Cretini, cretoni e smartofoni

Questa è Tim Junior Pack Senza Limiti Under 12.

Da traduttore madrelingua inglese, sono relativamente sicuro che Under 12 si riferisca, non a una temperatura invernale ma a un’età anagrafica.

Tim ci informa che i giochi ci sono tutti.

So che sono tempi ipersensibili. Se mi chiami sudamericano, e invece essendo messicano sono nordamericano, ti potrei denunciare per avermi offeso (e ti potrebbero denunciare pure i peruviani per averli confusi con uno sgradevole messicano come me).

Quindi è possibile che qualche animo sensibile si preoccupi per videogiochi come Fortnite (che nelle scuole elementari e medie va per la maggiore oggi) che hanno come unico scopo uccidere nella maniera più atroce il massimo numero di esseri umani.

Tranquilli, però.

Ho letto da qualche parte che è dimostrato che i videogiochi riducono il pericolo di commettere atti concreti di violenza.

Infatti i figlioli e le figliole non si staccano dallo smartphone, né per andare a picchiare qualcuno, né per uscire con gli amici, né per studiare, né per mangiare, né per drogarsi, né per farsi mettere incinte.

Anche perché uno che sa soltanto spippolare su uno schermo non sarà mai capace, ad esempio, di fare un elegante furto con destrezza. Non ha nemmeno la vista tridimensionale, ormai.

Vedo che nella pubblicità della TIM, accanto alla frase Giga illimitati per chat, ci sono tre simbolini, che rappresentano rispettivamente Whatsapp, Messenger di Facebook e Snapchat.

Leggo che negli Stati Uniti, la Children’s Online Privacy Protection Act vieta tutti e tre ai minori di tredici anni (“under thirteen“, sarebbe).

Però Facebook negli Stati Uniti ha inventato una roba chiamata Messenger Kids e Snapchat ha fatto più o meno la stessa cosa, inventando SnapKidz.

Che conta sul fatto che i genitori pur di assicurare uno smartphone ai propri figli, sono disposti anche a scaricare Zuckerberg e affini da ogni responsabilità legale in merito.

Comunque, la TIM è in Europa, e in Europa l’età minima per andare su Whatsapp è salita, alcuni mesi fa, da tredici a sedici anni.

Qualunque genitore sa che gli altri genitori dicono che gli smartphone piovono addosso ai bambini dal cielo: e se ce li hanno tutti, come posso dire di no?

Il problema è che i bambini, tranne rari casi di persone che sviluppano capacità commerciali in età precoce, non hanno di solito i mezzi economici per comprarsi strumenti in grado di andare su Whatsapp.

A comprarglieli quindi sono i genitori e spesso i nonni, nel segno del peculiare tradizionalismo italico, riassumibile in questa frase:

“per la prima comunione, si è sempre regalato lo smartphone al nipotino, chi sei tu che osi interrompere questa tradizione?”

(il vantaggio di un’educazione laica…)

Sapete che da qualche anno, la categoria degli psicologi precari, passata la moda di fare i mercenari nella guerra contro il satanismo pedofilo, si dedica a combattere il cyberbullismo.

Nell’episodio medio di cyberbullismo, troviamo all’opera quattro personaggi.

C’è il dodicenne con i primi brufoli che dice che la dodicenne che sta iniziando a truccarsi la dà a tutti.

C’è la dodicenne accusata di darla a tutti, che piange quando va su Whatsapp e legge gli insulti del brufoloso.

Poi c’è il babbo/mamma del dodicenne con i brufoli.

E il babbo/mamma della dodicenne con il trucco sciupato dal pianto.

Tra il/la dodicenne che fa il cretino e i’ su babbo che ha fatto il cretone regalandogli lo smartphone e permettendogli di usare un’identità falsa per andare su Whatsapp facendo finta di avere più di sedici anni, un buon giudice dovrebbe avere ben chiaro chi merita la punizione più grave. E badate che lo stesso principio dovrebbe valere per il babbo della vittima.

Però capisco, il sangue non è acqua.

Ci sono tanti affettuosi babbi e mamme che ci tengono davvero che la figlia undicenne non si annoi a studiare o a esplorare la città in cui vive, ma passi la maggior parte del suo tempo a scambiarsi foto ammiccanti e a piangere perché c’è gente in Indonesia che le dice “your boobs are f… ugly!” (utilissimo peraltro per imparare l’inglese dal vivo).

Per fortuna che TIM come sempre è dalla parte dei genitori premurosi che aiutano i bambini a diventare grandi.

 

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58 risposte a Cretini, cretoni e smartofoni

  1. werner scrive:

    Chapeau… ?

  2. Z. scrive:

    C’è una differenza:

    – il cyberbullismo esiste, e pare sia diffuso;
    – il satanismo pedofilo non esiste.

    Via, non è una differenza da niente.

    • paniscus scrive:

      – il cyberbullismo esiste, e pare sia diffuso;
      —————————

      Il cyberbullismo si previene togliendo di mano lo smartphone ai dodicenni, o meglio EVITANDO a priori di darglielo in mano prima ancora che siano dodicenni.

      E in questo, la responsabilità è unicamente dei genitori.

      Non della società, non della scuola, non degli amici, non dei genitori degli amici, non della pubblicità, non delle multinazionali, non del governo, non degli extraterrestri e non delle scie chimiche: la responsabilità individuale, per ogni singolo ragazzo interessato, è dei genitori dell’interessato stesso.

      Si decidono ad accollarsela, o no?

      • Z. scrive:

        Dai prof, non arrabbiarti così!

        Allora, anzitutto, a differenza del pedosatanismo, il fenomeno esiste. E questo è un fatto.

        Poi non riguarda solo i dodicenni, e anche questo è un fatto.

        Sui dodicenni e infradodicenni con smartphone, poi, la penso come te. E questa invece è un’opinione (poco diffusa, pare).

        Considerato quanto tempo ci passano gli adulti, però, non mi stupisce che ci parcheggino davanti i pargoli.

        • paniscus scrive:

          “Considerato quanto tempo ci passano gli adulti, però, non mi stupisce che ci parcheggino davanti i pargoli.”
          ———————-

          E proprio in questo consiste la mia obiezione principale: ossia, contro l’idea che l’inevitabilità della dipendenza da smartphone e dal suo uso compulsivo sia automatica (e che quindi, in seconda battuta, sia automatico anche trasmetterla ai figli).

          Quello che vorrei sostenere con forza io (pur essendo perfettamente consapevole che sia una visione di minoranza), è proprio che questo automatismo obbligato non esiste.

          E che quelli che dicono di essere stati condizionati da un automatismo obbligato, raccontano balle, o comunque si attaccano a una scusa bella e buona, per non assumersi la responsabilità di una scelta.

          Che piaccia o no, possedere lo smartphone non è obbligatorio… e anche per chi lo possiede, non è obbligatorio usarlo come strumento di flusso infinito di messaggi sui social.

          Deve essere chiaro che quello di usare o non usare uno smartphone, non è un destino ineluttabile contro il quale non si può resistere, ma è comunque una ben precisa SCELTA, di cui è il caso di prendersi le responsabilità nel bene e nel male.

          E in particolare, la decisione di concederlo o non concederlo ai figli, ed eventualmente a quale età farlo…

          …anche quella, comunque la si veda, è sempre una scelta, di cui bisogna prendersi la responsabilità diretta, e non certo un obbligo inevitabile (per cui, “siccome lo fanno tutti”, allora la responsabilità non è di nessuno).

          L’argomentazione secondo cui “ma io non l’ho mica fatto per scelta, l’ho dovuto fare per forza, perché lo facevano tutti“, non regge.

          Lo vogliamo ammettere?

          • roberto scrive:

            “è una SCELTA”

            sono d’accordo.

            a questo punto però chiedo una GIUSTIFICA (parlando con un insegnante) per la mia scelta di fornire di smartphone la figlia allo scoccare del dodicesimo compleanno.

            la giustifica è richiesta per la seguente ragione:

            giorno 1 : festicciola di compleanno organizzata via whatsapp della quale la pargola viene a sapere a cose fatte

            diciamo agli altri genitori: magari la prossima volta scrivete direttamente a noi genitori invece che lasciare l’incombenza ai figli di mandare gli inviti

            giorno 2 : prof manda una comunicazione su whatsapp per il giorno dopo (portate x invece di y)

            diciamo alla prof: magari la prossima volta scriva direttamente a noi genitori (abbiamo una cazzo di lista e-mail e telefono fatta apposta, brutta deficente) invece che lasciare l’incombenza ai figli

            giorno 3 : festicciola di compleanno organizzata via whatsapp della quale la pargola viene a sapere a cose fatte

            diciamo agli altri genitori: magari la prossima volta scrivete direttamente a noi genitori invece che lasciare l’incombenza ai figli di mandare gli inviti

            giorno 4 : è sabato è incredibilmente c’è il sole, i bambini voglio incontrarsi per andare a giocare nel bosco. tutto organizzato via whatsapp. la pargola viene a sapere a cose fatte

            diciamo agli altri genitori: magari la prossima volta scrivete direttamente a noi genitori invece che lasciare l’incombenza ai figli di mandare gli inviti

            giorno 5 : festicciola di compleanno organizzata via whatsapp della quale la pargola viene a sapere a cose fatte

            diciamo agli altri genitori: magari la prossima volta scrivete direttamente a noi genitori invece che lasciare l’incombenza ai figli di mandare gli inviti

            Giorno 6: compriamo uno smartphone alla pargola

            (e sto parlando di una ragazzina veramente ben inserita nella classe, figuriamoci un caso un po’ più complicato di una ragazzina timida o che sta un po’ in disparte)

            tutto questo per dire: certo è una SCELTA, ma siamo sicuri che “l’ho dovuto fare per forza, perché lo facevano tutti” non abbia comunque un fondo di corrispondenza alla realtà?

            io capisco che socraticamene bisognerebbe fregarsene di ogni tipo di pressione sociale, ma di socrate ne è esisito uno (ed è pure morto male). il resto degli esseri umani è alla mercé delle pressioni sociali, come degli eventi atmosferici. puoi scegliere come adattarti ma se piove, piove

            • Miguel Martinez scrive:

              Per roberto

              “tutto questo per dire: certo è una SCELTA”

              Prova a dire ai genitori che il minimo problema che dovesse succedere, saranno legalmente responsabili di aver permesso alle loro dodicenni di usare Whatsapp.

              E agli insegnanti che saranno legalmente responsabili per aver comunicato con dodicenni su Whatsapp sapendo che avevano dodici anni.

              In Italia almeno la paura della denuncia fa miracoli.

              Ah, c’è il figlio di una mia amica, un ragazzo di ventun anni, che mi ha fatto vedere il suo primo smartphone: ce l’ha da sei mesi.

              Studiando medicina all’Università di Verona, ha quindi perso la possibilità di partecipare a un gruppo Whatsapp dei suoi colleghi dedicato interamente a insultare uno studente albanese.

              • Miguel Martinez scrive:

                Leggo:

                https://www.generazioniconnesse.it/site/it/cyberbullismo-scuole/

                “Se [il minore] non ha compiuto i 14 anni, non risponde penalmente per l’evento, ma i genitori saranno tenuti al risarcimento del danno, per presunta “culpa in educando”, così come previsto dal codice civile per i fatti commessi dal figlio. Non c’è responsabilità penale dei genitori perché la responsabilità penale è personale.

                Se i genitori riescono fornire la prova di aver fatto di tutto per impedire il fatto, possono essere esonerati dall’obbligo di risarcire il danno causato dal figlio. Ma questo tipo di prova è molto difficile da produrre, perché significa poter dare evidenza certa:

                di aver educato e istruito adeguatamente il figlio (valutazione che viene dal giudice commisurata alle circostanze, ovvero tra l’altro alle condizioni economiche della famiglia e all’ambiente sociale a cui appartiene),
                di aver vigilato attentamente e costantemente sulla sua condotta,
                di non aver in alcun modo potuto impedire il fatto, stante l’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa. Qui va precisato che una condotta come ad esempio il cyber-bullismo, per sua definizione reiterata, difficilmente sarebbe considerata fatto repentino e imprevedibile, in virtù del quale si possa riconoscere l’esonero di responsabilità del genitore.”

                Insomma, il genitore deve dimostrare di essere innocente… ma quale dimostrazione migliore che poter dire, “non gli ho mai dato uno smartphone”?

              • Miguel Martinez scrive:

                https://www.generazioniconnesse.it/site/it/cyberbullismo-scuole/

                “Se [il minore] non ha compiuto i 14 anni, non risponde penalmente per l’evento, ma i genitori saranno tenuti al risarcimento del danno, per presunta “culpa in educando”, così come previsto dal codice civile per i fatti commessi dal figlio. Non c’è responsabilità penale dei genitori perché la responsabilità penale è personale.

                Se i genitori riescono fornire la prova di aver fatto di tutto per impedire il fatto, possono essere esonerati dall’obbligo di risarcire il danno causato dal figlio. Ma questo tipo di prova è molto difficile da produrre, perché significa poter dare evidenza certa:

                di aver educato e istruito adeguatamente il figlio (valutazione che viene dal giudice commisurata alle circostanze, ovvero tra l’altro alle condizioni economiche della famiglia e all’ambiente sociale a cui appartiene),
                di aver vigilato attentamente e costantemente sulla sua condotta,
                di non aver in alcun modo potuto impedire il fatto, stante l’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa. Qui va precisato che una condotta come ad esempio il cyber-bullismo, per sua definizione reiterata, difficilmente sarebbe considerata fatto repentino e imprevedibile, in virtù del quale si possa riconoscere l’esonero di responsabilità del genitore.”

                Insomma, il genitore deve dimostrare di essere innocente… ora, l’unica prova che a me viene in mente è, se non ha mai dato uno smartphone al figliolo.

              • roberto scrive:

                ““non gli ho mai dato uno smartphone”?

                vabbé e lui bulla per telefono fisso, o via mail, o prendendo in prestito lo smartphone di un 16enne, o mandando lettere anonime, o per telegrammi o piccioni viaggiatori, che fai dici “non gli ho dato ‘o smartephonne e sono apposto”?

                dai, non diciamo sciocchezze!

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Roberto

                “vabbé e lui bulla per telefono fisso”

                Beh, se lui ha fatto il cyberbullo rubando lo smartphone di un altro, direi di sì, sono apposto.

                Tanto qui stiamo parlando di cyberbullismo, non di altre forme che sono sempre esistite.

              • roberto scrive:

                e il cyberbullo che usa una mail?
                qui la scuola da un indirizzo mail a tutti i bambini a partire dalla prima secondaria (cioè 11 anni)

                il cyberbullo che usa il computer di casa per crearsi una mail e cyberbullare?

                secondo me tu sbagli a fare una guerra ad uno strumento, e credo che un genitore dovrebbe fare qualcosa di più o di diverso che limitarsi a dare o rifiutare il consenso ad usare un mezzo invece che un altro

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “secondo me tu sbagli a fare una guerra ad uno strumento”

                Come dice la NRA, “Guns Don’t Kill People, People Do”

                Il punto non è l’oggetto fisico (il fucile), ma quello che ha dentro (proiettili o “social”), rispetto alla maturità di chi lo tiene in mano.

                Se un bambino strilla una minaccia dalla finestra a un altro bambino, la cosa ha un impatto diverso che se va su Facebook, Youtube, Whatsapp, Snapchat eccetera e lo fa.

                Se pensiamo a come politici navigati riescono ad autodistruggersi dicendo una sciocchezza su tali media, immaginiamo il danno che può fare a se stesso e ad altri, magari per il resto della propria vita, un dodicenne.

            • roberto scrive:

              Miguel

              “Prova a dire ai genitori che il minimo problema che dovesse succedere, saranno legalmente responsabili di aver permesso alle loro dodicenni di usare Whatsapp”

              non vivo in italia, non c’è questa paranoia legalista che avete gù da voi, tant’é che quando whatsapp ha messo il limite legale a 13 anni se ne sono fottuti allegramente tutti

              ma poi “legalmente responsabile” concretamente che vuol dire?
              ti fanno un processo e vai in prigione? mavalà…tuo figlio ti farà un processo? mavalà di nuovo….

              la posizione dell’insegnante è un pochino diversa in effetti. Oltretutto oltre ad avere una lista di contatti dei genitori, c’è un bellissimo sito della scuola dove tu insegnante scrivi una cosa (compiti, note, comunicazioni) ed io genitore ricevo la comunicazione (rectius, una mail che mi dice di andare a vedere sul sito). solo che la tipa era troppo pigra per usare il sito (che è facilissimo ma devi essere seduto davanti ad un computer), troppo scema per capire cosa stava faendo (oltre a raccogliere illegalmente numeri di telefono degli studenti…). vuoi che ad uno troppo pigro e troppo scemo faccia paura l’espressione “legalmente responsabile”? ripeto, non siamo in italia….

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “non vivo in italia, non c’è questa paranoia legalista che avete gù da voi, ”

                Questo può darsi.

                A volte fa bene 🙂

              • paniscus scrive:

                ” solo che la tipa era troppo pigra per usare il sito (che è facilissimo ma devi essere seduto davanti ad un computer), troppo scema per capire cosa stava faendo (oltre a raccogliere illegalmente numeri di telefono degli studenti…).”
                ————–

                E di fronte a un insegnante talmente scemo da non rendersi conto che raccogliere numeri di telefono privati di alunni minorenni è inaccettabile, e che continua a farlo allegramente, strafregandosene dell’inconsapevolezza dei ragazzini stessi, tu non ti incazzi e non fai una protesta formale alla scuola?

                Io la farei eccome…

              • Roberto scrive:

                Certo che mi incazzo, ma invece che fare una protesta formale alla scuola che non serve ad una beneamata mazza di nulla, vado a parlare con la tizia è le spiego energicamente le mie ragioni. Non serve ovviamente a nulla nemmeno questo (vabbè nel nostro caso ha smesso), ma almeno mi sfogo

            • paniscus scrive:

              per Roberto:

              “giorno 2 : prof manda una comunicazione su whatsapp per il giorno dopo (portate x invece di y)”

              Diffida immediata all’insegnante per aver usato un gruppo di comunicazione privata come sostituzione di canali di informazione formali previsti dalla scuola.

              Se fosse successo alla mia, di figlia, una contestazione formale dell’insegnante, messa a protocollo alla scuola in maniera che il preside o il consiglio di classe fossero obbligati a rispondere, non gliela toglieva nessuno.

              E comunque, l’insegnante che si mette personalmente su un gruppo whatsapp di dodicenni è inqualificabile a prescindere.

              Per quanto riguarda le festicciole private: io ho sempre educato i miei figli al concetto che se certi “amici” si dimenticano di avvertirti, vuol dire che non sono amici, ed è meglio perderli che trovarli.

              Incidentalmente, ai nostri figli non è mai successo

              (e se fosse mai successo, avremmo piantato con i genitori dei responsabili un casino che la metà basta, PRETENDENDO trasparenza di comunicazione per altre vie… invece che utilizzarlo come pretesto per comprare immediatamente lo smartphone al figlio sentendoci sollevati dalla responsabilità della scelta, in base alla scusa sospirosa che “eravamo contrari, ma purtroppo siamo stati obbligati”).

              “il cyberbullo che usa il computer di casa per crearsi una mail e cyberbullare?”

              Il computer di casa si presume che sia controllato da un adulto, che eventualmente può metterlo anche a disposizione del figlio per farsi una casella email autonoma, ma che continua a mantenere il controllo su come questa viene usata, e che può eventualmente scegliere se e quanto limitargliene l’uso.

              Non escludo che, anche in quelle condizioni, l’astutissimo e malfidatissimo dodicenne nativo digitale possa provare a escogitare trucchi raffinatissimi per eludere la sorveglianza del genitore…

              …ma i danni saranno sempre piuttosto limitati, in confronto al dodicenne libero di collegarsi in rete e di frequentare i social 24 ore su 24, comprese le ore in cui è fuori di casa e lontanissimo dal controllo dei genitori.

              • Roberto scrive:

                “(e se fosse mai successo, avremmo piantato con i genitori dei responsabili un casino che la metà basta, PRETENDENDO trasparenza di comunicazione per altre vie… ”

                Con affetto ma siete dei rompipalle. Mi immagino la mia faccia se una viene da me a dirmi “io PRETENDO” 🙂

              • Roberto scrive:

                “Se fosse successo alla mia, di figlia, una contestazione formale dell’insegnante, messa a protocollo alla scuola in maniera che il preside o il consiglio di classe fossero obbligati a rispondere, non gliela toglieva nessuno.”

                Per curiosità, poi che succede? L’insegnante subisce una qualsiasi conseguenza?

              • paniscus scrive:

                “Per curiosità, poi che succede? L’insegnante subisce una qualsiasi conseguenza?”
                ————————–

                Non mi interessa che l’insegnante subisca qualche conseguenza (nel senso di punizione),

                mi interessa che sia richiamato al suo obbligo professionale di usare gli strumenti di comunicazione ufficiali previsti dal regolamento scolastico e che sono accessibili a TUTTI allo stesso modo, invece di usare canali di comunicazione privata al di fuori delle norme.

  3. Roberto scrive:

    Miguel

    “Nell’episodio medio di cyberbullismo, troviamo all’opera quattro personaggi”

    Il bullismo medio riguarda dodicenni?
    Riguarda un bullo ed una vittima?

    • PinoMamet scrive:

      Il bullismo medio riguarda i dodicenni.
      Il bullismo medio superiore riguarda i quindicenni.

      • roberto scrive:

        giusto

        tra l’altro devo anche ammettere che sta storia del bullismo dei bambini mi è particolarmente antipatica.
        alla scuola dei mei hanno iniziato a fare una capa tanto ai bambini a partire dai sei anni con lezioni antibullismo, temi su bullismo, conferenze sul bullismo, al punto che ormai qualsiasi minimo litigio tra bambini diventa automaticamente bullismo (con tanto di intervento di uno psicologo, e per di più lo psicologo interviene senza dire nulla alle famiglie, il che mi pare un vero delirio). mi sembra quasi che la scuola suggerisca come bullare….

        • paniscus scrive:

          “hanno iniziato a fare una capa tanto ai bambini a partire dai sei anni con lezioni antibullismo, temi su bullismo, conferenze sul bullismo, al punto che ormai qualsiasi minimo litigio tra bambini diventa automaticamente bullismo”
          —————————–

          successo anche a noi, pochi giorni fa 🙁

  4. Miguel Martinez scrive:

    Nei primi giorni della scuola media, noi si è provveduto a inviare questo avviso a tutti gli altri genitori:

    “Ci è stato riferito di un piccolo episodio di insulti tra alunni della classe su una chat, si presume si tratti di un gruppo Whatsapp.

    Tale episodio sarebbe stato poi sottoposto all’attenzione della Dirigente Scolastica.

    Senza voler ingigantire nulla, temiamo che ci sia un fraintendimento di fondo, a cui dobbiamo stare tutti molto attenti.

    Si fa presente che, nello scorso mese di aprile, Whatsapp ha fissato a sedici anni l’età minima per l’utilizzo della piattaforma nell’Unione Europea.
    Tale provvedimento è stato preso per uniformarsi al regolamento europeo sui dati della privacy (GDPR).

    Esistono deroghe, purché sia comprovato il consenso informato dei genitori, con la loro assunzione di responsabilità in caso di contestazioni.

    Se un bambino di 11 anni ha un profilo su Whatsapp, i casi sono due:

    – o il genitore ha permesso al figlio di mentire sull’età per registrarsi con un profilo autonomo,

    – o lo stesso genitore ha consapevolmente sottoscritto un’assunzione di responsabilità personale su tutto ciò che il figlio fa su Whatsapp.

    Pertanto, sarebbe importante ricordare che, in caso di comportamenti scorretti su Whatsapp da parte di minori di 16 anni (compresi eventuali casi di offese, bullismo o diffamazione), la responsabilità civile e anche penale ricade automaticamente sui genitori dei ragazzi coinvolti, non solo dell’autore dell’abuso, ma anche di chi lo subisce, in quanto i suoi genitori si sono presi la responsabilità di consentire al figlio di aprire un profilo whatsapp.

    In nessun caso si può attribuire responsabilità all’istituzione scolastica, o aspettarsi che questa si prenda carico di risolvere il problema. “

    • roberto scrive:

      “o lo stesso genitore ha consapevolmente sottoscritto un’assunzione di responsabilità personale su tutto ciò che il figlio fa su Whatsapp.”

      sicuramente sbaglio, ma questa frase non ha nessun senso giuridico.

      se da genitore esprimo il mio consenso a che mio figlio apra un profilo whatsapp, non mi assumo la responsabilità di tutto quello che fa su whatsapp, ma semplicemente acconsento a che whatsapp possa trattare i dati personali di mio figlio

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “ma semplicemente acconsento a che whatsapp possa trattare i dati personali di mio figlio”

        Quindi può fare quello che vuole, il figlio.

        • roberto scrive:

          non ho detto questo.

          ho detto che firmando un modulo per il consenso al trattamento dei dati di mio figlio, non mi assumo la responsabilità di qualsiasi cosa che mio figlio farà (anche perché ce l’ho già in qualche modo)

          aggiungo che negando il consenso all’uso di whatsapp non ho esaurito il mio ruolo di genitore….spero che non ci sia nessuno che dica “ah ma io non ho dato il cellulare a mio figlio ergo non sono responsabile di nulla”

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            ““ah ma io non ho dato il cellulare a mio figlio ergo non sono responsabile di nulla””

            Io sì.

            Se io spiego chiaramente e ripetutamente perché sono contrario a Facebook e affini.

            Se io non do il cattivo esempio usandoli.

            Se non do ai figlioli i mezzi per usarli.

            E poi il figliolo ruba un cellulare a un compagno e lo usa per mandare minacce a un altro bambino…

            beh, ho qualche responsabilità in meno dei genitori che danno lo smartphone al figlio a dieci anni. E se do il consenso al suo utilizzo di Whatsapp, dimostro invece di accettare almeno potenzialmente tutte le conseguenze.

            • roberto scrive:

              miguel,

              se tu fai tutte quelle cose, non ti sei limitato a “non dare il cellulare ai tuoi figli”, ma hai svolto il tuo compito di educatore al meglio
              poi tu stesso dici ” ho qualche responsabilità in meno” il che implica che se nonostante tutto se tua figlia ruba un cellulare qualche problema te lo poni.

              per me,
              se io spiego chiaramente e ripetutamente perché mi piace Facebook e come lo si deve usare correttamente e se do il buon esempio usandolo per benino, do ai figlioli i mezzi per usarlo correttamente e spero non avranno mai voglia né di rubare il cellulare né di mandare minacce telematiche o meno.

              • Miguel Martinez scrive:

                Stamattina, tre ragazzini di prima media si sono messi nei corridoi a fare i selfie, e se li sono postati poi su Facebook.

                Un’attività del tutto innocua.

                Soltanto che è vietata.

                Ora, sicuramente – siccome gli smartphone non piovono dal cielo – sono i genitori che glieli hanno comprati.

                Sono i genitori che hanno permesso che se li portassero a scuola, nonostante sia proibito utilizzarli a scuola.

                Sono i genitori che hanno pagato loro la ricarica in modo che potessero postare le foto su Facebook.

                E se i bambini hanno dei profili su Facebook, o i genitori hanno permesso che i ragazzi mentissero sulla propria età, oppure hanno garantito per loro.

                E garantendo per loro, hanno permesso che i bambini facessero qualcosa che violava l’esplicito “patto di corresponsabilità scuola-famiglia” firmato dai genitori stessi.

                Quindi i genitori hanno già commesso una serie di irregolarità, pur di mettere uno smartphone in mano ai figlioli.

                Se succede qualcosa di più grave a questo punto, sappiamo di chi è la responsabilità.

                A voglia a lamentarsi che è “colpa della scuola che non educa”, “colpa del fatto che tutti ce l’hanno”, “colpa della cultura maschilista”, “colpa del Sessantotto”.

              • roberto scrive:

                “nonostante sia proibito utilizzarli a scuola.”

                tralascio il resto perché ormai le nostre posizioni sono chiare e possiamo esprimere il nosro agree to disagree, ma su questo punto?
                la scuola non può applicare il suo divieto?
                da noi succede così.
                divieto di portare una cosa a scuola comunicato a genitori e famiglie -> oggetto proibito entra -> oggetto proibito viene sequestrato -> i genitori vengono avvertiti e devono andare loro a recuperare l’oggetto proibito.

                cosa c’è di irrealizzabile in questa semplicissima procedura?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “cosa c’è di irrealizzabile in questa semplicissima procedura?”

                In effetti, non sarebbe male. Poi ci sono genitori che minacciano di denunciare per furto gli insegnanti che osano sequestrare cellulari, ma credo che avvenga solo alle superiori. Per ora.

              • PinoMamet scrive:

                “cosa c’è di irrealizzabile in questa semplicissima procedura?”

                Niente, e infatti è la stessa procedura che si usa qua.

              • Z. scrive:

                Miguel,

                — beh, ho qualche responsabilità in meno dei genitori che danno lo smartphone al figlio a dieci anni. —

                Ti dico la mia: più che essere meno responsabile, avresti una responsabilità differente che andrebbe valutata in concreto.

                Probabilmente, ceteris paribus, sarebbe più facile difenderti: è probabile che tuo figlio abbia rubato quel cellulare indipendentemente dal tuo volere. E anzi, ancora più probabilmente, addirittura contro il tuo volere.

                Mentre se gli hai messo in mano il cellulare e gli hai installato questo e quello, allora lo sta usando grazie a te: al più, lo sta usando diversamente da come vorresti.

              • paniscus scrive:

                “se io spiego chiaramente e ripetutamente perché mi piace Facebook e come lo si deve usare correttamente e se do il buon esempio usandolo per benino, do ai figlioli i mezzi per usarlo correttamente”
                —————-

                Rimane il fatto che se consenti loro di aprirsi un profilo su facebook al di sotto del limite di età previsto, commetti comunque una grave scorrettezza e dai un pessimo esempio educativo.

              • Roberto scrive:

                E vabbè sopravviverò ed i miei figli pure, spero….

                Tendo comunque ad essere dell’idea che è molto più educativo e costruttivo spiegare come funziona una cosa, quali sono i rischi, cosa fare o non fare e perché, almeno sono abbastanza sicuro che quando giro la testa la prole sappia come comportarsi. Il semplice divieto, spiegato finché vuoi lascia sempre il gusto del proibito

                (Però ragazzi quelli che considera la legge sacra dovrei essere io, mi rubate il ruolo così….)

              • Roberto scrive:

                Pino,

                Apparentemente a Firenze è impossibile sennò i genitori ti denunciano per furto

              • paniscus scrive:

                “se io spiego chiaramente e ripetutamente perché mi piace Facebook e come lo si deve usare correttamente e se do il buon esempio usandolo per benino, do ai figlioli i mezzi per usarlo correttamente”
                ————————-

                Lo stesso vale, che so, anche per la guida di veicoli a motore.

                Se ne deduce che sia giusto insegnare a un figlio di 10 anni a guidare un motorino, o a un figlio di 13 anni a guidare un’automobile?

                E che sia giusto mettergli materialmente in mano quei mezzi, anche se le regole lo vietano…

                … solo perché tanto si è convintissimi, in coscienza, di “avergli insegnato come si usano correttamente”?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Paniscus

                “Immagino che sia inutile provare a spiegare perché guidare un motorino a dieci anni sulla strada pubblica e usare WhatsApp a 12 anni non siano esattamente la stessa cosa….”

                Da mezzo americano, capisco le ragioni della vasta parte di popolazione statunitense che sostiene che le armi di fuoco di per sé non hanno mai ucciso nessuno.

                E che la cosa importante sia educare a come usarle.

                E che è bene farlo dando l’esempio, preferibilmente in giovane età.

                E che la maggior parte di quelli che possiedono armi da fuoco non hanno mai ucciso nessuno: se lo avessero fatto, gli Stati Uniti si sarebbero estinti.

                E che comunque il diritto primario dell’essere umano – molto prima di quello di studiare o avere un equo processo o votare o amenità simili – sia quello di difendersi.

                Sono tutti ragionamenti forti e sensati, fatti da persone sostanzialmente buone.

                Resta il fatto che un oggetto potente in mano a una persona ancora poco cosciente, costituisce un rischio non indifferente.

              • Roberto scrive:

                Immagino che sia inutile provare a spiegare perché guidare un motorino a dieci anni sulla strada pubblica e usare WhatsApp a 12 anni non siano esattamente la stessa cosa….

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Immagino che sia inutile provare a spiegare perché guidare un motorino a dieci anni sulla strada pubblica e usare WhatsApp a 12 anni non siano esattamente la stessa cosa….”

                Te lo spiego io.

                Il motorino serve a uno scopo molto specifico: andare da X a Y.

                Le regole sono molto semplici.

                Una volta parcheggiati, finisce lì.

                A parte la brutta specie degli automobilisti, non è che ci si complichi più di tanto la vita con gli altri.

                Non ci sono hacker cinesi pronti a spillarti il carburante con un trucco a cui non ci arriveresti mai.

                Il giro sul motorino da Porta San Frediano a Novoli il 5 dicembre 2018 dalle 14.51 alle 15.28, finisce tra Porta San Frediano e Novoli tra le 14.51 e le 15.28: non ne rimane traccia eterna in Alaska o in Indonesia, dove tra vent’anni te lo ricordano e ti rovinano la possibilità di lavorare.

                Ah, poi, una volta su centomila, puoi anche fare un incidente con il motorino.

              • Roberto scrive:

                Dai un decenne un motorino e vedrai che si ammazza o ammazza qualcuno molto più facilmente di quello che può fare un 12enne con WhatsApp….

              • paniscus scrive:

                “Dai un decenne un motorino e vedrai che si ammazza o ammazza qualcuno molto più facilmente di quello che può fare un 12enne con WhatsApp….”
                ———————–
                Bene, allora, se si ritiene sul serio che il cazzeggio sui social non sia davvero pericoloso…

                …coerentemente, piantiamola con le storie strappalacrime su quanto sia grave e spaventosa la piaga sociale del cyberbullismo che induce al suicidio, o che induce alle sfide estreme, o che induce all’anoressia, o che induce alla depressione.

                Delle due l’una:

                – o i comportamenti incontrollati su web sono pantomime superficiali che non vale la pena di prendere sul serio perché tanto non fanno danni gravi (e allora, appunto, BASTA con l’allarmismo mediatico in materia)

                – oppure, invece, tali comportamenti sono davvero pericolosi, e allora vanno limitati tanto quanto i comportamenti pericolosi alla guida…

              • roberto scrive:

                “Delle due l’una:”

                quando dai due scelte ce ne è sempre una terza che è quella logica….

                nel caso, la terza:

                a. ci sono oggettivamente dei pericoli a stare su internet ed è quindi bene farli capire con molta precisione ai ragazzini. (Incidentalmente anche uscire di casa è pericoloso. anzi anche restare a casa è pericoloso)

                b. è oggettivamente pù pericoloso guidare un motorino o una macchina ed è quindi bene che ci siano delle età minime, pur se sostanzialmente arbitrarie, da rispettare

                due caveat
                1. se dico X è più pericoloso di Y, non dico che Y non è pericoloso. dico che se su una scala di pericolo da 0 a 10 Y è pericoloso N, X sarà pericoloso N+Z
                2. so benissimo che le età legali sono scelte in modo arbitrario. non è che a 17 anni e 353 giorni uno è per forza meno capace di uno che ha 18 anni e un giorno. solo che un limite bisogna metterlo e per questo parlo di limite “arbitrario”

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “ci sono oggettivamente dei pericoli”

                Cosa intendiamo per “pericoli”?

                Probabilmente lo smartphone agevola le possibilità di venire agganciati da molestatori; esiste il pericolo diffuso di venire insultati, o di finire nei guai perché si insulta qualcuno. Poi i ragazzini sono facilmente raggirabili da tutte le forme di predazione informatica, i “clicca qui che ti regaliamo…”

                Ma non penso principalmente a questo: quello che io vedo sono ragazzini che hanno perso il contatto con ciò che li circonda – che sia scuola, ambiente, amicizie fisicamente presenti, il tempo e lo spazio – e hanno gli occhi unicamente sullo schermo.

                E’ quello che vedo, ed è quello che dopo qualche anno mi raccontano la maggior parte di quelli che “gli ho dato lo smartphone perché Whatsapp è tanto comodo”.

                Come avevo scritto nel post, è probabile che questa condizione catatonica riduca i pericoli “concreti”: leggo che negli Stati Uniti, i diciottenni escono di casa meno dei tredicenni di dieci anni fa. Probabilmente fumano e si drogano anche di meno.

                Vedo che il Centro Giovani qui nel quartiere è calato di colpa da una trentina di frequentatori al giorno a due o tre (che appena arrivano corrono alla playstation).

                Unica cosa che ancora sopravvive è il pallone.

              • roberto scrive:

                miguel

                “Ma non penso principalmente a questo:”

                ma stiamo parlando da ieri di cyberbullismo!

                comunque sono d’accordo che il pericolo di zombizzarsi esiste, esattamente come per tante altre cose (guardare il calcio in TV per esempio…)

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “ma stiamo parlando da ieri di cyberbullismo!”

                Ma infatti stiamo parlando di molte cose diverse.

                E’ evidente che se tu dai un dodicenne uno strumento che gli permette di fare tutto ciò che un dodicenne vorrebbe fare al prossimo, in combutta con tutti gli altri dodicenni del pianeta, il normale “bullismo” verrà amplificato e fossilizzato, nel senso che le immagini e le offese continueranno a girare potenzialmente per sempre e sull’intero pianeta. Cosa che nemmeno le armi automatiche permettono di fare.

                Esiste poi l’ampia questione della “legalità”, che non riguarda solo il bullismo, ma anche le foto che i ragazzini si sono fatti nel corridoio e poi hanno postato su Facebook. Se i genitori non li avessero forniti dello strumento per farlo, il fatto (in questo caso illegale ma innocuo) non avrebbe potuto succedere.

                Ma ancora di più, è interessante vedere come lo strumento porti una trasformazione antropologica radicale. Non sto nemmeno dicendo che sia male… dico semplicemente che il ragazzino chiuso in casa che salta incessantemente di immagine in immagine su uno schermo tenuto a pochi centimetri dagli occhi è un essere nuovo.

                E quindi lo strumento in grado di creare un essere nuovo non è neutrale (come non lo è l’aratro, il fucile, l’automobile…).

          • paniscus scrive:

            “ho detto che firmando un modulo per il consenso al trattamento dei dati di mio figlio, non mi assumo la responsabilità di qualsiasi cosa che mio figlio farà (anche perché ce l’ho già in qualche modo) ”
            —————–

            Ma per quale motivo il concetto di “culpa in vigilando” (o peggio ancora, il concetto di “abbandono di minore”) sembra che su internet e sui social non valgano?

            Voglio dire, con un esempio terra terra: se io consentissi al figlio di 11 anni di stare fuori di casa liberamente tutto il giorno, al di fuori del controllo dei genitori (o di altri adulti delegati dai genitori), senza preoccuparmi di sapere dove va, cosa fa e chi frequenta, e a chi racconta i fatti suoi… sarei passibile di denuncia.

            Chi mette in mano al figlio di 11 anni lo smartphone, fa esattamente la stessa cosa per interposto universo virtuale:

            cioè, consente al figlio di 11 anni di stare collegato a internet tutto il santo giorno, senza nessun controllo adulto, senza sapere con chi comunica, di quali argomenti comunica, quali forum, chat o social network frequenta, e quali applicazioni e funzionalità varie utilizza, con tanto di condivisione di dati personali, di foto e quant’altro… con l’ulteriore aggravio della facilità di comunicazione molto più vasta innegabimente amplificata.

            Perché non dovrebbe rischiare la denuncia allo stesso modo?

            • Roberto scrive:

              E chi dice il contrario?
              Ripeto: firmo un modulo che autorizza la società X a trattare i dati personali di mio figlio = acconsento al trattamento dei dati personali di mio figlio. Stop.

              Poi puoi benissimo immaginare forme di responsabilità per i genitori i cui figli hanno combinato dei pasticci, ma l’autorizzazione ad usare WhatsApp mi sembra che non centri proprio nulla.

  5. Matteo scrive:

    …condivido il taglio del post e inoltro il link al simpatico tutorial del parental control di TIM https://www.tim.it/offerte/mobile/voce-e-internet/tim-junior-pack-senza-limiti …il pacchetto è rivolto a bambini di età compresa tra i 7 e i 12 anni…il controllo dei contenuti non sembra legato ai social network delle iconcine e c’è pure la pratica funzione finder per sapere che giri fa tuo figlio…inquietante.

    • Miguel Martinez scrive:

      Molto interessanti le due immagini, che chiaramente sono rivolte agli acquirenti (cioè NON ai figlioli):

      “TIM Protect è l’esclusivo servizio TIM che salvaguarda la navigazione Internet di tuo figlio grazie al Parental Control.
      Include antifurto, call blocker (blocco chiamate indesiderate), localizzazione, e antivirus.”

      Notate la mamma, che notoriamente costituisce il Cliente Apprensivo, che ha paura di tutto.

      Qui invece vendiamo un altro prodotto:

      “Con TIM I love games entri nel mondo dei Top Games.
      Puoi accedere da Rete mobile al sito http://www.timgames.it/junior e scegliere centinaia di giochi sempre nuovi senza costi aggiuntivi.”

      Chi vediamo?

      Il Babbo Coglione in persona, ovviamente col figlio maschio!

      • MOI scrive:

        Vedo che ancora “tira” moltissimo l’ idea archetipica post68ina che un Buon Padre debba essere una specie di “Fratellone Pirla” per il Figlio Maschio … 😉

  6. Miguel Martinez scrive:

    OT

    Qui a Firenze stanno licenziando a centinaia i ragazzi sfigati che alcune multinazionali della telefonata automatizzata mandano in bicicletta contromano per portare le pizze e simili a casa alla gente che non ha voglia di uscire di casa:

    https://www.facebook.com/ridersunionfirenze/

    Se questi non potessero nemmeno fare un mestiere di m…. del genere, non avrebbero proprio di che campare.

    Allo stesso tempo, è un mestiere che al mondo fa solo danni. E’ un po’ come le proteste una volta dei contrabbandieri di sigarette a Napoli.

    Magari se fosse l’unico modo per non far morire di fame mio figlio, mi metterei anch’io sulle barricate. Ma sono domande difficili.

  7. MOI scrive:

    Parliamo, come dice Roberto, di semplici strumenti comunicativi ? Va bene: sì ; però essi, per loro stessa natura, si prestano moltissimo a divenire “giochini fine a sé stessi” … e un “giochino fine a sé stesso” che permetta di “programmare nel video il mondo che vuoi tu” [cit.] sconfina , piaccia o no, nel fare della “sostanza elettronica” una “sostanza psicotropa” che crea dipendenza.

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