Lasciamo perdere i soliti elementi di hasbara adoperati da Netanyahu e che ormai tutti conosciamo a memoria, e passiamo alla maniera con cui Netanyahu tratta il tempo.
All’inizio del discorso, dichiara:
"Signor Presidente, Signore e Signori, circa 62 anni fa le Nazioni Unite riconobbero il diritto degli Ebrei – popolo antico di 3500 anni – ad un proprio stato nella patria dei propri antenati."
E’ un’affermazione che fa acqua storica e archeologica da ogni parte, ma ribadisce il concetto fondante del nazionalismo ottocentesco: uno Stato – concetto esclusivamente moderno – appena assicuratosi un territorio, inventa le carceri, una lingua ufficiale e un Antico Passato che per motivi misteriosi dovrebbe legittimarne l’esistenza.
I Savoia hanno il diritto di occupare Napoli, perché Virgilio è esistito.
Ma qual è il nemico dello Stato? Nel caso specifico, a Netanyahu interessa istigare altri a colpire l’Iran al posto suo.
In un consesso multireligioso come quello delle Nazioni Unite, non è però il caso di inveire contro l’Islam, o contro le razze orientali. Piuttosto, Netanyahu inveisce contro il Nono Secolo, in nome del Ventunesimo:
"La lotta contro questo fanatismo [l’Iran] non è uno scontro di religioni nè uno scontro di civiltà. E’ uno scontro fra la civiltà e la barbarie, fra il 21° e il 9° secolo, fra coloro che glorificano la vita e coloro che glorificano la morte.
L’arretratezza del 9° secolo non può tener testa al progresso del 21° secolo.
Il richiamo della libertà, il potere della tecnologia, l’ampiezza della comunicazione vinceranno sicuramente. Il passato non può davvero trionfare sul futuro. E il futuro offre a tutti i popoli magnifiche riserve di speranza. Il progresso avanza a velocità esponenziale.
Sono passati secoli fra la macchina da stampa e il telefono, decenni fra il telefono e il personal computer, soltanto pochi anni fra il personal computer e internet. Quello che pochi anni fa sembrava irraggiungibile oggi è già obsoleto, e a malapena possiamo immaginare le evoluzioni future. Troveremo la chiave del codice genetico. Cureremo l’incurabile. Allungheremo la vita. Troveremo una alternativa economica ai combustibili fossili e ripuliremo il pianeta.
Sono orgoglioso che il mio paese, Israele, sia all’avanguardia in questo progresso e traini l’innovazione nelle scienze e nella tecnologia, in medicina, biologia, agricoltura e acqua, energia e ambiente. Ovunque si sviluppino, queste innovazioni offrono all’umanità un futuro illuminato da promesse mai immaginate prima."
Lasciamo perdere la pedante domanda, cosa c’entri Ahmedinejad – di sette anni più giovane di Netanyahu – con il nono secolo,[1] e cerchiamo di cogliere il senso del quadro retorico che Netanyahu dipinge.
Netanyahu esprime perfettamente l’altra metà della grande fantasia ottocentesca sul tempo: l‘ineluttabile Marcia del Progresso. Chi ha un Antico Passato ha marciato di più e quindi è più nel futuro di chi non ce l’ha.
Questa visione del tempo ha un’origine ben precisa.
E’ la visione di chi, nell’Ottocento, possedeva i mezzi per soggiogare il mondo. Ritenendo il proprio il migliore dei mondi mai esistiti, il nucleo imperiale dell’Occidente proiettava se stesso in un futuro ancora migliore. Se il Futuro è bene, il Passato è male. Essendo gli uomini del passato per definizione morti, la teologia del progresso non aiuta a definire un nemico concreto, se non si ricorre a un trucco: quello di definire la grande massa dei propri contemporanei – quelli che andavano soggiogati – come "sopravvivenze" o "ritorni" del passato.
Siamo abituati a dividere gli autori di quei tempi in buoni (universalisti) e in cattivi (razzisti). In realtà, progressisti razzisti e progressisti universalisti appartenevano entrambi a un unico mondo concettuale.
Scriveva l’antropologo americano Lewis Henry Morgan nel 1877,
"Man mano che risaliamo il corso della storia, dall’uomo civilizzato verso il selvaggio, il volume del cranio diminuisce e le sue caratteristiche animali si rivelano: è un segno della necessaria inferiorità dell’individuo".
Visti con il telescopio della storia, i teschi lontani sembrano più piccoli. Un bel razzista, direte. Ma nella pratica, le conseguenze che tira sono forse diverse da quelle di Friedrich Engels, quando – criticando i concetti di uguaglianza e fratellanza sostenuti dagli anarchici – scriveva:
"Gli Stati Uniti e il Messico sono due repubbliche; in entrambe il popolo è sovrano.
Come ha potuto accadere che tra queste due repubbliche, le quali in base alla teoria morale dovrebbero essere "affratellate" e "federate", scoppiasse una guerra a causa del Texas, che la "volontà sovrana" del popolo americano, sorretta dal coraggio dei volontari americani, abbia spostato di alcune centinaia di miglia più a sud, "per necessità geografiche, commerciali e strategiche", le frontiere tracciate dalla natura? Bakunin accuserà forse gli americani di aver condotto una "guerra di conquista" che, pur dando un duro colpo alla sua teoria basata sulla "giustizia e l’umanità", è stata combattuta soltanto nell‘interesse della civilizzazione?
O il fatto che la splendida California sia stata strappata ai pigri messicani che non sapevano che farsene costituisce una sventura?
E’ una sventura che con il rapido sfruttamento delle miniere d’oro che vi si trovano, gli energici yankees accrescano i mezzi di circolazione, concentrino in pochi anni una densa popolazione e un ampio commercio nelle località costiere più adatte del Pacifico, costruiscano grandi città, realizzino una ferrovia che corre da New York fino a San Francisco, schiudano finalmente l’Oceano Pacifico alla civilizzazione e per la terza volta nella storia imprimano un nuovo indirizzo al commercio mondiale?
L’"indipendenza" di alcuni californiani e texani spagnoli ne soffrirà, qua e là verranno violate la "giustizia" e altre norme morali; ma che significa al cospetto di tali avvenimenti storici di portata mondiale?"[2]
Il riferimento al Messico non è casuale: da cinque tremendi secoli, il México artificial – vicerè, frati, massoni, conservatori filospagnoli e affabulatori del mitico "passato azteco", imprenditori stranieri, economisti socialisti e liberisti – conduce una vana e fallimentare guerra di "riforme" contro il México profundo.[3] Il mistero di quell’incessante resistenza e la ricerca di una maniera di vincerla – dunque, un obiettivo profondamente militare – ha portato indirettamente alla nascita stessa dell’antropologia.
Il padre dell’antropologia fu infatti Edward Burnett Tylor, non a caso agnostico e non a caso cresciuto in una laboriosa famiglia di imprenditori quaccheri. Il suo primo libro fu Anahuac, or Mexico and the Mexicans, in cui si auspicava l’annessione del Messico agli Stati Uniti. L’antropologia nasce così: mettere in fila tutti i popoli, da quelli con un piede nel futuro a quelli addormentati nel passato, per cercare come civilizzare o almeno addomesticare i secondi.[4]
All’orizzonte il Futuro, con noi la Storia.[5]
Ora, qui c’è una cosa curiosa. Netanyahu fa un discorso costruito per i ceti politici e mediatici del pianeta. Per farlo, usa due luoghi comuni – il Popolo Antico che Legittima lo Stato Moderno e il Progresso contro il Passato – tipici del pieno Ottocento, proprio agli inizi della rivoluzione industriale.
E’ comprensibile che ai tempi in cui si poteva salire per la prima volta su un treno, aspettandosi chissà quali altre affascinanti diavolerie dietro l’angolo, queste retoriche potevano avere un loro fascino.
Da allora, però, abbiamo scoperto la natura assolutamente aleatoria e sfuggente di quello che ai nostri ormai lontani avi sembrava l’Ineluttabile Progresso. Per la maggior parte degli esseri umani, il futuro è precario e imprevedibile, quando non è semplicemente minaccioso.
Eppure, nulla ha sostituito il Luogo Comune dell’Ottocento, perché nulla ha sostituito il capitalismo. E il capitalismo lavora nel tempo, fondandosi sulla scommessa di investire oggi per guadagnare di più domani. Il capitalismo deve credere al futuro, quindi. Certo, un Futuro da conquistare con i denti, le ruspe e le bombe, ma che è garantito a chi si agita a dovere.
Più , dei filosofi, i pubblicitari vanno all’essenza delle cose. Ascoltiamo come il cuore del pensiero di Morgan, Tyler, Engels e Netanyahu viene riassunto in uno slogan sul sito di Mondopromoter (un nome, un programma):
"Non perdere questa occasione per costruire il tuo futuro e ricorda che la professionalità è l’unica arma vincente in un mercato sempre più competitivo."
Note:
[1] O cosa c’entri il nono secolo con un paese come l’Iran, diventato sciita nel sedicesimo secolo.
[2]p. 375, Engels, Il panslavismo democratico, in Marx-Engels, critica dell’anarchismo, Einaudi.
[3] Si veda Guillermo Bonfil Batalla, México profundo. Reclaiming a Civilization, University of Texas Press, 1996 (2007).
[4] La Mission dell’antropologo, per citare un neologismo:
"Ai promotori di ciò che è buono e valido e ai riformatori di ciò che è dannoso alla cultura moderna lo studioso della cultura rende il duplice servizio di fornire una dottrina coerente dello sviluppo umano che deve spingerli a farlo ancora avanzare, poiché si mette a loro disposizione una visione più chiara della storia e delle possibilità della nostra specie e permette di individuare i resti di una rozza cultura antica che devono essere eliminati".
E.B. Tylor, Primitive Culture, Vol. I, p. 539, citato in Giulio Angioni, Tre saggi sull’antropologia dell’età coloniale, S.F. Flaccovio Editore, Palermo, 1973, p. 88.
[5] Tra tanti cultori dell’evoluzione, non cito Charles Darwin. Le cui scoperte furono subito integrate nella religione del progresso, ma per mano di altri: la teoria dell’evoluzione in sé è un’altra cosa.
http://books.google.it/books?id=i-eo6Rpbhw0C&dq=los+paisanos&printsec=frontcover&source=bl&ots=0T7A12DVkX&sig=ZZmSlhnGkDRjHLc3CPFe8HpSLj8&hl=it&ei=z3bMStOpJoqGmwOv_NTPBQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=6#v=onepage&q=&f=false
Ammazza che link lungo.
Comunque, un libricino che ho trovato lateralmente a ricerchine mie su internet, sulla popolazione di lingua spagnola della California e di altre regioni una volta messicane.
Con relativo smascheramento di miti messa in circolazione a bella posta sugli spagnoli pigri, che non coltivano la terra, e che quindi meritano di vedersela strappare dagli operosi anglosassoni.
Il che mi fa pensare alla dicotomia deserto-giardino di tanti western americani;
al fatto che gli indiani, cattivi o buoni, che si vedano in questi film sono sempre membri di comunità nomadi, mai di quelle (numerose non solo nel Sud-Ovest) di coltivatori;
e ovviamente a Israele che “ha fatto fiorire il deserto”.
Ciao!
Gli ebrei (ma anche i cristiani) “credono” nel progresso e nella storia. Gli ebrei credono che la storia del mondo abbia un senso: non guardano all’aldilà. Molte religioni orientali “credono” nella ciclicità e nell’eterno ritorno, non danno alcun peso alla storia e puntano al nirvana, all’assoluto al di là del mondo duale e storico, e ognuno si muove dentro il proprio paradigma culturale che non è “vero” ne’ “falso” perché esiste la storia ed esistono i cicli, e i due fattori si combinano: sono veri entrambi.
Chissà che effetto ti farebbe – mi chiedo – se qualcuno attribuisse – chessò – a qualche leader indù o buddhista una sottile forma di manipolazione delle coscienza “pro domo sua”, solo perchè si muove – come è ovvio – all’interno del proprio paradigma culturale?
Forse riusciresti a riconoscere – in questo attribuire disegno e intenzione ad un tratto culturale peculiare – l’odio, ovvero la forma più distruttiva e cieca che muova il pensiero umano, purtroppo anche quando è intelligente?
quellachenonsifirma
per Rosalux n.2:-)
Ovvio che se un buddista avesse chiesto di bombardare Pechino citando la ciclicità della storia, sarebbe stato manipolatorio e “pro domo sua”.
Comunque, di filosofie orientali ne so poco, il mio riferimento “non occidentale”è il México profundo.
Per il resto, permettimi un disaccordo radicale.
1) “Progresso” e “storia” non sono la stessa cosa, e non lo è nemmeno il credere che la storia abbia “un senso”.
2) Il presunto interesse per la storia degli ebrei e dei cristiani mi sembra una chiara proiezione della cultura ottocentesca.
Nel cosidetto Antico Testamento, ci sono delle cronache attendibili per alcuni decenni precedenti la distruzione del Primo Tempio.
Prima ci sono leggende, anche se presentate in una maniera poco miracolistica; e in seguito non c’è alcun racconto storico.
Le cronache della fine del regno di Giuda hanno comunque uno scopo preciso, che non è quello di esaltare il progresso, ma di affermare un ciclo preciso:
– il popolo eletto è tale perché ha un patto con Jahvè
– se tradisce il patto, viene punito da altri popoli
– quei popoli vengono a loro volta colpiti, quando il popolo eletto ritrova l’alleanza con Jahvè
Certo, non è il ciclo agrario delle stagioni, ma è un ragionamento senz’altro ciclico.
Per il resto, nello sterminato corpus della letteratura giudaica, mi sembra che i riferimenti alla storia, modernamente intesa, siano pochissimi; quando ci sono, o ribadiscono il ciclo di cui sopra, o sono semplici liste di date, in cui i veri protagonisti sono i diversi “saggi” di cui si fa l’elenco.
La storiografia ebraica nasce nell’Ottocento, a imitazione della storiografia “borghese” dell’epoca, e se esalta le “antiche origini”, se ne distacca totalmente (all’incirca come la storiografia nazionalista messicana).
Per quanto riguarda i cristiani: non mi sembra che la filosofia della storia di Sant’Agostino abbia nulla a che vedere con ciò che tu chiami “storia” o “progresso”; e le cronache medievali nascono in funzione di re, signori o monasteri che non cercano un senso, tantomeno “progressista”, alla storia.
Ricapitolando: il concetto di “progresso” e di “senso della storia” non è né ebraico né cristiano. Nasce con il capitalismo imperialista dell’Ottocento, e viene fatto proprio da ebrei e cristiani, nonché da quasi tutta la cultura “occidentale”.
Poi è chiaro che apologeti ebrei e apologeti cristiani fanno a gara per dire che il luogo comune occidentale l’hanno inventato loro.
Miguel Martinez
Oh, mi chiedevo che fine avesse fatto la vecchia e sana critica anti israeliana. Miguel, mi stavi preoccupando.
Raffaele
Credo che Benyamin Netanyahu farebbe meglio ad andarsi a leggere un pochino Benjamin.
E.M.
Per PinoMamet #1
”deserto-giardino”
E’ un tema ricorrente. Dovunque arrivavano, i Romani tiraravano giù le foreste per fare palizzate degl iaccampamenti prima, poi ponti e opere civili. Creavano così i nuclei dele ‘città’, contrapposti alle ‘silvae’. In latino ‘silvaticus’ è innanzitutto l’uomo delle foreste, il ‘civilis’ l’uomo delle città. E ‘selvaggio’ e ‘civile’ conservano oggi questa dicotomia lessicale (i Romani hanno sempre perso le bataglie combattute nelle foreste). I film western parlano spesso della dicotomia allevatori-contadini, coi secondi destinati a superare i primi (è una dicotomia che noi in Italia abbiamo superato da prima di Virgilio, le cui Bucoliche parlano appunto del buon tempo andato). Di fatto, Hollywood mitizza i perdenti vaccari (‘cow-boy’) inventando loro un nenico più nomade di loro (i pellerossa). I cristeros messicani, Martinez mi corregga se sbaglio, erano extra-urbani, i laicisti che li combattevano provenivano dalla città. Mao Tse Tung parlava del conflitto di classe come di un conflitto fra la città e il villaggio che la circonda, fino a penetrarla e conquistara: cosa poi avvenuta in pratica nella Cambogia di Pol Pot (che per altro ando’ a vivere nella Phnom Penh che aveva svuotato). Stalin industrializza l’USS massacrando i contadini. Su un piano accademico, Arnold Toynbee è passato alla storia come lo storico (scusate il gioco di parole involontario) che per primo ha cercato di sottrarre la storiografia al pregiudizio eurocentrico, affermando che ogni civiltà, la nostra non meno di quella khmer o inca, obbedisce alle stesse leggi. Eppure, persino lui vede nella storia l’ineluttabile conflitto fra popolazioni nomadi e poplazioni sedentarie, le seconde essendo caratterizzate da mezzi e da rapporti di produzione più efficienti (uso arbitrariamente la terminologia marxista). Alla fine, nella visione di Toynbee i sedentari vincono. Per Toynbee, il punto nodale della storia moderna non è la Prima Guerra Mondiale (il Grande Crimine di Martinez) ma la Tramsiberiana, che attraversando l’Eurasia ha definitivamente reso impossibile il libero spaziare dei nomadi e il ripetersi di avventure alla Gengis Khan. Significativo è il fatto che Toynbee veda la fine della storia nel definitivo trionfo univerale del cristianesimo, e che alcuni millenaristi cristianosionisti yankee parlino della loro America ideale come della ‘città sulla collina’.
Per quellachenonsifirma #2
Concordo sugli ebrei, anche se la carica politica del loro messianesimo è stata gonfiata dal recente sionismo riprendendo temi che una volta riecheggiavano solo fra gli zeloti che lottavano contro Tito. Quanto ai cristiani, la città di Dio agostiniana non è di questo mondo. E certamente non è la Gerusalemme Est di Netanyahu.
Per Raffaele #4
”preoccupando”
Io no 🙂 Il punto è che per Martinez -credo di capire- i Palestinesi di oggi sono un po’ come i Comanche dei film di John Wayne. Dopo ‘Soldato blu’ è difficile non simpatizzare con loro, anche se in realtà dovevano essere non molto raccomandabili. Comunque non sono loro ad avere sterminato le mandrie di pecore delle Highland, ma sono stati i cow-boys ad avere sterminato i bisonti nordamericani.
Per Martinez #3
”Nasce con il capitalismo imperialista dell’Ottocento”
Più che altro nasce con Hegel (‘lo Spirito della Storia a cavallo’) e con la sua glorificazione a posteriori dello Stato prussiano. Riciclare tale glorificazione fece gioco ai Cecil Rhodes e ai Kipling del ‘fardello dell’uomo bianco (britannico)’, fatti salvi poi gli scannamenti fra bianchi inglesi e bianchi tedeschi. (Confusamente fu il futuro Fuehrer a intuire che tali scannamenti avrebbero portato l’uomo bianco a perdere la sua concreta superiorità sui ‘coloured’, tanto da rimpiangere nel ‘Mein Kampf’ di non avere potuto stringere per ragioni anagrafiche un alleanza con LLoyd George). Comunque quello che apprezzo nel tuo post è la nozione sottintesa nel discorso di Netanyahu che una civiltà tecnicamente progredita sia in quanto tale anche moralmente migliore. La storia dei ripetuti tradimenti statunitensi dei trattati coi Pellerossa non insegne evidentemente nulla, come del resto la glorificazione postuma di Custer insegna.
Ciao!
Andrea Di Vita
x martinez: sono ahimè assai lontana dall’avere una conoscenza anche solo discreta dell’antico testamento, tuttavia quasi tutti gli anni a pasqua “festeggio” la fine della schiavitù d’Egitto, in un bel rito (storico più che religioso) di onore alla libertà in cui è menzionato l’arrivo di Ha-Mashiah – (lo dice Maimonide) il quale verrà, non si sa bene quando eppure verrà.
Come sai io partecipo volentieri ai riti purchè siano sufficientemente consumistici, dove cioè si mangi e si beva in abbondanza (compresi quelli natalizi) e non aspetto proprio alcun messia, alla cui esistenza futura (o passata) non credo.
Diversamente da te (e dal tuo amico Atzmon) però credo nell’esistenza degli ebrei, per il semplice fatto li ho visti e li ho ascoltati. Praticano una religione per nulla trascendente, non considerano affatto l’aldilà e riconoscono la loro ragione d’essere nel mondo e nella storia, non già fuori da esso, leggendo il loro ruolo (la famigerata “elezione”) come un dovere all’agire morale. (che non siano sempre all’altezza del compito quello sì che c’è nella bibbia! E non sono i soli, peraltro)
Non dubito affatto che siano assai lontani dagli ebrei dell’antico testamento, cionondimeno ci sono e sono fatti così, almeno quelli che ho visto io.
Aggiungo anche – per inciso – che di tutte le possibili “ragioni” del sionismo, quella che lì c’erano gli antenati non ha alcun significato, se non – naturalmente – per gli ebrei stessi. Non mi pare peraltro che così come era formulato fosse il pensiero di Nethanyau, nei confronti del quale per altro non nutro alcuna simpatia ne’ stima.
Secondo me non esiste nessuno, in un certo senso (quando si devono definire i confini di un gruppo, sono sempre labili);
ma aldilà di questo, per questo non ti firmi?
Scusa ho scritto in fretta;
chiedevo:
perché non ti firmi?
per rosalux n. 7 🙂
“quasi tutti gli anni a pasqua “festeggio” la fine della schiavitù d’Egitto, in un bel rito”
Bellissima usanza. Ciclicamente ripetuta ogni anno, in una sospensione completa dalla “storia”, direi…
Miguel Martinez
La civilizzazione è il capitalismo per un comunista. Che fosse destinato a conquistare il mondo è un assioma della sua dottrina. Si legge al contrario se si pensa che un comunista sia per la civiltà contro la barbarie; è esattamente l’opposto. Ma la civiltà seguirà la sua parabola fino in fondo, o fino a che sarà fermata.p
x martinez: ah, beh, riti senza ciclicità non ne conosco.
I cristiani ripetono ciclicamente i loro riti in attesa della conclusione della storia e dell’apocalisse
però nel frattempo sanno che il regno di Dio avanza, quindi più che di un ciclo si potrebbe parlare di una spirale, che avanza verso la pienezza dei tempi
che però dovrebbe anche essere il regno dell’anticristo, cioè del male
quindi non so esattamente dove andiamo a parare, in questo contesto, anche se mi sento di escludere la necessaria progressività della storia di p.
Francesco perplesso
Non è affatto un progresso. È un abisso.p
per rosalux n. 12
veramente mi sembrava che tu avessi citato il rito come prova che gli ebrei “credono” alla storia.
Miguel Martinez
Miguel Martinez
Mi riferivo al contenuto della festa: si tratta di una celebrazione storica, la festa per la liberazione da passato di schiavitù e sofferenza, e l’attesa di un futuro messianico….
Cmq, volendo parlare di concetto “moderno” di progresso più che all”800 penserei all’illuminismo e alla rivoluzione francese. Mi pare che pestare popoli stranieri e succhiarne le sostanze sia pratica più antica del colonialismo, e non proprio necessariamente legata all’idea di “progresso”.
Per Andrea n. 6
“I cristeros messicani, Martinez mi corregga se sbaglio, erano extra-urbani, i laicisti che li combattevano provenivano dalla città.”
A grandissime linee, è vero, ma la faccenda è molto complessa.
I cristeros erano indubbiamente contadini (molti erano ex-zapatisti) del Messico “storico”, la zona dell’altopiano centrale.
Però la città è stata stranamente assente dai grandi processi rivoluzionari del Messico: probabilmente i nemici principali dei cristeros (come degli zapatisti) erano i grandi imprenditori agricolo-industriali del nord del Messico.
Forse sarebbe più esatto parlare di uno schieramento “anti-cristero” di funzionari del nascente Partito, di ex-soldati rivoluzionari del nord (compresi contadini garantiti dalle riforme), di intellettuali bianchi-meticci, di imprenditori industriali e di operai.
Un bel rebus, insomma, peccato che ci è morto qualche centinaio di migliaio di persone.
Miguel Martinez
eh no, p., l’abisso della storia alla fine della preistoria?
che gusto ci sarebbe ad essere marxisti?
Francesco
Le cose avvengono per catastrofe, non per progresso. E il capitalismo prepara la peggiore di tutte. Se ci va bene, torniamo finalmente alla barbarie. La storia prende avvio da dove è iniziata la preistoria. È necessario che avvenga ma è possibile pure che non avvenga. In tal caso siamo fritti, e non so bene cosa succederà.p
#17 E quasi tutti dalla parte dei Cristeros o sbaglio?
Per il resto, bell’articolo, come sempre.
Venendo ai commenti, secondo me però non è un caso che il capitalismo l’abbiano inventato i “cristiani” e non i taoisti o gli induisti.
L’idea stessa di conversione, di redenzione, estranea alle religioni tradizionali, implica un processo irreversibile, unidirezionale e ritenuto migliorativo.
Per Peucezio #20
”i “cristiani” e non i taoisti o gli induisti.”
Per la precisione i cristiani Protestanti. Tutto il Weber dell’ ”Etica protestante e lo spirito del capitalismo” accumula prove su prove sull’incompatibilità fra la concezione capitalista e quella cattolica del profitto. In particolare, l’autore elegge come esempio della posizione capotalista il politico, inventore e scienziato Statunitense Benjamin Franklin, e di quella cattolica l’umanista e architetto Italiano Leon Battista Alberti. Benjamin Franklin affermava che perdere colpevolmente l’occasione di un buon affare è peccato tanto grave quanto l’omicidio, chè in entrambi i casi si disprezza l’opportunità offertaci dal Creatore di fare del bene. Il profitto serve solo a glorificare Dio, che attraverso il sucesso del capitalista contro le avversità e nemici mostra quanto difenda i propri prediletti In quanto tale il profitto non va speso (a parte una parte da darsi in beenficenza), ma reinvestito a maggior gloria di Dio. Campione in USA di tale concezione è J.P. Morgan, il quale vestiva invariabilmente di nero e per sè spendeva lo stretto necessario, pur avendo ricoperto l’America di aziende. Leon Battista Alberti affermava che il profitto e’ moralmente valido in quanto è goduto dagli esseri umani (quelli che lo producono o altri, cui venga fatto godere). Alberti costruisce allora chiese e palazzi appunto per massimizzare il piacere che proviene dall’utilizzo del denaro. Il semplice meccanismo del reinvestire i profitti al solo scopo di moltiplicare i profitti, in nome non del singolo che li investe ma di una astratta persona giuridica (l’Impresa) è secondo Weber il tratto distintivo del capitalismo, ed è direttamente associato alla posizione protestante (vagamente rifacentesi alla dottrina della predestinazione) che alla posizione dell’Alberti, ai nostri occhi certo più godereccia e rilassata. La natura quindi del capitalismo come di un inarrestabile vortice, quello che Martrinez chiama il Grande Flusso che stravolge quasi liquefacendolo il mondo dei rapporri sociali e indirettamente quello dell’ecologia, è certo più consona alla posizione attribuita da Weber a Franklin. Inoltre, secondo Weber il fatto di reinvestire i profitti non è una esclusiva del capitalismo, dato che lo facevano anche i mercanti di colture extraeutopee come quella araba, indù e cinese. E’ invece esclusiva del capitalismo quella di farlo in nome di una persona giuridica astratta, l’Impresa. Inizialmente per Weber tale caratteristica garantiva che l’imprenditore non potesse legalmente toccare i soldi guadagnati e da reinvestire a scopo di piacere privato, sempre in accordo con l’idea che la cerscita dei profitti ha senso solo perchè tangibile segno della predilezione e della gloria divina. Una conseguenza di tale intangibilità da parte dell’imprenditore è la maggior garanzia offerta ad eventuali azionisti che i loro soldi verranno reinvestiti a favore del profitto dell’Impresa, e non finiranno nelle tasche di qualche amante del capo. Ecco allora che mentre l’Italia e la Cina separatamente inventano il credito e gli assegni (essenzialmente per evitare il trasporto di valori preziosi su strade malsicure) il capitalismo protestante va avanti ed inventa la società per azioni. Da qui il passo alla Borsa valori e alla finanza il passo è breve.
Vale la pena aprire una parentesi sulla mia splendida città, Genova, che per alcuni decenni è stata al centro della finanza mondiale. L’ossessione dei mercanti genovesi è quella di mostrare il minore sfarzo compatibile coi gusti dell’epoca. Cio’ è passato alla storia come schietta taccagneria. C’e’ stato, è vero, il caso patologico di quel duca di Galiera che morì soffocato nella sua stessa cassaforte perchè gli si era richiusa alle spalle e non aveva dato la combinazione a nessuno. Ma sia sua figlio, sia sua nuora sia molti altri mercanti hanno lasciato in eredità alla città ville e possedimenti diventati poi ospedali, giardini e scuole. Anzi, la maggior parte degli edifici puibblici è un lascito di qualche famiglia di mercanti, tanto che la città è priva dell’equivalente di una piazza del Duomo milanese o di una piazza Castello torinese. (A cancellare tale eredità urbanistica hanno cercato di provvedere i Savoia con loro sventramenti posticci del centro storio dopo il congresso di Vienna). I nobili genovesi -cme dimostyrano i riratti di Van Dyck- erano sistematicamente vestiti di nero, e le donne ancora peggio. Prima dell’ultima guerra, Gaslini (quelo del’olio) andava vestito assai poveramente ma regalo’ un miliardo di lire allo Stato perchè si erigesse l’ospedale pediatrico in memoria della figlia prematuramente scomparsa. Sparito il miliardo nelle bustarelle del partito nazionale fascista, Gaslini ando’ personalmente dal duce a consegnargli assegni per un secndo miliardo, al che l’ospedale si fece. In genee si è applicata l’etica protestante di Weber, sia pure in una città che ha fatto della devozione alla Madonna un fatto popolare e politico insieme: l’unica manifestazione della ricchezza va o nel reinvestirla o in beneficenza. Distrutta l’autonomia economica coi Savoia e trasformata la città in una appendice del Nordovest (anhe paper la cronica asfissia e mancanza di spazio edificabile, che spinse il genovese Piaggio a Pontedera a fare la Vespa), i ricchi sono finiti o alla corte del Papa (i Doria) o in Argentina (i Cattaneo Adorno, alias caffè Segafredo) o si sono fatti la loro Genova artificiale su misura a poca distanza: i Grimaldi, alla rocca di Monaco. (Dall’Ottocento in poi molta imprenditoria è di importazione -il piemontese Perrone fonda l’Ansaldo nel 1853- ma la residua imprenditoria locale vive spesso rinchiusa nel suo passato e attaccata alla mammella del porto, dal che gli infiniti mugugni.)
Ciao!
Andrea Di Vita
Per controlL #19
Era Engels che diceva ‘o Comunismo o barbarie’. Personalmente credo che col crollo del Muro di Berlino l’umanità abbia perso una buona occasione -forse l’ultima- per risparmiarsi un diecimila anni i guai, se non addirittura l’estinzione. Perchè col Muro è caduta una possibiltà (magari solo retorica, o sognata). E’ svanito il principio che le persone hanno la possibilità di determinare la propria storia. La parola Liberazione è diventata una parolaccia, la Resistenza all’oppressore una bestemmia. Si è ritornati a pensare a ciechi e ineluttabili Destini (di libero mercato, di appartenenza culturale, di identità o di radici) che finiscono con lo sbattere le vite umane una contro l’altra, ‘come colombe dal disìo chiamate’ in un vortice infernale ‘che mai non resta’. Per usare un linguaggio religioso, che pero’ rende bene l’idea, col Muro è caduto un Katechon, una barriera che tratteneva il Male dallo scatenarsi nel mondo. Caduto il Muro, e sparita infatti nelle classi dominanti ogni residua paura della Rivoluzione, di una qualunque Rivoluzione (francese, o Sovietica, o alto) che mettesse in dubbio il loro potere fondato sul denaro e sugli orwelliani spin doctor, la loro supremazia di officianti dei sacrifici umani al dio della Libera Impresa in Libero Mercato. E’ ridiventato non solo possibile, ma anzi lecito e moralmente auspicabile ogni abuso, ogni precarietà, ogni liberismo, ogni saccheggio, ogni attentato ai diritti, alla dignità e alla uguaglianza di donne e uomini. E’ storia di oggi, l’attentato sventato (per ora) all’uguaglianza dei cittadini di fronte ala legge.
Detto questo, ricordo che la storia spesso va avanti a cicli, ma anche che ogni ciclo non passa mai per dove è passato un ciclo perecedente, così che la storia non si ripete mai. Concordo quindi con Giambattista Vico quando dice grosso modo che la storia va avanti come un’elica.
Purchè non sia un’elica discendente.
Ciao!
Andrea Di Vita
questo post andrebbe messo in appendice ad ogni buon manuale di antropologia.
bravo bravo bravo Miguel.
diego
Per rosalux n. 16
Non ho dubbi che la grande maggioranza degli ebrei occidentali di oggi vivano la festa della Pasqua nella maniera in cui la descrivi.
Anche la maggior parte dei battezzati cattolici vedrà nel Natale la festa della bontà, della famiglia e una serie di altre cose.
Ma per questo possiamo dire che questa è una visione cattolica della realtà? O non è piuttosto una "occidentalizzazione" del cattolicesimo?
Allo stesso modo, la definizione che dai della Pasqua mi sembra molto più da ceto-medio-occidentale-moderno che ebraico.
Poi, una volta che un gruppo ha una certa immagine di sé, chiaramente proietta all’indietro, cercando discutibili esempi per ammantare il proprio presente della gloria del passato: come il musulmano da ceto-medio-occidentale-moderno esalta la "civiltà multiculturale dell’Andalusia", anche nel Talmud si potranno trovare frasi che, stiracchiate a dovere, si possono leggere come progressismo storicista.
Miguel Martinez
x Andrea
Engels, naturalmente, sbagliava.
Il comunismo si è rivelato la peggiore barbarie, e pure noiosa.
Mentre il capitalismo ha preso alla lettera le lodi di Marx e ha continuato ad evolversi, a migliorarsi, a mutare, ad adattarsi ad altre culture e a nuove richieste.
Mentre l’infantile attesa che si giungesse alla Storia (o alla Barbarie, nella versione di p.) è rimasta per i solo deboli di spirito.
E’ impressionante che qualcuno ancora cada nel tranello della rivoluzione … trappola vecchia fa buon brodo, direbbe Lucifero?
Ciao
Francesco
PS il mondo migliore lo facciamo noi ogni giorno, quello perfetto non si fa e basta
x martinez:
Ma certo, che è come dici tu.
E dunque? L’idea di poter vivere la propria religione aderendo ad una “lettera” lontana nello spazio e nel tempo e estranea al contesto – essendo totalmente illusoria e irrealizzabile – finisce con l’essere violenta e mortifera. L’osmosi culturale è nella natura umana, e per negarla e respingerla in nome di una purezza incontaminata bisogna solo morire e seminare morte.
La vita è cambiamento e mutazione: può essere terrorizzante, da un punto di vista identitario, ma è incontrovertibile. Non stupisce che chi non accetta questo, spesso sposi quelle ideologie che considerano la morte (autoprocurata e/o donata al prossimo) come il momento più alto della vita.
r.
Andrea Di Vita,
sottoscrivo al 100%.
Non verrà mai abbastanza celebrato l’acume di Max Weber nell’accostare il capitalismo moderno al calvinismo e nel vedere il secondo come fondamentale ispiratore del primo.
E anche la distinzione col capitalismo italiano medievale e rinascimentale è decisiva per capirne la natura.
Il fatto che l’accumulo di capitale sia un fine e non un mezzo, diversamente da tutte le civiltà passate, rinascimento compreso, è un elemento dirimente.
Molto interessante poi la digressione su Genova.
Per Francesco #25
”Il comunismo si è rivelato la peggiore barbarie, e pure noiosa”
Allora, se non ricordo male il Comunismo è descritto da Marx con lo slogan ”a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità”. In che modo secondo te l’URSS o l’Albania di Hoxha rispettavano tale slogan?
”deboli di spirito”
Non dirlo a me. La Fine della Storia è una idea rispolverata da Fukuyama che risale ad Hegel e prima di lui a Sant’Agostino.
” E’ impressionante che qualcuno ancora cada nel tranello della rivoluzione”
Gli oppressi del mondo stavano molto meglio quando gli oppressori temevano una possibile futura Rivoluzione. Ora che la si considera impossibile, chi fermerà gli oppressori? E’ come nel Cristianesimo: se togli la paura delle fiamme eterne dell’inferno, chi rinuncerà a peccare? Solo che persino uno stalinista potrebbe dire a un cristiano: io ti ho fatto vedere il mio inferno, ora fammi vedere tu il tuo paradiso.
Ciao!
Andrea Di Vita
la rivoluzione è sempre presente. solo i deboli di vista non la vedono. Gli slogan sono comprensibili ma imprecisi, come quando si dice barbarie per crudeltà o altro. Ma in dottrina engels disse che il comunismo è il ritorno dialettico alla barbarie. Ed è questo che vale.p
Per p #29
”il comunismo è il ritorno dialettico alla barbarie”
Interessante.Potresti citare la fonte, per favore?
Grazie e ciao!
Andrea Di Vita
Per Rosalux n. 26
"x martinez: Ma certo, che è come dici tu. E dunque?"
E dunque è come dico io 🙂
Cioè – se tu e io abbiamo, insieme ragione – "credere" alla storia e al progresso non è una caratteristica ebraica o cristiana, ma la necessaria autogiustificazione del sistema capitalistico e soprattutto dell’imperialismo, nonché fratello gemello del razzismo.
A cui possono credere, ovviamente, ebrei, cristiani, induisti e buddisti: penso che un imprenditore di Singapore esprimerebbe concetti analoghi.
Miguel Martinez
ho il pucchio malconcio assai. Credo sia "l’origine dello stato…", ma potrei sbagliarmi. Sono quelle frasi che restano impresse perché scolpiscono un’intera teoria.p
solo adesso ho letto. L’unica occasione persa del muro di berlino, se tale può dirsi, che la storia non ha tempi di vita umana, è che non sia caduto subito. Avremmo risparmiato quarant’anni.p
@ Andrea 21:
I Protestanti hanno inventato probabilmente il “Libero Mercato”, ma i Cattolici, prima di loro, hanno inventato la “Banca” … per poter parlare di “Capitalismo” occorrono entrambi: Libero Mercato & Banche.
Gli Ebrei si sono darwinianamente adattati benissimo al “gioco”, spesso rivelandosi vincenti.
… Ma i Musulmani, come mai non si sono adattati altrettanto bene al Capitalismo, tant’ è vero che ancora oggi, nonostante tutto quel petrolio, non c’ è un benessere di massa (e quindi ricerca di libertà individuale) nei Paesi a maggioranza islamica ?
C’ è chi dice _ come lo storico dell’ economia Ettore Gotti Tedeschi_ che tutto sia dovuto al tabù dell’ usura ebraica, schifato a parole (!) da entrambi Cristiani e Musulmani … solo che i secondi non hanno trovato l’ escamotage della Banca, difatti ancora oggi le loro banche religiose, senza finanziamenti dai re del petrolio, fallirebbero ancor prima di aprire.
XXX
banca e mercato c’erano già tra i greci e i romani.p
Capitalismo Greco-Latino ? Argomenta, ch’ è interessante !
—- Cmq, segnalo questa considerazione di Ettore Gotti Tedeschi:
« L’economia è una tecnica, avanzata e sofisticata, ma neutrale, che per essere vantaggiosa per l’uomo deve trovarlo consenziente a considerarsi importante. » [come punto di partenza teorico ecumenico, direi che è ottimo, ma la pratica …]
Ce l’ ha chiaramente con il “Verdismo” estremista: quelli che ritengono un tiepido e gradevole solicello invernale odierno più grave della Peste Nera nel Medioevo.
Ce ne sono, ce ne sono …
XXX
c’ho il pucchio in disordine. sarò fulmineo. però sì, c’era capitalismo, ma non erano societò capitaliste.p
@ Andrea
…gli arabi e gli ottomani, non vedevano i nomadi come opposti alla città, bensi come indispensabili allo splendore della città stessa, perché oltre a produrre i meravigliosi tappeti, il loro modo di vivere a contatto con gli elementi esorcizzava le forze avverse e contribuiva a mantenere l’equilibrio cosmico necessario al prosperare dell’impero. Gli abitanti delle città offrivano regolamente, durante festività comuni, aiuti ai nomadi e viceversa.
la transiberiana non puo rendere impossibili le avveture di jengis khan, un cavallo in carne ed ossa puo ‘benissimo galoppare accanto ad uno di ferro é la mentalità aggressiva e devastratrice devastrice che impedisce il nomadismo….comunque non é un caso che la transiberiana non sia mai entrata in afghanistan!
ecco perché si dice “ho una paura blu”, perché i romani perdevano le battaglie nelle foreste contro i celti che avevano l’abitudine di combattere con la faccia colorata di pigmenti blu. ciao, jam
"ecco perché si dice "ho una paura blu", perché i romani perdevano le battaglie nelle foreste contro i celti che avevano l’abitudine di combattere con la faccia colorata di pigmenti blu. ciao, jam"
Ah, davvero? Mi citeresti un passo di un autore latino dove compaia questa espressione?
..in latino non so, in italiano nemmeno, ma in francese si dice “j’ai une peur bleu” ….ma poco importa come dice Picasso: ” quando non ho del blu, metto del rosso”.
ciao, jam
vabbè, ma se dici che l’espressione risale ai Romani vuol dire che i Romani la usavano, no?
E se diciamo che i Romani antichi la usavano, visto che i Romani antichi sono morti, vuol dire che l’abbiamo letta in qualche scrittore Romano antico; o in qualche scrittore coevo anche di altra lingua che la attribuisce a loro.
Si dà il caso che sono laureato in lettere classiche, e non mi sono mai imbattuto in questa espressione né in latino né in greco;
escluderei ragionevolmente che si possa trovarla nella letteratura siriaca, armena o copta, per non parlare di quella persiana: avevano altri interessi e problematiche che il colore dei celti, di solito.
Invece gli scrittori latini e greci che parlano diffusamente dei celti, descrivendone senza falsi pudori vizi e virtù, non la usano mai, almeno quelli che ho letto io.
Il che mi fa pensare che tutta la faccenda della "paura blu" attribuita al colore della pittura dei celti sia un falso, e non escluderei che la cosa sia attribuibile a un certo nazionalismo francese di stampo ottocentesco, visto che il "blu" in inglese è associato, che io sappia, a emozioni diverse (la tristezza più che la paura).
Ciao.
Correggo, scusa, scrivo in fretta:
"si dà il caso che io sia…"
chissà da dove viene la surreale "far vedere i sorci verdi".
ce l’avrà con carlo magno e il sacro romano impero. È un po’ indietro cogli aggiornamenti storiografici, che oggi parlano di rinascimento carolingio.p
esempio d’inciltà del nono secolo. Dai capitolari di carlo magno:
se qualcuno ingannato dal diavolo crederà, secondo l’uso pagano, che un uomo o una donna sia una strega e mangia gli uomini, e per questo la brucerà, darà la sua carne da mangiare o la mangerà, sia punito a morte.
Poi tempi più civili, procedente progresso, per legge le streghe le bruciarono .p
"chissà da dove viene la surreale "far vedere i sorci verdi". "
Azzardo:
dai nomi pittoreschi delle trincee della Prima Guerra Mondiale e da qualche fatto a loro connesso.
I "gatti rossi", i "gatti verdi" (credo) sono attestati, in Lussu ad esempio se non ricordo male.
Una squadriglia "dei sorci verdi" era poi nell’Aeronautica di epoca fascista (siluranti? non ricordo), e si sa il riuso che i fascisti fecero del folklore combattentistico della Prima Guerra.
Ciao!
"chissà da dove viene la surreale "far vedere i sorci verdi". "
Dall’Aeronautica Militare Italiana fra le due guerre mondiali.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sorci_Verdi
"chissà da dove viene la surreale "far vedere i sorci verdi". "
Dall’Aeronautica Militare Italiana fra le due guerre mondiali.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sorci_Verdi
"chissà da dove viene la surreale "far vedere i sorci verdi". "
Dall’Aeronautica Militare Italiana fra le due guerre mondiali.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sorci_Verdi
Consiglierei la lettura di “Storia dell’utopia”, di Jean Servier, edizioni Mediterranee. La distinzione tra utopia (pacifica idealizzazione prodotta da menti filosofiche) e millenarismo (secolarizzazione violenta della Gerusalemme celeste) è fondamentale. Nella storia del cristianesimo il millenarismo è un’eresia, non una tendenza ortodossa, come si può evincere facilmente dalla teologia cristiana della storia (da Agostino a G.B. Vico)
x martinez: “è come dici tu” era riferito alla ovvia considerazione che un ebreo/cattolico/musulmano del ventunesimo secolo che abiti in un paese occidentale “integra” nella sua cultura anche l’illuminismo e la rivoluzione francese, e l’idea “moderna” di progresso.
Cosa che non ha niente a che vedere con il tuo personale sistema di pensiero ideologico, che vuole attribuire all’ “idea” di progresso un piano per il dominio del mondo da parte dei giudeo-cristiani (ideologia già praticata in forme cruente, come ben sai).
Mi sembrano due questioni molto diverse, e sarebbe gentile da parte tua evitare di essere manipolatorio, grazie.
r.
ma è succeso qualcosa a papino il breve?p
Per rosalux n. 49
"con il tuo personale sistema di pensiero ideologico, che vuole attribuire all’ "idea" di progresso un piano per il dominio del mondo da parte dei giudeo-cristiani"
E quando mai avrei sostenuto qualcosa di lontanamente simile?????????
Ho detto che il capitalismo (sistema economico, non religione giudaica o cristiana) produce una propria giustificazione ideologica.
Cosa c’entra un "piano per il dominio del mondo", se non nella misura in cui ogni azienda mira all’espansione infinita?
Boh…
Miguel Martinez
Ah, quindi ho capito male: la "fede per il progresso" ora non è più un articolo della "propaganda imperialista" usato da ebrei e cristiani per fini strumentali, e possiamo serenamente valutarne le origini, la portata culturale e gli sviluppi invece che presentarlo come un articolo bellico di oppressione dei popoli.
Mi conforta, anche perchè ora che ci penso le peggiori nefandezze "imperialiste" sono state fatte in nome della superiorità razziale, e il richiamo alla "purezza" originaria della razza – in tutte le sue forme – è spesso un richiamo ad un eden perduto, che di progressista non ha proprio nulla, anzi.
r.
"e il richiamo alla "purezza" originaria della razza – in tutte le sue forme – è spesso un richiamo ad un eden perduto, che di progressista non ha proprio nulla, anzi.
r."
Non so se sono d’accordo.
La colonizzazione del Nord America aveva sì un richiamo all’idea di "eden perduto", ma questo eden era da costruire con l’addomesticamento violento della natura, di cui i nativi, o i "meno bianchi", erano incapaci
(nella propaganda dei bianchi, ovviamente).
Nella spartizione coloniale dell’Africa la propaganda razziale ebbe una parte anche più pesante, ma l’eden perduto come immaginario fu tirato in ballo davvero pochissimo, e di solito da romantici avventurieri e non dai pragmatici governi che ne permettevano l’esistenza; al limite si calava la mano sulla natura selvaggia che il vigoroso uomo bianco riusciva comunque a domare.
I nazisti potevano pure richiamarsi al folklore germanico, con tutto l’ambaradan di tutti i folklori del mondo su un passato mitico idealizzato, tuttavia la loro conquista dello spazio vitale non mirava certo a tornare al Medioevo.
L’ammirazione del fascismo per il progresso tecnico e il futuro credo sia fuori discussione; per questo, se si richiamavano alla Roma antica, lo facevano per proiettarne l’immagine di forza e efficienza nelle trasvolate atlantiche e nei record di velocità (per questo Fascisti su Marte, almeno come gag telesiva, funzionava benissimo, mentre una gag su ipotetici "hamish fascisti" non avrebbe avuto senso), di "eden perduto" direi che ne avevano davvero pochissimo, zero poi nelle loro avventure coloniali.
No, davvero, tutto sommato credo che nelle nefandezze imperialiste e colonialiste varie abbia influito assai di più la fede per il progresso.
Di cui si possono valutare serenamente le origini e la portata (anche non in ambito occidentale) senza che per questo smetta di essere stata usata, questa fede, come articolo di propaganda.
Mi sfugge tra l’altro cosa vi sia di sconvolgente nel dirlo.
Ciao!
I nazisti potevano pure richiamarsi al folklore germanico, con tutto l’ambaradan di tutti i folklori del mondo su un passato mitico idealizzato, tuttavia la loro conquista dello spazio vitale non mirava certo a tornare al Medioevo. pino
maria
Infatti. George L. Mosse ha dedicato uno studio alla liturgia nazista fatta di feste, di rituali, di manifestazioni , di grandiosi monumenti che si ricollegavano sì alle e vicende tedesche più lontane, ma non come fatto nostalgico di un passato mitico quanto come richiamo e strumento in grado di assicurare veramente continuità al presente , al sistema politico nazional socialista e ai suoi scopi.
Quindi non solo propaganda ma vera e propria strategia per consolidare una nuova Germania, anche dopo che "l’attrazione magica" che lui pensava di esercitare verso il popolo fosse cessata con la morte.
Il libro è La nazionalizzazione delle masse, Simbolismo politico e moviemnti di massa in Germania (1812-1933)
Per PinoMamet n. 53
Beh, le due cose a volte vanno insieme.
In Messico è stato sicuramente così: l’esaltazione del passato morto degli aztechi ha sempre accompagnato la più distruttiva esaltazione del "progresso" – associato al mito della raza, intesa come i mestizos – portatrice di modernità individualista e iniziativa privata contro il mondo "arcaico" degli indios.
Però gli innovatori hanno sempre esaltato gli aztechi, non come un passato a cui ritornare, ma come segno delle "cose grandi che possiamo fare, se solo ci modernizziamo".
E giù scuole, insetticidi, privatizzazioni, lezioni di spagnolo, svendite, rapine di terre e massacri…
Miguel Martinez
Per Maria n. 54
Una volta ho visto un interessante film di propaganda del Fronte del Lavoro nazista: i lavoratori schierati, in ordine militare, mentre un ufficiale chiedeva,
"tu da dove vieni?"
e quello
"Dalla Sassonia!" e così via, regione dopo regione… poi il grido, "no, siamo tutti tedeschi!", cioè membri di una nazione inventata (almeno politicamente) appena sessant’anni prima, cui tutti si dovevano adeguare, ovviamente a discapito delle loro reali radici.
Miguel Martinez
Perché il titolo del post è stato modificato ?
Cosa t’ ha fatto cambiare idea circa "nel nome del ventunesimo" ?
XXX
"ma l’eden perduto come immaginario fu tirato in ballo davvero pochissimo, e di solito da romantici avventurieri "
Non so cosa intenda tu come "romantico avventuriero" ma direi che figure peraltro diversissime come Burton, Lawrence d’Arabia, Robertson-Smith ed il nostro Robecchi Bricchetti siano rappresentativi. Consiglio quell’eccellente e acuta satira che di personaggi simili ma di più basso livello fa Samuel Butler in "Erewhon" con l’idea fissa del protagonista di aver ritrovato le Tribù Perdute d’Israele.
E’ vero che ai governi delle questioni "ideali" riguardanti il remoto passato fregava abbastanza poco, ma va anche detto che alle azioni e agli scritti di questi romantici avventurieri spetta un ruolo tutt’altro che secondario nel promuovere il sostegno e l’interesse dell’opinione pubblica per l’espansione coloniale, e per le operazioni ottocentesche di costruzione nazionale in genere. Io direi a livello di coscienza diffusa questa narrativa fosse assai importante.
Immagino che lo storicismo di matrice hegeliana possa essere considerato l’origine di questo atteggiamento. Di cui peraltro non faccio colpa ad Hegel (che non amo affatto) ma ai suoi mediocri epigoni.
Comunque, la "teologia del progresso" direi, nasce prima dell’imperialismo ottocentesco e in origine non ha connessioni con esso. Per quanto ne so, è un prodotto del proto-illuminismo (non so come altro chiamare quel movimento razionalista, precedente l’illuminismo in senso stretto, di cui furono esponenti tra gli altri Richard Simon, Leibniz, Pierre Bayle, John Locke e Shaftesbury; in tedesco si dice Fruehafklaerung) e in particolare della querelle des anciennes e des modernes e delle opere di Fontenelle sull’argomento (ma ci metterei di mezzo anche la scienza baconiana). Per arrivare ad una filosofia della storia interamente legata al concetto di progresso però bisogna andare un po’ oltre; gli studi che conosco sull’argomento ne danno il merito a Voltaire o a Condorcet, ma personalmente credo che il segnale più netto dell’avvenuta costituzione di una dottrina del progresso sia un opera di Sebastien Mercier uscita nel 1774, intitolata L’an 2440 (L’anno 2440).
x ADV 28
tra i fatti e gli slogan, ho imparato a considerare i fatti, sarà che ho iniziato a tifare Milan da bambino con presidente tale Farina, fortissimo con gli slogan quanto debole a fatti
la Fine della Storia come traguardo dell’azione umana è una debolezza, nel caso di Fukuyama un’illusione ottimista. se parliamo invece di DIo, la trovo una liberazione.
persino, PERSINO i sessantottini avevao capito quanto orami il comunismo vero (quello esistente) non fosse più per nulla una "speranza per gli oppressi".
e questo senza voler entrare nella disputa storica sugli effetti del comunismo sugli altri (io, per esempio, sono dell’opinione che è impossibile pensare Mussolini e Hitler senza Lenin).
Francesco
"la Fine della Storia come traguardo dell’azione umana è una debolezza, nel caso di Fukuyama un’illusione ottimista. se parliamo invece di DIo, la trovo una liberazione."
Notevole. E’ la posizione di Karl Loewith, tranne il fatto che non mi risulta che lui fosse credente.
Fukuyama, per quel che lo conosco, è un idiota.
per Falecius:
"in tedesco si dice Fruehafklaerung"
anche un Falecius può essere fallibile 🙂 Però devo dire che non succede spesso…
Miguel Martinez
Miguel, non ho capito: è un errore d’ortografia in tedesco? 🙂
Fukuyama stava antipatico pure a me (nonchè a Derrida), però bisogna dire che si è rimangiato interamente il suo ingenuo vangelo liberale, già da qualche anno. Al contrario di altri loschi figuri..
E.M.
x Falecius
FruehAUFklaerung … sarebbero più corretti gli umlaut delle "e", ma coi "simboli" non è tanto semplice.
XXX
Sugli umlaut, lo so, ma penso che in un commento si possa accettare la versione con le E. Vero che esistono i codici, ma mi sono sempre rifiutato di impararli e di usarli perché li considero un modo sommamente molesto di impiegare le potenzialità della macchina: ho smepre pensato che invece di obbligare la gente a premere quindici tasti contemporaneamente per scrivere un umlaut, una tilde o un accento acuto, si potrebbero creare, in modo assai economico, i tasti relativi, ad esempio sul tastierino numerico. Del resto suppongo che per scrivere i toni in vietnamita facciano circa così, o hanno 45 vocali sulla tastiera col loro diacritico?
In realtà basterebbe personalizzare il layout di tastiera, per ottenere qualcosa di molto simile a quello che dice Falecius.
Le tastiere tedesche (non ne ho mai vista una) sicuramente avranno i tasti per fare l’Umlaut e la ß, ma la tastiera fisicamente è identica, con l’unica differenza dei segni stampigiati sui tasti. Poi però il layout tedesco (in Windows, Linux o quello che sia) fa sì che al tale tasto o combinazione corrisponda il tale segno.
Io ho dovuto fare un layout adattato per il russo, perché in quello standard non c’è nessuna corrispondenza fra le lettere cirilliche e le nostre, quindi ne ho scaricato uno adattato e l’ho a mia volta corretto per la tastiera italiana (si basava su quella inglese).
A parte questo, uso spesso dieresi (o Umlaut che dir si voglia) e accenti circonflessi perché mi capita di scrivere in dialetti che hanno suoni intrascrivibili senza l’ausilio di segni diacritici, ma mi sono rassegnato a digitare combinazioni tipo Alt+0235 ecc., più per la pigrizia di dover elaborare un apposito layout di tastiera che altro, fatto sta che, a forza di digitarle, sono diventato piuttosto veloce e mi vengono abbastanza automatiche (anche se rimane pur sempre una seccatura).
Mi perdonino Miguel e gli altri per questa divagazione tecnica così fuori tema.
Peucezio: certamente, si può fare tutto con i layout di tastiera (quando ero più giovane avevo creato anche io un sistema per il russo), ma uno davvero universale non lo conosco e sono troppo pigro per mettermi a personalizzare le impostazioni, anche se so che è possibile. Il guaio è che comunque la tastiera resta sempre quella lì.
Ora sto lavorando a una personalizzazione che mi consenta di mettere facilmente le dieresi, gli accenti acuti e i circonflessi sulle vocali e di digitare la ñ e la ß.
Una volta che l’ho completata (pigrizia permettendo), se vuoi ti mando il file.
Volentieri, grazie mille.
Ricordo a tutti la meravigliosa tastiera universale:
http://www.lexilogos.com/clavier/unicode.htm
Miguel Martinez
Ricordo a tutti la meravigliosa tastiera universale:
http://www.lexilogos.com/clavier/unicode.htm
Miguel Martinez
Ricordo a tutti la meravigliosa tastiera universale:
http://www.lexilogos.com/clavier/unicode.htm
Miguel Martinez
Per Falecius
chi è il signore con cui non sono d’accordo?
Io trovo che immaginare una fine della storia come traguardo possibile dell’azione politica induca ad un grave errore di valutazione economica.
Se la mia azione ha come effetto la fine della storia e uno stato di perenne felicità umana, qualunque sia il costo X della mia azione (e.g. un bagno di sangue come la rivoluzione russa ma gli esempi sono innumerevoli), il beneficio sarà maggiore e quindi sarò moralmente giustificato.
Saluti
Francesco
@ Francesco #71
giusto, anche se di fatto di fine della storia si è parlato non per l’instaurazione del regime comunista in russia, ma per la sua fine e per la sua sostituzione con il dominio globale del liberismo
beh, caro anonimo, cosa era la fine della preistoria e l’inizio della vera storia di Marx se non un concetto addirittura peggiore?
sarei curioso di sapere se il millennio fascista può essere l’analogo della fine della storia … in fin dei conti mille anni sono un sacco di tempo
Francesco
OT
Caro Miguel,
quanto viene la kilo la tua sicurezza sulla superiorità economico-militare dell’Occidente?
Che io inizio a scarseggiare, e questo discorso di Bibi non aiuta …
Ciao
Francesco
Segnalo:
notizie.tiscali.it/feeds/09/10/12/t_01_2009-10-12_112435512.html
"’Il tempo sta per scadere, e’ in atto un tentativo di sopraffare secoli di civilta’, di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti. Non bisogna permettere che cio’ accada”
La Carfagna parla come Nethanyau parla dell’Iran: "il tempo sta per scadere" (in fretta in fretta bisogna passare alle misure drastiche!), "è in atto un tentativo di sopraffare secoli di civiltà" (Ahmadinejad il nuovo Hitler sta per aprire le fauci e inghiottire il mondo intero, come stava per fare Saddam!), e "si cerca di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti" (attenzione al complotto islamico globale e ai Savi Anziani di Islam!).
Saluti
-AF
Segnalo:
notizie.tiscali.it/feeds/09/10/12/t_01_2009-10-12_112435512.html
"’Il tempo sta per scadere, e’ in atto un tentativo di sopraffare secoli di civilta’, di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti. Non bisogna permettere che cio’ accada”
La Carfagna parla come Nethanyau parla dell’Iran: "il tempo sta per scadere" (in fretta in fretta bisogna passare alle misure drastiche!), "è in atto un tentativo di sopraffare secoli di civiltà" (Ahmadinejad il nuovo Hitler sta per aprire le fauci e inghiottire il mondo intero, come stava per fare Saddam!), e "si cerca di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti" (attenzione al complotto islamico globale e ai Savi Anziani di Islam!).
Saluti
-AF
Segnalo:
notizie.tiscali.it/feeds/09/10/12/t_01_2009-10-12_112435512.html
"’Il tempo sta per scadere, e’ in atto un tentativo di sopraffare secoli di civilta’, di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti. Non bisogna permettere che cio’ accada”
La Carfagna parla come Nethanyau parla dell’Iran: "il tempo sta per scadere" (in fretta in fretta bisogna passare alle misure drastiche!), "è in atto un tentativo di sopraffare secoli di civiltà" (Ahmadinejad il nuovo Hitler sta per aprire le fauci e inghiottire il mondo intero, come stava per fare Saddam!), e "si cerca di instaurare un ‘regime’ che nega i diritti" (attenzione al complotto islamico globale e ai Savi Anziani di Islam!).
Saluti
-AF
In sé il divieto di girare a volto coperto può avere un senso. Sono le cervellotiche, a dir poco, motivazioni che lo destituiscono del tutto, e fanno pensare ad altro.
Prendiamo il cavallo di battaglia della sicurezza, per cui è bene che non si giri col burqa o col niqab che nasconde il viso. In generale ha un senso. In particolare però si dimentica che in italia di gente che ha ucciso a volto coperto dal burqa non ne ho mai sentito parlare, ma di gente che ha ucciso a volto coperto dal casco, ce n’è decine. Che la sicurezza, in italia, dipenda dal non girare in burqa è dunque patetica balla, al di là che possa essere ragionevole che in pubblico si debba girare in modo da essere riconoscibili.p
Per controlL #76
Non solo concordo, ma temo che il vuoto pneumatico dietro alla pretesa dei nostri governanti di far dimenticare la fregola rinvia-processi del silviuccio nazionale li spingerà a una islamofobnia sempre più conclamata. Finchè qualche esagitato non butterà una molotov in qualche stanzetta piena di islamici in preghiera. Allora, di fronte ai morti, una sinistra meno codina dell’attuale avrebbe di che sputtanare davvero chi sputtana l’Italia. Sfortunatamente la via alla civiltà non conosce scorciatoie, al contrario di quella alla viltà.
Ciao!
Andrea Di Vita
il nostro cavaliere una ne fa e una ne pensa in materia di linguaggio, ora non si è peritato di usare il verbo sputtanare per farsi intendere meglio senza durar fatica!
Sì perchè il "dramma" sta anche in questa diversa modalità di linguaggio, per sputtanare che sò, mara carfagna uno deve scrivere un post di un certo spessore linguistico e concettuale come ha fatto miguel, per il cavaliere e i suoi sodali , invece, per buttar m. su un’intera e antica civiltà bastano tre o quattro bischerate ripetute all’infinito e il gioco è fatto, non lo so ma mi viene sempre in mente l’episodio di borghezio che , in treno, per una volta ,invece delle solite ragazze nigeriane da offendere senza colpo ferire incontra i tifosi del livorno ….
Per marjam #78
Conosco un ultra amaranto che sarebbe felice di ripetere quell’incontro.
Ciao!
Andrea Di Vita
Francesco: a me pare di aver scritto che tu SEI d’accordo con Karl Loewith, che è un filosofo ebreo tedesco della metà del secolo scorso, di idee se ben ricordo abbastanza conservatrici. La tua critica al concetto di ‘fine della storia’ è analoga a quella di Popper, quando parla male della "ingegneria sociale utopica". Dall’altra parte altri autori, in genere meno famosi parlano dell’utopia (utopia nel futuro, che Loewith e altri identificano come la forma laica della Città di Dio realizzata sulla terra) come del "motore della storia".
Personalmente credo che ci sia del vero in entrambe le posizioni.
Miguel: appena posso corro a vedere il tuo link, grazie.
Falecius sloggato col computer che funziona male.
x Falecius
grazie e naturalmente hai ragione tu.
Io ho in odio le utopie, anche se cercherei di distinguerei le cose effettivamente impossibili da quelle storicamente molto difficili.
Le seconde sono il motore della storia, le prime il velo del massacro.
Certo, temo che la distinzione sia non banale da effettuare nei casi pratici.
In generale, una buona approssimazione è quella metodologica: se ci vuole una rivoluzione per farla, è una cosa brutta.
Ciao
Francesco
Mah – io direi che nell’utopia in sé non c’è niente di male.
Quando la si vuol picchiare in testa agli altri, è lì che viene il male.
Z.
x Z
infatti sei un pericolo komunista 😀
l’utopia è un male in sè quando indica un posto in cui non è possibile andare, incitando a sforzi inutili, inumani, dannosi per provarci lo stesso
Francesco
Per Francesco #83
”un posto in cui non è possibile andare, incitando a sforzi inutili, inumani, dannosi per provarci lo stesso”
E che cos’e’, il Regno dei Cieli?
Ciao!
Andrea Di Vita
oserei correggerti: è esattamente il contrario!
Francesco o’teologo
Francesco,
— l’utopia è un male in sè quando indica un posto in cui non è possibile andare —
Mannò. Tutti noi desideriamo cose impossibili, ma poi dipende cosa di nostro – o di altrui – siamo disposti a sacrificarvi.
Z.