Lo spettacolo del Calvario

I muscoli dei malati di Parkinson – ci spiega un medico fissando le telecamere – non riescono a trattenere l’urina.

Scompare la faccia dell’esperto di liquidi corporali, compare l’immagine di un sondino nastro-gastrico. Il sondino se ne sta ricurvo, felice serpente di plastica, sopra un elegante drappo scuro: il suo luogo di nascita è chiaramente un depliant pubblicitario, di quelli che un vivace informatore scientifico presenta ai suoi clienti assieme a un invito a un convegno da svolgersi a Rio de Janeiro o a Bangkok.

Va in scena così, su scala planetaria, l’ultimo atto della grande telerecita wojtyliana, intitolato “il Calvario del Santo Padre”.

Ogni riflessione seria su questo tema deve prescindere dagli opposti estremismi: da una parte coloro che ti accusano di aver offeso i sentimenti dei credenti (un argomento che trovo privo di qualunque valore logico); dall’altra, la piccola ma attiva schiera di quelli che odiano a tal punto la religione da non capire affatto cosa sia.

Voglio fregarmene di entrambi e riflettere invece su alcune cose.

Storicamente e simbolicamente, il papato è stato una funzione. Nell’immaginario cattolico, un “umile servo del Signore” assumeva per un breve istante il ruolo terreno del Vicario di Cristo. Un ruolo talmente astratto che il suo provvisorio portatore doveva anche cambiare nome. L’astrazione è garantita dalla distanza, e anche da gesti, pratiche e oggetti: tra cui i curiosi flabelli, lunghissimi ventagli di piuma.

Il Pontefice è in sé anonimo; ma questo anonimato comporta la negazione dell’identità sessuale maschile. Il prete, e ancora di più il Papa, non è un uomo, in tutti i sensi.

La sua autorità è pervasiva e sottile, in quanto non minaccia l’autorità maschile di nessun altro; ma proprio allontanandosi dalla generazione della vita, sfugge in qualche modo alla morte. I Pii, i Leoni e i Giovanni si susseguono distinti appena da numerini romani.

Sento spesso dire, “sono laico, ma concordo con i credenti che Karol Wojtyla è un grande uomo“.

È una sciocchezza perché moltissimi blogger dicono cose più intelligenti di quelle che ha detto Karol Wojtyla. I media possono parlare della sua “grande saggezza”, ma – come si dice – carta canta, e canta con una piattezza e una banalità sconvolgenti.

Anzi, sono tentato a credere che Wojtyla dica cose più stupide di quelle che pensa, perché ogni parola che pronuncia è calibrata per essere accettabile a chiunque su questo rissoso pianeta: il comune denominatore tra noi tutti è il nulla, ed è proprio questo che Wojtyla sa esprimere con grande maestria.

Non credo che Wojtyla abbia “abbattuto la Cortina di Ferro”, o “portato la Chiesa nel terzo millennio”, o “riportato la Chiesa nel Medioevo”. Quello che è successo alla Chiesa in questi anni è dipeso da molte cose oltre alla volontà di Wojtyla. E comunque sono anni che Wojtyla non è in grado di prendere decisioni anche elementari. Organizzazioni come l’Opus Dei, l’Acton Institute o Comunione e Liberazione o i Legionari di Cristo hanno dinamiche proprie.

Quello che Karol Wojtyla ha saputo fare invece è recitare l’incarnazione del dramma umano in simbiosi con i media: lui si fa fotografare con la mano sotto il mento, il commentatore televisivo abbassa la voce e dice, “ammiriamo insieme la sua profonda sapienza“. Wojtyla non riesce a parlare, ergo “trasmette la sua grande serenità senza bisogno di parole“.

Lo spettacolo wojtyliano s’insinua nello spazio che la Chiesa si ritagliò storicamente quando i suoi ministri si fecero eunuchi per il Regno dei Cieli: lo spazio delle vedove, dei mendicanti, dei malati. Che non è lo spazio dell’oppressione, ma lo spazio del dolore, di cui questo mondo contiene inesauribili riserve.

Il Wojtyla-show ha percorso un milione di chilometri, recitando innumerevoli variazioni sul tema del Grande Nonno che abbraccia la bambina nera malata di Aids. Non guarisce dall’Aids o dalla povertà, ma è tanto umano, e se ti permetti di dire qualcosa, sembra che tu odi le bambine nere malate di Aids. Così Wojtyla diventa la buona coscienza del mondo, o meglio la coscienza che si sente buona perché si ammira mentre apprezza i propri sensi di colpa. Si esce dal dolore con l’infantilizzazione, accantonando i conflitti nella “civiltà dell’amore”, le tragedie nel suono di chitarre e canzoni che possiamo solo definire penose.

In tutto questo non c’è più traccia del tremendo psicodramma della Chiesa, che ci parla della caduta, della guerra tra Michele e Satana, del sangue di Cristo che ci redime dall’inferno, di quella forma inquietante di sacrificio insieme umano, vegetale e divino che è la Messa.

Questa gigantesca lacuna non è casuale. Infatti, mentre il ruolo storico del Papa è quello di anonimo funzionario di Gesù, Wojytla usurpa tutti i ruoli psicologici (non teologici) dello stesso Gesù, che “ci ama e ci sta vicino”, che “soffre assieme a noi”. Non sorprende quindi che Wojtyla sia più amato dei suoi predecessori, ma quello del “papa umano” è un ruolo che si può recitare una volta sola. Il suo successore dovrà inventare un ruolo ancora più “umano” e mediatico, o verrà profondamente disprezzato da tutti i papaboys, da tutti coloro che saltellano mentre fanno i coretti, “Gio-vanni Pao-lo! Gio-vanni Pao-lo!

L’industria culturale corrompe e inquina tutto ciò che tocca. Qual è il senso di questo ultimo, ributtante spettacolo, dove il disastrato stomaco di Wojtyla viene divorato con la stessa cannibalistica curiosità con cui venivano diffuse le foto del Papa Sciatore?

Si tratta del prezzo che tutti gli attori dello spettacolo planetario devono pagare alla fine all’impresa criminale che li ha creati? Come Michael Jackson il telestar che diventa Michael Jackson il telepedofilo, insomma.

Oppure si tratta dell’ultima recita del fondatore del Teatro rapsodico di Cracovia?

Questa voce è stata pubblicata in cattolici e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

7 risposte a Lo spettacolo del Calvario

  1. melusinach scrive:

    mah, non ha potuto fare altro che rappresentare qualcosa che ancora non sa camminare assieme al popolo, pur dandone l’impressione.

    Però è difficile vedere oltre alla fascinazione che un uomo con una posizione come la sua “doveva” per forza impersonare.

    Mi auguro un papa che sappia far ritrovare la vulnerabilità ai suoi fedeli.

  2. bobregular scrive:

    È una sciocchezza perché moltissimi blogger dicono cose più intelligenti di quelle che ha detto Karol Wojtyla.

    Con stima, questo è abbastanza semplicistico, a fortiori se posto come fondamento di un ragionamento sedicente “obiettivo”. Andrebbe circostanziato.

    Io credo che questo Papa sia stato un grande politico. Non penso che l’azione politica che ha compiuto negli anni ’80 si debba sminuire perché lontana nel tempo.

    Dall’altro lato ritengo che abbia perso una ottima occasione di dare una impronta progressista alla Chiesa su aspetti etici cruciali che prima o poi la Chiesa dovrà prendersi carico di sdoganare.

    Ma da qui a sminuirlo con frasi generiche ce ne corre.

    Curioso poi come tu attribuisca a Wojtyla la paternità delle stupidate e del circo mediatico, mentre ti affretti a ricondurre il “buono” che gli è ascrivibile a fattori esterni.

    Del rispetto che si dovrebbe serbare ad una persona in agonia taccio. Leggo gentaglia nel tag, e taccio. Questa è casa tua, fanne quello che vuoi.

  3. utente anonimo scrive:

    Non ritengo affatto che il circo mediatico sia una stupidata. Credo che sia una chiave fondamentale per capire i nostri tempi: non solo perché “con i media si ha successo”, ma perché avvengono tutta una serie di trasformazioni nella percezione della realtà, che sono di immensa importanza.

    Credo che chi sa cavalcare questo mostro sia, a modo suo (che non è il mio) un genio.

    E qui si vede chi sa recitare un ruolo e chi no. Wojtyla lo ha saputo recitare, anche grazie alla nullità del suo messaggio: ma the medium is the message.

    Quindi non sminuisco proprio nessuno.

    Miguel Martinez

  4. utente anonimo scrive:

    Beh, il problema sta nel fatto (che Debord me ne perdona) che ormai tutti noi siamo coinvolti nella società dello spettacolo. La rappresentazione uguale all’essere, anzi, lo sostituisce. I Papaboys fanno anche parte di questo “circo”, anche se loro stanno partecipando (essendo), ma stanno partecipando ad uno spettacolo, dunque rappresentano.

    Nessuno è veramente responsabile per l’evoluzione della società occidentale (riguardante il cambiamento che ci porta ai vecchi testi della Internazionale Situazionista per capire il momento quando non era più possibile tornare indietro). Casomai, sento una sopraffazione giornalistica. Non dico che pretendo che debbono fare (ora, ma si sa che non farebbero mai) una critica ragionata del personaggio. E’ semplicemente una agiografia, e una volta tolto la dimensione umano al papa, di lui di umano rimaneva esclusivamente il lato fisico: il papa ammalato, il papa morente, la rappresentanza della sofferenza, ecc. Dove si trova la dimensione metaphysica o spirituale? Non lo so, è stato ridotto a questo. Sarà conosciuto come “il Papa dei giovani” per i suoi ultimi dichiarazioni. Insomma, come potrebbe essere altrimenti in Italia, in occidente? Sarei curiosa sapere come la gente in Africa o in altre culture non occidentalizzati percepiscono il personaggio.

  5. utente anonimo scrive:

    Scusami Kelebek

    ma il tuo articolo mi ha fatto uscire di bocca un’espressione: che cinismo.

    Desidero contestarti l’accusa di mediaticità del papa: credi che sia lui il responsabile di questo accadimento? non pensi che sia una sorta di strumentalizzazione dei media? l’enfatizzare stranamente proprio negli ultimi anni un simbolo religioso dell’occidente?

    Io credo che Wojtila abbia semplicemente fatto quello che sentiva suo dovere come capo della chiesa.. in fondo le sue visite in giro per il mondo non sono poi molto diverse – anche se da leggersi in chiave religiosa – delle varie visite degli uomini di governo di mezzo pianeta all’altro mezzo…

    l’altra cosa che vorrei commentarti è la seguente, poi chiudo che sono stanca e domani – ma solo domani e dopodomani! – servo lo stato. Hai scritto: “ogni parola che pronuncia è calibrata per essere accettabile a chiunque su questo rissoso pianeta”.

    Bravo: questo è il punto. Questo era in realtà il compito che si era assunto negli ultimi anni.. in questi anni di difficile scompiglio culturale.. di innondazione di politycalcorrettisti (dico io)… come cercare di conciliare le varie fazioni e controfazioni rissose del pineta.. e sì, è umano, anche in vista di un accattivamento di proseliti alla Chiesa. Questo ci dice che il papa non voleva certo apparire 1a superstar…

    Vedi Kelebek, si crede che la gente sia offuscata dai giornali e dalla televisione, trascurando che c’è una buona parte della popolazione che le informazioni se le trova da sè, che quando punta una questione, va su Google o Yahoo immette le fantastiche paroline chiavi e trova un elenco sterminato dell’opinione di Maria la dirimpettaia, di stefano il figlio di mia cognata, di frate pio delle opere misericordiose, di Rais, studente napoletano attivista, di Hassan emigrato frustrato e disperato, di Concetta studiosa eminente dell’arte sempre all’erta..- e via dicendo.. oltre anche a fonti di studiosi ed università che si sono stufati di aspettare l’editore o il finanziamento di turno e la cultura se la fanno da soli, pubblicando le proprie opinioni, le proprie ricerche, le proprie passioni su internet in completa autonomia e libertà.

    ciao ed in bocca al lupo per il Neoblog. Me lo ha fatto conoscere il Blog di Lia, con la quale ogni tanto ci ho litigato.

  6. liberaMADani scrive:

    l’ultimo commento è il mio.. mi dimenticai di firmarlo….

    MM può controllare facilmente gli IP…

  7. utente anonimo scrive:

    Grazie della precisazione, cara Madani, ma non mi metto certo a guardare gli IP per farti le pulci. Ti credo e basta, non che la cosa sia molto importante.

    Miguel Martinez

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *