“L’insieme formato da colonialismo, capitalismo, scienza, Stato e individuo continua a strutturare il mondo che abitiamo e a imprimergli una speciale forma di dissociazione.”
Stefania Consigliere, Favole del reincanto
Vorrei condividere una giornata intensa che ho vissuto, ma non ha senso parlarne, se non si capisce il modo in cui l’ho vissuta.
La Modernità è un gioco tra Organizzazione e Individuo.
Da una parte una grande macchina astratta, ente morto, che pur pretende di progettare tutto.
La Morte decide la Vita.
Dall’altra, l’individuo, essere isolato e numerabile, che calcola incessantemente come cavarsela con l’Organizzazione in base ai suoi interessi, sfruttando furbescamente tra centomila leggi dell’Organizzazione i suoi “diritti“.
L’Organizzazione è tanto la capitalista finanziaria Blackrock quanto lo Stato comunista nordcoreano.
L’Individuo è tanto il piccolo imprenditore con il suo SUV di Destra che parcheggia indocàpita gli pare, quanto la ricca di Sinistra che decide che può comprarsi la bambina partorita dall’utero-in-affitto della pezzente ucraina.
Nel Metaverso, regalato/venduto/imposto dall’Organizzazione, entrambi potranno virtualizzare le loro fantasie in totale solitudine, realizzando così l’essenza della Modernità.

Dentro questa sterile polarità, non so nemmeno cosa dire, tanto sono orribili gli esiti dell’interazione tra di loro.
Eppure non mi viene concesso di vedere altro, nel dominio totale della Modernità.
Nello scontro complice tra Organizzazione e Individuo, viene fatto sparire per incanto – o disincanto – il Terzo Attrattore, quello che nella storia umana è stato sempre cruciale, la Molteplicità.
Questo Terzo Attrattore è una diversità inesauribile, di relazioni, a volte terribili, a volte meravigliose, che non sono né organizzazioni né individui.
Relazioni comunque sempre uniche con persone (più che individui), con i nostri morticeddi (un giorno devo raccontare qui le esperienze dell’amico Andrés Lasso quando parla dei funerali in un villaggio profondo del Congo, luogo assai più civile dei nostri), con i sapori, con le montagne, con i ricordi, con i vicoli, con le stagioni, con il cielo, con le ninfe/santi, con le storie che trasmettiamo ai figlioli, con la lucidità e il vino e il mezcal, con i riti, con le notti che passiamo a sognare, con le parole, relazioni tra stati di coscienza.
Relazioni, come la metà delle cellule che abitano il nostro corpo e lavorano con noi, ma non hanno quello che chiamano il “nostro DNA”.
Citando ancora Stefania Consigliere:
Lo sbarramento dell’immaginario è indispensabile alla dinamica della totalizzazione. Le frontiere da superare e le terre da recintare non sono solo quelle geografiche: partite altrettanto rilevanti si giocano intorno a quelle psichiche, simboliche, oniriche e narrative.
Nell’assoggettamento integrale niente deve arrivare, da fuori, a spezzare la continuità fra individui e mercato, a suggerire l’esistenza di altre logiche e altre esigenze. Niente deve interrompere il ciclo della produzione e del consumo, il nesso fra le esigenze della struttura e le pulsioni individuali.
Del mercato, infatti, sentiamo ogni sussulto, i suoi fremiti riverberano in noi: desideriamo ciò che desidera, temiamo ciò che teme. Per contro, alberi, lupi, fonti, fantasmi, mulini a vento, stelle, dèi e demoni hanno smesso di parlare. Nei sogni e nell’ebbrezza non c’è conoscenza ma solo sragione. Nel destino del mondo non ne va più di noi, nel destino nostro non ne va del mondo. È il disincanto.”
Il mondo della molteplicità, dell’incanto, è in realtà ovunque attorno e dentro di noi, ed è reale almeno quanto l’astrazione dell’Organizzazione e la finzione dell’Individuo.
Il molteplice non è un mondo buono.
Il più grande antropologo di tutti i tempi, Michael Ende, lo aveva spiegato nella Storia infinita, che tanti hanno preso per un simpatico romanzo per bambini.
La molteplicità è un mondo rischioso: ci sono anche i lupi mannari.
Infatti, la Modernità è anche un’incessante manipolazione della molteplicità e dell’immaginario, su due versanti.
Per l’Organizzazione, gli stracci di bandiere dietro cui mandava a morire la carne da cannone, erigendo monumenti in cui si vedeva il povero contadino moribondo sollevato da una dea che puntava vittoriosa il dito verso quel nulla che chiamavano Patria: e l’Organizzazione che pagava il monumento non credeva a nessuna dea.
Per l’Individuo, l’incessante manipolazione pubblicitaria/emotiva, che al piccolo omino de’ i’Duemila fa sognare di essere un re con uno scettro elettronico, che può ordinare ogni capriccio con lo smarfo.[1]
Stato-Nazione e Consumismo sono entrambe forme criminali di ipnosi.
Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia anche il Terzo Attrattore.
Vivere anche la Molteplicità, uscire dalla dualità di Organizzazione e Individuo, può essere molto pericoloso.
Ma è la cosa più importante in un mondo che sta collassando, e moriremo come stiamo morendo, se non la guardiamo in faccia e non sappiamo accoglierla.
Tutto questo, mi rendo conto, lo racconto con parole complicate.
Eppure, come vedremo, è quello che hanno già intuito persone che riescono a parlare in modo molto meno contorto di me.
Nota:
[1] Il termine tecnico smarfo, per definire lo scettro magico di cui l’Organizzazione dota l’Individuo Re, fu ideato dalla professoressa Daniela Danna, custode di profonda saggezza, di uno splendido sorriso e di un numero superchia di gatti, sospesa per grave insubordinazione dall’insegnamento all’Università di Lecce.
La Morte decide la Vita.
Ecco, è questa frase, che hai pure messo in grassetto, a essere così falsa e anzi manipolatrice da farmi dubitare di tutto il resto.
E’ un inganno dire che ci sono solo enti vivi e tutto il resto è morto. Solo i viventi possono diventare morti. La gran parte dell’universo non fa parte di questo gruppo. I sassi non sono nè vivi nè morti. Idem le stelle. Il mare? fondamentalmente è un’astrazione della mente umana e in quanto tale non è neppure lui vivo o morto. E così la luna e le nuvole e la pioggia portatrice di vita e dono di Dio.
Essendo partita da qui, la signora mi ha subito perso. A che pro rilevare che l’Organizzazione è tale anche in una tribù amazzonica? le manca solo una Costituzione scritta ma quella non ce l’hanno neppure i britannici.
Ciao!
PS e doppia vergogna, che la distinzione individui/persone è preziosa!
Per Francesco
“Solo i viventi possono diventare morti.”
Comunque a pensarci hai assolutamente ragione.
Ho detto una scemenza.
Vita e Morte sono la stessa cosa.
Qui è qualcos’altro, la proiezione, l’astrazione, l’immateriale, il virtuale?
Lascio per ora la frase, tanto non lo leggerà nessuno o quasi; ma solo perché devo pensare al termine giusto.
Grazie.
(le dita mi fanno ancora male per la bacchettata, ma me la sono meritata).
Bella domanda, non saprei neppure a chi farla. Un filosofo? un sociologo? non credo un biologo
Poi scusa perchè hai preso tu la bacchettata? era per la signora.
Non fare troppo il cavaliere!
PS mi sa che siamo tornati a Platone, più o meno.
PPS l’Organizzazione siamo io e te, tolto quello che ci rende io e te ma tenendo quello che ci tiene insieme? perchè alla fine io e te non siamo SOLO quello che ci tiene insieme, l’insieme dei rapporti, c’è una “sostanza” individuale che permette di distinguere una persona dall’altra
Ciao!
@ FRANCESCO
… hai fatto un Corso Accelerato da Hare Krishna ?!
… icché son codeste fricchettonate ?! 😉
@ Martinez
“morte”
Scusa, ma mi sa di rimasticatura New-Age della distinzione fra “lavoro morto” e “lavoro vivo” del primo libro del Capitale di Marx. La Macchina è il “lavoro morto”, cioè il risultato della fatica umana (il “lavoro vivo”) ‘ossificato’ in una Procedura standardizzata che regola i rapporti fra gli esseri umani vivi, inducendone l’alienazione (appunto) dai frutti della loro fatica.
Solo che in Marx le ‘relazioni’ sono i rapporti d produzione dunque sono intese in un senso (abbastanza chiaramente?) definito.
Qui fanno direttamente riferimento alle relazioni biologiche fra diversi organi e microorganismi riuniti in sistemi dove cooperano, come il cervello umano e la flora intestinale (il ‘secondo cervello’, appunto).
Temo che questi voli pindarici che mettono sullo stesso piano relazioni sociali e relazioni biologiche siano molto pericolosi. Si fa presto a scivolare:
https://en.wikipedia.org/wiki/Social_Darwinism
Ma più in generale, è proprio l’olismo (“il tutto è più della somma delle sue parti”) che fa continuamente capolino nel sito
https://theproudholobionts.blogspot.com/
a fare a pugni col rasoio di Ockham. Ormai persino la sua versione più elaborata, la tesi di Duhem
https://it.wikipedia.org/wiki/Tesi_di_Duhem-Quine
è considerata poco più di un sofisma. Se è vero che – come dice Duhem – quando al microscopio non vedo il bacillo che mi aspetto di vedere è sempre teoricamente possibile immaginare che il bacillo in realtà ci sia ma sia la teoria dell’ottica sulla cui base il microscopio è costruito ad essere sbagliata, nella pratica è talmente improbabile che l’ottica sia sbagliata solo in questo caso particolare che si accetta tranquillamente che il bacillo non ci sia.
Quello che dice Quine
“Tutte le nostre cosiddette conoscenze o convinzioni, dalle più fortuite questioni di geografia e di storia alle leggi più profonde di fisica atomica o financo della matematica pura e della logica, tutto è un edificio fatto dall’uomo che tocca l’esperienza solo lungo i suoi margini. […] Un disaccordo con l’esperienza alla periferia provoca un riordinamento all’interno del campo; si devono riassegnare certi valori di verità ad alcune nostre proposizioni. […] Una volta data una nuova valutazione di una certa proposizione dobbiamo darne un’altra anche a certe altre, che possono essere proposizioni logicamente connesse con la prima o esse stesse proposizioni di connessioni logiche. […] Ma l’intero campo è determinato dai suoi punti limite, cioè l’esperienza, in modo così vago che rimane sempre una notevole libertà di scelta per decidere quali siano le proposizioni di cui si debba dare una nuova valutazione alla luce di una certa particolare esperienza contraria”
è falso. Ci pensa il rasoio di Ockham a “decidere quali siano le proposizioni”, in modo da preparare nuovi epserimenti in cui – non olisticamente – si verifichi se la decisione è in disaccordo coi risultati sperimentali o no.
Contrariamente a quanto dicono i sostenitori dell’olismo, si può imparare sul tutto studiandone le parti una alla volta. Il sano vecchio riduzionismo funziona sempre.
Il tutto non è più dell’insieme delle sue parti che interagiscono l’una con l’altra. Non c’è bisogno di Gaia.
https://en.wikipedia.org/wiki/Gaia_hypothesis#Criticism_in_the_21st_century
Ciao!
Andrea Di Vita
Gaia di base conduce a due problemi apparentemente opposti:
– dico che il “superorganismo” (o il Sistemone) include l’essere umano, per cui anche sversare scorie nucleari nella falda dietro casa è parte del Sistemone, quindi il problema ambientale non esiste perché non può esistere: anche l’inquinamento è Sistemone;
– dico che il Sistemone non include l’essere umano, per cui smette di essere il Sistemone e si va giù di pezze per raccontarsi che sia ancora il Sistemone.
Insomma, pura spazzatura intellettuale.
@ Mauricius Tarvisii
“spazzatura intellettuale”
OAAMT!!
Ciao!
Andrea Di Vita
Andrea
il tuo feticismo per il Rasoio di Ockham fa sembrare il mio per il Milan una cosa mentalmente e moralmente sana!
peraltro a me serve ogni volta per irrobustire la mia fede nella metafisica e la mia certezza che il riduzionismo sia una malattia infantile del pensiero occidentale
🙂
@ Francesco
“feticismo”
E’ semplicemente la descrizione di come funzionano le cose nel mondo della ricerca.
Se la notte sotto le finestre di casa senti un nitrito provenire dalla strada pensi a un cavallo, o al massimo pensi a qualcuno che a ora tarda sta guardando un western alla TV col volume troppo alto. Non pensi a un ippogrifo.
E questo non perché è impossibile che esistano gli ippogrifi – ci sono milioni di specie viventi al mondo, e chissà quante ne ignoriamo – ma perché negare l’ippogrifo è la soluzione più semplice: quella che richiede meno ipotesi, cioè quella preferita da Ockham.
Poi è chiaro che se e quando qualcuno scoprirà lo scheletro di un animale a forma di equino con un corno sul naso e le ali, allora le cose cambieranno.
La metafisica è proprio questo: vedere l’ippogrifo dove basta vedere un cavallo. E non la cavallinità.
Ecco perché il riduzionismo rimane valido. Perché equivale al buon senso. Come diceva Lord Kelvin, “il metodo scientifico è il buon senso applicato alla Natura”.
Ed ecco perché – fino a prova contraria – Gaia rimane una fesseria. Perché è il classico esempio di olismo, cioè del contrario del riduzionismo.
Come diceva lo stesso Chesterton: “imbroglione non è chi entra nel mistero. Imbroglione è chi rifiuta di uscirne”.
Ciao!
Andrea Di Vita
Piano: la tua ingenuità è disarmante e ogni tanto mi lascia senza parole.
Un conto è preferire l’ipotesi cavallo a quella ippogrifo e posso anche concordare.
Ma la cavallinità (o in generale il tentativo di capire davvero la realtà) non è certo lì per farsi cacciare dalla pigrizia mentale di un tecnico delle fotocopiatrici, che per scelta sua rifiuti di chiedersi perchè qualcuno le abbia inventate o abbia sentito il bisogno di inventare la scrittura e scelga invece di pensare solo a come riparare la singola fotocopiatrice rotta – e tornare a casa a guardare l’Isola dei Famosi.
Non fare perniciose confusioni.
Ciao!
@ Francesco
“realtà”
Appunto: la cavallinità non è un tentativo di capire la realtà, ma di aggirare la nostra ignoranza della realtà attribuendole proprietà (idee, sostanze, universali) che esistono solo nel nostro linguaggio.
La metafisica greca è tutto un gigantesco tentativo di dedurre le proprietà del mondo dalle proprietà del processo con cui conosciamo il mondo: guardarsi l’ombelico è sempre più facile che guardare fuori di noi.
Per Platone gli universali li ricordiamo, per Aristotele li riconosciamo: che gli universali esistano solo nelle nostre parole e non nel mondo è un’idea che non sfiora nessuno dei due. Tutto il primo capitolo dell’Organon di Aristotele è una classificazione dei diversi modi di utilizzare il verbo ‘essere’!
(Non che sia colpa solo dei Greci, per carità: l’assioma centrale del pensiero dei Veda è “Atman Brahman asti”, “Il sè è l’Essere”).
Bisogna aspettare Kant per sentir dire finalmente in Occidente che “venticinque talleri pensati non sono venticinque talleri pesati”.
La pigrizia mentale che invochi spiega benissimo come si sia potuto per millenni ingessare lo studio della natura sotto la cappa di una metafisica immutabile – tra l’altro, contro le stesse intenzioni originarie di Platone e Aristotele, che ponevano nella maieutica e nella capacità di meravigliarsi i punti di partenza del percorso verso la conoscenza.
Non so più quale sapiente Portoghese sosteneva che la mosca aveva otto zampe, “perchè così aveva detto Aristotele”. Il quale, poverino, si vide fregiare post mortem dell’epiteto di “maestro di color che sanno”, dopo aver penato per un pezzo a fare il precettore di Alessandro…
Come dice Orwell, “ortodossia è non aver bisogno di pensare. Ortodossia è non conoscenza” e, appunto, “ignoranza è forza”.
Finché un Pisano testardo ha preso uno strumento pensato per i marinai e l’ha puntato verso il cielo stellato, facendo saltare il gioco e liberando l’umanità.
Ciao!
Andrea Di Vita
Non ho capito chi avrebbe mai detto che abbia senso il tallero pensato rispetto al tallero esistente.
Vabbè prego prego continui, continui a suonere.
Forse non hai capito che se senti nitrire un cavallo al buio, il fatto che lo associ ad esso deriva dall’astraibilitá dell’immagine cosiddetta convertita in idea.
Altrimenti non penseresti che al rumore.
@ daouda
“penseresti”
Appunto: penserei. Le idee sono n modo del cervello di organizzare le sensazioni. La loro struttura non ci dice nulla sul mondo partendo dalla cui percezione quelle sensazioni sono ottenute. La metafisica pretendeva invece di ricavare le informazioni sul mondo partendo dalle informazioni sulle idee.
Ciao!
Andrea Di Vita
Andrè ma vaffanculo va
lo hai già detto, ed era una concezione ridicola della metafisica e caricaturale della storia anche la prima volta
non è che “errata ripetuta iuvant” caro Andrea
PS poi non capisco la tua ostilità pregiudiziale alla cavallinità. Se io e te vediamo due cavalli e una MG42, riconosciamo che abbiamo visto tre “cose” e due sono cavalli …
giusto?
>>> contro le stesse intenzioni originarie di Platone e Aristotele, che ponevano nella maieutica e nella capacità di meravigliarsi i punti di partenza del percorso verso la conoscenza.
vedi che hai torto? attribuisci all’uso i difetti dell’abuso!!!
😀
che poi la domanda dei metafisici a Kant immagino sia: come puoi pesare dei talleri che non puoi pensare?
e se li puoi pensare, le idee esistono e servono. infatti non cerchi di pesare dei funghi quando ti servono dei talleri.
@ francesco
“servono”
Appunto: come ho scritto a Daouda, le idee sono un modo del cervello di organizzare le sensazioni. La loro struttura non ci dice nulla sul mondo partendo dalla cui percezione quelle sensazioni sono ottenute. La metafisica pretendeva invece di ricavare le informazioni sul mondo partendo dalle informazioni sulle idee.
L’idea di ‘tallero’ mi serve a non pagare il salame con dei funghi. Ma non mi dice niente sulla politica economica dell’imperatrice Maria Teresa che faceva coniare i talleri. Il metafisico è precisamente chi contemplando l’idea di tallero vuole dedurne le leggi dell’economia…
Ciao!
Andrea Di Vita
Sto discorso per come lo hai impostato alla radice lo puoi fare proprio ed a maggior ragione sulle sensazioni.
Che cazzo c’entrerebbe l’idea di cavallo co l’allevamento degli stessi lo sai solo te
>>> le idee sono un modo del cervello di organizzare le sensazioni. La loro struttura non ci dice nulla sul mondo partendo dalla cui percezione quelle sensazioni sono ottenute
😀 😀 😀
applica il tuo amato rasoio qui e vedrai … è più economico pensare che la struttura delle idee e quella del mondo siano collegate (realismo metafisico) o che abbiamo giusto culo a usare la prima e sopravvivere nella seconda?
@ francesco, daouda
“idea”
Ma perché vi riesce tanto difficile accettare l’idea (appunto 🙂 ) che le idee non siano altro che strumenti per organizzare le sensazioni che provengono dal mondo e agire su di esso?
Forse che qualcuno è in grado di dedurre la differenza fra il prosciutto di San Daniele e il salame di Sant’Olcese dallo studio dell’impugnatura del coltello del cuoco che li affetta?
Le idee sono il coltello, i salami i fenomeni naturali, il cuoco siamo noi.
E’ chiaro che il legame esiste: l’impugnatura del coltello serve al cuoco per non tagliarsi usando il coltello, che a sua volta deve tagliare perché i salami sono duri da affettare.
Da qui a dedurre la cura della peste suina partendo dalla classificazione delle tipologie di impugnature di coltelli ce ne passa.
Sono finiti (si spera) i tempi del Don Ferrante manzoniano che pretendeva di aver capito la natura della peste discutendo se fosse sostanza o accidente.
Ciao!
Andrea Di Vita
Andrea,
mi pare che tu non colga il senso di quello che dici. Eppure la tua citazione di cosa pensavano davvero un paio di filosofi metafisici come Socrate e Aristotele dovrebbe essere illuminante.
Tu combatti veramente degli spaventapasseri!
Ciao
“Appunto: come ho scritto a Daouda, le idee sono un modo del cervello di organizzare le sensazioni.”
So che non serve rispondere a giorni di distanza ad una conversazione cui non ho partecipato, ma non c’ero, non ho letto nulla di quello che avete scritto durante la mi assenza. Ma questo veramente mi spinge a scrivere una semplice cosa: assumi quello che dovresti dimostrare (e non puoi). tutto quello che si potrebbe contrapporre al tuo modo di ragionare è inutile, perchè per ora basta fermarsi alla prima fallacia. Da dove parti puoi dire tranquillamente che gli universali non esistono, ma dato che ciò è semplicemente conseguenza del tuo assunto iniziale (di cui troverai molti sostenitori ma ahimè ce ne sono non meno e di livello non inferiore, oserei dire, per alcuni di essi, ben superior, che sostengono altre filosofie della mente e, bada, affatto “antiscientifiche” o similia) rimane legato ad esso; tu lo accetti e per te è così, io ho ottimi motivi per considerarlo sbagliato e quindi le sue conseguenze non hanno valore. Insomma, come sempre i tuoi ragionamenti seguono da una ben precisa metafisica, niente di male, ma non esprimerla apoditticamente, come fosse “scientificamente provata”, senza offesa ma quando fai così cominci a ragionare “rozzamente” e a commettere molte fallacie. E basta che già non avrei dovuto intervenire in un discorso vecchio ma semmai aspettarne uno nuovo.
Saluto il camerata Marco che però non si avvede del comunismo imperante secondo la vollaudata operazione Trust di Lenin ed il solito Peucezio. Tutto ciò per ricordare a Robberto che me deve pagá na cena anche perchè loro due ponno testimoniá che ho fatto er povero e l’inelegante che nun ciavevo na lira.
Ho giá scritto che MM è una merda? Né fronte rotto né implosioneeee, lotta innata pè cacá drento al loggione
Ah cazzo, un commento all’ardigolo che non val la pena de legge : è sintomatico che ogni vorta che accenni alla cazzo de cane a n’argomento serio, poi comunque sia t’arifuggi nella pubblicista e sta cazzo de alienabbilitá.
Te faccio presente che a rigore Organizzazziaune ed individualibilitá per forza di cose, non fosse n frattale, le hai nel singolo stesso, giusto pè fatte capì che sei un cojone.
Che poi tu debba fa che sia capitalista ma pure comunista, è er solito gioco delle tre carte perché nun sai che cazzo è nè l’uno nè l’antro.
Comunismo organizzazione? Ma che cazzo stai a ddi? Capitalisno individualismo? Ma se sceno?
Vabbè poi le combinaziini continuano ma te sempre nun ce piji. Il vero coso era la “modernitá” perchè ciai er termometro ar culo pè dovè inventattela.
AAAAAAAAAAAAA
Apparte la modernitá da gettá lá cor molteplice vuoi solo nega i poli. Il problema è che non sò poli ed in ogni molteplicitá li hai, mentre fai er poeta svomitante de astrazione de e finzione di.
Mortacci tua fai schifo perchè la domanda vera che te devo fa mentre pisci dar culo è: che cambia?
Te lo dico paro paro: ciái li morti sulla coscienza colle idee infami che promani
OT tornando all’argomento spiagge
sicuri che a bacoli siano delle terribili multinazionali con sede in lussemburgo?
o che le terribili multinanzionali che verrebbero farebbero peggio?
io, quando nel 2322 scadrà la concessione a questi galantuomini, un prova a vedere se si può fare meglio la farei….
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/07/bacoli-vietato-portare-viveri-in-spiaggia-bagnanti-perquisiti-prima-di-entrare-nei-lidi-la-denuncia-del-sindaco-intollerabile/6618768/
😀
Sono d’accordo
C’é un convitato di pietra nel vostro intessante ragionare, Parmenide. E’ innanzitutto a questi, infatti che si può ricondurre l’idea del pensiero, e quindi del logos umano, come capace di esaurire l’essere. Severino riprende in tutto il suo filosofare tale impostazione. Trovo singolare che chi tra voi, con buone ragioni, contesta in fondo il riduzionismo di una metafisica che di fatto cosi ponendosi soffoca l ‘Essere e la vita, poi faccia , in danno all’olismo, l’apologia del riduzionismo scientista-meccanicista che in questo senso fa pure peggio. Invito, a leggere Heidegger in ‘ La fine della filosofia e il compito del pensiero’ , per comprendere come la criticata metafisica platonistica, passando per Cartesio ecc, abbia finito col divenire in realtá. nient’altro che la vera genitrice della tecnoscienza, da cui ora é legittimamente divorata nella sua insuperabile capacitá di controllare e manipolare gli essenti. Ma questo al contempo meraviglioso e abominevole progetto troverá, come giá si intravede , compimento quando ( uomo compreso ), tutto sará divenuto ‘Bestand’ e cioé mera risorsa matematizzabile e disponibile per la potenza tecnica ed allora quella sterile polaritá tra morte e vivi a cui allude Miguel, sará realmente tra morte e morti.
Bella riflessione. Però penso che la metafisica matematica di Platone non sia, di per sè, riduzionista. Ma lo diventa negli sviluppi “galileiani”, come anche nello sviluppo di Cartesio, dove lo spazio che in questi ancora era lasciato agli elementi non riducibili (libero arbitrio, Dio o comunque l’Assoluto) viene reciso lasciando solo il meccanicismo riduzionista e quantitativo visto come l’esistente. Riflettere sulla formazione del pensiero moderno e sulla possibile reintegrazione di concezioni precedenti, in maniera non ingenua e senza idea di “tornare indietro”, che comunque indietro non si torna, potrebbe essere una via d’uscita. L’unica?
Condivido. Nelle tue parole risuonano gli echi della ‘ nuova innocenza’ pannikariana che col suo cosmoteandrismo delinea forse una delle vie d’uscita più interessanti.