Fascismo, antifascismo, neofascismo e altri miti (1)

Lampi di pensiero, il blog di Guido Allegrezza, ha lanciato alcune interessanti riflessioni sull’antifascismo ai tempi nostri. Vi invito a leggere ciò che scrive lui; e accolgo il suo invito a dire anche la mia.

Parto da un’apparente banalità, a cui pochi forse pensano.

L’antifascismo, lo dice il nome stesso, è il contrario del fascismo.

Evidentemente, non di qualunque cosa abbia mai fatto il fascismo, altrimenti l’antifascismo sarebbe anche il contrario dell’emissione dei francobolli o delle trasmissioni radio.

L’antifascismo è, o dovrebbe essere, il contrario di alcuni aspetti essenziali del fascismo.

Se questi aspetti essenziali vengono definiti in modo chiaro, si definisce anche che cosa è l’antifascismo.

Se non si definiscono questi aspetti essenziali del fascismo, se non c’è un criterio per dire cosa è "fascista" e cosa non lo è, l’antifascismo per forza di cose diventa il riflesso negativo di un banco di nebbia inafferrabile. Solo che quel riflesso indefinito di qualcosa di indefinito si pone come arbitro del bene e del male e del lecito e dell’illecito.

In origine, "antifascismo" aveva un senso chiarissimo e inequivocabile: l’opposizione ai progetti del governo di Benito Mussolini; poi l’opposizione alla coalizione militare tra Italia, Germania e Giappone.

Bastava la presenza di un nemico chiaramente definito per definire anche l’antifascismo.

Il problema è che quel nemico chiaramente definito è sconfitto e morto. Solo in Italia – paese irrilevante sul piano mondiale – esiste una piccola minoranza che si riconosce come "fascista"; nel resto del pianeta, tutti si dichiarano "antifascisti", nella misura in cui gliene importa qualcosa del termine.

Essere "antifascisti" oggi potrebbe quindi significare, essere nemici dei circa 200 giovani che seguono Roberto Fiore, dirigente di Forza Nuova e fascista autoproclamato. Non ci sarebbe nulla di male: esistono persone in Italia, ad esempio, che si dedicano a combattere Scientology, un movimento mille volte più importante, ricco ed efficace di Forza Nuova, ma pur sempre molto minoritario.

Ma chiaramente non è così. Le persone che si definiscono "antifasciste" sono certo nemiche di chi si dichiara orgogliosamente fascista oggi; però si oppongono anche, di volta in volta, a un vasto numero di altre realtà. L’antifascismo non vede se stesso come una nicchia specializzata, analoga a quella dei critici di Scientology.

E infatti non lo è, perché chi si dichiara antifascista rivendica autorevolezza e spazio su almeno cinque piani: storiografico, politico, giuridico, antropologico e identitario.

Ma per capire questi piani, occorre dare un’occhiata al fascismo che chiamava se stesso tale e che ha dato il proprio nome anche all’antifascismo. Il fascismo reale, insomma.

(Continua…)

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82 risposte a Fascismo, antifascismo, neofascismo e altri miti (1)

  1. mariak scrive:

    Ma chiaramente non è così. Le persone che si definiscono “antifasciste” sono certo nemiche di chi si dichiara orgogliosamente fascista oggi; però si oppongono anche, di volta in volta, a un vasto numero di altre realtà. L’antifascismo non vede se stesso come una nicchia specializzata, analoga a quella dei critici di Scientology.

    maria

    e come potrebbe? scientology è un movimento del tutto estraneo alla storia d’Italia, il fascismo no, è durato venti anni, ha creato leggi, modi di pensare e infine ha condotto l’Italia in guerra e partecipato alla guerra civile-di classe-patriottica che ne è seguita detta anche Resistenza.

    E’ stato un fenomeno politico , comunque lo si voglia giudicare, di un’importanza straordinaria , e prova ne sia che ancora ne parliamo

    e ne siamo coinvolti, comunque lo si voglia giudicare.

    Comunque, l’argomento è molto interessante e aspetto le prossime puntate.

  2. kelebek scrive:

    Per Maria n. 1

    Infatti.

    Miguel Martinez

  3. dalovi scrive:

    Io penso che l’antifascismo nacque un po’ prima che i “fasci di combattimento” sfociassero nel Partito Fascista poi al potere. Ossia l’antifascismo non fu la sola opposizione al regime fascista (ed a chi successivamente vorrebbe riproporlo) ma anche l’opposizione al movimento fascista che poi prese il potere (…non da solo).

    L’antifascismo fu l’approdo di parte dell’antinazionalismo e del neutralismo della prima guerra mondiale, nonché dei moti contro la guerra ed il carovita (…o per il pane, la pace e la terra).

    Poi, dopo, quando vi fu il regime si caratterizzò nella forma contraria al regime, appunto. Ma era già prima.

    Questa continuità (e per alcuni aspetti un certo parallelismo rispetto al percorso che portò altri al fascismo – si potrebbe pensare agli Arditi del Popolo) con l’opposizione al nazionalismo ed all’interventismo aiuta, credo, a comprendere l’antifascismo. Anche se poi, attorno ad esso, si sono fuse e mischiate molte altre posizioni “antifasciste”.

    Del resto sia durante tutto il periodo del regime, sia successivamente, l’antifascismo incorporava al proprio interno molte posizioni distinte: l'”appello ai fratelli in camicia nera”, i socialrivoluzionari, la posizione di togliatti, la posizione di Scelba (…e Secchia).

  4. kelebek scrive:

    Per Dalovi n. 3

    Grazie, mi hai dato un’idea… vedrò di inserirla in quello che scriverò.

    Miguel Martinez

  5. utente anonimo scrive:

    L’argomento è spinoso, urgente e interessantissimo. Sono d’accordo con tutto quello che c’è scritto in questo incipit, e mi permetto di segnalare il sito che ospita le lezioni di un corso di filosofia della Sapienza tenuto dal professor De Fiore, che affronta, da una prospettiva inedita e promettente, anche il tema della retorica dell’onore che spopola nei gruppetti “neofascisti” (ma non solo!). Il sito è http://passionipoststoria.com/.

  6. utente anonimo scrive:

    dimenticavo la firma…

    E.M.

  7. controlL scrive:

    Per ora qui aspetto le altre puntate, essendo molto generico l’inizio. Ma posso già dire che non condivido una sola parola del post su “lampi di pensiero”.p

  8. utente anonimo scrive:

    “paese irrilevante sul piano mondiale???”

    Ah! guarda un po’… allora siamo nel G8 (G7+1) e nel G20 per caso!!!

    ironico

  9. utente anonimo scrive:

    Per E.M. n.5

    Grazie per il sito. In esso si ricorda, parlando di Bataille, la centralità della componente emotiva della politica e dell’economia. Nietzsche a parte, questa e’ una costante dell pensiero francese fin dai tempi dello ‘slancio vitale’ di Bergson e delle ‘Réflexions sur la violence’ di Sorel.

    Non vado fuori tema in questo thread: Sorel lo leggevano i fascisti della prima ora (quelli che sapevano leggere). Con Sorel, Ortega y Gasset sosteneva che la distinzione fra destra e sinistra è roba da imbecilli, e che la vera lotta è quella fra i profondi istinti umani. In ‘Autobiografia di un picchiatore fascista’ di Salierno, si racconta come Julius Evola fosse pienamente d’accordo con Gasset -ed Evola è appunto alla base della concezione ‘spiritualista’ di ‘razza’ (le altre due concezioni essendo quella’biologica’ e quella ‘storica’).

    Molti ‘pensatori’ fascisti (spieghero’ il perchè delle virgolette più sotto) rivendicano dunque il primato dell’irrazionale nelle azioni umane -e non solo quelle private, ma anche quelle pubbliche. Questo fatto è secondo me alla base di una possibile risposta ai quesiti posti da Miguel Martinez.

    Torniamo alle origini del termine ‘fascismo’. I fasci littori rappresentavano nell’antica Roma repubblicana l’unità delle varie componenti della comunità romana (patrizi, plebei ecc.). Secondo il filosofo Govanni Gentile, che compilo’ la voce ‘Fascismo’ dell’Enciclopedia Treccani e che teorizzo’ il ruolo dell’Azione come fattore unificante di Spirito assoluto e materia contingente, nel ‘fascismo’ si superano a tutti i livelli (personale, sociale, politico…) le differenze di ruolo e di classe in una unità animata da una azione unica: la volontà del popolo che si dentifica nella volontà del Capo.

    Ha dunque ragione, da un lato, chi dice che morto il Capo muore il Fascismo.

    Ma l’interessante per noi oggi è capire a cosa il Fascismo si contrapponeva al suo sorgere: il mondo moderno con tutte le sue divisioni. Queste erano economiche (di classe), politiche (di lobbies e fazioni parlamentari e non), istituzionali (la divisione democratica fra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario), religiose (modernismo contro magistero cattolico), artistiche (avanguardie contro tradizione figurativa e neoclassica), sociali (femminismo, rivoluzione sessuale, psicanalisi), ecc.

    L’idea base del Fascismo è di superare d’un colpo tutte queste divisioni in un unico Fascio: la simultanea eliminazione di ogni contrapposizione (fra poteri dello Stato, fra classi sociali, fra sessi, fra generazioni) dal corpo della società. Quest’ultima è soggetta allo Stato, a sua volta idealmente ridotto a strumento di un Movimento radicalmente nuovo rispetto alla società precedente, intesa come marcia e intrinsecamente votata alla corruzione e alla sconfitta (‘qualche migliaio di morti e mi sideo al tavolo della pace’).

    Autenticamente rivoluzionario, il Fascismo non chiede nè concede legittimità. La sua pretesa è piuttosto quella di appellarsi a una supposta Tradizione, ad un supposto Diritto Naturale intutitivamente accessibile (ecco Bergson, ecco Sorel) per istinto ad un determinato gruppo umano (la Nazione, la Razza..) e solo a quello.

    Molte persone sanno che l’umanità è intrinsecamente e irriducibilmente variegata e intrisa di differenze, e consideriamo la varietà e la differenza come una ricchezza. Unico modo per gestire tali differenze è di incorporarle nella società, senza pretendere di gestire tutto a priori e lasciando che persino lo Stato sia multiplo.

    Ad esempio, la democrazia si basa sulla divisione fra potere giudiziario, esecutivo e legislativo teorizzata da Montesquieu; la tolleranza ci insegna che il modo migliore per ciascuno di condurre la propria vita è quello che si sceglie lui/lei e che la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri; la ragione ci dice che non esistono gruppi umani privilegiati. E’ stato detto che la modernità sta nell’accettazione delle differenze: è un punto di vista che risale all’Illuminismo, ed è oggi considerato ala base stessa del pensiero razionale.

    Ogni entità che nega cio’ (ogni ‘Identità’, ogni ‘Razza’) è considerato qualcosa di arbitrario, dunque di superfluo, e chi a queste cose crede non merita confutazione: e un ‘pensatore’ fra virgolete, appunto. (Grave errore. Anche questi ‘pensatori’ votano, e fanno votare).

    I fascisti negano tutto cio’ alla radice: vogliono i frutti della modernità, ma negano l’Illuminismo che li ha generati, con il suo riconoscimento dell’irriducibile diversità del mondo. Esiste per i fascisti una Comunità di Popolo ispirata ad una Tradizione i valori della quali sono trascendenti e indipendenti dal tempo. Ad esempio, nel caso Italiano, il Risorgimento lo si è fatto risalire al tripudio rosso/bianco/verde dell’ultimo canto del Purgatorio dantesco. Per i fascisti La Storia è solo un continuo succedersi di ascese e declini di varie Comunità di Popolo, e solamente una Comunità cosciente di essere tale puo’ salvarsi.

    Il nazionalismo, la capillare diffusione in ogni aspetto della vita sociale, il disprezzo della ‘vita comoda’ col contemporaneo utilizzo dei ritrovati della moderna tecnologia (privi dello spirito rzionalista che li ha ispirati) e la costruzione a tavolino di una Tradizione sovente di comodo sono resi possibili dal lasciare volutamente nel vago alcuni concetti base, che servono a tenere unito e in costante allarme la Comunità di Popolo senza offrire al singolo la capacità di capire criticamente: ad esempio da nessuna parte si definisce nelle Leggi Razziali del 1938 il concetto di ‘Razza’. che viene dato per scontato.

    Non parla quindi a vuoto, anche dopo la morte del Duce, chi parla di fascismo e antifascismo oggi.

    Culto dei Valori e dell’Identità, rifuto della separazione dei poteri dello Stato teorizzata da Montesquieu, diffidenza o aperto razzismo verso il ‘diverso’, elogio quasi infantile della tecnologia ma diffusa ignoranza dell’atteggiamento razionalista che l’ha prodotta, controllo centralizzato di onnipresenti mezzi di comunicazione: la SIMULTANEA presenza di questi (ed eventualmente anche altri) fattori mi consente, credo, di riconoscere il Fascismo quando lo vedo.

    Come me, ciascuno puo’ riconoscerlo.

    Cosa poi io ne pensi, meglio di me lo spiega Chesterton: ”Imbroglione non è chi entra nel mistero. Imbroglione è chi rifiuta di uscirne”.

    Andrea Di Vita

  10. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — Ad esempio, la democrazia si basa sulla divisione fra potere giudiziario, esecutivo e legislativo teorizzata da Montesquieu; la tolleranza ci insegna che il modo migliore per ciascuno di condurre la propria vita è quello che si sceglie lui/lei e che la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri; la ragione ci dice che non esistono gruppi umani privilegiati. E’ stato detto che la modernità sta nell’accettazione delle differenze: è un punto di vista che risale all’Illuminismo, ed è oggi considerato ala base stessa del pensiero razionale. —

    Dunque, tanto per rompere un po’ le scatole:

    – la tripartizione dei poteri, che gli insegnanti di storia continuano a propinarci durante la cosiddetta “educazione civica”, è caduta in disuso da molto tempo. Aveva senso in una monarchia costituzionale, forma di governo ad oggi pressoché scomparsa in Occidente, ma non nelle moderne democrazie il potere, dove il potere è sempre bipartito [1];

    – “la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri”: nah 🙂 Come si diceva in Messico tanti anni fa, la libertà è fare quello che mi pare. Non è necessariamente una buona cosa, come non è necessariamente una buona cosa che un pluriomicida sia lasciato libero di proseguire il suo “lavoro”. Peraltro, chi decide dove finisce la libertà e comincia l’abuso? la legge? ma questo vale per qualsiasi tipo di regime, democratico e non 😉

    – “la ragione ci dice che non esistono gruppi umani privilegiati”: la ragione, semmai, ci dirà che non esistono gruppi umani biologicamente privilegiati. E non è detto che un fascista di oggi sia biologicamente razzista. Può limitarsi (mi viene in mente Boccacci, che è tornato agli onori delle cronache in questi giorni) a predicare la superiorità culturale di un popolo su di un altro. E al di là del concetto difficilmente apprezzabile di “superiorità culturale”, esistono differenze significative tra i gruppi umani anche nelle piccole cose. Ad esempio preferisco sedermi ad un tavolo di giocatori di Napoli piuttosto che a un tavolo di giocatori di Kiev (sempre che non si bari 🙂 ). Razzismo? Posso sbagliarmi ma non credo…

    Queste antipatiche puntualizzazioni per dire che molte dei concetti che a sinistra si danno spesso per obiettivi e scondati sono in realtà più discutibili ed evanescenti di quanto non appaiano a prima vista.

    Z.

    [1] L’unica eccezione di rilievo che mi sovvenga sono gli Stati Uniti, nazione formatasi proprio al tempo dell’esaltazione della monarchia costituzionale e rimasta fedele all’ordinamento che in Europa si vagheggiava a quell’epoca.

  11. utente anonimo scrive:

    MESSICO, IL PAESE PIÙ PERICOLOSO D’AMERICA PER I GIORNALISTI

    Gennaro Carotenuto

    (14 novembre 2008)

    Si chiamava José Armando Rodríguez Carreón ma per tutti era “El Choco”. Faceva la cronaca nera per il quotidiano di Ciudad Juárez “El Diario”. E’ morto ammazzato ieri, giovedì mattina mentre portava a scuola sua figlia maggiore Ximena.

    El Choco era un giornalista dello stato di Chihuahua, vi era nato nel 1968, lì si era laureato in Scienze politiche, era diventato giornalista, si era sposato con una collega Blanca Alicia Martínez, e lì avevano avuto tre figli e volevano continuare a vivere e lavorare. Dal 1993 lavorava a “El Diario” e dal 1997 si occupava di cronaca nera. E per 15 anni aveva convissuto con le minacce di morte.

    Cronaca nera a Ciudad Juárez vuol dire stare nell’occhio del ciclone dell’industria della violenza, il narcotraffico sempre più rampante, i femminicidi, le connessioni tra la criminalità politica e comune di uno stato che sintetizza la crisi del Messico come nazione e la sua trasformazione in narcostato. Cronaca nera per “El Choco” voleva dire ancora un giornalismo vecchio stile, consumare scarpe, andare a verificare, parlare con la gente, svolgere ancora giornalismo investigativo.

    Aveva passato l’ultimo pomeriggio della sua vita in un quartiere ad alta densità criminale, ma è improbabile che sia stato quello a segnare la sua condanna a morte. Anzi, come sempre in questi casi dove l’impunità è la regola, non filtrano notizie su quale delle decine di inchieste realizzate da Rodríguez Carreón possa avere indotto qualcuno a inviare i sicari. L’unico dettaglio investigativo importante è che del caso è stata investita la PGR, la Procuradoría General de la República, che si occupa dei delitti commessi dal crimine organizzato.

    “El Choco” era un giornalista che in altri tempi si sarebbe detto impegnato, come conferma un comunicato della Pastorale operaia della diocesi di Juárez, la Tavola delle donne e altre organizzazioni per i diritti umani alle quali Rodríguez Carreón era vicino e che sono da mesi impegnate in iniziative contro la militarizzazione della città voluta dal governo di Felipe Calderón. Quello della diocesi e delle associazioni dei diritti umani, che sarà pubblicato oggi venerdì e che Latinoamerica ha ricevuto in anteprima, è un vero e proprio appello alla società civile di Juárez:

    “la causa dell’assassinio di José Armando va ricercata nell’esercizio responsabile della sua professione in questa voragine di violenza nella quale sta affondando tutta la società juarense. […] Di fronte al caos e al terrore i cittadini comuni, le maestre e gli alunni, le donne operaie e i lavoratori, i commercianti […] diciamo basta con l’impunità”.

    Il Messico è oggi lo stato più pericoloso del continente per l’esercizio della professione giornalistica. Da quando il PAN (destra) è al governo sono almeno 35 i giornalisti assassinati nel paese mentre sei sono i desaparecidos.

  12. utente anonimo scrive:

    L’antifascismo è l’ultima patetica speranza alla quale si aggrappa quel contenitore vuoto che è la sinistra.

    Non potendo essere PRO-qualcosa, sono ANTI-qualcos’altro.

    L’opportunità dell’antifascismo è stata una benedizione per quei “comunisti” che, abbandonate idee rivoluzionarie, dovevano pur in qualche modo giustificare la loro esistenza.

    Il fatto che si sono quindi schierati con la democrazia borghese, loro vecchia nemica, di fronte al “mostro” fascismo, ha permesso di compiere in maniera praticamente indolore il passaggio dalla “rivoluzione proletaria” al “va bene il capitalismo, ma solo se lo governiamo noi”.

    Oggi, nei giovani di sinistra che in tempi diversi avrebbero potuto essere stati anarchici, partigiani, poi marxisti-leninisti, autonomi, operaisti ecc… è rimasta solo questa piccola certezza: non so dove vogliamo andare a parare, ma sicuramente i tizi con la testa rasata che picchiano i negri sono miei nemici.

    Sembra un gioco di ruolo.

    I fascisti odiano inesistenti “comunisti” e i sinistri, che non sanno nemmeno loro perchè vengono definiti “comunisti”, ricambiano.

    I problemi di questa società sono troppo complicati, ma un po’ di manicheismo semplifica e risolve tutto. Bisogna solo scegliere se puntare Rosso o Nero, senza pensare che tanto il banco vince sempre.

    Qualcuno disse “l’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo”.

    Aveva ragione da vendere.

    L.

  13. controlL scrive:

    Solo ora ho letto anche i commenti oltre il post di “lampi di pensiero. Francamente, avrei fatto meglio a non leggerli.p

  14. controlL scrive:

    Massariani, la gran parte di quei commenti sono desolatamente massariani. Come anche i post del più “colto” blog sulla “poststoria”. Propaganda massariana. Eccone un saggio sempre dalla relazione sul brigantaggio:

    Ma forse la causa predisponente al brigantaggio che risulta dalla infelice condizione sociale, dalla miseria, dalia povertà, non possederebbe la terribile efficacia, che in realtà possiede e manifesta, se non fosse potentemente coadiuvata da un’altra causa dello stesso genere, vale a dire dal sistema borbonico. La sola miseria non sortirebbe forse effetti cotanto perniciosi se non fosse congiunta ed altri mali che la infausta signoria dei Borboni creò ed ha lasciati nelle provincie napolitane. Questi mali sono l’ignoranza gelosamente conservata ed ampliata, la superstizione diffusa ed accreditata, e segnatamente la mancanza assoluta di fede nelle leggi e nella giustizia. Gli uomini che a migliaia nel periodo di soli sessantanni il Governo borbonico ha scannato sui patiboli, o fatti dolorare negli ergastoli, nelle galere, negli esigli, non furono le vittime più infelici; la scure del carnefice, il capestro non furono i maggiori, né i più crudeli tormenti di supplizio usati dai Borboni, i quali a tutta possa si adoperarono a commettere il più nefando dei parricidi!, quello di togliere ad un intiero popolo la coscienza del giusto e dell’onesto. Ferdinando II segnatamente arrecò nella proterva impresa una operosità ed un ingegno veramente infernali. Del tribunale della giustizia umana come di quello della giustizia divina aveva fatto il sacrario della denuncia e della menzogna; aveva confusa l’onorata assisa del soldato con quella del delatore e dello scherano; glorificava ed onorava il delitto, puniva come infamia la virtù e l’eroismo; famelico di dominio assoluto, poco gli premeva di regnare su di un deserto, purché regnasse; poco gli premeva che puntelli del suo trono fossero l’iniquità, la frode, la venalità, purché vi sedesse sopra; il suo regno lungo e funesto fu un brigantaggio permanente contro il più sacro diritto di proprietà, quello della onestà, contro la più preziosa prerogativa della vita delle nazioni, la morale. La stessa voce irresistibile dell’istinto che lo avvertiva come la sua dinastia potesse occupare per qualche tempo, ma non regnare per sempre nell’estremo lembo d’Italia, non lo distoglieva dall’esiziale assunto, ma sempre più ve lo infervorava: regnare, e non potendo più regnare, lasciava al Governo civile, che prevedeva dovesse succedere a quello della sua dinastia, un cadavere; questo era il suo scopo.

    I neoborbonici sono d’un’intelligenza stratosferica rispetto a quelle cosacce neomassariane.p

  15. utente anonimo scrive:

    x Andrea:

    Non condivido tutto della tua analisi; secondo me sbagli, per esempio, quando riduci il fascismo al richiamo alla Tradizione – nel regime hanno trovato posto anche posizioni decisamente iconoclaste. A me sembra poi che la dialettica Tradizione-Rivoluzione sia stata poco più che una scusa: i due termini si possono facilmente confondere, e a pensarci non è nemmeno troppo paradossale che sia così. La storia ne ha conosciuti a bizzeffe, sia di identità inventate di sana pianta che di giochi di potere spacciati per rivolgimenti esiziali.

    C’è però un altro punto, su cui la penso in modo completamente diverso, e che mi sembra il vero cardine di quella questione, e di tutte le altre di cui parla questo blog, in fondo:

    “I fascisti negano tutto cio’ alla radice: vogliono i frutti della modernità, ma negano l’Illuminismo che li ha generati, con il suo riconoscimento dell’irriducibile diversità del mondo. ”

    E’ un argomento difficile da affrontare qui, e ho anche sonno, però mi posso dire convinto che nel secolo dei lumi si ritrova senz’altro il fortissimo presupposto teleologico che – fra l’altro – è stato il nucleo fondante di ciascuno dei grandi racconti che hanno sconvolto il secolo scorso.

    E.M.

  16. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.10 e E.M. n.15

    Sospetto che noi tre si stia dicendo le stesse cose da punti di vista diversi 🙂

    Naturalmente, tanto l’idea fascista di ritorno rivoluzionario alla tradizione quanto l’idea illuminista di separazione dei poteri sono delle astrazioni, un po’ come i piani inclinati senza attrito delle lezioni di fisica. Nel mondo reale c’e’ sempre un misto dell’una e dell’altra.

    Non solo. Un esempio di critica non fascista alla definizione di ‘libertà’ che ho citato io la dà Sartre nel suo ‘Antisemitismo’: la definizione Illuminista della libertà ‘a libertà di ciascuno finisce dove inizia la libertà degli altri’ è solamente una definizione in negativo, che va riempita di contenuti. E’ una ‘libertà da qualcosa’ (tipicamente, il sopruso altrui) non ‘libertà di qualcosa’ (di sviluppare le proprie capacità, per esempio). La libertà degli Illuministi, di per sè, non riempie il vuoto che una persona puo’ trovare nella sua vita: predicarla è come parlare di biochimica della digestione a uno che muore di fame.

    Come quella Illuminista, una libertà ‘da qualcosa’ è quella del Padre Nostro (‘e liberaci dal male’), mentre è ‘libertà di qualcosa’ quella marxista (‘il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti’).

    Il passaggio dalla libertà ‘da qualcosa’ a quella ‘di qualcosa’ è fornito dall’Ideologia, che riempie il supposto vuoto dell’esistenza umana con un Discorso Superiore che parte da una Superiore Entità (Dio, la Lotta di Classe, i Valori della Tradizione, il Diritto Naturale,…la stessa Libertà), coinvolge l’individuo e lo porta al Bene Assoluto (la Salvezza, la Rivoluzione, il Nirvana, l’Esportazione Della Democrazia) ‘liberandolo’ dalle miserie individuali e riempiendo la sua vita di una libertà di qualcosa: di Fare il Bene (della Patria, del Prossimo, ecc.) (sto citando alla rinfusa e a man bassa le ‘Origini del Totalitarismo’ di Arendt).

    Nel caso di Sant’Agostino il Discorso è il Logos Incarnato, Dio stesso fatto uomo, nella Cui accettazione Sant’Agostino vede appunto il trasformarsi della ‘libertà dal male’ invocata nel Padre Nostro alla piu’ autentica ‘libertà di fare’: egli dice al Cristiano ‘ama e fa’ cio’ che vuoi’.

    Nel caso marxista, la libertà dll’oppressione si trasforma nel libero sviluppo delle capacità di tutti attraverso la Rivoluzione.

    Non ha importanza quanto fittizio sia il Discorso Superiore: Eredità Celtica, Razza Padana, Radici Giudaico-Cristiane, tutto fa brodo.

    Ora, astrazione o no credo che tutti i discorsi fatti sopra sulla ‘libertà di’ siano intrinsecamente pericolosi. Tutti infatti portano in sè il germe di sopraffazioni future.

    Lo stesso Illuminismo, messo di fronte alla sfida di indicare che cosa l’uomo dovesse fare con la sua libertà, non ha saputo far di meglio che tirare fuori il pericolosissimo concetto di Volontà Generale: concetto che unito al culto della Nazione (inizialmente in chiave antimonarchica) ha portato allo sciovinismo, ecc.

    Qui mi sbilancio. Affermo che l’unica libertà di cui abbia senso parlare è la ‘libertà da’. Tale libertà e’ una invenzione umana, come i vestiti e il termosifone. La libertà è uno strumento che serve a vivere bene, esattamente come

    il diritto di voto (così faccio arrabbiare Francesco :-). Farne a meno è praticamente impossibile, ed è comunque dannatamente scomodo. L’individuo è solo davanti alla sua libertà ed è responsabile del suo uso (sostengo dunque il Camus di ‘Sisifo’ contro Sartre). E’ destinato a rimanere affamato di senso della vita, ed è l’unico che puo’ darselo, questo senso. L’unica definizione non contraddittoria (stavo per dire ‘definizione operativa’) della libertà è proprio quella negativa criticata da Sartre, cioè:

    ‘la libertà di ciascuno finisce dove inizia la libertà degli altri’.

    Presa seriamente, questa definizione è un’affermazione che porta molto lontano.

    Tanto per dirne una, essa esclude alla radice il concetto di ‘superiorità culturale’: se io fossi superiore culturalmente ad un altro avrei diritto di ignorarne le proposte di miglioramento alla vita comune, ma a quel punto anche lui avrebbe diritto ad ignorare le mie… e si finirebbe dritti al conflitto, alla faccia tanto del mio quanto del suo diritto di vivere in pace. Per rifiutare il razzismo, non importa che il razzismo sia giusto o sbagliato: importa che sia pericoloso, cioè che -predicando come fa l’ineguaglianza degli uomini- sia per cio’ stesso foriero di nuovi conflitti.

    Allo stesso modo, notiamo che non è importante che uno sia davvero culturalmente inferiore: se si sceglie questa definizione di libertà allora l’accettazione dell’uguaglianza segue necessariamente. (Il che a sua volta implica il relativismo etico, che giustamente Ratzinger elegge a sunto di quanto di anticristiano c’e’ nel pensiero umano).

    E’ pssibilissimo, per quello che ne sappiamo, che gli uomini non siano stati creati uguali. In ogni caso, è utile convenire che lo siano.

    Andrea Di Vita

  17. RitvanShehi scrive:

    >Qualcuno disse “l’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo”.

    Aveva ragione da vendere. L.< E qualcun altro disse:”I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti”.

  18. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — Sospetto che noi tre si stia dicendo le stesse cose da punti di vista diversi 🙂 —

    L’unica cosa su cui sono d’accordo è che la libertà è per definizione un valore negativo. Non è poco, perché già dimostri di essere vicino all’Illuminazione (vale a dire, il mio punto di vista) 🙂

    Per il resto, beh, dissento 🙂 “La libertà finisce dove inizia quella degli altri” è una frase che non dice pressoché nulla su cosa sia la libertà. Tenta invece di dire qualcosa su cosa non sarebbe la libertà: ossia, la libertà non è nuocere ad altri.

    Si tratta di una frase di per sé molto vacua (chi decide cosa rientra nella categoria “nuocere ad altri” e cosa no?), ma l’obiezione principale è un’altra.

    L’obiezione è: e perché mai? 🙂

    E’ come dire “libertà è partecipazione”, “libertà è volontà” o cose del genere. Sono modi ideologici di dipingere il concetto di libertà, che partono dal presupposto che la libertà debba per forza essere qualcosa di buono, o addirittura il “bene assoluto”.

    Mentre la libertà non è necessariamente qualcosa di buono. Non si sfugge: libertà è poter fare quello che mi pare. E talvolta fare quello che mi pare può mettere in pericolo sia me stesso sia la società.

    Z.

  19. utente anonimo scrive:

    Ritvan,

    >Qualcuno disse “l’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo”.

    Aveva ragione da vendere. L.< –E qualcun altro disse:”I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti”.– E un altro ancora disse: non voglio donne al tavolo da gioco non perché sono misogino, ma perché mi innervosiscono 🙂 Z.

  20. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.18

    La risposta alla tua obiezione

    ”… e perchè mai?”

    mi sembra una sola:

    ”Perchè funziona.”

    Una società che neghi, implicitamente o esplicitamente, la definizione della libertà ”che finisce dove comincia quella altrui” è instabile.

    In particolare, la libertà ”di fare cio’ che si vuole” porta non all’anarchia (assenza di gerarchie) ma alla anomia (assenza di norme), che è un altro nome della barbarie. E nulla è più in pericolo di un individuo non protetto da comuni norme di comportamento.

    Concordo con te che una definizione ‘negativa’ di libertà sia più compatibile di altre con l’Illuminazione 🙂 Personalmente, vedo quest’ultima in certo Epicuro, là dove insiste sulla necessità per ciascuno di capire autonomamente cosa gli è necessario e cosa no, sbarazzandosi di atteggiamenti non necessari che oggi tu ed io definiremmo ‘ideologici’.

    Insisto: la libertà NON è qualcosa di ‘buono’. La libertà è qualcosa di ‘utile’, nel senso più nobile della parola (‘nobile’, appunto, nel senso che ha questa parola negli insegnamenti del Buddha).

    In questo senso, l’epicureo ‘vivi nascosto’ puo’ anche leggersi ‘vivi nascosto ai bisogni indotti, alle cose non necessarie, all’attaccamento a cose non permanenti per definizione’. Un Nobile Sforzo, appunto.

    Andrea Di Vita

  21. RitvanShehi scrive:

    >E un altro ancora disse: non voglio donne al tavolo da gioco non perché sono misogino, ma perché mi innervosiscono 🙂 Z.< E un altro ancora disse “rosso di sera, bel tempo si spera”:-)

  22. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — Una società che neghi, implicitamente o esplicitamente, la definizione della libertà ”che finisce dove comincia quella altrui” è instabile. —

    Uè, qua stiamo facendo casino, eh! 🙂

    Non stiamo discutendo del fatto che lo stato debba o meno limitare la libertà dei soggetti se vuole sopravvivere (ci mancherebbe). Stiamo discutendo di cosa sia la libertà. Non di come i governi la reprimano per tutelare le istituzioni sociali (o di come i genitori la reprimano per educare i figli).

    Orbene: cos’è la libertà, se non precisamente fare quello che mi pare? esiste un’altra definizione che possa spiegare il significato della parola? Io non riesco a immaginarla.

    Z.

    PS: Non tirare in mezzo storiazze filosofiche, lo sai che sono ignorante 🙂

  23. utente anonimo scrive:

    >> Affermo che l’unica libertà di cui abbia senso parlare è la ‘libertà da’. Tale libertà e’ una invenzione umana, come i vestiti e il termosifone. La libertà è uno strumento che serve a vivere bene, esattamente come

    il diritto di voto (così faccio arrabbiare Francesco :-). Farne a meno è praticamente impossibile, ed è comunque dannatamente scomodo. L’individuo è solo davanti alla sua libertà ed è responsabile del suo uso (sostengo dunque il Camus di ‘Sisifo’ contro Sartre). E’ destinato a rimanere affamato di senso della vita, ed è l’unico che puo’ darselo, questo senso.

    lungi dall’arrabbiarmi, sono quasi d’accordo con te.

    solo che dimentichi (dopo) che abbiamo bisogno della libertà quanto della verità, e che non possiamo rinunciare alla seconda per nessuna ragione al mondo, tanto meno la pace o l’utilità

    Francesco

  24. utente anonimo scrive:

    libertà è poter fare quello che mi pare

    dai, questa è una prima approssimazione del concetto, di solito la si elabora a 5 anni. poi si cresce 🙂

    ciao

    Francesco

  25. utente anonimo scrive:

    …se proprio paradossalmente heidegger fu nazista, lo du per insegnarci a non esserlo. Il suo, da-sein (esser-ci), questo modo di essere presenti nella ‘storia’, oltrepassa i limiti della storicità fascista, e anche i limiti di quella non fascista, per immergerci nell’ermeneutica interpretativa, che é la sola a poter mettere il dito nella piaga, per diventare realtà-verità a tutti gli effetti. “Da” é riappropriarsi, del vero modo di essere, del vero modo di comprendere.Libertà é il cammino, azione per togliere i veli che offuscano la visione, un nuovo incontro che risuscita ecc… ma quando l’illuminismo disse che modernità sta nell’accettazione delle differenze, era già in ritardo e in un certo senso anti-moderno. Gesù lo aveva già detto, il Profeta Mohammed pure, le differenze fra di voi non sono che una misericordia. bye! jam

  26. controlL scrive:

    Be’ Z, sant’anselmo d’aosta t’avrebbe subito bacchettato: Il libero arbitrio non credo sia la possibilità di peccare e non peccare. Infatti, se questa fosse la sua definizione, né dio né gli angeli, che non possono peccare, avrebbero il libero arbitrio; ciò che è blasfemo da dire.

    Da qui inizia un serrato botta e risposta tra discepolo e maestro che giunge a questa definizione meravigliosa: A questo punto è chiaro che il libero arbitrio non è altro che l’arbitrio capace di serbare la rettitudine della volontà per la stessa rettitudine.

    Io sto col filosofo scolastico, anche se spesso la mia rettitudine della volontà va a farsi benedire (in senso cattivo). Ma questa è debolezza di volere, non libertà di volere.p

  27. falecius scrive:

    P: non sono sicuro che nella teologia cristiana gli angeli possiedano libero arbitrio. Sono quasi sicuro che non sia così in quella musulmana. Naturalmente Dio, è un altro discorso, Lui è onnipotente.

  28. falecius scrive:

    Francesco: cos’è la verità? 🙂

  29. roseau scrive:

    Falecius: nella teologia cristiana, gli angeli posseggono il libero arbitrio: sentenze di Pietro Lombardo , un aristotelico. Così è anche per Bernardo di Chiaravalle. Tommaso d’ Aquino,nelle Quaestiones disputatae, riprendendo l’assunto di Anselmo d’Aosta, secondo il quale se il peccare facesse parte del libero arbitrio, Dio e gli angeli non l’avrebbero, sostiene che il libero arbitrio risieda in modo diverso in Dio, negli angeli e negli uomini.

    Era Lutero a sostenere che né gli angeli né gli uomini avessero il libero arbitrio: link a De servo arbitrio.

  30. kelebek scrive:

    Per Roseau n. 19

    Non ho ancora capito come faccia questo blog ad attirare commenti di un certo tipo….

    Voglio dire, i blogger possono essere geniali oppure cretini, eppure i commenti difficilmente superano il livello di:

    “Bravo! Baci!!!!!!!!!!!!!!!!!”

    “Ma non dire idiozie”

    “Ti vogliamo tanto bene!”

    Invece qui ti becchi pure i link alle fonti dirette delle Quaestiones disputatae.

    Miguel Martinez

  31. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.22

    ”cosa sia la libertà”

    Non credo sia questo il punto. Infatti, mi pare che siamo d’accordo sul fatto che ciascuno, sulla base della ideologia o della fede che preferisce, possa riempire la parola ‘libertà’ del contenuto che preferisce. Più rilevante mi sembra ai fini pratici stabilire come, una volta definita e quale che sia la sua definizione, la libertà agisca.

    E allora credo risulti chiaro come Tizio possa dare alla libertà un significato marxista, Caio un significato buddhista e Sempronio un signiifcato cristiano. E’ precisamente questa natura arbitraria del significato della libertà che dimostra come la questione ”che cos’e’ la libertà” non abbia senso.

    Ma se non si adotta la definizione operativa ”la libertà di ciascuno di ciascuno finisce dove comincia la libertà degli altri”, INDIPENDENTEMENTE da come ciascuno la definisce, questa benedetta libertà, allora sono augelli per diabetici 🙂

    Andrea Di Vita

  32. utente anonimo scrive:

    Per Francesco n.23

    ”abbiamo bisogno della libertà quanto della verità, e che non possiamo rinunciare alla seconda per nessuna ragione al mondo”

    No.

    Il guaio è che mentre della libertà è possibile dare una definizione operativa (”la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri”) con la verità è più difficile. Come dice Falecius nel suo post n.28 citando Pilato, ”cos’e’ la verità?” Questione non da poco: sta scritto ”e voi conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”. Questo è Vangelo, ed è anche (non a caso) il motto della CIA.

    Il brano di S.Tommaso nel sito meritatamente riportato da roseau nel post n. 29 mette in chiaro come una definizione ‘positiva’ di ‘libertà’, una definizione cioè che dica ”che cos’e’ la libertà” e non semplicemente ”come funziona

    la libertà” presuppone una chiara e ben definita metafisica.

    Cito infatti Lutero dal sito del ”De servo arbitrio” citato da roseau n.29: ”[E’] infatti impossibile sapere ciò che è il libero arbitrio se prima non si sa cosa può la volontà umana, ciò che fa Dio e se la sua prescienza ha o non ha un carattere di necessità”. E’ S. Tommaso a fornirci un esempio di tale analisi. Nella sua ”responsio ad obiecta” numero 2 si dice che la scelta del male non è connaturata al libero arbitrio ma è una conseguenza secondaria della perfettibilità degli esseri (perfettibilità che ovviamente Dio non ha, perchè è già perfetto di Suo). Poi, nella ”responsio ad obiecta” numero 3 si dice che la volontà di Dio (che è fuori del tempo) è irrevocabile, anche perchè (responsio n. 4) precede l’indagine razionale. Tale volontà finisce quindi con l’essere indistinguibile da un qualunque altro attributo della Sua stessa natura. All’infuori di Dio, la perfettibilità diventa perfezione solo ad opera della grazia. Pietro Lombardo spiega chiaramente: ”Infatti gli uomini e gli Angeli fuorno creati in modo che potevano piegarsi da entrambe le parti: ma poi gli Angeli buoni furono confermati dalla grazia in modo da non poter peccare, e i cattivi induriti nel vizio in modo da non poter vivere bene”.

    Al di fuori della religione cristiana, poi, il post n. 25 ci ricorda che Heidegger individua nella libertà il cammino verso l’ ”autenticità”, qualunque cosa cio’ voglia dire.

    Ora, Lutero illustra drammaticamente i termini della questione, della eterna diatriba fra Fede e Illuminismo:

    ”Val meglio – infatti – soffrire mali temporanei piuttosto che lasciar sussistere false dottrine destinate necessariamente a produrre la perdita delle anime se queste non sono trasformate dalla Parola di Dio”.

    Con insignificanti variazioni dialettiche, questa frase puo’ benissimo campeggiare all’ingresso di un gulag.

    Questo fatto, per me, è una soddisfacente risposta alla domanda beffarda che lo stesso Luterofa più sotto al proprio inetrlocutore, lo sfortunato Erasmo, e attraverso i secoli a tutti i relativisti etici e gli Illuministi :

    ”se tu reputi che questi paradossi sono invenzioni umane, perché compi tu sforzi così appassionati per combatterli?”

    Andrea Di Vita

  33. controlL scrive:

    Se non si definisce prima la libertà, come si stabilisce dove inizia e dove finisce? Di fatto inizia e finisce dove vuole un’apparato costrittivo che ha la forza per imporre i suoi limiti come termini per gli altri. Tale libertà si riduce a dire se si preferisca le concessioni che vengano “gentilmente” elargite da questo o quel regime politico. La “libertà operativa” non è altro che il modo in cui opera la restrizione politica nei vari regimi. I quali tutti, guarda caso, s’arrogano il monopolio della violenza. Per la libertà, ovviamente.p

  34. RitvanShehi scrive:

    >Orbene: cos’è la libertà, se non precisamente fare quello che mi pare? esiste un’altra definizione che possa spiegare il significato della parola? Io non riesco a immaginarla. Z.< Certo. Nella giungla animale sarebbe una definizione perfetta:-). Nella società umana, QUALSIASI società umana, credo che tale definizione sarebbe troppo estensiva. A mio immodesto avviso, una definizione più corretta nella società umana sarebbe p.es. questa:
    “La libertà è fare quello che mi pare, nei limiti impostimi dalla legge e della morale comune e fatto salvo il mio diritto insopprimibile di poter liberamente abbandonare tale società quando voglio”.

  35. falecius scrive:

    Roseau, ok, mi cospargo il capo in penitentia, e confesso il mio errore.

    La teologa di casa sei tu (e porti pure i pantaloni :P). 🙂

  36. utente anonimo scrive:

    Per controlL n.33

    L’apparato coercitivo di cui parli è espressione di un governo che -in omaggio alla ‘definizione operativa’ che fa finire la libertà di ciascuno dove comincia quella degli altri- è determinato insieme da questi stessi altri e da me. Ovviamente questo è un ideale più o meno raggiungibile in pratica. Ma cio’ che conta è che nulla garantisce mai a priori che l’azione di questo apparato soddisfi la ‘definizione operativa’. Tanto meno la pretesa di difendere la stessa libertà e la democrazia, di esportare la democrazia ecc.

    Concretamente: sono io che di volta in volta stabilisco se obbedire a tale apparato coercitivo -salvo ecventualmente pagare le conseguenze delle mie azioni.

    E’ verosimile che un governo comunque ci voglia, ma non esiste un governo intrinsecamente ‘buono’, nemmeno quello ottenuto con ‘libere elezioni’.

    Andrea Di Vita

  37. utente anonimo scrive:

    x Andrea

    purissimo, e illusorio, pragmatismo statunitense.

    Ciao

    Francesco

  38. controlL scrive:

    Un stato impone i suoi limiti, non quelli degli altri. Poi si può più o meno condividere i limiti imposti. Ma scusa, se io posso, faccio pagare allo stato la mia ribellione, non viceversa, che è davvero idolizzarlo. Come neanche dell’assolutismo facevano i medievali.p

  39. utente anonimo scrive:

    p.,

    — Be’ Z, sant’anselmo d’aosta t’avrebbe subito bacchettato: Il libero arbitrio non credo sia la possibilità di peccare e non peccare. —

    In verità non mi avrebbe nemmeno rivolto la parola, dato che non sono battezzato 🙂

    Comunque non ho mai parlato di “libero arbitrio”, un concetto filosofico buono per discussioni metafisiche di ben altro livello, per partcipare alle quali difetto di interesse e di cultura 😉

    Z.

  40. utente anonimo scrive:

    Francesco,

    — libertà è poter fare quello che mi pare – dai, questa è una prima approssimazione del concetto, di solito la si elabora a 5 anni. poi si cresce 🙂 —

    Già. E a seconda dell’ideologia che si decide di seguire si ripete da buon gregge che la libertà è: partecipazione, credere in Cristo, obbedire al Duce, non pagare le tasse.

    Siccome io ho ancora cinque anni ascolto tutti questi signori e dico: mah, prima o poi mi daranno una definizione chiara ed esaustiva, a cui loro stessi credono per primi. Fino ad allora ringrazierò gentilmente e mi terrò stretta la mia definizione “messicana” 🙂

    Z.

  41. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — ”cosa sia la libertà” (…) Non credo sia questo il punto. —

    Andrea, abbi pazienza: mi parli di definizione di libertà, e poi mi dici che il punto non è definire cos’è la libertà? 🙂

    Cosa che peraltro tenti di fare anche tu. Sennonché, dire “la libertà è quella cosa che finisce quando…” è un po’ come dire “La Croazia è quella cosa che finisce dove inizia la Slovenia”. Una definizione che, ammetterai, non ci fa capire molto della Croazia 🙂

    Del resto tu stesso tenti una definizione più complessa:

    — “La libertà è fare quello che mi pare, nei limiti impostimi dalla legge e della morale comune e fatto salvo il mio diritto insopprimibile di poter liberamente abbandonare tale società quando voglio” —

    Epperò, perdonami: questa non sembra una definizione di “libertà”. Questo sembra il vademecum del cittadino corretto e conformista, che rispetta la legge e non desta scandalo nel prossimo 🙂 Chi lo dice, poi, che violare la legge e trasgredire alla morale comune non può essere espressione di libertà?

    Z.

    PS: Quanto all’iniziare e al finire, sono d’accordo con p., che cito testualmente: la libertà “inizia e finisce dove vuole un’apparato costrittivo che ha la forza per imporre i suoi limiti come termini per gli altri“.

  42. utente anonimo scrive:

    …la libertà non comincia e non finisce: la libetà ‘esiste’ a noi di scoprirla.la libertà ha un’altra bilancia. La libertà é l’incontro con la nostra luce-personale, la nostra immortalità, il nostro salto di qualità: prima di essere terrestre la libertà é metafisico-spirituale, altrimenti é soltanto un’equivoco. Ogni essere umano ha un tipo di libertà speciale che cambia a seconda del suo grado di conoscenza. Gli stupidi sono liberi di fare cakkiate, perché cio non fa che attestare la loro incompetenza, gli intelligenti invece, quelli che sono in cammino, non sono liberi di commettere errori, sono liberi invece di essere “prigionieri del Vero”. ..cambiando discorso, suppongo che anche nell’islam gli angeli siano soggetti a libero arbitrio, ma anche qui in modo differente, direttamente proporzionale al loro rango. Più gli angeli sono elevati più dispongono di libertà-libero-arbitrio, non a caso iblis é diventato ‘diavolo’ perché ha disubbidito all’ordine di Dio, di prosternarsi davanti ad Adamo, cioé iblis disponeva del libero arbitrio di fare o non fare il suo inchino all’uomo. ciao jamiyla

  43. utente anonimo scrive:

    Per Z n.41

    ”La Croazia finisce dove iniziano l’Austria, la Slovenia, l’Ungheria, la Bosnia-Hercegovina, la Serbia e l’Adriatico, e non include il Paraguay” è una definizione perfettamente accettabile di Croazia: nel senso che consente di determinare senza ambiguità se un territorio appartiene alla Croazia oppure no. (La postilla sul Paraguay serve ad escludere l’Universo esterno ai confini austriaci, bosniaci ecc.). Questa definizione, un po’ astratta, ha il vantaggio di valere indipendentemente dal fatto che la Serbia sia una repubblica e l’Adriatico sia un mare. Un po’ come dire ‘la sfera è il luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto dato’: quest’ultima è una definizione di ‘sfera’ che non dipende dal colore usato per disegnare quei punti.

    La definizione che citi tu non è mia. Io ho detto che ”la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri”. Alla lettera: tutto cio’ che è proprietà di ‘ciascuno’ e che soddisfa tale definizione è ‘libertà’. Ad esempio, sono libero di professare la fede religiosa, votare alle lezioni o desiderare una bella donna, perchè la fede, il voto e la foia miei non impediscono quelli altrui. La possibilità di sparare ad alzo zero col kalashnikov in mezzo alla strada non è libertà, perchè se lo faccio ammazzo il prossimo e dunque limito la possibilità altrui di sparare in mezzo alla strada col kalashnikov.

    Posso dare un ulteriore significato alla parola ‘libertà’ (libertà dal peccato, ecc.). Addirittura, lo posso fare ‘liberamente’ nel senso della definizione di cui sopra, perchè il mio attribuire ulteriori significati non pregiudica la possibilità altrui di fare altrettanto. Ma questo significato ulteriore è come il colore dei punti della sfera, è irrilevante ai fini della definizione.

  44. utente anonimo scrive:

    ritvan (34),

    e che sarebbe la morale comune?

    roberto

  45. utente anonimo scrive:

    Whoops,

    la definizione di libertà in neretto non è di Andrea bensì di Ritvan!

    Fatte salve le mie considerazioni sul punto, mi scuso coi diretti interessati per il mio solito casino mentale 🙂

    Z.

  46. utente anonimo scrive:

    Andrea (presumo),

    — ”La Croazia finisce dove iniziano l’Austria, la Slovenia, l’Ungheria, la Bosnia-Hercegovina, la Serbia e l’Adriatico, e non include il Paraguay” è una definizione perfettamente accettabile di Croazia —

    Non sono affatto d’accordo: al limite è una definizione della “non-Croazia” 🙂 Che non ci dice nulla della conformazione del territorio croato, del suo clima, dei suoi abitanti e degli usi e costumi di costoro, della loro società e della loro storia.

    Che non ci dice pressoché nulla della Croazia, insomma.

    — Ad esempio, sono libero di professare la fede religiosa, votare alle lezioni o desiderare una bella donna, perchè la fede, il voto e la foia miei non impediscono quelli altrui. —

    Mica vero. Se la tua fede religiosa prevede l’obbligo del proselitismo (come quella dei Testimoni di Geova) il proselitismo operato da fedeli di altre religioni confliggerà col tuo. Se io e te vogliamo sposarci la stessa donna io non sarò libero di farlo se tu lo avrai fatto per primo, né lei sarà libera di farlo se ha già sposato te. Se tu infine eserciti la tua libertà di voto per un candidato che vuole imporre obblighi e divieti alla mia categoria professionale, non c’è dubbio che la tua libertà è esercitata in danno della mia.

    Insomma, l’esercizio della tua libertà può spesso e volentieri limitare – talvolta impedire – la mia.

    Z.

  47. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.46

    ”(presumo)”

    Mi scuso: avevo dimenticato di firmarmi.

    ”[…] Non-Croazia […]”

    Una definizione di qualcosa non dice com’e’ fatta quella cosa, ma come distinguerla dalle altre. Una definizione ben fatta è una definizione che non lascia spazio ad ambiguità. In questo senso ”Roma è la capitale d’Italia” è una definizione ben fatta, valida anche per chi non sa nulla di Giulio Cesare, San Pietro ecc. Grazie a tale definizione, infatti, se uno capita in un posto che non conosce e chiede ad un passante dove si trova, alla risposta ”Lei è nella capitale d’Italia” capirà immediatamente di trovarsi a Roma e non a Pechino, senza bisogno di sapere nulla di storia Italiana o Cinese.

    ”[…] proselitismo […] mia”

    Il proselitismo di un Testimone di Geova non impedisce a un missionario cattolico di cercare di convertire il prossimo alla fede cattolica. Il mio desiderare una donna non implica che anche altri non la possano desiderare (che poi io possa soddisfare il mio desiderio è un’altra cosa). Il mio votare per un partito eventualmente avverso ai tuoi interessi non impedisce il tuo voto per un partito eventualmente avverso ai miei interessi.

    Andrea Di Vita

  48. utente anonimo scrive:

    >> una definizione chiara ed esaustiva

    comincio a credere che il Diavolo abbia instillato negli uoini l’idea di poter arrivare a tanto nelle questioni fondamentali, per fotterli alla grande ad ogni loro tentativo.

    mannaggia al serpentello furbetto!

    Francesco

  49. utente anonimo scrive:

    >> Una definizione di qualcosa non dice com’e’ fatta quella cosa, ma come distinguerla dalle altre.

    direi che stiamo entrando in un tunnel (come dice una mia amica dell’est) e che ci troveremo la ormai inutile filosofia occidentale, quello della filosofia del linguaggio.

    Francesco

  50. RitvanShehi scrive:

    >ritvan (34),

    e che sarebbe la morale comune? roberto< Quella p.es. che ti consiglia bonariamente:-) di non scorreggiare in mezzo alla gente. Ovviamente, nessuno ti multerà per questo (non esiste una legge antiscorreggia:-) ), ma quella gente, da quel giorno, ti sfuggirà come la peste. E probabilmente lo dirà anche ad altra gente….

  51. RitvanShehi scrive:

    — Ritvan: “La libertà è fare quello che mi pare, nei limiti impostimi dalla legge e della morale comune e fatto salvo il mio diritto insopprimibile di poter liberamente abbandonare tale società quando voglio” —

    >Epperò, perdonami: questa non sembra una definizione di “libertà”.Z.< Ti perdono, fratello: vai in pace:-). Ma non prima di avermi spiegato in base a quale Regio Decreto:-) questa non può essere una definizione di “libertà” in una SOCIETA’ UMANA? >Questo sembra il vademecum del cittadino corretto e conformista, che rispetta la legge e non desta scandalo nel prossimo :-)< Appunto, la definizione di “libertà” per una persona perbene. Se tu vuoi anche la definizione di “libertà” che piace a un pedofilo, un cannibale, un serial killer, o addirittura a un rottweiler addestrato ad uccidere, non hai che da chiedermelo e io ti formulerò una tale definizione. Cuntent?:-). >Chi lo dice, poi, che violare la legge e trasgredire alla morale comune non può essere espressione di libertà?< La mia suddetta definizione. Anzi, la definizione di “libertà” fatta da una persona perbene. Però, ti prego, non chiedermi adesso la definizione di “persona perbene”, altrimenti mi prendo la libertà di azzannarti al collo!:-) P.S. La mia definizione di “libertà” si può applicare a TUTTE le forme organizzative della società umana, dittature comprese. Infatti, io non contestavo al fetentissimo regime di Hoxha di fare quelle fottutissime leggi che faceva. Contestavo il fatto di non lasciarmi andar via.

  52. utente anonimo scrive:

    Per Francesco n.49

    ”inutile”

    Perchè? A parte il fatto che mezza filosofia occidentale parte dal linguaggio (è Aristotele che disserta sulle ambiguità della espressione ‘che cosa è’ http://it.wikipedia.org/wiki/Aristotele), è proprio la filosofia del linguaggio che ci mostra ‘di che lacrime grondi e di che sangue’ la massa di fuffa che ci circonda. Un esempio è il testo, lungo ma a parer mio esemplare, che si trova al sito:

    http://www.carmillaonline.com/archives/2008/11/002842print.html

    Pensatori diversissimi fra loro nella filosofia occidentale di ieri e di oggi -da Epicuro a Wittgenstein, da Ockham a Nietzsche- concordano su questo punto: la filosofia è utile a educarci a capire criticamente cosa è davvero importante nelle nostre vite e cosa no, cosa è necessario e cosa no.

    E’ da essi che apprendo che ogni metafisica non è falsa, come pretendevano gli scientisti ingenui, ma arbitraria: e che se esistono universali regole morali (valide cioè per il comportamento dell’individuo) e politiche (valide cioè per il comportamento del cittadino) esse devono valere indipendentemente da una qualunque metafisica.

    In caso contrario, infatti, esse si poggiano su qualcosa di arbitrario, che inevitabilmente quindi finirà con l’essere inaccettabile per qualcuno con un passato diverso dal nostro, a tutto vantaggio di future guerre, lotte, stragi ecc.

    Storicamente, l’Illuminismo ha certo il difetto di avere partorito un aborto come la Volontà Generale: ma ha il pregio di avere, azzeccato in pieno, secondo me, una definizione di ‘libertà’ che è al contempo universale e pratica.

    C’e’ una citazione molto bella, che credo sia da attribuirsi a Kant: se una Repubblica è bene ordinata, allora le regole del suo ordinamento devono funzionare ugualmente bene sia che sia abitata da angeli sia che sia abitata da demoni.

    Non il ‘cosa’, ma il ‘come’; non la ‘sostanza’, ma la ‘prassi’; non il ‘vero’, ma il ‘coerente’; non il ‘diritto naturale’, ma il ‘relativismo etico; non l’ ‘identità’, ma il ‘multiculturalismo’; non i ‘valori comuni’, ma le ‘regole comuni’; non il ‘pro-life’, ma il ‘pro-choice’.

    Ecco perchè combattiamo i Talibani col turbante e quelli con la tiara; ecco perchè sosteniamo la parità dei sessi, l’aborto e le coppie di fatto contro il mito del ‘diritto naturale’; ecco perchè sosteniamo che la sicurezza dell’umanità e l’ambiente del pianeta sono indivisibili, e lo sosteniamo contro i miti razzisti, stalinisti, sciovinisti, sionisti e liberisti.

    Come tutti i miti, questi miti, sono dei racconti della realtà che rimandano a un mondo metafisico arbitrario, popolato di Valori e di Dèi e di Razze e di Popoli Eletti e di Radici Cristiane e di Identità e di Esprtazione della Democrazia. Almeno in questo essi non sono dissimili dall’occultismo di Eusapia Palladino o dall’astrologia.

    Contro i miti, contro quello che Sagan chiama ‘il mondo popolato dai démoni’, il mondo moderno insorge in ciascuno di noi con l’invocazione di Melantone davanti alle lotte intestine di un tempo in cui la religione era la base della morale: ‘silete theologi!’, ‘state zitti teologi!’.

    Altro che ”inutile”! La filosofia del linguaggio, ultima erede in ordine di tempo del razionalismo scettico, dell’epicureismo e dell’Illuminismo, è letteralmente questione di sopravvivenza della specie.

    Se l’umanità si salverà, lo dovrà alla realistica ragione degli scettici, non alla generosa carità degli illusi.

    Le forze della ragione (cito a bracci Bertrand Russell) sono potenti, ma numerose e cozzano l’una contro l’altra annullandosi. La voce della ragione è flebile, ma costante.

    Andrea Di Vita

  53. utente anonimo scrive:

    Per Ritvan n.51.

    Ti sottopongo un aneddoto, che poi è una storia raccontata da Erodoto su Alessandro Magno in India.

    Giunto in quelle regioni lontanissime dalla sua patria, Alessandro venne a sapere di un popolo Indiano che reputava essere massimo onore ai genitori defunti quello di bruciarne i cadaveri e mangiarne le ceneri.

    Impressionato, Alessandro invito’ nel suo accampamento i saggi di quel popolo, e organizzo’ un dibattito fra quei saggi e quelli di origine greca che aveva con sè.

    Durante il dibattito, i saggi greci cercarono di dimostrare come l’usanza di mangiare le ceneri dei genitori morti fosse abominevole.

    Allo stesso modo, i saggi di quel popolo cercarono di convincere i greci quanto fosse abominevole il NON mangiarle.

    Il dibattito fu inutile: nessuno riuscì a convincere l’altro.

    Alessandro concluse che finchè ciascuno tollerava l’altrui costume, non v’era motivo di lui di prendere misure a favore di una èpsizione o dell’altra (”la libertà di ciascuno finisc dove inizia la libertà degli altri”, avrebbero detto gli Illuministi venti secoli dopo).

    La mia professoressa di greco, che ci fece tradurre quel (difficile…) brano di Erodoto ci insegno’ che quella era una delle prime testimonianze nella Storia europea di ‘relativismo etico’.

    Capirai la mia reazione quando all’inizio del suo pontificato Ratzinger ha detto che il ‘relativismo etico’ è il contrario del Cristianesimo.

    L’ammirevole prova di tolleranza pone ai miei occhi Alessandro Magno al di sopra di molti governanti ‘democratici’ attuali che vogliono ad esempio evitare al padre della Englaro di staccare la spina.

    Chi era, secondo te, più ‘brava persona’ nel dibattito di Alessandro?

    O non avevano ragione gli Illuministi?

    Andrea Di Vita

  54. utente anonimo scrive:

    ritvan,

    allora quella si chiama buona creanza non “morale comune”.

    pero’ pure sulla buona educazione credo che sarebbe facilissimo trovare casi in cui il concetto di buona educazione varia da persona a persona (trovo perfettamente cafone chi getta mozziconi di sigaretta per terra, e sebbene non penso proprio di essere solo nella mia crociata anti insudiciatori del suolo pubblico, non credo che questa sia la “morale comune”)

    roberto

  55. controlL scrive:

    In realtà quella [in]definizione di libertà non è né universale (altro modo surrettizio per dire totalitario, visto che si teme il vocabolo) né pratica, se non per chi ha la forza di stabilire quei limiti, visto che non li stabilisce né l’io né l’altro della frase.

    La libertà interiore è ben altro da quelle sciocchezze, e seneca e anselmo ne hanno detto benissimo, per conto mio. Quanto alla libertà esteriore, quella che qualcuno limita ciò che si possa o non si possa fare con la minaccia della forza, non mi serve a niente quella definizione. Valgono ben altre prassi. E ti faccio un esempio pratico. Da venticinque anni lavoro in un’azienda come operaio. Ne son cambiate in politica di cose, superficialmente. Qualcuno dice che nei primi anni novanta l’italia abbia avuto persino una rivoluzione. Imbecille nato. Quando cinque anni fa circa, per circostanze favorevoli ho avuto il lavoro vicino a casa, un quarto d’ora a piedi, da allora sono molto più libero (circa due ore al giorno). Semmai è quella, finché dura, la mia piccola rivoluzione italiana. Ciò sarebbe stato vero sotto chiunque tu voglia, anche il peggiore dei tiranni. “Otium contra negotium”, ecco una definizione, per conto mio, di libertà pratica, senza la pretesa d’essere universale. E lascio a cicerone il “cum dignitate”, che a me non interessa.p

  56. utente anonimo scrive:

    Ritvan,

    — Appunto, la definizione di “libertà” per una persona perbene. —

    Qui non si stava discutendo di quale sia la libertà che si dovesse ritenere concessa una “persona perbene”. Si stava discutendo di cosa fosse la libertà.

    — Se tu vuoi anche la definizione di “libertà” che piace a un pedofilo, un cannibale, un serial killer, o addirittura a un rottweiler addestrato ad uccidere —

    Ma certamente libertà è anche violentare liberamente chi vuoi, uccidere liberamente chi vuoi, e per i più ingordi financo mangiare liberamente chi vuoi. La libertà del singolo non è sempre e comunque cosa buona per la società. Infatti pressoché ovunque. esistono leggi, sbirri e galere.

    E legulei, naturalmente 🙂

    Z.

  57. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — Una definizione di qualcosa non dice com’e’ fatta quella cosa, ma come distinguerla dalle altre. —

    Quindi quando all’università mi chiesero di definire il ricorso per decreto ingiuntivo avrei dovuto dire “non è un atto di citazione, non è una querela, non è un albero e non è un autotreno”? Mi cacciavano a calci nel culo: ma non dall’esame, dalla facoltà! 🙂

    — Il proselitismo di un Testimone di Geova non impedisce a un missionario cattolico di cercare di convertire il prossimo alla fede cattolica. Il mio desiderare una donna non implica che anche altri non la possano desiderare (che poi io possa soddisfare il mio desiderio è un’altra cosa). Il mio votare per un partito eventualmente avverso ai tuoi interessi non impedisce il tuo voto per un partito eventualmente avverso ai miei interessi. —

    Il proselitismo dal TdG può distrarre un cattolico dalla sua religione, così sottraendo membri alla comunità cattolica. Il tuo desiderare una donna è un atteggiamento meramente interiore e quindi non fa testo nella discussione, ma se la sposi non la posso sposare io (oddio, posso, ma poi finisco in tribunale 🙂 ). Il tuo votare per un partito che mi alza le tasse lo può mandare al governo e portarmi alla rovina. Se poi io voto per un partito che vuole rendere penalmente rilevanti alcuni comportamenti che tu tieni abitualmente, col mio voto io danneggio in TUTTI i sensi la tua libertà.

    Non da ultimo, la polizia è libera di arrestare in flagranza gli autori di certi reati. Così limitando, in tutti i sensi, la libertà dei medesimi 🙂

    Se invece vuoi dire, come presumo, che ognuno dovrebbe essere lasciato libero di agire come crede purché non arrechi danno ad altri, allora il discorso cambia e ne possiamo discutere 🙂

    Z.

  58. utente anonimo scrive:

    Sono sempre più d’accordo con p.

    Vuoi vedere che, sotto sotto, sono più comunista io di Diliberto e Cossutta?

    🙂

    Z.

  59. utente anonimo scrive:

    …non era in nome della razionalità che Alexandre tollerava l’altrui costume, ma in nome dell’irrazionalità dell’amore. Sposandosi con Roxana, Alexandre ci mostra che per lui essere diversi era un modo di essere uguali , e che lui personalmente per vivere aveva bisogno della diversità,e ci spinge sempre, continuamente nel Mito delle origini, il tempo Primordiale, nel quale il terrestre é soltanto una ‘scusa’. Lui vive metafisicamente, l’incontro del logos col mito, fanno parte della sua pelle-anima-sangue. La metafisica arbitraria? Platone dice il contrario e rimpiange iperborea, quando sophia, non era ancora ‘degradata’ a filo-sophia. ciao. jam

  60. utente anonimo scrive:

    Chissà. Magari se l’è sposata semplicemente perché era una bella gnocca…

    Z.

  61. utente anonimo scrive:

    sottoscrivo la posizione di p. e pure quella di Ratzinger contro Andrea, Kant e, soprattutto, Russell!

    se ogni metafisica fosse arbitraria, l’ideale umano sarebbe l’idraulico, anzi il mocho vileda, perchè pure gli idraulici in quanto uomini hanno innanzitutto domande metafisiche e solo dopo pratiche.

    hai presente imagine di John Lennon? io me la immagino come la colonna sonora dell’inferno.

    ciao

    Francesco

    PS la tua definizione di definizione è del tutto inaccettabile per vivere, altro che pragmatismo.

  62. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    — C’e’ una citazione molto bella, che credo sia da attribuirsi a Kant: se una Repubblica è bene ordinata, allora le regole del suo ordinamento devono funzionare ugualmente bene sia che sia abitata da angeli sia che sia abitata da demoni. —

    E’ interessante che persino un pensatore di incomparabile statura come Kant ritenesse possibile considerare un sistema politico separatamente dalla gente che lo abita. Un po’ come dire che un vestito bello è egualmente bello indosso a qualsiasi indossatrice.

    Ma c’è di più. Come potrebbero una società di “demoni” e una società di “angeli” produrre lo stesso sistema politico? Immagino che Emanuele pensasse ad un sistema politico calato dall’alto, per grazia di Federico II, sulla testa del popolo bue.

    Z.

    PS: All’epoca teorie del genere erano comunque abbastanza diffuse. Questa pare una versione “cosituzionale” della teoria processuale del giudice come “mera bocca della legge”. Quella secondo cui il giudice deve “applicare e non interpretare”, recentemente ripescata da politici analfabeti ed irritati che i giudici non soggiacessero ai loro desiderata, insomma. Come se fosse possibile applicare qualsiasi norma senza previa interpretazione (tipo, visto che il 575 c.p. parla di chi cagiona la morte di un uomo, assolviamo chiunque uccida una donna)…

  63. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.57

    ”[…] facoltà!”

    E avrebbero fatto bene 🙂 La tua sarebbe stata una cattiva definizione. Ci sono infatti un sacco di cose che NON sono nè atto di citazione, nè querela, nè albero e nemmeno autotreno, mica solo un ricorso di decreto ingiuntivo. Invece ”Roma è la capitale d’Italia” è una definizione esaustiva; e così anche le definizioni ”la sfera è il lugo dei opunti equidistanti da un punto dato” e ”la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri’.

    ‘Il proselitismo […] libertà”

    Il proselitismo di un TdG verso i cattolici non impedisce il proselitismo di un cattolico verso i TdG (Ho e ho avuto amici di entrambe le religioni, parlo per esperienza personale). Per il resto parlavo di desiderio della donna e di libertà di voto, non di matrimonio e di azione di governo. Quanto alla polizia, la mia dfinizione di libertà non la esclude: anzi, semmai la implica.

    ”ognuno dovrebbe essere lasciato libero di agire come crede purché non arrechi danno ad altri”

    E’ appunto questa la prima conseguenza pratica della definizione Illuminista di ‘libertà’ (ed è poi la ragione per cui la Rivoluzione Francese ha spazzato via per sempre il mito della ‘legge naturale’)

    Andrea Di Vita

  64. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.62

    Kant dà solo un criterio per giudicare se un dato ordinamento sia buono o no. Non dice come deve essere fatto, nè chi lo deve istituire. Se una norma funziona -ad esempio, se il divieto di passare col rosso è utile a garantire la sicurezza degli utenti della strada- allora essa funziona indipendentemente dalla qualità morale di chi vi è soggetto (e difatti passare col rosso è condotta pericolosa sia che lo faccia un santo, sia che lo faccia un dannato, indipendentemente quindi dalle qualità morali).

    Analogamente, dire che una sfera è l’insieme dei punti equidistanti da un punto dato la definisce in modo non ambiguo, indipendentemente dal colore con cui disegniamo ciascuno dei punti.

    Andrea Di Vita

  65. utente anonimo scrive:

    Per Francesco n.61

    ”se ogni metafisica fosse arbitraria, l’ideale umano sarebbe l’idraulico, anzi il mocho vileda, perchè pure gli idraulici in quanto uomini”

    ”Pure?” Cos’hai contro gli idraulici? 🙂

    ”hanno innanzitutto”

    E perchè poi ‘innanzitutto’? ‘Prima viene il riempirsi la pancia, poi viene la morale’, come ci insegna Brecht.

    ”domande metafisiche e solo dopo pratiche.”

    Il fatto che una persona si ponga questioni metafisiche non significa necessariamente che queste questioni ammettano una risposta sensata.

    Se parli dei numeri a chi non conosce la matematica non ti stupisci se ti chiede ‘ma il numero cinque è verde o giallo?’. La sua è una curiosità lodevole e naturale. Pero’ non ti arrovelli mica su quale ‘mistero’ nella ‘natura spirituale’ del tuo interlocutore lo spinga a farti questa domanda. Gli insegni la matematica, e lui capirà da sè che la sua domanda non aveva senso.

    Ora, per sviluppare la matematica che tu gli insegni ci sono volute intere epoche della storia umana.

    Allo stesso modo, ci sono volute epoche intere per arrivare a capire che ci sono domande che non hanno risposta non perchè tale risposta sia ‘misteriosa’, ma semplicemente perchè la loro stessa formulazione è un errore linguistico.

    Certo, una persona puo’ postulare che una tale risposta esista davvero in qualche modo, dopo di che passare la vita ad arrovellarsi su qual debba essere tale modo. Dopo un po’, stanco di tale ricerca intrinsecamente infinita, elabora una qualche metafisica’ o accetta una qualche Rivelazione. Ma capisci bene quanto sia arbitrario tutto questo.

    Che poi la maggioranza delle persone non fa nemmeno questo. Saggiamente, si tiene stretta tutta la vita alle consolanti favole raccontate loro nell’infanzia, e per il resto cerca di tirare avanti secondo il motto ‘vivi e lascia vivere’ e seguendo alcune elementari regole di civile convivenza (il che è poi la più semplice traduzione pratica della definizione ‘la libertà di ciascuno finisce dove inizia la libertà degli altri’).

    ”hai presente imagine di John Lennon? io me la immagino come la colonna sonora dell’inferno.”

    Hai beccato in pieno il centro della questione! :-))

    Posso solo ringraziarti, perchè hai identificato esattamente il testo che in maniera concisa esprime quello che ho cercato di dire con un sacco di parole superflue.

    Per me ‘Imagine’ è l’unica possibile speranza della condizione umana. Sbarazzarsi dei dolori non necessari, per sopportare al meglio quelli inevitabili e godere in amicizia della dolcezza della vita.

    ”PS la tua definizione di definizione è del tutto inaccettabile per vivere, altro che pragmatismo.”

    Io ho detto che ‘Una definizione di qualcosa non dice com’e’ fatta quella cosa, ma come distinguerla dalle altre.’ Prova tu a spiegare in un altro modo a una bambina che non l’ha mai vista prima che cos’e’ un elicottero o una banca 🙂

    Andrea Di Vita

  66. utente anonimo scrive:

    Andrea,

    temo ci sia un equiproco 🙂

    Il punto è questo:

    – io sto cercando di dare una definizione di cosa sia la libertà (fare quel che mi pare);

    – tu hai dato una definizione di quale dovrebbe essere la libertà concessa in un ordinamento giusto e democratico (fare quel che mi pare finché non danneggio gli altri).

    E il punto è proprio qui: io sto discutendo dell’essere, tu del dover essere. Non c’è dubbio che la libertà dei membri della società debba essere limitata, se essa vuole sopravvivere: ma appunto si tratta di limitazioni.

    Sicché, che sia giusto limitare la libertà dei suoi membri – mettendoli pure in gabbia, se del caso – onde permettere alla società di sopravvivere e prosperare è un’idea che è stata sviluppata in ogni società, e che nel pensiero liberale ha assunto questa forma. Ma cos’è che andiamo a limitare esattamente quando parliamo di “limitare la libertà”? Andiamo a limitare la possibilità di ciascuno di fare ciò che gli pare.

    Questo non è un mero esercizio teorico. Serve a ricordarci che non esiste alcun “patto sociale” come alcuni filosofi volevano e come ancora certi politicanti e sindacalisti amano ripetere. Ogni volta che sbattiamo in gabbia qualcuno, che gli imponiamo un obbligo, che gli vietiamo qualcosa, stiamo compiendo un atto di sopraffazione nei suoi confronti, un atto che prescinde dal suo consenso. Nessuno di noi ha firmato un patto con lo stato: le leggi ci vengono imposte, che ci piacciano o meno. E l’unica alternativa che abbiamo – e nemmeno sempre, direbbe Ritvan – è emigrare.

    In un altro stato, naturalmente, ove sottostare ad altre sopraffazioni.

    Sono concetti che credo sia bene tenere sempre a mente, per rendersi conto – come si conveniva assieme qualche giorno addietro – del sommo valore delle libertà negative. E per provare sommo orrore verso quelli che Francesco chiamerebbe “i costruttori di società migliori” e i loro piani.

    Z.

    PS: OT, visto che non stiamo discutendo di geometria, ma la tua definizione non definisce la sfera (che comprende anche lo spazio tra la superficie e il centro). Da ignorante in materia qual sono, mi pare che la tua definizione assomigli di più alla definizione di circonferenza, o di superficie della sfera.

  67. utente anonimo scrive:

    Brecht no, grazie.

    E neppure Swift, che pare fosse della stessa idea.

    Io sto con Francesco e Caterina e altri.

    Francesco

    PS Brecht NO a prescindere, sia ben chiaro.

  68. utente anonimo scrive:

    Z

    lo sai che mi associo al sommo orrore verso quelli che hanno dei piani, vero?

    non vorrei apparire un Hamas de noantri

    Francesc o

  69. utente anonimo scrive:

    >>> Il fatto che una persona si ponga questioni metafisiche non significa necessariamente che queste questioni ammettano una risposta sensata.

    parliamone … il fatto che tutte le culture si siano poste domande di senso non mi pare possa essere liquidato, nè da Karl Marx (che pure avanzava la seria tesi dell’alienazione) nè dal Pratico Idraulico (che pure è pregato di ripararmi lo scaldabagno lo stesso).

    Francesco

  70. utente anonimo scrive:

    Per Z. n.66

    Mi sto convincendo che non c’e’ contraddizione fra noi.

    Quando dico ‘la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella altrui’ io cerco di dare un criterio di validità per qualunque significato si voglia attribuire alla parola ‘libertà’ (se preferisci, puosso dire che questo criterio è una ‘meta-definizione’ di libertà).

    Indipendentemente dalla concreta natura della definizione che ciascuno puo’ dare, cioè, affermo che condizione necessaria per la validità di tale definizione è che essa soddisfi tale criterio.

    (Analogamente, l’imperativo categorico kantiano – ‘fa’ in modo che il principio che ispira le te azioni possa essere assunto come legge universale’, cito a memoria – stabilisce un criterio di validità per i principi della morale, non fornisce informazioni sul contenuto di tali principi.)

    Di più non so fare, senza scadere in una arbitraria metafisica o senza limitarmi a un pragmatico buon senso.

    Ma tale criterio di validità è sufficiente per farmi considerare fondamentalmente illiberali ad esempio certe posizioni della Chiesa Cattolica, così come le politiche dei regimi stalinisti del passato, e a farmi diffidare dei moderni ‘esportatori di democrazia’, ‘difensori della vita’ e simili.

    Chiarito questo, su quanto affermi tu nel tuo post concordo.

    Anzi chiedo venia: la definizione che erroneamente ho attribuito alla sfera in realtà è la definizione della superficie della sfera (mentre ”la sfera è l’insieme dei punti distanti da un punto dato non più di una distanza prefissata”)

    Andrea Di Vita

  71. utente anonimo scrive:

    Per Francesco n.67 e n.69

    ”NO”

    Perchè no a Brecht?

    ”tutte le culture si siano poste domande di senso non mi pare possa essere liquidato”

    Non lo liquido: lo considero affare degli storici. Esattamente come considero affare degli storici capire come e perchè gli Indiani credessero che una tartaruga sorregge il mondo e i Greci credevano che i terremoti fossero dovuti alla rabbia dei Ciclopi imprigionati sotto l’Etna.

    Il guaio delle domande sul senso non è che non hanno risposta. E’ che ne hanno troppe, e mutualmente incompatibili. E questo è tipico proprio delle domande senza senso del tipo ‘il numero cinque è rosso o verde?’

    Faccio due esempi restando nell’ambito delle religioni (ma la generalizzazione non è difficile). E’ inutile cercare nei Vangeli informazioni sulla reincarnazione, ed è inutile cercare negli scritti buddhisti informazioni sul Purgatorio. L’affermazione ‘esiste il Purgatorio dove le anime trapassate in stato di peccato veniale si purificano prima di entrare in Paradiso’ è incompatibile con l’affermazione ‘l’anima dal karma impuro si purifica nel dolore di successive reincarnazioni prima di entarre nel Nirvana’. Infatti, possono essere entrambe false oppure una vera e l’altra falsa, ma non possono essere entrambe vere: dopo il Purgatorio cattolico c’e’ il Paradiso, non una reincarnazione.

    Una persona puo’ legittimamente trovare il senso della propria vita nell’abbracciare la persona di Cristo incarnata e annunciata dalla Chiesa Cattolica, e allora accetterà la dottrina del Purgatorio come naturale applicazione della Divina Misericordia. Oppure puo’ trovare il senso della propria vita nel prendere rifugio nella Legge dell’Illuminato, e praticare il Retto Sforzo di seguire l’Ottuplice Sentiero per purificare il proprio karma. Le buone azioni del cristiano gli eviteranno l’Inferno, e gli apriranno le porte del Paradiso dopo una eventuale sosta provvidenziale in Purgatorio. Le buone azioni del buddhista accorceranno le future reincarnazioni e avvicineranno l’ingresso nella Beatitudine.

    La domanda sul senso della vita ha senso (perdona l’involontario gioco di parole) solo se esiste un criterio per stabilire chi ha ragione dei due.

    E’ proprio l’impossibilità di scegliere in maniera non arbitraria fra queste alternative (potevo elencarne altre, ma il discorso non sarebbe cambiato) che mi fa sospettare che in realtà la questione non abbia senso: proprio come non ha senso chiedersi se il numero cinque sia verde o rosso.

    Non soltanto, poi, l’esistenza di molteplici risposte mutualmente incompatibili è indizio di domanda priva di significato. Ma anche dal punto di vista pratico, guarda caso, Cattolicesimo e Buddhismo si accordano spesso proprio sulla validità di norme morali pratiche (tipo ‘non rubare’) su cui sono d’accordo anche quelli che non sono nè Cattolici nè Buddhisti. I punti su cui sono in contraddizone insanabile (come la natura dell’aldilà) sono invece proprio quelli su cui non v’e’ modo di raggiungere una conclusione certa e condivisa da più persone (escludo quindi esperienze mistiche, colloqui con spiriti, visioni ecc.). Cioè, la situazione è precisamente quella che si sarebbe aspettato un agnostico.

    Quanto al fatto che in tutte le epoche tutti si siano fatte le stesse domande, rispondo che l’essere umano è lo stesso in tutte le epoche, dunque il suo linguaggio è soggetto alle stesse ambiguità in tutte le epoche.

    Non solo: in tutte le epoche (dagli Epicurei greci ai Lokayata indiani) ci sono state persone che nutrivano il mio stesso atteggiamento di dubbio. Il consenso delle genti non fornisce quindi un criterio per scegliere fra un qualunque ‘senso della vita’ e un altro.

    Siccome è proprio la risposta che scegliamo, ciascuno per sè, di dare alle ‘domande sul senso’ che determina fortemente il nostro concetto di libertà, e siccome tale risposta non puo’ che essere arbitraria, si ha che la condizione necessaria che la libertà ha per essere veramente tale è la solita: ”la libertà di ciascuno finisce dove comincia la libertà degli altri”.

    Mi permetto una nota personale. Ho un caro amico e collega che è un convinto Cattolico: va a Messa tutte le domeniche, fa volontariato per gli handicappati, raccoglie fondi per le Missioni ecc. Ho un altro caro amico, scrupoloso professionista e ottimo padre di famiglia, che è un Testimone di geova convinto: passa tutti i sabati a fare proselitismo, raccoglie fondi per le Sale del Regno nel Terzo Mondo ecc. Queste persone non si conoscono tra di loro. Tutti e due cercano, da quando li conosco, di convertire me, e naturalmente ciascuno alla propria fede. Il bello è che partendo dalle stesse Scritture finiscono per dire cose diametralmente opposte sugli stessi argomenti (tipicamente la Trinità) e -sebbene siano troppp educati per esprimersi chiaramente- sono in buona fede convinti che gli appartenenti all’ ‘altra’ fede siano -più o meno in buona fede- in errore…:-)

    Andrea Di Vita

    Andrea Di Vita

  72. utente anonimo scrive:

    ….buddhismo e vangeli non sono in contraddizione o in disaccordo, ma in armonia, soltanto che si esprimono anche in un linguaggio esoterico, nascosto, che ad una lettura inesperta e superficiale sfugge, ed é un modo di proteggere qualcosa, un modo di tenere lontano chi non é pronto, un modo di non dare le perle a chi non saprebbe capirne la bellezza. Per i buddhisti purgatorio é una reincarnazione, ed il paradiso, nirvana, é quando non hai più bisogno di purgatorio, cioé reincarnazioni, . jam

  73. RitvanShehi scrive:

    —-Ritvan:Appunto, la definizione di “libertà” per una persona perbene. —-

    >Qui non si stava discutendo di quale sia la libertà che si dovesse ritenere concessa una “persona perbene”. Si stava discutendo di cosa fosse la libertà. Z.< Amico mio, il significato delle parole può essere totalmente diverso, a seconda di chi li usa. Nel III Reich, p.es. il termine “ebreo” aveva un significato lievemente:-) diverso da quello che intendiamo oggi. Oppure nella Gloriosa Repubblica Popolare Socialista d’Albania il termine “borghese” prendeva un significato più vicino a quello di “sanguisuga” che a quello di “ceto sociale”. — Se tu vuoi anche la definizione di “libertà” che piace a un pedofilo, un cannibale, un serial killer, o addirittura a un rottweiler addestrato ad uccidere — >Ma certamente libertà è anche violentare liberamente chi vuoi, uccidere liberamente chi vuoi, e per i più ingordi financo mangiare liberamente chi vuoi. La libertà del singolo non è sempre e comunque cosa buona per la società. Infatti pressoché ovunque. esistono leggi, sbirri e galere. E legulei, naturalmente :-)< Appunto, come ti dicevo prima quella è la definizione di “libertà” che si addice alla giungla animale.

  74. RitvanShehi scrive:

    >Sono sempre più d’accordo con p.

    Vuoi vedere che, sotto sotto, sono più comunista io di Diliberto e Cossutta? 🙂 Z.< Beh, se come prototipo del “comunista” prendi p., allora il tuo assunto qui sopra è lapalissiano, visto che per p. Diliberto e Cossuta mica sono “veri” comunisti:-)

  75. RitvanShehi scrive:

    >ritvan,

    allora quella si chiama buona creanza non “morale comune”. roberto< Ma chiamala come ti pare, il senso non cambia. Come disse Scecspir:-) a proposito del nome “rosa”. >pero’ pure sulla buona educazione credo che sarebbe facilissimo trovare casi in cui il concetto di buona educazione varia da persona a persona (trovo perfettamente cafone chi getta mozziconi di sigaretta per terra, e sebbene non penso proprio di essere solo nella mia crociata anti insudiciatori del suolo pubblico, non credo che questa sia la “morale comune”)< No, più che “da persona a persona” direi “da società a società”. Per usare lo stesso tuo esempio, se i marciapiedi di Roma sono – tra un passaggio e l’altro di un “operatore ecologico” che coincidono grosso modo con i ritmi delle maree:-)) – un tappeto di cicche, non vedo perché dovrei sentirmi “immorale” se non spengo la mia sul palmo della mano e me la ficco in tasca per depositarla al più vicino posacicche, situato più o meno a 1 km dal luogo in cui mi trovo. “Morale comune” di Roma, insomma. Non trovi?

  76. controlL scrive:

    Te la cavi troppo semplicemente. Dimentichi che ogni ordinamento pretende il monopolio della violenza (pretesa teoricamente assurda, per parte mia), e che questo monopolio con la violenza è stato conquistato, non con filosofie più o meno di buon senso. Dire che questo monopolio possa garantire la libertà di tutti è pretesa, questa sì, “metafisica” (nel senso peggiore) e che è assolutamente indimostrabile. Anzi, la stessa necessità che voglia e debba difendersi dimostra ipso facto il contrario. Tutto si riduce al fatto che tu preferisca un ordinamento a un altro, come i metafisici di sistemi che accusi.p

  77. RitvanShehi scrive:

    >Dimentichi che ogni ordinamento pretende il monopolio della violenza (pretesa teoricamente assurda, per parte mia) p.< Dici che nel Glorioso Sistema Del Futuro (sto sul vago e non uso altri aggettivi:-) ) da te auspicato le controversie si dovranno risolvere a suon di sfide (individuali o a gruppi) a pistole laser all’OK Corral, oppure chi ha torto (capita, sai, di aver torto) lo capirà sempre da solo e, pertanto, si autoammanetterà e andrà sollecitamente a costituirsi al più vicino carcere?:-)

  78. controlL scrive:

    Se bastasse un codice penale applicato a giustificare la pretesa al monopolio della violenza d’un ordinamento statale, qualunque stato sarebbe e sarebbe stato intoccabile perché accamperebbe una giusta pretesa. La cosa va diversamente. Prima si conquista quel monopolio e poi si applica anche alla violenza privata. La conseguenza, per quanto mi riguarda, è inetta a fondare teoricamente la causa.p

  79. utente anonimo scrive:

    Ritvan,

    — Amico mio, il significato delle parole può essere totalmente diverso, a seconda di chi li usa. —

    Certo, specie se si vuol dare al lemma un valore ideologico.

    Ottimo il tuo esempio, a questo proposito. Il termine “borghese” possiamo usarlo per definire un ceto sociale, senza esprimere alcun giudizio. Oppure possiamo usarlo a mo’ di insulto per una persona che ragiona in modo avido, egoista, ipocrita e interessato.

    Nel secondo caso l’uso del termine “borghese” è evidentemente ideologico e moralmente connotato. Nel primo, invece, si limita a descrivere un ceto sociale, senza alcuna connotazione morale.

    Così le definizioni liberali, socialiste, cattoliche, islamiche etc. di “libertà” definiscono quella che dovrebbe essere la libertà concessa in un ordinamento giusto (a seconda di ciò che per giustizia si intende nelle rispettivi “partiti” di cui sopra). In questo caso il termine “libertà” indica sempre qualcosa di buono e giusto, e tutto quello che è cattivo non può essere considerato libertà (e viene chiamato, a seconda dei gusti, “licenza” o “arbitrio” o “sopraffazione”).

    Ma ognuna di queste definizioni di libertà è opinabile, relativa e indeterminata. Tu dici, ad esempio, “purché il governo mi consenta di emigrare”. Eppure la Germania nazista per i primi anni consentiva a tutti di emigrare liberamente (anzi, incoraggiava ebrei e dissidenti a farlo tramite un apposito istituto ministeriale), e così quasi tutti i governi autoritari di destra. Ma ben difficilmente i sudditi di questi regimi potrevano essere definiti “liberi”.

    Inzomma – l’unica libertà vera e propria è quella della giungla: la totale assenza di obblighi, vincoli, divieti. Che non si ferma affatto dove comincia quella degli altri, ma anzi confligge con la libertà degli altri fino a travolgerla o ad esserne travolta.

    Per questo ogni ordinamento può e deve limitarla, se vuole garantire non solo la posizione di potere di chi sta al vertice, ma la stessa sopravvivenza dell’intera società. Relegando così i conflitti a quei postacci luridi dove giudici arroganti, avvocati truffaldini e cancellieri indolenti contribuiscono a regolare le controversie tra i cittadini.

    E’ uno sporco lavoro, perdiana, ma qualcuno dovrà pur farlo :-)))

    Z.

  80. utente anonimo scrive:

    p.,

    se nella società che vagheggi ognuno produce e consuma esclusivamente in proprio, le tue osservazioni possono essere condivisibili.

    Ma se il tuo capo non ti paga a fine mese, come fai a pretendere quanto ti spetta per il tuo lavoro se non hai un giudice davanti a cui convenirlo e un secondo giudice davanti a cui far valere quanto dichiarato dal primo?

    Sarà meglio riconoscergliela qualche autorità a ‘sto benedetto giudice, via, dato che le relazioni tra persone presuppongono inevitabilmente il conflitto, e nel conflitto aperto – per citare un artista toscano – il forte vince e non sei tu 🙂

    Z.

  81. controlL scrive:

    Be’, l’italia Z è un buon esempio. I giudici sono passati in vent’anni, senza grandi cambiamenti di personale da uno stato non fascista a uno fascista a uno antifascista. Hanno fatto il loro mestiere di giudici, era cambiato il monopolista della violenza. Il terzo passaggio è ancora più significativo. Il fascismo fece un’importante revisione del codice penale riguardo ai delitti privati (ne sai molto di più te in materia, immagino), e questo passò in gran parte alla repubblica antifascista, che lo mantenne molti più anni del ventennio stesso. Probabilmente perché era un buon lavoro tecnico riguardo ai delitti comuni. I tre cambiamenti politici stanno su un altro piano rispetto a quel codice penale, che non era malfatto, a quanto pare, se fu usato per tanto tempo anche dagli avversari del fascismo per giudicare della violenza privata.p

  82. utente anonimo scrive:

    La domanda sul senso della vita ha senso … solo se esiste un criterio per stabilire [quale risposta è vera]

    beh, credo che qui colpisca il formalismo logico o la logica formale. io mi accontento del fatto che tu sia passato a sospettare le domande metafisiche di essere prive di senso (io ritengo che il problema sia nella limitatezza degli esseri umani e sospetto che questo costituisca un “segnale” di Dio all’uomo)

    ciao

    Francesco

    PS di notte tutte le vacche paiono all’incirca grigie, questo non significa che i colori non esistono. basta togliere l’uomo dal centro dell’universo

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