toscanacci del quartiere, spendendo poco, se qualcuno vuole speculare su quell’uno, secondo me va difeso con ogni mezzo, anche a costo di chiedere l’intervento del Presidente della Repubblica in persona! 🙂
        Se poi non ci andasse più nessuno, sarebbe un altro conto: un’attività non può avere solo uno scopo testimoniale, non è un museo o una biblioteca, ma deve lavorare e guadagnare.
        Ma il guaio è che, anche quando ciò accade, capita che entrino in gioco logiche distorsive, di forza (chessò, arriva uno che ha dieci volte il capitale del vecchio barista, si compra l’immobile e lo caccia). Se il libero mercato deve anche garantire questo, dico: no, aspetta un attimo: qualche limite ci vuole, perché certe cose sono patrimonio di tutti, degli avventori, della gente, non solo del proprietario.

        • Roberto scrive:

          « Non so quanto poi certe cose piacciano realmente e quanto invece la gente si sia abituata alle cagate per una forma di inerzia.”

          Proprio perché manca una psicopolizia, dico “se c’è gente cha va in posti di merda sono fatti loro”

          Poi di nuovo, valorizzare certe realtà, certo, perché no! Ma concretamente come?

          • Peucezio scrive:

            Beh, per esempio con detassazioni (in quelle città in cui di posti così ce ne sono tipo una dozzina su un migliaio; è chiaro che se lo fai a Roma con le trattorie tipiche, fallisce lo stato italiano per il mancato introito), vincoli…
            Se è un locale storico, se il proprietario decide di vendere perché si è rotto le palle e vuole andare in pensione, non puoi farci niente (anche se puoi premiare chi, subentrando, vuole restare in quella linea, come tipo di cucina, stile, ecc.; conosco a Milano posti così, gestiti da gente relativamente giovane: in uno di questi ci ho portato un paio di persone qui presenti, compreso il nostro anfitrione 🙂 ).
            Ma se invece arriva il titolare vuole continuare a lavorarci, ma il padrone dell’immobile e di altro parere, perché arriva il camorrista che vuole ricicliare i suoi milioni e gli offre di pagargli il triplo di fitto, siccome tanto il camorrista non lo incastri (non è mica scemo), devi fare, come ho detto l’altra volta, con misure simili (anche se ovviamente meno stringenti) a quelle che useresti per un monumento storico (tanto, appunto, sono pochi posti: se lo stato o il comune deve spenderci qualcosa, nel mare di soldi che butta in tante fesserie, non sarà ‘sto gran danno).

            Poi, vabbè, i dettagli si possono studiare, non sono un esperto.
            Ma le cose quando si vogliono fare si fanno: se certe cose vanno in una direzione o un’altra è più per scelta politica che non per chissà quali difficoltà tecniche nel concretizzare certi orientamenti.

  3. Infinity's goon scrive:

    Ho già postato come Marco, ma a quanto pare come nick non rimane in memoria, così ne ho scelto uno più strano…

    In rete c’è anche una serie di teorie cospirazioniste che avverte dell’imminente arrivo del tecno-feudalesimo.
    Che sarebbe l’elite con poteri assoluti che si godrebbe, per esempio, il centro storico di Firenze, e il resto tutto un pascolo di schiavi miserabili che vive (o sopravvive) in favelas da qualche parte.
    Non mi sembra tanto campato in aria, un possibile esito della figura meschina fatta da quasi tutti i governi più l’EU con la storia del virus è il frazionamento di quasi tutti i paesi dell’europa nonché degli stati uniti.
    Ma c’è una cosa che penso già da una ventina d’anni, e cioè che il ritorno a forme di società tribali con annesse gilde e corporazioni forse è un movimento dal basso. A farmelo pensare è l’esplosione di gruppi musicali che inizialmente si sono ispirati ai famosi pseudo-celti, per poi concentrarsi su vikinghi e culture nordiche e infine a tutte le culture pre-romane, di qualsiasi posto.
    Molti gruppi hanno un che di guerriero, altri di sacerdotale, ci sono infinite varianti. Ma la cosa principale è un ritorno ai ruoli, o ranghi, che definiscono le persone all’interno della società.
    Questo movimento musicale è stato parallelo ai giochi di ruolo, che sono anche basati sulle stesse idee.
    Non ne sono sicuro perché un cospirazionista potrebbe dire che tutto ciò è stato favorito dall’alto.
    Sarebbe bello approfondire se questi gruppi musicali sono stati sponsorizzati dalla cia o no. Ci sono i precendenti del periodo dei figli dei fiori e della new wave dei primi anni 80. Ma in questi casi tutto è stato molto veloce, non sono stati lì 20 anni a preparare il terreno.

    • Infinity's goon scrive:

      Culture pre-cristiane è più esatto di pre-romane

      • Moi scrive:

        Be’, sì : ma senza Roma (che a sua volta comprenda l’ Ellenismo) è incomprensibile la “DeSemitizzazione” del Cristianesimo …

        • Infinity's goon scrive:

          In che senso DeSemitizzazione ? A me sembra proprio il contrario. Una delle utlime cose fatte dal papa è definire il nuovo cattolicesimo una religione Abramitica…

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Infinity’s goon

            Per qualche motivo, mi trovo continuamente costretto ad approvare i tuoi post.

            Di solito, una volta approvato, non ci sono problemi, se non cambi nick, email (visibile solo a me), IP, o metti troppi link nel messaggio; mi sembra che tu rispetti tutte queste condizioni. Boh, se non vedi subito i tuoi commenti, abbi pazienza, appena li vedo te li approvo a mano.

          • habsburgicus scrive:

            A me sembra proprio il contrario.

            ed é vero quello che dici..ma solo dal Concilio* e soprattutto da quando c’é questo Papa…
            Moi, quasi certamente, con la sua (giusta) asserzione si riferiva al Cristianesimo “tradizionale” o per dirla aulicamente “quod fuit nunc et semper et in saecula saeculorum” 😀

            *tracce di ri-semitizzazione sono tuttavia più arcaiche, però–e lo dico, freddamente, da studioso, senza alcuna prevenzione “ideologica” e alcun giudizio di “valore” [è noto che io non ami soverchiamente il Concilio, ma amicus Plato sed magis amica Veritas]
            il mondo cosiddetto tradizionalista, per ragioni ANCHE comprensibili e forse inevitabili, ha glissato, e glissa, sulla sostanziale “innovazione” di Pio XI che pronunciò la frase “noi siamo spiritualmente semiti”
            ciò ancora a un Pio X avrebbe forse fatto orrore, un Leone XIII avrebbe trovato la frase assurda, un Pio V avrebbe ordinato al Santo Uffizio di preparare la legna per il temerario che avesse osato proferirla 😀 [scherzo, so bene che all’epoca di Pio V la parola “semita” manco esisteva nel significato etnico-linguistico moderno ! credo sia del 1782]
            da un punto di vista storico, che è l’unico che interessa da una prospettiva secolare, quindi il mutamento non va più ascritto al Concilio, ma al pre-Concilio (teologicamente, è altro..ma non oso parlare di tali questioni)
            già Miguel mi convinse che ci fu cambiamento sotto Pio XII
            ora penso che non basti più (sempre da un punto di visto storico)
            il cambiamento inizia con Pio XI, forse con la morte di Pio X, 20 agosto 1914, che sarebbe quindi la finis veteris Ecclesiae, non a caso nell’anno in cui finì l’Europa con il grande macello..nel mondo, talora, vi è una sorta di “razionalità cosmica” 😀
            ciò non toglie che il cambiamento stia divenendo evidente a tutti (tranne qui :D) solo ora !

            • habsburgicus scrive:

              rivolto a
              Infinity’s goom

              • Infinity's goon scrive:

                Certo, è una cosa recente.

                Ma forse MOI voleva dire che questo tentativo di tornare a druidi, guerrieri etc non vale per buona parte dell’europa che è stata sotto roma. Ed è vero, se non altro perché nonostante la tanto decantata tolleranza religiosa dei romani l’assimilizanione nel loro sostema politico cancellava completamente le culture originarie. Poi ci ha pensato la chiesa a distruggere quel poco che restava, per lo meno in italia.
                Nei paesi nordici la conversione al cristianesimo è dovuta più che tutto a motivi politici e spesso ha riguardato solo la nobiltà.

            • habsburgicus scrive:

              @per tutti
              nel caso che un ipotetico Gibbon futuro scriva una “Storia del declino e della caduta della Chiesa cattolica romana” sareste d’accordo con questa periodizzazione ? (in fieri, è quella di oggi magari le vostre obiezioni mi convincono dell’insostenibilità…io stesso “so di non sapere” ma tendo ad arretrare l’epoca dell’inizio del mutamenti)
              I, la fine della “restaurazione piana” e la decadenza dell’anti-massonismo (non dappertutto), 1914-1929 epoca di stasi
              II, i primi segni di (vaghissimi e incerti, ignoti ai più specialmente in Italia) filo-ebraismo e filo-protestantesimo, 1930-1945
              III, la parzialissima restaurazione di Pio XII, culminata con la santificazione di Pio X (1954), l’ultima vittoria della vecchia Chiesa, il canto del cigno di un’epoca, 1945-1954
              IV, la stagnazione tardo-piana e le prime riforme liturgiche astutamente fatte passare da Bugnini (:.) al vecchio Papa; l’inizio della “degenerazione” delle chiese renane, tra l’indifferenza della Curia di Roma, tutta concentrata sui giochi di potere della DC [triste da dire ma quanno ce vo’ ce vo’] 1954-1958
              V, Giovanni XXIII , 1958-1963 le prime riforme importanti, ma NON ancora decisiva e “di rottura”
              VI, Paolo VI, 1963-1978 fine del Concilio (1965), abolizione del latino (1967), abolizione della Messa tradizionale sostituita dalla Messa riformata o “Novus Ordo” (1969) epoca di importanza incalcolabile, nel bene (per Mauricius, per dire) o nel male (per Peucezio), ma sparticque; una sorta di nuova anzi contro-Nicea (325 d.C)
              VII, la parziale restaurazione wojtyliana, 1978-1990
              VIII, il tardo wojytylismo e la ripresa del Concilio, 1990-2005
              IX, La parentesi, eroica, simpatica ma nei fatti senza senso di Benedetto XVI, tradito da tutti per ogni giorno del suo pontificato e non obbedito da nessuno 2005-2013
              X, Il Primo Papa veramente rivoluzionario: la Nuova Chiesa, 2013-
              poi…chi vivrà, vedrà !

    • PinoMamet scrive:

      Non sono neanche io cospirazionista, ma mi hanno sempre preoccupato i celtari, i vikingari, e più di tutti i tantissimi medievari

      (in Italia coalizzati su internet sul notissimo Feudalesimo e libertà, che ridendo e scherzando alla fine propone proprio quello: il feudalesimo, e dei peggiori.
      Sì, è tutto uno scherzo- non sono scemo completamente- è ironico, c’è dentro tanta gente che vorrebbe proprio il contrario…
      ma intanto…)

      • Infinity's goon scrive:

        Beh, la maggioranza di questi gruppi musicali è del nord europa e russia. In italia sono per lo più medioevali ma poca roba e soprattutto mi sembrano più che altro concentrati sulla moda, mentre i nordici hanno fatto ricerche storiche, cercano proprio di riesumare quelle culture.
        Del resto l’italia è rimasta fortemente medioevale.
        Tutto ciò ci riguarderà solo marginamente perché da queste parti il recupero delle culture pagane non romane è quasi impossibile.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “Tutto ciò ci riguarderà solo marginamente perché da queste parti il recupero delle culture pagane non romane è quasi impossibile.”

          Ci sono i celtari al Nord. E qualcuno che crede di avere antenati norreni (non nel senso che gli diamo noi qui 😀 )

          • PinoMamet scrive:

            Però c’è da dire che i celtari italiani hanno poco di religioso, probabilmente per pura ignoranza.

            La stragrande maggioranza (che poi sono quattro gatti) si limita a gonnellini, cornamuse, e altre cose simil-scozzesi.
            Conoscevo una che suonava il tamburello scozzese, che era stata fidanzata con un suonatore di cornamusa scozzese (siciliano tra l’altro).

            “Grandi” revival di tipo religioso con gli dèi celtici, che poi in Italia non conosce nessuno, non credo siano mai arrivati molto a sud della Bretagna.
            C’è qualcuno fissato con la stregoneria, la quale a sua volte viene collegata con radici celtiche, ma insomma poca roba, direi.

            • Infinity's goon scrive:

              Io vivo in piemonte e l’unica cosa pseudo-celtica che ho visto sono i corsi di danze occitane.
              In val d’aosta da qualche anno fanno un festival “Celtica” a cui partecipano solo gruppi stranieri.
              Certo i leghisti qualche menata se la sono inventata a suo tempo, ma è tutta fuffa.

            • PinoMamet scrive:

              So che qualche parte in Emilia Romagna (credo nel modenese) fanno una specie di festival fuffo-celtico, a cui partecipano sia appassionati di rievocazioni storiche-archeologiche, molto preparati anche se fissati con i Celti (uno lo conosco), sia la massa di celtari di tutt’Italia e oltre, con tizie mezze nude truccate da streghe e fatine, oroscopi e tarocchi e scemi in kilt scozzese.
              I due gruppi credo non si apprezzino troppo tra loro.

              Il sindaco della mia cittadina l’altr’anno ha organizzato (non lo voterò mai più) una specie di gara di motorini truccati o roba del genere, una cosa orribile da vedere e indegna della cittadina, che nel suo piccolo ha tutt’altro stile;

              comunque sono scesi, credo dalla Lombardia, una massa di casinisti con birre e, di nuovo, kilt scozzesi.
              Credo si aspettassero di essere accolti con particolare favore e simpatia, invece nessuno li ha degnati se non di sguardi di disprezzo.

              • Infinity's goon scrive:

                Eh, sarà che i piemontesi sono “bugia nen”, ma non me li vedo proprio a fare cose del genere. Mentre i lombardi sono frenetici (rispetto a noi).

        • Moi scrive:

          Più difficile sicuramente, ma in realtàmolte “paganerìe” sono sopravvissute (benché sempre più inconsciamente per le masse …) nelle pratiche di “dulìa” … essenzialmente è stato questo a “DeSemitizzare” il Cristianesimo (… secondo i Protestanti la Chiesa Cattolica ha sempre esagerato in ciò !) a livello Popolare !

          … Mentre a livello Dotto mi pare evidentissimo un’ influenza Pagana di tipo Greco nella cultura e un ordinamento Romano nell’ organizzare la “Ecclesia” (termine non a caso non-Semitico, ma Greco) da parte di un “Pontifex” (altro termine non a caso non-Semitico, ma Latino ) .

          • Moi scrive:

            Senella termnologia Ecclesiastica ci sono tantissimi lemmi di derivazione Latina con profluvio di Ellenismi linguistici (a darne esempi , si farebbe domattina 😉 ) … un caso NON è !

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Però è bene capirsi quando si parla.
            A) Ci sono le robe che nel Medioevo avrebbero chiamato “superstizioni”, cioè sopravvivenze di quello che c’era prima, in parte assimilate e in parte no. E non è di questo che si stava parlando.
            B) Poi c’è quello di cui si stava parlando, cioè il tizio mio contemporaneo che decide che lui vuole far rivivere il culto di Odino. Non c’entra niente con A

            • Moi scrive:

              … Oggi al massimo puoi cercare di volgere in positivo la UAARata che Padre Pio assomiglia all’ Anziano Obi Wan Kenobi, e dire che per gli ItaloAmericani degli Anni Settanta fosse lusinghiero anziché offensivo !

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Uhm… no, Feudalesimo e Libertà è il contrario di quella roba lì. E’ l’esaltazione farsesca di un mucchio di stereotipi sul Medioevo, tanto che scrivono nella lingua di Brancaleone.
        Tutta la robaccia neoceltara, neovichingara, neopagana e troiate simili guarda a prima del (e in opposizione al) Medioevo di FeL, che è pur sempre cristiano.

        • Moi scrive:

          Be’, in effetti … tuttavia il cosiddetto “Brancaleonese” mi diverte finché dura poco ! 😉

        • PinoMamet scrive:

          Magari fosse la lingua di Brancaleone, Maurì… è molto meno curata, e meno divertente.

          Comunque sono sicuro che il sito sia sostanzialmente goliardico (l’ho scritto) ma trovo la moda “medievale” preoccupante lo stesso.
          Non per il Medioevo vero, poverino…
          Poi magari sono fissato io, ma tengo alta la guardia contro le tentazioni feudali.

          Invece ti do pienamente ragione sui tizi che vogliono far rivivere (o reinventare) il culto di Odino.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Magari fosse la lingua di Brancaleone, Maurì… è molto meno curata, e meno divertente.

            Ma è ovvio: è gente che si ritrova per cazzeggiare, mica stanno scrivendo un capolavoro cinematografico.

          • Z. scrive:

            Sì, certo, ma è effettivamente trascurata.

            Essù, mettici di impegno, che ti costa dico io? due minuti in più?

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Pino Mamet

            “Comunque sono sicuro che il sito sia sostanzialmente goliardico (l’ho scritto) ma trovo la moda “medievale” preoccupante lo stesso.
            Non per il Medioevo vero, poverino…
            Poi magari sono fissato io, ma tengo alta la guardia contro le tentazioni feudali.”

            Il feudalesimo lo stanno riportando gli Uomini in Grigio sui loro aerei, non certo il panettiere del paese che si veste da Messer Brancaleone.

            Conosco “rievocatori” bravissimi (“rinascimentali” o “medievali”; di “antichi” o di “odinoidi” non so nulla), che hanno riscoperto il gusto della cura un po’ maniacale del dettaglio, ed è un bel modo di dare senso ai piccoli luoghi.

            • PinoMamet scrive:

              Ma sì, li conosco anche io.

              Continua a sembrarmi sospetta questa mania per il Feudalesimo, però

              (per inciso, il vero “L’armata Brancaleone” andava in senso contrario, quello della smitizzazione, non della mitizzazione, per quanto ironica).

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Continua a sembrarmi sospetta questa mania per il Feudalesimo, però”

                Lo feudalesimo est lo novo che avanza!

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “l’esplosione di gruppi musicali che inizialmente si sono ispirati ”

      Secondo me questa è solo l’invenzione di un passato anticristiano (non “non cristiano”, ma proprio anticristiano) e non c’entra con ingegneria sociale e simili.

      • Infinity's goon scrive:

        Si, non direi che è pianificato dall’alto.
        E non saprei in che cosa consisterebbe il paganesimo che cercano di restaurare.
        Ma pare che i paesi nordici, quelli poco o niente romanizzati, abbiano dei complessi di inferiorità.
        Ci sono parecchi movimenti che vorrebbero purificarli dall’influenza latina. Solo che avevano pochi argomenti fino a che non si è cominciato a parlare di ecologia. Ecco che qualcosa ce l’hanno, “allora” vivevano in simbiosi con la natura, la adoravano etc etc

  4. Moi scrive:

    le mascherine, non riciclabili, abbandonate per terra, spesso in mezzo alle siepi.

    ———————-

    a Bologna, ancora NON visto: spero ch’ io GIAMMAI abbia a vederlo …

  5. Moi scrive:

    Una volta che le leggi di mercato ci potrebbero salvare, si esige quindi un intervento di stato,

    ——————————

    LiBBBerismo all’ Italiana … Cry ‘n’ Fuck Economy , gli AngloSassoni sono indieeeetro 😉 😉 !

  6. Moi scrive:

    @ MIGUEL

    Quindi NON ti dispiacerà la mossa “contenitiva” del cosiddetto “Governatore-Sceriffo” (per dirla in Giornalistese) Christian Solinas per la Sardegna, suppongo :

    https://tg24.sky.it/cronaca/2020/05/17/passaporto-sanitario-sardegna

    Coronavirus, il governatore Solinas: “Passaporto sanitario per vacanze in Sardegna”

  7. Moi scrive:

    A proposito, pare che lo Sceriffo Vincenzo De Luca abbia più “Fòllou’ers” dello Sceriffo per antonomasia Donald Trump … nonostante lo svantaggio iniziale di doversi esprimere in Italiano anziché in Inglese !

    https://www.viagginews.com/2020/05/14/de-luca-meglio-trump-dirette-piu-seguite/

  8. Smettere di essere turisti nella propria stessa vita; ridiventare cittadini ma anche se stessi non solo dopo le 17:30; riprendere tutto ciò che ci è stato tolto non dall’epidemia, ma assai prima. Mi pare questo il senso dell’articolo, oltre alla denuncia del fatto che l’imbecillità di quello che una volta si chiamava “sistema” lavora per non permetterlo. Sulle formule si può discutere, ma il punto per me torna.

    • Miguel Martinez scrive:

      Un benvenuto a Stefano, che da anni si occupa di un tema fondamentale, la “biourbanistica” http://www.biourbanism.org/

    • Roberto scrive:

      “Smettere di essere turisti nella propria stessa vita; ”
      Bello ma che vuol dire concretamente?

      • Francesco scrive:

        che quello che hai scritto all’inizio è da manuale dell’alienazione!

        la vita sarebbe orribile se il lavoro ne fosse una parte negativa, da separare da quella bella, vera, degna, che inizia quando non si lavora più

        al contrario, la vita è tutto quel casino, comprese le parti che non ci piacciono affatto

        F il fanatico religioso

  9. Mirkhond scrive:

    “Pio XI che pronunciò la frase “noi siamo spiritualmente semiti” ”

    Pronunciata nel contesto dell’antisemitismo “biologico” nazista, visto dal papa come pericolosissimo perché minava l’unità del genere umano, stabilita da Dio e poi confermata anche dalla scienza.
    Ricordare ai cattolici le proprie origini fu un salutare antidoto contro il razzismo.
    Cosa ci sarebbe stato di eretico nel ricordare che Dio Stesso si E’ Incarnato in un giudeo?
    Che i primi discepoli e la Chiesa dei primi anni erano composti da Giudei?

    • Peucezio scrive:

      In realtà però, più che ai giudei, credo che si riferisse ai semiti in senso biblico (più che storico-filologico e linguistico o, tantomeno, razziale), cioè come discendenti di Sem.
      Sbaglio?

    • Peucezio scrive:

      Mirkhond,
      http://pioxi-contestatoresolitario.blogspot.com/2010/04/spiritualmente-siamo-tutti-semiti.html

      Ero sempre stato convinto che l’avesse scritto in un’enciclica (probabilmente confondevo con la “Mit brennender Sorge”, che invece non parla degli ebrei e dell’antisemitismo: http://www.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_14031937_mit-brennender-sorge.html ) o comunque in un documento solenne del suo magistero, invece pare di capire sia stato un discorso del tutto en passant (che ovviamente ne esprimeva le opinioni, anche se non è una definizione dogmatica, né nulla del genere).
      Comunque, sì, più che a Sem si riferiva proprio al popolo ebraico: l’idea è che c’è una continuità spirituale fra il popolo ebraico e il cristianesimo (rotta dal popolo ebraico non riconoscendo Cristo, non dal cristianesimo, da qui la cesura di cui ho scritto nell’altro commento, storicamente attuata dai cristiani, cioè sostanzialmente da San Paolo, ma teologicamente dagli ebrei, che, rinnegando Cristo, avrebbero rinnegato sé stessi, il loro stesso Dio) e che, mentre l’antigiudaismo teologico tradizionale stigmatizza tale tradimento del popolo ebraico a Dio (a volte in toni veementissimi), l’antisemitismo nazionalsocialista si estenderebbe a tutta la storia ebraica, anche quella precristiana, e come tale, in una prospettiva teologica cristiana, rinnegherebbe lo stesso patto originario di Dio. Di per sé è ineccepibile, al di là delle implicazioni politiche contingenti, circa regime nazionalsocialista, regime fascista in Italia, Santa Sede, ecc.

  10. Mirkhond scrive:

    Tutto il pensiero teologico cattolico contemporaneo relativo alla questione ebraica, nasce proprio dal nazismo e da ciò che ha combinato, portando la Chiesa a rivedere il suo giudizio sugli Ebrei, certo con delle esagerazioni, ma anche con un nascosto senso di colpa per le accuse di avere ispirato la tragedia dell’olocausto.

    • Peucezio scrive:

      Questo però non credo.
      Altrimenti non avrebbe resistito fino al Vaticano II, per un paio di decenni o poco meno (Nostra Aetate è del 1965, anche se c’è dietro un lavoro partito alcuni anni prima).

      Se fosse accaduto sull’onda dell’Olocausto, sarebbe stato subito dopo la guerra e la scoperta dei campi di sterminio.
      O a partire dagli anni ’70, quando l’Olocausto è ridiventato di gran moda ed è diventato, come dice giustamente Miguel, l’unica religione obbligatoria.

      Invece è avvenuto, secondo me, banalmente sull’onda dell’ecumenismo in genere, cioè dell’idea tipica di quegli anni per cui la religione doveva diventare moderna, à la page, adeguarsi ai profondi cambiamenti di costume avvenuti sull’onda del consumismo di massa dovuto al boom, ecc. (aggiungici il pacifismo, gli hippy e tutto il resto), cui, per la prima volta, si decise non più di reagire dialetticamente, ma adeguandosi, cioè sostanzialmente sospendendo un ruolo critico verso il mondo e la società.
      E l’ecumenismo a sua volta ha una storia precedente alla II Guerra Mondiale e al nazionalsocialismo, essendo figlio più in generale del modernismo ottocentesco, col suo indifferentismo. In fondo era l’onda lunghissima del protestantesimo: se ognuno può leggere la Bibbia e interpretarla liberamente, siamo tutti fratelli in Cristo, ognuno con diverse opinioni personali circa l’interpretazione di questo o quel passo, senza dogmi garantiti dall’Istituzione che ci dividano in modo invalicabile, rompendo la nostra comunione.
      Aggiungi che il cristianesimo nasce dentro l’ebraismo, ma in sua contrapposizione radicale: diventa tale nel momento in cui cessa di essere ebraismo: in questo senso il deicidio marcava anche proprio un’identità.
      Se rinunci all’identità in nome di un indifferentismo irenistico universale, perché il pacifismo, ci vogliamo tutti bene, non fate la guerra ma fate l’amore, Gandhi, Kennedy e il resto del ciarpame anni ’60, è normale che fra i primi con cui fai la pace sono proprio quelli scindendoti dai quali sei venuto a costituirti in ciò che sei.
      Poi ci sarebbe da fare un discorso ulteriore, ma Pino mi darebbe del complottista (sopporta già troppo le mie intemperanze antisemitiche!) 🙂 , quindi soprassiedo.

      • habsburgicus scrive:

        Altrimenti non avrebbe resistito fino al Vaticano II, per un paio di decenni o poco meno (Nostra Aetate è del 1965

        Mirkhond non ha però torto
        lo storico John Connelly (ovviamente del tutto conciliare) ha così intitolato il suo libro “Enemy to Brother. The Revolution in Catholic Teaching on the Jews 1933-1965” [Da Nemico a fratello. La Rivoluzione nell’insegnamento cattolico sugli ebrei, 1933-1965], Harvard University Press, 2012
        ciò significa che nel tempio dell’alta cultura anglosassone, non sospettabile di clericalismo, si dà per scontato quanto su questo blog invece è messo in dubbio, ovvero che la RIVOLUZIONE (non solo un cambiamento) ci sia stata :D….come fatto, eh..i giudizi sono altro
        Connelly non scrive 1958-1965, come scriverebbe un sedevacantista 😀
        e ciò si ricollega al mio post sul Gibbon del futuro passato purtroppo ignorato 😀
        credo che storicamente (teologicamente è altro, e non metto parola) sia ormai da abbandonare il mito del Concilio (caro sia alla sx ecclesiastica che ai tradizionaliste per opposte ragioni)..sì, il Concilio, enfatizzò tutto, chi potrebbe negarlo ?..ma il processo iniziò prima..almeno così la ricerca sembrerebbe indicare

        • Peucezio scrive:

          Dovresti essere più esplicito però.
          Non mi è chiaro il rapporto con nazismo e l’Olocausto.
          Citi opere che non conosco: se puoi spiega meglio.

          Poi il fatto che il Concilio non venne fuori dal nulla, ma fu una sorta di colpo di mano di una minoranza (che però aveva il vento della storia e del mondo in poppa) che coltivava certe idee da tempo (sicuramente almeno dalla seconda metà dell’Ottocento) e che a sua volta era influenzata dal liberalismo e dall’illuminismo, che a loro volta sono impensabili senza la Riforma Protestante (che a sua volta ancora è una delle espressioni della corrente giudaizzante ed ebionita che carsicamente riemerge, periodicamente, nella storia della chiesa, anche se lì dentro c’era anche altro e Lutero a parole non amava i giudei) direi che è pacifico.

          Ma una cosa è che ci fossero delle correnti, a volte tollerate, spesso sconfessate clamorosamente e platealmente dal magistero dei papi, una cosa che queste abbiano preso il controllo della situazione e realizzato di fatto un’apostasia, capovolgendo uno per uno tutti i presupposti del cattolicesimo (non magari di una sorta di generico spirito evangelico inteso in senso materialista e secolare, come sensibilità etica umana senza nessun carisma sovrannaturale su cui fondare una chiesa come istituzione sacra): in questo senso il Concilio è stato una cesura nettissima e senza precedenti (né susseguenti, nel senso che tutto ciò che è venuto dopo lì c’era in nuce, quando non pienamente esplicitato, e Bergoglio al massimo estremizza, è più pittoresco nella sua esuberanza, ma non inventa nulla, con buona pace di quelli che si sono risvegliati “tradizionalisti” da quando c’è lui).

          • Francesco scrive:

            >>> Lutero a parole non amava i giudei

            non ti pare un pelino riduttiva come espressione? capisco che i fatto non collimano con la tua tesi del mondo Astratto in guerra eterna col mondo Concreto e con le tue attribuzioni di “popoli” ai due campi ma insomma …

            ciao

            • Peucezio scrive:

              Allora spiegami l’ossessione veterotestamentaria dei protestanti, il fatto che in Germania si sono diffusi (e lo sono ancora oggi) un sacco di nomi biblici in Italia e nei paesi cattolici molto rari o assenti (o diffusisi grazie al film americani), ecc.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Apri la Bibbia e dimmi quante pagine sono di Antico e quante di Nuovo Testamento.

              • Peucezio scrive:

                Appunto.

                Scegliere di dare tanta attenzione alla Scrittura è ipso facto una scelta giudaizzante, anche proprio per l’economia delle due parti nell’opera.

              • Peucezio scrive:

                Ed è significativo che nella messa romana ci fossero solo l’Epistola e il Vangelo, per cui in pratica non si leggesse quasi mai nulla dall’AT: la questione è anche la rilevanza che dai e le mediazioni che poni.
                In questo modo il fedele non entrava praticamente mai in contatto con l’AT (poi, vabbè, nella liturgia c’erano parti antifonali basate sui Salmi, ma hanno più una funzione poetica che didattica), di cui magari gli venivano spiegate alcune cose molto selezionate dai preti (omelie, catechismo o, come si diceva un tempo, “dottrina”) o che vedeva nei cicli di affreschi, ecc.

                Se gli metti in mano il libro tutto intero, legge quel cavolo che gli pare e il risultato è quello che vediamo: Bibbia e fucile, nomi strani…

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Gli estoni sono Bibbia e fucile?

              • Peucezio scrive:

                Forse fucile no 🙂

                Non ne ho idea.
                Me li immagino come gente che ascolta molta musica classica.

              • Moi scrive:

                In Estonia, che cmq siè fatta un buon mezzo Secolo di Socialismo Reale c’è moltissima “Areligiosità” … termine più consono di Ateismo .

              • Moi scrive:

                … almeno Habs, penserà anche a “Quèlètar” 😉 , in Estonia !

              • Francesco scrive:

                scusate l’ignoranza abissale ma l’iconografia cristiana non è strapiena di storie dell’Antico Testamento?

                che è molto più “favolistico” del Nuovo e quindi più vicino al gusto popolare?

                e Adamo ed Eva col serpente, la mela, ed erano nudi, l’angelo con spada di fuoco

                e i due fratelli che si ammazzano

                e Matusalemme che campa un sacco

                e Noè che piove e la barca e tutte le bestie

                e quello che si tromba le figlie

                e le piaghe d’Egitto

                insomma, mi sembra un patrimonio culturale anche dei cattolici

                poi, con Lutero, i crucchi scoprono un sacco di nomi buffi e gli piace usarli al posto di quelli papisti … non ci vedo nulla di strano

                ciao

              • habsburgicus scrive:

                scusate l’ignoranza abissale ma l’iconografia cristiana non è strapiena di storie dell’Antico Testamento?

                stavolta ha ragione Francesco
                e per rimanere nel campo semi-pornografico :D, si potrebbe aggiungere
                Susanna e i Vecchioni che contemplano le sue grazie
                Giuditta che seduce l’assiro Oloferne e poi lo sgozza 😀
                la grandezza di quel che fu il Cattolicesimo è stata appunto utilizzare l’A.T. per l’arte per la gloria dell’umanità e a giovamento dei fedeli (Francesco, di nuovo a ragione, ne fa correttamente notare l’aspetto più favolistico), tenendolo però celato alla lettura 😀
                i calvinisti hanno fatto l’opposto…lo hanno bandito dall’arte (vista come idolatria) e si sono rovinati la mente a forza di leggerlo ed elucubrarlo 😀 giungendo ai risultati della cosiddetta “America Vera”, ove autentici ciarlatani, spesso nei fatti semianalfabeti, discettano di oscuri fatti dell’epoca dei Giudici e fanno paragoni strampalati 😀

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ma come facevano a rappresentarlo se non lo conoscevano?

              • Francesco scrive:

                x MT

                per chi è la tua domanda?

                io ipotizzo che il “popolo ignorante” cristiano conoscesse moltissime storie dell’Antico Testamento e non oso pensare quali insegnamenti ne traesse, alle spalle dei parroci.

                ciao

              • Peucezio scrive:

                Le storie che citate sono un piccolissimo campione di tutto ciò che è narrato nell’AT, ma ricorrono ossessivamente più o meno sempre quelle nell’iconografia.

                Sugli estoni:
                dimenticavo le figone! 😀

        • Peucezio scrive:

          E’ interessante per esempio la storia del movimento liturgico, nato del tutto ortodosso con Dom Guéranger e poi deviatosi in senso eretico con i vari Beauduin, Jungmann e il resto della combriccola che ha poi prodotto i tristi figuri come Bugnini e le “riforme” (diciamo meglio, smantellamento della messa come azione sacra sacrificale e sua sostituzione con la cena protestante, cioè la commemorazione da parte di una comunità di fedeli) che sappiamo.

        • Peucezio scrive:

          Ho letto ora i tuoi interventi più sopra, che avevo scorso cursoriamente.
          Sì, Pio XI aveva aspetti che noi possiamo guardare con sospetto (ma non ha mai proclamato esplicite eresie: si trattava, credo, di sensibilità politiche) e Pio XII, in totale buona fede, è staot gabbato da Bugnini e compagni, infatti le sue timide riforme liturgiche sono già infette di modernismo, al di là delle sue rettissime intenzioni (su pacelli non avrei dubbi) e i sedevacantisti, prudenzialmente, le disattendono, rimanendo ancorati al vecchio messale del 1920 (di Pio X, ma promulgato da Benedetto XV), in attesa di una vera autorità nuovamente cattolica che decida.

          In generale, per fortuna, anche presso i motupropristi l’idea che il messale di riferimento sia quello roncalliano del 1962 non passa tanto: se non sbaglio lì non ci sarebbe nemmeno più il secondo Confiteor, ma non ho mai visto una messa cum populo in cui non venga recitato. Non ho idea invece di cosa dicano nel Canone, se ci mettano San Giuseppe o meno (impossibile saperlo, per ovvie ragioni).

          Invece è molto triste come in certe aree (Penisola Iberica, persino in Francia) persino ai lefebvriani capita di incorrere nel mal vezzo di leggere l’epistola in lingua vernacolare, cosa che trovo uno sfregio alla bellezza e purezza della liturgia (del tutto inutile peraltro: basta leggerla, magari insieme al Vangelo, prima della predica, come spesso si fa), cosa che in Italia nelle messe del Motu Proprio meno sciatte non accade mai (anzi, in certe chiese prevale una tendenza radicale a non instaurare nessun dialogo col celebrante, ma a far rispondere solo il ministro, persino nelle preci leonine, cosa che non facciamo nemmeno noi, nelle nostre cappelline, visto che almeno a quelle siamo soliti, come popolo, rispondere, pronunciando o cantando il Salve col celebrante, ma non l’orazione a San Michele; ma si tratta di consuetudini locali, in sé neutre: ci sono contesti del tutto tradizionalisti, anche molto radicali, in cui le preci leonine si recitano in lingua volgare, cosa in sé lecita, non facendo parte della messa stricot sensu ed essendo preghiere popolari, anche se recitate col sacerdote).

      • PinoMamet scrive:

        “Poi ci sarebbe da fare un discorso ulteriore, ma Pino mi darebbe del complottista (sopporta già troppo le mie intemperanze antisemitiche!) 🙂 , quindi soprassiedo.”

        Allora te lo dico subito: complottista!
        😉

        Bene, ora faresti questo discorso? Perché mi interessa!

        • Peucezio scrive:

          Ma lo sai già, l’ho anche già scritto (ma conoscendomi, ci saresti arrivato da solo).
          L’idea, che non invento certo io, perché prima del Concilio di queste cose parlava già la Civiltà Cattolica e in generale erano moneta corrente nella Chiesa, è che in un certo qual modo l’ebreo ha sempre agito per produrre un’apostasia, fuori, ma in ultimo anche dentro la Chiesa, proprio perché, dopo la venuta di Cristo, il suo ruolo nel mondo si è capovolto e quindi deve servire il maligno.
          Qui c’è un po’ di carne al fuoco:
          http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3111_Nitoglia_Tappe_rivoluzione_giudaico_cristiana_1.html
          E’ diviso in tre parti.
          L’ho visto ora facendo una ricerchina e l’ho solo scorso, ma conosco bene questo tipo di letteratura e ho letto altre cose di don Nitoglia.
          In genere sono sempre testi documentatissimi, poi si può eccepire sulla rilevanza dei nessi di causalità: il Concilio Vaticano II è anche frutto di una temperie storica (e comunque l’infiltrazione degli ebrei nella Chiesa è uno degli aspetti, insieme a quello, probabilmente più gande, di un generale conformismo di certi settori di fronda, minoritari ma molto determinati, cinici e organizzati, portati alla cospirazione e col fine di sovvertire il tutto).
          Poi c’è la questione generale dell’ispirazione ebraica della modernità, ma è un altra cosa, più indiretta.

          • Francesco scrive:

            io ho sempre trovato tragicamente riduttiva questa idea per cui la modernità sarebbe un complotto giudaico contro la cristianità

            e non solo culturalmente imbarazzante ma anche politicamente disastrosa, invece di combattere gli errori della modernità da un punto di vista cattolico, si è entrati nella stessa dalla parte della fazione reazionaria – nella corrente più stupida della stessa

            poi, a fronte di una sconfitta totale, hanno cambiato cavallo accodandosi ai progressisti

            capacità di essere autonomi, quindi cattolici, zero

            🙁

        • Peucezio scrive:

          Quel testo sembra dar ragione alla tesi di Mirkhond.

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          c’è anche questo:
          http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3119_Nitoglia_Come_e_nata_Nostra_Aetate.html
          da cui ho trovato il link agli altri due.

    • Francesco scrive:

      sono d’accordo con Mirkhond, credo anzi che quel “nascosto” sia eccessivo

      il nazismo ha portato alle estreme conseguenze l’ostilità contro gli ebrei che era nella storia dei cristiani fin dalle origini – e di fronte a quell’abominio i cristiani hanno fatto una profonda revisione

      questo si è in parte mescolato e sporcato con le pretese dei nemici delle religioni, ostili in primis al cristianesimo

      ciao

      • Peucezio scrive:

        Francesco,
        “e di fronte a quell’abominio i cristiani hanno fatto una profonda revisione”

        Siamo sempre lì: Dio ha cambiato idea 😀

        • Francesco scrive:

          no, affatto, non c’era una base scritturale nè teologica seria per certe esagerazioni anti-giudaiche

          tipo la figuraccia pazzesca che temo si sia fatta col caso Dreyfuss

          come non ce ne sono per gli eccessi odierni di ecumenismo, che sconfinano eccome nel relativismo

          non confondere mai la Tradizione con Dio, caro Peucezio!

          • Peucezio scrive:

            Francesco,
            “no, affatto, non c’era una base scritturale nè teologica seria per certe esagerazioni anti-giudaiche”

            Tutt’altro.
            La questione, ancora più che del deicidio, del tradimento degli ebrei dell’Alleanza col Cristo, rifiutandosi di riconoscerlo nel Figlio, è dirimente e direi che è fondativa dell’essenza stessa del cristianesimo.
            E infatti tutte le dottrine ateistiche e anticristiane hanno una matrice giudaica. Ma se anche così non fosse, poco importa: la nuova Alleanza si fonda proprio sul capovolgimento dei ruoli fra ebrei e gentili, che è divisivo, radicale, direi quasi ontologico.

            “tipo la figuraccia pazzesca che temo si sia fatta col caso Dreyfuss”

            Che c’entra, quelle sono le manie razziste dei francesi.
            Un mio amico diceva giustamente che dopo i polacchi, i francesi sono il popolo più antisemita del mondo. La religione, nella Francia laica e borghese di allora, credo non c’entri proprio nulla.

            “non confondere mai la Tradizione con Dio, caro Peucezio!”

            Le cose si identificano, se s’intende rettamente la tradizione, così come la religione: Dio ci è tràdito, per l’appunto (visto che Cristo non è più vivo in carne e ossa fra noi) e se si nega l’una si nega l’altro.

  11. Moi scrive:

    Esempio di Nerdata di Feudalesimo e Libertà che fallisce miseramente nell’ intento di far ridere :

    https://www.youtube.com/watch?v=obofSxxI3mE

  12. Z. scrive:

    Benvenuto Infinity’s goon!

    Giusto iersera, chissà perché, stavo leggendo la biografia di Euronymous.

  13. Miguel Martinez scrive:

    Interessante la storia molto americana, di Ross Ulbricht, che sta scontando un doppio ergastolo per aver messo su un sito web:

    https://threadreaderapp.com/thread/1261444400535617536.html

    • Francesco scrive:

      non è che tutti i siti web siano innocui però!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “non è che tutti i siti web siano innocui però!”

        non dico che bisogna vedere sempre le cose in bianco o nero.

        Dico che la notizia è interessante, anche nei particolari.

        • Francesco scrive:

          io non sono molto in grado di valutare ma il nostro amico è stato condannato sia in primo grado sia in appello

          se aveva 1,6 miliardi di dollari in Bitcoin, sospetto potesse pagarsi un avvocato bravo

          forse era davvero colpevole, anche se “solo” di spaccio di droghe – nell’articolo dimenticano di dire per cosa è stato condannato

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “forse era davvero colpevole, anche se “solo” di spaccio di droghe”

            Ma immagino anch’io. E’ che trovo sempre interessante il concetto americano di “fine pena mai”.

          • PinoMamet scrive:

            Quello è anche un concetto italiano, ma degli USA mi colpisce:

            – la “generosità” con la quale ergastoli e pene di morte vengono distribuite

            -la difficoltà con le quali sentenze, anche clamorosamente sbagliate o perlomeno esagerate, possono essere modificate;

            -il fatto che molti processi sembrino fatti alla cazzo…

            senza sapere niente di specifico del caso (che riassumo così: ha messo su un sito dove si incontrano anche degli spacciatori, ma non i trafficanti d’armi) a occhio e croce direi che in Italia al massimo si beccava due anni.

    • Roberto scrive:

      “Aver messo su un sito”

      Leggo sulla pagina Wikipedia relativa al sito
      “In March 2013, the site had 10,000 products for sale by vendors, 70% of which were drugs.[20][69] Drugs were grouped under the headings stimulants, psychedelics, prescription, precursors, other, opioids, ecstasy, dissociatives, and steroids/PEDs.[9][17][70][71] Fake driver’s licenses were also offered for sale.[72] The site’s terms of service prohibited the sale of certain items. When the Silk Road marketplace first began the creator and administrators instituted terms of service that prohibited the sale of anything whose purpose was to “harm or defraud”.[17][73] This included child pornography, stolen credit cards, assassinations, and weapons of any type; other darknet markets such as Black Market Reloaded gained user notoriety because they were not as restrictive on these items as the Silk Road incarnations were.[69][74] There were also legal goods and services for sale, such as apparel, art, books, cigarettes, erotica, jewellery, and writing services. A sister site, called “The Armoury”, sold weapons (primarily firearms) during 2012, but was shut down, due to a lack of demand.[75]”

      È un po’ come dire che la mafia ha messo su un’attività assicurativa
      🙂

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        ” un po’ come dire che la mafia ha messo su un’attività assicurativa”

        Io non difendo (né attacco) il tizio in questione.

        Trovo affascinante il sistema penale americano.

        • Roberto scrive:

          Si certo, precisavo il tuo leggero eufemismo per meglio capire di cosa si tratta

          Trovo assurdo tutto il sistema giuridico americano, e non c’è nulla di affascinante quando in gioco c’è la vita delle persone

  14. Miguel Martinez scrive:

    Un esempio di come si potrebbe “deglobalizzare” senza entrare nelle solite polemiche sulle “frontiere”.

    https://twitter.com/Jim_Elllis/status/1261286536844369923

    In Inghilterra, è stato proposto un emendamento alla legge sull’agricoltura, che avrebbe vietato l’importazione di cibo che sarebbe illegale produrre nella stessa Inghilterra (ad esempio, carne gonfiata con ormoni, ecc).

    Emendamento bocciato dai conservatori, alla faccia del Brexit.

    • Francesco scrive:

      ci vuole una legge? mi pare assurdo, se una cosa è proibita perchè fa male non è che se arriva dall’Andalusia allora non fa più male

      tra l’altro i regolamenti sanitari e di sicurezza sono uno dei maggiori ostacoli al libero commercio di cui i miei esportatori si lamentano cotidie

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Ci sono un sacco di cose che in Italia non puoi produrre, ma puoi utilizzare. Avviene in tutti i casi in cui è la lavorazione ad essere pericolosa e non il prodotto finito.

  15. Mirkhond scrive:

    “questo negli anni Novanta, quando non lo faceva NESSUNO e tutti ne avevano il terrore, perché sfrecciavano i motorini dei “topini” (a me non mi hanno mai scippato, né aggredito, né chiesto nulla; mi portavo pochi soldi e non mettevo addosso cose vistose o palesemente di valore).”

    Appunto, perché non portavi roba preziosa addosso e non avevi molti soldi.
    Chiediti però il perché del terrore che i baresi avevano per la città vecchia…..

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Il verogognoso classismo dei vecchietti che volevano evitare di essere rapinati.

      • Peucezio scrive:

        Ti sei salentino, non hai voce in capitolo, hai diritto di arrivare fino a Ostuni: alle porte di Cisternino già ti fermiamo! 🙂

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Lecce aveva problemi analoghi, ma non conosco nessun leccese che li rimpianga.

          • Peucezio scrive:

            Sul Salento scherzavo, ma il centro storico di Lecce non ha nemmeno una lontana parentela con quello di Bari: non è mai stato un posto di vicoletti, corti e bassi, con bambini vocianti, donne sedute davanti all’uscio di casa, ecc.: il centro storico di Lecce è un bellissimo museo a cielo aperto, detto senza nessuna critica, ma, anzi, nel senso nobile del termine, perché non è finto, è uno splendido centro storico barocco, aristocratico, di una città meridionale.
            Ai tempi molti bellissimi palazzi cadeavno un po’ a pezzi purtroppo; credo che adesso sia molto più curato, ma è un po’ che manco.
            Ma l’ultima cosa che vi si coglie (ci sono stato le prime volte negli anni ’80) è un’anima popolare, che forse Lecce in sé non ha mai avuto.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Una quarantina di anni fa era ben altro il centro di Lecce. Tanto che l’area dello shopping, quella tradizionalmente frequentata, era fuori le mura.

              • Peucezio scrive:

                Strano.
                A Lecce ci sono stato la prima volta non una quarantina d’anni fa, ma quasi, diciamo una trentacinquina abbondante e non ebbi questa percezione.

                Ma, al di là dell’area dello shopping, tu che intendi?
                Io proprio a livello architettonico e urbanistico non ho proprio presente quelle strutture (bassi, vicoletti, corti), che costituiscono il tessuto di Bari Vecchia e costituiscono la precondizione per quel peculiare tipo di socialità fitta di strada: il centro storico di Lecce mi sembra semmai tipica edilizia aristocratica, bei palazzi barocchi, un po’ come in certe città siciliane… Ci saranno pure stati i ceti popolari, ma parliamo proprio di un altro tipo di contesto, di spazio.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ma eri andato dalla parte della Chiesa Greca o di Piazza Sant’Oronzo? Perché c’era una bella differenza.

          • Peucezio scrive:

            Comunque ti assicuro che non erano i vecchietti a disprezzare Bari Vecchia, erano i giovani.

            Non escludo che in quegli anni qualche vecchio cultore della baresità avesse qualche esitazione a girare per Bari Vecchia per paura dei “topini”.
            Ma non darei eccessivo peso al fenomeno: gli scippi avvenivano in tutta la città, in via Sparano, in tutte le vie del centro e negli altri quartieri, per cui chiunque andasse a Bari Vecchia, teneva più o meno le stesse precauzioni che teneva girando per la città in generale.
            E ciò non impediva affatto, già allora, ai veri appassionati, che sapevano cogliere la bellezza di Bari Vecchia, di girarci (mica sono stato l’unico in tutti gli anni ’90!!). La storica dell’arte Pina Belli D’Elia conosceva Bari Vecchia palmo a palmo e tantissime altre persone.

            Chi non ci andava non erano certo i vecchietti, ma, come ho già detto, la gioventù stupida e ignorante di quegli anni: la scusa era la criminalità, ma l’idea di fondo è che lì sono cozzali, che è roba vecchia, è così bello andare in via Sparano coi negozi moderni ed eleganti! Non sto scherzando, in quegli anni la mentalità di tutte le persone sotto i trenta, quarant’anni era esattamente questa! Sono realtà di cui tu non hai idea, sia perché sei cresciuto dall’altra parte d’Italia, sia per ragioni anagrafiche.

            Ora i giovani sono cambiati moltissimo (non solo nel senso del ricambio generazionale, ma gli stessi cazzoni di allora hanno finto un po’ di rinsavire), ma dietro questa patina di attenzione per i valori culturali, persino quelli popolari, la moda della pizzica, ecc., c’è sempre una superficialità di fondo, una mentalità un po’ mondana e fighetta, che già nei paesi della provincia, soprattutto verso il sud-est barese, ma non solo, trovi molto di meno.
            In tutto ciò Bari Vecchia non ci ha guadagnato: al di là dello sfregio fisico della pavimentazione, si è integrata maggiormente col resto della città, ma il resto della città non aveva nulla di buono da darle.
            Poi, certo, ci sono aspetti di degrado delle città, nel sud e in Italia in genere, che erano vistosi in quegli anni e che oggi non ci sono, non nella stessa misura, perché ci sono amministrazioni locali più attente, c’è una certa crescita di livello diffuso della cultura e dell’attenzione al patrimonio artistico, ma questo c’entra relativamente con la “riappropriazione” di cui parla Mirkhond: anche nei paesi sono anni che si vedono restauri di monumenti dei centri storici, valorizzazioni, anche laddove non c’era mai stata una cesura fra questi e il resto del paese, non avevano forme delinquenziali e non sono poi stati invasi dai locali e pub.
            Ma la scelta di far diventare piazza Ferrarese e Mercantile zone di locali (che fu un a precisa scelta politica, infatti gli fecero tutte le infrastrutture, ecc.) non ha nulla a che fare con la valorizzazione del centro storico: è stata una mera invasione da parte della città nuova, snaturando oltretutto la funzione di Piazza Mercantile, che era la piazza per eccellenza dei barivecchiani da secoli (il palazzo del Sedile, sede comunale d’Ancien Régime, prima del Murattiano, è cinquecentesco).

      • Francesco scrive:

        i vecchietti sono anche parecchio paranoici però!

        • Peucezio scrive:

          I vecchietti del sud degli anni ’80-’90 non tanto però…
          Infatti non sentivo parlare male di Bari Vecchia dai vecchi, ma solo dai giovani e da alcuni di mezza età.

    • Peucezio scrive:

      Mirkhond,
      ma che senso aveva volerci andare ostentando status symbol?
      Capirai poi quanti soldi servono a Bari Vecchia, per prendere un euro di focaccia al panificio (allora saranno state meno di mille lire…).

  16. Mirkhond scrive:

    Casomai la colpa della borghesia barese è stata quella di abbandonare il centro storico già dall’800, dimostrando una mentalità attenta solo al denaro e nessun amore per il proprio passato.
    Del resto basti pensare allo scempio edilizio degli anni ’70-’80 che ha deturpato anche il Borgo “Murattiano”, che pure aveva begli edifici otto-novecenteschi…..

  17. Mirkhond scrive:

    Quando si parla di Semiti ho in mente loro (anche se in questo caso si tratta di berberi arabizzati) :

    https://youtu.be/ofqN5ZBY3ao

  18. Moi scrive:

    le greggi che bloccano le strade sterrate, le trovi anche in Sardegna 😉 …

    • Mirkhond scrive:

      Beh, la Sardegna in un certo senso è ciò che resta dell’Africa romana…

      • Z. scrive:

        in che senso?

        • Mirkhond scrive:

          Il fondo etnico sardo preromano, almeno in parte doveva essere berbero, e la Sardegna fu parte del regno dei Vandali (439-534 d.C.) e poi dell’esarcato romano-bizantino d’Africa (534-698 d.C.), entrambi con sede a Cartagine.
          Del resto pare che lo stesso estinto latino d’Africa fosse simile a quello parlato in Sardegna, come già affermava lo storico tunisino Ibn Khaldun (1331-1406) e come confermerebbe la linguistica, come ricordato qui da Pino e Peucezio.

          • habsburgicus scrive:

            parrebbe che l’Esarca d’Africa abbia financo continuato a sussistere in Sardegna per un certo tempo dopo il 698 d.C, con titolo non ben chiaro
            tanto che ad inizio VIII secolo d.C (diciamo c.a 720 d.C) nell’Italia odierna ci sarebbero state ben 3 giurisdizioni bizantine fra loro indipendenti
            i.un Esarca a Ravenna (Romagne incluse Bologna, Marche, Umbria e vaga autorità sul Lazio ove il Papa già faceva quel che voleva 😀 autorità meno vaga sulla Venezia)
            ii.uno stratego a Siracusa (Sicilia, attuale Calabria, Terra d’Otranto) più vaga autorità su Napoli il cui dux faceva da sé
            iii.un Esarca (?), dux (?) a Cagliari, erede dell’Africa romana

            • Mirkhond scrive:

              Interessante. Dove hai reperito tale notizia?

              • habsburgicus scrive:

                mah…
                Zannini, Italie bizantine, 1998 mi pare accenni en passant anche a questo [pur non trattando ex professo della Sardegna], ma non vorrei confondermi…
                poi il vecchio Diehl, autore della prima (e diciamo pure unica :D) monografia sull’Esarcato
                poi Philip Grierson, in opere numismatiche
                in genere sono opere di nicchia…e nessuna ci si sofferma più di tanto

              • habsburgicus scrive:

                c’é una monografia sulla Sardegna bizantina, in lingua italiana, di Pier Giorgio Ignazio Spanu, 1998….forse anche di lì

              • habsburgicus scrive:

                Philip Grierson, Byzantine Coins, The University of California Press, Berkeley 1982, a pag. 151, dopo aver parlato della perdite delle zecche bizantine del Vicino Oriente, scrive
                “while that of Carthage had only come to an end in 695* and in early eighth century its moneyers were still active in Sardinia, hoping no doubt that a return to Africa might still be possible”
                [mentre quella di Cartagine era giunta alla fine solo nel 695 d.C e all’inizio dell’VIII secolo d.C i suoi monetieri erano ancora attivi in Sardegna, sperando senza dubbio che un ritorno in Africa potesse ancora essere possibile]
                l’informazione che ho scritto io, forse, potrebbe anche non esserci da nessuna parte (Zannini fa però una rassegna delle “Italie bizantine”) scritta così, ma è frutto di conclusioni derivate da varie letture nel corso degli anni..

                *poi sarà ripresa ma nel 608 d.C ricadrà
                evidentemente Grierson pensa che la zecca sia rimasta in Sardegna durante quest’ultima effimera ripresa bizantina, analoga alla ripresa di Alessandria (caduta come si sa già il 29/9/642 d.C) in 645-646 d.C..ovvero..ininfluente, purtroppo

              • habsburgicus scrive:

                698

          • Francesco scrive:

            vuoi dire che abbiamo fatto il culo ai Vandali in Africa? mica ce lo sapevo, credevo fossero stati gli Arabi invasori

            • habsburgicus scrive:

              no, no..son stati i Romani (bizantini)
              il buon Procopio, che ha esaltato Belisario anche per questo, non sarebbe felice nell’apprendere di essere caduto nell’oblio 😀 😀 😀

              • habsburgicus scrive:

                Giustiniano, pur geloso, per testimoniare a Belisario la sua riconoscenza gli offrì il consolato per l’anno 535 d.C
                in Oriente il 535 d.C fu infatti chiamato “Fl. Belisario consule”
                ma in Occidente, pare sotto pena di morte per i trasgressori, i Goti ordinarono che il suo consolato fosse ignorato
                e il 535 d.C nei documenti contemporanei occidentali é chiamato anno post consulatum Paulini !
                Paulinus fu l’ultimo occidentale CHE COME TALE* rivestì il gloriosissimo consolato nell’Urbe, cingendo i fasces alla presenza di tutto il popolo, nel 534 d.C, 1042 anni (534+509-1) dai mitici Bruto e Collatino: in quell’anno Giustiniano assunse il suo IV consolato all’Est, tanto che il 534 d.C all’Est è definito D.N. Iustiniano Augusto IV-Fl. Paulino consulibus e a dirla tutta, nel 534 d.C (in cui il potere era ancora ad Athalaric e alla madre Amalasuntha, all’inizio) la definizione ufficiale è quella anche all’ovest..
                nel 535 d.C non fu solo fu fatto fuori Belisario, ma anche Giustiniano collega di Paulinus e restò solo Paulinus 😀
                su tutte ‘ste cose, leggete Consuls of the Later Roman Empire, 1987, un tomo di quasi 800 pagine 😀
                en passant, Belisario decise di prendere materialmente i fasces l’ultimo giorno possibile, il 31 dicembre, a Siracusa 😀 e ciò fu notato

                *
                l’ultimo console privato in assoluto, sette anni dopo, nel 541 d.C, era anche un occidentale (Fl. Basilius) ma prese i fasces a Costantinopoli
                dopo Belisario (535 d.C), Giustiniano pare per gelosia lasciò vacante il consolato per due anni (536 e 537 d.C, non ci furono consoli..come già in 531 e 532) e nel 537 d.C de facto abolì la datazione consolare, affiancandole l’anno di regno (inaudito !) e l’indizione
                nel 538 d.C fece console Giovanni di Cappadocia
                nel 539 d.C l’egiziano Apione
                nel 540 d.C Giustino minore ad Aosta uno datò con il suo post-consolato nel 550 ancora !
                e nel 541 d.C il citato Basilio
                poi basta !

              • habsburgicus scrive:

                i consoli dovevano tenere giochi, anzi da Diocleziano in poi FACEVANO SOLO QUELLO 😀
                a Roma spendevano di più, era una gara
                a Costantinopoli meno, perché erano meno ricchi allora..e perché gli Imperatori erano gelosi
                eppure Giustiniano pensava che spendessero troppo
                non crediate che avesse scrupoli einaudiani 😀
                temeva che con le spese e i doni un console acquisisse troppa presa sul popolo..pericoloso per lui
                e se pensate che, con il reddito di cittadinanza, qualcuno si è preso l’Italia :D, non è difficile immaginare cosa avrebbe potuto fare delle masse sfaccendate degli ippodromi un novello Crasso, con ricchezze inesauribili 😀

      • Moi scrive:

        interessante … dove l’ hai sentito / letto ?

  19. Mirkhond scrive:

    Voglio dire che quando penso al mondo semitico, lo vedo molto diversamente da Peucezio. 😉

  20. Mirkhond scrive:

    Dove peucezio vede affaristi sradicati cosmopoliti che tramano per distruggere il Cristianesimo, io invece vedo pastori e contadini di ambienti deserticoli.

  21. Mirkhond scrive:

    Peucezio

  22. Z. scrive:

    Questa pandemia ha interrotto la mia serie di articoli contenenti riflessioni sull’universo, e peraltro alla vigilia dell’ultima puntata. Avevo già scritto l’articolo, oltretutto…

    Ma il contesto è mutato, e anche la legge. Se prima si discuteva di come ammorbidire l’abrogazione della prescrizione, causa covid i processi sono stati sospesi e con essi la prescrizione. In altre parole, la sospensione è stata disposta con effetto retroattivo – in certi casi, due volte retroattivo! – e sfavorevole all’imputato.

    Il tutto nel silenzio di maggioranza e opposizione – dopotutto, ci sono ben altre istanze e urgenze cui pensare.

    Ma la dottrina chelebecchiana non va in sonno causa covid. Come gli altiforni è sempre attiva, giorno e notte. Possono cambiare i tempi, i temi e i timori, ma l’inserto Dottrina e Farfalle – eccezionalmente offerto a tutti i lettori, e non solo agli abbonati KelebeklerPlus – non vi abbandonerà.

    Abbiate fiducia 🙂

    • Moi scrive:

      … E lo Scandalo Boss & Sicari Mafiosi (…che nessuno avrebbe compianto, se fossero schiattati in gattabiua al 41bis !) dopo aver Orchestrato le Rivolte nelle Carceri ?

      • Francesco scrive:

        non abbiamo la pena di morte in Italia e non la introdurrei surrettiziamente

        mi parrebbe una solenne porcata che preferisco non avere sulla coscieza

        ciao

  23. Moi scrive:

    gattabuia !

  24. PinoMamet scrive:

    Rispondo a Peucezio qua sotto per comodità:

    “Ma lo sai già, l’ho anche già scritto (ma conoscendomi, ci saresti arrivato da solo).”

    A dire il vero non mi aspettavo questo, ma qualcosa di più complottistico.

    Ho dato una scorsa agli articoli, per mancanza di tempo.

    Seguimi bene perché neanche io so dove sto per andare a parare 😉

    voglio dire: non è che mi sembrino sbagliati in sè. Mi sembrano parziali, come se mancasse la metà del discorso, quella ebraica.

    Cioè, noi leggiamo in sostanza la storia dell’ “infiltrazione” ebraica, o del punto di vista ebraico, nella Chiesa, senza mai leggere il punto di vista ebraico!

    È questo a dare quell’aria un po’ cospiratoria, complottistica.

    Non voglio dire che se tu leggessi il punto di vista ebraico- seguimi- “mi” daresti ragione, o vedresti le cose in modo radicalmente diverso.
    Magari, che so, ti darebbe anche più ragione! Ma manca.

    Leggo ogni tanto, per esempio, di prelati convertiti dall’Ebraismo. La loro conversione è spesso “virgolettata”, come se fosse per forza non autentica.

    Ora, magari ci può capitare di andare a fare una seduta di yoga tantrico indonesiano (che mi invento ora), per moda o per far colpo su una ragazza o per curiosità.

    Ma una conversione seria, a una religione seria, è di solito un affare serio, che non si affronta a cuor leggero, e non si affronta con l’idea di “infiltrare” la religione in cui si entra.
    Quindi “hai torto”.

    Però: inevitabilmente chi entra nella religione “nuova” porta con sè un sacco di idee di quella vecchia, quindi è logico che in qualche modo la contamini- un modo che può essere anche vitale, perché no. Quindi, hai anche ragione…

    ma se noi non sentiamo il punto di vista di questo prelato convertito, che ne sappiamo?
    Abbiamo solo metà della storia.

    • PinoMamet scrive:

      Poi lancio una provocazione, più che altro a Mirkhond:

      e se i cattolici accettassero di buon cuore di avere a che fare con una religione “nuova”? Intendo quella post-conciliare.
      Erede del Cattolicesimo antico, continuatore indiscusso (o quasi, tolte le poche frange peuceziane 😉 che sono più o meno inevitabili) dell’antica tradizione.

      ma anche qualcosa di diverso, almeno in alcuni punti radicali. Sì, sarebbe un dare ragione (in parte) a chi vi accusa di cripto-protestantesimo.
      Ma in fondo, se alcune delle idee protestanti non erano poi tanto male… perché non ammetterlo, semplicemente?

      • Francesco scrive:

        in effetti è una delle cose che si chiedono a questo Pontificato, una minima chiarezza dottrinale

        mi sembra senza molto successo

        poi, scusa, quali idee protestanti varrebbe la pena di adottare?

        • PinoMamet scrive:

          Beh, se leggi i link di Peucezio, tutte le riforme liturgiche del Vaticano II, o anche precedenti, che vanno nel senso di una maggior partecipazione dei fedeli vengono tacciate di protestantesimo.

          Ora, ammesso che sia vero, che c’è male c’è?
          Non so come dire, è come se il “gioco” non fosse nel fare la cosa giusta (è giusto o no far partecipare di più i fedeli?), ma nell’osservanza delle regole…

          come due squadre di calcio fissate col fuori gioco, che non tentano più di fare rete, ma solo di mandare l’avversario in fuori gioco…

          a un certo punto, se la Chiesa dicesse: “basta, chiamateci pure protestanti, chi se ne frega? dite che abbiamo modificato la dottrina arbitrariamente, non importa…
          abbiamo fatto la cosa giusta!”
          non sarebbe liberatorio?

          • Moi scrive:

            …. Sì, però cambiassero Sede (tipo un capannone con traliccio cruciforme in una Zona Industriale …) e in Vaticano ci andassero i Lefebvriani ! 😉

          • PinoMamet scrive:

            E perchè? è roba del Papa, anche se il Papa diventa protestante è sempre roba sua!

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            mi potrebbe anche stare bene ciò che dici, ma alla condizione di Moi.

            Se decidi di intendere il cristianesimo non più tanto come rigidamente istituzionale e dogmatico, nella sua tradizione romana ininterrotta, non hai bisogno della sede petrina, con tutte le sue glorie, i suoi simboli magniloquenti, le sue grandiose vestigia, anche, anzi, diventano un impiccio e comunque perdi il titolo per disporne, perché ne rinneghi o quantomeno ne consideri inutile e ingombrante la stessa essenza.

            E quello che non riesco a far capire a Mauricius, che fa l’ultraprogressista che probabilmente non eccepirebbe nemmeno su un papa transessuale dichiarato che ne proclamasse dogmaticamente la liceità, ma quando si tratta di polemizzare coi tradizionalisti e solo in quel momento, si riscopre ultradogmatico e istituzionale nell’essere organico alla la gerarchia materiale.
            O l’una o l’altra 🙂

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “E quello che non riesco a far capire a Mauricius”

              Ho l’impressione che MT si diverta a volte a impiccare il sarto con la sua corda. Se non si pretende così di dimostrare una verità, è una buona pratica, perché aiuta a diventare flessibili mentalmente.

              • Z. scrive:

                Flettersi troppo però fa venire mal di schiena, e tra una torsione e l’altra espone il flesso conseguenze pericolose 😉

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                lui però non so se lo fa con quello spirito (e comunque secondo me non si diverte, ma s’incazza più di me, che pure non scherzo): lui ci crede veramente, il che è inquietante, perché significa che in nome del furore ideologico si perde di vista la coerenza logica.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                non parlarmi di queste cose, ti prego… ho un’età in cui, ahimè, cominciano a diventare parte dell’esperienza corrente. 🙁

            • Peucezio scrive:

              Aggiungo,
              se si facesse una cosa del genere, la Nuova Chiesa Modernista Evangelica Pauperista Bergogliana dovrebbe tenersi le chiese moderne di periferia a forma di silos o di hangar, che tanto sono tante, grandi e alcune anche architettonicamente pregevoli, anche se non come chiese cattoliche, e lasciarci tutte le chiese fino più o meno intorno alla guerra o, quantomeno, fino agli anni ’20.

              Comunque l’idea di Pino non è malaccio: ricorda un po’ la Chiesa alta e quella bassa anglicane.
              Solo che quelle credo vadano d’accordo nella loro differenza, mentre la Chiesa tradizionale romana non potrebbe non proclamare l’altra eretica e scismatica, allo stesso modo di come giudicava ogni chiesa protestante prima del Concilio.
              Ma si andrebbe d’accordo nei fatti nel dividersi i ruoli e nel non pestarsi troppo i calli a vicenda.

              • PinoMamet scrive:

                Non ci avevo pensato in questi termini, ma potrebbe essere un’idea…

                comunque sai che io credo che Cattolicesimo post-conciliare ed Ebraismo ortodosso siano destinati a fondersi in qualche modo.
                Vedremo!

              • Peucezio scrive:

                Nulla da eccepire.

                Purché smetta di chiamarsi “cattolicesimo”.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per PinoMamet

            “a un certo punto, se la Chiesa dicesse: “basta, chiamateci pure protestanti, chi se ne frega? dite che abbiamo modificato la dottrina arbitrariamente, non importa…”

            Conosco molto bene il mondo cattotradizionalista.

            Direi che mi piace moltissimo il loro sistema intellettuale astratto, pur non condividendolo.

            E credo che abbiano in linea di massima ragione, quando dicono di essere i “veri cattolici”.

            Il problema è che umanamente, derivano da un mondo che ho intravisto nella mia infanzia, e che mi ispira una tristezza terribile; e oggi sono – in linea di massima – come i marxisti leninisti e tante altre minoranze esasperate, che contro la modernità oppongono un muro di rigore, astio e sospetto, che si rivolge innanzitutto contro chiunque altro, per altri motivi, si oppone alla modernità.

            Questo come sistema generale, poi individualmente, sono come tutti gli esseri umani, e alcuni sono ottimi.

            • Peucezio scrive:

              Sì, è un ritratto abbastanza fedele.

              Ma non lo generalizzerei neanche eccessivamente.

              E’ più vero per i sedevacantisti (ma anche lì c’è di tutto e c’è gente dal carattere gioviale e allegro, anche se, almeno per quanto riguarda i fedeli, l’impronta la dà più ciò che dici tu, cioè la sindrome del nemico; i sacerdoti invece sono mediamente più simpatici e hanno poco di cupo o di rancoroso).

              Circa invece i motupropristi: anche lì c’è un po’ di tutto e molto spesso il motu proprio non è affatto una scelta dottrinale: conosco gente che su Bergoglio dice cose che farebbero impallidire un sedevacantista per la loro veemenza. Solo che spesso è gente che non ha nessun interesse per gli aspetti dottrinali, troverebbe inutile e incomprensibile la tesi di Cassiciacum, non si pone il problema se Bergoglio sia papa o no, ma lo insulta continuamente, ama molto la liturgia antica, vi ritrova gente per lo più ideologicamente affine a sé e quindi è contenta.
              Ma si tratta di gente a volte caratterizzata da un vitalismo invidiabile: magari non ama Bergoglio, ma lo insulta più perché è schietta ed esuberante, e in quanto tale colorita nel linguaggio, che perché sia cupa e rancorosa.

              Poi anche in quell’ambiente c’è il tipo umano più cupo cui hai fatto riferimento. Ma mischiato a varie altre tipologie.
              C’è anche da considerare che in Italia il 99,9% delle persone (me compreso, anche se all’occorrenza so astrarmene, quantomeno nel senso di essere cosciente dei limiti in sé di questa logica binaria, e te escluso) fa parte di una delle due fazioni. In quei contesti sono praticamente tutti della fazione di destra. E quindi ce l’hanno con quell’altra e all’occorrenza la insultano.
              Tranne poi (e qui si vede la differenza fra ambienti settari e ambienti che non lo sono; in questo i sedevacantisti sono un po’ più settari, con le dovute eccezioni) andarci a bere il caffè insieme, riderci e scherzarci.

            • Peucezio scrive:

              Poi ci sono aspetti di cui non posso parlare qui dentro per questioni di rispetto e riservatezza: magari ve ne scrivo in separata sede.

          • Francesco scrive:

            su questo ti darei ragione ma di solito i riformatori
            cattolici si riempiono la bocca non di “giusto” ma di “moderno, progressista, aperto” e altri termini che denotano dipendenza ideale da terzi

            è questo che mi rattrista

      • Mirkhond scrive:

        Rispondo a Pino

        Non saprei, francamente mi sento cattolico e la Chiesa in cui sono stato battezzato e che conosco, mi sembra cattolica, sia pure con delle novità rispetto a prima del famoso Vaticano II.
        Peucezio dice che è un’altra religione, ma non riesco a seguirlo su questo discorso.
        Anche se condivido il suo amore per la bellezza liturgica e degli edifici religiosi.

        • Mirkhond scrive:

          Quanto al protestantesimo, penso soprattutto a quello anglosassone, cupo e deprimente, con quelle “chiese” aniconiche e brutte, i pastori che non sono sacerdoti, l’assenza della dimensione monastica e soprattutto della rete di mediatori angelici e umani voluta da Dio Stesso per aiutarci, a cominciare dalla Madonna.
          Io non potrei appartenere ad una cristianità senza la Madonna e i Santi.
          Dunque no, il protestantesimo non mi appartiene e mi è estraneo.

          • PinoMamet scrive:

            Beh questo è un altro discorso…

          • Peucezio scrive:

            A volte mi chiedo se la mancata percezione di un salto sostanziale con Concilio non sia legata al fatto che non ne percepiamo la radicalità, per il fatto che poi, al di là degli intenti, i fenomeni storici sono il risultato di compromessi di fatto.

            Quando parli di chiese aniconiche e brutte, di pastori che non sono sacerdoti, ecc. non vedo nessuna differenza con le chiese “cattoliche” attuali (o anche con alcune chiese più vecchie spogliate dopo il Conclilio di molte statue e immagini), così come col ruolo del sacerdote nella messa nuova (come teorizzato proprio dall’Institutio Generalis del messale del ’69, in cui il celebrante è sostituito da un presidente di assemblea).
            Solo che in Italia (ma un po’ ovunque c’è un cattolicesimo storico) è difficile percepire in pieno l’impatto di tutto ciò, essendo circondati da chiese e monumenti cattolici bellissimi, che nessuno ha toccato, con pochissime eccezioni, nemmeno nell’epoca del furore iconoclasta post-riforma, per il suo valore artistico.

            Nel caso della liturgia invece la trasformazione in senso protestante è così evidente e radicale che l’unica spiegazione che trovo è la tua mancata frequenza. Ma, direi, più in generale, che la liturgia ha perso importanza per i cattolici, o, quantomeno, ha cambiato funzione: se ha un valore essenzialmente di ammaestramento e di condivisione comunitaria, mentre risulta molto ridimensionato il valore sacramentale, soprattutto per chi non ha vissuto, per ragioni anagrafiche il vecchio rito, è abbastanza naturale che non si percepisca uno snaturamento, non perché non ci sia, ma perché non si ha esperienza dell’intensità con cui veniva vissuta la pratica del culto in passato, mentre oggi si vedono tante vestigia belle, ancora utilizzate, sia pure con una funzione diversa, e si pensa che in fondo la religione non è poi cambiata granché.

            Ma invece io direi che è cambiata eccome, anche proprio nella gente e nel modo di viverla.
            Il cattolico fervente di oggi non è un cattolico verace: ha poco che lo distingua da un protestante.
            Io lo vedo dai miei parenti della provincia pugliese (ma anche in città, fra amici e conoscenti vari): ho presente gente con strumenti culturali e critici deboli, per difetto di scolarità e di retaggio familiare, che studiano, leggono ossessivamente la Bibbia, ricavandone quando va bene, percezioni distorte ed equivoci, quando va male idee del tutto strampalate, non dico alla Biglino, ma poco ci manca.
            E pensano che la religione sia questo: un libro, che noi dobbiamo leggere e capire e che ci è stato spesso proposto in modo distorto, filtrandolo, distorcendolo, aggiungendoci roba che non c’è, ecc.
            E la Chiesa non è vissuta come un’istituzione soprannaturale in continuità metafisica con la Rivelazione, di cui è continuo veicolo nella storia, ma come un’istituzione meramente umana, che ha tutt’al più una funzione pratica, utile per aggregare i credenti, per organizzare delle cose, ma l’istanza finale di giudizio su tutto è sempre al singolo fedele, che si rapporta a Cristo tramite la Bibbia.
            Ditemi se questo non è protestantesimo allo stato puro.

            Noi forse non abbiamo una percezione piena di ciò, perché siamo mediamente colti, anche in un’epoca postconciliare avremmo avuto un approccio più consapevole e critico alla religione e ora ci fanno sorridere le ingenuità di questi esegeti improvvisati, che sono però un’umanità con cui, tutto sommato, veniamo poco in contatto (perché siamo in contatto con altra gente piuttosto istruita, del nostro ambiente sociale).

            • Mirkhond scrive:

              I protestanti non venerano la Madonna e i Santi, i Cattolici anche postconciliari sì.
              Il sacerdote non è diventato un pastore laico, ma pure con le riforme di cui parli, resta un sacerdote.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                I cattolici sono solo postconciliari.
                Quelli che non accettano il Magistero sono eretici protestanti, anche detti combustibile per roghi.

              • habsburgicus scrive:

                Quelli che non accettano il Magistero sono eretici protestanti,

                beh, questo è troppo..ma da un punto di vista storico, l’unico che mi interessi 😀
                potrai dire che sono scismatici, financo eretici (in quanto non accettano quel CV II cui tieni tanto), quel che vuoi..ma protestanti no 😀
                sarebbero una sorta di “vecchi cattolici” di altro segno
                i “vecchi cattolici”, fondendosi con gli utrechtiani giansenisti, rifiutarono il CV I, da sx
                questi rifiutano il CV II, da dx..bon
                con la differenza capitale che, laddove la validità delle ordinazioni dei “vecchi cattolici” può essere soggetta a questioni (fecero intervenire prelati anglicani, i cui ordini furono dichiarati essi stessi invalidi da Leone XIII con la Satis cognitum nel 1896), non vi può essere dubbio su (molte delle*) ordinazioni dei tradizionalisti..
                infatti avvengono secondo un rito, che tu ora aborri, ma che fu usato per secoli..e sarebbe strano ritenerlo valido quando fu consacrato, in anni lontani, un Montini, e ritenerlo invalido ora, no ? 😀 😀 😀
                cerchiamo di stare ancorati al mondo reale, dai

                *singoli casi da valutare (quelle di Nguyen Thuc ecc ecc)
                parlo in generale

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                magistero, eresie, roghi e tutto il resto sono ciarpame oscurantistico preconciliare che le Magnifiche Sorti e Progressive della Chiesa novella (de oggi, de domani, de dopodomani, come diceva Mario Brega) hanno liquidato finalmente nella pattumiera della storia!
                Oggi c’è solo libertà religiosa, livera coscienza dell’individuo, l’inferno è vuoto e siamo tutti fratelli in Cristo, compresi atei e animisti.
                Maurì, aggiornati una buona volta, e che cavolo!!

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Se credi di poterti fare il cristianesimo su misura, sulla base delle tue preferenze personali, sei un protestante.

                Sull’assenza di roghi, è come dice Peucezio: nessuno sta ammassando fascine. Purtroppo 😀

              • Peucezio scrive:

                Anche perché il primo ad andare arrosto sarebbe Bergoglio 😀

              • Peucezio scrive:

                Habsb.,
                non penso che Mauricius eccepisca sulla validità delle ordinazioni (sa benissimo come funzionano).

                Il punto è che per essere scismatici ci vuole un papa: se non c’è dov’è lo scisma?
                Inoltre come si fa a fare uno scisma senza creare una gerarchia parallela?
                Noi riconosciamo pienamente la potestà di giurisdizione dei vescovi residenziali, ma come una potestà potenziale, cui osta la mancata adesione all’ortodossia cattolica.

                Ma in realtà la questione è completamente mal posta alla base.
                Perché alla fine la questione della sede vacante è secondaria. E il sedevacantismo è abbastanza marginale o comunque minoritario all’interno delle posizioni critiche verso il concilio; io vi aderisco perché mi sembra logicamente più coerente e porta a meno stranezze e aporie.
                Ma non sono molto settario: conta la sostanza.
                Mi spiego meglio: mettiamo che Paolo VI e i suoi successori siano papi sotto ogni punto di vista, in piena legittimità.
                Ne concluderemmo, vista la palese eresia che proclamano nei loro documenti, discorsi, ecc., che il magistero ordinario non impegna l’infallibilità (altrimenti nascerebbero contraddizioni insanabili) o addirittura che ciò che dicono non impegna il magistero stesso, ma sono loro sproloqui, in veste di dottori privati.
                E’ una teoria che può stare in piedi: tutti dipende da come s’intende la questione dell’infallibilità, cioè del magistero ordinario in rapporto ad essa.
                In sostanza sarebbero veri papi, ma il vero papa diventerebbe un signore che può sparare cazzate a raffica tutti i giorni, sproloquiare a ruota libera facendo affermazioni eretiche, scandalose, bestemmiando a ogni piè sospinto, tanto il Magistero, quello infallibile, è definito una volta per tutte.
                E lo stesso vale per il Concilio Vaticano II: se lo si intende come pastorale e non vi si attribuisce nessun valore dogmatico, come vuole l’ermeneutica della continuità (quella di Ratzinger, per intenderci) i suoi documenti sono carta straccia, la possiamo usare non dico per cosa, per amor di decenza, e vabbè.

                Cambiano le etichette, ma la sostanza resta uguale: hanno ragione i tradizionalisti, visto che abbracciano l’intera evoluzione organica dei dogmi e della dottrina cattolica, così come sviluppatasi e via via chiaritasi nei secoli di Magistero ecclesiastico, ma gli altri sono liberi di sproloquiare, di officiare un rito protestante, ecc.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Per essere scismatici basta un vescovo che rompa la comunione con Roma.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                ma dev’essere residenziale.

                E comunque in cosa si manifesta la rottura della comunione?

                Ma, soprattutto, qual è lo statuto delle chiese “scismatiche”, visto che si possono portare in Vaticano gli idoletti pagani?

                Non è forse gratito a Dio e in comunione con lui ogni sincero afflato religioso, che sia protestante, buddista, ecc.?

                Anzi, in fondo non si può trovare nello stesso ateismo e nei suoi esponenti un’occasione di confronto proficuo, perché in fondo anche loro cercano Dio e comunque la stessa libertà individuale e l’autonomia di pensiero e di coscienza sono valori altissimi, graditi a Dio, quindi in fondo l’ateo è ancora più vicino a Dio di un fedele devoto, perché sta con Dio anche se non lo sa, oppure Dio è contento anche se non sta con lui e via delirando, non lo so qual è l’ultima versione della cosas… 😀

                Beh, scegli tu. Magari dopo esserti documentati sugli ultimissimi sproloqui bergogliani in tema, giusto per parlare con cognizione di causa 😀

          • PinoMamet scrive:

            “Nel caso della liturgia invece la trasformazione in senso protestante è così evidente e radicale che l’unica spiegazione che trovo è la tua mancata frequenza.”

            Mmm, la mancata frequenza di quella prima del Concilio 😉

            Ormai gli italiani in grado di fare paragoni, per dato anagrafico, sono pochini…

            e comunque, non hanno alcuna idea di come sia una funzione protestante (neanch’io…) quindi che potrebbero dire in proposito?

            • Mirkhond scrive:

              Infatti. L’unica Messa preconciliare a cui ho partecipato (quella col Messale del 1962) in Latino mi lasciò solo un gelo nel cuore, a parte il fastidio di dover seguire la funzione con un libricino per comprendere ciò che non capivo….

              • Peucezio scrive:

                Ma è normale.
                La maggior parte dei fedeli è talmente ormai formata nel senso della messa come insegnamento, come trasmissione esplicita di significati, anziché come atto sacro (che pure non viene mai negato in forma esplicita), che un vero rito come Cristo comanda viene sentito come incomprensibile e non coinvolgente.

                Chissà cosa avresti percepito se fossi stato a una liturgia ortodossa in greco o in paleoslavo, cantata dall’inizio alla fine, o a una di una chiesa cristiana vicinorientale (o africana), chessò, assira, copta.

                Il punto è da una parte dovevi lasciar perdere il libriccino, la pretesa di capire, e lasciarti avvolgere dai canti, dall’atmosfera, l’odore d’incenso, ecc. (ma non potevi saperlo); poi c’è sempre tempo per approfondire;
                dall’altra il fatto che ormai anche queste situazioni si sono borghesizzate, quindi i partecipanti non hanno il calore e il fervore del popolo cattolico di una volta.
                Cionondimento mi è capitato di sentire gente piangere dalla commozione alla messa tridentina. Ma avevano un approccio, per varie ragioni (abitudine al rito, formazione personale) non programmato nel senso della razionalizzazione, della messa come conferenza e agape.

              • Mirkhond scrive:

                In quel momento mia madre era morta da una settimana e mio padre faceva la chemioterapia.
                Avrei avuto bisogno di tanto calore, conforto e consolazione che NON ho trovato….

              • habsburgicus scrive:

                secondo me,
                se M. venisse a Verrua, gli piacerebbe !
                (specialmente bel caso di Messa più solenne)

              • PinoMamet scrive:

                “come Cristo comanda”

                Che poi a leggere i Vangeli non ha comandato proprio nessun rito 😉
                L’unica cosa che gli somiglia è “fare questo in memoria di me”, che come “manuale di istruzioni” liturgiche è piuttosto scarno… 😉

              • Mirkhond scrive:

                Per Peucezio il Cristianesimo nasce con Costantino. 🙂

              • Peucezio scrive:

                Sì, forse era un modo di dire… 🙂

              • Peucezio scrive:

                Mirkhond,
                “Avrei avuto bisogno di tanto calore, conforto e consolazione che NON ho trovato….”

                Certo, capisco…
                Ma non credo che in quel caso c’entrasse il rito.
                In questi casi c’entrano le persone, la loro umanità, empatia, capacità di dimostrare il proprio sostegno morale.
                E queste cose ovviamente sono trasversali a riti, dottrine, ecc.: ho conosciuto abbastanza preti tradizionalisti e modernisti per potertelo assicurare.

              • Francesco scrive:

                Duca, non capisci il latino della Messa?

                Io mi considero mediamente ignorante ma credo che capirei un buon 95% anche alla prima Messa, se potessi leggerlo

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      “Però: inevitabilmente chi entra nella religione “nuova” porta con sè un sacco di idee di quella vecchia, quindi è logico che in qualche modo la contamini- un modo che può essere anche vitale, perché no. Quindi, hai anche ragione…”

      Rispondo ovviamente all’intervento nel suo insieme.
      In realtà il tipo di letteratura di cui ti ho proposto un piccolo saggio tende a creare una bipartizione nettissima. Ci sono libri e articoli pubblicati in ambito tradizionalista che parlano di ebrei convertiti al cattolicesimo “sinceri” (cioè che essi considerano tali senza alcuna riserva, per es. Edgardo Mortara, Eugenio Zolli, ecc.) e ne parlano in termini apologetici (e anche lì in chiave ostile al mondo ebraico, che li considererebbe biechi traditori rinnegati).
      Ora, io non solo non sono nella testa né di quelli che la letteratura tradizionalista considera “marranos”, fintamente convertiti, né di quelli che considera autentici, ma non ho nemmeno letto biografie o approfondito le figure degli uni o degli altri.
      Ma presumo che tale bipartizione così netta (che non viene nemmeno esplicitata in quanto data per scontata) derivi dalle posizioni espresse e quindi dalla collocazione (anche in senso storico: di massima quelli “sinceri” sono gente morta prima del Concilio e che in vita non ha mai dato adito a posizioni che non fossero pienamente ortodosse e coerenti con la Chiesa dell’epoca, mentre quelli “finti” vi hanno in qualche misura contribuito o, se sono morti prima, ne sono stati in qualche modo pubblicamente ispiratori, almeno in qualche aspetto, e sono personaggi in genere più famosi e influenti, che hanno raggiunto alti livelli nella gerarchia ecclesiastica, quindi potenti).

      Ti metto due link, che però non ho avuto il tempo di leggere:
      https://www.sodalitium.biz/la-vita-don-pio-edgardo-mortara-ebreo-convertito/
      http://www.doncurzionitoglia.com/casozolli.htm

      Va da sé che prendo abbastanza per buona tale bipartizione, anche se nel caso dei “marranos” è probabile ci sia un certo schematismo nell’individuare un’intenzionalità deliberata e consapevole: può essere benissimo, come hai detto tu, che costoro, venendo da un retaggio diverso e magari avendo vissuto la conversione non come un capovolgimento di prospettiva, ma pensando che ci fossero elementi di continuità oltre che di cesura nel loro percorso (cosa che trovo in sé opinabile, sul piano teologico, ma non escludo una certa buona fede, anche se su idee che trovo deviate), abbiano poi espresso, nella Chiesa posizioni progressiste o comunque più ecumeniste e, sia detto non necessariamente in senso dispregiativo, “giudaizzanti”; è possibile più in generale che partecipassero di una certa temperie e di una certa mentalità progressista, peraltro coerente con l’epoca e con una parte della loro generazione. Trovo tale mentalità e temperie rovinosa sotto molti punti di vista (anzi, direi nel suo complesso), ma non è detto che chi la esprimeva stesse necessariamente attuando con dolo una sorta di legato ricevuto mentre erano nell’ebraismo, come dire che andavano dal rabbino e lui gli diceva ogni volta come muoversi per cospirare contro l’ortodossia cattolica! 🙂

    • Infinity's goon scrive:

      Moi sarà anche difficile da seguire, ma è bastata una sua allusione alla desemitizzazione per scatenare un putiferio 😀

  25. Moi scrive:

    Ma scusate … in teoria, non dovrebbero essere i Protestanti a dichiarare Protesta Conclusa e rientrare all’ Ovile ?

    … Tipo i”Dem” che rientarno nell’ Ortodossia del PD dopo che Renzi ha fondato Italia Viva 😉 !

    • Z. scrive:

      Eh, ma non rientrano… e nemmeno i protestanti 🙂

    • PinoMamet scrive:

      Secondo me sono ancora tantissimi gli elementi che dividono i protestanti dai cattolici…

      • Peucezio scrive:

        Uhm, dai cattolici postconciliari?

        Io direi: principalmente l’afflato universalista, mentre le chiese protestanti o sono nazionali (come idi massima in Europa) o sono mille congregazioni di dimensione comunitaria, al massimo con forme di coordinamento o associazione fra loro (come negli Stati Uniti e in quelli che ne hanno recepito il modello).
        Poi l’attenzione alla dimensione sociale è rimasta più forte nella Chiesa Cattolica: è vero che c’è anche l’Esercito della Salvezza e cose simili, ma la mia impressione, da non esperto, è che nel mondo protestante le forme di soccorso verso i poveri e i disagiati, dove ci sono (in quel mondo non è affatto una cosa scontata), siano legate un po’ a un atteggiamento moralistico: come dire: sieie degradati sia materialmente che moralmente e dobbiamo non solo sfamarvi, ma insegnarvi a vivere. Il cattolico aiuta in modo incondizionato dove vede disagio e credo che un po’ sia sempre stato così, anche se prima ovviamente preoccupazioni pastorali e di educazione del popolo erano più forti (oggi è difficile, perché non c’è più nessun contenuto positivo da trasmettere: la dottrina è talmente porosa, così come l’etica, che che gli dici…?).

        Ma credo che la vera partizione sia fra cristianesimo progressista (quindi togliendo cattolici tradizionalisti, ortodossi, ecc.) europeo e americano:
        il cristiano europeo è fondamentalmente ottimista, molto laicista e tollerante, molto libero quanto alla morale e al costume, ha un forte senso della religione come opzione individuale e di coscienza in un sistema di convivenza liberale e neutrale sul piano etico e religioso; inoltre è molto razionalista, dalla mentalità evoluta e di ampie vedute, concepisce la religione come pienamente compatibile con la scienza, l’evoluzionismo, ecc. E comunque la religione si adegua ai tempi, sempre perché pertiene molto a un orientamento esistenziale intimo, più che a scelte esteriori e sociali, che quindi sono mutevoli. Di conseguenza la religione non è una questione politica e i partiti europei che vi si sono ispirati o vi si ispirano sono partiti moderati, liberali (con una componente sociale) e per nulla settari. Ma il fedele europeo vota chi gli pare, senza sentirsi certo vincolato o in difetto, né la sua chiesa di appartenenza gli fa pressione in tal senso.
        Proprio perché la religione è così squisitamente individuale, un europeo religioso è indistinguibile da un europeo ateo o agnostico e inoltre ci sono mille sfumature individuali, posizioni complesse, articolate, non riducibili a uno schema…

        il cristiano americano è messianico, manicheo, molto conservatore quanto al costume e alla morale, piuttosto settario, fortemente comunitarista (e si tratta di gruppi invadenti sulla vita di individui e famiglie, che cercano di plasmare con molta energia), a volte di un forsennato antiscientismo, in ogni caso scettico verso la scienza, soprattutto quando contraddice la Bibbia, fondamentalmente pessimista, o quantomeno portato a una visione conflittuale, circa la storia e il futuro: la storia è lo scontro dei Buoni contro i Cattivi: non si può evitare questo scontro e il cristiano è buono e deve prendere partito.
        Il mondo quindi va informato all’ideale religioso, va redento, con la persuasione, con un proselitismo aggressivo, se occorre persino con la forza. La politica quindi è strettissimamente legata alla religione e votare il partito sbagliato è un peccato grave.
        La religione si prende terribilmente sul serio e informa la propria vita, non tanto sul piano di una consapevolezza esistenziale superiore e complessa, ma sul piano dell’etica, dello stile di vita: si deve essere temperati, frugali, continenti, ecc.
        Chi è credente vive proprio in modo diverso da chi non lo è, non fa cose che il non credente fa, ecc. E’ proprio un tipo umano diverso. E il senso di appartenenza è fortissimo e socialmente ostentato, senza troppe sfumature o sofisticazioni intellettuali.

        Miguel, tu che conosci meglio l’America, che ne dici?

        • Peucezio scrive:

          Riformulo (mi accorgo che non è chiaro):
          “Ma credo che la vera partizione sia fra cristianesimo progressista (quindi togliendo cattolici tradizionalisti, ortodossi, ecc.) europeo (fondamentalmente il grosso del cristianesimo ufficiale dell’Europa occidentale, quindi togliendo Polonia e altre realtà ex oltrecortina) e cristianesimo americano (tout court):”

        • PinoMamet scrive:

          Ma io pensavo a cose concrete, tipo il Papa…

          • Peucezio scrive:

            Ma a suo modo è collegato: un universalismo con un capo al centro, inaccessibile (per quanto di carattere alla mano) e il tutto tenuto insieme da una vaga appartenenza e a posizioni dottrinali (ormai sostituite da sensibilità e orientamenti più vaghi), contro microcomunità con un capo carismatico che vedi ogni settimana e che fa il predicozzo-show enfatico e spettacolare.

    • Peucezio scrive:

      Moi,
      “Ma scusate … in teoria, non dovrebbero essere i Protestanti a dichiarare Protesta Conclusa e rientrare all’ Ovile ?”

      Per il fatto che c’è stato il Concilio Vaticano II?

      Beh, ma come sai non esistono “i protestanti”, ma mille congregazioni indipendenti: se a un certo punto pure Roma ha deciso di diventare una di esse (e tanti settori moderati, almeno del protestantesimo europeo, se ne sono compiaciuti al punto di dire che dopo la riforma montiniana non c’è nulla che impedisca a un protestante di assistere a una “messa” cattolica – diciamo meglio “cena”), per loro cambia poco.

      Poi considera sempre che una posizione di destra può avere preoccupazioni di ortodossia o tutt’al più di moderatismo. Una posizione di “sinistra”, qui inteso in senso molto lato ovviamente, è portata allo scavalcamento all’infinito.
      Per cui c’è sempre quello là che, gratta gratta, è un moderato, un mezzo papista, tradisce il vero messaggio, perché fa mille compromessi, invece noi siamo i puri; poi arriva quell’altro ancora più puro e così via.
      In questa logica la Chiesa postconciliare è una setta protestante moderata, in stile vagamente luterano, con sacche e aspetti ancora più conservatori.

  26. Moi scrive:

    Quando il discorso di Sara Cunial sarà Off Topic … sarà un Bel Giorno !

    https://www.lacronacadiroma.it/2020/05/lex-m5s-sara-cunial-si-difende-e-risponde-alle-critiche/

    L’ex M5S Sara Cunial si difende e risponde alle critiche

  27. Miguel Martinez scrive:

    Per MOI

    “Farewell to Penis Party” organizzato dalla mamma del* reality star per celebrare la sua castrazione a diciotto anni:

    https://people.com/tv/jazz-jennings-farewell-to-penis-party/

  28. Miguel Martinez scrive:

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  29. Miguel Martinez scrive:

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  30. Peucezio scrive:

    Mirkhond,
    invece è un po’ che voglio farti una domanda, visto che siamo in tema…
    E visto che credo che ormai, dopo i chiarimenti dell’ultima volta, possiamo ragionare in un clima di amichevole serenità, anche nella differenza di posizioni e sensibilità.

    Tu, da quanto dici ti riconosci nella Chiesa postconciliare (mettiamo per un attimo da parte il papato di Bergoglio, che ha altre implicazioni, politiche, ecc., parliamo in generale di Paolo VI e dei suoi successori, della riforma liturgica, delle innovazioni dottrinali e pratiche, ecc.).
    E sei critico verso i tradizionalisti per motivi che ancora non mi sono chiari. O, meglio, credo di essermi fatto un’idea: secondo me perché li identifichi con Ratzinger da una parte, con personaggi sul genere di don Bux dall’altra (personaggi peraltro pienamente incardinati nelle gerarchie ufficiali e che non hanno mai negato – ne sono certo nel primo caso, ma immagino anche nel secondo – la validità del Concilio Vaticano II) e quindi tendi a pensare che tutto il mondo tradizionalista abbia questo orientamento conservatore, occidentalista, identitario in un senso aggressivo e di segno sbagliato, a favore del liberalcapitalismo, e così via.
    Ciò cozza, a dire il vero, con la realtà effettiva del tradizionalismo più dottrinariamente attento, che professa l’esatto opposto di tutto ciò, come altre volte ti ho illustrato, ma capisco anche che certe posizioni sono legate anche alle loro implicazioni emotive, ideologiche e forse la mia violenta avversione per Bergoglio fa sì che tu veda attaccati anche quelli che senti come suoi lati positivi e quindi tendi, per polarizzazione, a vedermi dalla parte degli occidentalisti, malgrado io professi l’esatto opposto, e ad accomunare quindi le posizioni tradizionaliste a me. Probabilmente su queste cose il fatto che abbiamo molte volte polemizzato e che io mi sia lasciato trasportare nell’assumere dei toni accesi e aggressivi non ha giovato e ha contribuito a darti quest’impressione negativa.
    E’ una questione che non mi dispiacerebbe affrontare in un’altra occasione (mi riferisco essenzialmente alle posizioni geopolitiche antioccidentaliste e ideologicamente radicalmente anti-liberali, anti-americane e antisioniste del tradizionalismo più radicale, quello che frequento io), per ora lasciamola pure in sospeso.

    Ma quello che noto è che tu perdoni, anzi, apprezzi, nel mondo ortodosso tutto ciò da cui prendi le distanze in quello tradizionalista in ambito cattolico o, per meglio dire, assolvi in ambito cattolico tutto ciò che qualsiasi ortodosso aborrirebbe nel cattolicesimo postconciliare (poi magari diplomaticamente non lo dicono, per non creare una guerra fra confessioni cristiane, ma nei fatti non si sognano di adottare riforme che siano anche solo un piccolo assaggio di ciò che è stato fatto qui in “Frangistan”), liquidandolo come protestante se non proprio non cristiano.

    Insomma, per intenderci: una liturgia iperformalista, ricchissima di apparato, solennità, ieraticità, ultraconservatrice fino alla fissità fossilizzata e alla rigidità fanatica, un’intransigenza dottrinale radicale, un rifiuto di logiche ecumeniche, nei fatti, al punto che un cattolico, anche solo per sposarsi in rito ortodosso con un’ortodossa (o viceversa) deve ribattezzarsi (una mia amica l’ha fatto), cosa che nemmeno don Ricossa si sognerebbe di pensare, non dico per un battesimo modernista, ma nemmeno per uno protestante.
    Cioè nelle chiese orientali, pur con le loro differenze, c’è esattamente tutto ciò di cui i tradizionalisti sentono la mancanza e la nostalgia qui nella Chiesa latina e anche di più.
    Perché la Chiesa ortodossa (diciamo le chiese orientali in genere) ti piace e invece a ovest applichi un criterio così diverso, parlando di formalismo liturgico che tradirebbe la vera essenza del messaggio, di estetismo, di vuota solennità esteriore, di eccesso di rigidità dottrinale e di complesse e astratte sofisticazioni teologiche che oscurerebbero la complessità del messaggio (sai bene che in questo l’Oriente cristiano è stato un campione assoluto, con dispute interminabili e veementi in cui si spaccava letteralmente il capello in quattro, in modo, per l’appunto, “bizantino” 🙂 )?

    E’ una curiosità che ho da un po’ e che mi riproponevo di chiederti.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Potrebbe essere per la stessa ragione per cui a te piaceva Bari vecchia coi delinquenti e a lui no. Il punto di vista del turista è diverso da quello di chi le cose le vive.

      • Peucezio scrive:

        Beh, io ci andavo sempre, lui no: io non ero un turista, ma un habitué, mentre lui vi era un estraneo assoluto, pur vivendoci poco distante.
        Ovviamente non è una critica: allora tutti ne avevano paura e comunque chi viveva a Bari era troppo influenzato dalle voci terroristiche di tutti…

        Poi non so quanto c’entri l’abitudine…
        A Milano non è mai esistito niente di simile, da quando io esisto, ma quel po’ di mondo popolare, che pur si esprime in altre forme, l’ho sempre apprezzato (il dialetto, ecc.) e ora più che mai.
        E comunque io amo la cultura popolare italiana, al di là delle zone geografiche.
        Semmai a Bari c’è un fortissimo senso di appartenenza borghese e di classismo (i baresi fighetti possono non amare i ceti popolari, ma fra di loro stanno perfettamente a loro agio e non c’entra il turismo).
        Mirkhond non è certo organico a quei contesti, ma in qualche minima misura non puoi non essere influenzato da certe caratteristiche radicatissime nel contesti in cui vivi.
        Se intendi che io da queste non sono stato influenzato, essendo cresciuto al nord (che è molto meno classista, come già raccontava il Castiglione nel Cortegiano parlando dei “lombardi”, nel senso mirkhondiano del termine, esteso all’Emilia Occidentale), allora è vero in effetti.

        Ma in tutto ciò non ho capito il paragone con la religione.
        Mirkhond amerebbe l’ortodosssia in quanto esotica e poco abituale per lui? E allora perché apprezzerebbe il Novus Ordo?
        E se fosse un fatto di esotismo, perché per esempio io non amo per niente l’Islam (non dico quel mondo umano e quelle pratiche concrete, che qualche suggestione possono anche averla, ma proprio quell’idea del divino e del culto) mentre lui ci trova aspetti positivi?
        C’è gente (italiana e tutto) che va a una liturgia ortodossa di tre ore e le scendono le palle sottoterra e altri che si esaltano e magari ci si tratterrebbero pure un altro po’ 🙂

  31. Moi scrive:

    @ PINO

    Oggi il GoogleDoodle è dedicato a … Israel Kamakawiwoʻole

    https://en.wikipedia.org/wiki/Israel_Kamakawiwo%CA%BBole

    Cantante Hawaiiano Impegnato, che definire “obeso” è un eufemismo … mi colpisce il nome “Israel” senza essere Ebreo … NON mi pare lo stesso che chiamarsi David, Daniel, Michael , eccetera … e neanche nomi Ebraici Biblici più rari semplicemente perché meno belli e importanti !

    • PinoMamet scrive:

      In realtà credo che in un certo

    • PinoMamet scrive:

      In realtà credo che in un certo senso sia proprio la stessa cosa: Israele è il secondo nome di Giacobbe.
      In ambito protestante, ma non solo, è un nome non comune ma neppure troppo strano, che non nasconde necessariamente particolare “sionismo”.

      Poi è vero che diversi protestanti si sono avvicinati in vari modi all’ebraismo, più dei cattolici senza dubbio.
      Per esempio ho letto che il povero Little Richard mangiava kosher, rispettava il Sabato ecc., ma non è chiaro dall’articolo che ho letto se si fosse davvero convertito all’ebraismo, come ha fatto Sammi Davis jr tanto per restare tra cantanti…

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “mi colpisce il nome “Israel” senza essere Ebreo”

      E’ assai comune tra gli indios del Messico.

  32. Mirkhond scrive:

    Mi riconosco nella Chiesa Cattolica da Gesù Cristo a papa Francesco.
    Non sono un teologo e francamente le beghe di sagrestia, come le chiama Vittorio Messori, non mi appassionano.
    Dell’Ortodossia non amo il nazionalismo che trovo incompatibile con l’universalismo cristiano; nazionalismo che è il corollario inevitabile dell’autocefalia.
    Che però si è dimostrata provvidenziale quando queste cristianità si sono ritrovate dominate da regimi non cristiani e spesso duramente anticristiani.
    Passata la persecuzione tale nazionalismo ha rivelato tutta la sua miseria morale.
    Quanto alla bellezza liturgica e dell’edificio ecclesiastico mi sembra di aver ribadito più volte che mi piacciono anche in ambito latino, solo che penso che siano consequenziali al Vangelo e non da anteporre.

    • Peucezio scrive:

      Ma quindi non ami il nazionalismo, d’accordo.
      Non c’era neanche nella Chiesa preconciliare: direi che non c’è praticamente mai stato in ambito cattolico latino, né in passato né ora: è una delle differenze fondamentali fra quei due mondi.

      Ma quindi cosa apprezzi esattamente delle chiese orientali?

      ” solo che penso che siano consequenziali al Vangelo e non da anteporre.”

      Ma tu esattamente che intendi con questo?
      La Liturgia È il Vangelo, se con Vangelo intendi non un libro, ma, come una volta hai chiarito, Cristo stesso e la buona novella della sua venuta (ancora più che il suo insegnamento, perché Cristo ci salva prima di tutto col suo sacrificio e solo secondariamente col suo insegnamento).
      E l’unico motivo per cui tutte le chiese tradizionali le danno tanta importanza, al punto da ammettere sì innovazioni, ma non a cuor leggero (pensa allo scisma dei vecchio-credenti, che si sono fatti massacrare per piccole questioni: vuol dire che ci credevano davvero, con tutti sé stessi) e comunque sempre date certe caratteristiche di fondo.
      Le liturgie ortodosse e quella cattolica di sempre (diciamo tutte le liturgie non protestanti), pur diversissime, hanno avuto una serie di caratteristiche comuni, che la riforma montiniana ha completamente rotto. E infatti fa orrore agli ortodossi. A nessun ortodosso al mondo sarebbe venuto in mente l’orientamento versus populum, la grande libertà prevista dal messale, al punto che puoi fare commenti e spiegazioni fra una parte e l’altra della messa, scegliere preghiere a tuo piacimento fra una rosa amplissima, attingere da qualsiasi genere musicale moderno e, soprattutto, il ridimensionamento della natura sacrificale rispetto agli aspetti pastorali, comunitari, di ammaestramento, di condivisione.
      Che sono tutti tratti tipicamente protestanti.
      La solennità in tutto questo è ovvio che non sia un tratto essenziale in sé: la solennità è un atto di rispetto, è una manifestazione del fervore: non sei sciatto in ciò che ti preme davvero.
      Ma secondo me si rischia anche di fare una confusione.
      La solennità non è una questione di pompa o di ostentamento di ricchezza: una delle forme di solennità che troverei più suggestive è quella di una messa in uno spoglio monastero medievale, coi canti gregoriani dei monaci senza alcuno strumento. Poi, certo, so amare anche le messe cittadine in grandi chiese costruite riccamente grazie al fervore e ai mezzi che un tempo, società permeate di religiosità, erano disposte a profondere per costruirle, messe dicevo con canti polifonici, organo, composizioni di grandi musicisti classici e tutto il resto.
      Ma ciò che conta davvero non è la pompa e la magnificenza, è il senso di ieraticità, che ti deve trasportare in una dimensione del tutto altra dai tuoi affanni, dalle tue miserie della quotidianità, della vita profana, è tutto ciò che accresce il fervore, parlando direttamente all’anima.

      Vedi, tu non ami la teologia. La buona teologia rende un servizio a Dio, perché il cristianesimo è una religione conforme anche alla retta ragione umana. Ma non tutti sono tenuti a occuparsene, anzi, per la maggior parte delle persone va più che bene un sincero e semplice sentimento di amore per Cristo. Io stesso non sono mica un teologo, anche se ho delle curiosità in questo senso.

      Ma proprio per questo la liturgia non può essere fredda, non può essere una chiacchierata, un’esposizione, sia pure semplificata, di contenuti: non può essere solo un signore che legge la Bibbia, la spiega e un insieme di formule puramente esplicative, che hanno un valore solo per il loro contenuto verbale ed esplicito.
      Proprio perché la religione deve parlare al cuore e all’anima, prima che alla testa (sempre senza trascurare la razionalità dell’uomo: non parliamo di un culto misterico), eliminare tutti gli elementi di suggestione immediata e trasformare tutto in contenuto intellegibile significa snaturarla.
      E proprio tu, che, per quanto colto, non pensi alla religione come a un concetto, ma come a un afflato del cuore, sono sorpreso che preferisca una messa fredda e didascalica a una messa che dia un senso di ieraticità e di mistero.

      Poi, per il contenuto intellegibile, per conoscere la vita di Gesù, i suoi insegnamenti, il significato dei sacramenti, ecc. ecc. c’è il catechismo, ci sono i libri di devozione e di insegnamento, c’è l’omelia, all’interno della stessa messa, ci sono mille strumenti. Ma non possono sostituire l’atto sacro.
      Io credo che gli ortodossi non abbiano mai smarrito nemmeno in minima misura il senso di ciò.

      • PinoMamet scrive:

        Vabbè che stai parlando a Mirkhond, prima di tutto, e comunque ai cattolici;

        ma se posso dire la mia lo stesso, su molte cose la vedo all’opposto di te.
        Spiegare le cose mi sembra l’opposto della freddezza- freddo è chi non ti calcola, non chi si mette al tuo livello- chi ti tiene fuori, non chi ti chiama dentro;

        non sono nemmeno d’accordo che il messaggio di Cristo, che comunque non mi riguarda, sia da identificarsi nella liturgia, di cui anzi nei Vangeli non si parla per niente, anziché nella pastorale che la occupano interamente.

        Insomma, tu hai in testa un modello ben preciso di Cristianesimo, quello “vetero cattolico”; e perché no? Non tutti i gusti sono al limone.

        Ma mi pare che tu lo identifichi automaticamente non solo con l’unico “giusto”, ma persino con l’unico “vero”, che è una cosa leggermente diversa, e molto discutibile.
        Molto.

        Tant’è vero che, perlomeno letti nella prospettiva di un non cattolico, i Vangeli mi paiono proprio un’altra cosa, dalla quale faccio molta fatica a capire come possa essersi sviluppato quel Cattolicesimo che piace a te…

        • PinoMamet scrive:

          “che li occupano…”

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          gelato al limone…
          Tu riusciresti a spiegare un sapore a chi non l’ha mai provato?

          Riusciresti a spiegare l’innamoramento a chi non si è mai innamorato.

          Magari sì, potresti usare un milione di parole.
          Ma secondo te ciò sostituirebbe l’esperienza della cosa?

        • Peucezio scrive:

          Circa il resto della questione sulla messa, ti ho risposto più giù (in risposta a una discussione più su 🙂 ).

    • Peucezio scrive:

      Cerca di intendermi, però.
      Con questi interventi non è che voglio convincerti (un fedele tradizionalista in più ammesso che mai per assurdo ci riuscissi, non cambierebbe granché e comunque nel tuo caso mi premono molto di più altre cose: tu avresti bisogno di un ambiente in cui ti sentissi accolto, fossero pure zwingliani e se per una curiosa e miracolosa combinazione ciò accadesse, andrei ad accendere un cero a S. Nicola).

      Queste cose te le chiedo perché tu affermi certe sensibilità e orientamenti con molta veemenza e passione (chessò, il Regno delle Due Sicilie e il legittimismo antigiacobino e antiunitario; l’ostilità verso l’egemonia geopolitica e culturale dell’Occidente a guida statunitense col suo consumismo, il sionismo con la sua carica di violenza verso i popoli mediorientali e tante altre cose che ti appassionano e ti fanno anche incazzare di brutto all’occorrenza).
      Per questo altre tue posizioni mi spiazzano completamente e quindi sono curioso di capirle, perché, apparentemente, sembrano del tutto in contrasto col resto.
      Per dire, dopo Porta Pia la Chiesa è rimasta fortemente arroccata nella sua pretesa (giusta dal mio punto di vista) di aver subito un torto e di avere un pieno diritto al potere temporale e a vissuto questo come un oltraggio e una profanazione alla religione stessa, non solo a un elemento puramente mondano e politico, perché l’idea è che il potere mondano era un mezzo, fra gli altri, per la Chiesa, per assolvere alla sua funzione sacra.
      Si può non essere d’accordo, ma fino al Concordato è stato così, poi si è trovato un accomodamento, ma, stringi stringi, ancora fino a Pio XII la cultura, la sensibilità, la visione politica e religiosa della Chiesa era la stessa di quel mondo che per il resto era stato liquidato prima dalla Rivoluzione Francese e da Napoleone, poi dal Risorgimento, infine dalla I Guerra Mondiale e dalla sconfitta degli Imperi Centrali.
      Ttutti temi secondari ovviamente, che non toccano certo l’essenza della religione.
      Ma sono temi su cui tu hai posizioni nettissime: sei un nemico giurato della modernità nazionalistica, borghese e anticlericale che ha prodotto tutto ciò, aggredito un Regno legittimo, perseguitato i briganti (in realtà anche le famiglie contadine del tutto innocenti e indifese, le donne, i bambini), ecc. ecc.
      Eppure chiarissimamente il Concilio Vaticano II rappresenta una composizione definitiva con tutto questo, anzi, direi proprio un salto dalla parte opposta, della civiltà borghese, laicista, moderna, contro proprio quel mondo legittimista, reazionario e intimamente cattolico rappresentato dai regni preunitari. A quel punto nulla più trattiene la Chiesa dall’adesione a quei valori, quelle istituzioni, quell’ordine mondiale che è figlio di tutte le varie rivoluzioni borghesi che hanno distrutto quel precedente ordine. E infatti la Chiesa a quel punto vi aderisce organicamente, con piena convinzione.
      Ma questo non è un capovolgimento radicale di prospettiva? Se non sul piano teologico, sul piano della visione del mondo, della storia, della politica, della società?
      Ma, soprattutto, non è l’adesione a un ordine che grida vendetta a tutto ciò a cui credi e per cui anche qui dentro t’incazzi spesso con passione e veemenza?

      • Mirkhond scrive:

        Le mie contraddizioni mi nascono dall’educazione che ho ricevuto in famiglia, che è stata essenzialmente di sinistra, diciamo con moderate simpatie per il comunismo dei miei genitori, su un’anima di fondo profondamente retrograda: la mia.

        • PinoMamet scrive:

          Tu dovevi nascere in Em… in Lombardia Meridionale + Legazione delle Romagne 😉

          Lì avresti trovato tutti i comunisti conservatori che ti servivano 😉
          E se cerchi bene, nel blog ce n’è ancora uno, solo che è difficile decifrarlo… 😉

        • Mirkhond scrive:

          Mio padre una volta mi disse che ero naturaliter nazista :), solo frenato e “dirottato” a sinistra dall’educazione ricevuta da loro…..

  33. Mirkhond scrive:

    Rispondevo a Peucezio.

  34. Miguel Martinez scrive:

    Per i nostri teologi:

    (la cosa inimmaginabile in Italia è che c’erano ben 500 fedeli: in Francia, grazie alla laicité, i cattolici fanno sul serio)

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/18/coronavirus-in-francia-e-andata-in-scena-una-messa-stile-drive-in-con-200-auto/5805101/

    n tempi di astinenza da Coronavirus succede anche che il vescovo della diocesi di Chalons-en-Champagne, visto che la Francia ancora non ha autorizzato la ripresa delle cerimonie religiose, decida di celebrare una messa molto particolare in stile drive in. Alla funzione, tenutasi nel parcheggio del parco esposizioni, hanno partecipato 500 fedeli seduti in 200 auto, parcheggiate rigorosamente a un metro di distanza l’una dall’altra. E, per evitare che venissero aperti i finestrini, la messa è stata trasmessa dall’emittente cattolica locale, in modo che potesse essere seguita via radio. Quanto all’eucarestia, i sacerdoti l’hanno distribuita percorrendo tutte le file di auto parcheggiate, previo passaggio con il disinfettante. “Questa non è una scorciatoia“, ha commentato il vescovo di Chalons monsignor Touvet, ” ma una vera messa. E’ la vittoria della vita”.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Mi convinco sempre di più che la famosa “arte di arrangiarsi” degli italiani sia millanteria. La nostra è l’arte di metterla in culo al prossimo spacciata per quell’altra cosa.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        “Mi convinco sempre di più che la famosa “arte di arrangiarsi” degli italiani sia millanteria. La nostra è l’arte di metterla in culo al prossimo spacciata per quell’altra cosa.”

        Solo un vero italiano è in grado di interpretare qualsiasi differenza culturale tra l’Italia e altri paesi in questo modo 🙂

      • PinoMamet scrive:

        Behhhh se parliamo di arte di arrangiarsi, può voler dire molte cose: da saper fare un po’ tutti i lavori (e gli italiani erano capacissimi, fino alla generazione dei nostri padri/nonni, mentre oggi sono imbranatissimi come chiunque altro del mondo ricco) a, appunto, fregare il prossimo;

        ma la messa drive-in mi sembra una cosa diversa, mi sembra la capacità organizzativa di una istituzione forte e coesa e del tutto indipendente dallo Stato…

        tipo le Feste dell’Unità, quando erano quelle vere 😉 ancora negli anni Ottanta.

        • Peucezio scrive:

          Però un po’ le due cose sono collegate.

          La furbizia, il pragmatismo si esprimono anche nella capacità organizzativa.

          Allora forse è questione di scala, di individuo da una parte e di macro-organizzazione dall’altra.

          Ma io non vedo tutta questa capacità degli italiani di fregare altri cittadini o lo stato nelle cose spicciole.
          Trovo invece grandi forme di ingenuità.
          Un francese, un tedesco, se vede lesi i suoi diritti (da un privato, dallo stato…) si informa, si muove, agisce.
          L’italiano subisce passivamente, con rassegnazione e fatalismo. Spesso si fa fregare da gente nemmeno tanto furba, ma solo appena un po’ più sveglia.
          E il meridionale più del settentrionale.
          E ho visto situazioni di cui non posso raccontarvi qui.

          Semmai forse l’italiano ha l’impulso irrefrenabile ad essere disordinato e a non considerare le conseguenze dei suoi piccoli gesti, se non vede un pericolo immediato e sicuro: mette la macchina in divieto di sosta, se non c’è il vigile presente, anche se intralcia.
          Ma in questo modo fa danno agli altri, non altri astratti, ma gente identica a lui che passa in quella strada; e si becca la multa, perché magari il vigile non c’era in quel momento ma poi passa.
          Insomma, difficile immaginare un comportamento meno furbo.

      • Peucezio scrive:

        Mauricius,
        “Mi convinco sempre di più che la famosa “arte di arrangiarsi” degli italiani sia millanteria. La nostra è l’arte di metterla in culo al prossimo spacciata per quell’altra cosa.”

        Nemmeno.
        Perché anche metterlo in culo al prossimo è un modo di arriangarsi.
        Noi invece siamo bravissimi a metterlo in culo a noi stessi, che è ben altra cosa.
        E uno dei modi per farlo è complicarci enormemente e inutilmente la vita.

        • Infinity's goon scrive:

          Già, se c’è una cosa che davvero distingue gli italiani è questo sguazzare nelle complicazioni, spesso inutili. Mi sa che è nel DNA, se la situazione è troppo semplice bisogna complicarla.
          Però ha un lato positivo, che ho scoperto quando vivevo in brasile. Laggiù, come in ogni paese latino, la burocrazia abbonda, per i brasiliani è un incubo etc. Ma ogni volta che ho dovuto fare scartoffie mi è sembrato di stare negli usa o in inghilterra. Era di una semplicità sublime. E non vi dico le discussioni con la gente quando mi scappava di dirlo.
          Idem con il traffico e il guidare in genere. A me sembrava di stare in un autodromo. Chiunque mi vedeva guidare, parcheggiare etc rimaneva sconvolto, mi chiamavano Senna o Niki Lauda.
          Quando poi sono tornato in italia con mia moglie era un continuo: adesso capisco…
          Insomma triboliamo e ci lamentiamo, ma in fondo stiamo facendo come i romani quando si allenavano per la guerra.

          • Peucezio scrive:

            Infinity,
            “Laggiù, come in ogni paese latino, la burocrazia abbonda, per i brasiliani è un incubo etc.”

            In che senso allora la burocrazia abbonda, se poi le scartoffie erano semplici?
            Lo sono solo per gli stranieri?

  35. Peucezio scrive:

    Pino,
    “Che poi a leggere i Vangeli non ha comandato proprio nessun rito 😉
    L’unica cosa che gli somiglia è “fare questo in memoria di me”, che come “manuale di istruzioni” liturgiche è piuttosto scarno… 😉”

    Circa il “Cristo comanda”; al di là dei modi di dire e delle battute:
    Prima ancora ha detto una cosa altrettanto importante, anzi, ancora di più:
    “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”, “Questo è il calice del mio sangue” (non so se cito testualmente, ma il senso è questo).

    Questo significa due cose:
    – Cristo istituisce l’eucerestia, cioè riproduce in modo fattuale e non simbolico fra gli apostoli il sacrificio di sé che sta per compiere,
    – esorta gli apostoli e i loro continuatori a farlo.

    Ora, la rottura della natura sacrificale della messa, a favore di una mera commemorazione comunitaria e agapica cambia l’essenza della messa e, in quanto tale, la abolisce.
    E quindi finisce la Chiesa, perché la Nuova Alleanza, si fonda proprio su quel sacrificio lì, sulla Croce. Se smette di essere parte della vita del Cristiano, se non c’è più la Croce (se non come evento remoto, non rivivificato ma consegnato alla storia), non c’è più la Chiesa come istituzione sovrannaturale, non siamo più cristiani, rompiamo la comunione con Dio stesso.

    • PinoMamet scrive:

      Ma a me pare che stessimo parlando della liturgia, non dell’istituzione dell’eucarestia.

      Ma visto che ne parli:
      – non riesco a capire perché il corpo di Cristo sarebbe meno corpo di Cristo se il celebrante è rivolto ai fedeli anziché dargli le spalle

      -i protestanti sono convintissimi di dare la giusta interpretazione delle parole “questo è il mio corpo”, tanto quanto ne sono convinti i cattolici e gli ortodossi, segno che questa lettura non è proprio così univoca…

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        E’ che la formula magica va pronunciata in latino, se no non funziona.

        • Peucezio scrive:

          Mauricius,
          non dire stupidaggini.

          Pino,
          “Ma a me pare che stessimo parlando della liturgia, non dell’istituzione dell’eucarestia.”

          Non vedo la differenza.

          “– non riesco a capire perché il corpo di Cristo sarebbe meno corpo di Cristo se il celebrante è rivolto ai fedeli anziché dargli le spalle”

          Non è che da sola la celebrazione versus populum infici l’eucaristia.
          Bisogna distinguere gli aspetti che negano l’essenza stessa del sacramento da quelli che la indeboliscono in quanto sono inopportuni e vanno nel senso (e sono stati concepiti allo scopo) di indebolirla.
          Nelle antiche basiliche romane, essento occidentate, il sacerdote mica officiava verso l’abside, ma verso l’ingresso (non perché volesse officiare versus populum: del popolo, diversamente da Lutero, Bugnini e affini, non gli importava nulla, non in senso sacro-simbolico quantomeno) ed è rimasto così fino al Concilio e ancora oggi quando vi si celebrano messe col vecchio rito: l’idea era di celebrare verso oriente e l’oriente in quelle chiese, San Pietro compresa, stava dalla stessa parte del popolo (ma il popolo probabilmente sedeva o si appoggiava ai lati e non c’erano ovviamente le panche, che sono un’innovazione ottocentesca o poco prima).
          Il punto è che si è voluto togliere Dio dal centro dell’attenzione per trasformare l’atto sacro in una conferenza, con un signore che parla a un uditorio. La conseguenza non è in sé di portata tale da inficiare il tutto, ma lo scopo è quello.

          “-i protestanti sono convintissimi di dare la giusta interpretazione delle parole “questo è il mio corpo”, tanto quanto ne sono convinti i cattolici e gli ortodossi, segno che questa lettura non è proprio così univoca…”

          Appunto: oggi viene interpretato di fatto nello stesso senso dei protestanti.
          Ma infatti i protestanti non hanno la messa e non hanno un sacerdozio: il fedele si approccia a quell’evento nella sua unicità, ma è un evento passato: c’è il fedele con la sua coscienza intima (che può condividere con altri fedeli) e quell’evento avvenuto duemila anni fa.
          Non esiste niente di vivo, al di là dell’intima fede del credente in quella cosa lì successa allora, non c’è istituzione, atto sacro, non c’è nulla che agisce nel momento attuale in modo reale ed effettivo. La chiesa è una congregazione, una comunità umana di fedeli, non un’istituzione sovrannaturale.
          Il sovrannaturale anzi, non c’è proprio: ha avuto quella manifestazione lì a suo tempo nel mondo e poi basta.

          Secondo me hanno torto e snaturano l’essenza stessa di ciò che voleva fare Cristo e che ha dichiarato esplicitamente di fare nelle parole e negli atti (non avrebbe nominato gli apostoli, detto a Pietro che avrebbe fondato una Chiesa, non avrebbe fatto l’ultima cena – che senso avrebbe avuto creare un mero simbolo del tutto estrinseco, come un anniversario fatto a priori e poi da rinnovare -, non avrebbe poi mandato lo Spirito Santo su di essi, insomma, al massimo avrebbe predicato in giro, in modo da lasciare poi un testo scritto (e anche il fatto che non abbia scritto Egli stesso fa capire molto quanto sia deviata e fuori strada l’ossessione dei protestanti per la Scrittura, quasi fosse lì l’essenza della religione), si sarebbe fatto crocifiggere, ma senza creare una comunità di uomini con carismi spirituali. E inoltre non avremmo avuto San Paolo (o forse solo le sue epistole, ma non il suo ruolo nell’orgaizzazione della Chiesa primitiva), gli Atti degli Apostoli, e tutti il resto.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Ma non dire stupidaggini tu: la storia delle chiese orientate a est era una tendenza, non una regola.
            Non ci credi? allora prendi Google Maps

            – Bologna, San Petronio: orientata a sud
            – Treviso, San Pietro: orientata a sud
            – Milano, Sant0Ambrogio: orientata a caso

            Toh! Ben tre città non hanno una cattedrale orientata verso est. Saranno stati tutti postconciliari 😀

            • Roberto scrive:

              La cattedrale di Bologna è San Pietro, non San Petronio

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                San Petronio ha quindi solo un titolo basilicale?

              • Roberto scrive:

                Esatto!

              • Moi scrive:

                Sì, confermo. E fra l’ altro San Pietro “dà molto meno nell’ occhio”, è situato verso la fine Via Indipendenza (Noto Cammino di Pellegrinaggio
                a Spola 😉 di Movidari, Artisti di Strada, gente che vuol farsi vedere (Fighetti o Maragli, purché NON sobri …) , Shopping & Fashion Victims, Aperitimes, Apericene , Aperitivi, ecc …

              • Roberto scrive:

                Si è strano perché San Petronio è chiaramente la chiesa “principale” nella piazza principale
                Mi domando quanti bolognesi stessi pensano che sia la cattedrale rispetto a San Pietro che è in realtà abbastanza anonima

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Fa il paio con Roma, Bari e Padova, insomma, dove la chiesa più importante non è la cattedrale.
                Però in generale questo succede quando ci sono in gioco santi importanti (San Pietro a Roma, San Nicola a Bari, Sant’Antonio a Padova…).

        • Peucezio scrive:

          Ma, torto o non torto, è un discirmine radicale.

          Se il cattolicesimo vuole diventare quella cosa lì: abolisce la Chiesa, il sacerdozio e tutto.
          Lo faccia, come suggerivi tu, almeno la Chiesa ce la teniamo noi cattolici.

          • PinoMamet scrive:

            Io non suggerivo questo.
            Io suggerivo che il Cattolicesimo attuale, per liberarsi dalle beghe con i tradizionalisti, potrebbe semplicemente affermare:
            “ci siamo sbagliati (noi, umani, non Dio) ci siamo sbagliati, ma abbiamo corretto il tiro e cambiato idea”
            anziché proporre una quadratura del cerchio forse impossibile.

            Non vedo perché questo dovrebbe implicare l’abolizione del sacerdozio…

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Non c’è nessuna bega con i tradizionalisti. Ci sono dei cosplayer che dicono di essere i veri cattolici, ma questo mica tocca la Chiesa.

              • Peucezio scrive:

                La Chiesa non esiste: è un’istituzione clerico-fascista superata.
                Bisogna tornare al Vangelo.

              • Z. scrive:

                Ezio, onestamente a me sembra che non esistano i sedevacantisti e personaggi analoghi.

                Nel senso che sì, esistono, come esistono tantissimi gruppetti oligopersonali di cui si parla quasi solo sul web, e di cui quasi nessuno nel mondo reale ha mai sentito parlare 🙂

              • Peucezio scrive:

                Qua però bisogna intenderci di cosa parliamo.
                Al di là che non è il numero a fare la verità, non ho mai negato che il sedevacantismo sia marginale all’interno dello stesso mondo tradizionalista.
                Ma il mondo tradizionalista non è affatto marginale dentro il mondo cattolico: se viveste in Francia nemmeno vi verrebbe in mente di porre la questione della vitalità delle posizioni tradizionaliste e della difesa della liturgia tradizionale.

                Ma non vedo la pertinenza di tutto ciò.
                Lo stesso cattolicesimo sta diventando marginale nel mondo, anche se non dappertutto nella stessa misura e con la stessa velocità: rischia di diventare una realtà puramente testimoniale.
                Poi uno può dire che a quel punto definirsi cattolici diventerà grottesco, surreale, anacronistico ed sarà una sega mentale da blog o social network, come oggi i pagani che dicono di adorare Zeus (vabbè, lì non c’è nemmeno alcuna forma di continuità storica, nel nostro caso ci sarebbe, ma la sostanza non cambia).
                E sul piano sociologico probabilmente avrebbe ragione.
                E quindi? Sottostiamo ai capricci della storia?
                Io sono un hegeliano, posso anche starci. Ma Mauricius…?

              • Peucezio scrive:

                Per inciso, Mauricius, visto che sembra ossessionato dalla questione degli scismi (ma solo se sono “a destra”: se Bergoglio va ad abbracciare i protestanti va bene), dovrebbe spiegarmi come si pone di fronte a tutto il tradizionalismo interno alla Chiesa ufficiale, quello che va alla messa tridentina in comunione con Bergoglio, che viene anche evocato nell'”una cum” (quello peraltro lo fanno anche i lefebvriani e da un po’ di tempo Bergoglio ha deciso che i loro sacramenti sono del tutto leciti per un cattolico, purché non vi si accosti con l’intento di essere fuori dalla Chiesa o di rinnegarne la dottrina attuale).
                Non può eccepire nulla su di loro, perché sono dentro l’istituzione, quella che lui riconosce come valida, e non ha nessun titolo per dare giudizi o ritenerli meno degni. Eppure pensano esattamente le cose che dico io, solo senza arrivare alla conseguenza di dire che i papi recenti non sono papi e quindi valutando la cosa non in termini di rottura dottrinale radicale al punto da inficiare il papato e le gerarchie, ma di orientamenti teologici criticabili, meno opportuni, ecc. D’altronde non a tutti piacciono tutti i papi allo stesso modo (vedo Mirkhond con Ratzinger) senza che per questo siano scismatici (visto che l’esserlo si manifesta nei sacramenti, non nelle opinioni).
                Alcuni di questi personaggi ritengono che in fondo le dichiarazioni del papa non siano impegnative e quindi possano essere sbagliate, senza in nulla inficare la validità del suo ruolo.
                Altri semplicemente non si pongono questioni teologiche e dottrinali, troverebbero tutto il ragionamento che sto facendo qui ozioso e incomprensibile, hanno un sincero sentimento religioso, gli piace di più il rito, magari rimpiangono una certa maggiore assertività dei papi di un tempo, ma, insomma, non si pongono nemmeno il problema.
                Alcuni poi insultano Bergoglio continuamente con “complimenti” rispetto ai quali le cose che dico io qui sono garbatissime e rispettose manifestazioni di dissenso! 😀
                Ma vanno a una messa celebrata da un sacerdote della Chiesa ufficiale, fatta in totale comunione con Bergoglio stesso. Incoerenti? Forse. Il mondo non è coerente. Io sono sedevacantista perché mi piace la coerenza logica, ma m’importa relativamente quella umana: non giudico le persone, perché ognuno ha la sua storia e i suoi cazzi, ma se uno mi gabella un ragionamento che non sta in piedi, glie lo faccio notare.
                E’ un peccatore perché insulta il papa? Può essere. Ci sono i confessori. Se poi non ci va, affar suo, non deve dare conto a me. Ma nessuno può affermare sia fuori dalla Chiesa. Se lo fossero tutti quelli che peccano, la Chiesa non esisterebbe nemmeno o esisterebbe solo la Chiesa Trionfante (o tutt’al più quella Purgante).

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Che penso dei tradizionalisti? Che hanno torto.

              • Peucezio scrive:

                Su cosa?

                Un fedele non ha né torto né ragione.
                E’ un fedele e come tale ha il diritto di andare a seguire la messa dove vuole (non puoi certo negare la liceità delle messe dei preti della Chiesa ufficiale, quale che sia il rito, nuovo, tridentino, orientale o quel cavolo che ti pare), mica è vincolato al quartiere.

                A te è un’ossessione questa del torto e della ragione, tutto diventa una gara, una contrapposizione…

                Dalle mie parti si dice che “la rasciòne se da a le fìisse”. 🙂

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Eh?

              • PinoMamet scrive:

                “Un fedele non ha né torto né ragione.
                E’ un fedele e come tale ha il diritto di andare a seguire la messa dove vuole ”

                Peucè, ma se spendi metà del tuo tempo a dire che i cattolici “normali” hanno torto, e l’altra a dire che i sedevacantisti hanno ragione…
                su!

              • Peucezio scrive:

                Non ho mai detto nulla di tutto ciò.
                Io dico che la Chiesa uscita dal Vaticano II non è cattolica e chi la segue in buona fede non ha colpa, ma chi, come Mauricius e altri, conosce bene le questioni in ballo, è anch’egli non cattolico, per quanto ne dica.

                Ma il punto è un altro.
                Io ritengo che il nuovo rito non sia cattolico, ma lui non può né sostenere che il vecchio non lo sia (perché lo è stato per secoli), né che un fedele che vada oggi a seguirlo, quando officiato da preti della Chiesa ufficiale, sbagli in qualcosa, visto che è espressamente previsto (come forma “straordinaria”; il mondo alla rovescia) come un rito ancora valido della Chiesa Cattolica, grazie prima all’indulto wojtyliano, poi al Motu Proprio ratzingeriano e infatti i preti che lo celebrano lo fanno con la piena approvazione del vescovo (se poi in cuor suo gli dispiace, problemi suoi).

                Insomma, non siamo in una posizione simmetrica io e Mauricius.

            • Peucezio scrive:

              Allora non mi è chiaro cosa intendi.

              • Mirkhond scrive:

                “Dalle mie parti si dice che “la rasciòne se da a le fìisse”. 🙂”

                Traduzione per Maurizio

                La ragione si da ai fessi.

        • PinoMamet scrive:

          “Pino,
          “Ma a me pare che stessimo parlando della liturgia, non dell’istituzione dell’eucarestia.”

          Non vedo la differenza.”

          La liturgia è un rito, l’eucarestia è il contenuto o significato di quel rito.

          “Non è che da sola la celebrazione versus populum infici l’eucaristia.
          Bisogna distinguere gli aspetti che negano l’essenza stessa del sacramento da quelli che la indeboliscono”

          Scusa, ma non è che il pane dell’eucarestia può essere “meno” corpo di Cristo: o lo è o non lo è.
          Non va mica a percentuali…

          • Peucezio scrive:

            Certo, ma il punto non è solo di validità: ci può essere una pessima liturgia ma in sé valida (che in un certo senso è peggio, perché transustanzia, ma offende Cristo presente nelle Specie), inoltre certe scelte sono sintomatiche di certi orientamenti e di certe intenzioni.

            Per dire, nessuno dubiterebbe della validità del messale del 1962 di Giovanni XXIII, ma non c’è dubbio che alterare il Canone romano, risalente a S. Gregorio Magno, togliere il secondo Confiteor, l’eliminazione di alcune ottave, ecc. siano scelte criticabili e che vanno nel senso di una concezione della liturgia e più in generale della religione pericolosa, anche se in quel caso le conseguenze sono piccole.

            Circa il Novus Ordo, la questione della validità è discussa. A me non pare affatto valida, ma molti tradizionalisti la ritengono tale.
            Ma, comunque stiano le cose, resta una pessima liturgia.

  36. Mirkhond scrive:

    A quel che mi risulta la Chiesa continua a credere e ad insegnare che l’Eucarestia SIA il CORPO e il SANGUE di Cristo transustanziato nel pane e nel vino.
    Anche oggi, a differenza dei protestanti che credono che sia solo un simbolo.

  37. Mirkhond scrive:

    “Semmai a Bari c’è un fortissimo senso di appartenenza borghese e di classismo”

    E’ così, ed è uno dei mali del Meridione.
    Anch’io quando sono stato in Piemonte e in Lombardia non ho visto tutto questo classismo, ma gente cordiale e molto alla mano, anche borghese.
    Ed è una qualità che amo molto nei Settentronali.

  38. Mirkhond scrive:

    Allora, rispondendo a Peucezio e Pino 😉

    La mia società ideale è una monarchia poco costituzionale ;), che si preoccupa di redistribuire le ricchezze verso gli ultimi e i più sfortunati, e nel contempo custode della morale religiosa cristiana nei costumi, tipo l’abbigliamento maschile e femminile, proibendo i tatuaggi e promuovendo un abbigliamento più sobrio e meno scosciato nei mesi estivi, che già ora cominciano a vedersi in giro bermuda checcoidi.
    Almeno in chiesa le donne dovrebbero mettere il velo ed evitre di esporre le loro grazie agli sguardi di tutti, e gli uomini non indossare i bermuda.

  39. Mirkhond scrive:

    evitare

  40. Mirkhond scrive:

    Sempre per Peucezio

    Circa l’esotismo, non ne sono affatto attratto e ciò che mi piace di realtà percepite come esotiche dal nostro punto di vista, lo è nella misura in cui ci trovo somiglianze col mondo che amo e con cui mi identifico, e/o perché hanno interagito con la nostra storia (vedasi il mondo bizantino, armeno, che ha lasciato tracce anche in Puglia).
    Oppure, come nel caso dell’Islam per quegli aspetti di costume che mi ricordano l’antico Israele e il mondo dei tempi di Gesù e della Chiessa delle origini.
    Uno storico francese, Jean Paul Roux, in un suo libro sugli esploratori nel Medioevo, diceva che l’uomo medievale nel lontano cercava ciò che gli assomogliava: il cristiano il cristiano, il musulmano il musulmano, l’ebreo l’ebreo ecc.
    Insomma non mi affascina ciò che sento davvero diverso da me, ma ciò che mi assomiglia.
    Anche l’interesse per il Balcano occidentale mi deriva dal fatto che da lì vennero gli Japigi, e che l’idioma latino che vi si è parlato fino all’800, avesse forti affinità col pugliese, come rilevato da diversi storici e linguisti.
    Sull’altra sponda adriatica ho sempre cercato un’altra Puglia, che però oggi non c’è più, mentre al contrario vi è una scia di odi reciproci anche sanguinosissimi che fino ad ora, mi hanno impedito di andarci.

    • Peucezio scrive:

      Mirkhond,
      ma infatti quella sull’esotismo era un’osservazione di Mauricius, a mio avviso un po’ stiracchiata.

      Anch’io in fondo sono come te.
      La maggior parte delle cose che mi piacciono sono emanazione, in un modo o nell’altro, di qualcosa legato o alla romanità o a una sorta di spirito popolare italiano e mediterraneo (persino in ciò che da un po’ di tempo mi attira negli Stati Uniti, cioè essenzialmente il mondo dei bifolchi degli stati dell’interno, ci vedo il retaggio di forme di comunitarismo germanico di origine preindoeuropea, assorbite dai Germani sul continente o nelle Isole Britanniche e infine portate oltreoceano, ma legate a un sostrato etnico neolitico comune all’Europa mediterranea – e forze a mezzo mondo).

      “Anche l’interesse per il Balcano occidentale mi deriva dal fatto che da lì vennero gli Japigi, e che l’idioma latino che vi si è parlato fino all’800, avesse forti affinità col pugliese, come rilevato da diversi storici e linguisti.”

      Sì e no.
      Ci sono tratti che accomunano le varietà italiane centro-meridionali e, ancora di più, le pugliesi, a quelle balcaniche (compreso il rumeno) e alcune tendenze dittonganti del dalmatico, ma forse non parlerei di forti affinità.
      Ma potrebbero esserci in tratti del sostrato prelatino che ha prodotto poi certe tendenze fonetiche, che peraltro sono molto comuni sulla costra adriatica in genere (anche molti dialetti abruzzesi hanno i dittonghi, che si ritrtovano poi anche in Ronmagna, anche se non nel Veneto, non nel Salento, non nelle Marche centrali… insomma, va un po’ a singhiozzo andando da sud verso nord).

  41. Mirkhond scrive:

    “Ma quindi cosa apprezzi esattamente delle chiese orientali?”

    Il misticismo, l’amore per Dio, i grandi santi, l’essere in qualche modo più vicini alla Chiesa dei primi secoli.
    E poi la bellezza degli edifici religiosi, il rito e l’arte, che secondo padre Raniero Cantalamessa è la vera arte sacra cristiana (quella occidentale invece la considera profana, anche se riferita a soggetti religiosi, almeno dal Rinascimento in poi, e devo dire non del tutto a torto, anche se a me piace ugualmente e ci vedo, casomai una diversa sacralità, più carnale).

    • Peucezio scrive:

      Verissimo.
      In effetti c’è un realismo e una fisicità nell’arte occidentale che nella fissità ieratica di quella orientale non c’è, il che è un po’ il fascino di quella orientale, ma è anche la forza di quella occidentale.

      Ma in tutto questo come ci infili il Novus Ordo e le architetture postconciliari?
      Non le senti in contraddizione con l’una e con l’altra tradizione?
      Anche quando è celebrato con sobrietà e serietà, ci trovi davvero un senso del sacro?

      Questo ovviamente sempre a prescindere dal lato umano, che forse è quello che fa di più, se una persona ha delle istanze spirituali e più in generale esistenziali.
      Infatti, se tu mi chiedessi un consiglio e io conoscessi dei preti a Bari, ti suggerirei immediatamente quello più umano ed empatico indipendentemente dal rito, dalle posizioni dottrinali e da tutto.

  42. Mirkhond scrive:

    “Vedi, tu non ami la teologia.”

    Non amo le dispute infinite su tutto. Ho bisogno di un messaggio chiaro, semplice, accessibile a tutti e definitivo.

    • Peucezio scrive:

      E quindi capisco l’avversione verso i bizantinismi e anche il sentire un po’ oziose le dispute di sedevacantisti, ecc.

      Ma, per esempio, non trovi molto più lineare e chiaro un catechismo preconciliare (ispirato alla limpidezza logica della Scolastica e concepito per uno scopo divulgativo e di semplicità espositiva) rispetto alla fumosa filosofia postconciliare, in cui si è cercato di conciliare col cristianesimo ogni sorta di filosofia moderna, creando le teorie più strampalate e contraddittorie?

      Hai presente per esempio il Catechismo di Pio X col commento di Dragone?
      Non è un consiglio di lettura, ma tanto per capire se hai presente di cosa parlo…

  43. Mirkhond scrive:

    “E proprio tu, che, per quanto colto, non pensi alla religione come a un concetto, ma come a un afflato del cuore, sono sorpreso che preferisca una messa fredda e didascalica a una messa che dia un senso di ieraticità e di mistero.”

    Le messe a cui ho partecipato non avevano certo la ieraticità di quelle ortodosse, ma non erano nemmeno fredde e scialbe come le descrivi, e con dei bei canti molto profondi e a volte commoventi….

    • Peucezio scrive:

      Uhm, tipo?

      Mi piacerebbe se mi descrivessi meglio il tutto (per quello che mi ricordi). Se non vuoi condividere ricordi o riferimenti troppo personali o individuabili, puoi raccontarmelo in privato via mail.
      A ‘sto punto sono curioso.

  44. Mirkhond scrive:

    Mentre invece la Messa preconcliare a cui ho assistito, mi ha lasciato solo tanto gelo, come ho già scritto.
    La Chiesa non dovrebbe essere solo seguire un rito per quanto bello possa essere (e quello che seguii in Latino però non mi disse proprio niente), ma anche accoglienza, sentirsi parte di una famiglia, un luogo in cui trovarvi consolazione e conforto per le pene che ti porti dietro.
    Tutte cose che non ho trovato negli ambienti pro-Messa in Latino (non sedevacantisti che conosco solo da ciò che ci racconti tu) che ho conosciuto.

    • Peucezio scrive:

      Certo, quello, ripeto, è l’aspetto più importante per una persona.

      Ma ti è capitato di trovare comprensione e accoglienza in una parrocchia dove si fa la messa postconciliare?
      Non è una domanda retorica: come sai ho conosciuto preti postconciliari davvero validi sul piano umano (ma temo che il nord in questo sia un po’ diverso).

      E hai conosciuto altri ambienti pro-Messa in latino, oltre a quello di cui mi hai raccontato?

      E, tanto per capire un po’, la messa tridentina cui assistesti era letta o cantata?

      • Mirkhond scrive:

        “E hai conosciuto altri ambienti pro-Messa in latino, oltre a quello di cui mi hai raccontato?”

        No.

        “E, tanto per capire un po’, la messa tridentina cui assistesti era letta o cantata?”

        Non mi ricordo.

  45. Peucezio scrive:

    Mirkhond,
    “Le mie contraddizioni mi nascono dall’educazione che ho ricevuto in famiglia, che è stata essenzialmente di sinistra, diciamo con moderate simpatie per il comunismo dei miei genitori, su un’anima di fondo profondamente retrograda: la mia.”

    Uhm…
    Capisco per Bergoglio, perché ci vedi un’anima di sinistra in questo senso nobile (io ci credo poco, ma ora non importa).
    Ma per il resto ascriveresti a queste radici di sinistra la tua simpatia per la Chiesa postconciliare?

    • Mirkhond scrive:

      Come ho già detto, non vedo un discrimine tra prima e dopo il Vaticano II. Certo ci sono state le riforme di cui parli, ma io non ci vedo una religione diversa rispetto a quella di prima, tranne nell’idea del dialogo interreligioso e nella bruttezza di molte chiese contemporanee, sui cui hai ragione.
      Io mi sento cattolico e basta.

      • Peucezio scrive:

        Ma in cosa individueresti questa continuità?

        E’ una questione essenzialmente dottrinale, liturgica, di forme cultuali e sensibilità religiose di fatto, di atteggiamento politico e ruolo storico del papato e della Chiesa…

        Insomma, ogni religione è fatta di tante cose, a vari livelli.
        Qual è un quid (o più di uno) della cattolicità (intendo non tanto nelle enunciazioni dogmatiche, ma nel mondo in cui vengono declinate, interpretate e vissute fattualmente, in tutto ciò che sono le manifestazioni della vita e della pratica religiosa, collettiva e individuale, di atto o di opinione, percezione, sensibilità, da parte del clero come dei fedeli) che tu troveresti pienamente operante prima e dopo il Concilio (diciamo nel Medioevo come in una parrocchia di una città italiana del XXI secolo) in modo sostanzialmente uguale, tanto da dire: “beh, di quello si tratta, è quella religione lì, è quel modo di rapportarsi al divino”?

      • PinoMamet scrive:

        Ehmmm..
        il Papa?
        i vescovi?
        le encicliche?
        Il fatto che si dicano messe, al cui interno si celebra l’eucarestia?
        Gli ordini monastici?
        Le parrocchie?
        L’ordinamento sacerdotale?
        I santi?

        ecc. ecc., Peucè. 😉

        Invece, come segno della discontinuità, mi pare che i sedevacantisti e affini pongano:

        -la Chiesa parla con gli eretici anziché bruciarli
        -la Chiesa dice che anche gli ebrei vanno in paradiso senza bisogno di battesimo
        …boh?
        …ariboh?
        -minuzie liturgiche caricate di un significato enorme e superiore al reale, perché sono l’unico elemento che permetta di condannare la Chiesa che non brucia più gli eretici e i giudii 😉

        io, da esterno e da giudio, la vedo e la percepisco così…

        • Mirkhond scrive:

          Pino ha spiegato bene quel che volevo dire.

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          “il Papa?
          i vescovi?
          le encicliche?
          Il fatto che si dicano messe, al cui interno si celebra l’eucarestia?
          Gli ordini monastici?
          Le parrocchie?
          L’ordinamento sacerdotale?
          I santi?”

          Dove starebbero tutte queste cose nella “Chiesa” postconciliare?
          Tranne forse le parrocchie…

          • PinoMamet scrive:

            Nella Chiesa post-conciliare ci sono tutte. Poi oh, se non si vuole vederle…

          • Peucezio scrive:

            Vediamole una per una.
            Il papa: c’è la collegialità, quindi non conta più niente, d’altronde già Paolo VI depose la tiara, niente più sedia gestatoria…
            Questo a livello simbolico, poi in realtà fanno i dittatori. Ma è diverso fare il dittatorucolo che il Papa, con la sua dignità.

            I vescovi…
            Sì, l’episcopato c’è ancora, forse ho fatto male a non ricomprenderlo insieme alle parrocchie.
            Ma non vedo la specificità cattolica: ce l’hanno non solo tutte le chiese ortodosse, ma anche gli anglicani e altri protestanti.

            Le encicliche… Sì, peccato che dicono l’opposto di quelle di un tempo. In cosa risiederebbe la continuità? Nel fatto in sé di produrre un testo?

            Sulle messe transeamus…

            Gli ordini monastici? In teoria sì, poi si è allentata moltissimo la disciplina, insomma, non sono certo quelli di un tempo.

            L’ordinamento sacerdotale che intendi?
            La riforma liturgica ne ha svuotato completamente la funzione. C’è un presidente di assemblea (tipo assemblea di condominio), non un vero sacerdozio, nel senso di qualcuno che pone in essere il sacro appunto.

            I santi?
            Ti pare che la Chiesa postconciliare abbia il culto dei santi?
            A me pare che abbia usato ogni mezzo possibile per svalutarlo, inficiarlo, scoraggiarlo, liquidarlo a superstizione, ne hanno tolto le statue dalle chiese, nella liturgia ne hanno fatto letteralmente strame, eliminandone i irferimenti con una furia fanatica…

            • Mirkhond scrive:

              Nella mia parrocchia ci sono statue e ritratti di santo, e la stessa chiesa è dedicata alla Madonna.
              Le canonizzazioni si fanno anche dopo il Vaticano II.

              • Mirkhond scrive:

                di santi

              • Peucezio scrive:

                Mica ho detto che le hanno tolte tutte.
                Ma ti ho raccontato la storia della chiesa di San Rocco, al rione Libertà?

                L’incontinenza canonizzante degli ultimi papati poi, con questa inflazione di santi e beati, non fa che indebolire il senso di sacralità e devozione dovute ai santi veri.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Tra l’altro Giovanni Paolo II ha tipo un record nelle canonizzazioni…

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “Il papa: c’è la collegialità, quindi non conta più niente, d’altronde già Paolo VI depose la tiara, niente più sedia gestatoria…
              Questo a livello simbolico, poi in realtà fanno i dittatori.”

              Ah, ecco: se il Papa è un sovrano assoluto non va bene, perché è un dittatore. Se non lo è, perché c’è la collegialità, non va bene.

              “Ma è diverso fare il dittatorucolo che il Papa, con la sua dignità.”
              Dignità misurata col peuceziometro? 😀

              “I vescovi…”
              Ecco, conta che le altre erano sullo stesso tenore di questa 😀

              “Le encicliche… Sì, peccato che dicono l’opposto di quelle di un tempo”
              L’opposto. In base all’insindacabile giudizio di Sua Santità Peucezio I

              “In cosa risiederebbe la continuità? Nel fatto in sé di produrre un testo?”
              Lo hai detto tu che cattolciesimo sono “le encicliche”. Forse dovevi dire “le encicliche i cui contenuti piacciono a me”

              “Sulle messe transeamus…”
              Ecco, meglio 😀

              “Gli ordini monastici? In teoria sì, poi si è allentata moltissimo la disciplina, insomma, non sono certo quelli di un tempo.”
              Disse quello che dice che i modernisti vogliono castrare l’essere umano! All’improvviso si riscopre zelante bacchettone?

              “La riforma liturgica ne ha svuotato completamente la funzione”
              Per fortuna che che ci sei tu a ricordarci la funzione del prete. Leggiamola insieme.

              “C’è un presidente di assemblea (tipo assemblea di condominio), non un vero sacerdozio, nel senso di qualcuno che pone in essere il sacro appunto”
              Supercazzola. Il presbitero celebra l’eucaristia. E mi pare che lo faccia ancora…

              “I santi? Ti pare che la Chiesa postconciliare abbia il culto dei santi?”
              I treni per Lourdes partono ancora, mi pare.

              “A me pare che abbia usato ogni mezzo possibile per svalutarlo, inficiarlo, scoraggiarlo, liquidarlo a superstizione”
              Canonizzandone a pacchi, immagino

              “ne hanno tolto le statue dalle chiese”
              Da quanto tempo non entri in una chiesa? E una risposta diversa da “mai entrato in una” non è credibile.

              “nella liturgia ne hanno fatto letteralmente strame, eliminandone i irferimenti con una furia fanatica…”
              ???

              • Z. scrive:

                Devo smentire Mauricius, perché qualche mese fa ho visto coi miei occhi Peucezio entrare in una chiesa.

                https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Giacomo_Maggiore

                Chiesa che, però, non mi sembra priva di riferimenti ai santi.

              • Peucezio scrive:

                Beh, nelle chiese storiche per forza.

                Dovete capire che l’arte italiana è stata salvata dalle sovrintendenze, ché i vescovi postconciliari l’avrebbero cancellata.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                ““nella liturgia ne hanno fatto letteralmente strame, eliminandone i irferimenti con una furia fanatica…”
                ???”

                Fammi capire, non hai mai nemmeno sentito un Confiteor nell’uno e nell’altro rito e vuoi parlare di liturgia?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Dovete capire che l’arte italiana è stata salvata dalle sovrintendenze”

                In genere quando si ricorre ad argomenti non falsificabili si è alle pezze…

              • Peucezio scrive:

                Che vuol dire non falsificabile?

                Rimuovevano e distruggevano le statue.
                Ma quando si è trattato di statue e altari di valore artistico, sono intervenute le sovrintendenze a bloccarli.
                Tu leggi troppa epistemologia e perdi il contatto con la realtà 🙂

                Scherzi a parte, non capisco il senso di questa competizione, come se fosse un esercizio retorico in cui si deve dimostrare qualcosa e allora vuoi segnare un punto (non si capisce bene a che titolo) o attribuire a me di volerlo segnare contro di te.
                Io non voglio dimostrare niente a nessuno, né vincere contro nessuno.
                Ti piace la “messa” nuova, vacci. Chi ti ci trattiene?
                Ma non venire a gabellarmela per quello che non è.
                O, meglio, fallo pure, ma non sperare che io non ti ricordi che la realtà è diversa.
                Tutto qui. Io sento solo un dovere di fedeltà logica alla verità
                Ma per il resto non voglio imporre niente a nessuno.
                Se potessi tirerei giù a viva forza Bergoglio dal Soglio di Pietro, perché lo ritengo un abusivo e insorgo contro una profanazione: in effetti quello sì che m’indigna e mi offende.

                Ma non le posizioni delle singole persone (tu non sei stato eletto papa, non hai potere né gravi responsabilità), che hanno una loro storia, una loro sensibilità personale, quindi, nel dissenso, anche fermissimo, le rispetto.
                D’altronde ti ho visto poche volte ma mi basta per apprezzarti e sapere che sei un’ottima persona. Quindi perché mai dovrei stare a cercare questa contrapposizione dialettica personale? Cosa ci guadagno? Di fronte a chi oltretutto? I quattro gatti che siamo, che ormai ci conosciamo pure e siamo tutti amici?

                Dico quello che penso, basandomi sulla logica e sulle cose che ho approfondito, tutto qui. Non sei d’accordo? Niente di grave.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Rimuovevano e distruggevano le statue.”

                Ma che cazzo dici?

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                non è che se una cosa non la sai, non è avvenuta 🙂

              • Peucezio scrive:

                Come sei volgare, comunque 🙂

            • PinoMamet scrive:

              Peucè, ripeto:

              tutte queste cose ci sono ancora.

              Se sono meno di tuo gusto, è un altro paio di maniche…

              • Peucezio scrive:

                Il gusto…
                L’hai preso per un piatto di maccheroni.

              • PinoMamet scrive:

                Mmm a parte che la tua non è una risposta, ma visto che lo dici, ti faccio notare che sei tu a parlare di contenuti che non possono essere trasmessi a parole, ma sarebbero veicolati dall’estetica del rito…
                e hai fatto anche tu per primo proprio un paragone col gusto (del limone) prendendo spunto da un modo di dire che riportavo io a proposito di altro.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                vero.

                Però distinguerei il capriccio individuale o anche la diversa sensibilità individuale, con un’aspirazione al sacro che è una sorta di universale dell’essere umano, e che ha bisogno, oltre che di credenze sul piano razionale, anche di suggestioni sensoriali di vario tipo.
                D’altronde gli orientali sanno bene che a certi stati e certi livelli di misticismo si attinge solo tramite lunghe pratiche e che non sono pienamente spiegabili, né tantomeno acquisibili, tramite una conoscenza teorica, a parole.

          • Peucezio scrive:

            Insomma,
            alla fin fine una religione organizzata si potrebbe dire, a spanne, che è fatta di quattro cose:

            – una struttura organizzativa,
            – una sistema dottrinale,
            – una pratica cultuale,
            – una sensibilità e una pietas popolare (non nel senso solo dei ceti popolari, ma della ricezione e del modo di viverla presso i fedeli che non facciano parte dell’organizzazione in sé).

            La prima cosa c’è se intesa come struttura gerarchica e organizzazione materiale (non c’è come funzione sacerdotale in sé, visto come è intesa la liturgia, ma quello fa parte del punto 3).

            Il sistema dottrinale è stato stravolto e minato dalle fondamenta, per cui un esclusivismo radicale è diventato un indifferentismo panteistico asssoluto, in cui tutto ha spazio e tutto è buono.

            La pratica cultuale è stata svuotata della sua essenza, per divenire, da atto sacro, mera aggregazione comunitaria a di istruzione e approfondimento e a scopo di condivisione amichevole, ma per questo bastava un’associazione di laici e di fatto la Chiesa tale è diventata.
            D’altronde hanno tolto i riferimenti al sacerdozio e alle sue funzioni persino dai riti di ordinazione.

            Il quarto aspetto è mutato radicalmente, nel senso che ho spiegato proprio ultimamente, in un commento non ricordo se in questo stesso post o in un altro degli ultimi.

  46. Peucezio scrive:

    Poi c’è sempre da considerare che la sinistra non è mai stata per i poveri, a parte certe peculiari parentesi storiche, ma sempre per le élite contro i poveri.
    Ma per le generazioni vissute in quell’unica fase storica in cui c’è stata una vera sinistra popolare mi rendo conto che quest’idea è difficile da interiorizzare.
    Ma oggi è più chiara che mai.

    • Mirkhond scrive:

      Non hai tutti torti, soprattutto su questa sinistra postcomunista, che dei poveri non gliene frega niente e l’unica battaglia che gli sta a cuore sono le unioni omosessuali.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Quando, invece, la destra è stata per i poveri?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        “Quando, invece, la destra è stata per i poveri?”

        Ma esiste qualcuno che è “per i poveri”?

        E quale politica farebbe davvero il “bene dei poveri”?

      • Peucezio scrive:

        Bisogna vedere cosa s’intende per destra.
        Una cosa è la destra reazionaria che si oppone alla sinistra liberale borghese emergente. E questa destra difendeva un ordine nel quale i contadini ecc., si ritagliavano uno spazio che quegli altri volevano distruggere, trasformandoli in schiavi, come è successo con l’industrializzazione. E in effetti il conflitto fra rivoluzionari e reazionari dalla Rivoluzione Francese in poi (ma anche prima Cromwell affamava e uccideva i contadini irlandesi) è un conflitto di borghesi contro popolari (vandeani, Pasque Veronesi, sanfedisti, Andreas Hofer e tutte le varie insorgenze in giro per l’Europa), che è poi lo schema che si riproporrà periodicamente con bolscevichi contro contadini russi (fino all’holodomor), Cristeros, ecc. ecc.

        Poi però c’è stata una fase, almeno in Occidente, in cui le sinistre, sia pure con atteggiamento di sinistra e volendo plasmare le classi basse secondo i loro modelli borghesi, ne hanno fatto oggettivamente gli interessi: il PCI e i sindacati fino agli anni ’80 hanno effettivamente migliorato sensibilmente le condizioni degli operai e a suo tempo anche dei contadini.
        C’è da dire che anche la DC faceva una politica un po’ poliedrica, ma nel complesso ha incentivato lo sviluppo di infrastrutture e più in generale uno sviluppo economico e industriale che ha migliorato il livello di vita dei ceti bassi. Chi era realmente organico alla classe padronale erano i piccoli partiti tipo il PRI, che però prendeva sì e no il 4%.
        Ma quella credo sia stata una fase specifica e circoscritta.

        Poi c’è la questione del ruolo delle destre non reazionarie ma nazionaliste moderne.
        Che fecero scelte di sostanziale compromesso (un po’ come la DC appunto), creando un forte progresso economico e sviluppo sociale (l’Italia del ’19 non era certo quella del ’39, anche solo come infrastrutture; il nazionalsocialismo fece fare un balzo all’economia tedesca, si inventò persino la “macchina per il popolo”, che esiste ancora e vende in tutto il mondo), ma anche grazie all’accordo con i grandi ceti imprenditoriali.

        Oggi direi che l’emergere della categoria del populismo ha reso del tutto palesi i giochi: il fatto stesso che la destra (quella rilevante, che esprime dirigenze politiche ad altissimo livello nelle maggiori potenze mondiali) venga liquidata dispregiativamente dalla sinistra come appunto “populista” fa capire che la sinistra non si preoccupa più nemmeno di dissimulare il suo disprezzo per ciò che è popolare, anzi, ne fa addirittura una bandiera, un motivo di orgoglio identitario.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Io non ho chiesto se qualche povero è mai stato di destra (la destra che vuoi, eh!), ma cosa avrebbe mai fattio la destra per i poveri.
          L’ho chiesto tante volte negli anni e nessuno mi ha mai risposto.

          • Peucezio scrive:

            Beh, Trump ha posto dazi e, insomma, invertito la tendenza all’apertura universale dei mercati, che danneggiava la manodopera statunitense, col risultato che negli USA è diminuita la disoccupazione, cioè ci sono lavoratori che ora portano a casa lo stipendio e prima no.
            Il populismo sostanzialmente è questo: guardo agli interessi nazionali, quindi popolari, contro quelli delle élite finanziarie internazionali, per le quali basta ottimizzare le logiche della produzione e del mercato, poi se in mezzo intere aree schiattano di fame perché non lavorano più (o per diventare competititve devono lavorare a due euro all’ora) chissenefrega.

        • PinoMamet scrive:

          “: il fatto stesso che la destra (quella rilevante, che esprime dirigenze politiche ad altissimo livello nelle maggiori potenze mondiali) venga liquidata dispregiativamente dalla sinistra come appunto “populista” fa capire che la sinistra non si preoccupa più nemmeno di dissimulare il suo disprezzo per ciò che è popolare”

          Peucè, “populista” NON vuol dire fare gli interessi del popolo.
          Ma manco per niente.

          “Populismo”, almeno in Italia, oggi- vuol dire l’esatto contrario, cioè la demagogia che finge di assecondare i voleri (non gli interessi) del popolo, al fine di manipolarlo e ottenerne i favori per governare come meglio si crede, spesso in netto contrasto con il benessere del popolo.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per PinoMamet

            “Peucè, “populista” NON vuol dire fare gli interessi del popolo.
            Ma manco per niente. ”

            Io ho forti dubbi sull’esistenza di interessi comuni del “popolo”.

            Innanzitutto in termini temporali.

            TUTTO il popolo olandese, nel 1946, aveva interesse a sfruttare le risorse di gas di Groningen, per riscaldarsi la casa, per avere qualcosa da esportare.

            Quella risorsa oggi è finita, e quindi l’unica cosa che resta sono una serie incessante di micro-terremoti che sta distruggendo lentamente una provincia dell’Olanda.

            Quindi, qui abbiamo “il popolo del 1946” contro “il popolo del 2020”.

            • PinoMamet scrive:

              Vabbè, anche il me stesso del 1994 aveva idee diverse dal me stesso del 2020 😉

              ma esisto lo stesso, e ci tengo a esprimere il mio voto oggi come allora 😉

            • Z. scrive:

              Peraltro, le politiche della destra mi sembra non abbiano fatto proprio niente per migliorare la condizione dei ceti deboli, e anzi li abbiano regolarmente danneggiati ove possibile:

              nel 1920, nel 1936, nel 1946, nel 1994, nel 2020..

      • PinoMamet scrive:

        “E questa destra difendeva un ordine nel quale i contadini ecc., si ritagliavano uno spazio che quegli altri volevano distruggere, trasformandoli in schiavi, come è successo con l’industrializzazione.”

        questo mi sembra un po’ vedere il mondo alla rovescia…

        sicuramente l’industrializzazione è spesso coincisa (indipendentemente dal volere della sinistra, anzi, spesso in deciso contrasto con questa) con un peggioramento delle condizioni dei lavoratori.

        ma quelli che vedevano i lavoratori come servi, come esseri ontologicamente inferiori, “vili meccanici” per dirla manzonianamente, erano precisamente i rappresentanti del Vecchio Regime.
        Almeno per grandi linee e ufficialmente.

        • Miguel Martinez scrive:

          ““E questa destra difendeva un ordine nel quale i contadini ecc., si ritagliavano uno spazio che quegli altri volevano distruggere, trasformandoli in schiavi, come è successo con l’industrializzazione.””

          Non è mica così semplice.

          In Francia, il problema dell’industrializzazione non si poneva ancora: quindi la Vandea non c’entra molto.

          E’ in Inghilterra che si pongono le questioni di cui parla Peucezio – la cacciata dai Commons, l’autonomia alimentare di Londra a spesa del mondo, le industrie che partono prima dalle campagne, il luddismo…

          E lì l’opposizione non viene dai nobili (che casomai sono i primi industriali), ma da artigiani e intellettuali. Qualcuno, come Paine, sicuramente “illuminista”, altri come Blake tutt’altro. Ma gli antimodernisti inglesi non sono sostenitori del feudalismo, e nemmeno della monarchia inglese.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Pino Mamet

          “ma quelli che vedevano i lavoratori come servi, come esseri ontologicamente inferiori, “vili meccanici” per dirla manzonianamente, erano precisamente i rappresentanti del Vecchio Regime.
          Almeno per grandi linee e ufficialmente.”

          Leggevo uno splendido testo antropologico (scovato peraltro in Olanda) su Tzintzuntzan, uno strano lago dell’altopiano messicano dove ho vaghi ricordi di infanzia.

          La cosa che mi ha colpito è la definizione che dà dei contadini: che da sempre sono asserviti a un luogo centrale (anche nel Messico precolombiano), non hanno un’esistenza autonoma.

          Questo è emerso in modo prepotente nel 1921 in Toscana, quando i cittadini – i proprietari assenteisti, ma anche tante persone che pensavano alla campagna come fonte sicura di cibo a poco prezzo – hanno mandato le squadre fasciste a bastonare i mezzadri riottosi. Utilizzando peraltro anche i braccianti, un po’ come oggi si usano gli immigrati contro i lavoratori con il posto sicuro.

  47. Peucezio scrive:

    Mauricius,
    “Ma eri andato dalla parte della Chiesa Greca o di Piazza Sant’Oronzo? Perché c’era una bella differenza.”

    Ora mi chiedi troppo. 🙂
    Mi ricordo di piazza Sant’Oronzo, ma non ho minimamente presente la Chiesa Greca.
    Anni dopo invece l’ho girato più approfonditamente (si fa per dire: non posso dire certo di conoscere bene Lecce, purtroppo; e dico purtroppo perché merita davvero, anche se mi diverto a fare quello che dopo Monopoli si sente come so fosse atterrato su Marte 🙂 ).

    • Mirkhond scrive:

      Sono stato a Lecce un paio di volte molti anni fa. E’ una bella città molto aristocratica e raffinata. Mi colpì trovarvi molta gente di buona cultura.
      Ricordo una giovane fotografa, molto bella, la quale mi chiese se fossi favorevole ad una regione salentina separata dalla Puglia e le dissi di si, proprio per le ragioni che hai citato anche tu: a nord e a sud della linea linguistica Taranto- Ostuni siamo due paesi molto diversi.
      Anch’io quando sono stato nel Salento mi sono sentito in un’altra regione, più simile alla Sicilia che a noi.

      • Mirkhond scrive:

        Diversità già nota agli antichi, se Augusto nel ripartire l’Italia in regiones, chiamò la II regione italica Apulia et Calabria (il nome antico del Salento, passato in epoca bizantina ad indicare il Bruzio, l’attuale Calabria).
        Anche i Borbone avevano presente tale differenza se nel nostro esercito istituirono i reggimenti Puglia e Messapio.
        C’è da chiedersi in effetti se i Messapi fossero della stessa stirpe degli Japigi oppure un popolo differente, visto che in Peucezia e in Daunia non sono state trovate iscrizioni messapiche, sebbene i dati archeologici parlino di una cultura comune dal Gargano a Leuca in età preromana.

      • Peucezio scrive:

        Una delle cose che mi colpisce del Salento degli ultimi anni è come si sia trasformata la percezione di esso da noi nella Puglia stricto sensu.

        In genere si diceva ciò che hai detto tu (salentini raffinati, colti), ma in senso critico, come dire che se la tiravano, che erano sconstanti, antipatici, campanlisti, snob.
        In genere se si parla con una persona sopra i sessant’anni (di Bari o provincia) ti dice questo.
        Oggi invece, parlando dei giovani salentini (diciamo più o meno dal 2000), si sente dire l’esatto opposto: sono alla mano, di “priescio”, informali, socievoli, ci si diverte, non sono tutti fighetti come noi baresi, sono spontanei, bevono il vino, non hanno biosgno del locale figo per stare bene, ma si riuniscono dove capita e ridono, scherzano, poi ballano la pizzica, suonano, cantano…

        Non ho ancora capito se questa gioventù salentina (con cui tangenzialmente mi è capitato di avere a che fare, confermando un po’ queste impressioni) sia così per reazione alla generazione precedente di gente così sosteuta e formale.
        Io in genere sono scettico sui meccanismi di reazione, perché allora ogni generazione o ogni due al massimo dovrebbe capovolgersi lo schema e invece i popoli tendono a perpetuare, sia pure in modo diverso e adattato alle varie epoche, certe caratteristiche, almeno per una bella manciata di generazioni (poi se si va su scala molto lunga difficile dirlo…).
        Però mi ricordo un ragazzo salentino che conosco, che mi parlava della sua famiglia, di medio ceto, no alto-borghese, che aveva degli atteggiamenti di formalismo e quasi autoritarismo quasi da borghesia ottocentesca che mi colpirono: roba che nel sud in genere non avevo mai sentito.

        E un’altra cosa strana è che in questa cosa dei giovani informali, vivaci e socievoli riscontro una continuità con la zona del sud-est barese, pur storicamente e linguisticamente pienamente barese: penso ad Alberobello, Locorotondo, Purignano, Noci…
        Con una propaggine nell’Alta Murgia: Altamura, Matera, forse Gravina…
        Tra l’altro colpisce molto la differenza di carattere fra le ragazze di Matera (e credo anche provincia, almeno quella linguisticamente materana, cioè barese) e quelle del potentino, che se solo le lanci un’occhiata per strada poco ci manca che non ti denuncino.
        Ma anche in nord Barese, senza arrivare a quei livelli, non è messo molto bene: il provincialismo nel senso negativo, di un atteggiamento un po’ diffidente e sostenuto. Ma non esageratamente: nella media della Puglia e del sud.

        • PinoMamet scrive:

          La mia prospettiva può essere falsata dal fatto che moltissimi salentini che ho conosciuto erano universitari fuori sede;

          ma devo dire che ho trovato pochissime differenze tra i salentini (specie quelli più a sud) e i ragazzi emiliani-romagnoli e forse in generale del centro-nord.

          Addirittura più simili ai “nordici” di quanto lo siano i siciliani, che pure per moltissime cose potrebbero essere “nordici honoris causa”.

          Invece con i calabresi e i napoletani la differenza in termini di comportamento è percepibile, in effetti si sente alle spalle un tipo di cultura diverso (anzi, due tipi: calabresi e napoletani mi sembrano abbastanza diversi tra loro); e probabilmente anche il resto delle Puglie risente del modello napoletano, in maniera “diluita”.

        • Mirkhond scrive:

          “(salentini raffinati, colti), ma in senso critico, come dire che se la tiravano, che erano sconstanti, antipatici, campanlisti, snob.”

          Non lo sapevo. Mio padre mi diceva che a Bari le donne leccesi non godevano di buona stima, essendo considerate zoccole.

  48. Mirkhond scrive:

    “Sì e no.
    Ci sono tratti che accomunano le varietà italiane centro-meridionali e, ancora di più, le pugliesi, a quelle balcaniche (compreso il rumeno) e alcune tendenze dittonganti del dalmatico, ma forse non parlerei di forti affinità.
    Ma potrebbero esserci in tratti del sostrato prelatino che ha prodotto poi certe tendenze fonetiche, che peraltro sono molto comuni sulla costra adriatica in genere (anche molti dialetti abruzzesi hanno i dittonghi, che si ritrtovano poi anche in Ronmagna, anche se non nel Veneto, non nel Salento, non nelle Marche centrali… insomma, va un po’ a singhiozzo andando da sud verso nord).”

    Si, ripensandoci meglio, la questione è in effetti più complessa.
    Se Matteo Bartoli, autore del primo studio sul Dalmatico, grazie all’intervista fatta al suo ultimo parlante, il veglioto Antonio Udina (Tuone Udaina in Dalmatico), alla fine dell’800, sosteneva la forte affinità con le nostre parlate, Clemente Merlo ne contestava tale conclusione sostenendo piuttosto una somoglianza col Friulano.
    Da quel che ho letto, quest’ultima tesi oggi gode di maggior consenso tra gli studiosi.
    Però l’umanista dalmata Giovanni Lucio da Traù (1604-1679), parlando dell’antica lingua romanza della sua terra, sosteneva che era più simile alle parlate dell’Abruzzo e della Puglia piuttosto che a quelle del Veneto e della Lombardia.
    Ai tempi di Lucio il Dalmatico era ancora parlato, se pure ormai solo nell’isola di Veglia, e l’idioma latino della Dalmazia dei suoi tempi era il Veneto, verosimilmente parlato anche dal Lucio. No dimentichiamo inoltre che la Lombardia orientale (Brescia e Bergamo) era parte di Venezia, e tra gli immigrati italiani stabilitisi in Dalmazia vi erano anche questi sudditi lombardi della Serenissima.
    Dunque Lucio sapeva di cosa parlava avendo presenti tutti questi idiomi.

    • Peucezio scrive:

      Secondo me bisogna intendersi sul termine affinità.

      Se si parla di affinità strutturali nell’ambito di un continuum linguistico come è quello romanzo, si deve intendere proprio che ci sono analoghe strutture fonetiche, morfologiche e simili, su cui si innestano alcune variazioni.
      Come accade, per dire, con le varietà altomeridionali (chiunque noterebbe che c’è un’affinità forte fra napoletano, barese, dialetti dell’Abruzzo, ecc).

      Poi invece ci possono essere fatti di sostrato (o di altra origine) che fanno sì che, in assenza di questa affinità, ci siano però elementi fonetici e prosodici che fanno suonare simili due idiomi strutturalmente diversi (anche se geneticamente imparentati, come sono tutte le lingue romanze fra loro).

      Nel primo caso magari si percepisce anche un suono diverso, un diverso tono, ecc. (pensa al barese e al napoletano), ma più o meno ci si capisce.

      Nel secondo magari non ci si capisce per niente o quasi, ma si sente un suono che risulta in qualche modo famigliare, affine.

      Tu pensa al rumeno e alle lingue slave circostanti.
      Un italiano che sia poco addentro in certe distinzioni, non percepisce come molto dissimile l’accento di una badante rumena e di una ucraina. Eppure parlano lingue non geneticamente imparentate (si, vabbè, sono sempre indoeuropee, ma vai a capire il rumeno essendo russo o ucraino o viceversa, se non l’hai studiato).

  49. Moi scrive:

    Ci sono tratti che accomunano le varietà italiane centro-meridionali e, ancora di più, le pugliesi, a quelle balcaniche (compreso il rumeno) e alcune tendenze dittonganti del dalmatico, ma forse non parlerei di forti affinità.

    —————————————————————

    Ma … allora la Cartina Leghista Anni Novanta che definiva la Puglia “Albania Occidentale” e l’ Albania “Puglia Orientale”, era giusta e cosmopolita … fatta da Gente di Cultura di Mente Aperta ! 😀 😉

  50. Mirkhond scrive:

    🙂

    Quando anni fa, insegnavo all’università della terza età, parlai degli studi sulle origini degli Japigi, e dell’area balcanica da cui probabilmente migrarono nella nostra regione, e cioè il paese tra Trieste e l’attuale frontiera tra Croazia e la Bosnia.
    Affermando anche la probabile radice illirica degli Japigi, che li renderebbe lontani parenti degli attuali Albanesi.
    Alché una mia alunna, rivoltasi alla compagna di banco, disse:

    – Eh pò chidd’ d’ Triest’ dichn’ ch’ l’Albanise simm’ nù! – (E poi quelli di Trieste dicono che gli Albanesi siamo noi, cioé i Baresi, i Pugliesi; in riferimento al forte razzismo antibarese diffuso tra i triestini almeno ai primi del ‘900, come lessi in un loro sito).

  51. Mirkhond scrive:

    “Ma ti è capitato di trovare comprensione e accoglienza in una parrocchia dove si fa la messa postconciliare?”

    Si, nella mia parrocchia, un sacerdote ora purtroppo da molti anni nel Regno dei Cieli, col quale mi confessai nel momento terribile in cui mia madre stava morendo.

  52. Mirkhond scrive:

    Poi, ripeto, non sono mai stato un tipo da frequentazione assidua delle messe, e non ho conosciuto molti preti.

  53. Mirkhond scrive:

    “Secondo me bisogna intendersi sul termine affinità.

    Dal tuo punto di vista come spieghi le somiglianze tra Dalmatico e Pugliese?
    I dittonghi sono presenti anche nell’Istrioto (ad es. deigo per dico), ma le somiglianze col pugliese non sono così percepibili come nel Dalmatico, forse per una più forte influenza veneta o forse per un sostrato parzialmente diverso (si pensa che l’Istria preromana fosse abitata da genti venetico-illiriche).

    • Peucezio scrive:

      Ci sarà un qualche sostrato adriatico, indoeuropeo o preindoeuropeo, di cui non sappiamo praticamente nulla.
      Forse c’erano caratteristiche che portavano a questo in qualche forma di indoeuropeità balcanica (passata poi anche dall’altro lato del mare).

      In genere la tendenza a dittongare è legata a fattori prosodici, nello specifico a un forte accento di intensità, cioè al fatto che pronunci la sillaba tonica con molta più eenergia rispetto alle altre.
      Pensa a come parla un ispanofono e un anglofono (o un francofono).
      Il primo scandisce bene tutte le sillabe, tanto che a volte quasi non è chiarissimo dove sia la tonica. Per un salentino vale lo stesso discorso. Così come per un toscano.
      Il secondo si mangia tutte le altre sillabe e tende a prolungare la tonica e a darle più forza.
      Infatti queste lingue trasformano continuamente le vocali, le dittongano, sviluppando rotazioni vocaliche che poi vanno a cicli, perché, raggiunto un assetto, a tendenza continua a operare e lo ristravolge di nuovo.
      Se pensi all’evoluzione delle vocali dal latino al francese è un bordello: pensa quanti passaggi. Pensa a Ē/Ĭ latine che diventano prima ei̯, poi oi̯ (che resta nella grafia), poi oè, poi we, poi, con la rivoluzione francese, s’impone dappertutto la norma dei ceti mediobassi parigini (cioè tutti esclusa la nobiltà) e si ha wa (da cui puoi dedurre che parole meridionali come “la buatta” possono essere entrate nei nostri dialetti non prima dell’Ottocento).

      E così l’inglese. Pensa solo al Great Vowel Shift, che è responsabile dello iato così radicale fra grafia e pronuncia. Ma che interviene già su forti trasformazioni.
      Se cerchi di farti un quadro chiaro dall’indoeuropeo o dal germanico comune all’inglese attuale, impazzisci letteralmente, perché la situazione si è rimescolata ed è cambiata talmente tante volte che ti ci perdi.

      • Mirkhond scrive:

        Poco fa, ho trovato in internet questo articolo di un certo Matzinger che non so chi sia, sulle correlazioni tra messapico, illirico e albanese.
        L’autore sostiene che l’albanese NON è illirico e nemmeno trace, ma un’altra lingua antica balcanica indipendente, che avrebbe qualche collegamento col messapico.
        La sua tesi non mi convince, ma te lo linko e se ti va, mi dici cosa ne pensi:

        http://siba-ese.unisalento.it/index.php/idomeneo/article/viewFile/15282/13278

        • Peucezio scrive:

          L’albanese non è considerato daco-misio?

          • Mirkhond scrive:

            C’è chi lo sostiene, ma Noel Malcolm in un capitolo del suo libro sul Kosovo, smentisce la tesi trace (i Daci si pensa appartenessero al ceppo trace), proprio in base ad argomenti di carattere linguistico, come la forte influenza del Latino con parole albanesi derivate da questo nella forma accusativa, tipica delle lingue romanze.
            E ciò porta a concludere che l’origine dell’albanese sia da situarsi sul lato occidentale dei Balcani, quello illirico (del resto le lingue valacche da cui si è sviluppato il rumeno presentano forti affinità morfologiche con l’albanese che, secondo Malcolm, costituiva il sostrato prelatino dei parlanti idiomi valacchi).
            Mentre i Traci furono più influenzati dal Greco.
            Inoltre nella morfologia dei termini traci e daci (nomi di località) il genitivo precede il nominativo ad es. Bessapara= guado dei Bessi.
            Questa costruzione è impossibile nell’albanese che casomai direbbe Para e Besseve.
            In sostanza per Malcolm, se l’albanese deriva da un linguaggio balcanico preromano, questo non può che essere una varietà di illirico, sopravvissuto alla latinizzazione perché arroccato sulle impervie montagne dell’Albania settentrionale e di parte del Kosovo, ma circondato da genti latinofone che non sarebbero state altro che antichi affini degli antenati degli Albanesi, latinizzati.
            Del resto Matzinger limita l’Illiria propriamente detta agli attuali Montenegro e Albania centrosettentrionale, ma si contraddice su Dalmati (o piuttosto Delmati per la metafonesi a/e che si ritrova anche nei nostri dialetti) e sui Liburni, di cui nega l’illiricità, ma poi pensa che possano essere stati imparentati con gli Illiri propriamente detti del basso Adriatico sudorientale.

            • Mirkhond scrive:

              Da ignorante, penso che la tesi “panillirica” sia pure aggiornata e corretta, non sia affatto da rigettare, anche il termine Illiria e Illiri indicava un’area balcanica più ristretta.
              Cosa che non esclude che popoli confinanti e più settentrionali potessero appartenere alla stessa famiglia.
              Inoltre negare l’ascendenza illirica dell’albanese senza portare uno straccio di prova, data l’assenza di iscrizioni illiriche ma anche protoalbanesi (il più antico documento in lingua albanese è una formula di battesimo del 1462 d.C.), mi sembra alquanto discutibile.

              • Mirkhond scrive:

                anche se il termine Illiria

              • Peucezio scrive:

                Ma l’onus probandi sta a chi afferma, non a chi nega 🙂

                Voglio dire: ne sappiamo davvero troppo poco sia per dire che le lingue indoeuropee balcaniche erano simili, sia per dire che erano molto differenziate.
                In pratica abbiamo minimi frammenti e su quelli dobbiamo costruire teorie, che però, inevitabilmente, sono del tutto congetturali.
                Io temo manchi proprio la materia prima per sbilancarsi, in un senso o in un altro.
                Tieni comunque conto che la contiguità geografica in ambito indoeuropeistico non vuol dire granché: ci sono realtà linguistiche differenziatissime in aree relativamente circoscritte.
                Pensa all’Italia: celti, leponzi, osco-umbri, latini, veneti, sicani, messapi, poi si sono aggiunti i greci, tanto per complicare il quadro (ma già prima le influenze micenee)… Anzi, neanche tanto poi, perché i Celti sono arrivati più tardi.

                O pensa a quanta indoeuropeità di svariate origini è passata dall’Anatolia: gli anatolici stessi (comunque con le loro differenziazioni interne), iranici, armeni, greci, galati, romani, goti, slavi… (forse gli unici a non esserci andati sono stati i tocari e i balti! 🙂 ).

        • Peucezio scrive:

          L’Idomeneo!!
          Ottima rivista.

          Ci scrive Antonino Romano, validissimo fonetista di Torino, ma nativo del Salento, persona tra l’altro di grande cordialità e piacevolezza personale, e anche il vecchio padre Mancarella, che non ho avuto il piacere di conoscere, ma che, credo ormai quasi novantenne, è ancora attivo.

  54. Mirkhond scrive:

    “Come accade, per dire, con le varietà altomeridionali (chiunque noterebbe che c’è un’affinità forte fra napoletano, barese, dialetti dell’Abruzzo, ecc).”

    Un’affinità morfologica, ma con fonetiche diverse tra i due lati dell’Appennino, con le parlate napoletane più dolci e quelle pugliesi più dure.

    • Peucezio scrive:

      Sì, il concetto è più o meno questo.

      Lo metti per iscritto ed è similissimo.
      Ma il suono, la tonalità, ecc. è molto diverso.

      • Mirkhond scrive:

        Come ti spieghi queste differenti tonalità tra parlate napoletane e quelle pugliesi?
        Perché le prime sono dolci e le seconde dure?

        • Peucezio scrive:

          Diversità di sostrato.

          Osco il primo e illirico (qualunque cosa voglia dire; diciamo balcanico; o, se vogliamo essere precisi, messapico, ma il messapico come tu m’insegni è attestato solo nel Salento, dove odi una lingua completamente diversa dall’una e dall’altra e più fine di entrambe) il secondo.
          Ma probabilmente in Puglia, ancor prima del sostrato indoeuropeo balcanico, c’è un sostrato contadino forse neolitico, probabilmente preindoeuropeo, molto arcaico, su cui la storia è passata meno che altrove, cioè ha lasciato tracce meno profonde.
          Il napoletano è un signore che immediatamente riconduce a una storia illustre ben nota e identificabile: i Greci, gli Angiò, il rinascimento, il barocco, i Borboni, il grande Regno in cui affluivano i nobili da tutto il resto del sud, ecc. ecc.
          Il pugliese ti evoca qualcosa di ancestrale, che va al di là della storia. E ha avuto poche glorie circoscritte (praticamente solo i Normanno-Svevi).

          • Peucezio scrive:

            E questo lo noti in certi tratti dell’espressività.

            Il napoletano è esuberante: parla e ti fa la scenetta in modo istrionico e ostentato.
            Il pugliese è pochissimo istrionico, poi magari s’incazza e grida anche lui, ma quando parla coi suoi famigliari parla sottovoce, come a trasmettere l’idea che si tratta di cose intime da non divulgare, non tanto perché siano segrete, ma perché non sono presentabili, degne di essere esibite.
            E non sotenta mai il suo dialetto, anzi, non lo usa mai fuori dal contesto dei parlanti (il napoletano parla in napoletano pure con un neozelandese …e di solito il neozelandese lo capisce!), se ne vergogna, appena arriva in un posto, ne prende l’accento e diventa indistinguibile dagli altri.

          • Mirkhond scrive:

            Leggitelo quell’articolo sull’illirico che ti ho linkato.

          • Mirkhond scrive:

            Beh, Normanni, Svevi, Angioini e Borbone hanno regnato anche da noi.
            Il Barocco c’è stato anche nel Salento.

            • Peucezio scrive:

              Sì, ma infatti mi riferivo alla Puglia barese.

              Beh, ma gli angioini da noi sono stati solo depredatori, a Napoli invece hanno fatto grandi cose.
              E in fondo anche i Borboni: io li difendo perché si tratta di difenderli dalla feccia risorgimentalista con la sua retorica indecente, ma non è che la Puglia debba loro granché (ma qua lo dico e qua lo nego, coperto dall’anonimato 😉 ).

              In effetti in Puglia (intendo stricto sensu, escluso il Salento) fondamentalmente che arte vedi? Bellissime cattedrali di epoca normanna e bellissimi castelli normanno-svevi.
              Poi c’è un po’ di tutto, come in tutta Italia, ma roba secondaria, per quanto bella: non dà certo l’impronta.

              • Mirkhond scrive:

                Beh, il borgo “Murattiano” di Bari è essenzialmente borbonico. Idem il porto.
                Le bonifiche nel Tavoliere con la fondazione di San Ferdinando e la risistemazione di Trinitapoli (già Casal Trinità), la ferrovia Napoli-Brindisi, quasi completata all’arrivo di Garibaldi, e poi bloccata per appaltarne i lavori ad una ditta in mano a due massoni toscani che tra l’altro licenziarono molti degli operai che andarono ad infoltire le bande dei “briganti” come quella del Sergente Romano.

              • Peucezio scrive:

                Già, vero anche tutto questo.

          • Mirkhond scrive:

            “Osco il primo e illirico (qualunque cosa voglia dire; diciamo balcanico; o, se vogliamo essere precisi, messapico, ma il messapico come tu m’insegni è attestato solo nel Salento, dove odi una lingua completamente diversa dall’una e dall’altra e più fine di entrambe) il secondo.”

            Come immaginavo.

  55. Mirkhond scrive:

    “Tu pensa al rumeno e alle lingue slave circostanti.”

    Quando sento parlare rumeno mi da di un misto tra pugliese e lingue slave. 🙂
    Scherzi a parte, le somiglianze si spiegano col fatto che l’area d’origine delle lingue valacche, cioé tra Serbia, Bulgaria occidentale, Kosovo e Macedonia settentrionale, fin dal Medioevo era circondata da genti slave, e la stessa rievangelizzazione di queste genti è avvenuta in lingua paleoslava ad opera dei discepoli dei santi Cirillo e Metodio.
    Del resto fino al XVII secolo la letteratura dei principati rumeni era in paleoslavo e fino a circa la metà dell’800, l’alfabeto utilizzato per il Rumeno era il cirillico (durato più a lungo nella Moldavia russa e da quel che ho letto tutt’ora in Transnistria).
    Dunque il forte influsso slavo ha determinato quelle somiglianze fonetiche di cui parli (i Rumeni dicono da per si, Andrei per Andrea ecc.).

  56. Mirkhond scrive:

    “Invece con i calabresi e i napoletani la differenza in termini di comportamento è percepibile, in effetti si sente alle spalle un tipo di cultura diverso (anzi, due tipi: calabresi e napoletani mi sembrano abbastanza diversi tra loro); e probabilmente anche il resto delle Puglie risente del modello napoletano, in maniera “diluita”. ”

    Cosa intendi per comportamenti diversi tra napoletani e calabresi?

    • PinoMamet scrive:

      I napoletani sono molto variegati- ho avuto l’impressione, confermatami da alcuni napoletani, che i borghesi- anche medio, piccolo o piccolissimo borghesi- evitino accuratamente il popolino, percepito come delinquenziale e pericoloso.
      A occhio, direi che la differenza è tra quelli che si esprimono in italiano- di solito, un ottimo italiano- e quelli che si esprimono in napoletano. Nelle scuole e nelle università ovviamente si incontrano solo i primi, ma nel resto della vita non sono pochi nemmeno i secondi- spessissimo in realtà ottime persone, ma inizialmente piuttosto spaesati (mi pare che in tempi recenti ci sia stata una nuova ondata di immigrazione dall’area napoletana. Peraltro non sono moltissimi colleghi, ma anche il 90% dei bidelli proviene da lì…)
      I napoletani, tutti, sono persone “urbane”, in tutti i sensi.

      I calabresi di recente immigrazione (quelli che sono qui da secoli non contano…. avevo un compagno di scuola i cui nonni, o forse bisnonni, erano calabresi! ma questo vale anche per napoletani, siciliani, pugliesi ecc.) stanno più tra loro e hanno un atteggiamento spesso aggressivo, o che è facile scambiare come tale, con gli estranei. Quando sono buoni, sono buonissimi, e quando sono criminali, sono criminali sul serio (il “paese di Peppone”, cosiddetto- in realtà era un altro, è diventato quello solo dopo essere stato scelto come location cinematografica- ha per esempio una pesantissima infiltrazione ‘ndranghetistica, e sono praticamente tutti nello stesso quartiere- dove non dovrebbero stare perché abusivo, ma “sanato” a forza di collusioni o minacce o chissà che alle amministrazioni comunali…)
      comunque diciamo che in genere non trasmettono affatto un gran calore umano, ecco.

  57. Mirkhond scrive:

    E pugliesi e salentini come li vedi?
    In che senso consideri i salentini simili agli abitanti dell’Emilia-Romagna?
    E li percepisci come diversi da noi?

    • PinoMamet scrive:

      I salentini mi sono sembrati aperti e casinisti, e questo può essere appunto perché ne ho conosciuti molti giovani
      (ma ho conosciuto anche molti calabresi giovani e non mi hanno dato la stessa impressione)
      ma soprattutto, come dire, “moderni”, cosmopolitizzati, globalizzati, il tipo di umanità più o meno identica ovunque.
      Tolte le due cose sul mare del Salento e la pizzica, che credo debbano dire per contratto, penso che li potresti trovare identici in Spagna, in Francia, in Inghilterra…

      Non hanno l’atteggiamento da “guappo” che rende sgradevoli certi napoletani (nei ceti più colti diventa una specie di “guapperia” intellettuale, una gara a chi la sa più lunga, che alla lunga stanca un po’) e neanche certe cupezze che ho trovato (forse per caso, non so) in alcuni/e baresi.

      • Peucezio scrive:

        E dire che te la menano ossessivamente con “U Salenthu”, con quelle consonanti aspirate che hanno loro…
        Insomma, a noi baresi appaiono molto caratterizzati, legatissimi alle loro tradizioni…

        • Mirkhond scrive:

          Peucezio

          Secondo te la differenza tra dialetti pugliesi e salentini risale a differenti sostrati preromani oppure è il prodotto di un’evoluzione medievale dovuta allo spartiacque longobardo-romeo dei secoli VII-IX dopo Cristo?

          • Peucezio scrive:

            Penso più la seconda, anche se sospetto qualcosa a livello di sostrato, perché mi rimane sempre un po’ difficile credere che differenze così vistose abbiano un’origine così recente, innestatasi su una forte omogeneità precedente.
            Ma la seconda la darei per certa, mentre sulla prima possiamo solo elucubrare.

          • PinoMamet scrive:

            A sostegno dell’ipotesi del sostrato, faccio notare che Emilia e Romagna hanno avuto la stessa divisione tra Longobardi e Impero “Romaico”, eppure i rispettivi dialetti fanno parte dello stesso gruppo e sono mutualmente comprensibili senza particolari difficoltà da un’estremità all’altra della regione.

            La differenza tra dialetti salentini e pugliesi mi sembra troppo macroscopica per un’origine così recente…

            • Mirkhond scrive:

              Sarebbe da capire quale sostrato comune il Salentino avrebbe col Calabrese centro-meridionale e col Siciliano, al cui gruppo dialettale appartiene.
              I sostrati preromani di queste tre aree dell’estremo Sud erano differenti….

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              La romagna non fu caratterizzata a lungo da una diffusa grecofonia e fu divisa dal mondo longobardo per molto meno tempo.

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              Mirkhond ha colto nel segno.
              In effetti il Bruzio preromano si apparentava molto più a Lucania e Campania come sostrato linguistico che non all’antica Calabria (cioè al Salento) e la Sicilia era ancora diversa, essendo mezza italica occidentale (quindi della stessa sotto-famiglia del latino, ma non dell’osco) e mezza preindoeuropea fenicizzata e grecizzata, eppure hanno tutti e tre tratti comuni al punto da formare un’unica sottofamiglia dell’ambito dei dialetti italiani centro-meridionali.

              Ciò che dici è molto ragionevole e anch’io di massima tendo più volentieri a ricondurre le differenze dialettali italiane al sostrato che a eventi posteriori, ma in questo caso parrebbe di capire quella partizione sia stata decisiva.
              Forse il sostrato c’entra in un altro senso, in cui c’è una sorta di parziale continuità con l’Alto Medioevo: può essere che a un certo punto il Salento, come la Calabria e la Sicilia, si siano grecizzati più profondamente che non solo nelle città greche sulle coste (ipotizzo; non so se Mirkhond abbia qualche riscontro storico), magari adottando il greco non come lingua famigliare, ma veicolare dall’uso molto diffuso e la grecità bizantina potrebbe essersi innestata su una grecofonia già molto diffusa, mentre ciò potrebbe non essere avvenuto in Peucezia (tantomeno in Daunia), dove non ci sono mai state città greche, né una qualche rilevanza della presenza greca, a parte gli influssi culturali, artistici… Ma è una mera congettura.

      • Z. scrive:

        Bologna, 2004. In una celebre piazza bolognese alcuni studenti fuorisede ballano ascoltando musica a tutto volume.

        – Ragazzi, vi dispiacerebbe abbassare un po’?
        – Ma non capisci, è la pizzica, sono le nostre tradizioni!
        – Le vostre tradiz… ma te di dove sei, con quell’accento?
        – Di Brescia!
        – Ma vai a…

  58. habsburgicus scrive:

    @Mirkhonf @tutti
    leggete questo libro (se vi interessa)…
    https://books.google.it/books?id=2gHjg-8K9HUC&pg=PA1&dq=carit%C3%B2+politico-cristiana&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjrxredwsXpAhXwxIsKHYmmC14Q6AEILDAA
    parla di un avvenimento che è stato obliato..l’aiuto, anche e soprattutto materiale, che i Duchi di Modena diedero agli esuli miguelisti portoghesi..fu scritta dal Silveira, portoghese in esilio
    en passant, visto che i portoghesi esuli (e privati di ogni cosa dai liberali lusitani) non avevano soldi, magari è proprio allora che “portoghese” venne a significare “chi non paga” 😀 😀 😀
    anche Carlo Alberto, prima del 1848, diede aiuti e asilo ai portoghesi miguelisti esuli..qualcosa si dice nel libro
    Dom Miguel, “o ultimo rei que o povo comprendeu e amou” dirà uno storico repubblicano lusitano (l’ultimo Re che il popolo comprese e amò) invece era in Austria
    il libro è edito a Torino poiché il Piemonte era sì massonizzato (dal 1848) ma restava pur sempre uno degli Stati italiani con una stampa cattolica più forte e vivace

    • Mirkhond scrive:

      “era in Austria”

      Anche Carlo X, l’ultimo re legittimo di Francia andò in esilio in Austria, morendo a Gorizia nel 1836.
      Su un sito triestino anni fa, lessi che degli esuli carlisti dopo la sconfitta del 1840, vi si erano pure rifugiati.

  59. Mirkhond scrive:

    Com’è visto Dom Miguel dai portoghesi di oggi?
    Comunque anche dopo essere stato costretto all’esilio (1834) dal massonico fratello Dom Pedro, già primo imperatore del Brasile, in alcune aree del Portogallo si sviluppò una guerriglia legittimista, come quella di Remexido nell’Algarve, almeno fino al 1838, quando il capo guerrigliero venne catturato e giustiziato dai massoni, nonostante la regina Maria II lo avesse graziato.

    • habsburgicus scrive:

      penso che i portoghesi di oggi manco sappiamo chi sia 😀 (tranne pochi)
      fu Salazar ad abolire il bando al ramo miguelista ad inizio dei Cinquanta..
      il bando dal Portogallo durò per tutta la Monarchia liberale (1834-1910), per tutte la Repubblica laica (1910-1926) e per un buon venticinquennio di Repubblica Nazionale (1926-1974, suddivisibile ancora in governo militare e protosalazariano 1926-1933 e “Stato Nuovo”, 1933-1974)
      Salazar equanime, abolì il bando anche ai Bragança liberali che erano stati a loro vista banditi dopo la rivoluzione massonica del 5/10/1910…
      i banditori banditi 😀

  60. Mirkhond scrive:

    Braganza liberali che non erano i veri Braganza, ma i Coburgo-Braganza, nati dall’unione della regina Maria da Gloria figlia di Dom Pedro e di un principe tedesco.
    I veri Braganza, eredi della casa di Capeto-Borgogna, sovrana del Portogallo fin dal tardo XI-inizio XII secolo, con Enrico di Borgogna (c.1069-1112) conte del Portogallo (allora una marca periferica della Castiglia-Léon, poi regno col figlio Afonso nel 1139), persero il trono nel 1834, grazie alle mene di Dom Pedro che per assicurare il trono alla figlia, dette origine ad una nuova, massonica dinastia.
    Lessi che Salazar intorno al 1951-1952, pensò di ripristinare la monarchia, però poi non se ne fece più niente. Ti risulta?

  61. Mirkhond scrive:

    “L’incontinenza canonizzante degli ultimi papati poi, con questa inflazione di santi e beati, non fa che indebolire il senso di sacralità e devozione dovute ai santi veri.”

    Tale incontinenza serve per proporre all’uomo di oggi figure di santi più vicine a lui.
    Dove starebbe l’indebolimento del senso di sacralità e devozione di cui parli?

    • Peucezio scrive:

      Beh, è una legge delle cose: se fai troppi santi, la santità viene inflazionata, a suo modo delcassata.
      Ma mettiamo pure non sia così.
      Cioè tu dici: se si fanno più santi, c’è più santità in giro, meno inaccessibile, più presente. E’ un ragionamento sensato.
      E s
      e fosse così mi starebbe bene, anzi, sarebbe un modo per immanentizzare, quindi pienamente in linea con la mia sensibilità anti-astraente e anti-trascendentista.

      Ma un po’ c’è il fatto che il fatto che ci siano tutte queste fioriture di santi in un’epoca così secolarizzata fa sospettare che i criteri di santificazione si siano molto allentati e quindi viene da avere qualche legittimo dubbio sull’effettiva santità di tutti questi santi novelli e quindi sul loro carisma e potere benefico.
      Un po’ il fatto che, con poche eccezioni, vengono canonizzati ma poi rimangono semi-sconosciuti, non è che cominciano a diffondersi preghiere a loro e forme di devozionalità.
      Se vedessi in giro la gente che prega di più perché ha più santi da pregare o che va ad affollare sempre più luoghi in cui il tale santo è vissuto e ha operato e qundi vi è stato costruito un santuario, una cappella, un’edicola sacra, sarei contentissimo.
      Ma sono casi eccezionali.
      Uno di questi è Padre Pio: canonizzato de facto dal sentimento collettivo, lo è stato anche de jure (e una volta tanto per me è motivo di grandissima frustrazione sapere che la sua canonizzazione è nulla perché fatta da un’autorità invalida, perché è ovvio, né alcun tradizionalista mai lo negherebbe, che un papa legittimo avrebbe fatto altrettanto e che Padre Pio È un vero santo, si fonte a Dio se non agli uomini, d’altronde la Chiesa prende atto di un dato di fatto, lo constata, mica lo crea). Ma è un’eccezione. E infatti è famosissimo per questo e oggetto di grandissima devozione, come sai.

      Ma per il resto non direi proprio che il culto dei santi sia stato incoraggiato dopo il Concilio, ma l’esatto opposto, anche perché non bisognava contrariare i protestanti (ma soprattutto per il tipo di sensibilità religiosa dei modernisti, più astratta e borghese).
      Ricordo una cugina di mia madre evangelica, che è poi mancata un paio d’anni fa, che si compiaceva di come dalle chiese cattoliche si siano messi a togliere le statue dei santi, perché ciò dimostra che cominciano a capire che aveva ragione Lutero.
      E un’altra signora più giovane, sempre pugliese, che ho conosciuto non molto tempo fa, anch’ella evangelica, che diceva che loro. già da prima, nelle loro chiese suonavano musica moderna, rock, musica leggera ed è così bello e divertente e ora per fortuna anche i cattolici l’hanno capito e non propinano più quel pesante e noioso gregoriano. Vabbè, in quest’ultimo caso non c’entrano i santi, ma è molto interessante: in sostanza tutta questa gente dice: ci hanno dato ragione. Allora, se hanno ragione, uno dovrebbe diventare protestante.
      Capisci che se il messaggio di un’istituzione è “abolisco ciò che mi caratterizza per diventare simile a quelli che sono nati proprio per distinguersi da me dicendo che avevo torto marcio”, è come se implicitamente stessi dicendo a chi ti segue di abbracciare direttamente quell’altra istituzione, perché stai ammettendo di avere torto rispetto ad essa.

  62. Peucezio scrive:

    Ma, ti ripeto la domanda, non ti ho mai raccontato della chiesa di San Rocco?

  63. Mirkhond scrive:

    Me lo accennasti quando ci siamo visti due anni fa.

    • Mirkhond scrive:

      Per concludere (per ora 🙂 ), con la questione dell’area illirica, la mia impressione da ignorante è che sullo stato della ricerca in questione, non si sia andati molto oltre dalle conclusioni a cui era giunto Mommsen nell’800.

    • Peucezio scrive:

      Visto ora, scusa.
      Poi me lo leggo con calma. 🙂

  64. Mirkhond scrive:

    “ne sappiamo davvero troppo poco sia per dire che le lingue indoeuropee balcaniche erano simili, sia per dire che erano molto differenziate.
    In pratica abbiamo minimi frammenti e su quelli dobbiamo costruire teorie, che però, inevitabilmente, sono del tutto congetturali.
    Io temo manchi proprio la materia prima per sbilancarsi, in un senso o in un altro.”

    Concordo, e dobbiamo sempre tenerlo presente quando ci inoltriamo in questi territori oscuri.
    Però, se i Romani estesero il termine Illiria ad un’area balcano-adriatica più vasta di quella con tale nome e limitata agli attuali Montenegro e Albania centrosettentrionale, forse può essere spiegato col fatto che ne riconoscessero delle similitudini nel costume e nei linguaggi dei suoi abitanti (certo da Diocleziano in poi, il termine Illirico indicò una vasta macroarea amministrativa comprendente le aree grecofone di Macedonia e Grecia, sicuramente non illiriche, ma si trattò di un’evoluzione onomastica successiva analoga a quella dell’Italia, che da delimitare la penisola tra le Alpi e il mare dell’epoca augustea finì, sempre con Diocleziano, per comprendere anche la Rezia e le isole di Sicilia, Sardegna e Corsica).
    Insomma quando Roma conquistò il Balcano occidentale le lingue indigene erano ancora parlate, e dunque può non essere casuale l’estensione del termine Illiria ad un’area molto più vasta rispetto a quella tradizionalmente nota con tale nome.

    • Peucezio scrive:

      Sì, non si può escludere.
      Ma può anche essere banalmente un fatto geografico: che nome diamo al territorio fra il Danubio e il mare Adriatico? Conosciamo un popolo, gli Illiri, chiamiamolo tutto così che facciamo prima.

      Pura ipotesi la mia: non propendo né per un’ipotesi, né per l’altra, anche se ti confesso che a naso mi persuade di più l’eterogeneità. Ma così, non saprei dire esattamente perché e non è detto che sia una sensazione fondata.

  65. Mirkhond scrive:

    John Joseph Wilkes, specialista inglese sugli Illiri, sostiene che data l’estensione dell’area in questione, vi fossero ampie fasce di popolazioni mescolate, soprattutto nelle aree di frontiera.
    Così abbiamo i Celto-Illiri nel nord e lungo il corso del Danubio, i Traco-Illiri ad est, lungo un’area tra gli attuali confini di Serbia, Bulgaria e Macedonia settentrionale, e infine i Greco-Illiri a sud al confine con l’Epiro grecofono.
    Aggiungiamo anche i Venetico-Illiri nell’Istria e nel Quarnaro, e forse, gli Osco-Illiri tra il Piceno e l’Ofanto, dove popolazioni osco-sabelliche si sovrapposero a precedenti gruppi illirici come nella valle del Tronto e in Daunia tra VI e IV secolo a.C. (quando visitai il museo archeologico di Asccoli Piceno, vidi che le tombe picene precedenti al V secolo a.C. erano caratterizzate da sepolture con cadaveri in posizione rannicchiata esattamente come nella Japigia e nell’area liburnica. Dal V secolo a.C., invece si passò a sepolture di cadaveri in posizione supina, come testimoniato dalle tombe sannitiche; segno di una cultura nuova portata da un popolo differente, proveniente verosimilmente dalla Sabina).

  66. PinoMamet scrive:

    Rispondo qua sotto a Peucezio sulla faccenda delle statue nelle chiese.

    Mah.. a me risulta che ci siano ancora, ed esattamente le stesse di prima… così per dipinti ecc.
    Ho accompagnato un’amica, per un suo lutto, in una chiesa di quelle “moderne”, e le statue c’erano anche lì, e lo stesso i dipinti (enormi e brutti, ma nella normale tradizione cattolica).
    Ne ricordo anche di più spoglie, ma mai spoglie completamente.

    So di un popolarissimo prete di qua, oggi anziano, all’epoca uno dei preti “giovani” appena sfornati dal Concilio, per così dire, che ha anzi restaurato praticamente da solo una chiesetta medievale…

    davvero, quest’ondata iconoclasta postconciliare non mi risulta davvero da nessuna parte.

    L’unica cosa che ho sentito, l’ho letta qua, riportata da te o da Mirkhond, su un tale (forse un operaio, forse un prete) che distruggeva delle statue non so per quale motivo (immagino semplicemente perchè di scarso valore, invecchiate e destinate a essere sostituite), ma mi sembra assai di più un’eccezione, e anche molto ma molto strana…

    • PinoMamet scrive:

      Anzi, aggiungo: mi risulta che in diverse località campagnole o sub-urbane qua attorno i preti portino in giro (sulla jeep) le statue della Madonna o di altri santi in determinate occasioni dell’anno, girando nelle case dei fedeli…
      che ci sia il solito culto delle immagini tra i fedeli (“è arrivata la statua della Madonna direttamente da Lourdes….”);
      e insomma che continui il normale culto cattolico.

      Boh?

    • Moi scrive:

      Be’ , fortunatamente NON hanno devastato gli arredi sacri dalle chiese per sostituirle con mobili Ikea 😉 … anche se la tendenza stilistica moderna negli edifici di culto (relativamente) nuovi è appunto quella.

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      appena raccolgo qualche caso specifico, ti rispondo.
      So che è accaduto, perché a suo tempo l’ho letto, ne ho contezza, inoltre il caso barese che citai a suo tempo è autentico, ma mi è stato raccontato a voce, ci vorrebbe qualche riscontro.
      Ho chiesto a tradizionalisti molto più informati di me, che sanno dove andare a pescare i casi specifici.

      Sia chiaro, non ho mai detto che nella maggior parte delle chiese antiche siano state rimosse statue e altari storici, ma che, soprattutto sull’onda della riforma liturgica, è avvenuto qua e là e che le sovrintendenze sono intervenute (in particolare per gli altari: le statue si possono rimuovere facilmente senza distruggerle, gli altari erano addossati all’abside, al punto di farne parte integrante: per toglierli devi distruggerli.

      Ma nel caso di Bari, se anche fossero stare vecchie statue di nessun valore artistiche che si volevano sostituire con altre più nuove (e mi parrebbe molto strano), certi atti, fatti palesemente in pieno giorno, in mezzo alla strada, danno il senso di una profanazione e possono colpire fortemente l’immaginario di un bambino (ma anche offendere i sentimenti di un adulto), come è accaduto in questo caso, con le conseguenze irreversibili che raccontai.
      E non si può dire che gli operai sono operai e non hanno certi riguardi, perché c’è un parroco, un vescovo, gente che commissiona certi lavori e stabilisce con quali modalità e cautele devono venire effettuati. E’ evidente in un caso così l’intento di sfregio.

      • PinoMamet scrive:

        Mmm
        No, Peucè, non è evidente affatto. Ammesso e non concesso che ci sia stata questa intenzione, era interamente dell’operaio, e non del prete che ha commissionato la rimozione della statua, e tantomeno del Concilio Vaticano II 😉

        Mi pare anzi di vederci più chiaro anche sul resto, ora che specifichi: vabbè, qualche adattamento architettonico delle chiese sarà stato operato con poca prudenza, e la sovrintendenza c’avrà messo una pezza.
        Raccontata così mi sembra uno scenario credibile.

        Che invece i preti postconciliari volessero distruggere statue e arredi per somigliare si luterani 😉 non è credibile per niente, e se i tradizionalisti se lo raccontano mi sa che si vogliono illudere…

        • Peucezio scrive:

          Mica tutti i preto postconciliari.
          Ma a un certo punto si sono manifestati intenti di questo tipo.

          Ammetterai in generale che la devozione per i santi fa molto più parte della sensibilità del passato, delle vecchie generazioni, rispetto a come si vive la religiosità oggi nel mondo cattolico.
          E nella liturgia ne è stato fatto strame.

          Circa le statue dell’episodiio barese, non posso dimostrare che ci sia stata un’intenzionalità, ma una trascuratezza, una negligenza sì: gli operai eseguono ordini, mica agiscono a cazzo proprio come gli salta in mente: se non voglio che commettano pubblici sacrliegi, gli dico di prendere le statue e portarle con cura altrove, che sia pure per smaltirle o distriggerle, ma senza tanto scandalo pubblico.

        • Peucezio scrive:

          Aggiungo che purtroppo queste manie sono ricorrenti nella storia della Chiesa.
          San Carlo Borromeo aveva ‘sta mania di razionalizzare le architettute eccliesiastiche, togliere rilievo alle cappelle laterali, rendere il culto secondo lui meno caotico…

          La sai la storia delle due porte laterali del Duomo di Milano?

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “La sai la storia delle due porte laterali del Duomo di Milano?”

            No. Ma ha porte laterali? Non ci ho mai fatto caso.

            • Moi scrive:

              Le porte e pròtiri in fiancata (anziché in facciata) sono abbastanza tipiche delle chiese Romaniche Tedesche / Nordiche …

            • Peucezio scrive:

              Mauricius,
              oggi ne ha solo una, sul lato meridionale, da cui quando ero giovane si entrava e usciva liberamente come da quelle sulla facciata, ma ormai entrare in Duomo è diventata un’impresa (ma vista la scarsità di turisti in questi giorni, appena finisco un lavoretto per cui ho una scadenza in questi giorni, prendo e vado in Duomo, che non ci entrò da secoli….).
              Che tristezza ‘sta cosa per cui è diventato complicato entrare nelle cattedrali famose, anche a S. Pietro ricordo bene quando prendevi ed entravi così, come in qualunque chiesetta di paese. Non ho capito se il discrimine sono le misure antiterrorismo post 15 settembre o il voli low cost…

              Comunque c’era anche una porta laterale settentrionale, solo che la gente le utilizzava come scorciatoia per andare da un lato all’altro e San Carlo Borromeo fece chiudere quella settentrionale per evitare ciò (non è aneddotica inventata: lo so da uno storico accreditato e serio).

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Non si paga se entri come turista?

                Io ci sono entrato per andarci a messa, l’ultima volta: niente coda, niente biglietto e nella navata ti muovi abbastanza liberamente.

  67. Moi scrive:

    @ MAURICUS / TUTTI

    Be’; la faccenda di San Petronio fu, ovviamente , dovuta a giochi di potere e rivalità interno allo stesso Stato Pontificio …

    Comunque tutti i Luoghi di Culto di ogni Cultura (appunto) hanno una ragione intrinseca per essereorientati inun modo o nell’ altro ! Pare che la cosa sia una “spiritualizzazione” di esigenze pratiche del Mondo Contadino … inizialmente ho sentito parlare di queste cose con il termine Cinese di Feng Shui (風水) , anche se ineluttabilmente queste nozioni vengono un po’ snaturate da un approccio culturale da Fricchettoni ! 😉

    • Moi scrive:

      Voglio dire : il Sole che sorge a Est, nel (misconosciuto oggi) Mondo Contadino, è un ‘ esigenza pratica … poi nel costruire una “Ciṡa” 😉 identifichi il Sol Nascente con il Cristo e la Sua Solarità , il Suo Provenire da Oriente … e così via. Ma sono cose che sembrano complicate a “Noi” 😉 Contemporanei che pensiamo materialisticamente e abbiamo una Laicità (molto simile all’ Ecumene PostConciliare) che

      “una Storiella vale l’ altra, basta che ti faccia sentire bene e andar d’accordo con le altre persone che incontri … “

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Moi

        “Voglio dire : il Sole che sorge a Est, nel (misconosciuto oggi) Mondo Contadino, è un ‘ esigenza pratica …”

        E attorno al sole che sorge, si proiettano le ombre, si prendono le misure. Infatti, non è una roba da “esoteristi intellettuali”.

      • PinoMamet scrive:

        Di tutti i posti in cui ci si può instruVire, ho da poco scoperto da un tale di Instagram (!) che favorisce anche una foto, che forse l’unzione della testa (che dall’Antico Testamento arriva ai riti di incoronazione medievali) deriva da una pratica di cura o profilassi contro i parassiti che fanno i pastori con le pecore.

        Quelle espressioni dei Salmi tipo “il Signore mi unge il capo” sono quindi perfettamente sensate come parte di quel repertorio di immagini pastorali che vi abbondano (“il Signore è il.mio pastore… mi protegge col suo bastone ecc.”)

  68. Mirkhond scrive:

    “Ciṡa”

    Da noi si dice Chisa

  69. Mirkhond scrive:

    Pino

    Secondo il Mommsen il Messapico sarebbe stato una variante di un palogreco, (lui diceva greco-barbaro).
    Essendo tu il grecista del blog, trovi una qualche affinità con un qualche linguaggio greco in queste iscrizioni?

    https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_messapica

    • PinoMamet scrive:

      Io a dire il vero non ci vedo molto di greco, tranne il verbo “ascoltare, udire”.
      “Zis” può venire direttamente dal proto indoeuropeo, a quanto ne so, quanto essere un prestito greco (a orecchio mi ricorda il tracio..)

      Mi sembra piuttosto lontano dal greco miceneo, che, scrittura a parte, è immediatamente identificabile come greco.
      Boh?

      Mi incuriosisce quel “veinam” che se, e sottolineo se, vuol dire “mia”, esibirebbe una mutazione della m iniziale in v quando la parola fa parte di un costrutto, che trovo uguale nelle lingue celtiche moderne.

      • Mirkhond scrive:

        Grazie!
        Quindi si può respingere l’affermazione del Mommsen (il quale citava anche la teoria dell’affinità tra messapico e albanese che però negava).
        Del resto in passato è stata proposta un’origine epirota dei Messapi, giunti nel Salento attraverso il Canale d’Otranto, notando l’affnità tra i Calabri (un sottogruppo dei Messapi, stanziati sul versante adriatico salentino; l’altro gruppo i Sallentini, erano invece stanziati sul versante jonico), e una tribù balcanica, i Galabri che si pensava di provenienza epirota.
        Mentre invece una tribù con questo nome era stanziata in Dardania, nell’attuale Kosovo, e che viene ritenuta illirica o traco-illirica. Quindi in un’area abbastanza lontana dal mondo grecofono, Macedonia inclusa (sebbene i Dardani, di cui i Galabri costituivano un sottogruppo, furono spesso in conflitto con i Macedoni nel IV-II secolo a.C., fino alla sottomissione della Macedonia da parte di Roma nel 168 a.C.).

      • Peucezio scrive:

        Vabbè, Mommsen mica era un linguista.

        • habsburgicus scrive:

          Però Mommsen è talmente grande che è sempre a proprio rischio dissentire con lui, come disse qualcuno
          e sul fatto che non fosse linguista, ci sarebbe da discutere,,,
          in senso stretto, è così…ma si potrebbe avere qualche dubbio
          la sua edizione delle iscrizioni del Regno di Napoli del 1850 (soprattutto osche) fu LA PRIMA edizione scientifica di quel materiale
          il Mommsen dei 1840′ e primissimi 1850′ sapeva di linguistica “antica”, quanto se non più, dei più rinomati linguisti coevi !
          è peraltro vero che Mommsen da c.a 1855 non si occupò più, di solito, di questioni linguistiche..proprio in un’epoca in cui la linguistica paleoitalica .e non solo- iniziava a fare grandi progressi
          in più nel XX secolo la linguistica, ormai scienza “chiusa” (nell’ambito di processo di settorializzazione che ha riguardato ogni campo dello scibile umano…e forse non fu un bene, anche se era forse inevitabile), ha fatto tanti e tali progressi che le opinioni di Mommsen del 1848 sono di gran lunga obsolete..ma lo sarebbero anche quelle di Bopp se si fosse occupato dell’argomento ai suoi tempi 😀
          dunque il Mommsen del 1848 non ha grandissimo peso, e su questo vi è più o meno accordo, ma NON perché non fosse linguista, semplicemente perché (non per colpa sua) disponeva di un materiale infinitesimo di quello a disposizione degli studiosi oggi !

          • Mirkhond scrive:

            Ma qui non si mette in discussione il suo valore di storico, che pur con i progressi delle ricerche su Roma antica, non si può prescindere dalla sua opera che resta una pietra miliare sull’argomento.
            Semplicemente lui era convinto che il Messapico fosse una specie di greco arcaico, e a prova di ciò, osservava come la Japigia si sarebbe facilmente ellenizzata intorno al 400-350 a.C.
            Oggi invece tale giudizio non è accettabile, e si pensa che l’ellenizzazione della nostra regione fu più culturale che linguistica, e il Greco fu solo la lingua franca usata dalle elites locali per ragioni politiche e commerciali con l’estero, data la probabile difficoltà di traslitterare il linguaggio japigio.
            Del resto se lo stesso Messapico produsse solo iscrizioni funerarie o formule di ex voto, nonostante la precoce influenza greca e civilizzazione del suo territorio rispetto alla Peucezia e alla più lontana Daunia, non significa però che scomparisse per far posto al Greco anche nel linguaggio vernacolare, a maggior ragione poi nelle aree più centrali e settentrionali della Japigia meno o per nulla ellenizzate.
            Del resto non è affatto sicuro che il Messapico fosse la lingua di tutti gli Japigi, dato che le circa 600 iscrizioni in tale lingua sono quasi esclusivamente salentine, e scarse in Peucezia (che pure, sia pure più tardi della Messapia, ricevette anch’essa l’influenza della cultura greca).

  70. Mirkhond scrive:

    paleogreco

  71. Mirkhond scrive:

    Perché si parlava di Greci antichi. 🙂

  72. Mirkhond scrive:

    Maurizio

    Ho letto che a Lecce esiste una comunità arbereshe con una propria chiesa, San Nicola dei Greci.
    Questi Arbereshe leccesi sono i diretti discendenti degli Albanesi giunti nel Salento dopo la morte di Skanderbeg (1468) oppure si tratta di gente proveniente da altre regioni del Meridione, tipo Calabria o Sicilia?

    • Moi scrive:

      Ho provato a cercarla , ” chiesa, San Nicola dei Greci.” in Google … mi dà Altamura (BA), però !

      • Mirkhond scrive:

        Che era la chiesa della comunità romaica di rito bizantino di Altamura fino al 1601, quando fu imposto il rito latino a tutta la città pugliese.

    • PinoMamet scrive:

      Se cerchi “Chiesa greca Lecce” la trovi subito 😉
      (dice San Niccolò, non San Nicola, anche se suppongo sia la stessa persona…)

      Gli arbereshe salentini mi mancavano, sono meno noti dei famosissimi griki della Grecìa…

      • Mirkhond scrive:

        Attualmente non risulta una presenza arbereshe nel Salento, a parte la sovracitata chiesa di rito bizantino di Lecce.
        Nel XV-XVI secolo invece ce n’erano, anche se probabilmente furono assorbiti nell’ethnos salentino o in quello griko, a sua volta ormai quasi del tutto salentinizzato.
        Ecco perché ho chiesto se a Lecce sopravvive una comunità arbereshe antica, oppure si tratta di gente proveniente da altre aree meridionali.
        Sta di fatto che la chiesa di San Nicola, è l’unica chiesa cattolica di rito bizantino presente a Lecce, ed è la chiesa degli Arbereshe.
        Almeno così su wikipedia.
        Ma mi piacerebbe saperne di più.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Boh! Io ho scoperto che erano albanesi solo passandoci davanti per caso 😀

      Secondo Wikipedia sarebbero immigrati direttamente dall’Albania e mi sembra molto verosimile, visto che è il posto più vicino dove arrivare!

      • PinoMamet scrive:

        Il discendente del famoso Castriota Skanderbeg (e mio allievo), di cui porta entrambi i cognomi, proviene dall’area barese e non parla una parola di albanese né di arbereshe (si considera italiano al 100 per cento, direi);
        invece scopro di recente altri personaggi della mia cittadina che avrebbero origini almeno parzialmente arbereshe (immigrati dal Sud ai tempi che Berta filava).

        • Mirkhond scrive:

          E ci sono Pievetta e Bosco Tosca frazioni di Castel San Giovanni (Piacenza), l’insediamento arbereshe più settentrionale d’Italia a quel che mi risulta, anche se oggi non parlano più l’albanese tosco e sono pienamente lomb…ehm…emilianizzati.

  73. Mirkhond scrive:

    Preferisco Nicola, Niccolò mi da di veneziano. 🙂

  74. Mirkhond scrive:

    (dice San Niccolò, non San Nicola, anche se suppongo sia la stessa persona…)

    E’ lo stesso santo, Nicola di Mira, che è anche il patrono di Bari assieme a san Sabino e alla Madonna Metizzìa.

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