Costanzo Preve, filosofo

Costanzo Preve

Ho conosciuto Costanzo Preve quasi due anni fa, a una conferenza: un signore con i capelli bianchi, che faceva fatica a camminare pur avendo appena una sessantina di anni. Poi lo sentivi parlare, con la sua voce giovanile, e un’incredibile chiarezza di espressione. Soprattutto, visto il contesto politico della conferenza, colpiva l’assenza di quei riempitivi ipnotici che utilizza chi non sa assolutamente cosa dire, ma deve dare ugualmente fiato alla voce. Espressioni, per intenderci, come “una convergenza di soggettività che sappia essere insieme protagonista ed espressione di ampie esigenze.”

(leggere il resto qui)

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17 risposte a Costanzo Preve, filosofo

  1. utente anonimo scrive:

    Un solo motivo per credere che il marxismo, qualunque marxismo, abbia un qualche buon motivo per essere condiviso in rete, conosciuto, magari studiato?

    Così, per pura curiosità.

    Che sentir dire che “il capitalismo e l’imperialismo sono le piaghe del mondo” fa ridere fino alle lacrime. E mi vien voglia di sentire cosa direbbe Marx, spietato coi socialisti non scientifici e refrattario alla paccottiglia dei buoni sentimenti.

    Francesco

  2. utente anonimo scrive:

    Un solo motivo? Beh, deve essere una cosa di qualche importanza se suscita una reazione così accesa in te.

  3. daciavalent scrive:

    Il commento di Francesco è la prova provata del fatto che stiamo scontando molte, forse troppe, dichiarazioni propagandistiche, una specie di interminabile discussione/giustificazione sulla “naturalezza” del capitalismo e una serie interminabile di foglie di fico che dovrebbero, con la loro immagine rassicurante, coprire le “vergogne” che a torto sentiamo di dover giustificare pubblicamente prima di risolverle internamente.

    Il fatto che il capitalismo venga dichiarato come “naturale” base per la coesistenza pacifica dovrebbe essere centrale rispetto al dibattito interno della sinistra e coinvolgere ampi settori dell’opinione pubblica, quella contro la guerra, quella contro lo sfruttamento indiscriminato e discriminante delle risorse, anche nel nostro paese, così come viene posto dal resto della sinistra “povera” del cosiddetto Terzo Mondo.

    In effetti, il dilemma della “coesistenza pacifica” – problema cruciale in effetti – viene abbordato in limiti tragicamente scolastici, come se si trattasse di dedurre da una “naturalezza” imperialista convertita in essenza astorica, la possibilità o impossibilità di detta coesistenza.

    Ma la naturalezza dell’imperialismo (così come quella del capitalismo) è storica: l’imperialismo è una fase, una categoria della storia e in quanto fase e categoria storica è stata analizzata sia dalla Luxembourg sia da Hilferding, sia da Lenin sia da Bukarin, ovvero da tutti i saggi classici del pensiero marxista, nell’epoca iniziale dell’imperialismo, e questo, indipendentemente dalle sfumature, diversità e divergenze tra questi lavori teorici classici.

    La natura di classe dell’imperialismo non è cambiata in effetti. Mentre la natura della lotta di classe ha ceduto il passo, spaventata dalle conseguenze del cambiamento radicale occorso alla vecchia URSS.

    Ma il ripetere questa verità (almeno dal mio punto di vista) non ci fa avanzare nemmeno di un millimetro, se non analizziamo prima le nuove caratteristiche storiche di questo imperialismo, le sue nuove caratteristiche distintive, le nuove categorie attraverso cui si manifesta e rende reale, concreta, nel mondo attuale la sua essenza di classe, e questo per riuscire ad elaborare nella teoria e nella prassi un’autentica risposta rivoluzionaria. Ciò nonostante, il lavoro dei cosiddetti intellettuali organici brilla per la sua assenza.

    Essere di sinistra ed essere marxista non si riduce alla mera cristallizzazione astorica di precetti e regole metodologiche, attuali in un determinato contesto storico o rispondenti alle opportunità variabili delle argomentazioni polemiche in lotte interne.

    Convertire l’opera di Lenin in un semplice arsenale di citazioni e argomenti di polemica interna ostacola radicalmente la concettualizzazione del pensiero leninista, trasformandolo di fatto in un desolante pragmatismo ideologico.

    In fondo, citazioni di Lenin, date la complessità e la diversità delle situazioni che ebbe ad affrontare durante il percorso della sua opera teorica, ve ne sono per tutti i gusti. Anche per i peggiori.

    Tutta la riflessione sul senso stesso dei concetti fondamentali della prassi marxista così come l’analisi di fatto interna alla sinistra italiana ed europea, portano alla medesima conclusione: l’inevitabile necessità di riprendere l’elaborazione teorica dei concetti di marxismo e, perché no? di riformismo. E per questo ringrazio Preve. E te per la ripubblicazione.

    Benvenuto. Dacia.

  4. utente anonimo scrive:

    Il marxismo non è una filosofia, tanto meno la filosofia d’un uomo. Il marxismo è la dottrina che anticipa la nuova società, e che da questa posizione “esterna” può criticare a fondo le categorie della vecchia società, che dovrà lasciarle, deterministicamente, per chi crede nella dottrina, il posto. La sua verità non sarà stabilita da un consesso di filosofi o saggi o esperti o come diavolo si voglia chiamarli, ma dalla vivente storia della specie umana, se effettivamente riuscirà a sorgere dalla vecchia la nuova società già delineata nella dottrina. Noi, molecole umane di breve tempo, non possiamo far altro che scegliere da che parte stare in questi avvenimenti di durata storica che ci sovrastano come singoli. Ma il termine scegliere è sbagliato: in realtà siamo scelti, l’istinto ci orienta a una scelta, e quando la ragione interviene ad analizzare la scelta è già compiuta. Parafrasando Marx (non ho la citazione sottomano), il comunismo è un demone che ci si può strappare solo strappandosi anche il cuore. Non serve granché conoscere il “pensiero” di Marx, i cattedratici d’economia lo conoscono molto meglio di me, e io posso ridere delle loro analisi marxiste o marxiane che dir si voglia, perché m’è subito chiaro nella mia pochezza teorica che costoro leggono Marx cogli occhi della società presente, mentre bisogna leggerlo, per quel poco o molto che l’intelligenza singola permette, da grande teorico o da umile militante, cogli occhi della società futura, che con Marx chiamiamo comunismo. Qui sta il discrimine, la divisione netta tra marxista (nel senso di seguace d’una precisa dottrina e teoria) e non marxista, studioso o no del “pensiero” di Marx.

  5. utente anonimo scrive:

    Molto interessante questo tuo post, Miguel.

  6. utente anonimo scrive:

    X Dacia:

    sono impressionato. Mi hai effettivamente letto nel pensiero, non credo di averlo mai scritto.

    Considero il comunismo (in senso molto lato) una perdita di tempo nel vano sforzo di orientare la storia, di origine illuministica quanto all’idea che si possa fare.

    E, naturalmente, criminale quanto ai metodi necessari per porre in atto il tentativo, per non parlare dei risultati.

    Ma è il primo fattore a darmi più fastidio e a suscitare la mia reazione.

    Solo che non l’avevo scritto e tu lo hai capito!

    Ciao

    Francesco

  7. utente anonimo scrive:

    Credo che qui a forza di “utenti anonimi”, ci si stia confondendo. Il post di Dacia è quello che inizia con ” Il commento di Francesco…”

    Poi c’è un post di un anonimo veramente anonimo che inizia con le parole “il marxismo non è una filosofia…”

    Credo che quello che fa i complimenti a me, ritenga che io ne sia l’autore; mentre Francesco ritiene che l’autore ne sia Dacia. Se è così entrambi sbagliano.

    Pur nel rispetto del diritto all’anonimato, sarebbe forse meglio mettere una firma di qualche tipo ai propri post, come ha fatto Francesco. Tipo:

    Miguel Martinez

  8. daciavalent scrive:

    Caro Francesco:

    sono estasiata di aver trovato, finalmente, l’uomo che legge tra le mie righe, che capisce i miei pensieri laterali e che – facendo di me una donna quasi onesta – si accollerà il pagamento delle rate della batteria da cucina e della palestra “grande fratello” che ho comprato via telefono.

    Solo che, vedi, potrei soprassedere sulla tua errata lettura solo se mi assicurassi che le tue intenzioni sono serie e mi mandassi (privatamente) la tua ultima dichiarazione dei redditi, dalla quale si evinca che l’8/1000 è devoluto a Scientology ed a nessun altro e che sei spropositatamente ricco: un’appropriata dotazione di dané potrebbe farmi sorvolare sulla desolazione del resto del tuo equipaggiamento. Altrimenti, come dire? cicca cicca.

    Mi piace invece molto la visione sturm und drag di un altro commentatore, purtroppo anonimo, del blog. Lo condivido, molto, infatti non credo che si “sia comunisti”. Lo si “diventa”. Ad un certo punto della nostra vita diciamo basta e decidiamo di diventarlo, prima non ce ne accorgiamo, e tutto d’un tratto lo siamo diventati.

    Divergo però su un punto, che immagino ci renderà o i peggiori nemici o i migliori degli amici: il marxismo è soprattutto un processo dialettico e scientifico, e perché no? un metodo, il quale, però, se si esclude il cuore, rischia di meccanizzarsi, di disumanizzarsi.

    Privarlo della sua qualifica di “metodo” è privare il marxismo della sua caratteristica principale: non va dimenticato che il Manifesto parla di un “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. Questo trasforma la “dottrina ortodossa” in un fatto fluido, che coincide con l’eterno divenire. In realtà, se da marxista prendessi mai il potere, fossanche nel mio condominio, non potrei fare altro che lasciarlo, per il semplice motivo che la cristallizzazione non si addice al comunismo, lo snatura e lo rende meno, ah, ecco! comunista. Ma la mia è un’opinione di piccola filosofa de borgata.

    Per il resto, mi sto facendo un harem di freaks. La cosa mi preoccupa un poco, ma tra finire la mia vita a mangiare il Chappy direttamente dal barattolo mentre guardo “La fattoria” in televisione ed avere il mio personale Barnum, preferisco la seconda opzione.

    Ad maiora, Dacia Valent

  9. utente anonimo scrive:

    x Dacia

    Eppure i tuoi primi paragrafi mi sembrano chiari.

    Il capitalismo (e l’imperialismo) è uno stato “naturale” della storia umana, spontaneo in quanto pensato dopo che era stato fatto. Per te questo è un errore della sinistra (se ho capito la seconda parte, ma si tratta di interna corporis vostre che non mi tangono); per me la cifra realistica di lettura del mondo.

    E’ che hai sintetizzato molto bene quello che penso, in quei primi paragrafi.

    Inoltre: “la cristallizzazione [qui tu intendi la realtà] non si addice al comunismo”; se io avessi voluto condannare il comunismo in una frase non sarei mai riuscito a fare di meglio.

    Sono estremamente serio e decisamente cattolico, per il resto. E, naturalmente, non sono ricco. Quindi, cicca cicca.

    Saluti

    Francesco

  10. utente anonimo scrive:

    E dagli colla fisima dell’identità, colossale stupidaggine. Serve a qualcosa sapere che quelle quattro fesserie “anonime” sul marxismo sono opera d’un pietro qualunque? Certo Dacia che il marxismo è un metodo che indaga sull’eterno divenire, se ti piace l’espressione poetica, ma il divenire varia secondo delle leggi, caratterizzanti intere ere naturali oppure epoche storiche, altrimenti come sarebbe possibile farne scienza? Marx non ha “studiato” il capitalismo del suo tempo, ma ha desunto le sue categorie fondanti, fissandole in un modello astratto di capitalismo da cui ha ricavato le leggi del suo sviluppo (divenire, appunto). I marxisti, altrimenti sarebbero ridicoli, riconoscono nel capitalismo stramaturo di oggi un tipo “concreto” di capitalismo molto più rispondente al modello marxista di quello che l’individuo Marx aveva sotto gli occhi. Se non si crede che Marx ci abbia “azzeccato”, che senso avrebbe continuare l’uso d’un metodo che si ritiene abbia fallito? Ragionerebbero meglio quelli che dicessero francamente che Marx vada gettato alle ortiche. Quanto a Francesco, è un classico esempio di visione del comunismo cogli occhi della società presente. I marxisti non “vogliono” affatto orientare la storia, semmai, come tutti, ne sono orientati in un certo senso (verso il futuro, crediamo noi); se la storia non andrà nella direzione prefigurata, non ci sarà nessuna “volonta” d’uomo o di superuomo che possa cambiarla. La volontà e il volontarismo sono categorie illuministe e borghesi, antitetiche al marxismo, determinista. Pensi, per analogia, Francesco, se lo conosce, al concetto di wu wei nel tao, il non agire, e afferrerà qualcosa dell’atteggiamento marxista antivolontaristico verso la storia. Quanto alla storia come romanzo criminale che a seconda delle posizioni e convenienze vede sempre nell’altro, nel nemico l’assassino, i marxisti non sanno che farsene, ritenendo superate le categorie morali o moralistiche che siano. La società futura, di cui noi scorgiamo già i segni in questa, sarà migliore non perché avrà uomini migliori, (volontarismo della coscienza da illuminare), ma perché avrà relazioni molto migliori tra gli uomini e con le cose, da cui i marxisti si aspettano, sempre più col passare delle generazioni nei nuovi rapporti, comportamenti molto migliori di quelli tenuti, marxisti compresi, dagli uomini d’oggi.

    p

  11. utente anonimo scrive:

    x Pietro:

    riconosco la corenza teorica del tuo approccio “scientifico” al marxismo. Ma una domanda mi è sorta fin da quando lo ho studiato a scuola la prima volta: se i marxisti hanno superato le categorie morali, cosa li muove?

    E un’altra: se la Storia (e ci vuole la maiuscola) se ne va per la sua strada lo stesso, quale è il senso della MIA vita individuale, senza il quale la Storia e il derby di Coppia Campioni pari sono?

    Insomma, scegliere da che parte stare, con gli oppressi o con gli oppressori, è del tutto futile quanto ai risultati e del tutto arbitrario quanto ai motivi?

    Ciao

    Francesco

  12. utente anonimo scrive:

    È difficile sbrigarsela con due parole di teoria, e poi è inutile tediare con argomentazioni marxiste chi non è predisposto ad ascoltarle. Anche per me è stato così, del resto: finché non mi sono fatto le domande, non mi sono neppure preso la briga di cercare le risposte. Vado per esempi spicci ed analogici, che possano essere capiti da chi è solito a un altro linguaggio dal marxismo. Tommaso d’Aquino scrisse “fidem sequitur ratio”. Tu dici d’essere cristiano e dunque dovresti comprendere il senso di questa frase. È così anche per i marxisti, quando alla mistica fede si sostituisca il biologico istinto. Come vedi siamo più vicini per certi aspetti allo scolastico medioevale che ai borghesi illuministi, altro che “derivati” da loro. Se l’istinto ci orienta verso la società futura, il metodo razionale e scientifico ci permette di cogliere i segni, gli elementi, le anticipazioni della società futura entro il divenire di questa società, più in generale, della storia che sarà entro la storia che è ed è stata (ma lascia stare le maiuscole). Ma è lavoro non della vita d’un singolo, ma d’intere generazioni di militanti che si sono riconosciute e si riconosceranno in quest’orientamento e questo metodo, e la loro storia, anche d’errori, è la nostra storia, e la loro vita è la nostra vita: come individui di breve durata protesi verso il futuro si agisce “a orizzonte invisibile” (un cristiano dovrebbe afferrare il senso di questa frase). Ma la nostra storia è dentro una storia più grande, dell’intera specie (ma non vado oltre, sarebbe troppo lungo), e per questo non diamo “colpe morali” neanche ai nostri avversari, cioè a chi è spontaneamente orientato in un altro senso, per così dire, dal campo storico (i fautori dello stato presente delle cose, o anche i nostalgici che guardano indietro a società passate della storia). E la storia della specie, e qui mi fermo solo accennando alla cosa, è dentro quella storia più grande che è l’universo naturale e il suo divenire. Anche la storia della specie è un aspetto del tutto che diviene, e, in ultima analisi, ne è caratterizzata.

    Sono futili i risultati della posizione comunista, visti cogli occhi della stato di cose presente? Non so cosa risponderti, non è una disputa filosofica tra me e te, e neanche tra il massimo filosofo del marxismo col massimo filosofo del liberalismo. Quanto ai motivi della scelta, non c’è nulla di arbitrario, cioè di volontario, in un orientamento dovuto all’istinto. Se poi “arbitrario” vuol significare irrazionale, ricorda che è dell’istinto quella forma di preragione detta intuizione. Anche qui un cristiano dovrebbe ben comprendere di cosa parlo.

    p

  13. utente anonimo scrive:

    Credo che la tua opinione sul rapporto tra Fede e Ragione sia un pochino discutibile.

    Ma il punto è un altro: il Cristianesimo è iniziato con un tizio (Gesù) che ha detto a degli altri tizi:”Venite con me”. E quelli lo hanno fatto e sono stato così contenti da rimenere con lui sempre. Insomma, in primo luogo ha parlato al loro destino personale, individuale. Senza una piena e soddisfacente risposta a quello, sono indifferente alla storia, alla Storia, alla specie e all’universo tutto. Oltre all’aldilà, l'”orizzonte invisibile” di cui tu parli, il cristiano pretende dal suo Dio “il centuplo quaggiù”. Sennò è un bigolo.

    Ciao

    Francesco

  14. utente anonimo scrive:

    Hai ragione è tutto lì, non in discussioni filosofiche su ragione e fede e su soddisfazione o insoddisfazione. tu vedi te stesso prima di tutto, noi vediamo la specie. nient’altro.

    p

  15. utente anonimo scrive:

    Permettetemi di ringraziare Francesco, Pietro e Dacia dell’interessantissima discussione, non mi aspettavo un dibattito così ricco e interessante.

    Mi rimane un piccolo dubbio. Avete preso semplicemente spunto dalla parola “Marx” nel mio posto, o avete anche letto qualcosa degli articoli di Costanzo Preve cui facevo riferimento?

    Miguel Martinez

  16. utente anonimo scrive:

    Posso immaginare che la domanda non sia rivolta a me?

    Come economista parto dal presupposto delle risorse scarse e, prima di investirne, effettuo una stima del rendimento atteso. E puoi immaginare cosa mi aspetti dalla lettura di un “marxista neo-ortodosso” …

    Grazie comunque della tua cortesia.

    Francesco

    PS porre il giudizio sugli USA nella dicotomia Regno di Dio in terra-Regno del Male è di una disonestà intellettuale impressionante. E ti manda in vacca un’ottima questione, cioè dove sia finita la differenza/diffidenza tra USA massonico-protestanti e Tradizione Cattolica.

    PPS poi ogni tanto esco dagli schemi e mi faccio un trip “a ritorno improbabile” sul tuo sito, non sono così crucco

  17. utente anonimo scrive:

    Ho letto qualcosa di Preve sul tuo sito e qui l’articolo sul, così mi scopro, “bordighismo”. Preve è un buon filosofo, ma il marxismo è altro, o non è nulla.

    La “scarsità” di risorse è un assunto che in realtà presuppone tutta intera l’economia capitalista e la sua natura “eterna” (non può esistere altra forma economica dopo di essa). Ma è proprio ciò che il marxismo nega radicalmente. È esistita e riesisterà un metabolismo sociale (scomparirà persino il termine “scientifico” di economia) che farà a meno del mito della crescita e dello sviluppo, con la sua conseguenza di reperire le “scarse” risorse. Qui finiscono i miei interventi.

    p

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