Dipelle!

In questi giorni, ho spesso infilato tra i commenti lunghe traduzioni fatte con il traduttore automatico DeepL.

Testi interessanti, che si perdono però facilmente.

Adesso, con l’aiuto del poco gentile ma sempre interessante curatore del blog Io Non Sto Con Oriana, ho aperto un’apposita sezione di questo blog:

https://dipelle.kelebeklerblog.com/

Esteticamente lascia a desiderare, ma spero possa essere utile per qualcuno.

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30 risposte a Dipelle!

  1. Fuzzy scrive:

    https://scenarieconomici.it/chiude-fabbrica-austriaca-la-crisi-dei-fertilizzanti-per-scarsita-di-gas-naturale-si-sposta-in-europa/

    Se penso a quelli che se la prendevano con il biologico perché roba da fricchettoni e non c’era paragone con la produttività dell’agricoltura industriale. Gente che era laureata Agrroonoomiaah. E adesso?
    Tra l’altro non capisco questo articolo della Friedmann. Sembra aver dimenticato quello che lei stessa ha sempre scritto sul picco del diesel. Senza gasolio nel serbatoio pure il trattore-armato si ferma e non va più avanti.

    • Francesco scrive:

      E non SI va più avanti: il confronto rilevante è tra quello che produce(va) l’agro-industria e quello che produrrebbe l’agricoltura non industriale. E quello che serve produrre per non lasciare chicchessia a crepare di fame.

      Poco mi interessa di una carenza momentanea di materia prima, fino a che non diventa strutturale. Non capisco l’entusiasmo per fenomeni di brevissimo periodo, se si cerca di capire le macrotendenze: sembrano quelli che al primo giorno di freddo deridono la Greta.

      Ciao

      • Miguel Martinez scrive:

        per Francesco

        ” il confronto rilevante è tra quello che produce(va) l’agro-industria e quello che produrrebbe l’agricoltura non industriale.”

        No, il confronto è tra

        1) quello che produce(va) l’agricoltura preindustriale

        2) quello che produce attualmente l’agricoltura industriale (vittoria clamorosa per “2”)

        3) quello che resterà delle risorse naturali, della biodiversità e tutto il resto alla fine della breve parabola dell’agricoltura industriale

        4) a quel punto non sarà possibile ritornare ai livelli dell’agricoltura preindustriale, perché avremo svuotato la dispensa.

        • Francesco scrive:

          diciamo che sul punto 3 mi lascio qualche dubbio: di solito il futuro si incarica di soprenderci

          sennò direi che comunque valeva la pena tentare: come diceva un certo Dante Alighieri, fatti non fummo a viver come bruti (tranne RLX)

          😀

          • Fuzzy scrive:

            Occhio che Dante ha preso una lingua a cui nessuno dava valore, il volgare, e ci ha fatto la Divina Commedia.
            Così en passant.

    • Fuzzy scrive:

      http://www.mondoallarovescia.com/chi-produce-il-cibo-nel-mondo/
      Poi mi guardo il sito, perché ha un titolo che mi intriga.
      Chi produce cibo nel mondo? Vorrei dire sorpresa! Ma in verità è una cosa piuttosto risaputa.
      Ok, con la crisi non insisto più. Ho già detto abbastanza.

      • fuzzy scrive:

        https://grain.org/en/article/6706-african-faith-communities-tell-gates-foundation-big-farming-is-no-solution-for-africa

        Questo stile di agricoltura che è stato promosso da grandi entità agricole commerciali negli Stati Uniti e in Europa mina le tradizioni comunitarie di selezione, conservazione e condivisione dei semi. Ignora la conoscenza indigena riguardo alla diversità delle colture alimentari locali e alle multi-colture. Uno dei risultati di un approccio imprenditoriale che accentra il controllo dei sistemi di produzione è che terra e profitti finiscono nelle mani di una piccola minoranza d’élite. Ciò non solo minaccia l’agenzia della maggior parte dei produttori in Africa, che sono piccoli agricoltori – quelli le cui pratiche agricole si basano sulla conoscenza storica e culturale e sulla comprensione dei loro paesaggi ecologici – ma riduce anche la produzione di cibi e medicinali nutrienti locali.

        Abbiamo già visto quel film e non funziona mai bene per i piccoli agricoltori che rimangono la linfa vitale di gran parte dell’Africa e che sono indispensabili per il suo futuro”, afferma de Gasparis.

        E qui siamo in sintonia con la Friedmann.
        Mentre in generale
        http://www.mondoallarovescia.com/il-futuro-dellagricoltura-e-nella-rilocalizzazione/
        Confermo. Il mondo alla rovescia è un bel sito, ma è pieno di pubblicità e spazzatura.

        • Fuzzy scrive:

          Per coloro che fossero smaniosi di saperne di più, in fondo all’articolo sul futuro dell’agricoltura c’è il link a un pdf
          la_transizione_agroalimentare_verso_un_modello_indipendente_dai_combustibii_fossili.pdf
          che in un certo senso completa l’argomento.

          • Francesco scrive:

            sì però adesso ci racconti, almeno ci fai un bigino!

            perchè io all’indipendenza dai combustibili non ci credo proprio, quindi mi devi dare qualcosa di più

            grazie

      • Francesco scrive:

        guarda che i conti non tornano per niente!

        le piccole aziende agricole come farebbero a nutrire il mondo se hanno meno del 20% delle terre? e le altre con le terre che ci fanno?

        • Fuzzy scrive:

          Non ho capito dove hai trovato quel 20%
          Comunque per essere un po’ più precisi
          “Più di 3/4 del cibo coltivato non passa la frontiera
          Nel Sud globale il numero di piccole fattorie è in crescita e i piccoli contadini, con solo 1/4
          della superficie agricola mondiale producono l’80 % di quanto consumato in Asia e in Africa sub sahariana”.
          https://en.m.wikipedia.org/wiki/Frances_Moore_Lapp%C3%A9
          E come fanno?
          Quando gli agronomi americani arrivarono in messico per modernizzare l’agricoltura la “milpa” produceva 65 qli per ettaro.
          E un ettaro di milpa produceva abbastanza cibo per dar da mangiare a 15/ 20 persone.
          Nel frattempo negli Stati Uniti un ettaro di mais produceva solo 25 qli.
          Salvatore Ceccarelli professore ordinario di genetica agraria fino al 1987.
          Ha pubblicato oltre 250 saggi e articoli su riviste scientifiche e raccolte internazionali

          • Fuzzy scrive:

            https://it.m.wikipedia.org/wiki/Latifondo

            Si, allora, quello che intendi tu sarebbe il 19% da 8+4+7
            E quindi su quell’altro 80 cosa si coltiva?
            Vedi alla voce piantagione in america Latina
            Per questo motivo, sin dal XVI secolo, a vaste aree inutilizzate o adibite alla produzione finalizzata al consumo locale, si affiancarono aree intensivamente coltivate – le piantagioni – per la produzione di beni esotici finalizzati all’esportazione (Furtado, 1993).
            Il latifondo latinoamericano assume perciò un significato ambivalente e sul quale non vi è mai stato completo accordo. Al latifondo tradizionale, esteso e scarsamente produttivo, si affianca la piantagione, in cui vi è la monocoltura di un solo prodotto. Si tratta di beni coloniali (caffè, cacao, zucchero, cotone, banane, tabacco ecc…). Nella piantagione, la produttività economica e fisica è alta.
            Poi si sa che dal Brasile provengono mais ogm e soia per i mangimi.
            Notare che anche in Italia il latifondo improduttivo ha contribuito a suo tempo alla scarsa capacità dell’agricoltura di sfamare i nostri progenitori.

            • Francesco scrive:

              diciamo che nessuno di questi dati ha senso, per cui se fossero veri sarebbero ancora più interessanti!

              però c’è un puzzo di ideologia tra le righe che mi rende poco fiducioso

              • Fuzzy scrive:

                A me sembra che il senso sia chiaro. Il cibo che garantisce la sopravvivenza non passa i confini. Quello che invece serve al guadagno (di pochi) è destinato all’esportazione.
                E poi che la fame non dipende tanto dal metodo di coltivazione, ma più che altro da quanto equamente sono distribuite le risorse (terreni e acqua soprattutto).
                Vuoi dirmi che sia necessario coltivare tabacco, caffè e altre cavolate di lusso dove la gente quasi patisce la fame?

              • Francesco scrive:

                >>> Il cibo che garantisce la sopravvivenza non passa i confini.

                e come mai? mai sentito parlare di prezzi politici del cibo imposti da governi che devono tenere buoni gli abitanti delle città? e delle conseguenze economiche per i contadini? nessuno andrebbe in città, se in campagna si mangiasse e vivesse bene come dicono alcuni “profeti”

                ciao

            • Fuzzy scrive:

              https://www.treccani.it/enciclopedia/latifondo_%28Dizionario-di-Storia%29/
              Ah! Eccolo! Trovato! Il Latifondo spiegato bene!
              Adesso il puzzle è completo. E che non mi raccontino più balle please, “bisogna insegnare ad ammodernare ai contadini” bla bla. No il problema è ed è sempre stato il latifondo.
              Circa. Ma abbastanza. Anzi parecchio.
              Capito Karlone? Dillo al tuo amico Banfone.
              Che film di merda che ha fatto! Ma come ha fatto?

  2. KARL scrive:

    Sul DIPELLE si era già espresso l’esimio, in tempi non sospetti : https://www.youtube.com/watch?v=yobRAO3N_to

  3. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “come diceva un certo Dante Alighieri, fatti non fummo a viver come bruti”

    In realtà non lo diceva Dante, lo diceva un personaggio di Dante, che il poeta colloca tra le fiamme eterne, nella bolgia dei consiglieri fraudolenti.

    Qui c’è una bella analisi:

    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xxvi.html

    “la colpa di questi dannati è legata alla conoscenza e, soprattutto, all’uso della parola per tessere inganni, per cui il loro peccato è di natura intellettuale: Ulisse e Diomede scontano infatti una serie di imbrogli che avevano ordito attraverso un uso sapiente del linguaggio […]

    Non è un caso, del resto, che Dante introduca i dannati della Bolgia con una sorta di ammonimento a se stesso, affinché tenga a freno l’ingegno usandolo sempre sotto la guida della virtù e per non gettare via il bene che un influsso astrale e la grazia divina gli hanno concesso: il peccato di Ulisse può essere definito di superbia intellettuale ed è metafora, come vedremo, di quello che probabilmente aveva condotto Dante nella selva oscura.

    Non è un caso, del resto, che Dante introduca i dannati della Bolgia con una sorta di ammonimento a se stesso, affinché tenga a freno l’ingegno usandolo sempre sotto la guida della virtù e per non gettare via il bene che un influsso astrale e la grazia divina gli hanno concesso: il peccato di Ulisse può essere definito di superbia intellettuale ed è metafora, come vedremo, di quello che probabilmente aveva condotto Dante nella selva oscura.”

    • Francesco scrive:

      caro mio, la grandezza dell’arte è tale che spesso travalica le intenzioni dell’artista!

      certo, Odisseo muore quando cerca di conoscere quello che Dio ha posto oltre i limiti dell’umano – il monte del Purgatorio, se ben ricordo

      ma temo che questa idea di limite non sia passata a noi lettori della Commedia

  4. roberto scrive:

    OT un effetto positivo del brexit al quale nessuno aveva pensato.
    Altro che le politiche verdi europee, laggiù fanno sul serio per proteggere l’ecosfera, tutti a piedi!

    https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/brexit-petrol-shortage-grant-shapps-b1928368.html

  5. roberto scrive:

    Anche questa fa ridere: mandano un milione di letterine per reclutare camionisti, compresi residenti tedeschi con la patente anteriore al 1999, perché all’epoca in Germania con la patente normale potevi guidare dei camioncini
    🙂

    https://www.theguardian.com/business/2021/oct/01/germans-living-in-uk-urged-to-drive-lorries-to-ease-our-fuel-crisis?CMP=Share_AndroidApp_Other&fbclid=IwAR1yp2kYKXLbApe-xE67gzIf74nO9SZMX6wb9FiLPp8VQbtRUPJazApMPEg

    • Peucezio scrive:

      Sì, anche un mio amico tedesco in quegli anno guidò un camioncino senza avere una patente specifica e infatti distrusse qualche macchina parcheggiata.

  6. daouda scrive:

    Comunico che ora ho uno smarthphono ( senza social ci mancherebbe ) che mi si è spaccato il telefono. Purtroppo è comodo. Farò in modo di disfarmene quanto prima…

    ————–

    intanto qui https://www.tabletmag.com/sections/science/articles/pandemic-science

    con traduzione italiana :

    In passato avevo spesso ardentemente desiderato che un giorno tutti potessero essere appassionati ed entusiasti della ricerca scientifica. Avrei dovuto essere più attento a quello che desideravo. La crisi causata dalla letale pandemia di COVID-19 e dalle risposte alla crisi ha reso miliardi di persone in tutto il mondo estremamente interessate e sovraeccitate per la scienza. Le decisioni pronunciate in nome della scienza sono diventate arbitri della vita, della morte e delle libertà fondamentali. Tutto ciò che conta è stato influenzato dalla scienza, dagli scienziati che interpretano la scienza e da coloro che impongono misure basate sulle loro interpretazioni della scienza nel contesto del conflitto politico.

    Un problema con questo nuovo impegno di massa con la scienza è che la maggior parte delle persone, inclusa la maggior parte delle persone in Occidente, non era mai stata seriamente esposta alle norme fondamentali del metodo scientifico. Le norme mertoniane del “comunitarismo” (condivisione dei dati), dell’universalismo, del disinteresse e dello scetticismo organizzato purtroppo non sono mai state comuni nell’istruzione, nei media e nemmeno nei musei della scienza e nei documentari televisivi su argomenti scientifici.

    Prima della pandemia, la condivisione gratuita di dati, protocolli e scoperte era limitata, compromettendo la condivisione dei dati su cui si basa il metodo scientifico. Era già ampiamente tollerato che la scienza non fosse universale, ma piuttosto il regno di un’élite sempre più gerarchica, una minoranza di esperti. All’ombra della scienza prosperavano giganteschi interessi e conflitti finanziari e di altro tipo, e la norma del disinteresse personale era stata abbandonata.
    Quanto allo scetticismo organizzato, non ha avuto molto successo all’interno dei santuari accademici. Anche le migliori riviste sottoposte a “peer review” spesso presentavano risultati con pregiudizi e forzature. L’ampia diffusione pubblica e mediatica delle scoperte scientifiche è stata in gran parte focalizzata su esagerazioni correlate alla ricerca, piuttosto che sul rigore dei suoi metodi e sull’incertezza intrinseca dei risultati.

    Tuttavia, nonostante la cinica consapevolezza che le norme metodologiche della scienza erano state trascurate (o forse a causa di questa presa di coscienza), voci che lottavano per più comunitarismo, universalismo, disinteresse e scetticismo organizzato si erano moltiplicate tra i circoli scientifici prima della pandemia. I riformatori erano spesso visti come detentori di una sorta di terreno morale più elevato, nonostante fossero in inferiorità numerica nell’occupazione di posizioni di potere. Le crisi di riproducibilità in molti campi scientifici che vanno dalla biomedicina alla psicologia, hanno causato un esame di coscienza e sforzi per migliorare la trasparenza, inclusa la condivisione di dati grezzi, protocolli e codici. Le disuguaglianze all’interno dell’accademia sono state sempre più riconosciute con appelli a porvi rimedio. Molti erano ricettivi alle richieste di riforma.

    Gli esperti basati sull’opinione (mentre ancora dominanti in comitati influenti, società professionali, importanti conferenze, organismi di finanziamento e altri nodi di potere del sistema) sono stati spesso sfidati da critiche basate sull’evidenza. Ci sono stati sforzi per rendere i conflitti di interesse più trasparenti e per minimizzare il loro impatto, anche se la maggior parte dei leader scientifici è rimasta in conflitto di interesse, specialmente in medicina. Una fiorente comunità di scienziati si è concentrata su metodi rigorosi, lavorando sui pregiudizi e riducendo al minimo il loro impatto. Il campo della metaricerca, cioè la ricerca sulla ricerca, era diventato ampiamente rispettato. Si poteva quindi sperare che la crisi pandemica potesse favorire il cambiamento. In effetti, il cambiamento è avvenuto, ma forse per lo più in peggio.

    La mancanza di condivisione durante la pandemia ha alimentato scandali e teorie del complotto, che sono state poi trattate come fatti in nome della scienza da gran parte della stampa popolare e sui social media. La ritrattazione di un articolo sull’idrossiclorochina altamente visibile da The Lancet è stato un esempio sorprendente: una mancanza di condivisione e apertura ha permesso a un’importante rivista medica di pubblicare un articolo in cui 671 ospedali avrebbero fornito dati che non esistevano, e nessuno si è accorto che era un’invenzione prima della pubblicazione. Il New England Journal of Medicine, un’altra importante rivista medica, è riuscita a pubblicare un documento simile; molti scienziati continuano a citarlo frequentemente molto tempo dopo la sua ritrattazione.

    Il dibattito scientifico pubblico più acceso del momento – se il virus COVID-19 fosse il prodotto dell’evoluzione naturale o un incidente di laboratorio – avrebbe potuto essere risolto facilmente con una minima dimostrazione di comunitarismo (“comunismo”, in realtà, nel vocabolario originale di Merton) dalla Cina: l’apertura dei libri di laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan avrebbe immediatamente alleviato le preoccupazioni. Senza tale apertura su quali esperimenti sono stati fatti, le teorie sulle fughe di laboratorio rimangono credibili in modo allettante.

    Personalmente, non voglio considerare la teoria delle fughe di laboratorio, un duro colpo per l’indagine scientifica, come la spiegazione corretta. Tuttavia, se la piena condivisione pubblica dei dati non può avvenire nemmeno per una questione relativa alla morte di milioni e alla sofferenza di miliardi, che speranza c’è per la trasparenza scientifica e una cultura della condivisione? Qualunque siano le origini del virus, il rifiuto di attenersi alle norme precedentemente accettate ha fatto enormi danni.

    La pandemia ha portato apparentemente da un giorno all’altro a una nuova spaventosa forma di universalismo scientifico. Tutti sono diventati scienziati esperti sul COVID-19 o si sono sentiti in grado di commentare sull’argomento. Ad agosto 2021, c’erano 330.000 articoli scientifici pubblicati sul COVID-19, coinvolgendo circa un milione di autori diversi. Un’analisi ha mostrato che almeno alcuni degli scienziati di ognuna delle 174 discipline che compongono ciò che conosciamo come “scienza” hanno pubblicato sul COVID-19. Alla fine del 2020, solo l’ingegneria automobilistica non aveva scienziati che pubblicavano sul COVID-19. All’inizio del 2021, anche gli ingegneri automobilistici hanno detto la loro.

    A prima vista, questa è stata una mobilitazione senza precedenti di talenti interdisciplinari. Tuttavia, la maggior parte di questo lavoro era di bassa qualità, spesso errata e talvolta altamente fuorviante. Molte persone senza competenze tecniche in materia sono diventate esperte da un giorno all’altro, raccontando enfaticamente di stare salvando il mondo. Man mano che questi esperti spuri si moltiplicavano, gli approcci basati sull’evidenza, come gli studi randomizzati e la raccolta di dati più accurati e imparziali, venivano spesso respinti come inappropriati, troppo lenti e dannosi. Il disprezzo per gli studi ben preparati e affidabili è stato persino celebrato.

    Molti scienziati straordinari hanno lavorato su COVID-19. Ammiro il loro lavoro. I loro contributi ci hanno insegnato tanto. La mia gratitudine si estende ai tanti giovani ricercatori estremamente talentuosi e ben addestrati che ringiovaniscono la nostra vecchia forza lavoro scientifica. Tuttavia, accanto a migliaia di validi scienziati, sono arrivati ​​esperti appena coniati con credenziali discutibili, irrilevanti o inesistenti e dati discutibili, irrilevanti o inesistenti.
    I social media e i principali media hanno contribuito a creare questa nuova generazione di “esperti”. Chiunque non fosse un epidemiologo o uno specialista in politiche sanitarie poteva essere improvvisamente citato come epidemiologo o specialista in politiche sanitarie da giornalisti che spesso sapevano poco di quei campi ma sapevano immediatamente quali opinioni erano vere. Al contrario, alcuni dei migliori epidemiologi e specialisti di politica sanitaria in America sono stati diffamati come incapaci e pericolosi da persone che si ritenevano idonee a giudicare sommariamente le differenze di opinione scientifica senza comprendere la metodologia o i dati in questione.

    La questione del conflitto di interesse ne ha sofferto gravemente. In passato, le entità in conflitto cercavano principalmente di nascondere la loro azione. Durante la pandemia, queste stesse entità in conflitto sono state elevate allo status di eroi. Ad esempio, le aziende Big Pharma hanno chiaramente prodotto farmaci utili, vaccini e altri interventi che hanno salvato vite umane, sebbene fosse anche noto che il profitto era ed è il loro motivo principale. Big Tobacco era noto per uccidere molti milioni di persone ogni anno e per ingannare continuamente la gente quando promuoveva i suoi prodotti vecchi e nuovi, tutti ugualmente dannosi. Tuttavia, durante la pandemia, la richiesta di prove migliori sull’efficacia e sugli eventi avversi è stata spesso considerata anatema. Questo approccio sprezzante e autoritario “in difesa della scienza” potrebbe purtroppo aver aumentato l’esitazione per il vaccino e il movimento anti-vaccino, sprecando un’opportunità unica creata dal fantastico rapido sviluppo dei vaccini contro il COVID-19. Anche l’industria del tabacco ha migliorato la sua reputazione: Philip Morris ha donato respiratori per promuovere un profilo di responsabilità aziendale e salvare vite, una parte delle quali è stata messa a rischio di morte dal COVID-19 a causa di malattie pre-esistenti causate dai prodotti del tabacco.

    Altre entità potenzialmente in conflitto sono diventate i nuovi regolatori della società, piuttosto che quelli tradizionali. Le grandi aziende tecnologiche, che hanno guadagnato trilioni di dollari in valore di mercato cumulativo dalla trasformazione virtuale della vita umana durante il blocco, hanno sviluppato potenti macchinari di censura che hanno distorto le informazioni disponibili per gli utenti sulle loro piattaforme. Ai consulenti che hanno guadagnato milioni di dollari dalla consultazione aziendale e governativa sono stati dati incarichi prestigiosi, potere ed elogi pubblici, mentre gli scienziati non conflittuali che hanno lavorato pro bono ma hanno osato mettere in discussione le narrazioni dominanti sono stati diffamati come conflittuali. Lo scetticismo organizzato era visto come una minaccia per la salute pubblica. C’è stato uno scontro tra due scuole di pensiero, la salute pubblica autoritaria contro la scienza e la scienza ha perso.
    Farsi continuamente oneste domande e l’esplorazione di percorsi alternativi sono indispensabili per una buona scienza. Nella versione autoritaria (al contrario di quella partecipativa) della salute pubblica, queste attività erano viste come tradimento e diserzione. La narrativa dominante è diventata che “siamo in guerra”. In guerra, tutti devono eseguire gli ordini. Se a un plotone viene ordinato di andare a destra e alcuni soldati girano a sinistra, vengono fucilati come disertori. Lo scetticismo scientifico doveva essere eliminato senza fare domande. Gli ordini erano chiari.

    Chi ha dato questi ordini? Chi ha deciso che la sua opinione, competenza e conflitti dovrebbero essere responsabili? Non era una singola persona, non un generale pazzo o un politico spregevole o un dittatore, anche se l’interferenza politica nella scienza si è verificata in modo massiccio. Eravamo tutti noi, un conglomerato che non ha nome e non ha volto: una rete e un disordine di prove a metà; media frenetici e di parte che promuovono il giornalismo di incompetenti paracadutati in giro e la copertura del branco; la proliferazione di personaggi dei social media pseudonimi ed eponimi che hanno portato anche scienziati seri a diventare avatar selvaggi e selvaggi di se stessi, sputando enormi quantità di sciocchezze e sciocchezze; aziende industriali e tecnologiche scarsamente regolamentate che mostrano la loro intelligenza e il loro potere di marketing; e gente comune afflitta dalla crisi prolungata. Tutti nuotano in un misto di alcune buone intenzioni, alcune idee eccellenti e alcuni splendidi successi scientifici, ma anche di conflitti, polarizzazione politica, paura, panico, odio, divisione, notizie false, censura, disuguaglianze, razzismo e malattie sociali croniche.

    I dibattiti scientifici accesi ma salutari sono sempre bene accetti. I critici seri sono i nostri più grandi benefattori. John Tukey una volta disse che il nome collettivo per un gruppo di statistici è un litigio. Questo vale anche per altri scienziati. Ma “siamo in guerra” ha portato a un passo oltre: questa è una guerra sporca, senza dignità. Gli oppositori sono stati minacciati, maltrattati e vittime di bullismo da campagne di annullamento della cultura sui social media, storie di successo nei media tradizionali e bestseller scritti da fanatici. Le dichiarazioni sono state distorte, trasformate nel contrario di quello che erano e ridicolizzate. Le pagine di Wikipedia sono state vandalizzate. La reputazione di molti scienziati è stata sistematicamente devastata e distrutta. Molti brillanti scienziati sono stati maltrattati e hanno ricevuto minacce durante la pandemia, con lo scopo di rendere infelici loro e le loro famiglie.

    L’abuso dell’anonimato e dello pseudonimo ha già un effetto agghiacciante; ma è peggio quando le persone che abusano hanno un nome e sono rispettabili. Le uniche risposte possibili al bigottismo e all’ipocrisia sono la gentilezza, la civiltà, l’empatia e la dignità. Tuttavia, escludendo la comunicazione di persona, la vita virtuale e i social media nell’isolamento sociale sono scarsi vettori di queste virtù.

    La politica ha avuto un’influenza deleteria sulla scienza pandemica. Tutto ciò che qualsiasi scienziato apolitico ha detto o scritto potrebbe essere usato come arma per programmi politici. Legare interventi di salute pubblica come maschere e vaccini a una fazione, politica o meno, soddisfa coloro che sono devoti a quella fazione, ma fa infuriare la fazione avversaria. Questo processo mina la più ampia adozione necessaria affinché tali interventi siano efficaci. La politica travestita da salute pubblica non ha ferito solo la scienza. Ha anche abbattuto la salute pubblica partecipativa in cui le persone sono autorizzate, piuttosto che obbligate e umiliate.

    Uno scienziato non può e non deve cercare di modificare i suoi dati e le sue inferenze sulla base dell’attuale dottrina dei partiti politici o della lettura del giorno del termometro dei social media. In un ambiente in cui le tradizionali divisioni politiche tra sinistra e destra non sembrano più avere molto senso, i dati, le frasi e le interpretazioni vengono estrapolati dal contesto e trasformati in armi. Lo stesso scienziato apolitico potrebbe essere attaccato da commentatori di sinistra in un luogo e da commentatori di destra in un altro. Molti scienziati eccellenti hanno dovuto tacere per loro scelta in questo caos. La loro autocensura è stata una grave perdita per le indagini scientifiche e lo sforzo per la salute pubblica. I miei eroi sono i molti scienziati ben intenzionati che sono stati maltrattati, diffamati e minacciati durante la pandemia. Li rispetto tutti e soffro per quello che hanno passato, indipendentemente dal fatto che le loro posizioni scientifiche siano d’accordo o in disaccordo con le mie. Soffro e apprezzo ancora di più coloro le cui posizioni erano in disaccordo con le mie.

    Non c’era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione col turbo. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, i potenti e i combattenti sono diventati più potenti e più conflittuali, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto.

    Temo che la scienza e le sue norme abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata.

  7. Moi scrive:

    Ancora nel 2021 …

    https://www.drcommodore.it/2021/10/04/komi-san-comunista/

    ……………….

    KOMI CAN’T COMMUNICATE, KOMI È COMUNISTA SECONDO GOOGLE TRADUTTORE

    • Moi scrive:

      ho provato ” 古見さんは、コミュ症です ” in DeepL …

      dà l’ alternativa più corretta,o meno scorretta …

      “Mr. Furumi is a communicable disease.”

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