Collassi urbani

Abito su una strada dove le case, aggiungi o togli qualcosa, stanno in piedi dal Trecento.

Quelle della gente comune sembrano fatti un po’ in serie, e infatti spesso lo furono, volute dagli ordini monastici e dalle arti.

C’era la casa, stretta e buia. Davanti c’era la bottega, che dava con l’uscio sulla strada; e dietro la casa, c’era quasi sempre un lungo orto, che garantiva la resilienza e la sostenibilità, come va di moda di dire oggi.

Sulla strada, nella bella stagione, la gente stava fuori, sulle sedie, a smoccolare, prendersi in giro e fare i lavori.

Poi arriva la Città della Distanza.

Gli orti sono scomparsi; i pochi residenti sopravvivono nel vuoto dei bed & breakfast; le botteghe sono diventate mangiatoie, come dicono qui.

E la strada, larga un paio di carretti a cavallo, diventa l’arteria su cui passa tutto il traffico tra il Centro Turistico e i Dormitori Periferici. Tipo grossi camion, quattro linee di autobus e i pullman turistici a due piani.

E questo vuol dire che se cammini su un marciapiede largo quaranta centimetri, tutta la tua attenzione è concentrata sul passante che ti sta venendo incontro chino sullo smarfo, mentre un grosso autobus ti sfiora il gomito (e non è una metafora).

Fine della città come luogo vissuto e visto. Restano a memoria le foto di Giovanni Fanetti, come questa del Cartaio Paperino di Via de’ Cardatori.

Via dei Cardatori. I’ cartaio “Paperino”. L’arte di arrangiarsi e di adattarsi al mezzo a disposizione per trasportare di tutto.

Tutta la zona è in fondo una palude, gli anziani raccontano che durante la guerra prendevano l’acqua direttamente dai pozzi in casa. Ma proprio al centro della strada, scorre una grande fogna, credo di acque chiare, coperta da un velo di cemento e poi asfalto.

Da un capo all’altro della strada, circa ogni cinque metri, si forma una crepa nell’asfalto; sulla crepa ci martellano giorno e notte le grandi ruote dei mezzi pesanti.

Se sei al terzo piano, prima senti solo tremare le finestre, poi senti tremare anche il pavimento, e iniziano a formarsi le crepe anche sui muri.

Qualche giorno fa, si è aperta una bella buca da cui si poteva vedere scorrere la fogna, allora hanno chiuso la strada per quattro o cinque giorni per posarci sopra una gran lastra di cemento.

Passano due giorni.

L’altra sera, una signora che abita a quattro portoncini da noi scende in cantina, e la trova tutta allagata.

Chiama i pompieri, che evacuano lei e l’altra sopravvissuta del palazzo, e le due signore passano insieme la notte per strada.

Poi le fanno rientrare, a patto che dormano nella stanza più lontana di casa, e con la valigia sempre pronta vicino alla porta per fuggire.

I pompieri chiudono di nuovo la strada, e ritorna la pace: la gente inizia a camminare in mezzo alla carreggiata, a guardarsi attorno senza paura. Le case smettono di tremare.

La stessa signora mi racconta che qualche mese fa, le arriva un’ingiunzione dal Comune a pagare 5500 euro entro dieci giorni.

Le ingiunzioni vanno pagate, non spiegate, ma un funzionario gentile le dice che:

  • si tratta di un abuso di edilizio commesso nel 1967
  • nel 1986, l’allora proprietario dell’appartamento avrebbe chiesto una sanatoria (la signora aveva allora nove anni e viveva altrove)
  • il Comune, dopo quarantennale riflessione, ha deciso di respingere la richiesta
  • se la signora non paga subito, sarà dichiarata abusiva e “l’appartamento sarà demolito”.

Ora, non si sa bene come si possa demolire un appartamento al secondo piano di una palazzina a tre piani, ma l’avvocato spiega alla signora che è meglio non cercare di scoprirlo, e pagare.

Guardiamo insieme lo stipite del portone accanto al suo: qui la tensione tra le fondamenta che affondano verso la strada, e il resto del palazzo che invece resiste, ha spaccato addirittura la pietra.

Esternalizzazione dei costi: a ogni giro per rifornire di aperitivi il locale trendy in centro, oltre al notorio CO2 e tutto il resto, anche il costo del colpettino allo stipite del numero 39 della nostra via. Che pagherà il padrone di casa, se non finisce sotto le macerie.

“Ma il traffico adesso dove lo fanno passare?”

“Sulla corsia chiusa del Ponte Vespucci”.

Dovete sapere che il Ponte Vespucci fu costruito nel 1957, da un geniale ingegnere di nome Riccardo Morandi, usando solidissimo cemento armato. Programmato per durare molto oltre la vita del suo stesso costruttore. Diciamo quarant’anni sicuri.

Il problema è che i quarant’anni sono passati da un pezzo, qui come a Genova.

Credo che queste storie, se messe insieme, spiegano qualcosa di letteralmente fondamenta-le riguardo all’urbanistica, cioè il senso, la politica e l’economia dei luoghi dove vive la grande maggioranza della specie umana.

il nostro rione nella Pianta del Buonsignori, 1594. Si noti l’abbondanza di orti dentro le mura (Wikimedia Commons).

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238 risposte a Collassi urbani

  1. Mauricius Tarvisii scrive:

    Gli orti dovevano scomparire fin dall’inizio.
    Nel Medioevo la crescita demografica era vertiginosa, per cui le città espandevano continuamente le proprie mura, andandoci molto largo nell’espansione perché:
    1) le città avevano una forma tentacolare, perché i sobborghi si espandevano seguendo le strade (guardate una cartina di Roma oggi e avete, in grande, un’idea)
    2) in ogni caso si sapeva che nel giro di pochi decenni i “vuoti” si sarebbero riempiti
    Poi è arrivata la crisi del Trecento e le città italiane si sono ritrovate cinte murarie abbondantemente sovradimensionate, nel senso che la popolazione prima è crollata, poi ci ha messo secoli per tornare ai livelli precedenti e, quindi, si è sostanzialmente stabilizzata fino all’Ottocento
    Poi la popolazione è tornata a crescere e si è verificato quello che chi aveva progettato le cinte murarie aveva in mente. Con oltre mezzo millennio di ritardo.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per MT

      “Gli orti dovevano scomparire fin dall’inizio.”

      Parlo solo per Firenze, da non medievalista e con poche informazioni che mi sono arrivate per varie vie.

      A me sembra che le case nei cosiddetti “borghi”, cioè le zone subito al di fuori delle prime mura post-romane, siano nate da subito con grandi orti; e che anche i monasteri avessero tutti grandi orti interni.

      Certo, le conferme arrivano dopo la Peste del 1348, ad esempio con il censimento del 1429, o con le prime mappe. Per cui è possibile che abbiano abbattuto degli edifici per farne degli orti.

      Però gli orti appaiono in modo molto sistematico, tutti delle stesse dimensioni all’incirca, tutti dietro le case, tutti che occupano lo stesso spazio, o uno spazio maggiore; e attorno i grandi orti dei conventi.

      • Miguel Martinez scrive:

        Sul discorso delle cinte murarie, almeno in Oltrarno, prima nasce l’abitato, il “borgo”; poi decidono di racchiuderlo con le mura.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        E’ normale che la densità abitativa aumenti nel tempo.

        Prendiamo questa carta di Firenze:

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          E’ normale che la densità abitativa aumenti nel tempo.

          Prendiamo questa carta di Firenze:

          https://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Firenze#/media/File:Mura_7.JPG

          La zona esterna è quella che presenta più “buchi”, cioè aree non edificate (e quindi usate come orto). Se ti spingi all’interno, nella zona racchiusa nella cinta romana, gli spazi vuoti scompaiono.
          Ma, in realtà, non trovi grossi buchi nemmeno nelle zone che si trovano dentro alle cinte murarie medievali successive (le riconosci perché al loro posto ci sono quelle lunghe strade che sembrano fare il giro della città).
          Le voragini mai riempite sono perlopiù all’interno della cerchia trecentesca (anni ’30 del Trecento): nascono i sobborghi fuori dalle mura, su terre che non costano niente, e i proprietari dispongono di ampi superfici che possono anche mettere a coltura; i sobborghi vengono inglobati nella città murata; aumenta la presione demografica e la fame di suolo edificabile all’interno delle mura ed i proprietari vendono/edificano; i buchi si riempiono e il ciclo ricomincia. Nel caso della cerchia trecentesca, per i motivi che dicevamo, il ciclo si è interrotto a metà.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per MT

            “E’ normale che la densità abitativa aumenti nel tempo.

            Prendiamo questa carta di Firenze:”

            Dovrebbe essere dell’Ottocento, se ben ricordo. Almeno per quanto riguarda il nostro rione, è fatta male: riconosce come orti solo quelli che oggi chiameremmo “giardini”. In realtà dietro un sacco di palazzi indicati lì come semplici macchie scure, ci sono orti (ridotti magari oggi a cortili o giardinetti) che sono più grandi delle case stesse.

            No, la carta del Buonsignori è molto più simile alla realtà attuale.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per MT

            “prendi questa carta di Firenze”

            Non riesco a identificare la mappa… ma qui:

            https://mappestoriche.comune.fi.it/

            molte mappe non indicano gli “orti” ma solo i “giardini”.

            Però se guardi quella del 1837, 1783, 1779 e così via all’indietro, vedi chiaramente gli orti ovunque (parlo del mio rione, non ho guardato il resto).

            se guardi ad esempio le mappe

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Ho preso la carta del 1779 e:
              – all’interno della città romana, non ci sono orti
              – ancora all’interno della prima cerchia comunale, gli orti sono rarissimi: esclusivamente nell’angolo a nord-est, cioè un paio su via dell’Oriuolo e, oltre l’Arno (erano ricomprese Santo Spirito e la zona lungo l’Arno tra ponte alla Carraia e ponte alle Grazie, entrambi lungo il tracciato ideale delle mura), uno al bivio di Via dei Bardi (c’è ancora un giardino, vedo) e quelli di Santo Spirito.
              – all’interno dell’enorme cerchia trecentesca, ne è pieno.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Tra l’altro la cinta muraria trecentesca è veramente la smentita di quella storia per cui l’essere umano non saprebbe pensare esponenzialmente: visto che quella precedente aveva più o meno quadruplicato l’estensione della città murata, anche la nuova più o meno manteneva una proporzione simile (“tanto tra cento anni ci toccherà costruirne un’altra ancora…”).
              Ed è invece la conferma di come si tenda a proiettare (ragionevolmente, per carità) al futuro quello che è succeso nel passato noto.

  2. tomar scrive:

    Sconvolgente la mappa del Bonsignori. C’è un rapporto tra orti e case di due terzi e un terzo, che diventa tre quarti e un quarto se si esclude la fascia occidentale del rione.
    E poiché gran parte degli orti sono adiacenti coprono senza interruzione di case ampie spianate, dando un effetto campagna. Come a dire che in quel quartiere dentro le mura di Firenze, alle soglie del Seicento non nel buio Medioevo, la campagna prevaleva sulla città, cosa che avrebbe fatto contento anche Mao.

  3. Gogo scrive:

    Si potrebbe inserire il discorso sulla contrapposizione tra citta’ compatta (es. New York) e citta’ diffusa (es. Los Angeles). La prima, in termini di mobilita’, riscaldamenti ecc., e’ piu’ ecologica. Solo nel secondo modello c’e’ spazio per un giardino/orto privato, mentre nel primo modello ci saranno grandi parchi pubblici. I centri storici italiani sono compatti, ma la motorizzazione diffusa non ne tiene conto…

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Gogò

      “città”

      Ho seguito di recente un podcast sulla storia di Amsterdam. Passò dall’essere un villaggio di pescatori a più di centomila abitanti negli anni fra Cinquecento e Seicento dopo l’inizio dei commerci con le Indie. Bonificarono paludi e acquitrini creando la rete di canali che esiste tuttora tirando giù le fortificazioni dell’epoca medievale, ma ogni cittadino che possedeva un terreno in città aveva l’obbligo di legge di edificare al più sul 50% del terreno di sua proprietà; tutto il resto doveva essere messo a giardino. Il che fa sì che tutt’oggi una parte del centro città sua verdissimo.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  4. Fuzzy scrive:

    http://www.eurolatincooperation.com/2018/07/11/orti-urbani/
    https://www.viviconsapevole.it/articoli/la-forza-della-comunita.php
    Firenze come Cuba?
    Anche Mosca era circa così.
    (Già linkata tempo fa la foto dall’alto)

    • Fuzzy scrive:

      https://coltivazione-elementare.org/
      Restando in tema di orti, chi usa Telegram alla voce “La civiltà dell’orto” e smanettando un poco, potrà trovare la più eclatante comunità di orticoltori quasi vegani del mondo.
      Praticano una specie di non-metodo che a quanto pare funziona pure. E non è prevista alcuna fatica.
      Io come orticoltore dilettante uso un metodo simile che prevede una leggerissima lavorazione del terreno e poi nient’altro. Mia moglie, di antica stirpe contadina, dopo vari anni di normali raccolti, ancora non si capacita che possa esser possibile.
      E occhio al Fonio. Uno dei pochi cereali che riesca a sopravvivere senza acqua e chimica in un clima impazzito. Dicono sia pure buono.
      https://www.obafoodgroup.com/it/blog/il-fonio-e-il-progetto-oba

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Devi solo sapere che funziona a Letchworth, ma non a Westminster.

      • fuzzy scrive:

        Non ci ho capito una mazza. A parte la città giardino.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Un orto richiede terra. Che non vale quasi nulla se sei in aperta campagna, ma che è preziosissima se sei in una zona molto popolata con una forte pressione demografica.
          Certo, il decisore può anche dire “da oggi basta nuovi alloggi in città”, ma se poi dopo dieci anni hai diecimila posti di lavoro in più nella tua metropoli e, quindi, diecimila pendolari in più che vorrebbero trasferirsi e non possono, voglio vedere quanto il decisore riesce a resistere alle richieste degli aspiranti nuovi residenti. Soprattutto se i vecchi residenti si lamentano perché la rete viaria è al collasso, non si trova un parcheggio nemmeno a pagarlo e al mattino hanno una colonna di auto provenienti da fuori sotto casa.

          • Fuzzy scrive:

            Beh, si. Ma io penso sempre male. Tipo che la benzina aumenti a tal punto da scoraggiare un utilizzo dell’auto che non sia strettamente necessario. Ma non ho ragioni per ipotizzare questo. So benissimo che la benzina che adesso costa poco, in futuro si prevede che sarà a gratis.
            🙃

              • fuzzy scrive:

                https://www.rinnovabili.it/energia/infrastrutture/infrastrutture-del-gas-boom-2022/
                Ma se stanno costruendo nuovi gasdotti a rotta di collo, perchè continuano a dire che le rinnovabili compenseranno il calo delle forniture del Gas? Sniff, sniff….mah

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “Gas”

                Le rinnovabili sono intermittenti. Per tappare i buchi nella fornitura di elettricità lascuati dal loro funzionamento intermittente si può usare o il nucleare o il gas. Aumentare le rinnovabili richiede dunque nuove centrali nucleari o a gas. Ciò spiega perché chi ad es. vende gas come l’ENI fa tanta pubblicità alle rinnovabili.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Fuzzy scrive:

                Ma i pannelli fotovoltaici non erano diventati così incredibilmente economici che se ne potevano installare di più allo stesso costo e questo numero maggiore di pannelli sarebbe stato sufficiente per garantire elettricità anche con pochissimo irraggiamento?
                Tipo nei mesi invernali?
                Magari mettendo in rete anche le turbine eoliche?
                Così dicono i pro rinnovabili.
                https://rethinkdisruption.com/unimaginable-clean-energy-abundance-could-be-ours-ending-the-age-of-resource-scarcity-part-2/
                Sinceramente avrei qualche dubbio. Ma non so perché. Messa così sembra tutto troppo facile. Comunque, mal che vada il gas dovrebbe arrivare dalla Turchia, come pare sia arrivato anche nel 2022, e non credo proprio che i russi chiuderanno del tutto i rubinetti. Hanno guadagnato bene vendendocene meno a un prezzo un po’ più alto. Ma poi spendono tutto nel fare la guerra. E quindi se non vogliono perderla questa cazzo di guerra, devono continuare a vendere gas agli unici che hanno l’infrastruttura per comprarlo, cioè agli Europei.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “pannelli”

                Ipotetica telefonata nell’Italia del 2050 tutta alimentata da rinnovabili:

                “Allora, queste lamiere che ho ordinato la settimana scorsa al vostro laminatoio a freddo mi arrivano o no? Ho la produzione ferma!”

                “Eh, guardi, capisco, abbia pazienza, sono giorni che c’è il cielo coperto, e non tira un filo di vento…”

                “Eh vabbè, e non vi potete collegare alla rete africana, o balcanica?”

                “Eh ma caro signore, poi dobbiamo applicare un sovrapprezzo! Mica è l”unico a volere corrente, sa?”

                *Lo sapevo che finiva così! Sempre la solita storia! Va a finire che importo dai cinesi, loro almeno il carbone e l’atomo ce l’hanno!”

                Puoi mettere tutti gli specchietti e tutte le girandole che vuoi. Se non splende il sole non funzionano i primi, e se non tira vento o ne tira troppo non funzionano i secondi. Non conta quanto costi l’impianto che può produrre una data potenza, se poi non la produce. V. alla voce Dunkelflaute.

                Il dialogo che ho inventato non è una mia fantasia.

                I siderurgici italiani hanno praticamente messo su un gruppo d’acquisto solidale (!) per l’acquisto di elettricità nucleare dalla Slovenia. Ecco a cosa sono serviti i miliardi del nostro Conto Energia pro rinnovabili.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “pannelli”

                Qualche dato.

                ERG ha appena annunciato l’acquisizione di una compagnia Inglese che produrrà un impianto eolico da 41W in Irlanda del nord. Contano di produrre potenza per 3750 ore l’anno. Un anno ha 24*365=8760 ore. Le restanti 8760-3750=5010 ore andranno evidentemente fornite da fossili (non c’è nucleare in Irlanda) dato che di certo a Belfast le giornate di sole non abbondano e che comunque ci sono anche le notti.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Fuzzy scrive:

                Mi è utile sentire la tua opinione. Io però sono pro-decrescita non felice ma neanche infelice, con contorno di rinnovabili e una spolverata di nucleare. Purché non lo si faccia in Italia. E soprattutto molta orticoltura.
                (L’avrò scritto un miliardo di volte. Ogni volta mi sembra di re citare un mantra. Come sono noioso).

              • roberto scrive:

                fuzzy

                ” Purché non lo si faccia in Italia. ”

                sono indiscreto se chiedo perché? se abiti a verona, se hai una centrale nucleare a palermo o una in slovenia, che ti cambia? a parte che quella a palermo è più lontana e forse almeno psicologicamente ci pensi di meno….

              • Fuzzy scrive:

                Per via del raffreddamento delle centrali.
                Il Po va in secca e serve per l’agricoltura.
                Sul mare ci sono gli impianti balneari e poi il livello del mare è previsto che salga. L’unica sarebbe come ha detto di Vita una volta, farla galleggiante, ma è roba che ancora non esiste che io sappia.
                A Verona e in tutta la Pianura Padana è densamente popolato e l’aria non circola. Immagina una fuga radioattiva lì in mezzo.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “raffreddamento”

                Tutte le centrali elettriche a gas e petrolio (in ciclo combinato), a carbone e nucleari usano tantissima acqua per il raffreddamento, grosso modo proporzionale alla potenza prodotta.

                A Ravenna c’è un ciclo combinato a gas con un’efficienza che sfiora il 60% che utilizza non so più quanti ettolitri d’acqua al secondo. (In certi giorni di inversione termica, l’efficienza è tale che l’aria in uscita dallo scarico della centrale ha meno sostanze inquinante dell’aria presa in ingresso dall’ambiente). A Mantova c’è n’è un’altra.

                (Persino il rigassificatore di Piombino userà acqua come fluido di lavoro del circuito refrigerante del metano).

                Vuoi una centrale nucleare galleggiante? In Russia ne hanno già una funzionante. Vuoi ridurre l’uso di acqua? In Cina hanno una centrale a sali fusi, funzionante.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Fuzzy scrive:

                Adesso guardo nel portafoglio se ho i contanti.
                O preferisci il bancomat?

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ fuzzy

                “bancomat”

                😄😄😄

                Ciao!

                Andrea Di Vita

  5. Carlo scrive:

    Vengo qua una volta all’anno, sul blog. Leggo il primo post che si presenta. Anche a questo giro la stessa constatazione: con un quarto della densità di pensiero quanti libroni e quante fortune editoriali ci hanno fabbricato negli ultimi quarant’anni. Forse per questo frequento questo posto così poco, la sproporzione che c’è in giro fra merito e fama è troppo dolorosa. Buon anno
    PS Se da grande faccio il Calasso pubblico l’opera omnia del Martinez

  6. roberto scrive:

    OT ma mi sembra che la protezione dei dati personali sia sempre in tema

    https://www.open.online/2023/01/05/aleksander-chomiak-identificazione-software-polizia-come-funziona/

  7. roberto scrive:

    OT curiosità per gli arabofoni…
    Capite questo messaggio della presidente del PE?
    Maltese ovviamente
    *****
    L-isbaħ ħaġa tal-politika hi li tagħmel differenza għall-aħjar fil-ħajja tan-nies.

    Dak li se nkompli nagħmel din is-sena: nisma’, naħdem u nirsisti għall-ġid ta’ kull wieħed u waħda minnkom.

  8. Moi scrive:

    “politika” e “differenza” a parte … Cmq credevo che in % ci fossero più parole “Sicule” o cmq di origine Europe.

    • roberto scrive:

      Ci sono tantissime parole italiane bei testi ufficiali, posso quasi capire…ma questo è un messaggio su FB

    • roberto scrive:

      grazie a google translator capisco perfettamente, ma curiosità era solo se per uno che sa l’arabo si capisce

      • roberto scrive:

        deepl non supporta ancora il maltese

      • Miguel Martinez scrive:

        per roberto

        “ma curiosità era solo se per uno che sa l’arabo si capisce”
        “L-isbaħ ħaġa tal-politika hi li tagħmel differenza għall-aħjar fil-ħajja tan-nies.

        Dak li se nkompli nagħmel din is-sena: nisma’, naħdem u nirsisti għall-ġid ta’ kull wieħed u waħda minnkom.”

        Vediamo : una cosa tipo, “la politica fa la differenza nel servizio alla gente… quest’anno lavoriamo perché si compia: ci mettiamo al servizio di ciascuno e ciascuna di voi” ??????

        • roberto scrive:

          Beh il senso è quello!

          Secondo Google translate:

          La cosa più bella della politica è che fa la differenza in meglio nella vita delle persone.

          Quello che continuerò a fare quest’anno: ascoltare, lavorare e resistere per il bene di ognuno di voi.

    • Moi scrive:

      … colgo l’occasione per chiedere cosa si studia, esattamente, come “Arabo” Lingua Straniera ?

      ——————

      Ci sono una più o meno una trentina di Paesi che lo usano per Lingua Ufficiale … impossibile che non si diversifichi, a tutti i livelli nello spazio e tempo e livello sociale, anche di molto.

      Il fatto che sia NON un Alfabeto bensì (!) un Abjad rende più difficile conservare le vocalizzazioni, anche se mi pare di capire che sia il minino …

      Basarsi su di un testo orale trascritto un millennio e mezzo fa, come si fa a “starci dietro” aggiornando tutto fino ad oggi, tenendo conto delle implicazioni “diastratiche” sociali ? NON è come il Latino Vaticano che è scritto a tavolino per una ristrettissima cerchia molto dotta.

      • PinoMamet scrive:

        …?
        non sono sicuro di aver capito il discorso sul latino vaticano (che è… latino punto e basta, casomai qualche volta gli scappa qualche erroruccio);

        Sull’arabo “lingua straniera”: in un certo senso l’arabo nasce come lingua straniera 😉 o perlomeno viene adottato molto presto come tale.

        Comunque, Miguel mi corregga:
        l’arabo di giornali, telegiornali ecc., e quello insegnato nelle scuole dei vari paesi arabi, è in pratica l’arabo classico del Corano, o una sua versione modernizzata per intenderci;
        e questo lo capiscono quasi tutti, ed è quello che viene studiato come “lingua straniera” negli altri paesi.

        Poi ci sono varie sfumature diastratiche, più o meno come in italiano: puoi parlare italiano, italiano regionale (“mi dà due etti di prosciutto? me li fa su ?”), misti italiano-dialetti (più facili nei dialetti centro-meridionali o in Veneto), dialetto regionale generico e dialetto stretto del paesino di tua nonna che non capisce nessuno.
        Oppure la tua lingua minoritaria (arbereshe, griko, occitano…)

        Stessa cosa nel mondo arabo, puoi passare dall’arabo ufficiale, nazionale/locale, regionale, dialettale, fino a una lingua che non c’entra nulla (i vari dialetti berberi…)

        Diversi miei studenti (ma sono soprattutto femmine, ai licei) nord-africani vanno a una scuola pomeridiana di arabo-barra-Corano, dove imparano l’arabo ufficiale, che non è quello che parlano a casa.
        Sono anche in grado di capirsi a vicenda parlando nei rispettivi arabi locali (marocchini con algerini e tunisini ecc.), soprattutto perché le differenze sono soprattutto lessicali (“ah, voi dite così invece che in quest’altro modo…”). Il marocchino è uniformemente ritenuto il più difficile.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Pino Mamet

          “Comunque, Miguel mi corregga:”

          All’incirca è così!

        • Moi scrive:

          @ PINO MAMET

          Bon, ma tu … su base Ebraica, riesci a riconoscere qualche radice lessicale Semitica in Maltese … direttamente ?

          • Moi scrive:

            … stando al testo riportato da Roberto.

          • PinoMamet scrive:

            Mah, forse solo solo “is-sena” se vuol dire “l’anno” (shanà), ma solo perché ho letto le traduzioni;

            però un’amica che va spesso a Malta ogni tanto ci posta qualche cartello o insegna e avevo riconosciuto una parola che voleva dire “formaggi” (gvinòt, in ebraico, mo’ in maltese non ricordo) e forse un paio di altre.

            • Moi scrive:

              stando al sito http://www.linguee.com [sic] , che usa i “testi paralleli”, anche per il Maltese … ci hai preso ! 😉

              “is-sena” = “this year”

            • Moi scrive:

              Io ricordo “Kazin” che NON era “Casino” (lupanare), né “Casinò” (gioco d’azzardo) … bensì “Sezione di Partito”, davvero. 🙂

              Però chissà perché , da Italiani, ci sorridiamo sempre ! 😀

            • PinoMamet scrive:

              Rileggendo con più calma, e sempre basandomi sulla traduzione di Roberto, vedo altre somiglianze che forse mi sarebbero sfuggite: hajj “la vita” (haim), nisma’ “ascoltare” (hai presente “ascolta Israele”? “Shema’ Israel”…) , Kull “tutto/ogni”

      • PinoMamet scrive:

        Il profugo tuareg che ospitammo in classe anni fa ci diceva che lui per esempio parlava l’arabo standard, ma non il dialetto libico, e quindi in Libia (dove i tuareg erano piuttosto nalvisti in quanto infrociati con Gheddafi) NON passava inosservato, lo hanno preso e sbattuto in un centro di detenzione dove gli hanno fatto le peggio cose.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Moi

        “… impossibile che non si diversifichi, a tutti i livelli nello spazio e tempo e livello sociale, anche di molto. ”

        L’arabo “alto”, che tutti scrivono e nessuno parla, ha avuto una grande svolta sintattica alla fine dell’Ottocento, quando hanno praticamente copiato la sintassi delle lingue europee, in particolare del francese.

        Una frase come questa si traduce quasi alla lettera oggi:

        “Il fatto che sia NON un Alfabeto bensì (!) un Abjad rende più difficile conservare le vocalizzazioni, anche se mi pare di capire che sia il minino …”

        Mentre prima un autore arabo avrebbe scritto:

        “Davvero l’Abjad non è un alfabeto e quindi le vocalizzazioni si perdono e io credo che questo sia poco”.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Google traduce così:

      La cosa più bella della politica è che fa la differenza in meglio nella vita delle persone.

      Quello che continuerò a fare quest’anno: ascoltare, lavorare e resistere per il bene di ognuno di voi.

      Le parole di origine italiana o siciliana mi sembra che siano solo politika, differenza e, forse nirsisti.

  9. fuzzy scrive:

    https://oilprice.com/Energy/Energy-General/Why-We-Shouldnt-Underestimate-Chinas-Petro-Yuan-Ambitions.html
    Ohhhh, il petro-yuan. Il cinese è paziente. Scava la roccia come fa la goccia. Non a caso hanno inventato la tortura cinese. Russia, Paesi arabi, Venezuela ma non solo. Tutti gravitano sulla Cina e la moneta cinese lentamente ma inesorabilmente acquista valore negli scambi internazionali.
    Resta da vedere quanto petrolio redditizio resta. Tra non molto potrebbe succedere che si possa spendere di più a estrarlo che a venderlo. Poi c’è petrolio e petrolio. Quello che muove tutto è il Diesel. Dicono.

    • fuzzy scrive:

      https://youtu.be/IbY_cZ3WnbA
      I vegetali si addormentano la sera e si risvegliano alla mattina.
      Più molto altro.
      Ah, il lupo, diceva Daniele Zovi, è un animale indispensabile, perchè caccia gli erbivori che si cibano della vegetazione nascente nel bosco impedendone la corretta rigenerazione.

      • roberto scrive:

        fuzzy

        “I vegetali si addormentano la sera e si risvegliano alla mattina.”

        vita di merda, ti svegli e ti strappano dalla terra per essere bollito ancora vivo

    • Fuzzy scrive:

      Di quanto si ricavi a venderlo

    • Moi scrive:

      @ FUZZY

      Il “petroyuan” (che sembra un po’ un cognome Armeno, a suo tempo noto …) lo scrivono così , per caso ?

      石油圓

      • Fuzzy scrive:

        Moi
        E magari sapessi scrivere in cinese!
        No, io sono ignorante completo. Leggo inglese e francese. Tra i miei libri preferiti viaggio al centro della terra e il giro del mondo in 80 giorni, letti e riletti prima in italiano poi in francese. In inglese le avventure di Sherlock Holmes e Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Il Circolo Pickwick letto solo in italiano.
        Per quanto riguarda il cinese conosco il Daodejing e lo Zhuāngzǐ.
        In italiano, naturalmente. Ma devo dire che
        non ci ho capito molto.
        Siccome sono pazzo consulto anche i Ching e quel che è peggio è che ci credo.
        Per me il più grande scrittore di tutti i tempi è Cechov, questo dico io, ma potrei aver detto una cazzata.
        Non so se in letteratura ci sia qualcosa che assomigli alla pittura astratta di Kandinskij.
        In musica c’è stato Arnold Schönberg. Non mi piace. Troppo stridente.
        La prossima volta che mi fai una domanda complicata preparati a ricevere una risposta
        delirante come questa.
        🤪

      • Fuzzy scrive:

        Delirante ma anche egocentrica.
        Detto questo, mi pare di ricordare per aver letto Alan Watts, che quelle apparenti lettere cinesi dovrebbero in realtà essere degli ideogrammi, (o un qualcosa del genere) insomma, dei disegnini somiglianti a ciò che vogliono significare. E quindi l’unica cosa che ti posso rispondere nella mia assoluta ignoranza, è che in quella scritta che mi hai suggerito non mi sembra di vedere raffigurati né un picco e neanche un barile di petrolio. Magari il secondo potrebbe assomigliare a una finestra. Non ho provato il traduttore automatico. Chissà cosa mi hai scritto. Tipo “impiccati (primo segno) buttati giù dalla finestra (secondo segno) di un grattacielo (terzo segno). E con questo spengo tutto e accendo la radio nell’ attesa che spunti l’alba.

        • Fuzzy scrive:

          Rotondo di petrolio….ma se sono tutti dei quadrati!
          Valli a capire te’ sti’ cinesi.
          Sono almeno tre quarti d’ora che ascolto Prokofiev, sonata n.6 in la maggiore. Che ansia! Non sarà mica roba per far rilassare gli insonni!
          Compositore vissuto in epoca sovietica ardito e innovativo con sensibilità mistica.
          Bravo è bravo. Un genio. Ma io preferisco quando vien fuori la musica rinascimentale.
          Anche certa musica medioevale quasi araba
          https://youtu.be/0oInDe3KSdE
          Notare il talento della percussionista.
          Se continuo così Miguel mi caccia fuori. E non oserei dargli torto

          • Moi scrive:

            “impiccati (primo segno) buttati giù dalla finestra (secondo segno) di un grattacielo (terzo segno).

            ————–

            Se investi tutto in petroyuan e ti va malissimo … in effetti 🙂 !

            • Moi scrive:

              Più seriamente, come sai , si tratta d’immagini evocative molto antiche più o meno riuscite più o meno accettabili 🙂 oggi socialmente , eccetera …

              inizialmente, si capivano “a òc’ ” 😉 o quasi, poi con il tempo si complicano per ridurre i tratti e velocizzare la scrittura (riservata a una cerchia egemone ristrettissima … ) fino a divenire molto raramente riconoscibili “a òc’ ” 😉 .

              Esistono due metodi per impararli al meglio, basati entrambi sull’ immagine :

              il più dotto, ma meno “produttivo”, è partire da quella originaria e vederne l’ evoluzione nel tempo … il meno dotto ma più efficace consiste nel partire dal carattere odierno così com’è e poi a posteriori disegnarci sopra “la roba” 😉 che rappresenta.

            • Moi scrive:

              Ah, ho cercato per immagini :

              qualcosa trovi sempre, se ne selezioni uno o più d’uno e cerchi per immagini + parole chiave tipo “hanzi” / “kanji” / “hanja” / “Chinese character” + “origin”

              e sì … va bene :

              石 = pietra =”masagno” 😉 entrando in una grotta

              油 = olio = liquido vegetale, estratto da un recipiente con un livello e che ricorda anche la classica risaia divisa in quattro

              圓 = denaro = più o meno una conchiglia con sopra un occhio sorvegliante dentro un territorio delimitato.

              c’è un sito ufficiale, solo in Cinese però, che parte da tutti i disegni originarii e mostra tutte le versioni nei secoli.

              • Moi scrive:

                l’ altro metodo è questo, tipo il Chinesasy [sic .] della Prof. ShaoLan Hsueh … che cmq NON è l’ unica :

                ricercando solo l’ efficacia, il Chineasy non si fa problemi a usare immagini “retrofuturistiche” 😉 per un sistema di scrittura logografico antichissimo _ sempre evolutosi ma mai interrottosi _ sorto con la scoperta dell’agricoltura e la stanzialità .

                http://shaolan.com/chineasy/

                https://www.youtube.com/watch?v=NDx6c9QUCT4

              • Moi scrive:

                più o meno accettabili 🙂 oggi socialmente.

                [cit.]

                ——————–

                Tipo “insegnare” è la mano di un insegnante che bacchetta un discolo … 😉

                “maschio biologico” 🙂 è dato da “aratro” (che da solo evoca “forza”) , in aggiunta al campo da arare … “fèr fadiga l’ è un quèl da òmen” …

                la “tranquillità”, com’ è abbastanza noto, è la donna … “ech la staga in cà” 😉 … e così via !

              • Moi scrive:

                l’ultima in basso è la bocca di Elvis Presley appoggiata a un microfono per “star” … il carattere originario invece mette assieme “sole” con “germoglio” (che ovviamente evoca tante immagini vitalistiche)

              • Fuzzy scrive:

                Mannaggia moi, me fai scrive…

                Secondo Alan Watts il cinese non si presta per le distinzioni chiare che sono necessarie per la scienza. Ma riesce a dire molte cose nello stesso tempo, ragion per cui ci sono almeno 70
                traduzioni per il Lao-tzu.
                D’altro canto, il cinese adotta ai fini della precisione, parole composte.
                Le lingue europee comportano frasi strutturate in modo tale che il verbo deve essere posto in azione dal sostantivo ponendo un problema metafisico complicato come quello della relazione della mente col corpo.
                La bellezza della calligrafia cinese è la stessa bellezza che noi possiamo riconoscere in tutto ciò che è organico.
                Frasi estrapolate qua e là da “il Tao, la via dell’acqua che scorre”

              • PinoMamet scrive:

                Le mie conoscenze di cinese si limitano a un corso introduttivo di milioni di anni fa, che peraltro ho quasi interamente dimenticato…

                comunque direi che il discorso di Alan Watts è senz’altro giusto per quanto riguarda la lingua dei classici (più antichi) della letteratura cinese;

                una lingua che, in pratica, non è mai stata parlata

                (lo scopo principale del parlato essendo quello di capirsi, persino in Cina 😉 )

                e che per i cinesi stessi è un rompicapo da letterati, assai peggiore del latino 😉

                Poi bisogna distinguere questo discorso da quello relativo alla scrittura cinese, anche questa un sistema assai poco pratico

                (la base è pittografica, anche se con il cambiare delle grafie la somiglianza originaria si è andata ampiamente perdendo, ma poi unita a un sistema quasi fonetico, per cui capita che due caratteri che si pronunciano- o si pronunciavano!- uguali siano dotati di segni in parte uguali, ma con “chiave” diversa…)

                infine c’è il discorso specifico sull’esegesi dell’ Yijing (o I Ching, I King ecc.)…
                sulla quale mi arrendo.

                Ammetto comunque di non essermi mai interessato agli esagrammi, neanche quando praticavo arti marziali cinesi: troppo lontani dalla mia mentalità.
                Però molti ci trovano un senso.

              • Moi scrive:

                il cinese non si presta per le distinzioni chiare che sono necessarie per la scienza.

                ———-

                In Giappone NON ne sono del tutto convinti … altrimenti si limiterebbero a traslitterare a man bassa con il katakana dall’ Inglese Scientifico (*) , mentre non di rado “si tengono” dei kanji, anche come doppione.

                Tuttavia, traslitterare a man bassa con il katakana dall’ Inglese fa fighissimo nell’ intrattenimento di fantascienza !

                😉

                (*)

                Cioè con molto lessico originato dal Latino e moltissimo originato dal Greco …

              • PinoMamet scrive:

                Moi, ma tu hai mai letto un articolo scientifico giapponese? O in cinese?

                Sennò, che ne parliamo a fare? 😉

              • Moi scrive:

                Purtroppo non ne sono in grado …

                Se conosci però il katakana e guardi in internet le locandine dei vecchi anime, specie robottoni o simili … ti diverti e ti sorprendi di come ciò che leggi “abbia senso” come adattamento, non senza un po’ di creatività suggestiva dell’ autore .

                😉

                è divertente anche vedere tipo in
                Wikipedia certe voci in più lingue … e ci sono fenomeni curiosi , apparentemente incoerenti .

                Se sono trascrizioni in Katakana [ci sono video basati su mnemo tecniche su base Inglese che te lo insegano, pure a scrivere a mano, entro un’ ora … e funzia: ho imparato io stesso così, e in quei tempi !], so leggerle

                … se ci sono Kanji , c’ è sempre il suo “bravo” furigana in hiragana (vedi stesso tipo di video di cui sopra) che te lo decodifica.

                Ad esempio :

                Energia elettrica è 電力量(でんりょくりょう) DenRyokuRyou , energia “tout court” è … エネルギー / E-Ne-Ru-Gi:

                … e così via.

              • Moi scrive:

                Potresti divertirti anche se confronti Ivrit e Yiddish … e soluzioni diverse o uguali per neologismi / adattamenti.

              • PinoMamet scrive:

                Ma che le lingue prendano in prestito termini da altre lingue è un fenomeno comunissimo, che non ha nulla a che fare con i kanji, né con la sintassi cinese (o quella, molto diversa, giapponese).

  10. Fuzzy scrive:

    Dicono gli esperti e anche l’esperta Alessandra Viola che ha scritto il memorabile libro Flower Power e tiene una piccola rubrica all’interno della prodigiosa trasmissione “Il ramo d’oro” che dopo le feste si spera riprenda la sua normale programmazione su rai 3 e soprattutto rai storia alle 17,50 virgola, respiro, vado avanti, che le piante potrebbero effettivamente provare dolore, e lo si deduce da certi segnali chimici che avvengono in concomitanza con tagli amputazioni ecc. Però bisogna pur mangiare qualcosa. Quindi
    passa a proclamare “i diritti delle piante”.
    Per la pianta la prima cosa che conta è poter fiorire. Comunque se tu ad esempio tagli una Cicoria lasciando le radici, poi essa ricaccia più volte. Non è proprio come tagliare una gamba a un maiale.

  11. Miguel Martinez scrive:

    scontro di civilta in toscana

    https://firenze.repubblica.it/cronaca/2023/01/06/news/arezzo_assalta_il_vicino_con_la_ruspa_e_viene_ucciso_con_un_colpo_di_pistola-382311791/

    Arezzo, lite tra vicini, assalta con la ruspa la villetta e viene ucciso a colpi di fucile
    06 Gennaio 2023 Aggiornato alle 15:38 2 minuti di lettura

    Arezzo. Una lite di vicinato è degenerata in tragedia, ieri notte a San Polo, una frazione di Arezzo. Secondo la ricostruzione, un uomo di 57 anni di origine albanese, a bordo di una ruspa, ha divelto la parete esterna dell’abitazione al piano superiore, danneggiando la volta della struttura: il proprietario dell’appartamento, Alessandro Mugnai, di 53 anni, aretino, che si trovava in casa con il resto della famiglia, ha reagito sparando con un fucile da caccia al cinghiale diversi colpi, quattro dei quali a segno, uccidendolo. Fermato dai carabinieri, è stato arrestato per omicidio e rinchiuso in carcere. Sul posto è intervenuta la pm di turno Laura Taddei.

    Secondo le testimonianze i due litigavano da tempo, per motivi ancora da chiarire. Ieri sera intorno alle 20.30, mentre l’uomo poi arrestato era in compagnia di alcuni familiari, il cittadino albanese ha iniziato a manovrare l’escavatore nel piazzale per poi colpire e danneggiare le auto del “rivale” e di altri tre suoi parenti. Quindi ha rivolto la benna verso la parete e il tetto dell’appartamento, sfondando parte del muro. E’ stata la fine: il 53enne si è affacciato alla finestra e ha imbracciato il fucile, esplodendo alcuni colpi di cui almeno uno andato a segno. Poi l’arrivo del 118 e dei carabinieri, la corsa in ospedale e il drammatico responso dei medici. Quando sono arrivati i carabinieri hanno trovato ancora la ruspa accesa con il braccio del mezzo alzato sul muro della casa.

    Accertamenti sono ancora in corso da parte dei militari del comando provinciale per ricostruire la vicenda. L’arrestato si trova rinchiuso in carcere in attesa dell’interrogatorio di garanzia. Sotto shock la moglie e il figlio, che si trovavano in casa al momento dell’omicidio.

    Il figlio di Mugnai racconta momenti da incubo: “Abbiamo sentito un rumore metallico e ci siamo affacciati alla finestra, stava colpendo le nostre auto. Poi ha puntato verso la casa e siamo scesi implorandogli di smettere, ma lui non si è fermato e ha colpito il tetto e la parete”. Accanto al giovane, questa mattina, il via vai di carabinieri intorno alla villetta, quasi sventrata dall’attacco della ruspa. Sulle colline di San Polo, in tanti hanno un pensiero per lui, per il fratello e la moglie: “E’ una famiglia perbene, in tutti questi anni non hanno mai dato segni di squilibrio o comunque creato problemi”, racconta un pensionato che abita in una villetta a valle della palazzina in cui si è consumata la tragedia. Una zona di campagna. “Non so molto della vittima, lo vedevo spesso con quella macchina per andare a fare dei lavori. So solo che lui, Alessandro, è una persona che si è sempre fatta volere bene da tutti in paese. Un lavoratore serio, una persona che non almeno con on noi non si è mai mostrata aggressiva”.

    • Peucezio scrive:

      Secondo la legge italiana uno dovrebbe farsi demolire la casa senza reagire.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Secondo la legge italiana uno dovrebbe farsi demolire la casa senza reagire.”

        Su 119 commenti, il primo che riguarda i temi del post!

        In realtà Mauricius aveva toccato un aspetto secondario, parlando degli orti urbani nel Medioevo.

        Ovviamente non è un problema, ma mi incuriosisce come questioni che riguardano l’urbanistica – e siamo quasi tutti “urbanizzati” – sembrino suscitare pochissimo interesse.

        • roberto scrive:

          Miguel

          “mi incuriosisce come questioni che riguardano l’urbanistica – e siamo quasi tutti “urbanizzati” – sembrino suscitare pochissimo interesse.”

          1. È un argomento TINA
          2. Quando racconto la storia del tuo vicino di casa difficilmente c’è qualcosa da aggiungere (nessuno conosce nessun elemento della storia tranne quelli che racconti tu)
          Per esempio a me sembra curioso un mondo in cui non esistono prescrizioni, ma evidentemente è così (o c’è qualche elemento mancante nella storia ma non saprei quale)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per roberto

            “Per esempio a me sembra curioso un mondo in cui non esistono prescrizioni, ma evidentemente è così (o c’è qualche elemento mancante nella storia ma non saprei quale)”

            Sicuramente c’è qualche elemento che sfugge.

            Ma la questione fondamentale per me non è la curiosa vicenda della vicina di casa, ma quello che succede quando la Città della Distanza, divisa a settori funzionali (mangiatoia per turisti, dormitorio per manager, dormitorio-ghetto per poveracci) si impone sul tessuto di una città fatta per condividere le strade e i marciapiedi.

            E come questo abbia dei costi devastanti, che non compaiono nei “prezzi”: il transito attraverso l’abitato è gratuito, a pagarlo sono gli abitanti.

            E questo è un modello che si ripete in mille città del mondo, io racconto la mia solo perché la conosco più in dettaglio; ma mi aspetterei che un post così risvegliasse tanti commenti sul tipo, “anche da me succedono cose analoghe”, oppure al contrario, “da noi questa questione è stata affrontata così e così.”

            Ora, episodi come questo smascherano il costo reale e l’insostenibilità, alla fine, di tutta la civiltà urbana contemporanea.

            Faccio fatica a capire come ciò possa non interessare.

            • PinoMamet scrive:

              Beh, è una cosa complessa.

              Prima di tutto, le cose che interessano e appassionano gli animi, non è detto che siano quelle importanti.

              Poi, non tutti possono avere la stessa percezione del caso specifico: la faccenda della “città della distanza” la sento dire in effetti solo a te, e comunque di tutta la questione per me la parte più importante è quella successa alla tua amica, personalmente, non la preservazione del tessuto urbano italiano, sulla quale ho poche idee e confuse.

              E su quanto successo alla tua amica, non saprei fare di meglio che consigliarle un bravo avvocato.

              Per cui, che posso dire?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “Prima di tutto, le cose che interessano e appassionano gli animi, non è detto che siano quelle importanti.”

                Verissimo!

                Comunque il mio interesse per l’urbanistica nasce in tarda età, per una combinazione di esperienza vissuta – prima la vicenda dei parcheggi che il Comune voleva aprire e subito dopo quella del giardino – e di letture, in particolare Howard Kunstler con il libro The Geography of Nowhere che mi ha aperto un mondo: il mondo stesso in cui vivevo.

                Quindi anch’io posso dire di non averci pensato molto, finché non ho capito che l’urbanistica è un po’ come l’acqua in cui pesce nuota senza pensarci. Ma se l’acqua si avvelena?

            • roberto scrive:

              Miguel

              “la questione fondamentale”

              che dire?
              ogni volta che ne abbiamo parlato sembra che a firenze la questione sia unica e senza soluzioni, per questo parlo di TINA

              strade piccole nelle quali passano i bus? appena poche decine di km a nord degli appennini c’è una città dove da un pezzo il centro è off limits per i non residenti, per gli autobus turistici, in certe strade per gli autobus, in certi giorni per tutti
              https://www.accessibilitacentristorici.it/ztl/emilia-romagna/bologna.html#Veicoli%20Ammessi

              nella capitale del paese in cui vivo c’è una grande zona pedonale, ed inoltre gli autobus non passano per il centro (cioè se io voglio andare in ufficio in autobus, arrivo alle porte del centro, scendo, prendoun tram che fa il giro intorno al cntro e arrivo in ufficio)

              praticamente tutte le città che ho visto hanno regole del genere e non mi ricordo di essere mai stato in vita mia sfiorato da un autobus su un marciapiedi

              unica eccezione alla mia esperienza sono gli stati uniti dove semplicemente non si cammina a piedi

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “c’è una città dove da un pezzo il centro è off limits per i non residenti, per gli autobus turistici, in certe strade per gli autobus, in certi giorni per tutti”

                Questo anche a Firenze: sostanzialmente il “centro centro” è off limits per tutti, con tante aree pedonali, e comunque non ha più residenti, che è il vero problema.

                Il peso del sistema si scarica quindi sul “centro periferico” che siamo noi, ed è inevitabile finché hai una città che funziona a “settori funzionali” e a monoculture economiche (nel caso nostro il turismo, senza ripensamenti nemmeno dopo la botta del lockdown).

                Ecco perché non credo proprio che Firenze sia un’eccezione, semplicemente la conosco piuttosto bene e ne parlo.

                Il termine “Città della Distanza” non è mio, è dell’urbanista Ezio Manzini https://en.wikipedia.org/wiki/Ezio_Manzini

            • roberto scrive:

              Miguel bis

              “episodi come questo smascherano il costo reale e l’insostenibilità, alla fine, di tutta la civiltà urbana contemporanea”

              Quanto poi alla tua conclusione, di nuovo, che dire? la civiltà urbana contemporanea è effettivamente insostenibile ed infatti vivo in culo al mondo in mezzo ai boschi perché nonostante abbia uno stipendio da bramino non posso permettermi di comprare una casa in centro, dove adorerei vivere (sono un uomo da città)

              invidio un po’ chi riesce ancora a vivere in un centro urbano, ma temo che sarà sempre più difficile.
              comunque per concludere su una nota positiva puoi crearti una comunità pure vivendo in culo al mondo in mezzo ai boschi

              • Peucezio scrive:

                Il problema però è quello solito.
                Le città potevano svilupparsi in modo compatto, come un continuum, e creare altri “subcentri” in continuità con il centro principale.

                Invece si costruiscono case nel bosco sempre perché l’uomo d’oggi è naturalista, borghese e misantropo.
                (Ormai borghese indica il contrario del suo significato etimologico: il borghese è un signore benestante che ama vivere in posti poco affollati con molta natura intorno)

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Invece si costruiscono case nel bosco sempre perché l’uomo d’oggi è naturalista, borghese e misantropo.”

                Il processo ha un inizio specifico: nell’Ottocento il padrone viveva vicino alla fabbrica, che doveva essere vicina alle case degli operai. Tanto negli Stati Uniti quanto in Italia – come a New York allora, qui a pochi passi da casa mia c’erano i palazzi nobiliari, le innumerevoli case degli operai, le fabbriche di ceramica e l’acciaieria del Pignone.

                Poi arrivano tram e soprattutto auto che permettono la fuga in campagna, che inizia un po’ prima negli Stati Uniti, con la creazione della cultura della “suburbia”. Con la fuga dalla città prima dei borghesi, poi del ceto medio e degli stessi operai.

                Negli Stati Uniti, lo stato, assenteista quando si tratta di fare ospedali, fa di tutto invece per promuovere l’automobile e quindi la disgregazione della città e la creazione dei ghetti per poveri (in città) e per benestanti (le “casette in mezzo al verde” che giustamente critichi).

                La creazione dell’immaginario anni Cinquanta (USA) e anni Settanta (Italia) della “famiglia bianca felice con la villetta a schiera e l’automobile” affianca l’opera concreta che scarica sulle città costi sociali sempre più insostenibili, mentre tra villette e autostrade per servirle, si scaricano altri costi sull’ambiente.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                d’accordo, questa è la ricostruzione storica.
                Ma se si è creato questo modello è perché la gente lo richiedeva.
                E cioè perché la gente più è benestante più sviluppa fastidio per gli altri.

                Più passa il tempo e più emergono nuove forme di misantropia spontanea, indipendente da scelte strategiche dall’alto.
                Pensa ai single rispetto a famiglie di quindici persone, pensa a quanto si stava in bar, osterie, in piazza, al mercato rispetto a oggi, pensa al telelavoro…

                Insomma, se a tutti la villetta facesse cagare, non si costruirebbero perché nessuno le comprerebbe.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ma se si è creato questo modello è perché la gente lo richiedeva.
                E cioè perché la gente più è benestante più sviluppa fastidio per gli altri.”

                Verissimo.

                Una volta nella casa nobiliare ci convivevano anche il cuoco, il maggiordomo, l’assistente cuoco, la balia, la stiratrice, l’addetto ai cavalli…

                magari in stanzine minuscole e buie, ma in quotidiano contatto con la famiglia del padrone.

                Non è questione ovviamente di fare i nostalgici: so per racconti familiari che negli Stati Uniti, i neri erano “brave persone cui si voleva bene, ma che dovevano stare al posto loro”. Però è anche vero che l’antirazzismo moderno si diffonde tra chi non ha alcun rapporto con i neri, che diventano pura astrazione.

                Fondamentalmente, si tratta di constatare un diverso tipo di rapporto umano, fortemente gerarchico ma fondato sul contatto, che è inimmaginabile oggi.

                Con la villetta a schiera, il padrone si libera dalla prossimità degli inservienti. E quando gli inservienti o si trasformano in macchine (auto e lavatrice) o scompaiono in quartieri lontani, diventano “uguali a noi”.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Più passa il tempo e più emergono nuove forme di misantropia spontanea”

                Oppure, come abbiamo visto nelle città medievali, è un semplice problema di costo dei terreni.

                Io voglio una casa mia per le stesse ragioni per cui una casa propria l’hanno sempre voluta i miei antenati dal neolitico in poi (dal proprietario della domus romana al nobile medievale con la sua casa-torre, fino al patrizio veneto con la villa fuori città e all’arricchito di inizio Novecento che si costruisce la villa all’interno della bulimica cinta muraria veneziana di Treviso).
                Per avere una casa mia devo possedere la terra dove sorge e questa terra in città tende a costare sempre di più man mano che cresce la pressione demografica. Dove la vado a cercare, quindi? In campagna, dove la terra non costa niente e ci si può espandere in tranquillità.
                Ed ecco che la città cresce, cresce e cresce divorando campagna, come aveva fatto prima di quella strana parentesi iniziata a metà XIV secolo. Solo che lo fa esponenzialmente, perché:
                1) la popolazione non era mai cresciuta tanto
                2) è possibile costruire molto più lontano perché non ci si deve più spostare a piedi
                Ma dirai: continuano a costruire villette anche nelle parti d’Italia in piena crisi demografica. Vero, questo perché non tutti hanno ancora la casa “propria”

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Una volta nella casa nobiliare ci convivevano anche il cuoco, il maggiordomo, l’assistente cuoco, la balia, la stiratrice, l’addetto ai cavalli… ”

                Non riesco a vederci una differenza sostanziale: li rinchiudevi in piccionaia e loro avrebbero voluto volentieri una casa loro. Tanto che anche il mezzadro aveva una casa propria e non viveva insieme ad una decina di altre famiglie in un condominio.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                certo, se appena l’uomo è benestante fa una cosa, vuol dire che in fondo ha sempre voluto farla, ma non ne aveva la possibilità.
                Su questo sono d’accordo con te.

                È anche vero che la mancanza di benessere favorisce un contatto cui ci si abitua e diventa uno stile e un’esigenza.
                Conosco gente di ceto basso che non sa fare a meno di stare sempre con fratelli, sorelle, cognati, e via discorrendo e li terrebbe sempre in casa a costo di dormire nello sgabuzzino.

                Poi c’è un fattore geografico e culturale.
                I meridionali italiani e i popoli mediterranei e del sud in genere hanno proprio un maggiore bisogno di vivere l’agorá e di evitare l’isolamento, rispetto, per dire, a uno svedese. Non solo perché gli svedesi sono più ricchi.

              • Peucezio scrive:

                Peraltro la disponibilità favorisce il bisogno e la dipendenza.

              • roberto scrive:

                peucezio

                “E cioè perché la gente più è benestante più sviluppa fastidio per gli altri.”

                non sono molto convinto…diciamo che più sei benestante e più riesci a pagarti il lusso di scegliere quando stare tranquillo e quando stare nell’ammuina, ma non credo che abbia molto a che fare con la misantropia. credo che chiunque di noi se potesse elminare fisicamente l’ubriaco che canta a squarciagola alle 3 del mattino sotto le nostre finestre, o il vicino che tiene la televisione a volume assurdo, o l’altra al piano di sopra che cammina tutto il giorno con i tacchi in casa…beh lo farebbe

        • PinoMamet scrive:

          In effetti non saprei cosa aggiungere…

          Ammetto che l’argomento mi appassiona meno di altri, ma soprattutto non so che dirne.

        • PinoMamet scrive:

          Riguardo al tizio con la ruspa, in realtà, ero tentato di rispondere con il classico “se l’è andata a cercare”.

          Ma poi ho pensato che per salire su una ruspa e iniziare a demolire auto e case, doveva essere un bel po’ esasperato;
          per cui, non sapendo altro del caso in questione, ho pensato di non scriverne niente.

        • Peucezio scrive:

          Miguel
          “Ovviamente non è un problema, ma mi incuriosisce come questioni che riguardano l’urbanistica – e siamo quasi tutti “urbanizzati” – sembrino suscitare pochissimo interesse.”

          L’importanza dell’urbanistica nello strutturare la nostra vita e socialità (e viceversa, come costruiamo le città sempre più per evitare vita e socialità) non verrà mai sottolineata abbastanza.

  12. Moi scrive:

    Ho trvato questo :

    Il-kura orali antivirali COVID-19 tista’ ssalva l-ħajja

    😀

  13. Daouda scrive:

    Daouda sta per morire. Un saluto a tutti, buon anno e spero abbiate passato un Natale gioioso voi e tutti gli abusivi ed i clandestini che leggono e chi ormai é in tribuna e non partecipa più.

    É nato il Salvatore teste de cazzo.

    Me scuso con Peucezio che non ho sentito direttamente.

    Ad pejora!

  14. Moi scrive:

    @ FUZZY / TUTTI (CON 男 😉 SOVRAESTESO)

    Come saprai, Achille Campanile si divertì a sbeffeggiare i Geroglifici Egizi :

    *** Un giovane egiziano, Ramesse, poco esperto in geroglifici, scrive una dichiarazione d’amore a una ragazza… (1931) ***

    https://www.letteratour.it/lingua/B01equivo01.asp

    … dal cui Demotico sorsero, com’ è noto, i primi “Abjad” confinanti .

    ——————————————–

    https://www.rivistastudio.com/racconto-emoji/

    Il racconto da leggere per il World Emoji Day

    […]

    “La lettera di Ramesse” è ambientato, come suggerisce il titolo, nell’antico Egitto, e parla teoricamente di geroglifici, non di emoji. Ma potrebbe benissimo essere ambientato nel 2018. [CIT.]

    […]

  15. Moi scrive:

    @ FUZZY / tutti … individui 🙂

    un problema metafisico complicato come quello della relazione della mente col corpo.

    [cit.]
    ………………..

    … l’essenza dei Gender Studies, praticamente. 🙂

    • Fuzzy scrive:

      Su questo devo dire, sempre di alan Watts Watts c’è un libricino che ho trovato in un negozio di libri usati per un euro. “Il tao della filosofia”. Parte dalla domanda, su cosa si intende quando si dice “io”. Ed è questo il punto. Poi passa attraverso varie considerazioni, tra cui quella della componente femminile nel maschio e di quella maschile nella femmina. Insomma, non è tutto a compartimenti stagni già tra i due generi classici. E questo mi sembra sia già sufficiente per togliere molta morbosità alla questione. Tra l’altro, io dico di non essere interessato alla storia, ma in realtà mi piace la storia medioevale, proprio ieri, rileggendo un libro di le Goff ”
      https://www.amazon.it/cielo-terra-radici-medievali-dellEuropa/dp/8842084565
      Ho trovato un capitoletto che spiega come hanno avuto origine le discriminazioni di genere. Pare sia stato quando si è deciso teologicamente che l’uomo doveva essere a immagine di Dio. E poi però non specificava per quali passaggi si è arrivati a stabilire ciò che è secondo natura e ciò che non lo è.

      • PinoMamet scrive:

        “Ho trovato un capitoletto che spiega come hanno avuto origine le discriminazioni di genere. Pare sia stato quando si è deciso teologicamente che l’uomo doveva essere a immagine di Dio”

        Mmm
        mmm
        mmm

        detta così, no, mi sembra sbagliata.

        Greci e Romani avevano le loro belle discriminazioni di genere, e anche pesanti, pur essendo politeisti e dotati di dèi che, a letto, ne combinavano di cotte e di crude.

        Ma a occhio e croce direi che le discriminazioni di genere esistono perlomeno dal Neolitico….

        • Moi scrive:

          Ma infatti :

          penso che il superamento delle suddette discriminazioni di genere sia sostanzialmente un “lusso” dato da alti standard di progresso :

          altrimenti, a rischiare la pelle a caccia e in guerra, a far la fatica più dura trainando l’ aratro rudimentale nei campi (男… appunto) …chi vuoi che ci vada ?

          chi starà in casa a curarsi della prole, visto che ha un’indole solitamente 😉 meno aggressiva, più “socievole”, meno vigore fisico, resiste meglio alle malattie, mette al mondo il neonato come “prodotto finito” 😉 ?

          … e così via !

          … A definire l’ emancipazione femminile come “sottoprodotto del petrolio” fu , con il garbato acume che lo ha sempre contraddistinto, Piero Angela, eh !

          E’ adesso, che abbiamo un tale livello tecnologico tale che di fatto nessun essere umano è lavorativamente insostituibile che … abbiamo orgogliosamente autoproclamati Allievi di Vera Gheno che ci iNstruViscono [cit.] con videini come questo :

          https://www.youtube.com/watch?v=Rzmb0II3oAA

          • Peucezio scrive:

            Però le discriminazioni di genere sono sparite negli anni ’70.
            E statisticamente, come percentuale nei ruoli chiave, neanche ora.
            Il fatto che oggi ci sia quest’ossessione sulle parole va al di là dell’intento di evitare la discriminazione.
            È da leggere semmai come un canale dove convogliare le tendenze repressive dell’uomo (inteso come genere umano), quindi come una tendenza regressiva, i comunisti di un tempo avrebbero detto “reazionaria” (che vuol dire tutt’altro).

            • paniscus scrive:

              “Però le discriminazioni di genere sono sparite negli anni ’70.”
              ———–

              Se stai scherzando, non è uno scherzo di buon gusto

              • Peucezio scrive:

                Io francamente non so in che mondo vivete.
                Che ci sia stato qualche paesino di montagna della Calabria dove ancora negli anni ’70 le donne erano represse e discriminate ci posso anche credere.

                A Milano le sessantenni sono molto più emancipate delle trentenni: si capisce che sono proprio senza complessi, forti, libere.

              • roberto scrive:

                Mah Peucezio il vivo in un mondo in cui chessò donne non vengono assunte perché donne, o licenziare perché incinte e cose così….certo formalmente sono cose che non esistono, in pratica si e non sono nemmeno troppo infrequenti

                Non vorrei fare l’Andrea 🙂 ma c’è un’oasi di legalità nel pubblico dove passi concorsi, ma extra publicum nulla salus

              • Peucezio scrive:

                Sì, ma questo è così anche oggi purtroppo.

                E, senza in nessun modo giustificarlo, è legato all’oggettiva circostanza della maternità, con le questioni pratiche che comporta.

                Nel privato qualunque arbitrio è possibile: se non mi garba il commesso marocchino perché ho una clientela di anziani un po’ diffidenti che vogliono quello italiano, nessuno mi obbliga ad assumere il marocchino.

                Il punto è un po’ che bisogna spezzare forme residue di pregiudizio verso le donne (e piano piano sta accadendo: le donne sono più diligenti, metodiche, studiano e si laureano di più: presto avremo un mondo di cozzali ignorantoni gestiti da donne qualificate e laureate: conosco già almeno tre coppie in cui lei guadagna più di lui e lui cazzeggia, lavoricchia o fa lavori meno qualificati),
                un po’ che le donne devono diventare un po’ più ambiziose e aggressive, se vogliono raggiungere i posti apicali.
                Spesso sono le prime ad essere complessate e nevrotiche. E comunque a non osare, a rimanere nello stretto recinto che si sono autocostruite nel loro immaginario.

              • Peucezio scrive:

                Comunque è più decisiva, a mio avviso, l’evoluzione del rapporto fra i sessi nella vita privata, coppia, ecc. ecc.

                Oggi si dà tanta importanza al lavoro e alla cariera, in nome di questa sensibilità borghese stachanovista del cazzo, quasi fosse la misura del valore della gente.
                Fosse per me non lavorerebbe nessuno, o, meglio, le macchine.
                Il lavoro è MALE.

              • PinoMamet scrive:

                Sì ho capito, ma quando devi pagare la spesa o le bollette, il lavoro è BENE

                😉

              • roberto scrive:

                peucezio

                “Comunque è più decisiva, a mio avviso, l’evoluzione del rapporto fra i sessi nella vita privata, coppia, ecc. ecc.”

                e ti sembra che su questo ci sia parità di genere!?!
                certamente più che per i nostri genitori, ma insomma…io ricordo sempre che quando abbiamo avuto il secondo pargolo sono stato il primo uomo nel posto dove lavoravo a prendere un congedo parentale…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “sono stato il primo uomo nel posto dove lavoravo a prendere un congedo parentale”

                Urrà!

                Quando i figlioli erano alle elementari, a prenderli all’uscita di scuola erano:

                FEMMINE:

                – un’immensa schiera di mamme

                MASCHI:

                – l’architetto napoletano con la chitarra a piedi nudi

                – il tizio che di mestiere doveva neutralizzare i cani quando la polizia dava l’assalto alla casa di qualche delinquente

                – l’unico estremista di destra di Firenze, un cubano nero alto due metri con sei figli che abitava in una casa occupata

                – io.

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                “io ricordo sempre che quando abbiamo avuto il secondo pargolo sono stato il primo uomo nel posto dove lavoravo a prendere un congedo parentale…”

                Torni sul lavoro.
                Io sto parlando dei rapporti personali, sociali, della coppia, del matrimonio.
                Oggi mi pare che semmai c’è addirittura un forte squilibrio a favore delle donne (in questo non ha torto il buon Mauricius): sono loro il bene prezioso, mentre noi siamo gli sfigati; se la tirano mentre noi siamo in supplice implorazione della loro attenzione; se si litiga ci cacciano di casa loro a noi a calci.
                Intendiamoci, non è colpa dell’emancipazione in sé, ma dell’emancipazione combinata con la’tulesionistico maschilismo italiano, che sotto sotto considera ancora disdicevole per la donna essere troppo libera e siccome le donne sono molto più preoccupate di noi dell’immagine sociale (noi ruttiamo, scorreggiamo, diciamo le parolacce…) succede che se la tirano, cosa che in un gioco libero e non più gestito dal maschio o dai genitori come un tempo significa che diventano la parte forte (anche perché gli uomini stanno ossessivamente a corteggiarle, metterle al centro… nell’est Europa non se le cagano, pensano a ubriacarsi e loro non se la tirano).

                L’unico vantaggio dell’uomo è in tarda età: a 60 anni ha più cartucce da sparare della donna. Ma è sempre meno così, anche perché una sessantenne di oggi non è come una di cinquant’anni fa.

              • roberto scrive:

                peucezio

                “Torni sul lavoro”

                solo in parte perché se io ho preso il congedo parentale vuol dire che mia moglie è andata a lavorare con tutto quello che implica in ripartizione dei ruoli, organizzazione famigliare, riconoscimento pubblico

                PS non diciamo che stare due mesi a casa ad occuparmi di un bebe, fare la spesa e cucinare, sono stati fantastici 🙂

              • roberto scrive:

                sempre per peucezio,
                mi sembra che le tue considerazioni non abbiano molto a che vedere con le “discriminazioni di genere” dalle quali partivamo

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                può essere.

                Ma la discriminazione lavorativa, a parte questioni di origine biologica come gravidanza e maternità, sia un’espressione di un atteggiamento culturale più generale, che si manifesta in famiglia, nelle relazioni sociali, nei rapporti fra i sessi, ecc.

              • roberto scrive:

                Miguel

                ” a prenderli all’uscita di scuola erano:”

                qui è un po’ diverso perché la scuola elementare era a due passi dai palazzi dell’eurocrazia, quindi più o meno si andava a prendere i pargoli uscendo dal lavoro (c’è un doposcuola fino alle 19.00) e la percentuale di maschietti e femminucce era abbastanza simile

        • Peucezio scrive:

          Pino,
          dal neolitico non saprei.
          Ma in ogni caso credo che non esista cultura che non discrimini: un cane è diverso da un gatto e un uomo è diverso da una donna.

          • Fuzzy scrive:

            Veramente non ci siamo capiti, forse perché “discriminazione di genere” è un termine troppo largo, forse improprio.
            Parlo di gente inquisita e messa al rogo perché giudicata sodomita e quindi contro natura.
            Il tutto a partire da un testo teologico
            “Cur deus homo” (Perché Dio si è fatto uomo) di Sant”Anselmo.
            Già la Bibbia condannava la sodomia, ma nel primo medioevo veniva in pratica tollerata, salvo poi, nel XIII secolo essere perseguita e consegnata all’inquisizione.

            • PinoMamet scrive:

              Ma questa non è una discriminazione di genere, è la condanna dell’omosessualità.

            • Peucezio scrive:

              Che poi a partire dal XIII fosse davvero perseguitata e repressa e quanto invece tollerata de facto sarebbe da vedere.

              Anche il concubinato dei preti è stato condannato già nel basso Medioevo, se non sbaglio, eppure era tollerato ancora fino a pochi decenni fa.

              Secondo me la vera mannaia contro l’omosessualità è di origine borghese e ottocentesca: la stessa cultura che oggi ci impone l’ideologia omosessualista. La stessa cultura che in generale impone, in un senso o nell’altro, e non lascia semplicemente vivere.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Le Goff non ha mai affermato chele discriminazioni le abbiano inventato nel Medioevo. Al massimo nel Medioevo hanno cercato di inventarsi qualche nuova giustificazione, visto che cercavano di dare una spiegazione razionale a tutto.

        • Fuzzy scrive:

          Le Goff parla di quattro categorie di perseguitati ed esclusi.
          Gli eretici, gli ebrei, i sodomiti e i lebbrosi.
          Poi si può far la punta sui termini. Adesso mi sembra di averla fatta. Il libro di le Goff è
          qui davanti a me e ho riportato minuziosamente le parole che vi trovo scritte.
          Nel medioevo è stata inventata quella particolare discriminazione o la si chiami come si vuole, che consiste nell’essere considerati contro natura ed eventualmente finire arrostiti su un rogo. Non credo che prima si facesse. E spero che questo non torni più di moda.

        • PinoMamet scrive:

          Il problema non è la definizione di “discriminazione”, ma quella di “genere”.

          Se scrivi “discriminazione di genere”, si pensa a quella verso le donne…

          Casomai quella contro gli omosessuali sarà “discriminazione contro chi ha comportamenti giudicati non aderenti al proprio genere”, ma non mi pare una buona descrizione dell’omosessualità

          (I gay possono benissimo essere maschili…)

          Comunque a dire il vero, persino nell’antica Grecia, dove tutti sanno che…
          beh, persino lì c’era discriminazione verso gli omosessuali che ricoprivano il ruolo passivo in età adulta: era considerato riprovevole.

          • Fuzzy scrive:

            https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sessismo
            Discriminazione sessista.
            Non so perché per genere non si intendano anche gli omosessuali. Sono una categoria tale e quale gli altri, posto che esistano categorie.
            Comunque si trattava di una discriminazione su base teologica. Ancora qualche decennio fa si diceva che l’omosessualità sarebbe contro natura. Qualche fanatico continua a pensarlo. Ebbene, nel libro di le Goff si dice che tutto questo è iniziato nel medioevo a partire da Sant’Anselmo. E pace all’anima sua.

          • PinoMamet scrive:

            E vabbuò.

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            “beh, persino lì c’era discriminazione verso gli omosessuali che ricoprivano il ruolo passivo in età adulta: era considerato riprovevole.”

            Già, vero.
            Che poi mi chiedo come cacchio si facesse a sapere.

  16. Fuzzy scrive:

    Secondo natura o non secondo?

    • Moi scrive:

      … CHE ?

    • Moi scrive:

      L’ espressione Contro Natura / Secondo Natura è interessante : nei Gender Studies, se una specie fa qualcosa , allora … legittima ogni altra specie a far la stessa cosa !

      • Moi scrive:

        Sembra complicato, ma … c’è gente convinta che i Teologi che hanno definito l’ omosessualità “contro natura” è solo perché non han mai visto due cani maschi inchiappettarsi fra di loro ; ma NON è finita , c’è un livello di gioco 😉 superiore :

        Sea Horse Dads (e poco _ anzi : nulla ! _ importa se biologicamente sono persone diadicamente XX … già: guai a dire “donne”! Dopo “famiglia”, dopo “madre”, tocca ovviamente a “donna” fare da “Costrutto Sociale” , come vuole il NeoPostModernismo !)

        https://thevision.com/attualita/seahorse-dad-trans/

        • Moi scrive:

          (Anche) ” Un Uomo ” (… costrutto sociale, ovvio !) può partorire, SE Uomo Trans. Conclusione che , se contestata, con certe Leggi costituisce Reato di Discriminazione.

  17. Moi scrive:

    L’ espressione Contro Natura / Secondo Natura è interessante … è davvero-davvero un’ invenzione di sana pianta della Chiesa Cattolica ? 😉

    • Peucezio scrive:

      Non lo so con certezza, ma sospetto di sì.
      Mi chiedo se un antico avrebbe considerato davvero alcune cose come fuori dalla natura.

    • Fuzzy scrive:

      Moi
      L’omosessualità per quello che ho capito, è da millenni considerata un taboo. Almeno fin dai tempi della Bibbia. Però a un certo punto i teologi medioevali hanno elaborato una complessa teoria di cui non sono riuscito a trovare una formulazione precisa per cui la natura entrava nella testa delle persone e queste potevano decidere se peccare di omosessualità o no. Se peccavano rischiavano di finire davanti al tribunale dell’inquisizione.
      https://it.m.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_nel_Medioevo
      Più di questo non ho trovato.
      Ci vorrebbe un teologo.

      • Peucezio scrive:

        Come se la Bibbia fosse chissà quanto antica…
        E i Greci? E i Romani?

        A me queste forme di sessuofobia paiono fisime semitiche.

        • PinoMamet scrive:

          Aridaje co’ i semiti…

          i Semiti avevano culti della fertilità, dee come Afrodite ma ancora più potenti e venerate, boschetti sacri dove facevano le orge.

          Casomai è proprio la Bibbia a proibire queste cose (ma ogni tanto gli israeliti ci cascavano lo stesso…)

          Quanto antica?
          Beh, se non accettiamo la data dei rabbini ortodossi (per cui sarebbe stata dettata a Mosè circa 3000 anni fa) possiamo accettare la teoria più accreditata per cui il Pentateuco avrebbe avuto la forma che conosciamo all’incirca verso il 500- 450 a.C., più o meno quando in Grecia c’erano le guerre persiane, per intenderci.

          • Fuzzy scrive:

            http://liberidipartireliberidirestare.it/a-proposito-di-diversita/
            Oh, ecco. È la diversità.
            Guai ad essere diversi. E questo è sempre stato vero, ma soprattutto nel medioevo e durante il nazismo. (Evidentemente ci sono delle epoche molto ideologicizzate che favoriscono la discriminazione nei confronti dei non omologati). Io lo so perché nel loro piccolo, vedo anche i vegani discriminati non si sa perché. Ma certo, è perché a modo loro sono dei “diversi”.
            Ho il sospetto che sotto sotto ci sia qualcosa di biologico. Sono tutte mie supposizioni eh.
            Cosi, nel mio stile spannometrico.

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            vabbè, non volevo fare il solito ossessionato dagli ebrei 😀

            Però per esempio il tabù della nudità era di tutti gli orientali (di allora, cioè i vicinorientali), ma non di greci e romani.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ moi

      “secondo natura”

      Per quanto riguarda “contro natura” non li so, ma “secondo natura” traduce il greco “katá tén physin” che risale almeno ad Aristotele.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  18. Moi scrive:

    Il Motto dei Giuristi per la Vita ,”UltraCattolici”, presieduti dall’ Avvocato Gianfanco Amato è notoriamente … la frase di un Pagano !

    Vera Lex Recta Ratio Naturae Congruens

    https://www.skuola.net/versioni-latino/autori-vari/brani-classici/cicerone/de-republica-3-fr-6-versione-la-morale-naturale

    😉

    • Francesco scrive:

      a me puzza di evergreen … quasi come l’oroscopo del nuovo anno

      luoghi comuni da ripetere a vanvera nell’occasione adatta, nulla di più

      ciao

      • Fuzzy scrive:

        Dici? Mah, a me sembra che un po’ qua e un po’ la, si stia “facendo della mossa”.
        In italiano “si stia muovendo qualcosa”.
        Però il cibo a km 0 al momento può essere solo di nicchia. Però dai…non si può aver tutto subito.

  19. roberto scrive:

    OT

    Ovviamente l’emendamento non c’entra nulla, ma ecco un piccolo esempio di perché sparare in città ai cinghiali non è una buona idea

    https://www.nonsoloanimali.com/roma-caccia-far-west-presa-alla-lettera-uomo-spara-dalla-finestra-al-cinghiale-ma-colpisce-unauto-in-corsa/

  20. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    ““Invece si costruiscono case nel bosco sempre perché l’uomo d’oggi è naturalista, borghese e misantropo.””

    sono d’accordo con le tue tesi di fondo, ma è fondamentale distinguere tra

    chi si fa la villetta a schiera a rate, “ecofriendly in un ambiente smart con ampio parcheggio e wifi 24/7”

    e chi davvero ha una casa nel bosco.

    Temo che tu sottovaluti la schiera piccola di persone che decidono di vivere come la mia amica, che ho rivisto oggi…

    vive nel bosco,
    strappa l’ortica a mani nude per cucinarla,
    di mestiere fa nascere bambini senza passare per ospedali,
    sa mantenere la calma sorridente quando tutti diventano isterici,
    non impazzisce per malattie e penso nemmeno per morti,
    cresce i figlioli a roba che lei coltiva (e senza televisione),
    ha paura solo della scuola e dello Stato,
    crede magari a qualche fòla e qualche astro in più dei cinici,
    insegna alle ragazze a gioire del fatto di essere donne sanguinanti e generatrici
    e a non lamentarsi mai,
    ed è sempre ottimista.

    Su un armadio, tiene la foto di tre ragazze che corrono ridendo nude sotto una cascata gelida.

    Ecco, quando sento i tuoi strali contro gli ambientalisti…

    sono sicuro che tu pensi a gente che starebbe antipatica anche a me,

    ma io penso a gente come questa mia amica, e guai a chi me la tocca.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “sono sicuro che tu pensi a gente che starebbe antipatica anche a me”

      Credo di sì. In genere quando odi una categoria tendi ad amare le frange più estreme di quella stessa categoria, che sono la prova vivente del fatto che quella categoria abbia torto, che vogliono farci vivere (per esempio) tutti in una capanna nei boschi. Almeno, se io odiassi gli ambientalisti, amerei quelli che fanno una scelta così radicale per questo motivo.
      Per carità, non sarebbe vero amore e anche nella mia retorica non direi “li amo”, ma “io li rispetto”, però sicuramente proverei soddisfazione per la loro esistenza.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        ” Almeno, se io odiassi gli ambientalisti, amerei quelli che fanno una scelta così radicale per questo motivo.”

        Capisco il meccanismo che descrivi, ma non credo che sia pertinente.

        Almeno nel caso mio, ho in antipatia un tipo di persona che vive nel virtuale, crede alla “crescita sostenibile” da ottenere mettendo in fila tante “app” e compensando i danni che fanno di qua, con dubbi boschi da impiantare in Africa.

        Non è proprio la stessa specie delle persone che invece non solo rispetto, ma con cui collaboro attivamente.

    • Fuzzy scrive:

      Si costruiscono case nel bosco?
      Ma siamo sicuri? Oddio, qui dove abito io il bosco è stato totalmente sradicato per far posto prima al mais e poi all’erba medica per i bovini.
      Per trovare dell’ortica bisogna farsela crescere nel proprio giardino. Una volta almeno l’erba cresceva nei fossi. Poi hanno iniziato a tagliare anche lì e quindi non c’è n più neanche l’erba.
      Non so da altre parti.
      Adesso azzardo una stima che non ho controllato, ma ad intuito direi che la maggior parte delle persone in italia vive tra la pianura padana (deserto totale con aria irrespirabile) le coste (colate di cemento vandaliche) e le grandi città nate come paesoni con mura di contorno e poi esplose in un magma di quartieri degradati, auto e chi più ne ha più ne metta.
      In qualche trasmissione vedo gente che cerca di restare nel paesino dove è nata, e magari siamo sugli appennini e c’è pure il bosco, ma tendono ad abitare nelle vecchie case dei borghi magari ristrutturate.
      Poi ci sono certi ricchi, sempre nei borghi, magari stranieri o artisti o pensionati o vacanzieri. Insomma tutti questi ambientalisti nel bosco faccio fatica a immaginarli. Anche perché gli ambientalisti non credo vadano in giro con l’etichetta stampata in fronte.

      • roberto scrive:

        Fuzzy

        “Si costruiscono case nel bosco?”

        Esagero perché abito in un quartiere residenziale di un paesino, ma il mio giardino confina con un terreno che confina appunto con un bosco…la parte sud est delle Ardenne belghe per intenderci.
        Camminando un centinaio di km foresta arriverei nel cuore del parco nazionale delle Ardenne

        Comunque si, case proprio nei boschi ce ne sono!

        • Fuzzy scrive:

          Anch’io ho un mini bosco nel giardino.
          (Forest garden). Ebbene sì, sono un ambientalista nel bosco.
          Lo dico piano e anonimamente perché so che questo mi rende un “diverso”. Non vorrei mai finire in galera. Coi tempi che corrono non si sa mai. Già ho una piccola coltivazione clandestina di Topinambur..
          È una pianta invasiva. Potrebbe nuocere gravemente all’erba medica. Quella che viene arata annualmente con aratri che scendono a un metro di profondità, benché sia una pianta perenne.

          • roberto scrive:

            beh dai non essere severo con te stesso!
            dubito che un vero ambientalista coltiverebbe una pianta invasiva
            😉

            • fuzzy scrive:

              https://www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/topinambur-proprieta-benefici-controindicazioni/
              Si può comunque tenere sotto controllo.
              https://www.inorto.org/domande-e-risposte/come-posso-limitare-lo-sviluppo-invasivo-del-topinambur-nell-orto/

              Per limitare lo sviluppo invasivo del topinambur ci possono essere due soluzioni principali: una è quella che dici tu, cioè limitare lo sviluppo circoscrivendo la terra con una barriera fisica – anche in metallo potrebbe andare. Altrimenti puoi circoscrivere lo sviluppo semplicemente lavorando la terra annualmente, scalzando i tuberi che raccoglierai e poi rimettendone di nuovi per la successiva cultura.
              Mi sono informato dai vigili e loro non hanno nessuna ordinanza (non mi ricordo il termine esatto) che vieti la coltivazione del topinambur, anche se a livello regionale è considerato una pianta infestante.
              Io li ho tenuti per anni nello stesso posto dove poi ho deciso di ripiantarli e non mi hanno mai dato problemi di invasività. E’ un terreno durissimo e sono riuscito a farci crescere solo degli alberi.

              • roberto scrive:

                ti avevo mandato un po’ di link l’ultima volta che ne abbiamoparlato

                non è vietato coltivare il topinambur (daltronde ne trovi dappertutto al supermercato!) ma se non ricordo male c’è un obbligo di dichiarazione (onestamente non ho nessuna ideasu a cosa possa servire questa dichiarazione, ma appunto forse ricordo male)

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      d’accordo, ma che peso numerico hanno le persone come la tua amica?
      Il Veneto è quasi una distesa di quartieri di villette. Così la Brianza. A Milano ci sono quartieri senza mezzo negozio.
      È un fenomeno di massa.
      (Il bosco era un po’ una metafora: per me anche chi vive a Milano 2 vive nel bosco: molto verde e quasi niente luoghi di aggregazione)

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      “Ecco, quando sento i tuoi strali contro gli ambientalisti…
      sono sicuro che tu pensi a gente che starebbe antipatica anche a me, ”

      No, io penso ai benestanti misantropi attempati.
      L’ambientalismo fa da copertura ideologica.

      • Peucezio scrive:

        Mi spiego meglio.
        Non nel senso che questi signori siano ecologisti.
        Anzi, la maggior parte voteranno a destra.
        Ma nel senso che una società sempre più misantropa è naturale che costruisca un’ideologia e una sensibilità sempre più naturalista, animalista e così via.
        Poi le diverse espressioni di questa tendenza si possono anche distribuire in diversi gruppi e ceti, per cui hai l’ellettore di Salvini che vuole andare a vivere nella villa circondata dal verde con un garage con dentro tre SUV e magari la piscina per non vedere i negri e i marocchini nella via sotto casa e c’è il ragazzino ecologista che magari sta benissimo in città perché ha i suoi amichetti e il suo locale alternativo di aggregazione, ma sogna una specie di mondo detecnologizzato e bucolico (ma se gli togli lo smartphone per cinque minuti si sente perso, come l’eroinomane in astinenza).

  21. PinoMamet scrive:

    ” Però è anche vero che l’antirazzismo moderno si diffonde tra chi non ha alcun rapporto con i neri, che diventano pura astrazione.”

    C’è anche un aspetto, che non so se riesco a esprimere bene. Tento di chiarirmelo.

    Seguo ogni tanto alcuni video di Youtube di tizi sulle varie lingue. C’è una francese che tenta di spiegare perché i francesi, ehm, “sembrino” stronzi.

    Nei vari commenti, molti puntano il dito sulle differenze culturali.
    Un’americana parla di una sua inglese in visita negli USA, che rimane scandalizzata al ristorante dalla cameriera “simpatica” (cioè “invadente e impicciona” per gli inglesi) e che “consiglia i piatti” (“ci forza a mangiare in fretta e a uscire”, per i canoni inglesi).

    e sono persone che parlano la stessa lingua… addirittura parenti, in questo caso.

    Ecco, secondo me quando gli stranieri dicono (e lo dicono) che “gli italiani sono razzisti”, non hanno capito un cazzo.

    è uno di quei fraintendimenti culturali.

    Io trovo che gli anglosassoni non siano razzisti perché evitano l’argomento. In realtà sonmo più razzisti di noialtri, e di un bel po’, ma non ne parlano, non dicono quello che pensano, si autocensurano e soprattutto evitano accuratamente i negri; se li incontrano, sono sempre incontri stereotipati, in cui si sta bene attenti a non “oiffendere”, e quindi a rispettare un copione.

    Ma negli incontri veri non ci si capisce, ci si incazza, ci si insulta, ci si offende!

    • PinoMamet scrive:

      Una sua ZIA inglese. Dimenticavo.

    • roberto scrive:

      pino

      “Ecco, secondo me quando gli stranieri dicono (e lo dicono) che “gli italiani sono razzisti”, non hanno capito un cazzo.”

      secondo me invece gli italiani sono razzisti esattamente come lo sono i francesi, gli inglesi, gli olandesi, gli svedesi e qualsiasi altro popolo….non vedo perché non dovrebbe essere così

      • PinoMamet scrive:

        Perché no.

        Sono stronzi, nella stessa quantità di inglesi e svedesi, ma in modo diverso.

        E non accetto che dal presunto “alto” del loro modo diverso gli inglesi e compagnia ci facciano la predica.

        • roberto scrive:

          su questo sono ovviamente più che d’accordo

        • paniscus scrive:

          Ma io non credo nemmeno che “gli italiani siano razzisti” come atteggiamento generale, né tantomeno come ideologia veramente basata sulle origini genetiche.

          L’Italia (a diferenza degli Stati Uniti, o di paesi con un forte passato coloniale) non ha mai conosciuto, fino a 20 o 30 anni fa, una continua situazione di conflitto tra diverse etnie indpendenti che erano già stanziate da tempo: si è posta il problema solo a seguito dell’impennata dell’immigrazione (che non significa solo “gente di aspetto fisico diverso e/o di religione diversa”, ma significa soprattutto “gente più povera e più arretrata di noi”).

          Il razzismo diffuso in Italia è quasi esclusivamente di stampo economico, cioè causato dalla paura di dover mantenere tutta questa gente con le nostre tasse e con i nostri risparmi. Finché gli immigrati erano relativamente pochi, e quei pochi avevano tutti la possibilità di trovare lavoro in regola, nessuno si faceva problemi di “razzismo” sulla domestica capoverdiana, sul venditore ambulante marocchino o sul muratore albanese…

          • roberto scrive:

            paniscus

            “Il razzismo diffuso in Italia è quasi esclusivamente di stampo economico, ”

            io invece credo che questa sia una pietosa bugia che gli italiani si raccontano per giustificare una cosa della quale si vergognano

            non so, basterebbe fare domande un po’ a caso tipo:
            “che ne pensi se tua figlia sposa un nero/musulmano/zingaro/albanese?”
            (….no dai non discutiamo del fatto che
            “musulmano” e “albanese” non sono razze…)

            o generalmente chiedere a neri, musulmani, zingari, albanesi, cinesi, slavi in generale che vivono in italia cosa ne pensano

            poi come dicevo sopra non credo affatto che gli italiani siano più razzisti di altri popoli, ma non vedo proprio perché dovrebbero essere immuni da questa cosa e perché trovare giustificazioni complicate ad un sentimento universale (benché detestabile)

            • Peucezio scrive:

              Roberto,
              è esattamente la stessa cosa che una volta, quando le classi sociali erano più nette, se si chiedeva a un borghese cosa ne pensava se la figlia sposava un cozzalo.

              Il test è semplice.
              Basta vedere l’atteggiamento verso il negro-cinese-albanese, ecc. ecc. ricco.

              Diverso il caso dell’islamico, ma lì per un fatto culturale e religioso, per la loro mentalità fortemente maschilista.

              E basta una banale considerazione.
              Qualcuno è razzista verso i giapponesi?
              Eppure se parliamo di razza sono come i cinesi.
              Quindi il razzismo non c’entra.

              Un americano ragionerebbe diversamente: se sei negro puoi essere anche miliardario, ma se io sono bianco sei comunque un nemico o se va bene un estraneo.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Il problema vero sono i terroni, infatti, non certo i capoverdiani.

            • Francesco scrive:

              qualche anno fa credo di sì, oggi vale anche per i “capoverdiani” (neri, arabi, indiani, latinos, filippini, slavi)

              e in modo leggermente diverso per i cinesi, che sono ricchi ma stranieri e su cui fioriscono leggende urbane

          • PinoMamet scrive:

            No, non riesco a essere d’accordo con te, Roberto.

            Prima di tutto, gli stranieri in Italia sono proprio le ultime persone a cui chiedere.

            Caspita, io frequento il mondo ebraico, come sai, che, per motivi anche comprensibili, crede di essere circondato da antisemiti che semplicemente non esistono.

            Non voglio dire che in Italia non esistano tre o quattro svitati che credono all’antisemitismo “razziale”, e molti di più che credono alla storia degli ebrei che comandano i media ecc.: ma semplicemente la stragrande maggioranza degli italiani se ne strafrega alla grande, e a dire il vero non distingue la cultura ebraica da quella cinese, e fa benissimo.

            Stessa cosa per il razzismo: sono sicuro che se ne chiedi a un immigrato ti dirà “quella vecchietta mi ha guardato storto perché sono nero”, mentre magari la vecchietta non lo ha neanche notato e stava pensando alla bolletta del gas o al genero che è stato maleducato, o forse era guercia.

            Per quanto riguarda le coppie miste, beh, ho avuto e ho diversi studenti con un genitore italiano e uno: romeno, albanese, marocchino, senegalese, cinese…

            Direi che abbiamo già fatto la prova.

            La figlia di una coppia di ex vicini di casa, lei fiorentina e lui brindisino, si è convertita all’Islam e DOPO ha conosciuto e sposato un ragazzo nordafricano e ci ha fatto un figlio.

            Invece al mio amico, quando era negli USA, facevano storie se diceva “conosco quel ragazzo” “quale?” “Quello nero”
            Ahh ma allora se noti che è nero sei razzista!
            No, belli, siete razzisti voi che dovete fare finta di notarlo, ma guai ad andare nel suo quartiere…

            • PinoMamet scrive:

              Far finta di NON notarlo, cioè.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Da unato hai ragione, nel senso che noi con razzismo intendiamo banalmente la xenofobia. Ciò detto, il “razzismo” (cioè la xenofobia, anche interna) in Italia c’è sempre stata, mentre il razzismo vero e proprio è roba di minoranza.

            • PinoMamet scrive:

              Ma certo, ma mettiamola così:

              a parità di stronzaggine, gli italiani sono stronzi perché dicono le cose
              (“oh negro, ma dove hai imparato a guidare, ma in Congo ce le avete le macchine o no??”)

              gli anglo-simili sono stronzi perché sono ipocriti
              (“buongiorno signor Jones, oggi celebriamo la giornata della cultura afro-americana, comunque mi dispiace ma quel posto è già occupato”)

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Pino Mamet

              “No, belli, siete razzisti voi che dovete fare finta di notarlo, ma guai ad andare nel suo quartiere…”

              Credo di avere un campionario abbastanza vasto, partecipando alla gestione di un giardino che coinvolge tre scuole elementari e due scuole dell’infanzia, con relative famiglie.

              I fiorentini sono notoriamente piuttosto diffidenti, in particolare verso i pratesi, poi verso i pisani, poi verso i campagnoli e in genere verso chiunque non conoscono da quando andavano, appunto, alla scuola elementare o alla scuola dell’infanzia.

              Non gli rimane tanta diffidenza da dare via a gratis pure per gli stranieri.

              Poi ci sono gli “italiani”, cioè quelli i cui avi non vengono da Firenze, ma da Scandicci o da Reggio Calabria.

              Molti di loro pensano che i fiorentini siano chiusi; che gli zingari che chiedono l’elemosina siano troppo invadenti; che gli americani siano ignoranti; che le filippine sono brave domestiche; che i cinesi si facciano gli interessi propri alla faccia di tutti; che i francesi siano étronces; che molti maghrebini siano spacciatori e più violenti della media; che i senegalesi sono simpatici e furbetti.

              E’ “razzismo”?

              • roberto scrive:

                Chiamala xenofobia se ti piace di più

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Chiamala xenofobia se ti piace di più”

                Ma non è il nome che mi interessa, mi interessa capire se stiamo parlando dello stesso fenomeno.

                Quello che ho descritto io è ciò che tu chiami razzismo? In questo caso, siamo d’accordo che esiste in Italia.

            • Peucezio scrive:

              Mauricius,
              “Da unato hai ragione, nel senso che noi con razzismo intendiamo banalmente la xenofobia. ”

              Non sono d’accordo nemmeno su questo.
              Classismo.
              Il punto è se hai i soldi.
              Non per l’essere povero in sé, ma perché il povero è tamarro: una volta lo erano gli italiani, ora gli immigrati.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Il punto è se hai i soldi.
                Non per l’essere povero in sé, ma perché il povero è tamarro: una volta lo erano gli italiani, ora gli immigrati.”

                Un mio carissimo e fiorentinissimo amico (dove fiorentino vuol dire non pratese, non fiesolano e non scandicciano), professore universitario, si è trovato un genero rom kosovaro, e se la cava benissimo a fare da nonno.

                Zingaro, monsummano 🙂 e povero!

            • PinoMamet scrive:

              Per quanto riguarda il mio non-capoluogo, devo dar ragione a Peucezio:

              a nessuno importava davvero se eri napoletano o siciliano, purché tu fossi dotato di denaro. Diventavi immediatamente parmigiano, e dei migliori.

              Un poveraccio parmigiano senza soldi? Feccia, un “capannone”. Un napoletano senza soldi? Feccia e pure napoletano.

              Stranieri? Ricchi, primari, professionisti danarosi: potevi essere bianco, nero, verde, viola, eri subito cooptato nella “alta aristocrazia borghese” 😉
              Anzi, meglio, quel tocco di esotico che dona.

              Poveracci? Feccia.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Pino Mamet

                “a nessuno importava davvero se eri napoletano o siciliano, purché tu fossi dotato di denaro. Diventavi immediatamente parmigiano, e dei migliori.”

                Io la vedo più complessa, almeno nell’unico comune che conosco bene.

                Da una parte, i fiorentini aristoplebei se ne sbattono dei soldi che hai: sempre forestiero sei.

                Dall’altra, c’è un’immediata vicinanza e accoglienza.

                E’ difficilissimo da spiegare.

              • PinoMamet scrive:

                A occhio e croce, qui mi sembra il contrario.

                Forse a Firenze c’è ancora una aristocrazia che conta qualcosa, con annessa mentalità.

                Da queste parti non esiste niente del genere, cioè, qualche titolato so che c’è perché lo ho conosciuto, ma a parte questo non conta niente, le persone che contano sono altre e cioè la borghesia alta, di qualunque origine o estrazione, anche recentissima o stranierissima.

                Ma questa borghesia cittadina è estremamente chiusa al suo interno e ci si entra solo per cooptazione, non ha alcun desiderio di accogliere nessuno.

                Tipica figura locale, lo studente fuorisede che a Parma conosce mezzo mondo, tranne i parmigiani.

                E questi parmigiani inconoscibili hanno magari cognomi siciliani… o persiani (non invento).

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “a nessuno importava davvero se eri napoletano o siciliano, purché tu fossi dotato di denaro”

                In Veneto non è proprio così.

              • PinoMamet scrive:

                Immagino, perché l’Italia è molto varia, mi rendo conto (ormai da anni) leggendo questo blog.

                Solo che non è sempre o solo varia nei modi che sappiamo tutti… ma in tanti altri.

                Mio fratello sta insegnando in Veneto in questo periodo: in realtà in una scuola (stranamente, vista la sua esperienza precedente nella regione) di ragazzini studiosi.

                Ma lo stupisce che non i ragazzi, ma i colleghi! cioè le colleghe, perché sono tutte donne, parlino tra loro, anche nelle occasioni ufficiali, praticamente sempre in dialetto.

                Una cosa così qui è inconcepibile a livello umano!

                Ma anche a livello pratico:
                1- tre quarti dei colleghi vengono da altre parti d’Italia
                2-molti dei locali sono più o meno misti, che è all’incirca la norma, o sono considerati locali perché ormai nipoti o pronipoti di immigrati
                3-nessuno, neppure dei pochissimi locali in senso stretto, padroneggia il dialetto al punto da farci tutto un discorso….

              • roberto scrive:

                Pino

                “ “a nessuno importava davvero se eri napoletano o siciliano, purché tu fossi dotato di denaro”

                Per esperienza personale in Veneto non era affatto così. Non so se oggi le cose sono cambiate ma quando ci ho vissuto io (anni 80) potevi avere i soldi che volevi ma sempre terrone restavi

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Da una parte, i fiorentini aristoplebei se ne sbattono dei soldi che hai: sempre forestiero sei.”

                Quello è campanilismo, è una cosa ancora diversa.
                È tanto più forte quanto più il suo oggetto è geograficamente vicino, quindi non ha nulla a che fare con razze, popoli, continenti.
                Ed è direttamente proporzionale alla vicinanza alla Toscana 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ed è direttamente proporzionale alla vicinanza alla Toscana 🙂”

                In effetti credo che l’insulto più pesante da queste parti sia “lucchese”.

                Popolo di barattieri chiusi sui loro forzieri e tra le loro mura, bigotti e peccatori, bolliti nella pece dell’Inferno con i diavoli che li prendono a forchettate, usurai…

                Ops, ho detto qualcosa di politicamente scorretto?

              • Miguel Martinez scrive:

                “Ops, ho detto qualcosa di politicamente scorretto?”

                Comunque mi dicono che i lucchesi danno dei livornesi ai pisani, che mi sembra un’eccellente vendetta.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “livornesi”

                Un mio collega Livornese ha raccolto pazientemente la traduzione di

                PISA MERDA

                in sessantacinque lingue.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

            • PinoMamet scrive:

              PS
              I “capannoni”, già lo scrissi, erano i poveracci dei quartieri popolari dell’Oltretorrente, distrutti nel periodo fascista con conseguente sfratto e ricollocazione degli abitanti in zone allora periferiche, in orrendi capannoni presto diventati per sineddoche nome dei loro abitanti e sinonimo di rumori molesti, sporcizia, malaffare e diseducazione.

    • Francesco scrive:

      >>> Ma negli incontri veri non ci si capisce, ci si incazza, ci si insulta, ci si offende!

      sante parole, però ci metterei un “anche” sennò siamo veramente nel mondo pensato da Hobbes!

      🙂

      PS Buon Anno a tutti!

  22. Moi scrive:

    Biden , ufficialmente , è dato per Cattolico … eppure ai funerali di Benedetto XVI NON era presente .

    • Francesco scrive:

      Meglio, no?

      A te è mancato?

      • Moi scrive:

        Esiste una riba chiamata Diplomazia … qualcuno sospetta che Biden abbia ricevuto un Veto draconiano da parte dei “Gender People” ! 🙂

        • PinoMamet scrive:

          ???

          • Moi scrive:

            “roba” … e.c.

            Cmq è possibile che qualche Punta di Diamante di Lobby Arcobaleno abbia proibito a Biden di presenziare al funerale di Ratzinger… come sospetta apertamente Diego Fusaro.

            • paniscus scrive:

              io la vedo più facile con l’ipotesi che il suo medico curante (o specialista neurologo) gli abbia caldamente consigliato di mostrarsi il meno possibile in eventi pubblici importanti… per evitare situazioni planetariamente imbarazzanti, in caso di mancamenti improvvisi o di esternazioni confusionali.

              • Francesco scrive:

                cioè che all’improvviso quello si svegliava e gridava “viva gli sposi” in mezzo al funerale del Papa?

                :0

        • Francesco scrive:

          mi sembra una tesi molto scema

          Biden ha già preso a pesci in faccia la CE USA per far piacere agli abortisti, sarebbe andato a Roma per mettere la bandierina di cattolico “libero”

          che poi i “gender people” mi paiono tutto tranne che una cabala organizzata

  23. PinoMamet scrive:

    Case nel bosco.
    Ce ne sono parecchie, da queste parti: qualcuna (poche) perché, beh, è sempre stata lì.

    Molte sono villette anni Sessanta, non poche di un incongruo stile alpino-germanico che andava allora per la maggiore, perché gli italiani sono esterofili.

    Quasi tutte sono ora case delle vacanze, per così dire: ci va il professionista che vive in città per due settimane d’estate.

    Poi c’è il milanese che torna nel paesino dei nonni per lo stesso motivo, ma vuol fare anche il figo e parlare di funghi e di natura e vagheggia un passato di povertà estrema che non è mai esistito: a sentir lui, al tempo dei suoi nonni non avevano inventato niente, neanche alla merda erano arrivati, una cosa da slum di Calcutta, “quanto si stava bene!”

    Ovviamente sono le sue fantasie perverse di milanese coi sensi di colpa.

    Qualcuno ci si trasferisce anche davvero, di solito spinto dalla moglie ex sballona.

    Gli abitanti del paese vicino li disprezzano.

  24. Fuzzy scrive:

    https://www.labottegadelbarbieri.org/raffaello-baldini-in-deu/
    Doveva stare là dove si parla del vivere in compagnia. Dalle mie parti i “compagnoni” sono detti i “baracconi”.
    Ma qui in fondo c’è meno affollamento.

    RAFFAELLO BALDINI: «IN DÉU»

    [non lasciatevi spaventare dalla lingua … magari leggete prima la versione in italiano subito sotto]

    In déu

    A l déggh sémpra ènca mè, in déu l’è e’ masum,

    par stè insén, s’ t vu stè insén, in dis, in véint,

    cmè t fé a stè insén?

    la zénta invíci u i pis d’ès una masa,

    “A sérmi una trantéina,

    senza cuntè i burdéll”, e i è cuntént,

    “A stémm insén”,

    ch’u n vó dí gnént, t staré tachèd, no insén,

    piò ch’a séi e pézz l’è,

    stè insén l’è un’èlta roba, ta n t n’incórz?

    no, i n s n’incórz,

    lòu, ès in póch l’è cmè no èsi, lòu

    i à bsògn da ès in tint, in zént, in mélla,

    in dismélla, in zentmélla,

    che mè, a i so stè ’nca mè,

    par San Martéin, ma la festa dla Piva,

    magnè, bai, t chènt, t réid, t rógg,

    parchè t chin rógg, l’è tótt un rugiadézz,

    se no ta n t sint, e par lòu l’è alegréa,

    ch’ l’ era un caséin, e mè alè zétt te mèz,

    ’s’ut ch’a t dégga, u m pareva, mo dabón,

    d’ès da par mè,

    invíci in deu, tè e li, la sàira, ad chèsa,

    a un zért mumént t smórt la televisiòun,

    t ciacàr un pó, li la va ’dla, la tòurna,

    sorpresa! du gelè,

    t vu crema o cecolèta?

    pu d’ogni tènt u s scapa, u s va ti póst,

    a magnè fura, e’ cino,

    e’ cino l’è una roba,

    cmè da burdéll al fóli,

    u s sta lè tótt disdài, zétt, incantèd,

    s’u t vén dal vólti da dì quèl, di dri

    u i è sémpra éun che ragna: ssst! silenzio!

    pu Fine, u s zènd al luci,

    l’è cmè svigés, t sté sò, e e’ basta un gnént,

    che ta i tén e’ capòt, che la s l’inféila,

    ch’ta la strènz, no una masa, sno sintéila.

    [da «Intercity»]

    In due.

    Lo dico sempre anch’io, in due è il massimo, | per stare insieme, se vuoi stare insieme, in dieci, in venti, | come fai a stare insieme? | la gente invece gli piace d’essere in tanti, | «Eravamo una trentina, | senza contare i bambini», e sono contenti, | «Stiamo insieme», | che non vuol dir niente, starai attaccato, non insieme, | più siete e peggio è, | stare insieme è un’altra cosa, non te n’accorgi? | no, non se n’accorgono, | per loro, essere in pochi è come non esserci, loro | hanno bisogno d’essere in molti, in cento, in mille, | in diecimila, in centomila, | che io, ci sono stato anch’io, | per San Martino, alla festa della Pieve, | mangiare, bere, canti, ridi, urli, | perché devi urlare, è tutto un urlío, | se no non ti senti, e per loro è allegria, | che era un casino, e io lí zitto in mezzo, | cosa vuoi che dica, mi pareva, ma davvero, | d’essere solo, || invece in due, tu e lei, la sera, in casa, | a un certo momento spegni la televisione, | chiacchieri un po’, lei va di là, torna, | sorpresa! due gelati, | vuoi crema o cioccolato? | poi ogni tanto si esce, si va nei posti, | a mangiare fuori, al cinema, | il cinema è una roba, | come da bambini le favole, | si sta lí tutti a sedere, zitti, incantati, | se ti viene delle volte da dir qualcosa, dietro | c’è sempre uno che protesta: ssst! silenzio! | poi Fine, si accendono le luci, | è come svegliarsi, ti alzi, e basta un niente, | che le tieni il cappotto, che se l’infila, | che la stringi, non molto, solo sentirla.

  25. Moi scrive:

    (….no dai non discutiamo del fatto che
    “musulmano” e “albanese” non sono razze…)

    [cit.]

    ———————————

    Tròp còmed che “le parole sono importanti” [cit.] solo quando la Borghesia di Sx Intellettuale deve “iNstruVire Ninì” [cit.] 😀 … fra l’ altro, NON di rado, la stessa gente che quando deve sparlare di qualcosa la definisce “medievale” come riflesso condizionato !

  26. Moi scrive:

    Il fatto è che “razzista” è retoricamente molto efficace per (cercare di) mettere in difficoltà morale la controparte retorica … ma finisce per banalizzarne il significato.

    Poi sinceramente preferisco ignorare il più possibile le differenze / diversità “fenotipiche da genetica delle popolazioni”:-) … lo zelo di chi sta a salmodiare sempre “loro di colore” e “noi Caucasici” come se fosse perennemente sul Set di una Produzione Netflix 🙂 , m’ insospettisce un po’.

    • Moi scrive:

      Poi sarei curioso di vedere quanta gente che ripete “Caucasici”ad ogni piè sospinto … la sa po’ in duv l’é 😉 , al Caucaso ! 🙂

    • Moi scrive:

      Venendo al discorso di Mauricius … credo che sì, precisamente : Terroni Vs Polentoni è un Derby Caucasico 🙂 che NON troverà mai ascolto nella Woke Statunitense !

      … Anche perché salvo giusto le zone più limitrofe, chiunque all’ Estero pensa che l’ Italiano sia unicamente il “Terrone” ! 🙂

      • PinoMamet scrive:

        Una volta, forse, Moi…

        adesso, a vedere commenti a filmatini di youtube e post di instagram, si è diffusa la vulgata (pure questa esagerata e quindi falsata e quindi falsa tout court) che “gli italiani sono divisi in tanti popoli che parlano lingue diverse e non si capiscono e si odiano tra loro!”

        vulgata abilmente propagandata da leghisti e pseudoleghisti del Nord e del Sud, tanto all’estero che ne sanno? 😉

        Per cui c’è gente che davvero pensa che andando, per esempio, a Bologna:

        1- troverà solo bolognesi (buona fortuna…)
        2-i suddetti bolognesi non capiranno l’italiano
        3-i suddetti bolognesi odieranno i molisani e questo è il motivo per cui l’Italia ha perso la Prima Guerra, ah no la ha vinta, ma solo perché siamo arrivati noi americani (sì, tre di numero e anche incapaci);
        4-ma tanto il Molise non esiste 😉

  27. Moi scrive:

    A proposito di Razzismo in Italia … a volte qualcuno lo sbaglia 🙂 , definendo “Negri” gli Industani 😉 : stando ai media main stream, è capitato più di una volta !

  28. Moi scrive:

    Quanto all’ Antisemitismo, ho letto qualche commento neanche troppo velatamente FiloNazista Vs Lerner … dopo che ha lodato Soros !

  29. Moi scrive:

    Sulle donne alle primarie del PD : almeno la Schlein è consapevole di una Volontà di Potenza … la De Micheli, invece, è il perfetto esempio della Carrierista QuotaRosista che si lamenta del Maschilismo nel Partito.

    … Altrimenti è più chiaramente detto : “chiagne e fotte”, direbbero a Napoli ! 😉

  30. Miguel Martinez scrive:

    Omamma!

    Cattolici, ebrei, musulmani (inteso come sceicco di Abu Dhabi) con la Microsoft, la FAO e l’IBM!

    https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-01/vaticano-ai-ethics-accademia-vita-intelligenza-artificiale.html

  31. habsburgicus scrive:

    @Daouda
    Buon anno secondo il vecchio calendario (sarebbe stato ieri, ma non guardiamo il tutto :D)
    per quanto hai tristemente accennato, in primis confido che sia una boutade. in secundis che quantomeno sia un problema facilmente risolubile e da te volutamente esagerato ad effetto…
    comunque, in bocca al lupo e un abbraccio !

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