Le favole del reincanto (2)

Alla prima parte

Mi permetto di proporre lunghe citazioni dal libro, Le favole del reincanto, dell’antropologa Stefania Consigliere, perché non ho mai visto esporre in modo così chiaro i punti principali del momento che stiamo vivendo.

Non solo un lontano momento storico, ma proprio la mia vita.

A partire dalle prime parole del libro, che dicono ciò che tutti già sappiamo, anche quando abbiamo troppa paura per dire che le cose stanno così:

È poco più che una constatazione: l’impresa moderna, con la sua narrazione di progresso e felicità per il maggior numero di individui, è fallita. Il mondo intorno a noi è un disastro.”

Noi viviamo il disastro però in uno stato anestetizzato, dove è “scomparso il terriccio della vita comune“:

“L’esperienza triviale della chiamata a un call centre compendia questo sentimento del presente che si estende fino all’intimità, dove disabilità emotiva, stereotipia linguistica e ossessione per il godimento illustrano la miseria dei tempi.”

Mentre chiamiamo il call centre,

“pare che la quantità di calore che il sistema terra sta accumulando sia pari a quello causato dall’esplosione di una decina di bombe atomiche, come quella sganciata su Hiroshima, al secondo.

Tutto questo è noto, ma non ce ne facciamo niente; non ci arriva come un pugno allo stomaco, non lo concepiamo davvero. Se lo facessimo, non potremmo continuare imperterriti nel monumentale spreco energetico che è la nostra vita.”

Viviamo

“la paralisi dell’immaginazione, l’incapacità di guardare oltre le mura della prigione che ci sta soffocando.

Quest’alienazione trasforma il disastro in apocalisse, il venir meno del mondo a cui siamo abituati nella scomparsa di ogni mondo possibile. Somiglia a un sortilegio: molti animali muoiono così, fissando paralizzati i fari del treno che li travolgerà.”

Ma se l’animale che fissa paralizzato i fari del treno non riesce nemmeno a immagarsi un altrimenti, il suo destino è segnato.

Ora, ci possono essere (aggiungo io) almeno due altrimenti.

Il primo è quello di Elon Musk che progetta un mondo che esiste soltanto nella sua testa. E con lui tutti gli esaltati del nanomondo che fantasticano di trascinarci nel loro personale “altrove”.

Ma esiste un altro altrimenti:

La via di fuga da un tempo stregato è qualsiasi cosa non sia il disastro incombente. La paralisi si scioglie a contatto con l’altrimenti.

Non un altrimenti astratto, fumoso o esotico, ma quello assai prossimo di un mondo che continua a esistere fuori dal fascio abbacinante dei fari: l’erba, il terrapieno, la tana, il sentiero, gli alberi, l’ombra del bosco, gli animali sul prato. La foresta è ancora viva.

Quello che cerchiamo è già qui: frammentario, imperfetto, ruvido come le cose reali. Si tratta solo di avvertirne l’esistenza.

E qui, aggiungo io, esiste anche un mondo umano “che continua a esistere fuori dal fascio abbacinante dei fari”, i Calcianti de’ Bianchi, le piccole donne che incontro ogni giorno che non si fanno rubare la vita, Sincero che ha fatto fiorire i giaggioli, la gente che vive i frammenti migliori della vita come se Stato e padroni non fossero ancora stati inventati…

Nei giorni in cui l'Uomo, che non sono io ma è l'apparato militare statunitense se ne andò sulla Luna, Buffy Sainte-Marie cantava le parole del ritorno: 

Un antropologo scrisse un libro
lo intitolò “i miti del cielo”
è scomparso, sua moglie è tutta sconvolta
è venuto un angelo a portarselo via
i suoi capelli erano oro, i suoi occhi amore, le sue parole verità,
i suoi occhi erano lapislazzuli
parlava una lingua così primitiva, ma così primitiva
che riuscivo a capirne il senso

A impedire il contatto, la capacità di capire che un altro mondo non solo è possibile ma esiste già da sempre, è l’accusa di superstizione, cioè di non avere

“accesso all’unica vera conoscenza: quella delle leggi di natura rivelate dalla scienza.

Gli altri credono, noi sappiamo.

Cosa succede, però, se l’unica conoscenza vera porta dritti al disastro planetario? Se il sapere diventa paralisi esistenziale? Se i metodi d’indagine richiedono la distruzione dell’oggetto conosciuto e, alla lunga, anche del soggetto conoscente?

Ribadita da tutti i manuali e innestata nel profondo del nostro impianto pulsionale, questa incrollabile presunzione di superiorità è l’enzima che trasforma il disastro in apocalisse.

Le ragioni della nostra supremazia devono essere difese a qualsiasi costo: meglio un uragano scientifico che un rifugio magico; meglio morire che essere come tutti gli altri. Il ridicolo che abbiamo riversato sulla possibilità che esista qualcosa oltre a ciò che vediamo ci paralizza in mezzo ai binari.

La vita è fatta di vita, non di astrazioni.

Oggi c’era G., fotografo e filosofo, figlio di un piccolo paese del Cilento, che da sempre amaodia Firenze. Da un paio di anni, per vari disastri, vive sulle panchine, scherza ironico sul fatto che gli hanno messo un defibrillatore, quando può ruba nei supermercati per vivere e se cercano di fermarlo dice, “paga Nardella!”

Mi insegna un piccolo trucco per far venire meglio le foto.

E cerco di inquadrare meglio il Giglio, il Giaggiolo, che ci hanno regalato quelli del Giardino dell’Iris, e che Sincero ha fatto crescere, e che ora noi dovremo preservare.

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151 risposte a Le favole del reincanto (2)

  1. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    “il sapere diventa paralisi esistenziale”

    Il sapere diventa paralisi quando lo si confonde col vivere. Non è il mestiere suo.

    Il fatto che la conoscenza sia quella scientifica non significa affatto che conoscere sia vivere, e tantomeno vivere bene.

    Uno come Sincero vive altrettanto bene di tanti laureati, il che non toglie nulla al valore della conoscenza – anche di quella libresca.

    L’inizio della conoscenza è la meraviglia, della felicità la gratitudine, del vivere è la disponibilità.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • daouda scrive:

      oltre stre frasi un po’ alla cazzo, prendiamo per vero che vivere non è corrispettivo di intelligenza astrattiva o logica perché il vivere è più volontaristico oltre che relazionale.

  2. Francesco scrive:

    >>> È poco più che una constatazione: l’impresa moderna, con la sua narrazione di progresso e felicità per il maggior numero di individui, è fallita. Il mondo intorno a noi è un disastro

    Il mio personale problema è che sono in violento disaccordo con questa premessa. E per violento intendo totale dal punto di vista della verità e in più mi incazzo anche.

    🙂

    Per il resto sono pacificamente d’accordo con la logica dominante descritta come il Male. Solo differisco nel notare che il supposto “altro mondo” è un pezzetto del “mondo normale” e nulla di più.

    Sarebbe come dire che il colore rosso degli specchietti o l’arbre magique appeso al retrovisore sono l’alternativa alle automobili.

    • roberto scrive:

      francesco

      “Il mio personale problema è che sono in violento disaccordo con questa premessa”

      sono sostanzialmente d’accordo con te

      • Francesco scrive:

        confesso che me lo aspettavo!

        🙂

        • daouda scrive:

          il problema di come la mettete voi è strutturalmente parzialista oltre che , se ci fate caso, assolutamente giustificatorio dei genocidi, che per quanto regolati, erano più numerosi nel passato nella loro diluizione.

          Insomma per quel benessere, felicità, opportunità che esponete e sostenete ( innegabili ) in realtà non avete mai disposto nulla contro la logica sottesa.
          Avete preso parte alla società.

          Ieri era la tribù, soppiantata. Domani la cosca, soppiantata, poi lo statuale, soppiantato, poi la corporation et cetera.
          Niente di male, ma credo non fosse il punto di MM, che chiaramente fa di tutto per farsi sputare in faccia visto che è un melenso antimoderno col culo parato che non capisce ciò di cui parla.

          Difatti per parlare del suo discorso bisogna poter avere una vera/valida antropologia reale della natura umana oltre la comprensione coerente/congrua dei cambiamenti delle epoche.
          Quindi visto che MM non ce l’ha, voi manco lo insultate e dissentite solo. Fate schifo, ma sappiate che in quanto lui è ritardato voleva dire però n’antra cosa, cretini

          • roberto scrive:

            Bella daou’!

            io non faccio una antropologia reale, sono un piccolo e insignificante giurista, che vuoi che ne sappia!?! Poi lo sai che nei mi discorsi astratti mi perdo come Miguel si perde nei numeri

            Mi limito a constatare che la premessa di Miguel è semplicemente falsa (e di nuovo senza nessun giudizio morale, è come dire 2+2=4)

            • Miguel Martinez scrive:

              Per roberto

              “Mi limito a constatare che la premessa di Miguel è semplicemente falsa (e di nuovo senza nessun giudizio morale, è come dire 2+2=4)”

              Mi sono perso, a cosa ti riferisci?

              • roberto scrive:

                A questa frase

                “È poco più che una constatazione: l’impresa moderna, con la sua narrazione di progresso e felicità per il maggior numero di individui, è fallita. Il mondo intorno a noi è un disastro”

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “A questa frase”

                A cui mi permetto di rispondere che attribuire a Miguel Martinez, maschietto attempato di San Frediano/Messico quanto affermato da una giovane antropologa donna di Genova è semplicemente falso (e di nuovo senza nessun giudizio morale, è come dire 2+2=4).

              • roberto scrive:

                Ah ok scusa, pensavo che l’avessi postata perché la condividi

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Ah ok scusa, pensavo che l’avessi postata perché la condividi”

                Ma questo è un altro discorso: del senso di “disastro” si può discutere all’infinito.

                Io parlavo solo di falsi fattuali, senza nessun giudizio morale (tipo 2+2=4) 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                2+2=4

                Comunque ci siamo capiti… è un tema di cui si è discusso innumerevoli volte. Quando mi avrai dimostrato che il sistema in cui viviamo NON si basa sul consumo sempre veloce di risorse rinnovabili solo in tempi molto lenti e la loro trasformazione in rifiuti nocivi, ti darò ragione.

                Sicuramente la dimostrazione deve essere semplice e ovvia.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “veloce”

                Oh, ma questo è facile. 🙂

                Il consumo di risorse non rinnovabili è veloce perché è veloce la crescita della popolazione umana totale

                La settimana scorsa l’Italia ha raggiunto il suo ‘overshoot’. Da venerdì gli Italiani consumano più risorse non rinnovabili di quanto spetterebbe loro fino alla fine dell’anno.

                Non è che i Nidiaci consumino più dell’anno scorso o di cinque anni fa, ti pare?

                Ma nel frattempo la popolazione del mondo è cresciuta, dunque la getta che spetterebbe ai Nidiaci si è rimpicciolita.

                Sarebbe vero anche se diventassimo tutti San Francesco.

                “Aggiungi un posto a tavola” è la ricetta per la catastrofe, a lungo andare, se i commensali non diminuiscono.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Il consumo di risorse non rinnovabili è veloce perché è veloce la crescita della popolazione umana totale”

                Non sottovaluto l’importanza dell’aumento demografica.

                Ma non sottovaluto nemmeno la necessità di un ritorno sempre crescente sui capitali investiti, e quindi la ricerca incessante di nuovi prodotti da spacciare alla popolazione.

                A spanne, un tizio a piedi consuma meno risorse di un tizio con la 500; e un tizio con la 500 consuma meno risorse di un tizio con un Suv. E io oggi vedo tanti, tanti Suv in giro.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Non è che i Nidiaci consumino più dell’anno scorso o di cinque anni fa, ti pare?”

                E’ una domanda interessante, non so rispondere con precisione. Credo che per effetto del lockdown e dintorni, molti in effetti abbiano ridotto o perso il lavoro, e quindi consumeranno di meno; e immagino che l’indotto della guerra aumenterà l’effetto.

                Ma non vedo un legame con l’aumento della popolazione della Nigeria.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “Nigeria”

                Il legame è dato dal fatto che il disoccupato dei Nidiaci e l’abitante delle baraccopoli nigeriane (che cito perché ne parla Kapuściński) consumano le risorse dello stesso pianeta.

                Per quanto la recente malaugurata disoccupazione di dieci Nidiaci abbia ridotto l’impatto umano sull’ecosistema, basta che ognuno dei cinquantamila abitanti di una baraccopoli abbia una T-shirt nuova per polverizzare tale vantaggio.

                E non è che i secondi abbiano granché margine per ridurre i propri consumi. Certo non più del disoccupato dei Nidiaci.

                Il problema è voi siete cento o duecento, loro cinquantamila.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Il problema è voi siete cento o duecento, loro cinquantamila.”

                Certo.

                Parlare dell’aumento della popolazione suscita a volte reazioni isteriche tra i cattolici (“volete sterminare l’umanità!”) e a sinistra (“volete sterminare i terzomondiali!”), ma la questione esiste.

                Solo che un conto è passare da 10 persone che consumano 10 a testa (=100) a 20 persone che consumano 10 a testa (=200).

                E un altro conto è passare da 10 che consumano 10 a testa (=100) a 20 che consumano 100 a testa (=2000).

          • Francesco scrive:

            >>> Difatti per parlare del suo discorso bisogna poter avere una vera/valida antropologia reale della natura umana oltre la comprensione coerente/congrua dei cambiamenti delle epoche.

            Hai perfettamente ragione! mi sono limitato a dire che è molto difficile pensare un’antropologia che giustifichi la tesi del “disastro”. Che, ripeto, non è ecologico, per la Nostra è umano.

            Il che è interessante, in un bigotto come me questo discorso questa tesi fa risuonare un sacco di “non di solo pane” etc. etc.

            Ma essendo l’unico religioso qui dentro, non credo ci siano altri echi simili.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Francesco

              “Che, ripeto, non è ecologico, per la Nostra è umano.”

              Dovrei riprendere altre citazioni della Consigliere.

              Vedresti che per lei la distinzione non ha senso: è questo mondo che va incontro al disastro.

              • Francesco scrive:

                La distinzione mi pare basilare: se il mondo umano sta bene, è solo un problema tecnico di adattare l’ambiente al “questo mondo” o ammazzare abbastanza gente perchè alla fine “questo mondo” si incastri nell’ambiente.

                Se invece è un disastro, allora è “questo mondo” che va cambiato.

                No?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “No?”

                Non capisco.

              • Francesco scrive:

                Proviamo così: se il “nostro mondo” è un treno lanciato a gran velocità verso un burrone e i cui passeggeri stanno male a causa della velocità e della puzza di fumo, ha senso pensare a fermare il treno.

                Se i passeggeri stanno benissimo, ha senso pensare a un congegno anti-gravità che faccia superare il burrone, senza cambiare nulla nel treno.

                Capit?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “Se i passeggeri stanno benissimo, ha senso pensare a un congegno anti-gravità che faccia superare il burrone, senza cambiare nulla nel treno.”

                Beh, è l’idea di Lyndon LaRouche, se n’era già parlato qui https://kelebeklerblog.com/2019/10/08/limperativo-extraterrestre-e-lunico-antiambientalismo-possibile/

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                “Se i passeggeri stanno benissimo, ha senso pensare a un congegno anti-gravità che faccia superare il burrone, senza cambiare nulla nel treno”

                Dici che precipitare dissertando di meccanismi anti-gravità sarebbe la soluzione al problema?

  3. tomar scrive:

    “L’impresa moderna, con la sua narrazione di progresso e felicità per il maggior numero di individui, è fallita. Il mondo intorno a noi è un disastro.”

    Come si può non essere d’accordo? Questo è un fatto, non un’opinione.
    Come è un fatto che non c’è mai stata un’epoca nella storia dell’umanità in cui ci siano stati contemporaneamente così tanti esseri umani versanti in un qualche stato di sofferenza e deprivazione.

    • roberto scrive:

      mi permetto solo di ricordare che appena qualche decina di anni fa in italia si scappava a decine di migliaia perché non c’era altro da mangiare che polenta….appena l’altro ieri in irlanda morivano come mosche perché c’era la carestia….veramente cinque minuti fa masse di immigrati ricostruivano la germania trattati da semi schiavi…

      no, veramente la frase citata è assurda

      io posso solo concedere che il mondo è *sempre* stato un disastro, ma la percentuale di gente che ha la pancia piena, un tetto sulla testa e una ragionevole speranza che anche domani sia così non è mai stata così alta (ok ok, posso concedere che gli ultimi 3 anni sono stati un disastro totale…), almeno in questa parte di mondo

      • Francesco scrive:

        no, credo valga anche di più a livello mondiale, dopo 30 anni di globalizzazione

        che ci sia una correlazione meno alta del previsto tra benessere materiale e felicità posso anche considerarlo un interessante spunto di riflessione, delle generiche geremiadi sul disastro sono irricevibili

        persino Miguel parla di avere sfruttato in pochi decenni i risultati di milioni di anni ma non di disastro in atto

        certo, se penso ai Manneskin potrei cambiare idea

        • roberto scrive:

          “no, credo valga anche di più a livello mondiale, dopo 30 anni di globalizzazione”

          può darsi ma non mi esprimo

          “che ci sia una correlazione meno alta del previsto tra benessere materiale e felicità posso anche considerarlo un interessante spunto di riflessione,”

          anche su questo sono d’accordo, prendeno molto con le pinze il concetto di felicità (cioè non so fino a che punto il bambino che gioca per strada è felice se poi non ha cibo la sera e deve dividere il letto con sei fratelli….e su questo spunti di riflessione interessanti si trovano in quel capolavoro che è “io sono el diego”, l’autobiografia di D.A. Maradona)

          “certo, se penso ai Manneskin potrei cambiare idea”

          sono un filo bruttini da vedere, ma musicalmente non mi dispiacciono affatto
          🙂

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        ” e una ragionevole speranza che anche domani sia così non è mai stata così alta”

        E’ vero, ma bisogna definire quel “domani”: se lo intendiamo come 18 maggio si può essere d’accordo, se lo intendiamo in maniera più metaforica, allora non è più così ragionevole la speranza.
        Si può dire che per la prima volta nella storia non solo possiamo sfruttare le risorse di oggi e quelle messe da parte ieri, ma perfino quelle di domani. Ma le risorse messe da parte ieri sono quelle che non ho sfruttato ieri, per cui quelle che prendo da domani sono le risorse che non potrò sfruttare domani.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “io posso solo concedere che il mondo è *sempre* stato un disastro,”

        E la spiegazione è quella. Pare che la Stefania esageri parlando di 10 bombe come Hiroshima al secondo; almeno una decina di anni fa, erano appena quattro:

        https://skepticalscience.com/4-Hiroshima-bombs-per-second-widget-raise-awareness-global-warming.html

        Vedi, io faccio la spesa, banale, al Conad.

        Però potrei fare un Progressone, prendendo tutti i miei risparmi e investendoli in un megapranzo oggi, con ostriche e champagne e non so quant’altro. Mai mangiato così bene.

        Il problema è che se faccio così, domani non potrò nemmeno fare la spesa al Conad.

        Io non sono ricco, ma se decidessi di consumare tutti i miei risparmi in un pranzo oggi, potrei mangiare centinaia di chili di cibi di lusso, e scolarmi pure qualche bottiglia di champagne.

        Poi il pranzo domani sarebbe un problema…

        • Francesco scrive:

          in verità qui si parla di come sia bello o brutto il megapranzo

          la cosa interessante della Stefania è che dice che è uno schifo, che ci stiamo malissimo, come dei Fantozzi al seguito di un megadirettore, che saremmo molto più felici in un altro mondo

          mangiando molto meno

          il problema “borghese” del cosa mangeremo domani mi pare più volgare

          ciao

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “il problema “borghese” del cosa mangeremo domani mi pare più volgare”

            Più che altro il non potersi permettere di pensare al domani è roba da persone che vivono male, non certo da benestanti.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “la cosa interessante della Stefania è che dice che è uno schifo”

            Intanto, lei dice che è qualcosa come un treno che ci viene addosso.

            Se stai lì sui binari a fissare un treno che ti viene addosso, non stai necessariamente da schifo.

            Anzi, sei così insensibile che non riesci a cogliere la portata del disastro. E quindi non lo percepisci affatto come uno schifo, anzi percepisci soltanto “L’esperienza triviale della chiamata a un call centre”.

            • Francesco scrive:

              in effetti, per trovare un disastro o un treno dentro una chiamata di un call centre devi essere speciale

              nel senso di quelli che prendono lucciole per stelle

              😉

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Martinez

              “treno”

              Il problema non è che Stefania vede il treno incombere in una chiamata al call center.

              (Io personalmente la considero un’esperienza terrificante nella sua idiozia)

              Il problema è che Stefania ci scrive su un libro (il che consuma in modo irreversibile una spaventosa quantità di risorse) invece di brevettare qualcosa che aiuti il risparmio energetico (o anche solo di raccogliere fondi per chi lo fa).

              Meglio accendere una candela che maledire il buio.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

              P.S. Prima che tu me lo chieda: sto pubblicando un articolo che spero serva ad aiutare a risolvere un problema in una delle più promettenti macchine per la fusione. Ne sto preparando un altro che riguarda un problema incontrato nello sfruttamento dell’energia solare. Non sono bravo a raccogliere fondi o rompere le scatole ai funzionari del Comune; lo lascio fare a voi 🙂 🙂

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          “Hiroshima”

          Come sai, sono abituato a ragionare coi numeri. Ho voluto vederci chiaro, e ricontrollare di persona.

          Allora,

          1 Joule = 1 Watt * 1 secondo

          https://it.wikipedia.org/wiki/Watt

          1 giorno = 86400 s

          https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno

          Earth’s energy imbalance (la differenza fra la potenza ricevuta da 1 metro quadro di superficie terrestre dal Sole e quella reirraggiata nello spazio dallo stesso metro quadro di superficie terrestre, calcolata a partire dai dati dei satelliti):

          0.58 ± 0.15 W/m²

          https://en.wikipedia.org/wiki/Earth%27s_energy_budget

          Superficie totale della Terra

          510072000 km2 = 5.10072 * 10^8 Km2

          https://en.wikipedia.org/wiki/Earth

          1 Km2 = 10^6 m2

          https://en.wikipedia.org/wiki/Square_kilometre

          Quante bombe di Hiroshima dovremmo fare esplodere ogni giorno per riscaldare la Terra quanto fa il cambiamento climatico?

          5.10072 * 10^8 * 10^6 * 0.58 * 86400 / ( 16 * 4.184 * 10^12) = 381823

          Al minuto fanno 381823*60/86400 = 265 bombe, un poco più di 4 bombe al secondo.

          Sì, mi torna.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            Dimenticavo: ho assunto per lo yield della bomba di Hiroshima il valore di 16 kilotoni, dove

            1 kilotone = 4.18 * 10^12 J

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Miguel Martinez scrive:

            Per ADV

            “Come sai, sono abituato a ragionare coi numeri. Ho voluto vederci chiaro, e ricontrollare di persona.”

            Che bello!

            La cosa che più mi entusiasma di questo blog è il creare ponti. In questo caso tra due genovesi, te e la Stefania.

            Un ponte di numeri questa volta, ma i ponti sono potenzialmente tanti.

  4. Miguel Martinez scrive:

    Ieri c’era Ros, che ha fatto vari commenti sparsi, poi mi ha chiesti di cancellarli, adesso manda questa versione completa:

    ******

    I° Parte

    ….Reincanto (favole che ho pur letto) è uscire da quell’incantesimo di cui parlava Mark Fisher in “Realismo capitalista” e nella sua intera opera;
    sortilegio che ci fa immaginare la fine del mondo ma non un cambiamento di stato da homo oeconomicus della “fine della storia” e categoricamente : There is no alternative!!!!!

    Uscire dall’eggregora.

    Ora! Visto che la natura, si dice, abborra il vuoto
    (e l’uomo, come vedremo, la stasi di
    “bassa entropia”),

    mi permetterei l’esagerazione compensatrice di un riequilibrio della situazione😋
    tornando al tema dell’ ecognosticismo.
    (intanto per un disguido tecnico d’impossibilità di pubblicare il commento,
    e di rivederlo più volte, lo stesso si è “entropizzato” non di poco)

    Riequilibrio che prosegue il commento sul lavoro come leviatanico e “moralmente” imperativo meccanismo (e sul perché di questo)

    Lavoro che come si vedrà è anche entropico e fatalmente apocalittico lokiano:

    https://kelebeklerblog.com/2022/04/20/ecofascismo-ecognosticismo-e-quel-cane-di-hitler-2/#comment-791185

    https://kelebeklerblog.com/2022/04/22/ecofascismo-ecognosticismo-e-quel-cane-di-hitler-4/#comment-791652

    Tornando quindi a: lavoro-consumo-entropia-II° legge della termodinamica-ambiente-apocalisse (Now)-Prometeo…
    …e Trickster apocalittici come il Loki norreno universali nei miti;

    come anche parrebbe emergere.

    …e poi al Re-incanto delle possibilità inedite e inimmaginabili
    (ma già immaginate e nelle migliaia di millenni della storia umana, 300.000, implementate con “successo”) proprie del futuro:

    Lavoro quale circolo vizioso nato, pare e dice, con l’agricoltura e il surplus di produzione (energia)
    insieme alle classi e alle diseguaglianze, alle élite,
    a “La divisione del lavoro sociale” di Emile Durkheim…

    Non dimenticando la “produzione” di abnorme aumento della pressione demografica (e dell’Entropia, II° legge della termodinamica)
    quantità – non qualità… e mi riferisco a qualità di vita non di eugenetiche bislaccherie – vista da alcuni come un successo manco fossimo un allevamento intensivo di pollame da coatta “produzione” a crescere infinitamente come dogma religioso…

    James Suzman “Lavoro. Una storia culturale e sociale”

    (bellissimo saggio! ho già detto, dove sono al mezzo del cammin della lettura,
    poi vedremo e vi dirò se ha trovato soluzioni inedite e praticabili)

    e “Cronofagia” di Davide Mazzocco:
    https://www.indiscreto.org/perche-non-esiste-piu-il-tempo-libero/

    Ripetendo – qualcosa – la conclusione riassuntiva:

    Con il riappropriarsi del TEMPO (della nostra unica vita),
    e la dimestichezza con l’interiorità, la Psyche,
    la dimensione immaginale propria dell’ Otium classico,

    le coattività dei bisogni e consumi, la loro sostenibilità potrebbero magicamente risolversi.
    E la decrescita babau (società ordinata a “bassa Entropia” di lavoro cioè di Trickster, G//aua degli ju|’hoan della Namidia, Loki, il coyote e il corvo, il ragno Anansi… il biblico serpente del giardino… ci arriverò e chiarirò in seguito😀)

    potrebbe davvero essere una dimensione inedita e felice.

    Proseguo le mie … quelle che sono😁😋😊

    Nick Srnicek “Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro”, NERO

    “Manifesto contro il lavoro” (Krisis)

    https://www.krisis.org/1999/manifesto-contro-il-lavoro/

    “l truffatore aveva distrutto il lavoro,
    ma si era preso il salario di un lavoratore;
    ora deve lavorare senza salario, ma lavorando immaginare perfino nella sua cella
    quali benedizioni siano il successo e il profitto.

    […] Con il lavoro forzato deve essere educato al lavoro secondo morale come a un libero atto personale”

    Wilhelm Heinrich Riehl “Il lavoro tedesco”, 1886.

    “…Perciò l’operaio solo fuori dal lavoro si sente presso di sè;
    e si sente fuori di sè nel lavoro.
    E‘ a casa propria se non lavora, e se lavora non è a casa propria.
    Il suo lavoro quindi non è volontario, ma costretto, è un lavoro forzato.
    Non è quindi il soddisfacimento di un bisogno,
    ma è soltanto un mezzo per soddisfare bisogni estranei.
    La sua estraneità si rivela chiaramente nel fatto che non appena viene a mancare la coazione fisica o qualsiasi altra coazione,
    il lavoro viene fuggito come la peste…”

    Karl Marx “Manoscritti economico-filosofici”, 1844.

    “Perché dovrei permettere al rospo chiamato Lavoro
    Di accovacciarsi sulla mia vita?
    Non posso usare il mio ingegno come un forcone
    Per allontanare la bestia?” Philip Larkin, Toads

    James Suzman “Lavoro. Una storia culturale e sociale”:

    qualche stralcio:

    “…Le nostre ansie sul futuro automatizzato contrastano con l’ottimismo di tanti pensatori e sognatori che, fin dai primi vagiti della Rivoluzione industriale, videro nell’automazione la chiave per dischiudere un’utopia economica – di persone come il padre della scienza economica, Adam Smith, che nel 1776 tesseva le lodi del «gran numero di macchine» che con il tempo avrebbero «facilita[to] e abbrevia[to] il lavoro»,
    o Oscar Wilde che, cent’anni dopo Smith, fantasticava di un futuro in cui «la macchina si occuperà di tutte le mansioni necessarie e spiacevoli».

    Nel 1930 Keynes predisse che all’inizio del xxi secolo lo sviluppo del capitale, l’aumento di produttività e i progressi tecnologici ci avrebbero condotto alle soglie di una «terra promessa» economica in cui ognuno avrebbe facilmente soddisfatto i propri bisogni fondamentali e nessuno avrebbe lavorato più di quindici ore la settimana.

    Ormai abbiamo varcato le soglie di crescita della produttività e del capitale che ci avrebbero consentito di tagliare il traguardo prefigurato decenni fa da Keynes: eppure, è evidente che l’umanità non è ancora pronta a presentare questo assegno all’incasso….”

    “…I vecchi non dubitavano minimamente che il serpente, che nel racconto del missionario aveva tentato Adamo ed Eva, non fosse altri che il vecchio imbroglione G//aua in uno dei suoi tanti travestimenti. Spargere bugie, indurre le persone a inseguire desideri proibiti per poi assistere con gioia alle loro devastanti conseguenze era esattamente il tipo di cose che piacevano tanto a G//aua.

    Gli ju|’hoan sono soltanto uno dei tanti popoli che hanno scoperto, sotto le spoglie del serpente tentatore del Paradiso terrestre, il proprio piantagrane cosmico.
    Sono questi imbroglioni, fastidiosi e distruttivi – come Loki lo scapestrato figlio di Odino o il coyote e il corvo di molte culture native nordamericane, o ancora l’irascibile e trasformista ragno Anansi, che imperversa in tante mitologie dell’Africa occidentale e dei Caraibi – ad aver creato il lavoro, che affligge gli uomini dagli inizi del tempo.

    Non è una coincidenza che nelle varie mitologie del mondo compaia la tensione tra caos e ordine. Del resto, anche la scienza sottolinea la relazione universale tra il disordine e il lavoro, che per la prima volta fu descritta, in Europa occidentale, in quell’epoca inebriante che fu l’Illuminismo.

    Gaspard-Gustave de Coriolis e le leggi sull’Entropia…”

    “Gli esseri viventi hanno un certo numero di caratteristiche distintive, assenti nelle cose prive di vita.
    La più evidente e importante di esse è che quanto è vivo raccoglie attivamente e utilizza energia per organizzare i propri atomi e molecole in cellule,
    le proprie cellule in organi e i propri organi in corpi, al fine di crescere e riprodursi;
    e che quando smette di farlo muore e, con il venir meno dell’energia che lo teneva insieme, si decompone.
    Detto altrimenti, vivere è lavorare
    (ma, sia beninteso, non il lavoro coatto biblico del surplus per le elìte).

    L’universo ospita una stupefacente varietà di sistemi complessi e dinamici 
    – dalle galassie ai pianeti – che a volte descriviamo come entità «viventi».

    Ma nessuno di tali sistemi – a eccezione degli organismi cellulari – 
    raccoglie strumentalmente energia da altre fonti al fine di utilizzarla per svolgere il lavoro che consenta loro di vivere e riprodursi.

    Una stella «vivente», per esempio, non si ricarica attivamente di energia
    attingendo al proprio ambiente, né cerca di generare una prole
    che nel tempo crescerà fino a diventare come lei:
    al contrario, alimenta il lavoro che svolge distruggendo la propria stessa massa,
    e quando questa si esaurisce la stella «muore».

    La vita, invece, lavora attivamente per sopravvivere, crescere e,
    potenzialmente, riprodursi, nonostante quella che alcuni fisici considerano
    la «legge suprema dell’universo»

    la Seconda legge della termodinamica, anche nota come Legge dell’entropia.

    Questa legge descrive la tendenza di qualsiasi energia a distribuirsi uniformemente nell’universo.
    L’entropia, impersonata dalle molte divinità ingannatrici
    che nelle mitologie di tutto il mondo vanno in giro seminando danni, disfa inesorabilmente qualsiasi ordine si crei nell’universo.

    E la Seconda legge della termodinamica sottolinea che nel corso del tempo l’entropia, come il perfido imbroglione della mitologia norrena, il dio Loki, produrrà un’apocalisse:
    non distruggendo l’universo, ma piuttosto perché, una volta raggiunto l’obiettivo di spalmare uniformemente nell’universo tutta l’energia, non rimarrà più energia libera, e il risultato sarà la fine della possibilità di compiere qualsiasi lavoro nel senso attribuito dalla fisica a questa parola…”

    Decrescere altro non è che ri-diventare società a “bassa entropia”:
    l’entropia, ovvero il biblico serpente (causa della cacciata dall’Eden e dell’istituzione coatta del lavoro)

    L’entropia è immediatamente riconosciuta, nel Mito e nel Folklore,
    come una delle innumerevoli maschere dell’ “imbroglione”:
    G//aua degli ju|’hoan della Namidia, Loki, Ermes, Seth, Huehuecoyotl
    il coyote e il corvo Kutkh, il ragno Anansi…

    (Prometeo! A ben vedere. nel suo agire per entropizzare.

    …il dio trickster mascalzone universalmente presente in ogni mitologia
    a “disordinare” dividere e ingannare, creare Caos, ed eventi, Telos, storia…

    https://it.wikipedia.org/wiki/Trickster

    “…oggi sappiamo che non è affatto vero che i cacciatori-raccoglitori come gli ju|’hoan fossero perennemente sull’orlo della fame.
    Al contrario, erano quasi sempre ben nutriti,
    vivevano più a lungo dei membri della maggior parte delle società agricole,
    non lavoravano quasi mai più di quindici ore alla settimana e dedicavano gran parte del proprio tempo al riposo e allo svago.

    Sappiamo anche che potevano agire così perché non erano abituati a conservare il cibo, davano poca importanza all’accumulazione di ricchezza o di status
    e lavoravano quasi solo per far fronte alle proprie esigenze materiali a breve termine.

    Mentre il punto di vista economico è concentrato sull’idea che siamo tutti condannati a vivere nel purgatorio che si estende tra le nostre esigenze infinite
    e i nostri mezzi limitati, i cacciatori-raccoglitori avevano pochi desideri materiali,
    che potevano essere soddisfatti con uno sforzo di poche ore.

    La loro vita economica era organizzata sul postulato dell’abbondanza, invece che sull’ossessione della scarsità.

    E se le cose stanno così, ci sono buoni motivi per credere che, poiché i nostri antenati hanno cacciato e raccolto cibo per oltre il 95 per cento dei 300 000 anni di storia dell’Homo sapiens, le radici degli assunti sulla natura umana e il problema della scarsità, e dei nostri atteggiamenti verso il lavoro, risalgano alla nascita dell’agricoltura…”

    Ora direte per questa “bassa entropia” e decrescita
    (Miguel: “…Abbiamo raggiunto il picco delle risorse.
    Bisogna scendere, perché effettivamente bisogna scendere di qualche gradino…”)

    per molti necessaria da realizzare dobbiamo tornare all’impossibilità concreta di uno stile da cacciatore-raccoglitore?

    E’ una risposta semplicistica e tranchant.

    Žižek ne “In difesa delle cause perse”, e “Vivere alla fine dei tempi”
    alle domande oziose e inopportune tipo “Che fare ora?”
    ha sempre risposto:
    “Non aspettatevi risposte da me.
    Non credo che il compito di uno come me sia di proporre soluzioni complete.
    Quando la gente mi chiede che cosa fare sul piano economico, io che diavolo ne so? Penso che il compito di gente come me non sia di fornire delle risposte,
    ma di porre le domande giuste”.
    La risposta “Perché lo chiedi a me?”

    Lavandosene – giustamente? – le mani.

    Mark Fisher in “Realismo capitalista”
    propone re-incanti individuali “Weird and Eerie” alla Gaston Bachelard,
    e Albert Beguin di “L’anima romantica e il sogno”
    (e va già decisamente meglio!).

    “che ognuno sia il cambiamento che vorrebbe vedere nel mondo”
    detto in pensierini.

    Su come si sia conclusa la sua vicenda biografica – di Fisher –
    (insieme, per dirne uno su mille, a quella di Deleuze…)
    alla luce del centauro Sileno e di James Hillman con “Il suicidio e l’anima”,
    sarebbe puerile giudicarne ogni conclusione.

    Ma qui che ci re-incantiamo di “Immaginazione Creatrice” corbiniana

    dalle dinamiche economiche basate sulla scarsità e non sull’abbondanza,
    come Mito fondante dall’agricoltura in avanti, e della “necessaria” pena del lavoro come fase entropica dovuta di G//aua, del Trickster prometeico
    (vedi ancora James Suzman) torniamo ora all’inedito “reincantatorio”
    della Dépense di Bataille.
    (e a Marcel Mauss, Potlatch, sacrifici festosi e dissipazione sacra, eccetera)

    In sunto: la Dépense è il modo migliore di spendere la fase entropica dell’energia eccedente nel suo modo più basso e limitato da conseguenze ulteriori e circoli viziosi esponenziali che nei miti porteranno fatalmente ad una Apocalisse resettatrice e ripristinatrice ad una versione entropicamente più bassa da dove poter nuovamente ripartire come nel Mito di Sisifo .

    Aggiungiamoci le riflessioni di:
    Claudio Tarditi “Dalla dépense al sacrificio”
    https://www.filosofico.net/inattuale/bataille.htm

    “…questi frammenti ruotano tutti attorno ad un centro, al sole nero della morte: oscurità splendente, eruzione ed inabissamento,
    per cui, curiosamente, l’opera più frammentaria del Novecento francese
    risulta, nello stesso tempo, l’opera più “unita”, più stretta al suo tema segreto,
    con una perseveranza quasi religiosa.
    Questo centro, questo sole nero, attraversa tutta l’opera di Bataille…”

    Rêverie per analogie sfuggenti ci portano – così, senza un perché –
    a: “Lo splendore del nero” di Alain Badiou,
    all’alchemica fase del sol niger: Nigredo e testa di corvo,
    primo stadio della Grande Opera. che pure illumina (Splendor Solis)
    la dissoluzione, Il Solve.

    La dissipazione: batailleana Dépense del Sacrificio gratuito
    per la sola è possibile sacralità “gratuita” dell’uomo.

    Portano a “Le Grand Jeu”…
    a Julia Kristeva di “Sole nero. Depressione e melanconia”
    alla Melancholia fertile d’immaginazione creatrice di Cranach e Dürer,
    di Robert Burton,
    dei “Nati sotto Saturno” di Margot Wittkower, Rudolf Wittkower…

    Insomma a quel Saturno primo Padre e primo Dio della perduta Età dell’oro
    e del Gan ‘Eden.

    Saturno fonte di ogni Saudade e nostalgia,
    e di caccia alla visione interiore di un ritorno a casa.

    Tout se tien, pare divagazione arbitraria ma… ….
    fidatevi, trattasi dello stesso sugo:
    quel “Il sugo della vita.
    Simbolismo e magia del sangue” di Piero Camporesi;

    della sinergia funzionale di Eros con Thanatos e Ade con la perpetua danza di Siva
    (Wendy Doninger “Siva. L’asceta erotico”)

    La danzante ebbra dissipazione sacrificale di Bataille,
    di Zarathustra funambolo nietzscheiano sui sepolcri della resurrezione,
    e “Ditirambi di Dionisio”
    (Miguel Serrano “Nietzsche e la Danza di Shiva”)
    di Jean Starobinski ne “Ritratto dell’artista da saltimbanco”…

    Tout se tien! E così sia! Fidiamoci😀

    Tornando a Claudio Tarditi “Dalla dépense al sacrificio”:

    “…si determina come il progressivo emergere di una terribile verità sempre nascosta, la verità del consumo, della distruzione,
    del dispendio senza contropartita, del sacrificio.

    È la realtà della dissipazione che chiude L’Educazione sentimentale di Flaubert
    in una disperata rassegna di lapidi, o La bestia umana di Zola in una corsa verso
    il nulla, che cancella ogni fede positivista nel progresso.

    Questa è l’eredità che Bataille coglie e che fa irrompere nella Nozione di dispendio…

    …qui inizia l’isolamento di Bataille, un isolamento che costituisce,
    allo stesso tempo, la sua necessità nel contesto culturale del Novecento francese.

    La Nozione di dispendio è il tentativo, di rovesciare il male
    e l’insensatezza del nostro tempo – la “normalità” di un’esistenza
    che ha sepolto la propria tensione metafisica verso un oltre,
    verso un orizzonte luminoso al di là dell’oscuro abisso
    – in un senso nuovo, in un male che sia il rovescio di quel male…”

    Concludo (viva viva sant’Eusebio!😀)

    Se dovessi e potessi
    (autarchicamente, e in una modalità solipsisticamente schizoide-masturbatoria)
    rispondermi sul cosa FARE?

    Mi risponderei che se il futuro
    (miserabile futuro paventato e in-troie-ttato – porca troia!🤔 –
    da un sinistro pallottoliere d’emisfero di micragna sparagnina e tremebonda)
    se questo proiettato, ciancicato e fregnone futuro è già qui a riscuotere
    il saldo dai suoi apocalittici (Now) garzoni di bottega,
    vediamo un po’ come si concretizza davvero.

    Vediamocelo sto film!

    E cosa davvero verrà fuori dall’inedito.

    La trasformazione, come la rivoluzione (apparentati stretti sono)
    di quelloli’ del libretto rosso,
    non è detto che sia un pranzo di gala e o un letto di cosce e rose,
    ma potrebbe essere un sogno per alcuni e incubo per altri
    (Merlino di John Boorman Ipse dixit).

    L”orrore” del – signor in Novel o colonnello in celluloide – Kurtz?
    Non è scritto! Non sappiamo, non vediamo, non possiamo sapere.

    Porterà qualcosa di “nuovo” – eraclitee acque nuove in cui bagnarci vergini d’esperienza –
    novissime versione di corsi e ricorsi stravecchissimi storici?

    Ma quel che porta è sempre fuori e lontano da tutti i nostri calcoli e aspettative.
    Nel bene e nel male.

    Nostro malgrado e bengrado, in Coscienza, non siamo gli onnipotenti padroni di casa nostra come ci dipingiamo d’Hybris prometeica e voli di Icaro a tampinare il sole,
    e più che illusoriamente agire siamo agiti.

    Il “Mulino di Amleto” continua a macinare.
    Siva Nataraja, il Signore della danza, continua a danzare.
    Dioniso ad essere ebbro e smembrato dalle baccanti…
    …e a strafottersene beato😁😎☺.

    Non smetteranno certo di farlo per sparagnare con noi attimi d’ombra e sole
    coi i nostri conti della serva.
    I nostri tentativi di basse entropie di società più statica e ordinata.

    La possibilità di una stasi
    (ripristinare il sistema a una precedente versione di backup,
    il freno a mano e marciaindietro a ciò che era e non sarà mai più
    – il fiume di Eraclito -)
    non pare mai contemplato dal Divenire, dall’incessante fluire degli eventi.

    E nemmeno è contemplato dalla “necessità” di dover spendere
    (dissipare, dilapidare nell’ ottica della Dépense batailleiana) l’energia in ecceso sotto forma di un lavorare – dover lavorare come imperativo biologico – come ordina la legge sovrana dell’Entropia, questo dio mascalzone, imbroglione e trickster che nelle mitologie di tutto il mondo (G//aua, Serpente, Loki, coyote, corvo, Anansi eccetera)
    opera e ci fa operare alacremente per seminare danni, fare e disfare ogni ordine (stasi) si crei nell’universo.
    Non è una coincidenza che nelle varie mitologie del mondo compaia la tensione tra caos e ordine:

    “…E la Seconda legge della termodinamica sottolinea che nel corso del tempo l’entropia, come il perfido imbroglione della mitologia norrena, il dio Loki, produrrà un’apocalisse: non distruggendo l’universo, ma piuttosto perché, una volta raggiunto l’obiettivo di spalmare uniformemente nell’universo tutta l’energia, non rimarrà più energia libera, e il risultato sarà la fine della possibilità di compiere qualsiasi lavoro nel senso attribuito dalla fisica a questa parola….”
    “…una sovrabbondanza
    (stagionale, storica, fortuita, qualsiasi, petrolio, gas naturali, schiavitù antica…
    -NDA-)
    di energia, anziché dal conflitto per aggiudicarsi risorse scarse potrebbe essere un indizio del motivo per cui noi – la specie che usa l’energia nel modo più dispendioso in assoluto – lavoriamo tanto….”
    da James Suzman “Lavoro”.

    Del resto, anche la scienza sottolinea la relazione universale tra il disordine e il lavoro, che per la prima volta fu descritta, in Europa occidentale, in quell’epoca inebriante che fu l’Illuminismo.

    E alla luce di quanto sopra ecco come la Dépense di Bataille sia razionalmente il modo di spendere questa energia nella sola maniera di non creare ulteriore entropia,
    caos e disordine da riordinare in un circolo vizioso che porta a quell’Apocalisse norrena di Loki.
    Il dispendio del Potlac, del baccanale e saturnale, della festa collettiva,
    del sacrificio (tutte modalità di spesa senza senza contropartita entropica).

    La stasi è solo per i morti ed il non essere, forse;
    beati loro nel Nirvana.

    Quel che sarà (come nella canzonetta italica) davvero,
    lo vedremo, lo faremo, e lo vivremo assieme
    all’inaspettato che inevitabilmente si manifesterà con la novissima circostanza.

    E mal che possa andare:

    “…l’ambiente senza di noi tira avanti benissimo….”
    “…(Quanto a Gaia, credi a chi si è smazzato varie pallosissime pubblicazioni al riguardo: è paganesimo bello e buono rivestito di una vernice scientifica. Nemmeno gli scienziati ci credono più)…”
    scrive sopra in un bel commento Andrea Di Vita

    e roberto scrive:
    “…Vivere = trascorrere la propria esistenza in piccole case di terra mangiando patate
    Mi chiedo giusto perché?…”

    Come gli si può dare torto volendo restare in piedi!

    “Amici, alzatevi!”:

    Amici, in piedi!
    I principi sono destituiti,
    Sono Nezahualcoyotl,
    Io sono un cantante, testa di pappagallo.
    Afferrate i vostri fiori e ventagli.
    Ballate con loro!
    Tu sei mio figlio,
    sei Yoyontzin [narciso].
    Prendi il tuo cioccolato,
    fiore della pianta del cacao,
    che tu possa bere tutto!
    Danza,
    canta!
    Non è qui la nostra casa,
    non viviamo qui,
    anche tu dovrai andartene.

    Nezahualcoyotl, governatore della città di Texcoco.

    “Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo”
    Corinzi 15:32

    e “…chi vuol esser lieto sia…” la conosciamo no! Lo uno storico tormentone scolastico
    (didattico non medievale😀)

    Insomma con la profonda saggezza de ” La società dei magnaccioni” di Lando Fiorini
    è più – basso entropicamente – utile la festa sacrificale gratuita della Depénse
    di un sole nero e oscurità splendente azteca.

    Appurato che alla II° legge della termodinamica dell’ Entropia non si sfugge
    e che alla produttività imperativamente biblica e poi del protestantesimo calvinista
    al varco attende – miticamente – inesorabile e l’Apocalisse resettatrice di Loki.

    Nel futuro – mi pare lo dicesse pure Keynes –
    certo è solo (noi come ogni cosa che è oggi viva)
    che saremo tutti morti onde continuare la vita.

    «Se l’uomo sarà in grado di sopravvivere alle condizioni ecologiche eccessivamente complesse e instabili che ha creato, e se l’efflorescenza tecnologica seguita alla rivoluzione agricola ci porterà all’Utopia o «all’estinzione è ancora una questione aperta.»
    Richard Borshay Lee
    ———————————————————————
    II° parte

    stralci da: “James Suzman “Lavoro”

    «Se l’uomo sarà in grado di sopravvivere alle condizioni ecologiche eccessivamente complesse e instabili che ha creato» e se «l’efflorescenza tecnologica» seguita alla rivoluzione agricola ci porterà all’Utopia o «all’estinzione» scriveva Lee «è ancora una questione aperta.»
    Richard Borshay Lee

    …Nell’ottobre 1963 un dottorando in antropologia presso l’Università della California, Richard Borshay Lee, allestì un campo improvvisato nel deserto del Botswana nordorientale, nei pressi di una remota sorgente. Intendeva trascorrere del tempo presso una delle ultime popolazioni di cacciatori e raccoglitori al mondo rimaste sostanzialmente isolate: gli ju|’hoan del Nord o, come Lee li chiamava all’epoca, i «boscimani !kung san»…
    …Diciotto mesi dopo essere arrivato nel Kalahari, Lee raccolse i suoi quaderni, smontò il campo e tornò negli Stati Uniti. Una volta a casa, nell’aprile 1966 organizzò all’Università di Chicago il convegno Man the Hunter (L’uomo cacciatore) per presentare i risultati della sua ricerca insieme al suo mentore Irven DeVore. Le grandi aspettative che si erano create spinsero ad attraversare l’Atlantico per l’occasione perfino mostri sacri dell’antropologia come il grande Claude Lévi-Strauss.

    Le rivelazioni di Lee furono il piatto forte di quello che avrebbe finito per rivelarsi uno dei convegni più influenti di tutta l’antropologia contemporanea. In una presentazione passata alla storia, Lee spiegò di essersi persuaso, a contatto con gli ju|’hoan, che, contrariamente all’opinione comune, «la vita allo stato di natura non è necessariamente brutta, brutale e breve» come fino allora si era creduto…

    …Diciotto mesi dopo essere arrivato nel Kalahari, Lee raccolse i suoi quaderni, smontò il campo e tornò negli Stati Uniti. Una volta a casa, nell’aprile 1966 organizzò all’Università di Chicago il convegno Man the Hunter (L’uomo cacciatore) per presentare i risultati della sua ricerca insieme al suo mentore Irven DeVore. Le grandi aspettative che si erano create spinsero ad attraversare l’Atlantico per l’occasione perfino mostri sacri dell’antropologia come il grande Claude Lévi-Strauss.

    Le rivelazioni di Lee furono il piatto forte di quello che avrebbe finito per rivelarsi uno dei convegni più influenti di tutta l’antropologia contemporanea. In una presentazione passata alla storia, Lee spiegò di essersi persuaso, a contatto con gli ju|’hoan, che, contrariamente all’opinione comune, «la vita allo stato di natura non è necessariamente brutta, brutale e breve» come fino allora si era creduto….
    …Disse che ogni membro del gruppo da lui studiato aveva consumato in media 2140 calorie al giorno, una cifra superiore di quasi il 10 per cento all’assunzione giornaliera di calorie raccomandata per le persone della loro statura. E la cosa più degna di nota era che gli ju|’hoan erano in grado di procurarsi tutto il cibo di cui avevano bisogno con «uno sforzo modesto» – talmente modesto da lasciar loro molto più «tempo libero» rispetto agli occupati a tempo pieno del mondo industrializzato. Mentre i bambini e gli anziani erano mantenuti dagli altri…
    …Uno dei partecipanti al convegno Man the Hunter, Marshall Sahlins
    («L’originaria società opulenta»), “L’economia dell’età della pietra”…
    …L’interesse di Sahlins si concentrava non tanto sul tempo libero in più dei cacciatori-raccoglitori rispetto agli stressati soldatini impiegati nell’agricoltura o nell’industria,
    quanto sulla «modestia delle loro esigenze materiali»:
    se avevano molto più tempo libero degli altri, ciò dipendeva soprattutto dal fatto di non essere tormentati da tutta una serie di desideri assillanti che andavano ben al di là della soddisfazione dei bisogni materiali immediati…

    «Si possono “facilmente soddisfare” i bisogni» osservava Sahlins «o producendo molto o chiedendo poco.»

    I cacciatori-raccoglitori, questo il suo ragionamento, raggiungevano la soddisfazione riducendo le proprie esigenze, quindi a modo loro erano più ricchi di un banchiere di Wall Street, che pur possedendo case, barche, auto e orologi in numero nettamente superiore a quelli che è in grado di usare, cerca di acquisirne sempre di più.

    La conclusione di Sahlins era che per molte società di cacciatori-raccoglitori, e potenzialmente per gran parte della storia umana, la caratteristica su cui era organizzata la vita economica non era stata affatto la scarsità: di conseguenza, «il problema economico fondamentale», almeno nel senso indicato dall’economia classica, non era l’eterna lotta della nostra specie…

    …All’epoca in cui Richard Lee organizzò il convegno Man the Hunter, molti altri antropologi sociali erano in difficoltà nel conciliare i comportamenti economici spesso sconcertanti di popoli «tribali» con le due ideologie economiche rivali che dominavano all’epoca:
    il capitalismo di mercato, prevalente in Occidente, e il comunismo di stato affermatosi in Unione Sovietica e in Cina.
    All’epoca l’economia era ormai diventata uno dei principali ambiti specialistici dell’antropologia sociale, e i tentativi di risolvere il problema di cui sopra avevano diviso gli antropologi economici in due tribù armate in guerra tra loro: «formalisti» e «sostantivisti».

    Per i formalisti l’economia era una scienza «dura», fondata su una serie di regole universali che valevano per i comportamenti di chiunque.
    Perciò le economie «primitive», come quelle degli ju|’hoan o dei popoli nativi americani, andavano viste come versioni semplificate delle economie capitaliste moderne e obbedivano agli stessi desideri, bisogni e comportamenti di fondo….
    …e che, al di là del diverso valore attribuito a cose diverse nell’ambito di culture differenti, la scarsità e la concorrenza fossero dimensioni universali:
    tutti ricercavano egoisticamente il valore e tutti sviluppavano sistemi economici specificamente concepiti per distribuire e allocare risorse scarse.

    I sostantivisti, al contrario, si ispiravano ad alcune delle voci più estreme e o
    e originali dell’economia del Novecento.
    In questo coro di ribelli, particolarmente fragorosa era la voce dell’economista ungherese Karl Polanyi, secondo cui il capitalismo di mercato era universale in una sola cosa: l’arroganza dei suoi sostenitori.
    Polanyi (“La grande trasformazione”) lo considerava invece un fenomeno culturale,
    emerso nel momento in cui lo stato nazione moderno aveva preso il posto di sistemi economici più granulari e diversificati, fondati socialmente sulla parentela, sulla condivisione e sullo scambio reciproco di doni.
    Per i sostantivisti la razionalità economica, che per i formalisti faceva parte della natura umana, era in realtà un sottoprodotto culturale del capitalismo di mercato,
    e per comprendere la logica con cui altri distribuiscono valore, lavorano o fanno scambi reciproci occorreva una maggiore apertura mentale…

    …Nell’estate del 1957 James Woodburn si arrampicò sull’altopiano del Serengeti e raggiunse le rive del lago Eyasi, dove divenne il primo antropologo sociale a costruire un solido e duraturo rapporto con gli hadzabe.
    Negli anni sessanta lo stesso Woodburn fu anche una delle figure più influenti della nuova generazione di antropologi che promossero la rinascita degli studi sui cacciatori-raccoglitori.
    E, come Richard Lee, anch’egli rimase colpito dai pochi sforzi che gli hadzabe dovevano fare per procurarsi il cibo cacciando con l’arco.
    All’inizio degli anni sessanta Woodburn descrisse gli hadzabe come accaniti giocatori d’azzardo, molto più interessati a vincere le frecce che erano la posta delle piccole scommesse tra loro che a capire dove cercare il loro prossimo pasto.
    Lo stesso Woodburn notò che, come gli ju|’hoan, anch’essi riuscivano a coprire i propri fabbisogni di cibo «senza troppi sforzi, troppa previdenza, troppe attrezzature né troppa organizzazione».

    Una delle tante cose che lo incuriosivano degli hadzabe, oltre al poco tempo che dedicavano alla ricerca del cibo, era un’altra caratteristica che li accomunava agli ju|’hoan:
    tendevano a non raccogliere mai più cibo di ciò che occorreva loro per nutrirsi quel giorno,
    e non si preoccupavano mai di conservarne per l’indomani.
    Più tempo Woodburn trascorreva con loro, più si convinceva che questo tipo di approccio a breve termine fosse la chiave per capire come facessero simili società a essere tanto egualitarie, stabili e durature.

    «Le persone hanno un ritorno diretto e immediato dal loro lavoro» spiegò.
    «Escono per cacciare o raccogliere e mangiano ciò che hanno trovato quel giorno, o al massimo – qualche volta – nei giorni successivi. Il cibo non viene trattato né conservato in modi complicati.
    Usano strumenti e armi relativamente semplici, facili da portare con sé, funzionali, facili da procurarsi e da rimpiazzare, realizzate con grande abilità ma senza troppo lavoro.»

    Woodburn parlò di «un’economia con ritorni immediati».
    Confrontò l’economia hadzabe con quelle «a ritorno posticipato» delle società industriali e agricole.
    Nelle economie con ritorni posticipati, osservava, lo sforzo lavorativo si concentra quasi sempre sulla ricerca di ricompense future, che era proprio ciò che differenzia gruppi come gli ju|’hoan e i baMbuti non soltanto dalle società agricole e industrializzate, ma anche da società complesse di cacciatori-raccoglitori su larga scala come quelle sorte lungo le acque ricche di salmoni dell’America nordoccidentale…

    Woodburn non era molto interessato a comprendere come alcune società si fossero trasformate da economie con ritorni immediati in economie con ritorni posticipati, né come questa transizione potesse aver influito sui nostri atteggiamenti verso il lavoro. Ma era incuriosito dal fatto che tutte le società fondate sui ritorni immediati rifiutassero le gerarchie, fossero prive di capi, leader o autorità istituzionali e non tollerassero significative differenze di ricchezza materiale individuale. La sua conclusione era che l’atteggiamento dei cacciatori-raccoglitori verso il lavoro non fosse solo funzione della loro fiducia nella generosità dell’ambiente, ma si appoggiasse anche a norme e consuetudini sociali che assicuravano un’equa distribuzione del cibo e delle altre risorse materiali – che, in altre parole, nessuno fosse in grado di farla da padrone su qualcun altro.
    E che una delle principali norme e consuetudini di questo tipo riguardasse la «condivisione della domanda».

    Molti degli antropologi che nella seconda metà del xx secolo hanno conosciuto da vicino quel poco che nel mondo sopravviveva delle culture di caccia e raccolta, trovavano inizialmente rassicuranti le disinvolte richieste di cibo, doni, strumenti, pentole, padelle, saponi e vestiti che si sentivano rivolgere dai loro ospiti: ciò li aiutava a sentirsi utili e ben accetti mentre cercavano di adattarsi a vivere in un mondo che all’inizio appariva loro totalmente estraneo. Ma dopo poco, puntualmente, quegli stessi antropologi iniziavano a mostrare i denti nel momento in cui vedevano le loro scorte di cibo assottigliarsi, le loro cassette di medicinali svuotarsi rapidamente di pillole, di cerotti, di bende e di unguenti e le persone intorno a loro indossare indumenti che fino a pochi giorni prima erano stati loro.

    La sensazione, generalmente temporanea, di venir in qualche modo sfruttati era spesso amplificata dal fatto che il flusso dei beni materiali appariva sostanzialmente a senso unico, in direzione degli ospiti. Questa sensazione era spesso acuita dall’assenza di alcune abituali forme di gentilezza sociale. Quei ricercatori imparavano presto che i raccoglitori non intercalavano le richieste di cibo o di oggetti con espressioni tipo «per piacere», «grazie» o altri gesti di legame interpersonale e gratitudine che nella maggior parte degli altri luoghi sono parte integrante del chiedere, dare e ricevere.

    Alcuni antropologi faticavano molto a adattarsi ai ritmi di vita dei raccoglitori, e non riuscivano quindi a sfuggire alla sensazione che stessero approfittando di loro. Ma a un certo punto subentrava una percezione più intuitiva della logica che era alla base dei flussi interpersonali di cibo e di altri beni, e iniziavano a sentirsi più rilassati, in un mondo in cui le regole sociali del dare e ricevere erano per certi aspetti diametralmente opposte a quelle con cui quegli studiosi erano cresciuti.
    A quel punto essi capivano con chiarezza che nessuno voleva mancare di riguardo chiedendo direttamente le cose a qualcun altro, mentre chi respingeva una simile richiesta era considerato estremamente scortese e si attirava aspre accuse di egoismo e, a volte, perfino reazioni violente.

    Ben presto quei ricercatori impararono anche che nelle società di caccia e raccolta chiunque avesse qualcosa che valeva la pena condividere riceveva lo stesso tipo di richieste, e che l’unica ragione per cui quegli studiosi ricevevano richieste tanto frequenti era che essi erano infinitamente più ricchi – in termini materiali – di tutti i loro ospiti, nonostante gli esigui budget di ricerca. Insomma, in queste società vigeva un obbligo di condivisione illimitato, e la misura del dare dipendeva dal divario tra i beni posseduti da una persona e dagli altri.
    Di conseguenza, nelle società di caccia e raccolta c’erano sempre sia quelli che producevano e contribuivano più degli altri, sia quelli che i politici in cerca di capri espiatori e gli economisti con le idee poco chiare amano bollare come «parassiti» e «scrocconi».

    Nicolas Peterson, un antropologo che negli anni ottanta trascorse parecchio tempo tra i raccoglitori aborigeni yolngu, nella Terra di Arnhem, in Australia, per indicare le loro pratiche redistributive ha coniato l’espressione «condivisione della domanda».

    Questa definizione si è progressivamente affermata, e oggi viene usata a proposito di tutte le società in cui il cibo e gli oggetti vengono condivisi non in base alle offerte dei donatori, ma alle richieste dei destinatari.
    La condivisione della domanda sarà anche il principale modo in cui oggetti e materiali circolano tra le persone nelle economie di cacciatori-raccoglitori;
    ma oltre che in queste società, il fenomeno compare anche in qualsiasi altra società, in contesti specifici, come importante meccanismo di redistribuzione del cibo e altri oggetti.

    Ma all’epoca non tutti gli antropologi pensavano che l’espressione «condivisione della domanda» fosse la più adatta a descrivere questo modello di redistribuzione dei beni in una comunità…

    …Le società di cacciatori-raccoglitori come quella degli ju|’hoan sono un problema anche per chi è convinto che il conflitto tra uguaglianza materiale e libertà individuale sia inconciliabile. Il problema nasce dal fatto che le società di condivisione della domanda erano fortemente individualiste (nessuno era soggetto all’autorità coercitiva di nessun altro),
    ma al tempo stesso profondamente egualitarie. Dando agli individui il diritto di tassarsi spontaneamente l’un l’altro, queste società hanno fatto sì, per prima cosa, che la ricchezza materiale fosse distribuita in modo abbastanza uniforme; in secondo luogo, che chiunque avesse la possibilità di sostentarsi a prescindere dalla sua produttività; terzo, che i beni scarsi o di maggior valore fossero diffusi e disponibili gratuitamente a chiunque;

    e, infine, che non ci fosse alcun motivo per cui le persone dovessero sprecare energia al fine di accumulare più ricchezza materiale di altri, visto che farlo era privo di qualsiasi utilità pratica…
    Ma l’Homo sapiens è anche una specie sociale e altamente collaborativa.
    Ci siamo adattati a lavorare insieme. E abbiamo imparato tutti sulla nostra pelle come i benefici a breve termine dell’egoismo siano quasi sempre controbilanciati dai costi sociali a lungo termine.

    Svelare i misteri del conflitto tra i nostri istinti egoistici e sociali non è solo prerogativa degli psicologi evoluzionistici:
    è una preoccupazione quasi universale della nostra specie, da quando a qualcuno dei nostri antenati evolutivi venne il dubbio se rubare o no il cibo di bocca a un fratello.
    Ha trovato espressione nell’arte in ogni modo possibile, e ha generato infinite discussioni e controversie teologiche e filosofiche.
    Questo stesso conflitto è anche alla base dei teoremi contorti, dei grafici aggrovigliati e delle affollate equazioni che sono la specialità degli economisti di oggi.
    La scienza economica si occupa principalmente dei sistemi che creiamo per allocare risorse scarse, ma in realtà se le risorse sono perennemente scarse è solo perché gli individui le vogliono tutte per sé, e perché per assicurare il funzionamento delle società abbiamo bisogno di concordare regole sociali per allocare quelle stesse risorse in modo equo.
    E anche se sono pochissimi gli economisti contemporanei che richiamino esplicitamente nel proprio lavoro questo conflitto di fondo, esso era ben presente al filosofo illuminista Adam Smith nel momento in cui si mise a scrivere quello che è stato poi riconosciuto come il testo fondante dell’economia moderna…”
    —————————————————————————-
    III° parte
    conclusioni e soluzione, pie e beate illusioni a meno del tracollo lokiano:

    Società comunitarie ordinate a “bassa Entropia”:

    “…Uno dei partecipanti al convegno Man the Hunter, Marshall Sahlins
    «L’originaria società opulenta», “L’economia dell’età della pietra”…
    …L’interesse di Sahlins si concentrava non tanto sul tempo libero in più dei cacciatori-raccoglitori rispetto agli stressati soldatini impiegati nell’agricoltura o nell’industria,
    quanto sulla «modestia delle loro esigenze materiali»:
    se avevano molto più tempo libero degli altri, ciò dipendeva soprattutto dal fatto di non essere tormentati da tutta una serie di desideri assillanti che andavano ben al di là della soddisfazione dei bisogni materiali immediati…

    «Si possono “facilmente soddisfare” i bisogni» osservava Sahlins «o producendo molto o chiedendo poco.»

    I cacciatori-raccoglitori, questo il suo ragionamento, raggiungevano la soddisfazione riducendo le proprie esigenze, quindi a modo loro erano più ricchi di un banchiere di Wall Street, che pur possedendo case, barche, auto e orologi in numero nettamente superiore a quelli che è in grado di usare, cerca di acquisirne sempre di più.

    La conclusione di Sahlins era che per molte società di cacciatori-raccoglitori, e potenzialmente per gran parte della storia umana, la caratteristica su cui era organizzata la vita economica non era stata affatto la scarsità: di conseguenza,
    «il problema economico fondamentale», almeno nel senso indicato dall’economia classica, non era l’eterna lotta della nostra specie…”

    Meno bisogni materiali superflui e dannosi indotti= meno lavoro coatto= più tempo libero per creare, ricrearci (il termine ricreazione come intervallo formativo) e socializzare empaticamente aumentando ulteriormente le dimensioni e complessità del nostro cervello, cosa che si è fermata e ridotta con l’avvento della rivoluzione agricola e del lavoro continuo per produrre surplus.
    (come nel 95% della nostra storia umana)= più benessere interiore e serenità= meno Entropia e II° legge della termodinamica= sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente.

    Finisco ripetendo due citazioni precedenti:

    «Se l’uomo sarà in grado di sopravvivere alle condizioni ecologiche eccessivamente complesse e instabili che ha creato, e se l’efflorescenza tecnologica seguita alla rivoluzione agricola ci porterà all’Utopia o «all’estinzione è ancora una questione aperta.»
    Richard Borshay Lee

    “Il capitalismo di mercato era universale in una sola cosa: l’arroganza (e l’avidità) dei suoi sostenitori”
    Karl Polanyi

    Capitalismo tanto marxista quanto neoliberista (Homo oeconomicus)

    Insieme alle prometeiche rivoluzioni della produzione
    (controproducenti non perché prometeiche, ma perché male indirizzate)
    l’unica cosa che sembra abbia prodotto è la schiavitù nel lavoro totalizzante,
    la scarsità e l’avidità come paradgmi e dogmi,
    il parossistico aumento aumento della popolazione umana
    (cantata pure come un successo manco fossimo un allevamento intensivo di polli da uova e carne, e la quantità fosse più importante della qualità)

    e un Entropia disastrosa foriera di “A peste, fame et bello – libera nos domine” per l’ecosistema e per le umane maggioranze.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “entropia”

      L’entropia è una quantità estensiva. Più gente c’è, più se ne produce. Quanti sono i membri di quelle società di cacciatori/raccoglitori?

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • daouda scrive:

        Parli parli di esoterismo ma poi caschi sulla buccia di banana. Se l’uomo decade, decade l’ambiente per la legge di compensazione, il che implica che quasi azzeccavi che tutto è destinato all’autodistruzione, ma perché continui ad incolpare l’umano in sè come MM da mentecatto.

        Inoltre il tuo discorso è irricevibile se lavoro non è definito. Infondo oltretutto il tuo tipo di lavoro, è lo stesso che ha portato alla distruzione delle civiltà precedenti, quindi non collima, sempre che il tuo lavoro sia da considerarsi Il lavoro.

        INfatti poi parli de ridurre i desideri e bisogni, ed allora palesi che non ciài capito n cazzo, perché non sai rispondere né alla domanda del perché questi dovessero essere sprigionati, né perché siano stati possibili, né se sarebbe giusto ridimensionarli ( quindi relativamente al macello odierno) ma comunque dimenticando che è tutto falso quel che dice l’antropologo per un motivo banale. QUELLI LA’ GIA AVENANO SUPERATO LA SOGLIA, SENNO’ NON SI SAREBBE MAI SUPERATA, quindi fare il paragone fra lo ieri e l’oggi è quanto di più disonesto ed infame si possa fare per mistificare la comprensione.
        Si è tradito infatti di per sè, ma la cosa del gioco d’azzardo è spettacolare, tanto la vostra cecità fa essere bello l’illusorio passato dimenticando la vostra misera vita del qui ed ora che doveva metafisifcamnte per forza di cose porsi così.

        E’ poi ovvio che parlare di ritorni istantanei e posticipati è quanto di più idiota possa fare un cretino che non capisce un cazzo, visto che entrambe le cose si potrebbero dire sia di quelle tribù che della società odierna da diversi approcci come appunto sovente si fa, il che rende il tutto fazioso e viziato più che illustrativo e dirimente.

        La stessa cosa si potrebbe dire sulla scortesia del chiedente o sul parassitaggio. Dette come le riporti hanno quel senso, condivisibile bada, ma esposto in altro modo, da altra visuale, cambierebbe tutto e come al solito le interpretazioni sono condivisibili e coestensibili e del tutto rimodulabili per il semplice fatto che fanno parte dello stesso continuuum dello stesso modo e della stessa umana natura che si rapporta.

        Quindi il discorso è del tutto inservibile e crei solo contrapposizioni fallaci. IL tempo libero è il padre dei vizi e della dannazione. Il tempo libero è l’essenza della ricreazione della vita, queste sono frasi che hanno la medesima realtà perché ancora una volta non si ha un’antropologia reale e non si è ben definito cosa sia il lavorare davvero.

        AO, per scrive eh

  5. tomar scrive:

    “appena qualche decina di anni fa in italia si scappava a decine di migliaia perché non c’era altro da mangiare che polenta….appena l’altro ieri in irlanda morivano come mosche perché c’era la carestia….”
    Ma che modo di sragionare è questo?
    Stiamo o non stiamo parlando dell’umanità e del pianeta? E se ci sentiamo accomunati da un qualche senso di umanità, non è forse un disastro che i concreti esseri umani per i quali la vita è fondamentalmente sofferenza siano oggi sul pianeta molti di più di quanti erano all’epoca degli italiani e degli irlandesi di cui parli?
    Conta questo o conta che ci sia stata una diminuzione “in percentuale” “almeno in questa parte di mondo” (o anche in tout le monde con la Franceskestenscion)?
    La percentuale ha un grave difetto, che è anche il vantaggio per cui la si usa:
    elimina le concrete persone umane. Di conseguenza io opino che usarla sia manifestazione di disumanità.

    • roberto scrive:

      opina quel che vuoi

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ tomar

      “sragionare”

      Sotto Mao ci fu il Grande Balzo in Avanti, che produsse in dieci anni dai 20 ai quaranta milioni di vittime: da 2 a 4 milioni all’anno in media. Fu indubbiamente il peggiore momento della Cina di Mao, al netto dei terremoti.

      Sotto i nemici di Mao, fra la caduta dei Manciu’ e l’aggressione Giapponese le carestie (al netto dei terremoti, dei combattimenti fra Signori della guerra e della repressione anticomunista) hanno sterminato in media 5 milioni di persone all’anno.

      Oggi la Cina ha quasi sconfitto le carestie, almeno per ora.

      È un progresso?

      Sì.

      https://www.quora.com/In-1927-Chiang-Kai-Shek-boiled-hundreds-of-Communists-alive-claimed-George-Orwell-Is-this-actually-true-If-not-where-could-he-have-heard-such-a-report-from/answer/Lonely-Cantonese-Sith-Lord?ch=15&oid=339371129&share=89bad74c&srid=pmZw1&target_type=answer

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Palle.

        Il contributo dato dal Grande Balzo in Avanti di Mao alla fine della fame in Cina fu zero. Anzi, produsse gravi danni.

        Avessero vinto i nemici (comunisti) di Mao fin da subito, sarebbe crepata molta meno gente.

        Avessero vinto i nemici nazionalisti di Mao, è difficile fare previsioni ma, guardando ai regimi filo-occidentali di quella parte del mondo, io sospetto sarebbe andata molto ma molto meglio. Negli anni ’60. Figuriamo dove sarebbe la Cina adesso!

        Mi sa che l’Eurovision la terrebbero a Nanchino.

        😀

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Francesco

          “Avessero”

          La storia non si fa coi se.

          I numeri dicono che ci sono stati più morti prima di Mao che dopo, almeno in termini assoluti. (Non so dire in % sulla popolazione totale, perché i giapponesi hanno ammazzato tanta di quella gente da rendere insensato i confronto).

          Mai letto “La buona terra” di Pearl S. Buck, Statunitense figlia di missionari e di aperte simpatie nazionaliste? Descrive le condizioni dei contadini Cinesi sotto Chiang Kai Shek. Non è lettura per stomaci deboli.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Miguel Martinez scrive:

            Per ADV

            “I numeri dicono che ci sono stati più morti prima di Mao che dopo, almeno in termini assoluti.”

            Infatti, e questo vale per tutte le volte che si ragiona in questi termini.

          • Francesco scrive:

            Andrea

            mi è facile rispondere che i morti prima erano DURANTE una guerra – e particolarmente sanguinosa – mentre quelli provocati da MAO sono stati sostanzialmente AGGRATIS, avendo come massima giustificazione il mantenimento al potere di Mao

            e sulle “condizioni dei contadini cinesi sotto Mao Ze Dong” c’è ormai una ricca letteratura cinese, molto sconsigliata agli stomaci deboli.

            PS in che anni è ambientato il libro? CKS ha vissuto quasi solo anni di guerra, se ricordo. Tranne quando si rifugiò a Taiwan alla fine della guerra civile.

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Francesco

              “DURANTE”

              No.

              L’attacco Giapponese comincia alla fine degli anni Trenta. Fino ad allora, e a partire dalla caduta dell’ultimo imperatore (quello del film di Bertolucci) in Cina ci sono certo scontri fra le armate dei vari Signori della guerra e di questi contro i Comunisti, ma la stragrande maggioranza dei morti è dovuta a semplici quanto gigantesche carestie nell’inerzia dei governanti. Le guerre interne hanno fatto alcuni milioni di morti, ma le carestie ne hanno fatti decine di volte tanto.

              Proprio per questo i Comunisti, pur ripetutamente sterminati all’inizio, prendono il potere: riescono a portare i contadini dalla loro parte, trasformandosi già prima della Lunga Marcia da movimento di intellettuali borghesi in esercito in cui gli ufficiali e i quadri sono essi stessi provenienti dai contadini, di cui parlano le lingue locali.
              La semplice massa numerica dei contadini è tale da rendere inutile la resistenza dei fedeli di CHK, che pure avevano combattuto anch’essi molto bene i Giapponesi.

              Ed è l’insperato successo della politica maoista (“il rivoluzionario sta nella campagna come un pesce nell’acqua”) sarà poi alla radice di quel culto della personalità che impedirà di bloccare le più folli idee del Mao della tarda maturità, come ad esempio la “campagna contro i passeri”. Aver avuto un’idea azzeccata da giovane non implica per forza continuare ad averne: se applico questa regola a un semidio, le catastrofi che ne possono ricavare non hanno limite.

              Ma persino così, la Cina uscita dal maoismo era in condizioni ben migliori della Cina del periodo delle Legazioni.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

              • daouda scrive:

                cio è quindi una guerra civile è peggiore di un governo stabile che fa politiche illogiche.
                Cazzo Andrè sei un genio del ridicolo.

    • Francesco scrive:

      le % contano le persone, non fanno altro.

      se ieri il 30% era povero in canna e oggi lo è il 20%, i poveri sono una quota minore e il resto sono corbellerie

      o peggio

      😉

  6. tomar scrive:

    Andrea Di Vita:
    “Sotto Mao… Sotto i nemici di Mao … Oggi la Cina ha quasi sconfitto le carestie, almeno per ora. È un progresso? Sì.”
    Francesco:
    “Palle”

    Curioso che litighiate tra di voi sui dettagli, ma sembriate entrambi incapaci di sentire che io ho sto parlando di un’altra cosa. Non ho mai messo in dubbio (sarebbe ridicolo) che in questa o quella parte del mondo e in diversi momenti della storia umana, compresi gli ultimi, ci siano stati miglioramenti anche significativi nelle condizioni di vita di una parte dell’umanità.
    Quel che io dicevo e dico è “semplicemente” che il numero assoluto di singoli sofferenti sul pianeta per cause socio-politico-economico-ambientali non è stato mai così alto come è oggi. “Singoli” come me, come Francesco, come Roberto, come Andrea ecc.
    E se ho da rapportarmi con questi singoli ad avere importanza da un punto di vista umano è solo che siano in assoluto di più non che magari siano percentualmente diminuiti. Ripeto: mi sentirei disumano (non parliamo di cristiano) a RALLEGRARMI del “progresso” per cui i bambini che muoiono oggi di fame sono magari decuplicati rispetto a 300 anni fa, “però” sono in percentuale meno di allora rispetto al totale dei bambini.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ tomar

      “bambini”

      Il metodo più sicuro per evitare più bambini che soffrono (in numeri assoluti) è quello di non farli nascere.

      Crescendo la popolazione mondiale, i miglioramenti è già tanto se sono in percentuale.

      Tieni conto però che senza progresso materiale di solito la natalità rimane alta.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “Tieni conto però che senza progresso materiale di solito la natalità rimane alta.”

        Direi che la storia dimostra il contrario.

        Diciamo almeno che senza aumento di consumo energetico (religiosamente chiamato “progresso”), la popolazione rimane praticamente stabile.

        Rimane stabile perché muoiono tanti figlioli, certo; rimane stabile perché ogni cultura ha trovato metodi per abortire, senza farsene grandi problemi come oggi; rimane stabile perché esistono comunque sistemi di controllo delle nascite; rimane stabile perché la fame riduce oggettivamente la fertilità.

        Infatti, se facciamo un diagramma, vediamo una linea in lievissima ascesa per migliaia di anni, fino alla rivoluzione industriale.

        E lì vediamo improvvisamente un enorme aumento della popolazione, senza alcuna particolare innovazione medica.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          ” la popolazione rimane praticamente stabile”

          Non saprei. Tra le popolazioni di cacciatori e raccoglitori sembrerebbe di sì, ma tra le popolazioni agricole la popolazione ha un accertato andamento ondulatorio tra picchi e flessi. Dove i flessi sono carestie ed epidemie.
          A meno che non vogliamo considerare anche l’agricoltura come “consumo energetico”, ma allora non si sta più parlando della regola umana, ma di eccezioni.

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          “contrario”

          Infatti ho parlato di natalità, non di popolazione.

          Se una popolazione ha un basso livello di sviluppo tecnologico non dispone di medicine, di mezzi di trasporto per condurre i malati dal dottore o viceversa, di protezione dalle intemperie, di tutela contro i cattivi raccolti ecc.

          In tal caso si mettono al mondo molti figli perché tanto pochi arrivano alla maggiore età. La popolazione rimane bassa anche se i parti (e i decessi da parto) sono numerosi.

          Ancora al tempi dei miei bisnonni l’unica cura efficace contro la malaria era il chinino, e i medici raggiungevano i pazienti in calesse. Ci si scaldava con carboni ardenti in appositi dispositivi di legno sotto le coperte. I geloni erano la norma. La sorella della mia nonna materna mise al mondo otto figli, di cui tre morirono prima dei cinque anni (e uno di difterite, non il modo più indolore di morire).

          E sto parlando della famiglia del proprietario terriero del paese, col fratello unico medico del Comune, calesse e cavallo di proprietà e tutti che sapevano leggere e scrivere. Non oso neanche pensare a come stavano i contadini, cioè il 90% della popolazione.

          Credimi, il progresso è una cosa molto, molto positiva.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Miguel Martinez scrive:

            Per ADV

            “In tal caso si mettono al mondo molti figli perché tanto pochi arrivano alla maggiore età. ”

            Non ho sottomano il libro della Daniela, ma mi ha colpito come a parità di (non) cure mediche e quindi di mortalità, la popolazione fosse aumentata notevolmente appena le industrie avevano bisogno di braccia (infantili).

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Martinez

              “braccia”

              Perché prima delle industrie i figli valevano solo come assicurazione sulla vecchiaia (quando non esisteva alcuna forma di previdenza sociale).

              Facevi dieci figli, te ne sopravvivevano cinque, almeno uno ti poteva mantenere da vecchio. Con le industrie, diventano un ‘asset’, anzi a volte l’unico ‘asset’: tant’è che si è cominciato a parlare di ‘proletari’, ‘coloro la cui unica ricchezza sono i figli’. Il terminal traghetti della mia città è intitolato a uno di tali ‘asset’, Iqbal Masih

              https://it.wikipedia.org/wiki/Iqbal_Masih

              L’accumulazione di capitale reso possibile anche da tali ‘asset’ – il cui rendimento è stato moltiplicato dalle prime macchine rudimentali ha reso possibile quel surplus che è stato smaltito o col ‘welfare state’ (quando c’era la paura che ‘si facesse come in Russia’) o con la guerra.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              MM

              mi sembra una tesi azzardata, avevo studiato che le cose fossero andate in modo leggermente diverso e, soprattutto, non credo possa reggere

              i tempi e i modi dei cambiamenti di comportamento umano sono tipicamente molto più lunghi

  7. tomar scrive:

    Francesco: “le % contano le persone, non fanno altro”

    No Francesco, i numeri assoluti contano le persone, dalle percentuali spariscono: come può risultare così ostico se è così elementare?

    • Francesco scrive:

      perchè se fossero come dici tu, i numeri assoluti direbbero che ci sono 900 persone “felici” e 100 infelici, dove ce ne erano 50 felice e 50 infelici.

      solo che non dicono neppure questo, mi sa che siamo a meno infelici anche quanto a numero assoluto – ma mi sfugge ora il link al dato

      ciao

  8. Moi scrive:

    Su questi temi Natura / Urbanizzazione, Stress / Felicità , Socialità / Isolamento … vi consiglio “Castaway On The Moon”, del 2009 diretto da Lee Hae-jun.

    https://en.wikipedia.org/wiki/Castaway_on_the_Moon

    Kim Seong-geun (Jung Jae-young) is deep in debt and his life seems completely hopeless. He jumps off a bridge into the Han River and washes up on the shore of Bamseom, which lies directly below the bridge. After searching the island he finds it is filled mostly with vegetation and surrounded by the city, but too far to shout and he can’t swim. He finds a duck-shaped paddle boat and begins to like living on the island—free of his debt and worries of city life—though it is not easy.

    As he learns to survive on the island, his cry for help scrawled in the sand is seen by Kim Jung-yeon (Jung Ryeo-won), a hikikomori who spots him while engaging in her nightly habit of photographing the moon. They soon begin exchanging messages, with Jung-yeon venturing out of her house at night to throw bottled messages onto the island, and Seong-geun writing his replies in the sand.

    […]

  9. Moi scrive:

    Francesco è molto affezionato all’ Apologo di Menenio Agrippa, che in effetti è piuttosto eloquente !

    MA negli Anni Ottanta , in versione Er Monnezza, Tomas Milian lo ha stra-battuto :

    “Aò, me pari er Cane de Mustafà … ch’ o pija in der culo e disce che sta a scopà !” [cit.]

    😀 😉

  10. habsburgicus scrive:

    @Moi (e chiunque sia interessato)
    articolo vecchio, ma interessante https://slate.com/news-and-politics/2008/04/how-to-spot-a-persian-prostitute.html

    nell’Iran degli ayatollah la prostituzione è in teoria abominio….vi è il trucco 😀 il “sigheh” (o mutaa), insomma il “matrimonio a termine”….uno, chiamiamolo Mr. X e facciamolo un sessantenne di Shiraz non povero SPOSA davanti al mullah Ms. Y, una bellissima diciannovenne di Rasht per 24 ore 😀 le dà la dote :D, da marito e moglie si appartano e consumano in un hotel di Bandar-e Enzeli e poi buonanotte ai suonatori 😀 si scioglie il matrimonio e “chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdammoce o’ passato” 😀 ciò non vale per noi infedeli ! il sigheh è riservato ai musulmani !!! dunque l’italiano in cerca di pussy iranica o sfida le leggi rigidissime e draconiane (sino alla pena di morte !) oppure va a cercare the Persian pussy a Dubai dove è prontamente disponibile 😀 secondo un commentatore dell’autorevole (nel campo :D) ISG, estasiato :D, “Ayoush Cafe SZR. There seems to be a fresh influx of super hot Irani pussy. There are a lot of girls there, but Irani pussy is the dominant one. Other flavors that I spotted or know from previous encounters are Syrian, Moroccan, Algerian, Tajiki and Armenian! ” dove il (porno :D)-caffé citato sarebbe un locale pieno di f… in Shaykh Zayed Road nel cuore di Dubai 😀 ove la shari’ a è notoriamente sospesa 😀 e si tromba dal mattino alla sera 😀 😀 😀 non gratis, però 😀 😀

  11. Miguel Martinez scrive:

    Su The Guardian, un titolo favoloso:

    https://www.theguardian.com/world/2022/may/18/eu-to-step-up-indo-pacific-defence-presence-over-china-fears-and-ukraine-example

    EU to step up Indo-Pacific defence presence over China fears and Ukraine example

    Cioè l’Europa, che si affaccia sull’Atlantico, il Mediterraneo e il Baltico, si “difende” nell’Oceano Pacifico.

    • Miguel Martinez scrive:

      Come se la Tunisia si difendesse sul Lago di Garda.

      • Miguel Martinez scrive:

        Lo stesso articolo cita un trattato tra le Isole Salomon e la Cina, che forse permetterebbe alla Cina di piazzare le sue navi ad appena… 2000 chilometri dalle coste australiane: una “minaccia” quindi all’Australia. L’Ucraina, ricordiamo, confina direttamente con la Russia.

        • Miguel Martinez scrive:

          Poi la frase citata:

          “Traditionally in the Pacific, the European Union has been a development partner. The main challenge is to show that we can be something else, a strategic partner in security and defence.”

          Cioè prima ci facevano solo gli affari, adesso minacciano di farci i “partner strategici” non si sa bene di chi, ma si tratta sempre di “difendersi”.

          • Miguel Martinez scrive:

            Ovviamente fanno benissimo tutti, dall’epoca dei sumeri tutti gli imperi cercano di farsi il massimo danno e minacciarsi a vicenda, fa parte dell’economia del mondo.

            Non dà nemmeno fastidio l’ipocrisia: la menzogna e la manipolazione sono una parte necessaria della politica.

            Ciò che dà fastidio è come una stampa che si dice “libera” faccia passare senza commento la menzogna e la manipolazione.

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Martinez

              “fastidio”

              Guerra è pace.
              Libertà è schiavitù.
              Ignoranza è forza.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

            • PinoMamet scrive:

              “Ciò che dà fastidio è come una stampa che si dice “libera” faccia passare senza commento la menzogna e la manipolazione.”

              Sono d’accordissimo!

              • Moi scrive:

                Guerra è pace.
                Libertà è schiavitù.
                Ignoranza è forza.

                [cit.]

                —————

                … e l’ individuo penemunito che stupra [cit.] , può essere una “donna” o no ? 😉

                …………

                Cit. JK Rowling Cit. George Orwell.

    • Francesco scrive:

      ahi ahi Miguel

      sempre sul “si” tendi a cadere

      posso dire che la UE non “si” difende nel Pacifico ma fa sapere di essere una cara amica di alcun paesi del Pacifico che potrebbero avere qualche problema con un bullo grande e grosso di quei posti là?

      😀

      • PinoMamet scrive:

        Mah, per adesso gli USA non hanno portato grossi guai alle Isole Salomone, che io sappia.
        Neppure Bikini è tanto vicina…

        Inoltre gli USA affermano (ma è lecito dubitarne) di essere amici dell’UE, perciò non so di che bullo parli 😀

        • Francesco scrive:

          tu simuli di scherzare ma il tragico è che ci credi davvero, che siano l’unico bullo in giro per il mondo!

          😉

          • PinoMamet scrive:

            Sì, ci credo davvero.

            Negli anni Settanta c’ha provato anche l’URSS, con pochi risultati.

            • Francesco scrive:

              Pino

              mi sa che è meglio se parliamo di cinema

              🙁

              • PinoMamet scrive:

                Francè, è uscito il seguito/mezzo remake di Top Gun.

                è il film che fa per te.

                Un mio amico ci perse la testa, all’epoca, e il risultato è che adesso è un dirigente dell’ESA.
                Poteva andargli peggio, tutto sommato 😉

                PS
                Ho visto Tom Cruise di fianco al principe William.
                è un cazzo di nanerottolo come il sottoscritto, penso che l’altezza attribuitagli dal suo ufficio di relazioni col pubblico sia, diciamo, cavalleresca 😉

                PPS
                Secondo me alla sua età, o quella del protagonista del film, i jet non glieli farebbero più guidare 😉

              • Francesco scrive:

                non volevo andare, quando ho letto che hanno cambiato il suo giubbotto da figaccione togliendo la bandiera di Taiwan, nel timore di offendere i cinesi

                poi vuoi mettere dei feticci erotici come gli F14 con gli aeroplanini senza fascino come gli F18?

                però pare che le scene di volo siano tutte vere e che sia venuto bene

                PS nanetto lo so! a noi alti queste cose non sfuggono, so persino le battutacce che giravano quando era sposato con la Kidman

                😀

              • PinoMamet scrive:

                Il giubbotto da figaccione sarebbe la giacca G1 dell’aviazione di Marina americana? Di pelle?
                La distribuiscono ancora, ovviamente senza pezze e stemmi vari.

                La “sua” era fuori ordinanza, naturalmente.

                All’aeronautica americana invece negli anni Ottanta o Novanta hanno ricominciato a dare il giubbotto di pelle A2 che avevano anche loro nella Seconda guerra, a quanto pare al posto di un aumento.

                Pare che i piloti non l’abbiano presa benissimo, fonti locali mi dicono che la mettono solo i piloti di aerei da trasporto, o quasi.

                Il padre di una amica americana era un pilota da caccia e la indossa in alcune foto dove lavora in campagna…

                Ignoro quale accrocchio autarchico hanno affibbiato a mio cugino pilota, penso una schifezza anni Ottanta.

                Vedo che i piloti di Marina Italiana, con classica esterofilia, hanno adottato il modello “Tom Cruise”, non so se ufficialmente o meno.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “sempre sul “si” tendi a cadere”

        E’ un “si” diverso, qui non è impersonale, vuol dire “se stessa”.

        Premesso questo, capisco che le aziende europee possano commerciare con Cina, Australia, Birmania, India, Giappone, Bangladesh anche se nella fregola del guadagno immediato non si prendono carico del costo ambientale o in termini di posto di lavoro per europei.

        Ma perché da questo, gli eletti al parlamento europeo – che nei programmi per cui li abbiamo votati non hanno detto una parola su guerre nel Pacifico – devono considerare un paese una “cara amica” e un altro un “un bullo”, e mettere a rischio la vita di mio figlio per i loro affetti personali?

        • Francesco scrive:

          Credo dipenda in primo luogo dal comportamento dei paesi e dalle conseguenze di detto comportamento per il nostro PIL E la nostra libertà.

          Si chiama “comunità” o qualcosa del genere, la concezione per cui non siamo isole autonome ma in molteplici modi legati gli uni agli altri, anche come nazioni.

          • PinoMamet scrive:

            Se devo giudicare dall’operato all’estero, per ora la Cina è un caro amico, e gli USA un bullo, in un sacco di paesi.

            In Italia gli USA sono un caro amico, bullo.

            • Francesco scrive:

              Pino

              mi sa che il tuo giudizio è ben ponderato e pensato, una volta accettato che a te i fatti non interessano

              la Cina? 😀

            • PinoMamet scrive:

              Sulla Cina l’esperto sei tu: sei tu che segui i siti cinesi 😉

              quand’è l’ultima volta che la Cina ha bombardato un paese estero?

              quand’è l’ultima volta che la Cina ha occupato un paese estero?

              E gli Stati Uniti??
              😉

              • Francesco scrive:

                la Cina?

                sta attualmente occupando il Tibet e lo sta pure cancellando come cultura

                quello che sta facendo nello Xingiang credo tu sia noto (al netto di come si scrive il nome del posto)

                quello che sta facendo AI CINESI è ben noto a tutti e a volte se ne vantano pure – è utile seguire i siti cinesi, caro

                certo, a noi italiani ci hanno fatto un cazzo, mentre i cattivi americani ci hanno bombardato per anni e anni

                ma tu sei troppo intelligente per non sapere leggere i fatti

              • PinoMamet scrive:

                Beh, l’Ucraina sta occupando la Russia del Sud dal ’22, e ne sta pure cancellando la cultura..e noi siamo tutti schierati al fianco dell’Ucraina!!

                Ah, le minoranze in Cina sono protette, in… altri paesi no 😉

              • Francesco scrive:

                Pino

                di solito apprezzo l’umor nero ma questa volta non è il caso

                “le minoranza in Cina sono protette”

                inoltre, se pure Lenin e Stalin riconobbero l’esistenza dell’Ucraina, forse anche Pino deve rassegnarsi, non credi?

              • PinoMamet scrive:

                Io riconosco l’esistenza dell’Ucraina, solo non sta scritto da nessuna parte che i confini debbano essere quelli che dice Zelenski.
                Che francamente mi paiono un po’ esagerati.

                Putin ha invaso un paese sovrano, bene, e questo è tutto ciò in cui possiamo dargli torto: in questa faccenda cioè.

                Ma dal punto di vista storico, l’Ucraina nei suoi confini attuali mi sembra tutto tranne che credibile, e la sua politica linguistica mi ricorda un governo di leghisti che voglia imporre il bresciano come lingua ufficiale.

                Ah, e in Cina ci sono una cinquantina di minoranze ufficialmente riconosciute.

  12. KARL scrive:

    Elon Musk è rimasto l’ultimo a regalare sogni al popolaccio sulla colonizzazione di Marte, auto elettriche e affini, ammesso che lui stesso ci creda. Comunque mi sembra che il fanatismo per l’ultimo gadget supertecnologico e più in generale per il progresso si sia molto affievolito negli ultimi anni. Ma qualcuno se li ricorda gli anni 90, con i vari guru tipo Steve Jobs, Negroponte o Rifkins, profeti di un futuro fantascientifico ? Sono passati meno di trent’anni ma ne sembrano passati duecento .
    Oggi, per tanti aspetti, sembra di stare nell’Unione Sovietica degli anni 80. Ma la gente non se ne accorge ? Hai bisogno di cose che un tempo erano assolutamente banali e reperibili ovunque, come una nuova guarnizione per lo scaldabagno, un nuovo fanale per la macchina, un nuovo telecomando e scopri che nessuno ha più niente a stock ! Le farmacie non ne parliamo, a parte aspirina e profilattici, il resto te lo devono ordinare per il giorno dopo, se ti va bene.

    • PinoMamet scrive:

      Questi stanno messi malissimo…

      Mi consola figurarmi che sia un dibattito interno a una minoranza esigua (alla fine, le trans non è che possano essere più di tante…) e che il resto della popolazione se ne freghi.
      D’altra parte la Rowling ha davvero avuto noie anche pesanti per il fatto di aver sostenuto… la realtà, di fronte al pensiero magico richiestole dalla vulgata corrente da quelle parti (“se davvero davvero davvero vuoi essere una donna, voilà ! Sei una donna, anche senza operazioni…”)

      Segno che questa vulgata seguaci ne ha…

      • Moi scrive:

        “se davvero davvero davvero vuoi essere una donna, voilà ! Sei una donna, anche senza operazioni…”

        ——————–

        … anche senza ormoni : non-binary !

        … Ovviamente ogni identità con appositi pronomi e spillona tonda esplicativa anti-trigger da portarsi appresso.

        • Moi scrive:

          Il romanzo l* aut*r* 😉 :

          ———————–

          Manhunt by Gretchen Felker-Martin

          https://www.tor.com/2022/02/24/book-reviews-manhunt-by-gretchen-felker-martin/

          A virus hits the North American continent, transforming anyone with “too much” testosterone—and yeah, that includes people with PCOS—into a ravening monster. But society drags on, and so does daily life. Beth and Fran are manhunters, scouring the New England coast harvesting organs from the feral infected for the production of hormones to keep themselves and other women safely supplied. Their routine is interrupted, though, when a separatist TERF militia rolls into town—driving their good friend Indi to accept a job offer from a nearby billionaire bunker-brat to protect them. What could go wrong? Just about everything.

          • Moi scrive:

            (PCOS)
            PolyCystic Ovary Syndrome

            ———————–

            chiara allusione all’ oramai leggendario “People Who Menstruate” [cit.]

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “le trans non è che possano essere più di tante”

        Ma neanche lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio anzi no è così tante persone, eppure il dibattito ha appassionato e diviso un continente intero.

        • PinoMamet scrive:

          Questo è vero…

          Per quanto riguarda la periferia italiana, mi pare che, perlomeno nelle classi scolastiche, il dibattito sia fermo ai “diritti LGBT”, che in almeno metà delle classi qualcuno ogni tanto tira fuori.

          (La divisione è: classi liceali/ragazze/gay della classe/ amica del gay della classe/ secchioni: a favore;
          Classi tecniche/Truzzi/sportivi/ignoranti: contro)

          Delle Terf non ho ancora sentito parlare, e anche i miei amici appunto LGBT paiono avere le idee piuttosto confuse in merito.

  13. Moi scrive:

    https://invidio.xamh.de/watch?v=0Z9OXSnUrBA

    Why You MUST Read MANHUNT!!!
    (Unless You’re Trans)

    [13 min : 30 sec]

    by
    Kevvie

  14. Moi scrive:

    “Manhunt is a celebration of trans people and a literary blitzkrieg against TERFocracy [sic , ndr] . Timely and necessary, this is extreme horror that says something. Listen to it.”

    https://tornightfire.com/catalog/manhunt-gretchen-felker-martin/

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “against TERFocracy”

      Allora avevano ragione i nostri reazionari, che dicevano che qui al mondo comandano le Femministe Radicali con i pantaloni!

      E le Persone con le Gonne comunque Affermate alla Nascite vengono escluse!

      Comunque se il testosterone fa male, che succede con le trans F>M?

      • Miguel Martinez scrive:

        Un’idea… donazione di organi genitali maschili e femminili ai transeunti. Tipo utero in affitto, ma qui lo mettiamo direttamente in vendita, una volta per tutte (idem per palle e contorno).

        1) Un atto di amore verso persone che hanno bisogno di affermare il loro Vero Genere.

        2) Un modo per risolvere i problemi economici di molti abitanti di paesi poveri.

        3) Un modo per ridurre la natalità negli stessi paesi poveri.

        • daouda scrive:

          probabilmente hanno sempre avuto ragione i testimni di Geova, probabilmente.
          E’ strano che te che sei un cavernicolista ipocrita non ti sia mai scagliato contro la sostituzione bio-organica.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “Comunque se il testosterone fa male, che succede con le trans F>M?”

        Leggendo i riassunti in rete, pare che nel romanzo impazziscano (questo è l’effetto del virus) anche loro, così come le donne che per problemi ormonali producono testosterone e le trans che per una ragione o per l’altra non riescono ad assumere estrogeni a lungo.
        Sempre dai riassunti che leggo, il libro non parla veramente di transfobia delle Terf, ma dal terrore che hanno le Terf che le trans impazziscano perché producono testosterone. Però visto che la gente non solo non capisce quello che legge, ma manco quello che scrive, allora il libro parla di transfobia.

  15. Moi scrive:

    Monkeypox … Si ricomincia ?!

    https://www.liberoquotidiano.it/news/commenti-e-opinioni/31676356/vaiolo-delle-scimmie-virologi-festa-filippo-facci-nuova-invasione-tv.html

    Vaiolo delle scimmie? Virologi in festa, Filippo Facci: prepariamoci a una nuova invasione

    • roberto scrive:

      Il pennivendolo parla dei virologi in festa ma in realtà la vera festa è di questi insulsi scribacchìni

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Il pennivendolo parla dei virologi in festa”

        Non capisco questo uso del termine “pennivendolo”.

        Per me, pennivendolo è il giornalista che viene pagato per fare gli interessi di qualcuno.

        Quello che appena prima delle elezioni scrive, “l’on. Camorruso oggi ha visitato la scuola elementare del paese, portando un sorriso nei cuori di tanti bambini” è con ogni probabilità un pennivendolo.

        Ora, chi ha un interesse economico a scherzare sui virologi che vanno in TV?

        • Miguel Martinez scrive:

          Poi se per “pennivendolo” intendi invece che un giornalista viene pagato perché scrivo un articolo, allora io sono un traducivendolo e tu sei un leggivendolo, ma non ha più molto senso.

          • roberto scrive:

            Intendo per pennivendolo un giornalista di infimo valore che svolge come attività principale quella di riempire pagine al solo scopo di far vendere il suo giornale.
            Se leggi l’articolo citato da moi, capirai quel che voglio dire

          • roberto scrive:

            Ovviamente la figura mitologica del virologo mediatico l’hanno creata i giornalisti con la loro spasmodica ricerca di attenzione…mica i virologi si sono impossessati con la forza di televisioni e giornali….

            • Miguel Martinez scrive:

              per roberto

              “Ovviamente la figura mitologica del virologo mediatico l’hanno creata i giornalisti con la loro spasmodica ricerca di attenzione…”

              Questa è una riflessione molto interessante, e non intuitiva.

              Certo, è un po’ come la questione, è il cliente o la meretrice che crea la prostituzione?

              Nel caso dei virologi, non abbiamo la scusante del bisogno economico, che certamente è una delle cause principali della prostituzione.

              Insomma, è il giornalista che è un porco, o il virologo che è una troia?

          • PinoMamet scrive:

            Ehm…
            Sono d’accordo con il primo commento, in disaccordo col secondo.

            I virologi mediatici sono stati tutto tranne che mitologici: erano presenti sui media italiani tutti i santi giorni, predicavano, pontificavano, davano ordini ai politici e litigavano tra di loro.

            Certamente la colpa era anche dei pessimi giornalisti italiani – tutti – che li andavano a intervistare.

            Ma i giornalisti non li obbligavano mica a parlare con la forza! E una volta diventati personaggi “pubblici”, cioè subito, l’impressione era proprio che fossero questi squallidi personaggi (parlo dei medici) a imporre il loro parere su tutto, ben aldilà delle loro già stiracchiate competenze, con una ricerca spasmodica di attenzione.

            Non so in altre parti d’Europa, ma in Italia tutti, e sottolineo tutti, a un certo punto si sono chiesti “ma cosa faranno questi tizi una volta finito il Covid??”

            • roberto scrive:

              Si certo che erano presenti come le erbacce nel mio giardino, ma una cosa è essere presenti (che magari in un momento come quello era pure normale, invece che ridursi come al solito in Italia a chiedere i pareri di un’altra categoria di esseri mitologici, gli intellettuali e gli intrattenitori) ed una cosa è essere trasformati in appunto figure mitologiche, dei, eroi demoni.

              Su quest’ultimo punto i giornalisti italiani sono stati osceni. Aggiungo che l’oscenità è stata facilitata dalla catastrofe dell’informazione istituzionale, una delle cose che mi ha più colpito di questi anni orrendi.

            • PinoMamet scrive:

              Concordo in tutto.

  16. Miguel Martinez scrive:

    Si parlava del PD e di Salvini.

    Ora, alla fin fine, tolte le chiacchiere, il PD è questo:

    https://firenze.repubblica.it/cronaca/2022/05/24/news/firenze_fdi_attacca_a_spese_del_maggio_pereira_fa_acquisti_in_pescheria_e_dal_fornaio-350914860/

    Ovviamente la Destra (o il M5S) al potere sarebbe uguale spiccicato.

    Certo, resta la divergenza sul DDL Zan (riguardo alle poche centinaia di trans in Italia) e sui tirocini di studenti nelle aziende.

    • tomar scrive:

      PEREIRA LE PERE FATTELE COI TUOI SOLDI!

      Vedremo questa scritta sui muri di Firenze?

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “questo”

      Ma perché confondi sempre etica e politica?

      Che l’occasione faccia l’uomo ladro, lo sanno tutti.

      Il PD ha mai votato condoni edilizi negli ultimi dieci anni? No.

      FdI ha mai votato condoni edilizi negli ultimi dieci anni? Hai voglia.

      E allora che uno del PD si compri il pesce coi soldi pubblici e uno di FdI anche, come fa a spingerti a dire che “sarebbe uguale spiccato”?

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “Il PD ha mai votato condoni edilizi negli ultimi dieci anni? No.”?

        Non ti so rispondere sui condoni edilizi.

        Se mi chiedi del tipo di condoni (sotto varia forma) che sono alla portata di un’amministrazione comunale, direi che il PD fiorentino ne ha fatti tanti, ma tanti.

        Deroghe al piano regolatore, uso creativo di oneri di urbanizzazione, pressioni indebite sulla soprintendenza per favorire progetti scellerati, cementificazione massiccia delle periferie, rifiuto di indire processi partecipativi regolarmente promossi dalla Regione… l’ultimo riguardava una funivia (!) con ingresso da Palazzo Pitti per favorire uno speculatore immobiliare argentino.

        Poi se la Destra arrivasse per assurdo miracolo al governo del Comune, sono certo che farebbe la stessa cosa, uguale spiccicato.

        E’ una questione “etica” o “politica”? Non lo so e non mi interessa molto la distinzione.

        • Miguel Martinez scrive:

          Ecco una piccola lista di “condoni” del PD:

          https://italianostrafirenze.wordpress.com/category/piano-strutturale-e-regolamento-urbanistico/

          E’ un sistema, non è la piccola deviazione personale.

          Il sistema fa l’uomo ladro, non la sigla: ecco perché insisto che anche la Destra farebbe le stesse identiche cose.

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            “sistema”

            Qualunque sistema fa l’uomo ladro.

            Ecco perché non è dall’onestà che si sceglie uno schieramento politico, ma a partire dai concreti interessi. (Il che dimostra quanto ciarlatani siano stati i grillini).

            Ad esempio: a me, consumatore a reddito fisso, conviene avere il centro commerciale dove il sale lo pago 30 centesimi o il bottegaio evasore che me lo mette a 50?

            Quale partito si oppone ai centri commerciali per difendere i bottegai evasori?

            Una volta individuato, si voterà in modo da minimizzare l’influenza di quel partito sulle scelte dei governanti.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Miguel Martinez scrive:

              Per ADV

              “Ad esempio: a me, consumatore a reddito fisso, conviene avere il centro commerciale dove il sale lo pago 30 centesimi o il bottegaio evasore che me lo mette a 50? ”

              “A me, consumatore a reddito variabile, conviene avere il centro commerciale dove il sale lo pago 30 centesimi e arriva dal Tibet o avere cinque botteghe nel quartiere che così non è interamente preda di nuovi localini per movidari notturni?”

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          “Pitti”

          Io posso parlare di Genova.

          E so che a Genova quando comandavano i DC c’è stato il sacco del centro storico con l’abbattimento della casa natale di Paganini (!) e la distruzione del quartiere di Portoria, quello del Balilla (!!). Alla fine abbiamo avuto gli autobus e i camion che passavano in mezzo ai palazzi disegnati dal Rubens (!!!). C’è stata anche la cementificazione selvaggia del Fereggiano (quello che esondando ha ammazzato sei persone una decina d’anni fa) e la mancata manutenzione del ponte Morandi a seguito dell’evirazione da parte legaiola della legge volura da Prodi sui controlli cui era tenuta Aspi.

          Coi sindaci di sinistra abbiamo avuto per la prima volta la pulizia degli alvei fluviali (e infatti le alluvioni sono diminuite) e la riqualificazione del centro storico.

          Poi per carità, la sinistra ha fatto anche carne di porco. Ma gli altri hanno fatto solo carne di porco.

          Che è appunto la differenza fondamentale fra sinistra e destra.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  17. Miguel Martinez scrive:

    Troppo bello…

    il presidente americano che ha appena regalato 40 miliardi di dollari alla lobby delle armi, si chiede (titolo letto sui giornali)

    Sparatoria in Texas, Biden: «Quando, in nome di Dio, ci opporremo alla lobby delle armi?»

    • Francesco scrive:

      ma sono armi diverse Miguel!

      PS battute a parte, il problema non è che negli USA è abituale andare fuori di testa e sparare al prossimo, mentre altrove la disponibilità “fisica” di armi non spinge a fare altrettanto? non è quello il busillis da chiarire?

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Francesco

        “diverse”

        Perché le une uccidono ragazzi USA mentre le altre uccidono ragazzi Russi? Vero, nelle intenzioni. In pratica è un po’ diverso:

        https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/89599-ucraina-dove-le-armi-internazionali-finiscono-sul-mercato-nero.html

        “busillis”

        La Svizzera ha un numero di armi da fuoco pro capite nelle case superiore a quello degli USA, ma non ha stragi.

        In Svizzera dopo il servizio militare obbligatorio ci si deve portare l’arma da guerra a casa e se ne rimane responsabili a vita.

        L’addestramento al tiro è obbligatorio per un certo numero di giorni all’anno. Superato il minimo, chi si addestra per più tempo ha un avanzamento di grado anche restando civile, nella riserva. Non si diventa dirigente ad es. nelle Poste (incarico ambitissimo) se non si è raggiunto il grado di colonnello.

        Le munizioni – aspetto fondamentale – sono contate e se ne deve in ogni momento poter rendere conto alle autorità, che mandano controlli casuali a domicilio per controllare. Tante se ne ricevono, tante se ne usano per l’addestramento, tante se ne devono avere.

        In altre parole, tutti sono responsabilizzati, ma nessuno è mai completamente padrone di fare di testa sua.

        Un addestramento intensivo all’uso di un’arma semiautomatica che consente di sparare, ricaricare, sparare, ricaricare… 19 volte di seguito senza mai mancare il bersaglio (e ti assicuro che non è banale, nemmeno sparando a dei bambini) è inconcepibile per un diciannovenne che non ha fatto il militare e non ha superato i test psicologici propedeutici all’addestramento, non fosse perché non ha le munizioni per addestrarsi.

        Insomma, quanto alle armi la Svizzera è quanto di più statalista si possa immaginare. Si vede che funziona.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • roberto scrive:

          no andrea, negli usa ci sono pro capite molte ma molte più armi che in svizzera

          poi diciamo che ci sono due grandi differenze
          1. in svizzera le armi semi automatiche o automatiche sono vietate
          2. puoi detenere armi in casa ma non puoi girare armato (la differenza ti sembrerà piccola ma….in svizzera se esci di casa con un mitra e vai a spasso per la città, desti qualche sospetto, in texas no)

          https://it.ripleybelieves.com/countries-with-highest-rate-of-gun-ownership-4172

        • Francesco scrive:

          no, scusa, non mi sono spiegato

          perchè gli svizzeri, avendo ciascuno a casa un vero fucile da guerra ed essendo capacissimi di usarlo, non lo usano per ammazzarsi alla cazzo gli uni gli altri?

          i killer americani mica pensano di farla franca, quasi tutti mettono in conto di morire, eppure lo fanno. i controlli statali non hanno nessun potere di fermare uno stragista suicida

          è qualcosa nell’acqua?

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Dipende dalla violenza della società. Gli Stati Uniti sono un impero, per cui una società che deve essere per forza estremamente violenta, perché deve fare la guerra per affermarsi nel mondo. Quando cesseranno le sparatorie a scuola, allora sarà un pessimo segnale per gli USA.

            • Francesco scrive:

              infatti in Gran Bretagna, quando il loro impero dominava il mondo, la violenza interna spontanea, insensata e suicida era comune …

              ma che cazzo scrivi?

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Il Regno Unito imperiale era quel paese dove si elargivano condanne a morte come se piovesse anche per furtarelli. Ma lo hai mai letto Dickens?

  18. tomar scrive:

    a Francesco:
    “mentre altrove la disponibilità “fisica” di armi non spinge a fare altrettanto”

    Ma di quale “altrove” parli? Non c’è nessun altro paese al mondo in cui la disponibilità “fisica” di armi sia anche solo lontanamente paragonabile a quella che c’è negli USA.
    E ciò spiega tranquillamente perché lì succede che sia molto più abituale che altrove andare in giro a sparare al prossimo.

    • Francesco scrive:

      la Svizzera e pure l’Australia, pare

      • roberto scrive:

        svizzera no e australia nemmeno per sogno! erano come gli usa fino alla metà degli anni novanta poi hanno deciso di cambiare rotta, regolato in modo civile le armi, sequestrato un numero spropositato di armi e ridotto in maniera drastica gli omicidi (è un caso interessante, stessa società, togli le armi si ammazzano di meno)
        googla australia+gun+buyback

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