Cinque regole fondamentali

Sempre in tema Germania sparita…

Un libro pubblicato ai tempi della DDR, autori Dieter Dreetz, Klaus Gessner e Heinz Sperling, Bewaffnete Kämpfe in Deutschland 1918-1923. Kleine Militargeschichte (“Lotte armate in Germania 1918-1923 – Breve storia militare”).

A pagina 8, trovo i consigli che Lenin dava appena prima della rivoluzione d’Ottobre:

“1. Mai giocare con l’insurrezione, ma se la si inizia, bisogna sapere andare fino in fondo.

2. Nel luogo e momento decisivo, occorre concentrare una grande superiorità di forze, altrimenti il nemico, che è meglio addestrato e organizzato, annienterà gli insorti.

3. Appena iniziata l’insurrezione, bisogna agire con la massima determinazione e prendere l’offensiva in ogni circostanza e senza condizioni. Mettersi sulla difensiva è la morte della rivolta armata.

4. Ci si deve sforzare di cogliere il nemico di sopresa  nel momento in cui le sue forze sono disperse.

5. Occorre ottenere ogni giorno (e se si tratta di una città, potremmo dire addirittura ogni ora) successi anche piccoli, in modo da mantenere ferma la superiorità morale”.

Ora, c’è qualcosa di inaccettabile oggi in queste parole. Se non altro perché, se l’avversario le viene a sapere, non solo ti accuserà di machiavellismo, ma prenderà anche le necessarie contromisure.

Meglio dirsele in privato.

Solo che oggi, almeno per la maggior parte di noi, il privato non esiste più: ogni affermazione strategica è quindi non solo indicibile, ma anche impensabile.

Ne risulta la caduta di ogni progetto, salvo di quelli che godono in qualche misura del diritto alla riservatezza – cioè i progetti di chi possiede già il potere, che si tratti di imprese o dell’apparato militare e securitario globale, dove discorsi alla Lenin se ne fanno tutti i giorni.

Ma per quanto il discorso di Lenin possa sembrare oggi inaccettabile – e quindi quasi criminale -, non c’è dubbio che Lenin avesse ragione. Ammesso e non concesso che si cerchi di vincere per fare qualcosa, la strada è quella. Lo dimostra il successo della rivoluzione che Lenin con quelle parole stava preparando.

Solo un progetto strategico può tenere testa a un progetto strategico: pensiamo alle milioni di persone che nel 2003 sono scese in piazza, in tutto il mondo, per prevenire la guerra contro l’Iraq, appoggiati all’epoca, e con tutti i sondaggi d’opinione al mondo, fuori dagli USA, dalla parte loro. Il progetto strategico dell’attacco all’Iraq non è stato ritardato di mezz’ora da tutto questo moralistico e pittoresco agitarsi non strategico.

La ragione militare, cioè la lucida analisi dei fatti al fine di scoprire il calcolo corretto per volgerli dalla propria parte, è sempre vincente sul sentimento.

E possiamo guardare quasi tutto il movimento dell’Occidente, dal Cinquecento in poi – i geometri, i tattici, gli educatori, gli inventori, i riformatori, i rivoluzionari, gli imprenditori – come un’applicazione della ragione militare al mondo.

Però è interessante notare come le parole di Lenin siano state pubblicate, come se fossero una ricetta sicura, nella DDR nell’anno 1988. Cioè ad appena un anno dalla disintegrazione dello Stato che le affermava.

Si potrebbe dire che le cose stiano così: chi prende il mondo a cornate, calibrando bene ogni colpo, vince sempre contro le buone intenzioni.

Ma i colpi che mena causano tante di quelle imprevedibili fratture e inimmaginabili conseguenze, da vanificare sempre le vittorie, perché queste si trasformano in qualcosa che non ha più nulla a che vedere con l’intenzione originale.

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71 risposte a Cinque regole fondamentali

  1. mirkhond scrive:

    “Solo un progetto strategico può tenere testa a un progetto strategico: pensiamo alle milioni di persone che nel 2003 sono scese in piazza, in tutto il mondo, per prevenire la guerra contro l’Iraq, appoggiati all’epoca, e con tutti i sondaggi d’opinione al mondo, fuori dagli USA, dalla parte loro. Il progetto strategico dell’attacco all’Iraq non è stato ritardato di mezz’ora da tutto questo moralistico e pittoresco agitarsi non strategico.

    La ragione militare, cioè la lucida analisi dei fatti al fine di scoprire il calcolo corretto per volgerli dalla propria parte, è sempre vincente sul sentimento.”

    E’ vero, ma OGGI di fronte ad una potenza militare-industriale-massmediatica come gli Usa, è praticamente IMPOSSIBILE ribellarsi, anche se si volesse seguire i consigli di Lenin, ai cui tempi non esisteva ancora la bomba atomica…
    Ecco perché non credo a Beppe Grillo o a chicchessia che si propone di cambiare le cose, FACENDO FINTA di non vedere la realtà, a partire dalle basi nato piazzate in europa a garanzia di un dominio non scalfibile….
    Se il sistema militare-industriale-massmediatico statunitense dovesse infine crollare, ciò potrebbe avvenire solo per un collasso interno….
    Il nucleare purtroppo ci ha ingessato in un ordine non scalfibile dai vecchi sogni rivoluzionari di destra o di sinistra…..

  2. mirkhond scrive:

    Del resto, pensiamo ad internet e al suo prezioso ruolo di controinformazione rispetto ai massmedia di regime.
    Pensiamo ai milioni di persone che ogni giorno si connettono per leggere e/o commentare le varie vicende attuali.
    Pensiamo infine allo sdegno che provocano, sempre in internet, le politiche usane, israeliane e dell’Europa.
    Eppure negli ultimi dieci anni, nonostante la crescita dell’utilizzo di internet da parte di coloro che anno meno di 60 anni, non si è riusciti a scalfire tali politiche, che in Iraq hanno fatto quello che c… volevano, in Afghanistan hanno PEGGIORATO una situazione geopolitica già difficile, in Libia hanno distrutto un ordine iniquo per dar vita al caos, in Siria lo stanno facendo dall’interno, e forse tra poco ci sarà pure una guerra all’Iran.
    Israele continua a fare le sue porcate di stampo boero-fascista e i Palestinesi a soffrire, e tutto questo nell’era dell’informazione telematica.
    Insomma internet NON riesce a scalfire le attuali logiche di potere, nemmeno Assange con tutti i casini che ha creato….

  3. mirkhond scrive:

    errata corrige: che hanno meno di 60 anni ecc.

  4. Del resto, pensiamo ad internet e al suo prezioso ruolo di controinformazione rispetto ai massmedia di regime.

    Questo è un punto-chiave: internet non è fonte di informazione ma di controinformazione; è ancora relegata nello scantinato.
    In più adesso féisbuk sta monopolizzando la presenza della gente in rete, rendendo di fatto internet quale suo sinonimo così, come anni fa windows era sinonimo di pc.

    Non si vince contro l’ignoranza organizzata.

    • mirkhond scrive:

      Purtroppo è vero….
      Sta di fatto che contro una potenza NUCLEARE non possiamo fare altro che restare sottomessi…..

      • Ritvan scrive:

        —Sta di fatto che contro una potenza NUCLEARE non possiamo fare altro che restare sottomessi…..mirkhond—
        Mmmmm….stai forse dicendo che se il buon Kerensky avesse avuto la valigetta nucleare il caro Lenin avrebbe rinunciato al golp….pardon:-), volevo dire alla sua Gloriosa Rivoluzione Proletaria d’Ottobre?:-)

        • mirkhond scrive:

          Penso che sarebbe stato estremamente più difficile, se non impossibile, a meno di non impadronirsi della suddetta valigetta :)……
          ciao!

        • Ritvan scrive:

          —-Penso che sarebbe stato estremamente più difficile, se non impossibile, a meno di non impadronirsi della suddetta valigetta ……mirkhond—-
          Perché sennò che faceva il buon Kerensky, cominciava a lanciar missili nucleari all’impazzata sulle città russe??!! Dai, su, siamo seri…
          P.S. Poi, a me risulta che – nei Paesi democratici almeno – il mero possesso della famigerata “valigetta” non è sufficiente al Capo dello Stato per far partire l’attacco nucleare…è una precondizione, certo, ma alla fine ci vogliono altri uomini (di solito alti gradi militari) che facciano girare le chiavi in loro possesso perché i missili partano…

          Ciao

  5. Tortuga scrive:

    Il problema di ogni resistenza, rivolta, insurrezione e rivoluzione è quello di essere contro qualcosa ma di non avere mai una “valida” alternativa.

    Contro chi dovremmo insorgere e, soprattutto, per cosa?

    Stabilito questo ed ammesso che degli individui condividano un programma di insurrezione, bisognerebbe poter scongiurare il pericolo ipocriti, infiltrati, e – soprattutto – coloro che tradiranno, che sono sempre “compresi nel prezzo”, cioè coloro che semplicemente si limiteranno a prendere il posto di ciò, colui o coloro contro i quali la resistenza/rivoluzione è stata combattuta.

    Sto parlando, beninteso, di resistenze e rivoluzioni del tutto pacifiche, alla Gandhi, diciamo.

    Ma chi ha l’intelligenza di farle e la voglia di impegnarsi?

    Non è il nucleare che mi spaventa è la stupidità della gente che mi preoccupa seriamente (beninteso, compresa la mia 😀 )

  6. Miguel Martinez scrive:

    Per Tortuga

    “Il problema di ogni resistenza, rivolta, insurrezione e rivoluzione è quello di essere contro qualcosa ma di non avere mai una “valida” alternativa.”

    Certo. D’altra parte, nessuna “alternativa” si realizza, anche quando la si ha 🙂

    Cioè anche quando uno studia un progetto preciso, viene fuori alla fine qualcosa di completamente diverso.

    • PinoMamet scrive:

      Insomma, i professionisti hanno fatto il Titanic, i dilettanti l’Arca di Noè, ma entrambi volevano costruire una roulotte 😉

      l’ho sempre pensato anche io!!

  7. Miguel Martinez scrive:

    Scrivendo questo post, avevo in mente ovviamente gli svariati movimenti politici che in Italia si pongono in qualche modo “all’opposizione”, senza con questo voler dare alcun giudizio di valore. La definizione “di opposizione” è qui sociologica. considero movimento di “opposizione” tanto un collettivo autonomo quanto un gruppo di cattolici tradizionalisti, perché in entrambi i casi abbiamo persone che si sentono comunque a disagio nel mondo “così com’è”.

    Tutti questi movimenti si pongono il problema di come ottenere più seguito, che è una questione sostanzialmente pubblicitaria e di mercato.

    Che si tratti di insultare Berlusconi, di condannare l’invasione dell’Iraq, di chiedere la riduzione delle tasse, di prendersela con gli immigrati, di esaltare lo spirito patrio, di fare campagne antinucleari, di proclamarsi antirazzisti, di promuovere i matrimoni gay o di rendere obbligatori i crocifissi nelle scuole, ogni campagna è solo finalizzato ad espandere il proprio settore di mercato.

    Il vero avversario è in realtà il concorrente, cioè il movimento/impresa con un discorso più simile al proprio.

    Proprio per questo, non ci si pongono mai le domande che si poneva Lenin: cioè come combattere in maniera efficace ciò che si percepisce come vero nemico e non come concorrente.

    Alla riflessione strategica, si sostituisce un discorso assai fumoso: ad esempio, il “sistema patriarcale” dovrebbe soffrire, in qualche insondabile maniera, se si fa un manifesto che deride il Papa; oppure il “sistema mondialista” dovrebbe soffrire, in maniera ugualmente insondabile, se ci sono meno campi Rom alla periferia di Padova.

    Il gesto in sé, e non la vittoria strategica e militare sull’avversario, diventa quindi una sorta di vittoria: ecco che nasce la politica simbolica che consiste nell’aver detto una frase clamorosa, o viceversa denunciato una “frase di odio”, aver sventolato una bandiera provocatoria oppure averla fatta togliere. Temi in cui l’ultima parola spetta spesso ai tribunali, le cui decisioni vengono così sacralizzate.

    Quindi, i movimenti politici italiani sono al di sotto di Lenin, perché sfuggono alle domande strategiche.

    Detto questo, Lenin aveva ragione?

    Sì, nel momento in cui invitava a non giocare con la sommossa, se si è in posizione di inferiorità.

    • Val scrive:

      Sono d’accordo. Provo a vedere la cosa anche da una prospettiva leggermente diversa.

      La necessità di espandere la propria quota di mercato è la conseguenza naturale dell’accettazione del sistema democratico e capitalistico, dove democratico e capitalistico sono i termini di un’endiadi. Tra l’altro, la politica ha talmente mutuato le attuali logiche di mercato da approdare ad esiti paradossali: infatti, se il fine ultimo non è tanto la realizzazione di un determinato prodotto, ma la realizzazione di un profitto, il settore di mercato diventa una variabile non determinante. Si può cambiare settore di mercato se il proprio settore presenta un saggio di profitto non soddisfacente, tanto in economia quanto in politica. Oggi, la prevalenza della domanda sull’offerta è un dato di fatto: nessun prodotto viene lanciato sul mercato senza il canonico “sondaggio”. Tutt’al più, si può creare una domanda alla quale dare risposta (tipico il caso della domanda di sicurezza e del mercato della paura).

      (Piccola notazione d’attualità: mi sovviene che, già tre o quattro anni fa, mi chiamò una società di sondaggi per sottopormi -dovevo dare un voto da uno a dieci- i nomi di alcuni “tecnici” possibili presidenti del consiglio: ricordo tra gli altri Passera, Montezemolo, Tronchetti Provera, Draghi, forse Bazoli e Profumo. Non ricordo se mi nominarono anche Monti. Abbastanza inquietante, no?).

      L’accettazione del sistema democratico, poi, è per definizione la rinuncia alla rivoluzione. Oggi questo è talmente scontato che ricordarlo suona quasi bizzarro, ma non lo era ai tempi di Lenin: basti pensare al modo in cui nacque il Partito Comunista d’Italia. Quando si accetta che la maggioranza comandi, l’obiettivo è automaticamente quello di essere maggioranza. A proposito di “ottenere più seguito”, è interessante ricordare come, nel biennio rosso – nel periodo in cui, nella percezione di tutti, l’Italia era il paese europeo più vicino a replicare la rivoluzione sovietica- da Mosca si rimproverasse ai comunisti italiani (allora minoritari nella sinistra) l’eccessivo settarismo nei confronti di socialisti massimalisti, anarchici, arditi del popolo ecc., che impediva di far fronte comune contro la borghesia. Da Mosca si ricordava agli italiani che in Russia la rivoluzione (o golpe, in effetti il termine non è del tutto improprio) si era fatta con soli 30.000 uomini…

  8. Valerio scrive:

    E’ chiaramente la nuova collocazione del campo di battaglia a stendere il requiem su ogni possibile trasformazione o rivolgimento dell’esistente… Dai tempi di Lenin son cambiate molte cose e si può dire che l’attuale campo di battaglia si sia spostato e non sia tanto quello militare-strategico (il dominio della potenza sull’impotente individuo – sul cittadino, sul soggetto privilegiato dei diritti – in realtà un “concetto”, un “contratto” o un “obbligazione”, come s’è venuto sempre più ad affermare a partire dal Cinquecento che citi, molto più responsabile del disastro attuale di quanto si pensi…), quanto una sorta (di incantesimo, di sospensione e scomparsa lenta del reale) di teoria dei giochi e dei sistemi come centro regolatore del mondo o, per lo meno come, caput del capitalismo . Il complesso militare-industriale è il suo corpo organico, il suo esecutivo… molto convincente sì, specie dopo Hiroshima, ma pur sempre sottoposto ad input e regole inventate e sperimentate altrove (o di regole truccate e dementi come quella dei “Mercati” o di “Giunone Moneta”… che ha la stessa consistenza reale dei primi). Questa specie di catastrofe a rallentatore che si giustifica a partire dal manto nero della minaccia della catastrofe immediata, fotografica, radiante della (non) soluzione finale nucleare dei conflitti (per la quale ogni altra opzione va sempre bene purché non sia il “peggio” dello sterminio nucleare) è quel che decide delle sorti del mondo. Siamo in un gioco più che in una realtà dotata di sostanza e fondamento (non per questo meno reale)… nel quale anche la categoria moderna di nemico sprofonda… Derrida, il filosofo del “debito infinito” (che lui sublima in “decostruzione”, “democrazia”) la dice lunga sulle strategie post-strutturaliste adottate in realtà dal “sistema” e da un certo progressismo trasformista… e sul mutato statuto del “nemico”… tramutato in oscuro “hospes” interno (che però permane schizofrenicamente come “hostis”)… coincidente sempre più dunque con noi tutti… allo scopo di impedire, probabilmente per sempre, un rivolgimento dello status quo che non sia una catastrofe implosiva, suicida o nucleare…
    Il dis-funzionamento sistemico (l’impossibile e paranoide modellizzazione dell’intera realtà) e una resistenza infinita (dell’insieme dei dividui fuori dal “diritto” e dai sistemi della proprietà, che per ora non compare che in modo larvale) al “debito infinito” che è il capitalismo, possono essere delle opzioni…

    • Valerio scrive:

      …e comunque i cinque consigli di Lenin mi sembrano piuttosto validi su qualunque “campo di battaglia”. Credo, per esempio, che siano applicabili persino da un’impresa.

  9. daouda scrive:

    Il problema è questo: certe cose sono pur possibili ergo legittime ( ad esempio mentire, uccidere ed altre ) in determinati contesti ma solo e chiaramente per evitare un male peggiore e sicuramente per difendersi.

    La strategia dell’umanismo satanico, che solo gli stolti ancora associano al comunismo tou court, invece ha sempre esagerato storpiando ( e Macchiavelli fu chiaramente un sovversivo ).
    Come chi compie l’atto sessuale in modo, tempi, luoghi e con persone con cui non dovrebbe o con una intenzione deviata dalla lussuria, non è nella legittimità, ugualmente essi sono l’emblema della viltà imbellettata tra vari artifici retorici.

    Lenin aveva ragione? No. Non dovrebbe esserci proprio da discutere mentre invece è sempre abilmente immessa una diversa argomentazione e valutazione finquando , lucidamente, la merda diviene quello che non fà altro che ribadire quel che è in accordo con la Gnosi, l’Agape, e la Pistis.

    Certo è ovvio che colui che non usa le “astuzie” non sà giocare con il cosmo ed anzi, si palesa per essere un debole. Ma in tali tattiche permangono sempre le regole d’onore.
    Inoltre la condanna apparente di queste è inerente solo al loro abuso e , come in ogni VIA, riguardo al fossilizzarsi sull’esteriorità essendo che, in Dio, laddove il conoscente è il conosciuto e viceversa, perdersi nelle varie scienze non ha senso.
    Difatti si dimentica la risposta di Origene a Celso, soprattutto perché le preghiere a cui accennava Origene ( sulla questione della difesa militare ) non erano certo quelle della maggior parte dei fedeli di oggi – di ogni tipo di religione si badi.

    D’altronde, difatti, tutta questa preoccupazione per la vittoria del fronte sovversivo, vittoria che è necessaria oltre che scontata e pilotata da Dio stesso , fà comprendere che non si capisce affatto in che epoca si viva e quali siano, veramente, le giuste armi per combattere.
    Anche perché sembrano tutti molto molto bravi a capire che il sistema non vada allenato, giacché l’allenamento è la linfa del sistema, ma poi si lasciano affascinare da tutti i teorici dello stesso…ma d’altronde, inversamente, ed è proprio il caso di intenderlo nel suo senso pià ampio ed effettivo, lo stesso demonio con le sue schiere non poteva esimersi da combattere Antonio , non facendo altro che renderlo ancora più forte, degno e lucido.

    Sull’indignazione per la guerra del 2003 , indipendentemente da chi abbia fomentato tale mobilitazione comunque straordinaria ( e che strategicamente , tocca scriverlo, sta dando i suoi risultati, ECCOME, essendo gli U.s.a. il satana indiscusso, prossimo al collasso , stato pilotato da altri ma a cui è abilmente accollata ogni colpa ) non bisogna dimenticare le istanze psichiche. Questo è un grave errore di tutti coloro che cianciano di geo-politica e basta ( magari senza aver alcuna cognizione economica inoltre ).
    Coloro che hanno PILOTATO queste manifestazioni , e continuano a farlo, sono già molto molto più avanti strategicamente.
    Sembri usare Lenin e Sun Tzu solo sul piano meramente naturale , il che, è una mistificazione del loro pensiero.

    Tralasciando il fatto riguardo al ruolo degli U.s.a. e la loro effettiva potenza o meno, tecnicamente, è ovvio che la ragione in sé è superiore al sentimento, ma è erroeno invece decretare che una sua applicazione su di un àmbito specifico ( quello militare ) sia superiore al sentimento in sé. Sarebbe stato opportuno giustificare e circoscrivere l’inferiorità ontologica del sentimento ad un campo che potesse rendere il paragone , per scrivere, su di un livello “parallelo”.

    Ancora, tecnicamente, per avere una buona azione bisogna avere non solo 1una retta intenzione, ma anche 2saper valutare le circostanze, 3utilizzare mezzi opportuni ed in modo corretto e 4riferirsi ad un oggetto buono in sé.

    A ben vedere quelle manifestazioni deficitavano in alcuni punti ( 3-4) e toppavano nelgli altri perché le retoriche usate erano retoriche false e quindi da stolti.

    Tutto sommato è vero che ci si è persi nella fumosità. Ma ciò ERA VOLUTO, il problema è che, se si vuol seguire la tua visione di incomprensione e allontanamento dai tipi alla Lenin, tu come troppi non sai proprio chi sia il Nemico, che è tale ma non lo è, così come il mondo empirico vige appresso alle regole duali pur essendo la dualità un in-ludus.
    E’ come credere che Marx sia servito a chissà quali altre cose ( sicuramente lo è stato ) dimenticando che lo scopo era l’immissione del materialismo : il paranoico è condizionato dalla paranoia e si preclude altro, ugualmente il materialista, e chiaramente, qui, lo si è comunque tutti.
    Se pure è stata sempre ben affrontata la critica del cospirazionismo, non si può non comprendere la naturalità del processo come la progettualità dello stesso, essendo esse necessarie al contempo.

    Si continua a dire che chi studia un progetto preciso ottiene del diverso. Ciò è ovvio se lo studio e materialmente espresso, non se è qualitativamente congegnato.
    Inoltre dovremmo ben sapere che è una menzogna. Se vien fuori qualcosa di veramente diverso anche nella sua qualità, il problema risiede nell’individuo e nelle sue debolezze o stupidità.

    Un ultimo appunto. Il concetto di Ummah, di Sangha, di Chiesa, di Arya, dovrebbero far comprendere come possa reagire pienamente quel che oggi viene chiamato POPOLO ( e che deve essere indubitabilmente diretto con autorità : ricordo a tutti che popolo non significa affato etnia né nazione ).
    Oggi esistono invece LE MASSE.
    Inoltre i mezzi attuali non permettono affatto alcun tipo di vittoria da parte di chi cerca la Verità, la Misericordia e la Giustizia, fintanto che si prodiga sullo stesso campo dei suoi avversari.
    I mondi sono 3 , non due e nemmeno uno. Chi rimane incatenato a certe dinamiche RIMANE SOLO UN PERSONAL TRANINER DEL SISTEMA secondo la massima ” i rivoluzionari diventeranno agenti segreti e gli agenti segreti rivoluzionari” .

    Pace a voi.

    Davide

  10. Ma i colpi che mena causano tante di quelle imprevedibili fratture e inimmaginabili conseguenze, da vanificare sempre le vittorie, perché queste si trasformano in qualcosa che non ha più nulla a che vedere con l’intenzione originale.

    Niente di nuovo sotto il sole.

    Il problema sta nel capire quanto (non) fossero attinenti al reale le intenzioni originali: le costruzioni mentali su come “deve” essere il mondo servono solamente a mascherare la propria incapacità di accettare che le cose umane passano, a volte nel momento stesso in cui prendono forma.
    D’altronde la bestia sa di avere poco tempo.

    Lenin non si è comportato molto diversamente da un genitore iperborghese, formalmente cattolico e reazionario che si ritrova con un figlio comunista (cioè iperborghese reazionario non cattolico ma ugualmente religioso); con l’eccezione che il genitore ha vinto… uccidendo il figlio.
    Il tutto per sostituire una divinità vecchia con una vecchia divinità.

    La differenza sostanziale sta nei numeri: nell’uno contro uno la libertà sembra da conquistare per opposizione, nel mucchio per affiliazione.
    Davvero sembra di rivedere le condizioni critiche di passaggio dal mondo microscopico-probabilistico a quello macroscopico-deterministico: un quantum in meno e si sta nel primo, uno in più e già tutto diventa prevedibile… e facilmente manovrabile.

    Che infine Lenin abbia ragione è dubbio: se vogliamo limitare la dialettica alla materia può anche darsi che sia così, eppure già in questa limitazione bisognerebbe circoscrivere il pentalogo in epoca e luoghi ben precisi: una bomba atomica decisamente ne ridimensiona la validità.
    D’altronde una bomba atomica non saprebbe neanche che farsene di intenzioni originali.

    Quando si vive nella normalizzazione delle idee come accade oggi, capisco che il paragone con Lenin aiuti a far risaltare l’inutilità dei sit-in con pranzo al sacco e bandierina della pace; ma se gli USA sono diventati così feroci lo si deve anche all’adozione – ove possibile – del modello politico dell’Unione Sovietica (basti pensare al pensiero unico che ogni buona multinazionale propugna a proprio favore).

    Senza Lenin ciò probabilmente non si sarebbe verificato.

  11. izzaldin scrive:

    Ne risulta la caduta di ogni progetto, salvo di quelli che godono in qualche misura del diritto alla riservatezza – cioè i progetti di chi possiede già il potere, che si tratti di imprese o dell’apparato militare e securitario globale, dove discorsi alla Lenin se ne fanno tutti i giorni.

    D’accordissimo.
    Il “sovversivismo delle classi dirigenti” si è quindi diffuso dall’Italia al mondo intero..?

    saluti,
    izzaldin.

  12. p scrive:

    Ma no. Si parte un po’ troppo per la tangente. Quei cinque punti militari vanno inquadrati in uno schema teorico più ampio. Soltanto così ha senso chiedersi se lenin aveva ragione lì. Per esempio, il gramsci dei “quaderni dal carcere” direbbe di no, almeno in “occidente”. Cioè nelle società più avanzate nel capitalismo quello schema non sarebbe più valido. D’altra parte bordiga direbbe di sì; che l’insurrezione rivoluzionaria sarebbe invariante per ogni spaziotempo. Ovviamente i due nomi sono simboli di comodo di forze storiche, come lo stesso lenin, non indicazione di battilocchi particolarmente geniali, cioè particolarmente fessi.
    L’altro punto è particolarmente malposto, almeno per i miei gusti. Il fatto non è che le cose vadano per cavoli loro. Lo sappiamo benissimo. Volere è potere non è roba da marxisti. È che nel tumulto di quegli avvenimenti che stanno grosso modo nelle date di quel libro sulla germania, il movimento comunista non ebbe ventura di mantenere la sua teoria e la smarrì. I marxisti persono “spiritualmente” non “materialmente”. Non si perde mai “materialmente”. Materialmente le cose vanno come devono andare.
    Infine vedo un punto, in tutti i commenti, diametralmente opposto al mio. Il capitalismo non ha affatto cambiato pelle. È lo stesso stessissimo, non solo di quello ottocentesco, ma lo stesso stessissimo di come nacque nei comuni medievali d’italia.p

    • Val scrive:

      iIl capitalismo non ha affatto cambiato pelle. È lo stesso stessissimo, non solo di quello ottocentesco, ma lo stesso stessissimo di come nacque nei comuni medievali d’italia.

      Puoi spiegarti meglio? Sono ignorante sul punto in questione, e la cosa mi interessa molto, ma la tua affermazione, per come è formulata, può significare tutto e niente. Intuitivamente, mi verrebbe da dire che dal medioevo ad oggi qualche “salto di paradigma” c’è stato, quindi anche il capitalismo dovrebbe essere cambiato almeno un po’.

      • Ritvan scrive:

        “Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.” (John Maynard Keynes).

  13. Moi scrive:

    Per comodità, visto che quei commenti sono chiusi, rispondo (per punti) a Jam qui sui “Pomodori Crociati” Salafiti :

    I

    In realtà la croce in oggetto più che da “Crociati” è la “Croce di Ferro” Tedesca: dato il colore rosso, sembrerbbe quella del “Barone Rosso” Manfred Von Richtofen 😉 !

    II

    Ho provato a tagliarne trasversalmente di pomodori, ma … mi “saltavan fuori” più che altro o dei simboli del Nucleare ! Provateci anche voi, dipende dal tipo di pomodoro, probabilmente è il San Marzano a fare la croce … sennò che “San” 😉 l’è ?!

    III

    Spero filoislamicamente (!) che il problema dei Salafiti siano stati certi Strani 🙂 Funghi NON Halal 🙂 assieme ai quali i pomodori erano in insalata !

  14. Moi scrive:

    Sempre in tema Germania sparita :
    [cit.]

    http://www.youtube.com/watch?v=i7EB47ENNV0

    … film da vedere assolutamente !

    • mirkhond scrive:

      E’ un film che rimpiange (ironicamente) la DDR?

      • Moi scrive:

        Be’ … vedilo, poi giudica !

        La frase che più mi ha colpito è quando il giovane protagonista / narratore dice: “Almeno per mia madre, il mio Paese uscì di scena con quella dignità che la Storia gli aveva negato !” [sic]

      • Moi scrive:

        Comunque Marx ha avuto alla fin fine ragione, con tutti i simboli e oggetti di uso quotidiano (vecchia Trabant in primis !) della DDR divenuti oggetti-feticci-merce di culto pagabili a prezzo molto vantaggioso dai Collezionisti Occidentali.

        http://www.youtube.com/watch?v=h4xZgxDffac

        • mirkhond scrive:

          Il fascino della Trabant 601, sta, a mio parere, nel fatto di aver mantenuto sempre la stessa linea per quasi 30 anni, a differenza delle varie fiat, ford, alfa romeo ecc. che, ogni tot anni sfornavano modelli nuovi, che a me, nato negli anni’70, non piacevano proprio, vedasi le varie Uno, Tipo, Punto, ecc. fino alle schifezze metallizzate di oggi, certamente più avanzate tecnologicamente, ma che irritano il mio senso estetico….
          Poi però la Trabant era anche inquinante e quindi come ogni medaglia, c’ha il suo rovescio…

      • Roberto scrive:

        D’accordo con moi è un film bello e pieno di sensibilità, sono sicuro che ti piacerà

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      E’ un film geniale nel vero senso della parola.

    • maria scrive:

      l’ho visto, mi è piaciuto moltissimo
      maria

  15. Pietro scrive:

    Comunque se Lenin avesse detto anche “Mettiti il maglione che fa freddo” il comunismo avrebbe vinto in Italia (Soviet + saggezza della nonna, per l’elettricita’ c’e’ sempre tempo…)

  16. daouda scrive:

    La riflessione di P riguardo al capitalismo stessissimo, dal medioevo, è bislacca ma non priva di verità.
    Nel periodo comunale il corporativismo delle gilda governava. Ecco nuovamente come il politico preserva l’economico , campo importantissimo per le potenzialità intrinseca della deviazione usuraia, e l’economico ricorre al politico per preservarsi.

    L’incomprensione è in ciò perché nessuno è riuscito a spiegare come mai l’ Ingiustizia sistematica determini una ricchezza generalizzata così imponente, via via, che è alla base della concezione marxiana del ruolo del capitalismo “borghese”, per quanto sia comunque sia illogica nella sua valutazione complessiva.

    In un certo senso la maggioranza dei discorsi liberisti ( ma veramente liberisti, quelli alla Mises o dei libertariani, non certo dei cripto socialisti alla Friedman o del neo-liberismo neo-con trotskista ) critica Marx ma non segue il nesso profondo, mentre coloro che , ( scrivo e descrivo così per evitare frammentazioni discorsive ) combattono per terminare l’accumulazione di plus-valore lo fanno stupidamente ignorando le ovvie critiche di Böhm-Bawerk.
    E’ tutto un gioco di malinterpretazioni ed assolutizzazioni di un punto di vista spesso anche legittimo ma che, una volta trasbordante i suoi àmbiti, risulta deviate creando ideologismi.

    Er sugo ( “cameriere, che me fài ‘n sugo de frutta?” ) del discorso è che il discorso di Lenin è intrinsecamente malvagio.
    Il resto sono , appunto, imbellettamenti, come quei musulmani che usano le astuzie oppure fanno taquiyya in modo illegittimo, basandosi su di un’assolutizzazione della propria Religione.

    Ho poi veramente difficoltà a comprendere come le sette bordighiste possano essere delle forze storiche, o quando mai lo siano state, non tanto seppur anche per la loro marginalità , ma proprio per la difficoltà che ho al ridurre allo storico , materialmente inteso, il mondo.

    Concordo l’ultimo capoverso di Riccardo riguardo la sovietizzazione degli U.s.a. , il che, nuovamente, dovrebbe far capire come il comunismo autocratico ed il liberalismo democratico siano speculari.

  17. Ritvan scrive:

    Miguel, ti sei dimenticato la Regola Leninista N. 6, a mio immodesto:-) avviso la più importante di tutte, che così recita:

    6. E’ bene iniziare l’insurrezione mentre il Paese è impegnato in un estenuante sforzo bellico, così che non possa usare l’esercito per schiacciarti…e già che si è in ballo, chiedere gentilmente allo Stato contro cui il tuo Paese è in guerra i mezzi neccessari (pecunia, treno “charter”, ecc.) per poter far arrivare dall’estero nella Capitale del Paese il Gran Capo dell’Insurrezione e tutto il suo staff.:-):-)

  18. Per stravincere contro un avversario-stato bisognerebbe trovare il modo di accelerarne la burocrazia.

  19. Moi scrive:

    Sempre in tema Germania Sparita … nell’ Irripetibile Senso di
    “Von der Maas bis an die Memel / Von der Etsch bis an den Belt”

    2012 … Il Mondo Libero credeva (!) di essersi liberato (appunto) di LUI, ma (!!!) :

    http://www.youtube.com/watch?v=41xeJqFE3jg

    Tratto dal film [segue, poiché si può fare un solo link alla volta !]

    • habsburgicus scrive:

      @Moi (e chiunque sia interessato)

      a proposito di Belt…ci si dimentica sempre che a Versailles la Germania fu mutilata anche a favore di uno Stato neutrale, la Danimarca…
      é verissimo però che lo Schleswig settentrionale (Slesvig) nello Jütland meridionale (Sønderjylland) era abitato quasi integralmente da danesi, come fu confermato dal plebiscito nel febbraio 1920 (solo Tönder=Tønder votò in maggioranza per il Reich e sarebbe stato giusto lasciarla alla Germania….ma non siamo troppo duri; se i Soloni di Versailles, e Saint Germain e Neuilly e Trianon, avessero sempre deciso con la stessa relativa equanimità come sullo Schleswig settentrionale, non ci sarebbe mai stata la Seconda guerra mondiale :D)
      Lo Schleswig, unito all’Holstein da metà XV secolo ma a differenza dell’Holstein fuori dal Sacro Romano Impero (e poi fuori dal Deutscher Bund, 1815-1866), fu ceduto agli austro-prussiani dalla Danimarca nel 1864 (insieme all’Holstein e al Lauenburg che divenne prussiano già nel 1865 in seguito agli accordi di Gastein) e nel 1866 cadde in mano ai prussiani, che lo annessero, creando la provincia “Schleswig-Holstein”;
      nel collegio più settentrionale dello Schleswig fu sempre eletto un danese al Reichstag; particolarmente danesi erano i distretti di Sonderburg (Sønderborg), Hadersleben (Haderslev) e Apenrade (Åbenrå), anche se in quest’ultima città gli operai votavano SPD che, nonostante tutto, era un partito germanico e fattore, suo malgrado, di germanizzazione;
      oggi restano ancora danesi in Germania presso Flensburg (Flensborg) , con enormi diritti e pochi tedeschi in Danimarca presso Tønder (Tönder), con diritti non troppo grandi seppur non irrisori
      anche Hitler, in questo caso, rispettò i confini di Versailles e nonostante la presenza di un piccolo partito irredentista tedesco nello Schleswig settentrionale danese (Jens Möller o Møller alla danese) non annesse questi territori quando occupò la Danimarca il 9/4/1940 e neppure il 29/8/1943 quando la particolare “semi-collaborazione” alla danese venne a brusca fine (dimissioni del governo Scavenius, “sciopero” dalle funzioni di Christian X, 1912-1947)
      ciao a tutte/tutti

  20. mirkhond scrive:

    Che cagata!

  21. Ritvan scrive:

    Moi, basta con la cruccofilia, un po’ di sano sentimento autarchico, perdiana!:-)
    http://www.cineblog01.org/fascisti-su-marte-2006/

  22. Durruti scrive:

    Ad averne il tempo, questo è uno dei pochi blog in cui risulta molto più interessante l’analisi dei commenti che i post di Miguel, i quali esplicitano il suo pensiero e la sua visione del mondo molto chiaramente.
    Invece ogni pubblicazione, anche la più semplice, poche righe, anche solo una foto senza testo, si apre su uno spaccato di società italiana non certo esaustivo ma interessantissimo.
    Miguel lo sa e alimenta compiaciuto questo fenomeno, anche se credo che condivida una certa inquietudine per ciò che gli si presenta davanti, perchè la maggioranza dei suoi seguitori copre uno spettro politico che va dalla destra all’estrema destra, passando dal conservatorismo cristiano fino a posizioni obiettivamente intollerabili, tanto che in alcuni momenti Miguel ha limitato gli interventi di qualche commentatore.
    I commentatori abituali sono in realtà pochi, 6 o 7 direi, e credo che loro stessi sarebbero contenti di definirsi dei freaks della rete. Non si prenda come un’offesa: persone come Pino Mamet o Ritvan danno dei punti a fior di giornalisti professionali (magari lo sono pure) e meritano un rispetto incondizionato.
    Il freak ha la caratteristica di possedere una cultura elevata e un’intelligenza notevole, con un alto grado di specializzazione in un argomento specifico che alle volte rasenta l’ossessione e soprattutto una grandissima disponibilità di tempo.
    Quello che voglio dire è che invidio tutti loro, perchè poter coltivare profondamente i propri interessi e scrivere milioni di caratteri sulla tastiera è indice di una vita con molto tempo libero, che effettivamente è nelle possibilità di molti rappresentanti di una certa classe sociale, la stessa che legge i rapporti di Miguel sugli abitanti di San Frediano con la curiosità di un antropologo che legge una pubblicazione sulla tribù Yanomani dell’Amazzonia.

    • Ritvan scrive:

      Caro Durruti, ti ringrazio per le tue lusinghiere parole al mio indirizzo. Però, non devi invidiare la mia “disponibilità di tempo”. In realtà il tempo che dedico alla lettura/scrittura su questo blog (e su un paio di altri forum) è solo una sommatoria di inevitabili “tempi morti” sul lavoro: di tempo veramente libero, purtroppo, ne ho pochino.

  23. mirkhond scrive:

    “non annesse questi territori quando occupò la Danimarca il 9/4/1940 e neppure il 29/8/1943 quando la particolare “semi-collaborazione” alla danese venne a brusca fine (dimissioni del governo Scavenius, “sciopero” dalle funzioni di Christian X, 1912-1947)”

    E chi mise al loro posto al governo della Danimarca?
    Comunque mi risulta che vi furono dei Danesi tra i volontari delle waffen ss sul fronte russo e uno di questi veterani, da vecchio ha scritto pure una serie di romanzi autobiografici sulla sua esperienza sul fronte orientale nel 1943-1945.
    In Danimarca dal 1945 vi furono epurazioni, purghe, processi contro i locali nazisti?
    Costoro erano numerosi?
    ciao!

    • habsburgicus scrive:

      si, ci furono purghe , ma furono (forse) le più moderate, e brevi, di tutta Europa…per dire, nella vicina Norvegia (dove peraltro non si esagerò :D), i laburisti misero sotto processo oltre 500.000 persone anche se poi furono relativamente pochi ad essere processati, pochi a essere condannati e pochissimi (Quisling e qualche suo Ministro) ad essere fucilati !
      le ex-SS danesi che nel 1941 si erano arruolate ANCHE col plauso (almeno ufficiale) del governo legittimo ed in particolare del Ministro Scavenius, furono scaricate (talora dagli stessi che le avevano incoraggiate :D) e disapprovate ufficialmente ma, per quanto non so, non ci fu una vera persecuzione nei loro confronti
      se tutti i paesi europei, compresa la Francia gollista e l’Italia del nord ciellenista, si fossero comportati come i danesi, oggi non ci sarebbe alcuna recriminazione 😀 (anche l’Olanda fu all’inizio dura verso i mussertiani e il Belgio fu spietato verso i degrellisti…per Léon Degrelle si fece una legge speciale, “lex degrelliana”, che lo esiliava in perpetuo)
      non dimentichiamoci che Scavenius il 26/6/1941 ruppe i rapporti diplomatici con l’URSS (il Ministro Bolt-Jørgensen rimpatriò con gli altri via Turchia, mitico viaggio, di cui ci ha lasciato qualche ricordo il nostro Ambasciatore a Mosca Augusto Rosso, nomen omen :D) e il 25/11/1941 aderì all’Antikomintern (questo i danesi di oggi non amano ricordarlo :D; riconobbe anche il Manciukuò e la Cina nazionale di Nanchino di Wang Jingwei, grande uomo che io apprezzo molto (e che è odiato tanto a Pechino quanto a Taipei :D); inoltre il governo danese “lasciò” che i tedeschi chiudessero le Legazioni franco-britanniche nel 1940 e quella USA nel dicembre 1941; il Ministro danese in USA Kauffman, che si pose agli ordini di Roosevelt e gli “cedette” sua sponte la Groenlandia (aprile 1941) fu duramente richiamato da Scavenius, che lo destituì..lo so, oggi si dice che Scavenius faceva apposta e che i tedeschi ovviamenti sono fessi :D..balle ! Scavenius, e a ragione, non voleva che i diplomatici si mettessero a fare politica estera perché quella spettava a lui, dapprima da Ministro degli Esteri (dal luglio 1940) e dal novembre 1942 anche come Primo Ministro…un libro danese recente lo ammette
      Scavenius pur di salvare la Danimarca (e in sostanza ci riuscì) era disposto a ingoiare anche dei bocconi amari e giustamente non poteva tollerare che dei diplomatici separati dal popolo, che vivevano nel lusso a 5000 km di distanza mettessero a repentaglio la sua politica, perché i tedeschi ce li aveva lui in casa, non Reventlow (Ministro danese a Londra che si mise agli ordini di Churchill) né il citato Kauffman
      in un certo sensoScavenius era disposto a collaborare “con juicio” con il Reich ritenendolo il male minore, a DUE condizioni: 1. rispetto della democrazia danese (e ad inizio 1943 si tennero elezioni liberissime nella Danimarca occupata..vinsero i conservatori, anglofili e antitedeschi, mentre i socialdemocratici, preferiti dai germanici ..e anche questo va contro la vulgata 😀 furono sconfitti, il che avrà pochi mesi dopo delle conseguenze gravi, insieme ad altro, é chiaro; i neonazisti del DNSAP di Clausen furomo umiliati..ve l’immaginate in un paese occupato dall’Armata Rossa il PC umiliato e scornato ? :D); 2. mantenimento della dignità nazionali (no a leggi razziali o a estradizioni per motivi razziali e affini)
      i tedeschi, che evidentemente non erano sempre così cattivi e fessi come ci presentano i film, accettarono ciò per 3 anni…
      poi, la forza dei conservatori anti-tedeschi (vincitori delle elezioni), le sconfitte germaniche, la propaganda anglosassone, alcune politiche dell’SS Best inviato come plenipotenziario in Danimarca nel novembre 1942 (al posto del Ministro Cecil von Renthe-Fink, che a fine dic 1943 sarà inviato da Pétain e riuscirà finalmente a convincere l’ostinato vecchio a nominare uomini sicuri per il Reich: Darnand, Henriot e poco dopo amche Déat…il bello é che la Germania “cattiva” ci mise 3 anni per avere uomini veramente suoi a Vichy !!! ve l’immaginate Stalin che aspetta 3 anni e mezzo prima di instaurare una “democrazia popolare” ?) causarono il patatrac; i danesi si “ribellarono” ed i tedeschi dovettero impadronirsi dello Stato, ma non misero nessuno al posto di Scavenius..governarono la Danimarca con funzionari e tecnici danesi apolitici, mentre il Re si auto-rinchiudeva nel Castello
      ciao !

      • mirkhond scrive:

        Forse la mitezza tedesca nei confronti della Danimarca fu dovuta al fatto di essere un paese germanico e quindi sentito come affine…
        Se i Nazisti avessero utilizzato la stessa politica in Boemia, Polonia, parte della Slovenia e territori sovietici grandi russi e ucraini, forse il loro ricordo da quelle parti sarebbe stato meno negativo…
        ciao!

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        I nazisti
        1) non volevano grane locali (la Danimarca non era l’obiettivo della guerra)
        2) erano gemellini ariani dei danesi
        3) avevano unicamente bisogno che la Danimarca garantisse il passaggio delle truppe tedesche e tenesse aperta la via per la Scandinavia (serbatoio di materie prime per la guerra e base di partenza per attacchi contro l’Inghilterra)

        La Danimarca non era la Polonia (terra “di servizio” dell’Impero) nè la Boemia (a metà tra il tedeschizzabile e anche qui il “servizio”).
        E se a Vichy non piazzarono un proprio luogotenente fu solo perché per prima cosa i tedeschi nella Francia meridionale non ci erano arrivati e poi perché c’era bisogno di un fantoccio riconoscibile dai francesi che mettesse fuori gioco il problema rappresentato dalle colonie (ed in effetti – almeno parzialmente – la strategia pagò, se si esclude l’Africa centrale libera).

        • habsburgicus scrive:

          pure i norvegesi però erano “arianissimi” ma furono trattati più duramente…
          perché Haakon VII scelse di opporsi al Reich mentre il fratello Christian X, seppur mantenendo sempre la dignità, si sottomise…e fece bene, rebus sic stantibus (non so se si é capito 😀 ma io approvo la saggia politica dei danesi e specialmente di Scavenius :D)

          P.S: gli stessi cechi, pur slavi, sottomettendosi furono trattati molto, ma molto meglio dei polacchi (a parte le repressioni selvagge del 1942, causate però non da una bazzeccola ma dall’assassinio di Heydrich, una perdita enorme e irreparabile per il Reich in quanto Heydrich era anche intelligente oltre ad essere crudele..e di nazisti intelligenti ce n’erano pochi, a quei livelli :D)

        • habsburgicus scrive:

          su Vichy non mi sono spiegato, evidentemente…
          so bene che conveniva ai tedeschi governare la Francia del Sud non direttamente ma per interposta persona e, in questo senso, l’appoggio a Pétain non fu una cattiva politica, per il Reich…
          trovo però assurdo che i tedeschi non abbiamo imposto in modo se necessario brutale la nomina di uomini dal loro punto di vista “sicuri”, anziché tollerare bellamente, almeno sino al novembre 1942, figure “infide” (alcuni attendisti li tollerarono sino al dic 1943 :D)…
          in particolare trovo stranissimo che se non altro nel novembre 1942, quando la frittata era ormai fatta (tradimento del Nord Africa con effetti incalcolabili per la nostra povera Italia) i tedeschi non abbiano imposto al senescente Pétain la nomina di Darnand, Henriot Déat (che saranno nominati solo nel 1944 !) e magari addirittura di Doriot, in modo da avere uomini sicurissimi al 100% per dare la caccia ai gollisti e per incitare all’odio verso gli anglosassoni, con qualche speranza di successi..é noto che Darnand (capo della Milice creata il 30/1/1943), dal suo punto di vista, in 7 mesi, nel 1944, fece “miracoli” dando colpi durissimi ai gollisti (che sino alla fine del 1943 se la ridevano perché gli alti ufficiali di Vichy facevano il doppio gioco); Henriot, alla Propaganda, fece ancor meglio, tanto che De Gaulle lo fece assassinare il 28/6/1944, perché stava mettendo in testa ai galli delle brutte idee sul significato VERO dello sbarco in Normandia
          inolte già molto prima, il 13/12/1940, i tedeschi accettarono che fosse deposto senza fiatare il (quasi) sicuro Laval (13/12/1940), sostituito dall’infido Flandin e poi dall’ambiguo Darlan (feb 1941)…Laval tornerà al potere solo nell’aprile 1942, ma senza autorità sulle Forze Armate rimasta a Darlan il che facilitò il nov 1942 !… io dico, quale altro regime, si sarebbe comportato in maniera più sciocca (anche se magnanima) ? gli USA in America Latina non permettevano il minimo dissenso..né lo permetterà il Cremlino nelle “democrazie popolari” (post 1948), pur essendoci allora pace…
          buona notte

  24. mirkhond scrive:

    Siempre por Habsburgicus

    Su effedieffe c’è, nello spazio free, un bell’articolo di Franco Cardini, sulla reginella santa, Maria Cristina di Savoia (1812-1836), regina delle Due Sicilie nel 1832-1836.
    ciao!

  25. Moi scrive:

    @ Habsburgicus :

    Il “Lied des Deutschen” (o come si chiama) è uno dei meno sanguinolenti (parla addirittura di vino, birra, donne, e cantare, sì insomma: roba da Oktoberfest 🙂 😉 !) in assoluto _pensa all’ “Inno di Mameli”, per non dire della “Marseillaise” (“Che un sangue impuro abbeveri i nostri solchi” !), per contro …_ però la Storia ha fatto sì che sia il più censurabile degli Inni.

  26. p scrive:

    Perché nel capitalismo alcuni elementi essenziali e i rapporti tra loro non cambiano mai in tutte le versioni, innumerevoli, succedutesi nello spaziotempo. Se sappiamo scorgerli, avremo qualche possibilità di capire anche le differenze particolari, caso per caso, altrimenti si dirà la banalità che tutto cambia, e ogni cosa è diversa dall’altra. Grazie tante.p

    • Val scrive:

      Grazie della risposta, che però non mi soddisfa. Che la tua fosse una posizione “essenzialista”, era chiaro, ma il punto è: quali sono questi elementi essenziali che hanno attraversato, immutabili, così tanti secoli di storia? Sai bene che non è difficile obiettare che, dato un fenomeno storico, per qualsivoglia elemento di continuità, se ne possano trovare altrettanti di discontinuità. Quindi, anche a non voler ridurre tutto a ermeneutica, l’interpretazone è fondamentale. Qual è la tua?

      • Moi scrive:

        @ p & Val

        Non è chiaro neppure a me, una cosa intenda p; va evitata tuttavia una “roba” : – ) : identificare “Capitalismo” soltanto con “Sfruttamento” … altrimenti diventa “Capitalismo” anche il Feudalesimo del Medioevo e lo Schiavismo dell’ Antichità. Un simile discorso non sarebbe più razionale, ma emotivo !

        Su questo Marx NON transigeva, anzi : criticava durissimamente, a volte addirittura fino al compatimento o allo scherno, i Socialismi / Comunismi / Anarchismi “emotivi” che lo precedettero: lui voleva essere “SCIENTIFICO” !

        • Moi scrive:

          La cosiddetta “Sinistra PostMarxista” del dopo 1989, invece, è in realtà paradossalmente ridiventata “PreMarxista”, nel senso che non è più “scientifica”, bensì di nuovo emotiva :

          Diritti degli Animali, Diritti di Minoranze Etno-Linguistico-Religiose -Sessuali, Quote Rosa *, Legalizzazione-Liberalizzazione delle Droghe Più-O-Meno-Leggere ; -) , il concetto stesso Kinseyiano di “Gender”, Solidarietà alle Nerdate : -) Pastfariane, ecc … sono tutte robe che il Marxismo Ortodosso considera(va) come “Velleitarie e Piccolo-Borghesi” … nonché “ricattabili”.

          -.-.-.-.-.-.-.-.-

          * Quote Rosa [in realtà pare che le Logge abbiano già messo in cantiere le “Quote Viola” per gli Omosessuali e LGBTQ, così che se una candidata eterosessuale viene “trombata” alle Quote Rosa può sempre riciclarsi in Versione Lesbo, ndr]

  27. Moi scrive:

    Tornando a Lenin, stando ai “risultati” direi che Mao fosse più scaltro: in effetti riusciva a conciliare Materialismo Dialettico e Lao Tze (wu wei), Prassi Rivoluzionaria e Sun Tzu (strategia) … altrimenti come si spiega il “Caso Cina” ? Va be’, “la butto lì” perché potrebbe venirne fuori una digressione (ma mica troppo OT, però eh !) pazzesca e interminabile !

  28. habsburgicus scrive:

    secondo me, il successo della Cina si deve a Deng Xiaoping (Teng Hsiao-p’ing), non certo al “folle” Mao 😀

    • Moi scrive:

      Sì , ma in termini di “Complementarità” c’è qualcosa di diverso, “ab initio” :

      http://xoomer.virgilio.it/controvoce/maoismoetradizione.htm

      … meno “europeo”, più “asiatico” . Detto molto (!) brutalmente.

      • habsburgicus scrive:

        @Moi
        secondo me, alla radice c’é la differenza fra il carattere “nazionale” di Mao (e di Ho Chi-Minh in Vietnam) ed il carattere “antinazionale” di Lenin
        Lenin odiava la storia russa, il popolo russo, la tradizione e e la cultura russa, a lui interessava solo un’utopia astratta, la Rivoluzione; in un certo senso lo Stato leninista era un regime marxista estremo che aveva “casualmente” preso il potere in Russia, ma avrebbe potuto prenderlo in Botswana, non cambiava nulla, teoricamente 😀 e sotto Lenin i marxisti puri esteri (John Reed e altri) erano benvenuti nella nomenklatura sovietica….
        Mao invece, con mezzi discutibili certo, voleva restaurare la potenze della Cina, far rinascere la cultura cinese, esaltare la civiltà sinica
        la Cina rossa sarà sì stata “proletaria” ma fu sempre Cina, prima di tutto….

        e apriamola, dai ‘sta “digressione pazzesca e interminabile” 😀

  29. mirkhond scrive:

    Concordo con Habsburgicus. Se l’Urss è durata 74 anni lo si deve più a Stalin, il quale, nonostante la sua origine osseto-georgiana, identificò il soggetto statale leninista sempre più con la Russia zarista e col nazionalismo russo, e questo fin dagli anni ’30 (penso al famoso film Alessandro Nevskj del 1938).
    Nazionalismo russo diventato più forte con “la grande guerra patriottica” del 1941-1945, nel corso della quale Stalin recuperò divise, ordini militari zaristi e persino quel che restava della Chiesa Ortodossa Russa, che Lenin e lui stesso fino al 1941, avevano duramente perseguitato….
    Questa russificazione del bolscevismo lenista, tradendo il messaggio originario del suo fondatore, permise però una maggiore sopravvivvenza dell’Urss, mentre di contro, il terrore leninista fu portato da Stalin all’estremo, ma sempre in una logica interna, quella del “socialismo in un solo paese” che di fatto ripudiava l’internazionalismo rapido e violento del bolscevismo dei primi anni 1917-1922, accettando in politica estera l’inserimento dell’Urss nelle dinamiche dei “normali” rapporti con gli stati non comunisti, per poi approfittare delle discordie tra questi per allargare lo spazio sovietico.
    Come in effetti avvenne nel 1939-1941 e 1945-1991.
    In questo Stalin è stato davvero più geniale di Lenin e di Trotzky, che se nel 1924 quest’ultimo prendeva il posto di Lenin, l’Urss non sarebbe durata 10 anni….

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Io credo che se l’Urss si è potuta rendere “presentabile” al mondo e quindi è durata tanto (e come interlocutore internazionale, pure) lo dobbiamo prevalentemente… ad Hitler, che costrinse gli occidentali a scegliere il “male minore”, ovvero il nemico meno virulento.

      • mirkhond scrive:

        Anche questo è vero, ma se l’Urss di Stalin potè diventare un interlocutore credibile, si dovette alla logica stalinista del “socialismo in un solo paese” con l’accettazione di una “normale” politica estera perseguente fini di ragion di stato e imperialisti, che non sempre potevano essere visti come il trionfo del leninismo.
        Mi vengono in mente, per esempio, i rapporti diplomatici con l’Italia FASCISTA del 1924-1941….
        Quanto ad Hitler, nel 1939 aveva perso proprio il senso della realtà, e avrebbe dovuto morire allora, diciamo in gennaio-febbraio, o meglio avrebbero dovuto ammazzarlo, almeno la parte più lucida e avveduta della wehrmacht, e forse la storia europea avrebbe potuto andare diversamente….
        ciao!

        • mirkhond scrive:

          Non dimentichiamo che fino al 22 giugno 1941, i comunisti europei NON erano parte della resistenza antinazifascista.
          Mi viene in mente proprio la Jugoslavia, e la resistenza agli invasori tedeschi e italiani che tra aprile e giugno 1941 fu costituita praticamente dai soli cetnici serbi e da gruppi “democristiani” sloveni….
          Don Pietro Brignoli, cappellano militare nella II armata italiana nel 1942, e testimone diretto della feroce politica italiana nella parte di Slovenia annessa all’Italia, sostiene nel suo diario (reperibile anche in internet) che fino all’attacco all’Urss, i rapporti con la popolazione slovena, non erano certo idilliaci, ma non vi era quella spirale di violenza, scatenatasi dopo l’attacco nazista all’Urss, e alla spirale delle rappresaglie cretino-criminali italiane di fronte già ai primi attacchi dei comunisti….

        • Ritvan scrive:

          —Non dimentichiamo che fino al 22 giugno 1941, i comunisti europei NON erano parte della resistenza antinazifascista. mirkhond—
          Ma non solo. I comunisti albanesi, p.es. dopo attenta ed approfondita riflessione in chiave marxista-leninista ai fagioli:-) (il piatto nazionale albanese) arrivarono alla illuminata:-) conclusione che l’invasione fascista dell’Albania e il seguente accorpamento all’Impero Italiano avrebbero contribuito all’industrializzazione del Paese (notoriamente senza industrie di rilievo), creando così un forte proletariato, premessa indispensabile per la Futura Gloriosa Rivoluzione Proletaria:-):-).

  30. mirkhond scrive:

    errata corrige: bolscevismo leninista

  31. mirkhond scrive:

    Per Ritvan

    Adoro i fagioli (anche per questo, forse, amo l’Illirico) 😉
    Quanti erano i comunisti albanesi nel 1939-1941?
    Tra loro erano compresi anche Albanesi kosovari?
    Dopo la rottura con Tito nel 1948, Hoxha rivendicò il Kosovo?
    ciao!

    • Ritvan scrive:

      —Quanti erano i comunisti albanesi nel 1939-1941? mirkhond—
      Circa 200.

      —Tra loro erano compresi anche Albanesi kosovari?—
      Sì, se residenti in Albania: uno di essi, Ramadan Çitaku, fu fra i 15 delegati che fondarono il PKSH (Partito Comunista Albanese) nel novembre del 1941.

      —Dopo la rottura con Tito nel 1948, Hoxha rivendicò il Kosovo?—
      Cor piffero! Lo fece solo nel 1981, dopo la morte di Tito….il quale, da morto, non poteva più ricordargli che egli, Hoxha, il Kosovo l’aveva graziosamente “regalato” a Tito fin dai tempi della guerra, per poter avere l’appoggio dei plenipotenziari titini (Mugosha e Popovic) che fondarono il sullodato PKSH (e lo diressero pure fino al 1943, quando passarono la mano proprio a Hoxha).

      Ciao

  32. mirkhond scrive:

    200 persone capaci di fare tanto male per quasi 50 anni ad un intero popolo….
    Quanto male negli ultimi due secoli è scaturito da minoranze di fanatici che dicevano di voler fare il bene dei malcapitati che hanno avuto la sventura di trovarseli sul groppone….
    ciao!

    • Ritvan scrive:

      Mah, caro Mirkhond, ti dirò…io mi autodefinisco sempre “anticomunismo” e non “anticomunista”, proprio perché fra quei primi 200 comunisti albanesi molti erano dei giovani idealisti che amavano sinceramente il proprio Paese e il proprio popolo. Tanti di loro caddero eroicamente in combattimento contro gli occupanti e altri furono eliminati da Enver Hoxha. Insomma, io credo che sia quella nefasta ideologia che, qualora applicata, inevitabilmente genera mostri e porta – a seguito di selezione darwiniana – i mostri più mostri al comando.

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