L’altro giorno facevo una lezione d’inglese a un’imprenditrice preoccupata per suo figlio ventenne un po’ visionario,m che lei vorrebbe avviare a studi tosti all’estero, mentre una persona invisibile gli avrebbe consigliato lo studio del turco. E così le ho raccontato ciò che avevo appena visto, nella Galleria degli Specchi.
Tra le innumerevoli fortune che hanno costellato la mia vita, c’è anche quella di capirci poco di arte.
Questo vuol dire che ogni volta che vedo un’opera che mi colpisce, ne rimango stregato come se fosse una novità sconvolgente.
Sono tre notti che mi sveglio a ore assurde, raffigurandomi le scene che ho rivisto l’altro giorno nella Galleria degli Specchi di Palazzo Medici Riccardi.
Verso le due, tre di notte, mi ritornano, in tutta la loro luminosità.
Partiamo da Luca Giordano, pittore napoletano.
Gli arriva una proposta che potremmo definire solo oscena.
Una famiglia di banchieri con pochi scrupoli, i Riccardi, gli propone di decorare la soffitta di una sala del loro palazzo, con un‘apoteosi, addirittura, di un’altra famiglia di banchieri con ancora meno scrupoli, i Medici, gentaglia che ha in mano tutti gli appalti della città.
Luca Giordano accetta.
Ora, la famiglia di strozzini che lo pagò, sarebbe incorsa in bancarotta un secolo e poco dopo; la famiglia di strozzini da apoteosizzare è sparita pure quella; però io, tre secoli e passa dopo, sogno ancora le immagini di Luca Giordano.
Luca Giordano mise al centro del soffitto, alcune figure svolazzanti, che avevano le facce dei governanti medicei, ma secoli dopo, chi li riconosce?
Mi chiedo piuttosto come abbia fatto a rappresentare perfettamente figure umane volanti e tridimensionali a testa in giù. Immaginatevi un cavallo che posa per questo:
Ma Luca Giordano, dopo aver creato in pochi giorni l’impossibile per cui l’avevano pagato, trasformò il soffitto nel racconto dell’intera esistenza di ciascuno di noi. Ci mise, dicono, appena cinque mesi.
A ovest, pose l’Antro dell’Eternità.
Non trovo alcuna immagine in rete in grado di renderne la particolarissima luce aurorale: un luogo che c’è e non c’è, che emana luminosità appena intuibile.
Riesco a decifrare appena una minima parte delle figure che Luca Giordano ha creato nel suo cielo.
Alla base, c’è un enorme serpente che si morde la coda, che sarà lo stesso che chiude la Storia infinita di Michael Ende.
Che finché si concentra tutto sul mordere, è così tranquillo che può accogliere il tizio barbuto che sta affidando me e te che leggi, ad Atropo, la tizia dall’aria professionale che con le forbici si prepara a tagliare la nostra esistenza; Cloto tiene in mano la rocca da cui dispensa la tua e la mia esistenza; e Lachesi, che ci fissa, la misura.
Ma quasi al centro, vedete imburqata, la figura senza volto di Demogorgon, origine velata di ogni cosa (accanto alla sua amica mezza nuda, che non ho idea chi sia).
Se ti permettono di sdraiarti per terra nella Galleria degli Specchi, guardando in alto, potrai seguire, in senso antiorario, il percorso della tua stessa vita.
Ci sono due animali, secondo la simbologia del Ripa. L’elefante, austero, campa di poco; e lo struzzo… chi se lo ricorda che fa?
Tutta l’energica violenza della tua e della mia e della nostra catastrofica giovinezza, si riassume nell’uccisione di Adone da parte del cinghiale:
Mi viene in mente un ragazzo di Roma, che lo chiamavano Falco delle stelle, e amava correre sulla Via Ostiense in mezzo alle macchine, senza sapere se ne sarebbe uscito vivo. E ve lo regalo come simbolo degli inizi di ciascuno di noi (ma cosa cerca di dirci quella figura china su Adone,che ci rivolge la nuca mentre guarda altre figure?).
Poi c’è il culmine erotico della nostra esistenza, quando tra le acque, avviene il matrimonio tra Nettuno e Anfitrite:
Immagino sempre Luca Giordano, a testa in giù su un’impalcaltura, che crea mari impossibili, e coglie il dettaglio degli sguardi dei cavalli, che mi sembrano più intensi di quelli umani.
Il trionfo di Bacco, innalzato sul suo carro, e l’illusione giovanile di cogliere l’infinito…
Ma guardo le figure in basso, e mi chiedo cosa voglia dirmi il signore che si mette il dito sulle labbra (e cosa mai tiene in mano il suo amico?), o la nave che sfida le onde, o la volpe, o quell’uomo con il serpente alla vita, sovrastato da un’aquila.
Se capissi tutto ciò che Luca Giordano mi voleva raccontare, la mia vita sarebbe diversa…
Piano piano ci avviciniamo alla svolta, che poi è semplicemente l’angolo della stanza, dove compaiono Ercole e la Fortezza, perché nell’immenso, acquatico sconquasso della nostra tragica esistenza, occorre un punto fermo. Colgo la corazza, il leone, la colonna, che mi fanno tremare un po’ di meno, ma chi sa quanto altro ci sarà, o chi sarà la tizia sfatta sotto la colonna.
e poi, all’estremo opposto dell’Antro dell’Eternità, compare Minerva, protettrice delle Scienze, che esiste anche questo nelle nostre vite.
E c’è qualcosa di fondamentale nella maniera in cui lei, con la sua aria da Dirigente Scolastica e il suo pratico martellino, consegna una sorta di chiave (peraltro simbolo araldico dei committenti del lavoro) al dio che cambia e sconvolge qualunque cosa. Con Minerva, pensavate di essere arrivati, all’apice, ma Ermete vi puà tradire…
E infatti, le prossime scene proseguono sulla quarta e ultima parete.
Leggo che sarebbero la Prudenza, e giustamente ogni immagine si accompagna al proprio contrario, qui ci sarebbe anche la Frode dai piedi biforcuti, ma non ne trovo l’immagine.
Poi c’è per tutti noi l’autunno…
Demetra madre vaga per il mondo alla ricerca della figlia scomparsa. Incontra Trittolemo e Cerere, e insegna loro le arti dell’agricoltura:
Sono proprio i colori che nell’ultima sera dell’anno, abbiamo visto da Bellosguardo (e sentite l’acqua che scroscia fredda dalla fontana…).
Ma ecco che Persefone fa la fine di tutte le fanciulle rapite, portata nelle tenebre del mondo dell’equinozio autunnale (esattamente di fronte al matrimonio di Nettuno e Anfitrite):
Nella mia ignoranza artistica, resto incantato da due figure: le arpie, diavolette-putti-con-le-tette, e poi a sinistra, la figura per me misteriosa di Ercole rivestito dalla pelle di leone, che affronta l’ultima prova, l’uomo con l’elmo che somiglia alla testa di un lupo.
Già sento il freddo dell’inverno… ed ecco infatti che arriva la scena più straordinaria di tutte:
Sappiamo dai documenti, che Luca Giordano, napoletano, ebbe dai suoi committenti del vero lapislazzuli, che proviene solo dalle miniere dell’Afghanistan, per produrre quel meraviglioso azzurro del cielo.
Ma guardate la nave di Caronte, con la sua tenebrosa passeggera donna dalle tette avvizzite (la mortessa, la conoscevate?), Cerbero dalle tre teste, ma in lontananza una caverna dalla strana luce, che appena si intuisce.
Avevo cominciato questo post, scrivendo che non riuscivo a trovare un’immagine che rendesse la luce aurorale dell’inizio di tutto il percorso.
Bene, questa immagine rende finalmente quella luce: perché quel luogo misterioso, dietro il cane tricipite, dove si intuiscono i fabbri che battono sull’incudine (conoscete il suono?), alla fine della tua e della mia vita, è lo stesso luogo, ha la stessa luce dell’Antro dell’Eternità. Basta girare l’ultimo angolo, e la Fine coincide con l’Inizio.
Non a caso, il grosso Serpente si morde la corda.
E niente mai perduto va
al centro tornerà…
Ma queste parole, sono molto più pesanti e noiose di quelle immagini.
Che bella persona doveva essere Luca Giordano, da giovane…
ma anche anni dopo, con i suoi buffi occhiali:
“la famiglia di strozzini da apoteosizzare è sparita pure quella;”
In realtà, sopravvive il ramo napoletano della famiglia, i Medici di Ottajano (oggi Ottaviano)
https://it.wikipedia.org/wiki/Medici_di_Ottajano
interessante!
il principe di Canosa vide in Luigi Medici di Ottajano, potente Ministro dal 1820 al 1830 circa, uno dei grandi corruttori della Monarchia dei Borbone
e altri, DOPO Canosa (che morì prima come notissimo) videro in questo Medici un antesignano di Don Libo’, cioè in pratica un affossatore occulto della Monarchia duosiciliana, una sorta di precursore di Garibba’ che però fu palese 😀
ah, gli stessi dicevano che Luigi Medici fosse un λγ dei :. 😀 😀 😀
Infatti era massone.
Meraviglioso!
mi accodo qui: meraviglioso davvero!
PS la morte, però, perchè farla diventare mortessa?
e il soffitto, non la soffitta
ciao
Per Francesco
“PS la morte, però, perchè farla diventare mortessa?”
Certo, era solo per sottolineare che è la prima volta che vedo la morte con le tette.
Fa un effetto strano.
La descrizione che fai della tua meravigliosa inesperienza mi ha ricordato le frasi della neoeletta deputata Madia.
C’è un tredduniòn aristocratico che vi unisce un pochino tutti, a voialtri toscani!
Per Z
“La descrizione che fai della tua meravigliosa inesperienza mi ha ricordato le frasi della neoeletta deputata Madia.”
E’ rivolto a me?
In tal caso, non capisco: io davvero ho idee molto confuse nel campo della storia della pittura.
E confondo allegramente Brunelleschi, Donatello, Michelangelo e De Chirico (o quasi).
“Luca Giordano” era per me più o meno il nome di una strada.
Marianna Madia, neoeletta, dichiarò di portare in dote la sua straordinaria inesperienza. O una cosa del genere.
Nel suo caso immagino fosse un discorso di rito, tipo, e non ci ho pensato granché. Oggi invece mi hai fatto riflettere sul fatto che l’inesperienza è effettivamente, a volte, un dono.
E poi niente, siete entrambi toscani 🙂
Per Z
“E poi niente, siete entrambi toscani ?”
Veramente Marianna Madia sapevo che era bisnipote dell’avvocato Titta Madia – combattente della Repubblica Sociale e grande nome di prestigio dell’MSI, membro di una potente famiglia di latifondisti calabresi (quelli che presero in mano il fascismo locale, facendo fuori le “teste calde” e anarcoidi in nome del Governo delle Persone Perbene).
Ah, per non farsi mancare niente, erano pure massoni: https://leorugens.wordpress.com/2017/11/21/e-morto-madia-nipote-del-penalista-e-importante-massone-calabrese-giovan-battista-madia-detto-titta/
Adesso ho visto su Internet, ricordavo bene: la Madia è nata a Roma.
Vabbe’ che il dialetto romano è vagamente parente di quello toscano…
E da quando conta la nascita?
Marianna Madia, come la conosciamo, si è formata a Lucca.
Tu sei nato a México DF ma ti sei formato a Firenze 🙂
Ora vi faccio una domanda, forse ne abbiamo già parlato ma non ricordo.
Vi chiedete mai perché vi piace quel che vi piace?
A scuola abbiamo imparato a scrivere e a spiegare le nostre opinioni, e va bene, ma i gusti sono una cosa diversa. Quando un’opera di qualsiasi tipo mi piace, perché mi piace? cos’è davvero che mi fa apprezzare quest’opera più di quella?
è una domanda complicata e ci devo pensare.
Ultimamente mi faccio spesso, però, un’altra domanda, forse collegata: cos’è che mi piace davvero ?
Perché col tempo mi accorgo che i miei gusti diventano più essenziali; riscopro cose che mi piacevano nell’infanzia più remota, prima dell’influenza di amici, tv ecc.;
e novità assolute (per me) che prima avrei ignorato; e insomma mi chiedo dov’è dentro di noi il centro delle cose che ci piacciono, per così dire, cosa ci piacerebbe davvero se nessuno venisse a tirarci per la manica e dirci questo è bello questo è brutto..
Uhm.
Personalmente credo di essere in grado di dire chi mi piace, o cosa mi piace, in un dato momento. Almeno nella più parte dei casi.
Non categorie, però, dico proprio persone e cose determinate: cioè quel tizio, quel gioco, quel quadro. E in un dato momento soltanto.
Ad esempio, al ginnasio i Doors non mi piacevano. Ho iniziato ad apprezzarli più tardi.
Ma se mi chiedono “perché ti piace quel gioco?” io non so rispondere. Cioè, sono in grado di argomentare, di dare una risposta ragionata da tema in classe: ma non di dirti il vero motivo. Perché quello manco io lo so…
Forse da piccoli, quando ci chiedevano “perché il film ti è piaciuto?” e restavamo perplessi su cosa rispondere, avevamo ragione noi ad essere perplessi!
Fatto sta che non saprei dire perché oggi mi piacciono i Doors e allora no.
Vorrei studiare la cosa per capirla meglio.
“Forse da piccoli, quando ci chiedevano “perché il film ti è piaciuto?” e restavamo perplessi su cosa rispondere, avevamo ragione noi ad essere perplessi!”
Secondo me hai ragione.
Ma ragionando così, temo che scopriremo che in fondo non ci piace niente.
Non perché siamo esteti o raffinati, tutt’altro: ma perché a ogni essere umano, le cose che piacciono, piacciono per una serie di motivi “altri”, che magari potrebbe riportare alla luce uno psicanalista, per chi crede in questo genere di cose;
e una volta riportate alla luce, perderebbero tutto il loro potere di seduzione.
E questo ci lascerebbe in un luogo desolato, ma anche liberi di scegliere, di volta in volta.
Chi era quel tizio che diceva “le donne belle sono per gli uomini con poca fantasia”?
L’estetica è un canone formale, eppure io credo che nei gusti c’entrino molto i simboli.
Sempre tenendo conto che è una questione di maturità e di quanto si è attrezzati.
A un bambino piacciono i colori accesi, la plastica, tutto ciò che un adulto di media cultura considera inguardabile.
Ma se uno potesse andare ancora oltre, troverebbe nel gusto dell’adulto dell’affettazione, dell’eccesso, dell’autocompiacimento, dell’estetismo vacuo.
E così via. All’infinito? O c’è un canone assoluto di bellezza?
Boh…
Io però, volendo rispondere alla domanda di Z., mi accorgo di come molto spesso i valori intrinseci diventino per me secondari rispetto a certe valenze.
È un tema interessante, sviluppalo se hai tempo!
Mah, si entra un po’ sul personale, se vuoi te lo spiego meglio in privato.
Hai ragione, in effetti… non sentirti obbligato a farlo, neppure in privato, se si tratta di cose di cui preferisci non parlare 🙂
In privato non ho il minimo problema.
D’altronde si tratta di gusti musicali (pensavo soprattutto a questi).
Un altro conto è parlarne al mondo intero.
Non sono assolutamente in grado di dire perché una cosa mi piace. Posso dire cosa mi piace di un film, di una canzone, di un libro, di un gioco, di una pietanza, ma non perché mi piace
Per roberto
“Posso dire cosa mi piace di un film, di una canzone, di un libro, di un gioco, di una pietanza, ma non perché mi piace”
In effetti. Però bisognerebbe riflettere su cosa abbiano in comune quegli elementi che piacciono.
Ho la sensazione che quelli che piacciono a me, ce li abbiano.
E quali sono? o almeno, quali sono quelli che hai individuato?
(sempre che non sia troppo personale)
Per Z
“E quali sono? o almeno, quali sono quelli che hai individuato?”
Sicuramente la sfumatura generale, quel particolarissimo colore che definirei autunnale (merito magari anche dell’illuminazione che è stata scelta per la Sala degli Specchi).
Credevo dicessi in generale, oltre all’opera che hai descritto!
Quando vengo a trovarti, comunque, mi ci porti 🙂
Cinque o sei stanze separano la Sala degli Specchi dalla Cappella dei Magi, dove si trova la Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli, una delle opere più famose del mondo, credo.
La Cavalcata ha colpito mia figlia con la stessa intensità con cui la Sala degli Specchi di Luca Giordano (che pochi conoscono) ha colpito me.
Quando esci dalla Cappella, devi girare a sinistra, perché se giri verso destra, finisci contro una porta dove c’è scritto PRIVATO, perché ci abita l* prefett* di Firenze, Laura Lega.
Per Moi: l’asterisco lo metto, perché “prefetta” mi sembra inoppugnabile ed è approvato dalla Crusca http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/femminile-questore-prefetto, per qualche strano motivo, la dottoressa Lega si presenta come “prefetto”, pare.
Poi un po’ mi faccio influenzare…magari se non ci fosse il contorno di amici e birra il rugby mi annoierebbe come il football americano
Per restare in tema temo di essere insensibile alla pittura. Quadri, dipinti, affreschi che mi abbiano veramente emozionato come racconta miguel si contano sulle dita di una mano mozza…qualcosa di Van Gogh (specialmente quando ha quei cieli con la luminosità del prima o dopo tempesta qui al nord), i mosaici della villa del casale….pochissimo altro
Vi chiedete mai perché vi piace quel che vi piace?
Sì, ma non ho trovato una risposta generale che vada bene sempre. Ma, del resto, mi sembra abbastanza difficile dare una risposta generale a tutto quello che può piacerci, dal gelato, all’aspetto fisico di una persona ad un’opera architettonica, anche se c’è sempre qualcosa collegato ad esperienze pregresse.
Per Z
“Vi chiedete mai perché vi piace quel che vi piace?”
Che bella domanda.
Ci provo, senza molta convinzione, riferendomi alle immagini di Luca Giordano.
Intanto, la luce, che è insieme chiara e lievemente malinconica, come un pomeriggio d’autunno.
Poi il fatto che quella che sembra una selva incomprensibile di figure, senza nulla di apparentemente simbolico a prima vista, in realtà abbia una chiave nascosta, che trasforma il senso di ciascuna figura.
gnostico!
😀 scusa, era una citazione da un articolo di Avvenire che mi ha fatto girare le palle
per la cronaca, credo sia dai tempi di Platone che anche i meglio filosofi cercano di rispondere
E’ una domanda che mi faccio spesso anch’io, ma a cui non ho mai saputo dare una risposta.
“cosa ci piacerebbe davvero se nessuno venisse a tirarci per la manica e dirci questo è bello questo è brutto..”
Se penso ai miei gusti femminili e artistici, debbo dire che sono sempre stati molto personali e difficilmente mi sono fatto influenzare dalle mode correnti.
“anche se c’è sempre qualcosa collegato ad esperienze pregresse.”
Questo, per esempio, mi capita nei miei gusti femminili.
All’origine c’è sempre un “archetipo” :), e tutte quelle che vengono dopo, mi piacciono perché in qualche modo somiglianti a quell’archetipo.
Leggevo, molti anni fa, che questa origine dei gusti femminili era considerata pressoché universale!
Mmmmm
arimmmm
sarebbe la madre? ma i miei gusti femminili sono praticamente l’opposto… aspetta, forse c’entra qualcosa, in effetti…
o sarebbe qualcos’altro?
Nel mio caso, no.
Almeno per l’estetica.
No nel senso che l’archetipo femminile non corrisponde a mia madre.
Esteticamente parlando.
no, credo sarebbe la prima vera sbandata pesante
ma mi pare una tesi strana
Mirkhond e gli altri,
“Questo, per esempio, mi capita nei miei gusti femminili.
All’origine c’è sempre un “archetipo” :), e tutte quelle che vengono dopo, mi piacciono perché in qualche modo somiglianti a quell’archetipo.”
Ecco, a me succede qualcosa di molto simile.
Però ho più di un archetipo.
Comunque a guardarla bene non ha tanto l’aria da Dirigente Scolastica quanto da DSGA!
A scuola per esempio mi faceva schifo e noia il Seicento e il Settecento.
Adesso invece provo un’attrazione strana per l’epoca barocca, specialmente nelle sue versioni occulte e spagnoleggianti, che a volte entrano nel mio immaginario onirico.
per i secchioni; Adone muore cadendo in acqua mentre si rimira, mentre quello ucciso da un cinghiale non è un altro, quello che aveva piantato la vigna nonostante l’avvertimento di un dio o un profeta? stava lì lì per bersi il primo vino quando gli dicono che c’è un cinghiale, lui piglia per andare a caccia e la bestiaccia lo ammazza
Quello annegato non era Narciso?
Adone mi risulta proprio ucciso dal cinghiale, a memoria
(ma non era l’unico a fare questa fine, ci sono un paio di altri racconti su brutti incontri con cinghiali).
però, non male confondere Narciso e Adone … sarà che non mi interesso di bei ragazzi
figuraccia del 2019 fatta!
🙁
Ma soprattutto Adonis è quello che sta per raccogliere la sfida del figlio di Ivan Drago… al cinema tra poco 😉
un telecronista parla espressamente di “Tragedia Shakespeariana” (Eventi Storici e Personali dei Personaggi fra 1985 e 2018) … NON è spoiler ! 😉
Ah pensavo che Demogorgon fosse un’invenzione di dungeons & dragons!
… io di Erripòtter ! 😉
https://www.youtube.com/watch?v=PNXfRd0EQh4
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* Non È Bello Ciò Che È Bello – Edoardo Bennato *
Io ragazzo di campagna
un po’ ingenuo, provinciale
tanti sogni nel cassetto
tanta voglia di cantare
E girando per il mondo
ho imparato a rispettare
i proverbi che mia nonna
mi faceva recitare
Moglie e buoi dei paesi tuoi
chi disprezza vuol comprare
ma il più divertente è uno in particolar
Non è bello ciò che è bello
ma è bello ciò che piace
sembra un gioco di parole
ma è la santa verità
Perché al cuor non si comanda
e non serve la ragione
perché ognuno ha le sue lune
la sua stella d’afferrar
Perché al cuor non si comanda
e non serve la ragione
perché ognuno ha le sue lune
la sua stella d’afferrar
Ogni giorno è un’avventura
non si smette di imparare
e per ogni passo falso
c’è uno scotto da pagare
Qualche volta questo scotto
l’ho pagato assai salato
e chi avuto avuto avuto
e chi ha dato ha dato ha dato
Ma di questa vita in musica
non mi posso lamentare
e a chi crede nell’amore
io continuerò a cantar
Non è bello ciò che è bello
ma è bello ciò che piace
sembra un gioco di parole
ma è la santa verità
Perché al cuor non si comanda
e non serve la ragione
perché ognuno ha le sue lune
la sua stella d’afferrar
In amor non ci sono regole
e non serve la ragione
perché ognuno ha le sue lune
la sua stella d’afferrar
In amor non ci sono regole
e non serve la ragione
perché ognuno ha le sue lune
la sua stella d’afferrar
la sua stella la sua stella
le sue lune la sua stella
la sua stella la sua stella
la sua stella d’afferrar
Miguel,
dobbiamo andare insieme a rivedere Luca Giordano. La guida di un ignorante curioso a un altro ignorante curioso mi sembra la migliore.
Tra i commenti mi colpiscono quelli che chiedono perché ci piace qualcosa. Mi pare che si potrebbe chiedere perché i gusti cambiano nel tempo (i nostri) e nello spazio (quelli degli altri). E trovare una qualche risposta nella “situazione” culturale, nella localizzazione spaziale e temporale delle cose e dei pensieri.