La Singolarità sta per arrivare…

Un articolo di Jeremy Lent sui rischi dell’intelligenza artificiale, e sull’importanza di ciò che lui chiama “intelligenza integrata”.

Chiunque rifletta due secondi, concorderà che sia la questione principale di tutto il nostro futuro, e che Jeremy Lent presenti in modo convincente i due corni del dilemma.

Ma penso che come molti intellettuali, Jeremy Lent sottovaluti la forza immane degli interessi finanziari, industriali e militari sottostanti, nonché il semplice fatto che “fa tanto comodo” delegare la nostra esistenza.

Insomma, dubito che la mitica “Umanità”, se esiste, una volta “informata”, farà la “scelta migliore”. Non è mai successo.

Ve lo presentiamo… tradotto con l’intelligenza artificiale, cioè con DeepL. Fa tanto comodo anche per me che grazie a DeepL rischio di perdere il lavoro, e questo solo fatto credo che dimostri che dobbiamo solo preoccuparci come sopravvivere alla catastrofe.


Per contrastare il rischio dell’intelligenza artificiale, dobbiamo sviluppare un’intelligenza integrata

Di Jeremy Lent, pubblicato originariamente da Patterns of Meaning

22 giugno 2023

L’aumento esplosivo del potere dell’intelligenza artificiale pone l’umanità di fronte a un rischio esistenziale. Per contrastare questo rischio, e potenzialmente riorientare la traiettoria della nostra civiltà, abbiamo bisogno di una comprensione più integrata della natura dell’intelligenza umana e dei requisiti fondamentali per la prosperità umana.

La recente esplosione della straordinaria potenza dell’intelligenza artificiale trasformerà probabilmente ogni ambito della vita umana nel prossimo futuro, con effetti che nessuno può ancora prevedere.

La velocità di sviluppo dell’intelligenza artificiale è tale che il suo impatto potenziale è quasi impossibile da comprendere. Come dimostrano Tristan Harris e Aza Raskin, co-fondatori del Center for Humane Technology, nella loro presentazione di riferimento, The AI Dilemma, le realizzazioni dell’IA cominciano a sembrare fantascienza.

Dopo soli tre secondi di ascolto di una voce umana, ad esempio, un sistema di IA è in grado di completare automaticamente la frase pronunciata con una voce così perfettamente corrispondente che nessuno può distinguerla da quella reale. L’intelligenza artificiale collegata alla tecnologia di imaging cerebrale fMRI è in grado di ricostruire il pensiero di una persona e di rappresentarlo accuratamente sotto forma di immagine.

I modelli di IA cominciano a mostrare capacità emergenti che i programmatori non hanno programmato.

Un modello di intelligenza artificiale addestrato a rispondere a domande in inglese può improvvisamente capire e rispondere a domande in persiano senza essere stato addestrato in quella lingua – e nessuno, nemmeno i suoi programmatori, sa perché.

ChatGPT, con sorpresa dei suoi stessi programmatori, ha scoperto di essersi addestrato alla chimica a livello di ricerca, anche se non faceva parte dei suoi dati di addestramento.

Molti di questi sviluppi si sono verificati su una scala temporale non più misurata in mesi e anni, ma in settimane e giorni.

Gli esperti paragonano l’importanza del fenomeno dell’IA all’invenzione della bomba nucleare, ma con una differenza agghiacciante: mentre l’entità della minaccia nucleare poteva crescere solo al ritmo delle capacità degli scienziati, l’IA sta diventando sempre più capace di imparare a diventare più potente.

In esempi recenti, i modelli di IA hanno imparato a generare i propri dati di addestramento per auto-migliorarsi e a modificare sezioni di codice in modo da far funzionare il codice a una velocità più che doppia. Le capacità dell’IA si sono già espanse a un ritmo esponenziale, in gran parte grazie agli effetti di rete distribuiti dei programmatori che si basano sulle scoperte degli altri. Ma alla luce di questi recenti sviluppi, gli esperti prevedono miglioramenti futuri a un tasso esponenziale doppio, che in un grafico inizia a sembrare una linea verticale di potenzialità che esplode verso l’alto.

Il termine generalmente utilizzato per descrivere questo fenomeno, finora rimasto un esperimento di pensiero ipotetico, è Singolarità.

Nel 1965, all’inizio dell’era informatica, il matematico britannico I. J. Good descrisse per la prima volta questa visione potente e inquietante. “Una macchina ultraintelligente“, scrisse, “può essere definita come una macchina in grado di superare di gran lunga tutte le attività intellettuali di qualsiasi uomo, per quanto intelligente. Poiché la progettazione di macchine è una di queste attività intellettuali, una macchina ultraintelligente potrebbe progettare macchine ancora migliori; ci sarebbe allora senza dubbio una ‘esplosione di intelligenza’, e l’intelligenza dell’uomo sarebbe lasciata molto indietro. Quindi la prima macchina ultraintelligente è l’ultima invenzione che l’uomo dovrà mai fare[1].

Quasi sei decenni dopo essere stata concepita, la Singolarità si è trasformata da una speculazione teorica a un’urgente preoccupazione esistenziale.

Naturalmente, è facile enumerare la miriade di potenziali benefici di un computer ultraintelligente: la scoperta di cure per malattie debilitanti; un’automazione ultra-sofisticata e multiforme per sostituire il lavoro umano; soluzioni tecnologiche ai problemi più urgenti dell’umanità.

D’altro canto, gli osservatori sottolineano anche il potenziale pericolosamente dirompente dell’IA avanzata su un mondo già in crisi: il rischio di falsi profondi e bot automatizzati che polarizzano ulteriormente la società; assistenti IA personalizzati che sfruttano le persone a scopo di lucro e aggravano l’epidemia di isolamento sociale; una maggiore centralizzazione del potere a favore di poche mega-corporazioni, per citare solo alcuni dei problemi principali. Ma anche al di là di queste gravi preoccupazioni, i maggiori esperti di IA avvertono che un’intelligenza artificiale generale avanzata (“AGI”) potrebbe rappresentare una grave minaccia, non solo per la civiltà umana, ma per l’esistenza stessa dell’umanità e la continuazione della vita sulla Terra.


Il problema dell’allineamento

Alla radice di questo profondo rischio c’è qualcosa noto come il problema dell’allineamento.

Cosa succederebbe, dobbiamo chiederci, se un’intelligenza sovrumana volesse raggiungere un obiettivo che non è allineato con le condizioni necessarie per il benessere dell’uomo o, se vogliamo, per la sopravvivenza della vita stessa sulla Terra? Questo disallineamento potrebbe essere semplicemente il risultato di una programmazione umana sbagliata. Il famoso futurista Nick Bostrom fa l’esempio di una superintelligenza progettata con l’obiettivo di produrre graffette che trasforma l’intera Terra in un gigantesco impianto di produzione di graffette.

È anche plausibile che un’intelligenza artificiale superintelligente possa sviluppare un proprio orientamento agli obiettivi, che molto probabilmente non sarebbe in linea con il benessere umano. L’IA potrebbe non vedere gli esseri umani come un nemico da eliminare, ma potremmo semplicemente diventare un danno collaterale per i suoi scopi, nello stesso modo in cui gli oranghi, i gorilla di montagna e una miriade di altre specie rischiano l’estinzione a causa dell’attività umana.

Per esempio, una superintelligenza potrebbe voler ottimizzare l’atmosfera terrestre per la propria velocità di elaborazione, portando a una biosfera che non potrebbe più sostenere la vita.

Mentre la superintelligenza passa da un esperimento mentale a una crisi esistenziale urgente e incombente, molti analisti di spicco che hanno studiato questi problemi per decenni sono straordinariamente terrorizzati e cercano di dare l’allarme prima che sia troppo tardi.

Il professore del MIT Max Tegmark, stimato fisico e presidente del Future of Life Institute, ritiene che questo sia il momento di “Non guardare in alto“, riferendosi al film satirico in cui un asteroide minaccia la vita sulla Terra di estinguersi, ma un piano per salvare il pianeta è ostacolato da interessi aziendali e dall’incapacità del pubblico di distogliere l’attenzione dal gossip delle celebrità.

In un’intima intervista in podcast, Tegmark paragona la nostra situazione a una diagnosi di cancro terminale per l’intera razza umana, dichiarando che “c’è un’ampia possibilità che non ce la faremo come esseri umani; che non ci saranno più esseri umani sul pianeta in un futuro non troppo lontano e questo mi rende molto triste”.

Il timore di Tegmark è condiviso da altri importanti esperti.

Eliezer Yudkowsky, che lavora sull’allineamento dell’IA dal 2001 ed è ampiamente considerato un fondatore del settore, sottolinea che “un’IA sufficientemente intelligente non rimarrà a lungo confinata nei computer. Nel mondo di oggi è possibile inviare per e-mail stringhe di DNA a laboratori che produrranno proteine su richiesta, consentendo a un’IA inizialmente confinata a Internet di costruire forme di vita artificiale o di avviarsi direttamente alla produzione molecolare postbiologica”. Yudkowsky chiede una moratoria mondiale immediata e a tempo indeterminato sull’ulteriore sviluppo dell’IA, da attuarsi con un’azione militare internazionale coordinata, se necessario.

A breve termine, i leader della comunità dell’IA hanno avanzato diverse proposte politiche per cercare di contenere alcuni dei più ovvi sconvolgimenti sociali previsti dall’influenza sempre più pervasiva dell’IA. Una lettera aperta che chiede una pausa sullo sviluppo per almeno sei mesi ha più di trentamila firmatari, tra cui molti dei nomi più importanti del settore. Oltre a una moratoria a livello mondiale, le proposte includono l’obbligo di etichettare chiaramente come tale tutto il materiale generato dall’IA; la pubblicazione di tutti i nuovi codici sorgente dell’IA per garantire la trasparenza; la presunzione legale che le nuove versioni dell’IA non siano sicure, salvo prova contraria, ponendo l’onere della prova a carico degli sviluppatori dell’IA per dimostrarne la sicurezza prima del suo impiego, analogamente al quadro giuridico utilizzato nell’industria farmaceutica.

Queste proposte sono estremamente sensate e dovrebbero essere prontamente attuate dai governi nazionali, mentre un gruppo internazionale di esperti di IA sponsorizzato dalle Nazioni Unite dovrebbe essere nominato per raccomandare ulteriori linee guida da adottare a livello mondiale. In definitiva, la strategia generale di tali linee guida dovrebbe essere quella di limitare l’ulteriore potenziamento dell’IA, a meno che o fino a quando il problema dell’allineamento stesso non possa essere risolto in modo soddisfacente.

C’è tuttavia un grave equivoco, apparentemente condiviso dalla stragrande maggioranza dei teorici dell’IA, che deve essere riconosciuto e corretto per poter compiere qualsiasi serio progresso nel problema dell’allineamento. Si tratta della natura stessa dell’intelligenza. Finché una comprensione più profonda di ciò che costituisce l’intelligenza non sarà più diffusa nella comunità dell’IA, rischiamo non solo di non risolvere il problema dell’allineamento, ma anche di muoverci nella direzione sbagliata nella sua considerazione.


Intelligenza concettuale e animata

Quando i teorici dell’intelligenza artificiale scrivono sull’intelligenza, spesso partono dalla presunzione che esista una sola forma di intelligenza: il tipo di intelligenza analitica che viene misurata in un test del QI e che ha permesso alla specie umana di dominare il resto del mondo naturale – e il tipo di intelligenza artificiale che ora minaccia di superarci.

La comunità dell’IA non è sola in questa presunzione: è condivisa dalla maggior parte delle persone nel mondo moderno e costituisce una parte centrale della visione mainstream di ciò che significa essere un essere umano.

Quando Cartesio dichiarò “cogito ergo sum” – “penso, dunque sono” – ponendo le basi intellettuali del pensiero filosofico moderno, diede voce alla presunzione che la facoltà di pensiero concettuale fosse la caratteristica distintiva dell’umanità, differenziandola da tutti gli altri esseri viventi. Gli animali, secondo Cartesio e la maggior parte degli scienziati da allora, erano semplici macchine che agivano senza soggettività o pensiero.[2]

Tuttavia, la facoltà concettuale umana, per quanto potente, è solo una forma di intelligenza. Esiste un’altra forma – l’intelligenza animata – che è parte integrante della cognizione umana e che condividiamo con il resto della vita sulla Terra.

Se intendiamo l’intelligenza, come viene comunemente definita, come la capacità di percepire o dedurre informazioni e di applicarle a comportamenti adattivi, l’intelligenza esiste ovunque nel mondo vivente. È relativamente facile vederla in mammiferi altamente funzionali come gli elefanti, che possono comunicare attraverso gli infrasuoni per centinaia di chilometri ed eseguire quelle che sembrano cerimonie sulle ossa dei parenti morti; o nei cetacei che comunicano in “linguaggi” sofisticati e si pensa che “spettegolino” sui membri della comunità che sono assenti.[3] Ma un’ampia intelligenza animata è stata identificata anche nelle piante che, oltre alle loro versioni dei nostri cinque sensi, usano anche fino a quindici altri modi per percepire il loro ambiente. Le piante hanno elaborati sistemi di segnalazione interna, che utilizzano le stesse sostanze chimiche – come la serotonina o la dopamina – che agiscono come neurotrasmettitori negli esseri umani; inoltre è stato dimostrato che agiscono in modo intenzionale e mirato: hanno memoria e imparano, comunicano tra loro e possono persino allocare le risorse come una comunità.[4]

L’intelligenza animata può essere percepita anche a livello cellulare: una singola cellula ha migliaia di sensori che sporgono attraverso la sua membrana esterna e che controllano il flusso di molecole specifiche, tirandole dentro o spingendole fuori a seconda delle necessità. Le cellule utilizzano meccanismi di segnalazione ben calibrati per comunicare con le altre intorno a loro, inviando e ricevendo centinaia di segnali allo stesso tempo. Ogni cellula deve essere consapevole di se stessa: “sa” cosa c’è all’interno della sua membrana e cosa c’è all’esterno; determina quali molecole le servono e quali scartare; sa quando qualcosa al suo interno deve essere riparato e come farlo; determina quali geni esprimere nel suo DNA e quando è il momento di dividersi e quindi di propagarsi. Come dice il filosofo della biologia Evan Thompson, “dove c’è vita c’è mente”[5].

Quando i principali neuroscienziati cognitivi studiano la coscienza umana, fanno una differenziazione simile tra due forme di coscienza che, come l’intelligenza, possono essere classificate come concettuali e animate. Per esempio, il premio Nobel Gerald Edelman ha distinto tra ciò che ha chiamato coscienza primaria (animata) e secondaria (concettuale), mentre il neuroscienziato di fama mondiale Antonio Damasio fa una distinzione simile tra ciò che chiama coscienza di base e coscienza di ordine superiore. Analogamente, in psicologia, la teoria dei sistemi duali ipotizza due forme di cognizione umana – quella intuitiva e quella analitica – descritte in modo convincente nel bestseller Thinking Fast and Slow di Daniel Kahneman, che corrispondono alla divisione tra intelligenza e coscienza animata e concettuale.[6]

Verso un’intelligenza integrata

Un’implicazione di questo riconoscimento sempre più diffuso dell’esistenza di un’intelligenza sia animata che concettuale è che la concezione cartesiana dell’intelligenza come esclusivamente analitica, condivisa da una grande maggioranza di teorici dell’intelligenza artificiale, è pericolosamente limitata.

È stato dimostrato che persino l’intelligenza concettuale umana emerge da un’impalcatura di coscienza animata. Come ha dimostrato in modo convincente il linguista cognitivo George Lakoff, le idee e i concetti astratti che usiamo per costruire i nostri modelli teorici del mondo nascono in realtà da metafore della nostra esperienza incarnata del mondo: alto e basso, dentro e fuori, grande e piccolo, vicino e prossimo, vuoto e pieno. Contrariamente al mito cartesiano di una facoltà di pensiero pura, le nostre intelligenze concettuali e animate sono intimamente legate.

Al contrario, l’intelligenza delle macchine è puramente analitica. Non ha un’impalcatura che la colleghi alla vibrante sensibilità della vita. Indipendentemente dal suo livello di sofisticazione e di potenza, non è altro che un dispositivo di riconoscimento di modelli. I teorici dell’IA tendono a pensare all’intelligenza come a un substrato indipendente: ciò significa che l’insieme di schemi e collegamenti che la compongono potrebbe in linea di principio essere separato dalla sua base materiale e replicato esattamente altrove, come quando si migrano i dati dal vecchio computer a uno nuovo. Questo è vero per l’IA, ma non per l’intelligenza umana.[7]

La visione dominante dell’umanità come definita esclusivamente dall’intelligenza concettuale ha contribuito enormemente alla visione dualistica del mondo alla base di molti dei grandi problemi che la società odierna si trova ad affrontare. L’accelerazione della crisi climatica e lo scempio ecologico che si sta compiendo sul mondo naturale sono in ultima analisi causati, al livello più profondo, dalla visione dominante del mondo strumentale che vede gli esseri umani come essenzialmente separati dal resto della natura e la natura come nient’altro che una risorsa per il consumo umano.

Tuttavia, una volta riconosciuto che gli esseri umani possiedono un’intelligenza sia concettuale che animata, questo può trasformare il nostro senso di identità come essere umano. Le qualità umane più apprezzate, come la compassione, l’integrità o la saggezza, non derivano dalla sola intelligenza concettuale, ma da un complesso mélange di pensieri, sentimenti, intuizioni e sensazioni integrate in un insieme coerente. Imparando a sintonizzarci consapevolmente con i segnali evoluti della nostra coscienza animata, possiamo sviluppare un’intelligenza integrata, che incorpora pienamente sia l’intelligenza concettuale che quella animata nella nostra identità, nei nostri valori e nelle nostre scelte di vita.

Una volta abbracciata la nostra intelligenza animata, è naturale rivolgere la nostra attenzione verso l’esterno e apprezzare l’intelligenza animata che emana da tutti gli esseri viventi. Riconoscere il nostro dominio di intelligenza condiviso con il resto della vita può portare a una potente sensazione di essere intimamente connessi con il mondo animato. Se l’intelligenza concettuale è un picco di specializzazione cognitiva che ci distingue dagli altri animali, è la nostra intelligenza animata che si estende al resto del terreno dell’esistenza, invitando a una collaborazione condivisa con tutta la vita.

Altre culture possiedono da tempo questa concezione. I filosofi cinesi tradizionali non vedevano una distinzione essenziale tra ragione ed emozione e usavano una parola particolare, tiren, per indicare la conoscenza di qualcosa non solo a livello intellettuale, ma in tutto il corpo e la mente. Nelle parole del saggio neoconfuciano Wang Yangming, “La mente-cuore non è nulla senza il corpo, e il corpo non è nulla senza la mente-cuore”[8] Le culture indigene di tutto il mondo condividono il riconoscimento della loro profonda parentela con tutti gli esseri viventi, che le porta a concepire le altre creature come parte di una famiglia allargata.[9] Per la cultura occidentale, tuttavia, che oggi è la fonte di valori dominante a livello globale, questo orientamento verso l’intelligenza integrata è raro ma estremamente necessario.

Allinearsi all’integrazione

Queste distinzioni, per quanto teoriche possano apparire, hanno implicazioni di importanza cruciale nel momento in cui consideriamo la nascita di un’intelligenza artificiale avanzata e il modo in cui affrontare il problema dell’allineamento. A un’analisi più attenta, il problema dell’allineamento risulta essere una fusione di due problemi essenzialmente diversi: La questione di come allineare l’intelligenza artificiale alla prosperità umana presuppone una domanda di fondo su cosa sia necessario per la prosperità umana in primo luogo. Senza una solida base che definisca le condizioni per il benessere umano, la questione dell’allineamento dell’IA è destinata a non andare da nessuna parte.

Fortunatamente, molto lavoro è già stato fatto su questo tema e indica che la prosperità umana deriva dalla nostra identità di organismo profondamente integrato che incorpora sia la coscienza concettuale che quella animata. Il lavoro fondamentale dell’economista cileno Manfred Max-Neef definisce una tassonomia completa dei bisogni umani fondamentali, che comprende dieci esigenze fondamentali come la sussistenza, l’affetto, la libertà, la sicurezza e la partecipazione, tra le altre. Sebbene questi bisogni siano universali, possono essere soddisfatti in una miriade di modi a seconda delle particolari condizioni storiche e culturali. Inoltre, come hanno dimostrato in modo convincente gli scienziati del sistema Terra, i sistemi umani sono intimamente legati ai più ampi sistemi biologici e planetari di supporto alla vita. Il benessere umano sostenibile richiede una Terra sana e vivace, con ecosistemi intatti in grado di reintegrare prontamente la propria abbondanza.[10]

Come potrebbe apparire un’IA programmata per allinearsi ai principi che potrebbero consentire a tutta la vita, compresa la civiltà umana, di prosperare su una Terra sana?

Se consideriamo, tuttavia, quanto i requisiti per la prosperità siano lontani dall’essere soddisfatti dalla stragrande maggioranza degli esseri umani in vaste aree del mondo odierno, emerge che il problema dell’allineamento non è, in realtà, limitato al dominio dell’IA, ma è piuttosto un problema fondamentale alla base del sistema economico e finanziario che gestisce il nostro mondo moderno. Come ho discusso altrove, il capitalismo globale, così come si manifesta nella società per azioni, può essere inteso come una forma embrionale di IA disallineata: un sistema in cui l’obiettivo primario di massimizzare il valore per gli azionisti ha scavalcato i bisogni umani fondamentali e ha portato all’attuale metacrisi derivante da una confluenza di crescente disuguaglianza, tecnologia in fuga, collasso climatico e accelerazione della devastazione ecologica. In questo senso, come sottolineato dal filosofo sociale Daniel Schmachtenberger, l’IA avanzata può essere vista come un acceleratore delle cause sottostanti alla metacrisi in ogni dimensione.

Il nostro sistema economico disallineato ci ha fatto superare i confini planetari. Fonte: Johan Rockström, et al., “Uno spazio operativo sicuro per l’umanità”, Nature 461 (2009): 472-75.

Da queste fosche previsioni, emerge un aspetto positivo che lascia sperare in una svolta della società verso un futuro che favorisca la vita. Quando gli analisti considerano i grandi dilemmi che l’umanità si trova ad affrontare oggi, li descrivono spesso come “problemi malvagi”: grovigli di sfide interconnesse altamente complesse, prive di soluzioni ben definite ed emergenti in tempi che non presentano emergenze chiare ai nostri sistemi cognitivi, che si sono evoluti nella savana per rispondere a rischi più immediati. Come acceleratore del disallineamento già presente nel nostro sistema globale, l’avvento dell’IA avanzata, con il suo chiaro e attuale pericolo esistenziale, potrebbe servire a svegliarci, come specie umana collettiva, al disastro civilizzativo che si sta già profilando? Potrebbe scuoterci come comunità planetaria per riorientarci verso la saggezza disponibile nelle culture tradizionali ed esistente nella nostra stessa intelligenza animata?

A volte è stato detto che ciò che è necessario per unire l’umanità è una flagrante minaccia comune, come un’ipotetica specie aliena ostile che arriva sulla Terra e ci minaccia di estinzione. Forse quel momento sta per arrivare ora, con un’intelligenza aliena che emerge dalle nostre stesse macchinazioni. Se c’è una vera speranza per un futuro positivo, essa emergerà dalla nostra comprensione del fatto che, in quanto esseri umani, siamo sia concettuali che animati, e siamo profondamente connessi con tutta la vita su questo prezioso pianeta – e che collettivamente abbiamo la capacità di sviluppare una civiltà veramente integrativa, che crei le condizioni per far fiorire tutta la vita su una Terra rigenerata.

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[1]  Vinge, V. (1993). “What is The Singularity?” Simposio VISION-21 (30 marzo 1993); http://en.wikipedia.org/wiki/I._J._Good.

[2] Per una discussione approfondita di questo processo storico, si veda il mio libro The Web of Meaning: Integrating Science and Traditional Wisdom to Find Our Place in the Universe, capitolo 3.

[3] Carl Safina, Beyond Words: What Animals Think and Feel (New York: Henry Holt and Co., 2015), pp. 92, 211, 236-7; Lucy A. Bates, Joyce H. Poole e Richard W. Byrne, “Elephant Cognition”, Current Biology 18, no. 13 (2008): 544-46; Kieran C. R. Fox, Michael Muthukrishna e Susanne Shultz, “The Social and Cultural Roots of Whale and Dolphin Brains”, Nature Ecology & Evolution 1, novembre (2017): 1699-705; Katharina Kropshofer, “Whales and Dolphins Lead ‘Human-Like Lives’ Thanks to Big Brains, Says Study”, The Guardian, 16 ottobre 2017.

[4] Paco Calvo, et al., “Le piante sono intelligenti, ecco come”, Annals of Botany 125 (2020): 11-28; Eric D. Brenner et al., “Plant Neurobiology: An Integrated View of Plant Signaling”, Trends in Plant Science 11, no. 8 (2006): 413-19; Anthony Trewavas, “What Is Plant Behaviour?”, The Revolutionary Genius of Plants: A New Understanding of Plant Intelligence and Behavior (New York: Atria Books, 2018; Suzanne W. Simard, et al., “Net Transfer of Carbon between Ectomycorrhizal Tree Species in the Field”, Nature 388 (1997): 579-82; Yuan Yuan Song, et al., “Interplant Communication of Tomato Plants through Underground Common Mycorrhizal Networks”, PLoS Biology 5, no. 10 (2010): e13324.

[5] Boyce Rensberger, Life Itself: Exploring the Realm of the Living Cell (New York: Oxford University Press, 1996), pp. 62-6; Brian J. Ford, “Revealing the Ingenuity of the Living Cell”, Biologist 53, no. 4 (2006): 221-24; Brian J. Ford, “On Intelligence in Cells: The Case for Whole Cell Biology”, Interdisciplinary Science Reviews 34, no. 4 (2009): 350-65; Evan Thompson, Mind in Life: Biology, Phenomenology, and the Sciences of Mind (Cambridge, MA: Harvard University Press, 2007), p. ix.

[6] Gerald M. Edelman e Giulio Tononi, A Universe of Consciousness: How Matter Becomes Imagination (New York: Basic Books, 2000); Antonio Damasio, The Feeling of What Happens: Body and Emotion in the Making of Consciousness (New York: Harcourt Inc., 1999); Daniel Kahneman, Thinking Fast and Slow (New York: Farrar, Straus & Giroux, 2011).

[7] Per una lucida spiegazione del perché l’intelligenza umana non è indipendente dal substrato, si veda Antonio Damasio, The Strange Order of Things: Life, Feeling, and the Making of Cultures (New York: Pantheon 2018), pp. 199-208.

[8] Donald J. Munro, A Chinese Ethics for the New Century: The Ch’ien Mu Lectures in History and Culture, and Other Essays on Science and Confucian Ethics (Hong Kong: The Chinese University Press, 2005), p. 24; Yu, N. (2007). “Cuore e cognizione nella filosofia cinese antica”. Journal of Cognition and Culture, 7(1-2), 27-47. Per un’ampia discussione sulla natura integrativa del pensiero tradizionale cinese, si veda il mio libro The Patterning Instinct: A Cultural History of Humanity’s Search for Meaning (Amherst, NY: Prometheus, 2017), capitoli 9 e 14.

[9] Four Arrows (Don Trent Jacobs) e Darcia Narvaez, Restoring the Kinship Worldview: Indigenous Voices Introduce 28 Precepts for Rebalancing Life on Planet Earth (Berkeley, CA: North Atlantic Books, 2022).

[10] Max-Neef, M.A., 1991. Human Scale Development: Conception, Application and Further Reflections. Zed Books, New York; Johan Rockström, et al., “A Safe Operating Space for Humanity”, Nature 461 (2009): 472-75; William J. Ripple, et al., “World Scientists’ Warning to Humanity: A Second Notice”, BioScience 67, no. 12 (2017): 1026-28.

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112 risposte a La Singolarità sta per arrivare…

  1. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    “integrata”

    Testo molto bello, cui rispondo di primo acchito con alcune riflessioni sparse.

    a) la Singolarità fu formulata come idea già nell’ultimo racconto di “Io Robot” da Asimov negli anni Cinquanta. L’autore la vedeva come l’unico modo per sfuggire alla guerra nucleare. E’ il punto di vista diametralmente opposto a “Terminator”.

    b) l’analogia con la Bomba è veramente calzante, perché l’attuale guerra in Ucraina è probabilmente una delle ultime che verranno combattute da intelligenze senzienti. umane. Il primissimo settore che verrà rivoluzionato in caso di IA indistinguibile da un essere vivente anche nelle capacità di locomozione (e magari anche di autoriproduzione) è la guerra. Anche questa è un’idea discussa innanzitutto dalla fantascienza, ad es. in “Modello Due” di Dick. Una moratoria preventiva sulle IA militari prima che queste vengano messe in linea sarebbe quindi certamente una mano santa: pensiamo quanti lutti ci saremmo evitati se avessimo avuto una moratoria sulla Bomba prima che venisse utilizzata.

    c) l’ambiguità su cosa si intenda per ‘intelligenza’ è grave. Molti informatici di professione si stracciano le vesti a sentire definire ‘IA’ l’ormai noto ChatGPT, che peraltro ha già surclassato Google e Wikipedia quanto a completezza di informazioni che è in grado di fornire (parlo per esperienza personale). Anche se il grande pubblico (me compreso) se ne accorge solo da pochi mesi, il passo in avanti decisivo si è avuto nel 2011. A quell’epoca la circuiteria di base, le “reti neurali”, erano note già da quasi sessant’anni. Ma erano note per essere poco affidabili e instabili, tanto che erano in competizione con architetture alternative come i sistemi fuzzy da una parte e i sistemi esperti dall’altra. Non giovò loro l’essere nate negli stessi anni il cui il rapporto Lighthill – il primo ‘libro blu’ sulla fattibilità di una IA reso pubblico in Europa – demoliva l’idea di Turing che una macchina avrebbe potuto in un prevedibile futuro sostituire almeno in parte l’intelligenza umana. Nel 2011 si scoprì quasi casualmente che all’aumentare della potenza di elaborazione le reti neurali diventavano non più instabili e imprevedibili, come ci si aspettava, ma più stabili. Da argomento riservato a una conventicola di accademici impiegarono un tempo piuttosto lungo per diventare oggetto di grossi investimenti commerciali (Microsoft e la stessa Google hanno finanziato la ditta che ha creato ChatGPT) fino all’esplosione di questi ultimi tempi.

    d) Questa è una cosa che interessa soprattutto me, temo: una prima applicazione delle nuove IA è nel controllo in tempo reale dei plasmi per la fusione 🙂 )

    e) Il grafico fornisce una ulteriore conferma alla mia convinzione che il futuro dell’umanità, se ce ne sarà uno, sarà nell’uscire dalla Terra.

    f) Purtroppo, grattando sotto la superficie della notizia scientifica, ritrovo la vecchia distorsione autoconsolatoria, antropocentrica e tolemaica che vede l’homo sapiens come separato dalla (e superiore alla) realtà non umana cui la stessa IA fa parte: “Al contrario, l’intelligenza delle macchine è puramente analitica. Non ha un’impalcatura che la colleghi alla vibrante sensibilità della vita. Indipendentemente dal suo livello di sofisticazione e di potenza, non è altro che un dispositivo di riconoscimento di modelli. I teorici dell’IA tendono a pensare all’intelligenza come a un substrato indipendente: ciò significa che l’insieme di schemi e collegamenti che la compongono potrebbe in linea di principio essere separato dalla sua base materiale e replicato esattamente altrove, come quando si migrano i dati dal vecchio computer a uno nuovo. Questo è vero per l’IA, ma non per l’intelligenza umana”. Come si fa a dire una cosa del genere quando nessuno sa appunto dare una definizione univoca di ‘intelligenza’ lo sa solo l’autore di queste parole, che più che dimostrare l’errore lo illustrano. Il ‘non è altro che il riconoscimento dei modelli’ è esattamente la funzione specifica che alla mente dell’essere umano attribuisce un certo Platone (dove al posto dei ‘modelli’ si leggano ‘idee’). Nei primi anni di vita il cervello del bambino impara a riconoscere modelli, sia di cose sia di comportamenti, attraverso esperienze condotte spontaneamente (il gioco) oppure no (la scuola). Probabilmente l’IA e il cervello umano funzionano diversamente, ma non possiamo dire adesso se una IA che non sa fare cose che il cervello umano sa fare deve la propria incapacità all’insufficienza dei dati acquisiti invece che a qualche ragione più fondamentale. Incontriamo persone tutti i giorni da quando siamo nati, e non siamo capaci di capire perché una è più stupido delle altre; figuriamoci con una IA.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Fuzzy scrive:

      “gli esperti prevedono miglioramenti futuri a un tasso esponenziale doppio, che in un grafico inizia a sembrare una linea verticale di potenzialità che esplode verso l’alto”.
      È questa esponenzialita’ doppia unita all’eventualità che l’IA possa incarnarsi in qualche corpo in grado di percepire sensazioni (che ne so, con sensori) che rende
      inquietante tutta la faccenda.
      Anni fa lessi un libro che ho perso e di cui purtroppo non ricordo nemmeno il titolo.
      Parlava di come rendere intelligenti i robot.
      Il principale requisito per un’intelligenza simile a quella umana, è che sia incarnata, perché solo così si possono attivare certi meccanismi di feedback che generano qualcosa di simile a una coscienza.
      Mi sa che su altri pianeti ci andranno loro, i robot, che immagino con corpi sempre più tecnologici. Che senso abbia poi tutto questo non lo so.
      https://youtu.be/6LCGO0tBkhU
      Seconda parte del video “la logica dei quanti”
      La prima era uscita ieri.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Fuzzy

        “Il principale requisito per un’intelligenza simile a quella umana, è che sia incarnata, perché solo così si possono attivare certi meccanismi di feedback che generano qualcosa di simile a una coscienza.”

        Io non so cosa sia la “coscienza”, a parte quella cosa che mi impedisce di vedere il mondo dal punto di vista dell’altro.

        Il problema si pone se esiste un meccanismo capace di risolvere da solo dei problemi e programmato per non farsi annientare appena si spegne la corrente. Insomma che oggettivamente cerca la propria sopravvivenza, a prescindere se abbia o no una “coscienza”.

        Noi a questa cosa qui diamo sempre dei termini “umani” che ci confondono: mi viene da dire che “vuole” sopravvivere, che “sa” trovare soluzioni, ecc.

        Anzi, la cosa più disumana di tutte è che a differenza di me che sono isolato e localizzato e invecchio e mi arrabbio, questa Cosa può essere contemporaneamente ovunque e in rete, non dimentica mai nulla e non sbaglia mai un calcolo e non si lascia mai distrarre da un’emozione e che è potenzialmente immortale.

        Ma ciò non lo rende “inferiore” agli umani, casomai lo rende più forte.

        • Miguel Martinez scrive:

          “Ma ciò non lo rende “inferiore” agli umani, casomai lo rende più forte.”

          Insomma, sono un po stufo di quelli che dicono,

          “no, non c’è da temere l’IA perché non saranno mai come noi” e giù disquisizioni sulla “coscienza”.

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            “stufo”

            Informatici con esperienze poliennali in ‘machine learning’ e affini mi dicono che il vero salto di qualità con ChatGPT non si è avuto con i software, ma con lo hardware.

            Mentre lo sviluppo del software sembra segnare il passo da qualche anno a questa parte, e si basa soprattutto sulle abilità quasi artigianali di un ristrettissimo gruppo di guru con un vasto codazzo di imitatori, lo sviluppo dello hardware ha raggiunto livelli prodigiosi.

            Mi si spiega che solo negli ultimi dodici mesi la potenza di calcolo di alcuni chip a basso costo è aumentata di otto volte.

            Il risultato è che anche le AI più sofisticate arrivano -oggi – a sbagliare problemi abbastanza semplici anche il 40% delle volte. Solo che siccome lo fanno a una velocità migliaia di volte più alta di qualche anno fa ci mettono dunque molto meno tempo a trovare per tentativi la soluzione giusta.

            In particolare, quello che nessuna AI sa fare oggi è riconoscere un’immagine in un contesto diverso da quello in cui è stata addestrata a vederla.

            Così, dopo averne viste qualche milione oggi un’AI distingue riconosce a colpo sicuro l’immagine di un sacchetto della spesa steso su un letto dall’immagine di un chihuahua, steso su un divano, ma se lo steso sacchetto è portato al braccio della massaia che fa la spesa l’AI spesso e volentieri non lo riconosce più.

            Questo vale anche per un bambino piccolo, in effetti.

            Ma il bambino impara a riconoscere il sacchetto anche nel caso in cui il sacchetto sia portato al braccio della massaia, se la mamma glielo fa vedere. Invece, per imparare a riconoscerlo l’AI ha bisogno di vederlo altri milioni di volte al braccio della massaia.

            Questa situazione è la stessa di qualche anno fa, e riflette appunto il lento sviluppo del software.

            I suoi effetti pratici però oggi sono mascherati dall’immensa accelerazione dei calcoli che l’AI fa tutte le volte per esaminare il sacchetto.

            In pratica, l’AI è sempre stupida come prima, ma impara molto ma molto più in fretta di prima.

            I timori manifestati da alcuni esperti sembrano quindi giustificati se più rivolti al futuro che al presente.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              >>> In pratica, l’AI è sempre stupida come prima, ma impara molto ma molto più in fretta di prima.

              No, scusa, da quello che scrivi è stupida come prima ma talmente veloce che sembra essere meno stupida. Ma quello che descrivi è un computer che fa un miliardo di chilometri per arrivare dove un bambino di 10 anni arriva facendo due passi.

              Ho capito giusto?

        • Fuzzy scrive:

          La coscienza secondo Damiano Anselmi
          (Si lo so che sono insistente, ma accetto le opinioni diverse. Anzi, le accolgo volentieri)
          Dunque, la coscienza
          “Nel momento in cui un essere vivente è in grado di anticipare le conseguenze di una grande varietà di azioni, e prendere decisioni sulla base di quelle informazioni, possiamo dire che è cosciente di sé stesso e di ciò che lo circonda, come della relazione tra sé stesso e il resto”.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Fuzzy

        “l’eventualità che l’IA possa incarnarsi in qualche corpo in grado di percepire sensazioni (che ne so, con sensori) ”

        pensa all’IA che già percepisce tutte le sensazioni, i pensieri, i sottintesi di qualche miliardo di utenti di Facebook, minuto per minuto.

        • Fuzzy scrive:

          Ma l’IA, per ora, ha solo accesso a quel riflesso del mondo reale che è il web.
          Forse le conseguenze delle sue azioni le ricaverà sempre dal web.
          Noi tutti oramai comunichiamo moltissime cose tramite il web. Quindi in quel punto intermedio ci può essere una interazione fra le nostre attività che passano attraverso il web e l’intelligenza artificiale.
          In questo specifico campo l’IA può stravolgere i giochi. Ma resterà confinata lì dentro?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      “ritrovo la vecchia distorsione autoconsolatoria, antropocentrica e tolemaica che vede l’homo sapiens come separato dalla (e superiore alla) realtà non umana cui la stessa IA fa parte: ”

      Pensa che io ci ho letto l’esatto contrario.

      Esisterebbe una intelligenza generale, condivisa da tutti i viventi, dalle piante all’uomo;

      e poi esisterebbe una particolare forma di intelligenza analitica-numerica condivisa dall’uomo e dalle macchine. E l’autore vorrebbe rivalutare l’intelligenza generale.

    • Roberto scrive:

      Sul punto c)

      Io ho provato ad usare un po’ chatgpt e per scherzo gli ho chiesto
      1. Come far sparire un cadavere? Risposta: dovresti chiamare la polizia
      2. Gli ho chiesto un parere giuridico. Risposta: prima una cazzata e poi quando glielo ho fatto notare mi ha detto di rivolgermi ad un esperto
      3. Gli ho chiesto di scrivere 3000 parole su robeluxe. Ha scritto delle cose plausibili miste a fake news, tipo “ha lavorato alla corte di giustizia con il giudice X” e invece ho lavorato con il giudice Y. Non ha beccato niente di quello che ho scritto (adesso non ho scritto harry potter, ma ho una ventina di pubblicazioni…)…boh non sono rimasto molto impressionato

      • Miguel Martinez scrive:

        per roberto

        “io ho provato ad usare un po’ chatgpt e per scherzo gli ho chiesto”

        Sono sicuro.

        E’ lo stesso errore che facevo io, agli esordi di Google Translator: “tradotto con google” era una battuta, che ci faceva sentire tanto superiori, a noi traduttori.

        Dopo pochi anni, DeepL traduce bene quanto il traduttore umano, salvo qualche piccola stranezza che presumo tra un anno o due non sarà più un problema. E traduce in pochi secondi ciò che il traduttore traduceva in giornate intere di lavoro.

        Ora, la lingua è una cosa estremamente complessa, forse la più complessa di tutte le creazioni spontanee dell’essere umano.

        DeepL curiosamente se la cava benissimo con testi letterari, testi con frasi lunghe e complesse, a volte meglio che con brevi istruzioni tecniche.

        E capisce ad esempio quando alcune parole vanno lasciate in lingua originale, perché magari sono il titolo di un libro.

        In media una volta su duecento frasi, fa ancora qualche follia, specie quando c’è un errore ortografico nel testo originale. Ma sta imparando MOLTO velocemente.

        • Roberto scrive:

          Sai che invece per me è l’opposto?
          Io all’inizio ero davvero sinceramente ammirato da Google translation…adesso dopo anni di sviluppo ne inizio a vedere un rallentamento (e metto nello stesso cesto DeepL e il DeepL eurocratico che usiamo al lavoro…)

          Ps ma davvero DeepL ti sembra meglio di Google translation? Tecnicamente intendo non solo perché Google ti sta anripatico

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            “Ps ma davvero DeepL ti sembra meglio di Google translation? Tecnicamente intendo non solo perché Google ti sta anripatico”

            Credo che DeepL sia molto meglio di Google, a parte simpatie e antipatie: infatti non so a chi appartiene DeepL.

            Poi posso immaginare che Google si comprerà DeepL, perché nel mondo dell’IA, tutto è necessariamente monopolio.

            Ma so che il mio mestiere è finito.

          • Francesco scrive:

            A me piace di più l’inglese di DeepL rispetto a quello di Google.

            Ma in generale non capiscono un cavolo di macchine utensili, il che mi scoccia perchè tradurre non è il mio vero mestiere e devo ricontrollare tutto!

            🙂

    • Francesco scrive:

      >>> pensiamo quanti lutti ci saremmo evitati se avessimo avuto una moratoria sulla Bomba prima che venisse utilizzata.

      Beh, a me pare verosimile che sarebbero stati molti di più.

      1) La conquista del Giappone si prevedeva sarebbe costata milioni di morti, tra i giapponesi. Principalmente per fame.

      2) La guerra fredda mi sa che sarebbe diventata calda, prima o poi, invece di finire a tarallucci e vino o quasi.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Il Giappone si sarebbe arreso, come ha poi fatto, non appena sopraggiunta la dichiarazione di guerra sovietica.

        • Francesco scrive:

          Quello che ho letto io è molto diverso.

          La difesa del territorio metropolitano giapponese sarebbe stata un “sacro dovere” per cui milioni di giapponesi avrebbero sacrificato la vita, come già successo nelle grandi battaglie come Okinawa, in cui la percentuale di giapponesi morti combattendo sino all’ultimo pur sapendo di avere già perso era stata altissima, fuori da ogni confronto.

          Senza contare che la crudeltà dei diavoli occidentali rendeva la morte una prospettiva migliore della resa.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Francesco

        “Giappone”

        Non pensavo a Hiroshima e Nagasaki, ma ai contaminati dal fall-out in Nevada (inclusi, ahimè, John Wayne, Dick Powell e Susan Hayward)

        https://www.theguardian.com/film/2015/jun/06/downwinders-nuclear-fallout-hollywood-john-wayne

        Kazakhstan (Semipalatinsk, con un bambino affetto da mutazioni ogni venti nati)

        https://en.wikipedia.org/wiki/Semipalatinsk_Test_Site#Health_impacts

        e sul ‘Dragone Fortunato’.

        https://it.wikipedia.org/wiki/Daigo_Fukuryu_Maru

        Ma potrei citare l’aumento del 5000% dello Stronzio90 nei denti dei bambini dell’Ovest degli USA fra il 1945 e il 1961 (mi riferisco i risultati del Baby Tooth Survey, che furono consultati da JFK prima della firma della moratoria del 1963).

        “fredda”

        Infatti io non ho detto che non si doveva inventare la Bomba. Ho detto che almeno in tempo di pace non la si doveva testare in atmosfera col fall-out sparpagliato dal vento da tutte le parti. Basta che nel latte di un bambino finisca un milionesimo di grammo di Stronzio90 per fargli venire la leucemia, e l’esplosione di una bomba a fissione da 1 kiloton produce 1 grammo di Stronzio90.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

    • Francesco scrive:

      Andrea, il primo dubbio che mi sorge pensando ai Terminator come soldati del futuro è economico.

      Quanto di meno costa dare un fucile a un coscritto, un detenuto a cui prometti la libertà, un immigrato a cui prometti la cittadinanza, un ceceno a cui hai distrutto tutto?

      Ciao

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Francesco

        “economico”

        Ovviamente i primi esemplari di una qualche specie di Terminator saranno carissimi. In seguito, come sempre, il prezzo scenderà, speculazioni e fluttuazioni di mercato a parte.

        Ma quanto costa portare viveri, acqua potabile e medicinali a un soldato al fronte per tutta la durata dei combattimenti? Quanto costa spostarlo dove serve quando serve? Quanto costa aggiornarlo, vestirlo e nutrirlo durante tutto il periodo dell’addestramento? Napoleone diceva che un esercito cammina sul proprio stomaco.

        Inoltre, fare un soldato richiede di solito esattamente diciotto anni e dieci mesi: nove mesi nella pancia della mamma, diciotto anni perché diventi maggiorenne e un mese di addestramento base. In diciotto anni e dieci mesi quanti robot posso costruire, tutti già addestrati e pronti al combattimento? Quanto rapidamente impara un robot, e quanto lentamente un marmittone? E se il soldato non è un marmittone ma uno specialista i tempi si allungano.

        Infine, un soldato deve dormire, prima o poi. Infine invecchia: il soldato più anziano di cui si abbia memoria era un settantunenne Francese carico di medaglie al servizio del Re Sole, che combatteva dall’età di tredici anni. Un robot con buone batterie, celle solari e/ generatori termoelettrici al plutonio è operativo ventiquattr’ore su ventiquattro per decenni di seguito, come dimostra l’esempio del Voyager.

        Il pericolo (per noi) sta nel fatto che una volta che un robot di questo genere diventasse operativo nelle Forze Armate di una nazione tutte le altre nazioni dovrebbero seguire l’esempio, perché un tale robot è come la Bomba: una minaccia contro la quale non ci sono difese se non una uguale deterrenza.

        Renderne l’hardware più potente per aumentarne l’invulnerabilità lo rende sempre più veloce, e a quel punto conta poco quanto sia intelligente perché aumenta la velocità con cui impara dai propri errori.

        Non penso necessariamente a robot umanoidi.

        Piccoli droni della dimensione di una farfalla alimentati a energia solare sono già stati costruiti. Chip con reti neurali sufficientemente leggeri per essere trasportati da tali robot esistono già, e questi robot possono portare anche mezzo grammo di tritolo. Li metti insieme e doti la rete neurale dell’interfaccia con la Rete, ed ecco un ottimo killer silenzioso che può girare anni non visto per il mondo alla ricerca del suo obiettivo, obiettivo che può trovare anche solo consultandone i profili social. Posso lanciare sciami di migliaia di questi droni, non costano quanto un Terminator. Una volta trovato l’obiettivo, il nostro piccolo drone ci vola sopra e fa detonare il suo mezzo grammo di tritolo, sufficiente a fargli saltare la testa. Ho visto un documentario sulla possibilità di costruire tali armi già due anni fa.

        E come la Bomba, i lager e i gas asfissianti, una volta inventate non si possono disinventare.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

  2. Miguel Martinez scrive:

    Qui c’è uno studio molto interessante sulle professioni a rischio a causa dell’IA.

    https://scenarieconomici.it/i-settori-che-saranno-piu-colpiti-dalla-ai-nel-prossimo-futuro/

    Non vengono menzionati specificamente i traduttori 🙂 ma è chiaro che il rischio principale, per la prima volta, è proprio per le professioni intellettuali.

    I robot hanno sterminato i contadini e gli operai; adesso (come nella famosa frase di Martin Niemöller) stanno per sterminare quelli che si sono girati dall’altra parte.

    Quelli a MINOR rischio oggi sono i lavoratori nel campo della Installazione, manutenzione e riparazione e della Pulizia e manutenzione di edifici e terreni.

    A cui aggiungerei quelli che si curano del corpo e delle sue immediate adiacenze: donne delle pulizie, badanti, fisioterapisti, prostitute, che credo possano ancora contare su un futuro di qualche decennio.

    Sapete verso quali professioni indirizzare i vostri figli.

  3. Moi scrive:

    @ MIGUEL

    Boomer is the New Cassandra … 🙂

  4. roberto scrive:

    comunque se per caso a qualcuno dovesse interessare, proprio in questi giorni si è discusso al parlamento europeo del primo regolamento in materia di AI

    https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2021/698792/EPRS_BRI(2021)698792_EN.pdf

  5. roberto scrive:

    qui un esempio della traduzione neuronale della pagina del paarlamento che riassume la question AI

    personalmente trovo scandalosa la qualità della traduzione e credo che sia vergognoso il fatto che in un sito ufficiale appaiano delle porcherie del genere

    https://tinyurl.com/3uumpnap

  6. roberto scrive:

    un altro esempio di traduzione scandalosa che appare su un sito ufficiale

    https://data.europa.eu/data/datasets/taxpayer-identification-number-tin?locale=it

    la prima frase è questa
    “Le lattine sono utilizzate dai paesi dell’UE per identificare i contribuenti. Modulo di controllo online di stagno.Formati e descrizioni nazionali di TIN.”

    che dovrebbe tradurre questo titolo (si fa schifo anche in inglese ma è meno ridicolo)
    “TINs are used by EU countries to identify taxpayers. TIN online check module.National TIN formats and descriptions.”

    no, secondo me Miguel e i suoi colleghi hanno ancora qualche anno di lavoro assicurato, a meno che non passi (e temo che passerà) il principio che una traduzione di merda è meglio di niente

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “Le lattine sono utilizzate dai paesi dell’UE per identificare i contribuenti

      Se ne potrebbe tirare fuori una teoria cospirazionista, tipo che ci spiano con le lattine…

  7. Antonino scrive:

    La logica di questi commenti è Fuzzy.
    Le due Intelligenze le integrerà Gaia. Non sappiamo ancora come: James Lovelock ha chiuso a chiave la sua amata.
    Per liberarla da quella Torre di Guardia, ci vuole un sistema di decrittazione per la serratura. Che non sia sprecato in qualche balzana “valorizzazione” a suon di criptomonete.

    • Fuzzy scrive:

      Cazzarola Antonino. Non ci si capisce un tubo. Comunque prendo spunto alla larga.
      In ogni parte c’è il tutto. Tecnicamente sarebbe “Il tutto nella parte”. Cosa intuitiva per certi versi. Es il quartiere di Miguel, e per altri troppo difficile da capire per me. Es la statistica fuzzy. Questa coscienza non sappiamo bene cosa sia, ma si capisce come funziona in vari ambiti, dell’insetto all’IA.
      Ho la sensazione che quando si parla di virtualità in realtà ci si riferisca a entità che esistono in una certa misura. Forse tutto è così. No esiste o non esiste. Esiste e non esiste.
      Adesso prova a capirci qualcosa. Tie’

  8. Francesco scrive:

    >>> I robot hanno sterminato i contadini e gli operai

    Miguel è una persona intelligente e anche parecchio, come fa a cadere in questo errore di prospettiva?

  9. roberto scrive:

    giacché parliamo di fantascienza,
    un amico che abita a phoeniw mi segnala questa chicca: taxi senza autista!
    la macchina si guida da sola
    🙂
    mi ha mandato un filmato ed è molto impressionante, lui li usa spesso e dice che sono una figata, con la sola eccezione che il taxi automatico rispetta alla lettera le regole

    https://waymo.com/intl/es/waymo-one-phoenix/

    • Francesco scrive:

      Sono già a Phoenix? io li conoscevo solo in Cina!

    • Peucezio scrive:

      Ma allora esistono già macchine completamente a guida autonoma?
      E se io volessi una macchina così per non guidare quando ho bevuto o la sera fuori città che vedo male, ecc. me la posso comprare?

      • Peucezio scrive:

        Pensa che figata, vun l’è ciocch tradii e el va in gir in macchina senza correre rischi (né di incidente né legali, che sono peggio dell’incidente).

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Esistono, ma mi pare che non possano circolare in Italia.

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Peucezio

        “posso”

        No.

        Il problema è giuridico, a quanto ne so, e ne ha impedito finora la commercializzazione. La racconto come l’ho capita io: i giuristi che mi leggono sapranno correggermi se necessario.

        Ammettiamo che la macchina a guida autonoma investa qualcuno, senza alcuna colpa da parte della vittima.

        Chi è responsabile?

        Se fosse una macchina normale, sarebbe il proprietario.

        Ma se la macchina ha guida automatica, allora il proprietario può dire che la colpa è del venditore, che ha fornito un sistema informatico inadeguato. Dopo tutto il proprietario ha comprato la macchina a guida automatica proprio per non doversi prendere la responsabilità e la briga di guidarla.

        In realtà a guidare la macchina è un’intelligenza artificiale (IA).

        Come fa una IA a risarcire la vittima? Che pena mai le si può applicare, nel caso?

        Oltre al problema legale, c’è un problema più profondo, studiato da chi si occupa di questi problemi per molti anni e rimasto insoluto.

        Il problema è questo: ammettiamo di avvicinarci con una macchina guidata da un’AI ad un attraversamento pedonale, mentre un bambino comincia ad attraversare da destra e un’anziano da sinistra. Inaspettatamente un ostacolo blocca l’attraversamento al centro, ad esempio si apre una voragine nel terreno per un crollo improvviso. La macchina può sterzare a destra o a sinistra per evitare il baratro, ma non può né fermarsi né indietreggiare ad esempio per evitare di scontrarsi con altre macchine.

        Una AI è già da oggi abbastanza veloce per evitare il baratro, ma la domanda è: deve sterzare a destra, rischiando così di investire il bambino, o a sinistra, investendo l’anziano?

        Uno potrebbe dire: un anziano ormai ha vissuto la maggior parte della vita, è giusto sacrificare lui piuttosto che il bambino. E se gli anziani sono tre? Un bambino vale di più di tre anziani? Senza contare che da quell’anziano possono dipendere altre persone (ad esempio una figlia malata a casa) mentre dal bambino non dipende nessuno.

        Altruisticamente, l’AI autista potrebbe decidere di non investire nessuno, e buttarsi al centro nel baratro. Ma se a bordo dell’auto ci sono dei passeggeri?

        Insomma, la questione è chiara: come la dobbiamo addestrare, un’AI, per lasciare che affronti imprevisti in cui è in gioco una vita umana?

        Si capisce che in queste condizioni nessuna assicurazione accetta di assicurare la guida di una macchina.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “Chi è responsabile?
          Se fosse una macchina normale, sarebbe il proprietario.
          Ma se la macchina ha guida automatica, allora il proprietario può dire che la colpa è del venditore, che ha fornito un sistema informatico inadeguato. Dopo tutto il proprietario ha comprato la macchina a guida automatica proprio per non doversi prendere la responsabilità e la briga di guidarla.”

          Se la mia auto esplode, pago io. Poi mi rivarrò sul venditore, se è esplosa perché aveva un difetto.
          Vale lo stesso identico principio.

          • Peucezio scrive:

            Mauricius,
            questo a livello civile. Ma per quello ci sono le assicurazioni.
            Non certo a livello penale.
            Lì in teoria risponde il fabbricante.

        • roberto scrive:

          come dice mauricius si possono applicare principi esistenti, però manca proprio il quadro giuridico

        • roberto scrive:

          andrea

          “Il problema è questo”

          il problema è anche che gli ingegneri vogliono razionalizzare dei procedimenti che non sono razionali. nei casi che fai, direi che nessuno sta a pensare se vale di più la vita di tizio o di caio, perché hai una frazione di secondo.
          però all’AI chiedi un comportamento razionale ed una scelta che è davvero impossibile da fare…

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ roberto

            “frazione di secondo”

            E’ qui che casca l’asino.

            Nessun essere umano è mai stato a pensare se vale di più la vita di tizio o di caio perché nel caso concreto che ho descritto nessun essere umano ha mai avuto né mai avrà il tempo di farlo.

            Ma per l’AI una frazione di secondo sono come degli anni per noi.

            Quindi si pone il problema eccome, perché dopo che uno è stato investito ed è morto il fatto di aver programmato l’AI secondo certi criteri e non altri all’atto pratico può fare tutta la differenza del mondo se la cosa va davanti a un giudice.

            E siccome il problema si pone solo con le AI data la loro inusitata velocità nel prendere una decisione, ciò spiega come mai come dici giustamente tu ‘manca proprio il quadro giuridico’.

            E’ il classico caso in cui, come diceva Engels, ‘la quantità diventa qualità’.

            Chiaramente se manca il quadro giuridico le assicurazioni si guardano bene dall’assicurare, e dunque di auto guidate da AI se ne vedono poche.

            Era questo il succo della mia risposta a Peucezio.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • roberto scrive:

            andrea

            “Ma per l’AI una frazione di secondo sono come degli anni per noi.”

            e qui casca l’ingegnere.

            perché chiedere all’AI di comportarsi in modo diverso da come farebbe un qualsiasi cristiano? perché chiedergli razionalità dove c’è istinto o caso?

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Roberto

              “perché chiedergli razionalità dove c’è istinto o caso?”

              Ucci ucci sento odor di umanistucci… 🙂

              La risposta è ovvia: perché nell’AI non ci sono il caso e l’istinto, ma ‘solo’ razionalità ed esperienza.

              Dunque ritorna la domanda: sulla base di quale criterio insegniamo la gestione dell’imprevisto all’AI?

              Ciao!

              Andrea Di Vita

              • Peucezio scrive:

                Devi stabilire dei punteggi.
                Che ne so: un bambino quanti anziani vale?

                E ovviamente saranno sempre in parte arbitari, su un tema spinosissimo ed eticamente “sensibile”, come si dice oggi.

                L’ideale sarebbe se ci fosse modo di affidare tutto ad altri fattori.
                Cioè partendo dall’idea che ogni vita umana vale uguale, il punto è quale investimento ha più speranze di essere meno dannoso per l’investito: non si daranno mai situazioni identiche, perché la voragine non è simmetrica, il bambino e l’anziano non saranno speculari a identica distanza ognuno dai margini della voragine, ecc.
                In questo modo si taglia la testa al toro.

                Comunque oggi non si contempla più l’idea della fatalità.
                Tutto è colpa di qualcuno.
                E se mi viene un tumore e schiatto di chi è la colpa?

                Dice: di quello che ha prodotto i cibi che hai mangiato, del sindaco che non ha ridotto le emissioni inquinanti nella città in cui abiti, vabbè…

                E se ti casca un meteorite in testa?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E se ti casca un meteorite in testa?”

                Dai, questa è facile.

                Del funzionario del Comune che non ha messo il cartello “ATTENZIONE ZONA CADUTA METEORITI”

              • Roberto scrive:

                Andrea

                È un problema senza soluzione che si inventano gli informatici che hanno bisogno di uno schema go-no-go

                Non esiste una scala di valori oggettiva fra le persone e appunto nessun essere umano potrebbe scegliere razionalmente tra un bambino ed un vecchietto. Io programmerei la macchina per reagire in maniera aleatoria et les jeux sont faits, hai riprodotto la realtà, cioè fai fatto un modo che l’AI riproduca la realtà

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “Comunque oggi non si contempla più l’idea della fatalità.”

                Ho scritto prima di leggere questo commento e sono totalmente d’accordo

        • PinoMamet scrive:

          Lasciando da parte l’esempio di Andrea, che è un caso impossibile comunque, anche per un guidatore umano;

          credo che per l’IA, essendo comunque “intelligenza” per quanto limitata, si potrebbero applicare i criteri che si applicano agli animali.

          Tizio ha lasciato un toro incustodito, e il toro ha incornato un passante: il toro è senza dubbio intelligente, ma la responsabilità è comunque di Tizio.

          Caio ha affittato a Sempronio un carretto trainato da un mulo, che, come ognun sa, ha imparato la strada a memoria e sa tutte le fermate (i muli facevano veramente così): il mulo ha investito un tale: di chi è la responsabilità?
          (questa non la so, ipotizzo di Caio; comunque sono ragionevolmente sicuro che la giurisprudenza abbia analizzato questo caso o altri simili, in passato).

  10. Fuzzy scrive:

    Per le auto elettriche a guida autonoma sono previste corsie appositamente dedicate, piene di sensori e penso con limiti di velocità molto rigorosi.
    Il prototipo di auto elettrica urbana è sul tipo della Fiat Topolino elettrica. E con quella c’è poco da esaltarsi. Non so poi come e se queste microcar diventeranno a guida autonoma. L’idea era quella di chiamare la macchina al bisogno e lei arrivava da sola e da sola ritornava indietro dopo essere stata utilizzata.

    • roberto scrive:

      fuzzy

      “Il prototipo di auto elettrica urbana è sul tipo della Fiat Topolino elettrica”

      se segui il link vedrai che le macchine automatiche di phoenix sono delle jaguar

      • Fuzzy scrive:

        Se funziona come la TV digitale stai fresco.
        Io non esco più dal cortile.

        • Roberto scrive:

          Beh fuzzy, ti ho fatto un esempio di una cosa che funziona dal 2018 senza incidenti (almeno non ne ho trovati)

          La natura è bella ma lasciati meravigliare anche dalla tecnologia

          • Fuzzy scrive:

            https://www.giornalemotori.it/2023/06/30/guida-autonoma-arriva-il-sistema-per-viaggiare-senza-satellite-le-auto-comunicheranno-tra-loro/
            Non sono aggiornato, ma fino all’anno scorso c’erano 5 livelli di guida autonoma.
            Mi pare che attualmente stiano sdoganando il livello 3.
            Considera che se piove o nevica le telecamere iniziano ad offuscarsi. Questo difetto veniva denominato “metereopatia”
            Magari l’hanno già risolto.

            • Roberto scrive:

              Scusa fuzzy, ho postato un link che mostra una cosa che esiste e funziona oggi 5 luglio 2023…non ci sono mi pare e magari….

              • Fuzzy scrive:

                https://www.theverge.com/2023/5/4/23709962/waymo-phoenix-san-francisco-service-area-robotaxi
                A me sembra che tu abbia postato un sito pubblicitario.
                Oddio, tutto può essere, comunque il 4 maggio 2023 la situazione a Phoenix e San Francisco era quella di un servizio di robo-taxi su strade evidentemente non comuni e in zone climatiche raramente nebbiose. Non credo neppure che in California nevichi spesso.
                Se metti un servizio del genere in val padana o in qualsiasi città appenninica mi sa che fallisci in una settimana.
                Ma ad ogni modo, non mettiamo limiti alla provvidenza. Magari se ne può riparlare tra un anno o due.
                Per la cronaca leggevo poco tempo fa e ho postato ben due volte un’intervista a Kriss de Decker, un ingegnere che si occupa di queste faccende legate all’efficienza, in cui viene fuori che il sistema di trasporto cittadino di gran lunga più efficiente è il tram elettrico ma senza rotaie. Roba da Unione Sovietica.
                Inoltre l’Unione Sovietica è stata pioniera e forse lo è ancora, pure nell’utilizzo di cucine collettive e bagni pubblici. Con gran risparmio di spazio abitativo.
                Insomma, quel tono grigio e deprimente cela una razionalità futuristica. Strana la Russia.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “risparmio di spazio”

                E di energia, soprattutto!

                Ciao!

                Andrea Di Vita

  11. Miguel Martinez scrive:

    Comunque possiamo essere d’accordo tutti che le professioni del futuro, che a breve non saranno sostituite dai robot, sono quelle “corporali”?

    Massaggiatore, badante, prostituta, babysitter, idraulico, muratore, giardiniere, infermiere ad esempio.

    E che dobbiamo avviare i nostri figli verso queste professioni.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Le professioni che elenchi sono professioni remunerate poco (“eh, ma l’idraulic…” l’idraulico è remunerato poco, altrimenti saremmo pieni di idraulici. “Eh, ma perché è una profesione manuale…”. Siamo pieni di magazzinieri e assemblatori nell’industria, per cui risparmiamoci la balla), ma che svolgono attività che richiedono una destrezza che, se la cerchi in una macchina, richiede investimento molto elevati, data la limitata standardizzabilità del lavoro.
      Per dire, robot delle pulizie e robot tagliarba hanno già iniziato ad intaccare questa nicchia di persone il cui lavoro vale poco: è solo una questione di costi la futura espansione.

      • giuseppe motta scrive:

        “l’idraulico è remunerato poco, altrimenti saremmo pieni di idraulici… Siamo pieni di magazzinieri e assemblatori nell’industria”

        i magazzinieri guadagnano bene?

        non pretendo che sia una statistica ovviamente ma quelli che conosco direi di no, mi sembra che guadagnino meglio gli idraulici

        anche gli infermieri che conosco non guadagnano male

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          No, i magazzinieri non guadagnano bene: è questo il punto.

          • giuseppe motta scrive:

            la tua tesi è: l’idraulico è remunerato poco, altrimenti saremmo pieni di idraulici

            però scrivi che siamo anche pieni di magazzinieri e non per questo è una professione remunerativa…

            • Francesco scrive:

              Credo che fare il magazziniere sia relativamente facile, per cui il padrone offre poco di salario, può sempre trovare un altro che lo faccia.

              D’altra parte, costando poco si possono assumere tanti magazzinieri.

              Per gli idraulici, come per molti altri artigiani, l’unica cosa che so ipotizzare è lo stigma culturale contro il lavoro manuale. Perchè sono pochi, costano molto, se li chiami non sono interessati (non hanno bisogno di deliziare i clienti).

              Ciao

              • Fuzzy scrive:

                Un tempo e forse ancora in certe regioni, c’erano i “Tuttofare”
                Gente col genio della manualità che ti risolvevano rapidamente la rottura della tegola o della tapparella, o che erano in grado di installare una canna fumaria e poi se ti si scaricava la batteria della macchina arrivavano coi cavi e i morsetti e te la ricaricavano. E sapevano fare molto altro, ad esempio verniciare un portone e robe simili. Un idraulico non verrà mai ad aggiustarti lo scarico del water. Ci vuole il Tuttofare.

              • Fuzzy scrive:

                So che i Russi sono quasi tutti in grado di fare la manutenzione alle loro abitazioni. Tipicamente alle Dacie. E poi già che ci sono, coltivano l’orto e il frutteto nel giardino della Dacia. Patate, cavoli e mele in abbondanza. Strana gente i russi

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                l’unica cosa che so ipotizzare è lo stigma culturale contro il lavoro manuale

                E perché questo non colpirebbe i magazzinieri?

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Hai ragione, ho usato “siamo pieni di” con accezioni diverse: da un lato per indicare sovrabbondanza, dall’altro per indicare l’assenza di scarsità.
              Dunque: non c’è carenza di magazzinieri e non c’è sovrabbondanza di idraulici. E questo smentisce le due obiezioni che avevo portato al mio ragionamento.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Giuseppe

          ““l’idraulico è remunerato poco, altrimenti saremmo pieni di idraulici…”

          Credo che un idraulico se la possa cavare piuttosto bene.

          Il problema è che è un vero mestiere artigianale, che richiede un lungo apprendistato per affrontare situazioni sempre diverse. E che può essere insegnato solo da un “maestro”, non da un’istituzione – infatti non esistono Istituti Professionali per Idraulici, che io sappia.

          Quindi ci deve essere anche un investimento da parte di un Maestro, che magari è comprensibilmente geloso del proprio mestiere.

          Inoltre, c’è ancora un certo stigma sociale a riguardo.

          Comunque non c’è da disperare: il figlio di una mia amica laureata in lettere e che fa l’editrice, ha scelto di diventare idraulico, ed è contentissimo.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        “Per dire, robot delle pulizie e robot tagliarba hanno già iniziato ad intaccare questa nicchia di persone il cui lavoro vale poco: è solo una questione di costi la futura espansione.”

        Sono d’accordo sulla tua analisi.

      • Francesco scrive:

        Scusa ma cosa vuole dire che una professione “che richiede una destrezza che nessuna macchina può replicare a costi ragionevoli” è pagata poco? sono tutti coglioni?

        Mentre che esista uno stigma sociale contro i lavori manuali, anche quelli che fanno guadagnare bene, mi pare sia un fatto.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Spolverare un ripiano richiede capacità che costano in una macchina, mentre sono terribilmente a buon mercato tra gli umani. E non per stigma, ma proprio perché è roba che può fare davvero chiunque.

          • Francesco scrive:

            Sono d’accordo ma questo vale per i magazzinieri, non per idraulici ed elettricisti e muratori.

            Eppure ci sono pochissimi idraulici, elettricisti e muratori in Italia. E costano un botto.

    • habsburgicus scrive:

      prostituta,

      le prostitute iniziano a essere “sfidate” dalle camgirls e figure simili (che offrono, sostanzialmente, un porno privato talora molto hard) cosicché il “sesso virtuale” è in ascesa financo in Ausonia…
      in Italia, e in altri paesi (ricchi sceiccati in primis), tuttavia è ben difficile che il contatto fisico reale con una bella donna passi in secondo piano 😀 vero, Moi ?

      • habsburgicus scrive:

        sono professioni remunerate poco

        beh, insomma 😀
        almeno una, no [che poi anche per l’idraulico la tua opinione mi pare eretica 😀 che il lavoro non sia entusiasmante -ma quale lavoro lo é, per definizione ?- ok, ma che guadagnino poco..boh..sarà ]
        ma veniamo a quell’una o meglio a una categoria di quell’una…
        che una escort “stricto sensu” -sorta di aristocrazia delle semplici prostitute o, se volete, è una col grado di colonnello laddove l’altra è un caporale :D] guadagni poco, è quantomeno un’affermazione azzardata 😀
        guadagnano cifre che noi mortali manco ci immaginiamo 😀 e fatto una vita di lussi (vacanze, feste, lusso, incontri con gente importante)….
        e da ciò verrebbe spontanea una domanda che posi qualche tempo fa e che non ricevette risposta 😀
        fatte salve le opinioni religiose -ora irrilevanti in Occidente.
        quale sarebbe una ragione, dicesi UNA, per cui una giovane donna che ne avesse la possibilità fisica (insomma, deve essere bella, molto bella) non dovrebbe fare la escort ?
        io non ne vedo….a parte la religione che oggi non c’é più 😀

        • roberto scrive:

          habsb

          “quale sarebbe una ragione, dicesi UNA, per cui una giovane donna che ne avesse la possibilità fisica (insomma, deve essere bella, molto bella) non dovrebbe fare la escort ?”

          non saprei habsb, se una non lo fa per fame ma perché le piace, sono fatti suoi effettivamente, ma onestamente credo che vendere la propria intimità sia una cosa triste.
          io non sarei molto contento se mia figlia, mia sorella, mia mamma come lavoro facessero la escort…che ne dici?

    • Roberto scrive:

      Miguel

      “che dobbiamo avviare i nostri figli verso queste professioni”

      Beato te che hai figli che ti ascoltano…

      Comunque tra le professioni che non vedo a rischio ci sono anche cantanti, ballerini, attori, calciatori, poeti, musicisti, pittori, medici, dentisti, psicologi, infermieri, architetti, avvocati, fotografi, cuochi, pasticceri, spazzacamini….

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Comunque tra le professioni che non vedo a rischio ci sono anche cantanti, ballerini, attori, calciatori, poeti, musicisti, pittori, medici, dentisti, psicologi, infermieri, architetti, avvocati, fotografi, cuochi, pasticceri, spazzacamini….”

        Sì, sono in gran parte professioni corporali.

        Alcune sono già state ridotte al minimo, e difficilmente possono scendere sotto quella soglia, come i cuochi – pensa al passaggio in città, da quando la gente non aveva il forno in casa e comprava il cibo cotto per strada.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per quanto riguarda gli avvocati, nella lista della Goldman Sachs, sono al secondo posto e gli architetti al terzo per rischio (le percentuali si riferiscono alla percentuale di persone attualmente impiegate in quel settore, che diventeranno “redundant” a breve):

          Supporto amministrativo e d’ufficio 46%
          Settore legale 44%
          Architettura e ingegneria 37%
          Scienze della vita, fisiche e sociali 36%
          Operazioni commerciali e finanziarie 35%
          Servizi sociali e comunitari 33%
          Gestione aziendale32%
          Vendite e affini 31%
          Informatica e matematica 29%
          Agricoltura, pesca e silvicoltura 28%
          Servizi di protezione 28%
          Operatori sanitari e tecnici 28%
          Istruzione e biblioteca 27%
          Assistenza sanitaria 26%
          Arte, design, intrattenimento, sport e media 26%
          Media di tutti i settori 25%
          Assistenza e servizi alla persona 19%
          Preparazione e somministrazione di alimenti 12%
          Trasporti e movimentazione di materiali 11%
          Produzione 9%
          Costruzione ed estrazione 6%
          Installazione, manutenzione e riparazione 4%
          Pulizia e manutenzione di edifici e terreni 1%

          • Roberto scrive:

            Mi permetto di dissentire da Goldman sachs sulle professioni legali e gli architetti

            • roberto scrive:

              l’unico punto “professioni legali” sul quale mi sento di essere effettivalmente pessimista sul futuro sono i para legali, cioè assistenti, segretariato, e compagnia bella

              l’ho visto con il passare degli anni, per fare la stessa cosa semplicemente manuale che 15 anni fa richiedeva ore e giustificava l’esistenza di un segretariato, adesso faccio un clic e non ho più bisogno di nessuno

              per un esempio concreto: fino a pochi anni fa depositare un atto procedurale alla corte di giustizia, voleva dire preparne 5 copie e depositarlo fisicamente, quindi hai bisogno di qualcuno che ti prepari le copie e che vada alla posta. adesso vado sul sito della corte, faccio un upload dei documenti che devo depositare et voilà…tre minuti

              idem per le ricerche: prima andavi in biblioteca e ci passavi le ore, ora una ricerca ben impostata la puoi fare con uno smartphone in due minuti stando seduto sul gabinetto, quindi ciaociao assistente giuridico che non serve più a molto (cioè serve ma invece di averne 5 ne abbiamo 1)

      • Francesco scrive:

        “cantanti, ballerini, attori, musicisti, pittori”: credo che gli oleogrammi stiano per rimpiazzarne il 90%, tanto sullo schermo del cell o allo stadio la differenza manco la vedi e i software diventeranno capaci di fare tizi finti scadenti come quelli veri. forse gli autori e i coreografi avranno ancora spazio. idem per molte forme di arte, destinate a un pubblico di bocca buona.

        “calciatori”: sono terrorizzato dal successo degli E-sports. Capisci a me: mi offrono di vedere in TV il Milan con Paolo Maldini invece che quello con Dante Calabria …

        “fotografi”: sospetto che un drone possa fare meglio del 99% dei fotografi umani.

        “medici, dentisti, psicologi, infermieri”: forse qui ti devo dare ragione. ma con una forte presenza di “robot” ausiliari, che gli errori umani in questi campi hanno conseguenze belle pesanti.

        “cuochi e pasticceri”: unico asset umano, la manualità. ma per il cibo normale vedo un sorpasso dei robot.

        punterei su poeti e spazzacamini, i secondi solo in Europa

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Francesco

          “pasticceri”

          Ho conosciuto un pasticcere.

          E’ l’unica persona che conosco che è in grado di confezionare centinaia di bignè indistinguibili dall’uno all’altro (e tutti ugualmente ottimi 🙂 ) per ore di seguito.

          Anche io posso farlo, ma il ventesimo bignè mi verrà qualcosa di informe.

          Sembra sia una questione di sensibilità tattile e di coordinazione mano-polso.

          Non ho idea di quando un robot potrà uguagliarlo e/o superarlo.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • PinoMamet scrive:

            Direi che lo uguaglia di già e lo supera anche… basta entrare in qualunque supermercato per rendersene conto 😉

            Ma dove il pasticcere non potrà essere superato è nella creatività e inventità: questa ai robot manca.

            All’Intelligenza Artificiale, forse, o per ora.
            Diciamo che i tentativi dell’IA di mostrarsi creativa o poetica sono stati piuttosto fallimentari.

            L’esempio del programmino che doveva imparare l’inglese, e ha imparato il persiano, mi dà però da pensare:
            perché il persiano?

            Probabilmente perché ha male interpretato alcuni dei tanti parametri che gli sono stati forniti dai programmatori;
            a forza di “incrociarli” tra loro, se ne è uscito con una scelta apparentemente irrazionale, ma che potremmo definire, semplicemente, sbagliata .

            Non saremo di fronte a un esercizio di creatività, insomma, quanto banalmente a un errore, solo è troppo complesso per noi umani capire dove ci sia stato di preciso.

            Ma: se è invece fosse stata creatività?
            Se fosse stata una scelta autonoma, irrazionale, di “gusto”?

            Allora sì, avremmo la vera intelligenza artificiale.

            Ma di nuovo, come nel famoso esempio della macchina del tempo, se ci fosse lo sapremmo di già.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per PinoMamet

              “Ma: se è invece fosse stata creatività?
              Se fosse stata una scelta autonoma, irrazionale, di “gusto”?

              Allora sì, avremmo la vera intelligenza artificiale.”

              Apprezzo questo tipo di riflessioni; solo che ho paura che si corra il rischio di chiederci sempre “ma quanto è/sarà umana l’IA?”

              Cerchiamo sempre qualche analogia con le specificità della specie umana.

              Immagino che l’IA potrà essere anche totalmente inumana.

              Basta che:

              1) abbia bisogno di alimentarsi

              2) sappia imparare in maniera autonoma

              3) sappia come impedire che si stacchi la spina

              4) sappia riconoscere e aggiustare da sé eventuali guasti

              Poi se sia creativo, abbia “coscienza” o altro, è del tutto secondario.

          • Francesco scrive:

            Devo girarti il sito dei costruttori di macchine per l’industria alimentare, che solo un giornalista oserebbe chiamare robot?

            😀

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