Burocrazia cinica (1)

Alla seconda parte

Leggo che il Comune di Firenze ha approvato i nuovi regolamenti per le Aree Cani dei giardini comunali.

Non è un tema che mi riguardi direttamente, un po’ perché avendo già due gatti (e diversi gechi sulla terrazza), non intendo avere altri animali domestici; e un po’ perché i canari costituiscono un mondo identitario, che sa farsi rispettare, ma non è il mio.

Però questa microstoria fiorentina è una goccia in cui si vede cosa significa il Regime Burocratico, cioè il sistema in cui professionisti stipendiati decidono il destino di individui isolati.

La prima cosa da notare è che la Burocrazia è indifferente alla realtà.

Infatti, in buona parte, le aree cani sono in realtà aree occupate da clochard e/o drogati, cosa che non ci dovrebbe sorprendere: clochard e/o drogati esistono, e se la Burocrazia non prevede di sterminarli, oppure di assegnare loro un posto dove stare, staranno inevitabilmente in posti assegnati ad altri.

Le regole burocratiche valgono infatti giustamente solo per chi le firma e le accetta: una mia amica ha cercato di proiettare un film per bambini in un giardino pubblico, ma ha dovuto arrendersi di fronte alle tasse, la SIAE, le spese per poter garantire tutte le fantasiose norme di sicurezza calibrate sui concerti dei cantanti di successo.

Mentre altri amici che da otto anni occupano un palazzo abbandonato qui nel rione riescono a organizzare felicemente dei cineforum in piazza, tanto quando arriva il sanguisuga della SIAE, non trova nessuno che abbia firmato la richiesta.

Più importante però un’altra considerazione, che anzi è cruciale per capire la nostra epoca.

La Burocrazia deve per forza creare nuove regole, a prescindere dalla loro applicazione. Lo fa da secoli ormai, e possono solo aumentare, non possono mai diminuire.

Ogni regola è per definizione una restrizione e una libertà in meno.

Non è una critica, è una constatazione sociologica: vietare di fumare nei cinema, ad esempio, o di sbraitare allo smartòfono mentre si guida, sono regole ineccepibili di buon senso.

Ma nei fatti, costituiscono sempre una libertà in meno.

Nelle aree cani, i burocrati hanno introdotto divieti abbastanza ovvi, come quelli di buttare rifiuti, ma aggiundendovi altri che sono davvero interessanti, perché rivelano come il più grigio dei burocrati abbia un’eroica missione luciferina di guerra al nemico eterno, la Natura.

E’ solo un inizio, ma già ci sono i microchip, il divieto di giocare con gli animali perché potrebbe “creare fonti di eccitazione”-

E il cane oltre al guinzaglio deve avere l’orologio per vedere quando gli scadono i trenta minuti di movimento senza eccitazione:

“Non si potrà somministrare alimenti ai cani e nemmeno utilizzare attrezzi da gioco, del tipo palle da riporto, frisbee e simili che possono creare fonti di eccitazioni agli animali o, ancora, vigerà il divieto di accesso a cani non identificati mediante microchip all’anagrafe canina, che non abbiano seguito le vaccinazioni prescritte dalla vigente normativa o cani femmina durante il periodo di calore. La permanenza raccomandata all’interno dell’area, in caso di presenza di altri cani, non superiore ai 30 minuti.

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96 risposte a Burocrazia cinica (1)

  1. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martínez

    A) A Ferrara esiste un’enorme area comunale riservata ai cani a ridosso dell’isola pedonale del centro storico (delle dimensioni di un campo da calcio). Persino sotto casa mia, a Genova, ce n’è una ricavata da un piccolo ma curato giardino pubblico. Mi sa che è la burocrazia medicea ad essere particolare.

    B) Esiste un racconto USA di fantascienza, dove il protagonista scopre CGE l’iperfetazione della burocrazia del governo è operata dagli alieni che vogliono paralizzare l’America per meglio conquistarla. Riesce dopo mille avventure a parlare con il Presidente a Washington. Questi si convince del pericolo, e per combatterlo… crea immediatamente unnnuovo Ministero per la semplificazione burocratica. Mi consolo pensando che noi italiani siamo abbondantemente vaccinati contro questa subdola minaccia dallo spazio.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  2. PinoMamet scrive:

    A fine anno scolastico scorso, il penultimo giorno quasi tutti i professori hanno portato i ragazzi fuori, in un vicino parchetto, con la scusa della lezione all’aria aperta, visto che il tradizionale ultimo giorno di “assemblea” non si poteva fare causa Covid.

    Il parchetto è molto bello e attrezzato , c’è di tutto: panchine, campetto da basket, prati, zone per i cani…

    e tanti bellissimi cartelli che intimano:
    ” è proibito giocare a palla!
    è proibito sedersi sulle panchine!
    (no, non me lo sto inventando)
    è proibito lasciare liberi i cani!
    è proibito portare i cani in giro!”

    quindi tutte queste belle strutture, suppongo, sono lì per figura.

    per fortuna i ragazzi se ne sono fregati.

    PS
    Una signora ha avuto anche da dire sul fatto che il parco fosse utilizzato, tanto pe’ cambià, come parco pubblico.

    • PinoMamet scrive:

      è proibito anche fumare.
      Io non sono fumatore, ma cribbio, è proibito fumare dentro , è proibito fumare fuori , dove cazzo si può fumare?

      • Francesco scrive:

        sul fumare la risposta mi pare evidente: non si deve fare (il che è anche giusto, fumare è una cazzata che danneggia chi fuma, chi non fuma, l’ambiente)

        sull’uso dei parchi, invece, sono per una volta d’accordo con te!

        ciao

        • firmato winston scrive:

          @fra
          “fumare è una cazzata che danneggia chi fuma, chi non fuma, l’ambiente”

          E’ vero, ma quando ti sembra strano che qualcuno ti dica che non sei assolutamente liberale, ecco il perche’.

          • Francesco scrive:

            infatti tra essere liberale e riconoscere una cosa vera come tale io scelgo la seconda

            e poi ero liberale da giovane, ora sto diventando un talebano. o un borghese. o un gesuita.

            🙂

          • roberto scrive:

            vabbé però non è che essere liberali vuol dire essere anarchici….

            • firmato winston scrive:

              straw man…

              La questione e’ che oggi siamo perfettisti, cioe’ non un po’ ma completamente intolleranti.
              Se si ama la liberta’, si deve essere tolleranti verso l’imperfetto e il disagio e il danno che esso provoca, a noi e agli altri.

              Ti prevengo perche’ immagino gia’ la tua prevedibile obiezione… tolleranti non vuol dire amanti del caos, vuol solo dire tolleranti.

              Ti pare che ci sia troppa tolleranza in giro? Ok sei un perfettista.

              • Francesco scrive:

                no no

                c’è troppo caos, schifo e deboscio

                e troppissima tolleranza di tutto questo, per pigrizia e viltà

                essere liberali non è una via per essere debosciati ma per diventare migliori – davvero migliori

                ciao

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Essere liberali significa credere che le persone siano migliori. E che più siano munite di mezzi e più siano migliori per definizione.

              • Francesco scrive:

                temo di non aver capito

                nè la prima nè la seconda frase

              • roberto scrive:

                non è straw man è semplicemente che se tu consideri ogni regola (tipo il divieto di fumo) come un attacco alla libertà e illiberale chi non la vede così evidentemente confondi liberali e anarchici

  3. va fangul scrive:

    Non mi è chiaro come si dovrebbero gestire milioni di cittadini senza burocrazia.

    • roberto scrive:

      due modi:

      quello di miguel, si vive nella stessa comunità occupandosi degli spazi comuni e si trovano soluzioni concordate a tutto (per i giocatori di basket dei playground è la regola delle partite a tempo: la prima squadra che arriva a 21 finisce la partita e le due squadre lasciano il posto agli altri a rotazione)

      quello della realtà: il più forte decide (giocando a basket è la regola del playground definita “chi segna regna”…continui a vincere e resti sempre in campo)

    • Peucezio scrive:

      VF,
      è una domanda che non ha molto senso.
      È come se, a uno che denuncia il problema dell’obesità si dicesse: “eh, ma se non mangi muori”.

    • firmato winston scrive:

      @vaffa

      1- non ha detto _senza_ burocrazia (si chiama “straw man argument”, attribuire all’avversario una cosa che non ha detto, esagerandola, per criticarlo meglio su quella – in sostanza e’ una mascalzonata argomentativa molto in uso fra i politici)

      2- forse l’errore e’ proprio che non si dovrebbero “gestire i cittadini a milionate” come se fossero i polli di un allevamento intensivo.

      • Francesco scrive:

        se ci sono milioni di persone, alcune loro necessità vanno gestite “a milionate”, credo

        • firmato winston scrive:

          Le persone sono 8 miliardi, non milionate.

          La dimensione del gruppo, escludendo come “gruppo” la persona singola, va quindi fra le 2 unita’, e gli 8 miliardi.

          Quello che ho scritto e’ una evidente critica alla dimensione del gruppo “a milionate”.

          Vale per te lo stesso che ho scritto a VF.

          • Francesco scrive:

            la mia modesta opinione è che oltre certi numeri la capacità umana di gestione scende a zero – Cina e India già comprese

            mentre nel range dei milioni ci sono molte cose che devono essere gestite, perchè è la scala a cui funzionano quelle cosse (autostrade, reti elettriche, valute, etc etc)

            ciao

            • firmato winston scrive:

              “la mia modesta opinione è che oltre certi numeri la capacità umana di gestione scende a zero”

              Umana si’, ma non dei computer. E stiamo mettendo i loro sensori di controllo dappertutto.
              Fermarsi non puo’ essere che il frutto di una decisione politica che scelga il mix desiderato di perfezionismo oppure di vita e liberta’ (perche’ la perfezione c’e’ solo nel freddo immobile della morte o nel movimento automatico e prevedibile del meccanismo).

              E’ un argomento che bisognerebbe cominciare ad affrontare.

              • Francesco scrive:

                veramente io pensavo a un sistema federalista e sussidiario

                in cui il perimetro del gruppo si fermi raggiunto il massimo di persone gestibili bene

                e ogni scelta sia presa il più possibile in basso, accettando la compresenza di scelte diverse a seconda di come ogni comunità sceglie

            • firmato winston scrive:

              Non molto tempo fa ho riletto “medioevo prossimo venturo” di roberto vacca, un libro del 1971 che all’epoca fece notizia: in sostanza la sua tesi prevedeva un collasso della societa’ moderna a causa dell’aumento di complessita’ fino all’ingestibile (per una volta non si trattava di petrolio, energia, e risorse…)

              Insomma, passati un po’ di anni, non ne ha azzeccata una, nessuno degli sfracelli pronosticati e’ successo, ma solo perche’ all’epoca non si poteva prevedere l’esplosione della tecnologia digitale e, appunto, la sua enorme capacita’ di elaborazione e di gestione.

              Se ci pensi, gia’ oggi sarebbe tecnicamente possibile, e su scala globale, dare ad ognuno cio’ che gli spetta secondo le sue necessita’ (e desideri, come piu’ o meno diceva marx) in forma di bonifico sul conto corrente, regolando pavlovianamente l’incentivo/disincentivo in modo tale da indurre il comportamento utile e desiderato, cosi’ da far funzionare la macchina dell’umanita’ secondo i parametri prefissati. E’ una cosa che qualitativamente si fa gia’ da secoli attraverso la tassazione e le corvee, ma mai e’ stato possibile come oggi renderla pervadente fino a potenzialmente sostituire ogni altra forma di libera interazione/contrattazione.
              I bonus, le carte di cittadinanza, sono un chiaro indizio di questa tendenza. NOn e’ un problema tecnico, e’ solo di volonta’ politica.
              I vantaggi perfezionistici che offrono queste soluzioni, in una societa’ sempre piu’ enorme, massificata dalla tecnologia stessa, e altrimenti ingestibile, sono una trappola formidabile.

              • Francesco scrive:

                >>> Se ci pensi, gia’ oggi sarebbe tecnicamente possibile, e su scala globale, dare ad ognuno cio’ che gli spetta secondo le sue necessita’ (e desideri

                Ma anche no, direi proprio. E non sono perchè manca il soggetto che dovrebbe mettere su l’ambaradan, manca proprio una teoria che dica come fare l’ambaradan. O hai informazioni al riguardo?

                PS poi iniziamo a parlare dei desideri … 😀

  4. roberto scrive:

    due osservazioni:

    la prima, un po’ generale.
    io non è che mi sia iscritto a giurisprudenza spinto da chissà quali ideali (“per seguire le orme di falcone e borsellino!” ué no grazie, ci tengo ad arrivare alla pensione; “per lottare contro le ingiustizie ed aiutare i deboli” ma no, c’è già erin broncovich; “perché mi piace il diritto!” ma no dai, a me piace la birra, la spiaggia e la pallacanestro), la c’è stata una lettura che mi ha fortemente influenzato, un racconto di asimov che si chiama the dead past (il cronoscopio).
    non spoilero, ma il messaggio del racconto è “bisogna capire perché una regola esiste prima di smontarla” e, francamente non saprei dirti perché, ma l’ho trovato affascinante…si, non è che mi piaccia il diritto in se, ma mi piace capire perché una comunità decide di darsi certe regole (o se vuoi dirlo à la miguel, perché un pugno di burocrati decide di imporre certe regole e non altre)

    venendo al tuo post, SIAE, regole per gli spazi dei cani, hanno tutte una ragione di esistere. possiamo certamente criticare questa ragione di esistere e possiamo ovviamente criticare il modo in cui le regole funzionano, come sono scritte, quali sono i loro effetti non voluti ecectera.
    ma partire dal presupposto “la burocrazia è indifferente alla realtà” mi sembra metodologicamente profondamente sbagliato

    parole in libertà: magari un burocrate ha notato (ho a ricevuto notizia) che lo spazio per i cani è sovraffollato in certe ore e la soluzione diventa “massimo mezz’ora” per far profittare tutti dello spazio. Poi il burocrate sa che la gente non sta con il cronometro in mano e scrive “raccomandato” il che equivale a dire “ragazzi, siate gentili, fate sgranchire le zampe al vostro cucciolo e poi lasciate il posto ad altri”.

    ps se non hai tempo di leggere il cronoscopio, lo puoi trovare qui letto
    https://www.youtube.com/watch?v=ya1a6mmbuME

    • paniscus scrive:

      “un racconto di asimov che si chiama the dead past (il cronoscopio).
      non spoilero, ma il messaggio del racconto è “bisogna capire perché una regola esiste prima di smontarla” —-

      La motivazione per cui esisteva la regola sul cronoscopio è esattamente quella che NON si è voluta considerare e che non si è nemmeno immaginato che potesse esistere, quando si è assistito allo sviluppo totalizzante e totalitario dei mezzi di comunicazione digitale negli ultimi 20 anni, limitandosi a dire “che comodo! che meraviglia! che sballo!”… appunto, senza nemmeno immaginare che prima o poi si sarebbe posto il problema.

      • roberto scrive:

        giusto, et è effettivamente la ragione per la quale uso i social con grande piacere (comodo, meraviglia e sballo) ma comportandomi come se fossi sempre in pubblico (non metto le dita nel naso in pubblico? non posto foto in cui metto le dita nel naso)

      • firmato winston scrive:

        Un racconto che mi viene in mente, e mi pare molto piu’ in tema con l’argomento affrontato, e’ “piccola citta’” di PK Dick.
        Nulla in comune con il dramma di thorton wilder: potrebbe intitolarsi “il fermodellista”… Troppi spoiler.

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      “partire dal presupposto “la burocrazia è indifferente alla realtà” mi sembra metodologicamente profondamente sbagliato”

      Invece secondo me coglie esattamente nel segno.
      Le leggi e i regolamenti, almeno quelle relative gli aspetti spiccioli o comunque organizzativi, pratici, ragionano pensando a una sorta di mondo astratto, inesistente, applicando schematismi che sono palesemente avulsi dalla realtà.

      Si è visto in tanti casi in relazione alle regole per il covid. Molto spesso erano concepite in funzione di un optimum comunque irrealizzabile, perché il covid si combatte secondo logiche statistiche, di minimizzazione del danno, e in funzione di questo optimum chimerico si facevano danni maggiori.

      Nell’ambito della circolazione stradale questa logica è evidentissima.
      È vietato sostare in doppia fila anche per cinque minuti e rimanendo in un raggio tale che il tizio che non può uscure suona e accorriamo subito.
      D’accordo, sono circostanze difficili da verificare.
      Ma il risultato qual è? Il parcheggio in doppia fila non si disincentiva, le multe possono capitare del tutto a caso e capita il caso di quello che resta imprigionato a lungo nel parcheggio.
      E se invece ci fossero vigili e telecamere dappertutto che rendessero effettiva davvero la regola, per fare un acquisto di cinque miniti in un negozio dovrei girare un’ora finché non si trova parcheggio, con le relative conseguenze in termini non solo di efficienza generale del sistema (grossa perdita di tempo da parte di milioni di persone), ma di traffico e inquinamento.
      Basterebbe stabilire per esempio che la multa ed eventualmente la rimozione possa essere fatta su richiesta dell’automobilista “imprigionato”.

      ““bisogna capire perché una regola esiste prima di smontarla” ”

      No. Le regole devono avere uno scopo, non assecondare una compulsione regolatrice di matrice nevrotico-ossessiva.
      Quindi, PRIMA di istituire una regola bisogna capire quale scopo avrebbe.
      E bisognerebbe istituirla in via provvisoria, facendo poi una valutazione dei risultati (efficacia, ma anche entità delle conseguenze secondarie, dei disagi connessi, ecc.).

      L’idea poi oggi di moda per cui le emergenze devono essere combattute con strumenti penali è pericolosissima. Un comportamento suscita allarme se è criminale, non diventa criminale in virtù della sua diffusione.
      Quindi ciò che serve è rafforzare e rendere più efficienti le forze dell’ordine, la magistratura, ecc., mica estendere la crminalizzazione dei comportamenti umani.

      E soprattutto nulla andrebbe imposto autoritativamente, con la scusa che tanto c’è la sovranità popolare: è una cosa troppo indiretta.
      Ci vuole invece l’approvazione delle parti interessate.
      Se si fa un regolamento sulla scuola, dev’essere approvato da insegnanti e genitori; me ne sbatto che viene fatto dal parlamento eletto dai cittadini. I pensionati, per dire, o gli studenti universitari non sono parti in causa.

      • roberto scrive:

        peucezio

        “Quindi, PRIMA di istituire una regola bisogna capire quale scopo avrebbe.”

        al volo solo qu questo punto

        non stiamo dicendo cose diverse.

        il dovrebbe essere a spanne
        1. c’è una situazione
        2. questa situazione crea problemi
        3. viene stabilita una regola per risolvere i problemi
        4. se la regola non funziona (perché è stata pensata male) o non piace più (perché cambia la sensibilità della comunità) si cambia

        il mio problema è quando tizio interviene al punto 4 senza sapere, lui, nulla di 1-2-3 o senza nemmeno pensare che esistono 1-2-3

        • roberto scrive:

          errata corrige

          invece di
          “il dovrebbe essere a spanne”

          leggere
          “il procedimento dovrebbe essere, a spanne:”

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          tu però salti il passaggio della creazione della regola, quasi che le regole esistessero da sole, fin dalla creazione del mondo.
          Invece il mio problema è quando si interviene sul passaggio 3 senza sapere nulla di 1. e 2. oppure sapendone, ma intervenendo alla cazzo di cane, che è quello che avviene quasi sempre in questi regolamenti spiccioli.
          Anche perché 3. è una regola, un atto legale, basta scriverla.
          1 e 2 sono dati di realtà e la realtà è più complessa della mente ottusa di un burocrate, cioè della mente ottusa di un uomo di media intelligenza e competenza, che tenderà a tagliarla con l’accetta, a semplificarla, accrescendo i problemi.

          Aggiungo che la maggior parte dei problemi delle persone non si risolvono con le leggi.
          Io domani mattina mi alzo di cattivo umore, non c’è legge che possa risolvere il problema.
          Ma il burocrate pensa di sì.

      • Francesco scrive:

        no, sul posteggio in doppia fila sono in totale disaccordo

        va punito sempre

        l’unico problema è che non ci sono i vigili urbani per farlo rispettare ma rompe i coglioni – a tutti quelli che circolano – e va punito sempre e duramente

        anzi, io darei la licenza a ogni cittadino di perseguire detto comportamento, col solo vincolo della registrazione che dimostri che chi ha agito lo ha fatto “bene”

        idem per la sosta vietata: una molotov e via

        ci sono comportamenti sbagliati in sè e che noi italiani amiamo, essendo nella nostra natura di fottercene del prossimo

        • PinoMamet scrive:

          Sì, tutto giusto, se le amministrazioni cittadine facessero i parcheggi, invece di toglierli!!

          • Mammfero Bipede scrive:

            Invece la soluzione migliore è proprio toglierli, per tutta una serie di feedback positivi relativamente controintuitivi sui quali c’è una vasta letteratura.
            Il punto è che le automobili sono oggetti ingombranti che tendono a saturare lo spazio pubblico: più aumenti l’offerta di sosta, più veicoli attiri generando traffico, col risultato che i parcheggi stesi, dopo poco tempo, sono di nuovo insufficienti. Alcune città americane hanno prodoto un’offerta di parcheggi enorme, il risultato è stato una dispersione del tesuto urbano che obbliga all’uso dell’automobile per qualsiasi necessità, perché i singoli luoghi d’interesse finiscono per distare chilometri, proprio per lasciare spazio ad enormi parcheggi tra l’uno e l’altro. L’unica maniera sensata di gestire questa contraddizione nei centri abitati è il trasporto collettivo: un bus, o tram, o metropolitana, che trasporta una quantità di persone e non ha necessità di sostare.
            Quanto alla doppia fila il problema non è tanto la repressione (che pure, volendo, si potrebbe attuare sfruttando le tecnologie informatiche), ma l’impedimento fisico. La sosta in doppia fila è consentita dall’ampiezza delle sedi stradali, quasi sempre sovradimensionate rispeto alle necessità. Riportarle all’ampiezza minima utile impedisce di fato la sosta d’intralcio, perché quest’ultima causerebbe il blocco del traffico. Quanto al ‘pianto greco’ dei commercianti, i parcheggi legali ‘davanti al negozio’ sono in genere occupati proprio dalle loro automobili, che piazzano la mattina in doppia fila e spostano quando l’auto ‘bloccata’ deve uscire, occupando poi il parcheggio ‘liberato’. Se non ci sono parcheggi davanti ai loro negozi la responsabilità non è di altri…
            Per ulteriori approfondimenti ti rimando al blog ‘Benzinazero’, che ospita articoli sulle singole questioni corredati dai link alle fonti originali: https://benzinazero.wordpress.com/

            • Peucezio scrive:

              Io non riesco a capire qual è la logica per cui andrebbe incentivato l’uso di un mezzo più scomodo rispetto a uno più comodo.
              L’autobus non va dove vuoi tu, ha percorsi ottimizzati, ma comunque adattati ad esigenze collettive, per cui comunque ci impiegherai molto di più, tranne casi particolari, a fare le stesse cose.
              E non arriva dappertutto.
              Non puoi andarti a vedere la pieve romanica isolata su un cucuzzolo raggiungibile su una strada sterrata con l’autobus. E con la bicicletta o a piedi può essere lungo e complicato, col risultato che fai una vacanza o una gita in una zona e vedi un decimo delle cose che vedresti usando la macchina.

              Non mi si è ancora spiegato comunque che inconveniente crea la doppia fila (ovviamente a condizione che il guidatore sia immediatamente reperibile).

          • Francesco scrive:

            diciamo che l’uso dell’automobile dovrebbe avere per il singolo utente un “costo” il più possibile vicino a quello reale (costo sociale, chiamiamolo)

            facendo i conti come un ingegnere, vuole dire MOLTO di più di quello che l’italiano normale pensa di dover pagare

            mi spiace per lui ma ha torto

            e in questo costo c’è anche il fatto che posteggiare ha un costo sociale altissimo

        • Peucezio scrive:

          Francesco,
          cioè tu vai all’edicola a comprare il giornale e devi cercare parcheggio a due isolati di distanza dopo aver girato per un quarto d’ora inquinando di più?

          Posso dirti una cosa: il mondo ideale di Francesco è un mondo orribile! 😛

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Roberto

      Uno che si ispira ad Asimov avrà sempre un posto nel mio cuore! 🙂 🙂 🙂

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  5. roberto scrive:

    seconda osservazione

    “Ogni regola è per definizione una restrizione e una libertà in meno”

    certo ma è contemporaneamente una libertà in più

    esempio, la regola che ti impedisce di fumare nei cinema è sicuramente una libertà in meno per il pocero fumatore che non può godersi una sigaretta guardando un film. ma è una libertà in più per roberto che può giodersi il film senza passare due ore appestato dalle sigarette altrui

    la regola che impone di assicurare la macchina è un’odioso limite della libertà di spendere i proprio soldi come si vuole, ma da anche la libertà a tutti noi di camminare tranquilli per strada sapendo che in caso di incidente non dovremo vendere la casa per curarci

    la regola che vieta al mio vicino di costruire un palazzo di 30 metri a ridosso del mio giardino limita la libertà del vicino di fare quel che vuole nella sua proprietà, ma protegge la mia libertà di godermi luce e aria in giardino

    vedere solo un aspetto della regola è, di nuovo, metodologicamente fortemente sbagliato

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      La sigaretta al cinema credo sia più lo scontro di un diritto con una libertà. Libertà è l’assenza di norma o comunque la norma che limita l’applicazione di un’altra norma (realizzando quindi un’assemblea di norma in quel caso specifico), per cui la libertà è per definizione passare sopra gli altri sfruttando una posizione di forza. Posizione di forza che l’ordinamento riconosce come legittima e quindi non intende limitare: la movida in centro a Firenze, il fumatore alla fermata dell’autobus all’aperto, ecc.
      Il diritto è la limitazione della libertà altrui per tutelare la persona che altrimenti subirebbe la posizione di forza, come il non fumatore al cinema che sarebbe costretto a subire la sigaretta del fumatore nel caso in cui fumare non fosse vietato, mentre spezzare le gambe a chi fuma sì.

    • Peucezio scrive:

      Roberto,
      “certo ma è contemporaneamente una libertà in più”

      Qui però le risposte che hai dato (divieto di fumo, assicurazione della macchima, palazzo di 30 mt) mi paiono del tutto non pertinenti.

      Qui si parla di infinite regolette di dettaglio soffocanti e poco applicabili, mica di regole di buon senso, magari alcune discutibili (nella fattispecie a me paiono tutte tre giuste, ma posso capire possano esserci idee diverse), ma dalla funzione e dall’utilità del tutto palese.

      Anche il divieto di uccidere è una regola. Ma mica è burocrazia!

      È l’obiezione che ho fatto più sopra a vf: non capisco la logica di rispondere a chi denuncia l’eccesso, la patologia, ricordando l’utilità della misura, della fisiologia.
      Come dire che se dico che non è il caso di ospedalizzare un malato di raffreddore e di mettergli a disposizione un’equipe internazionale di primari d’eccezione, vuol dire che sono contro la medicina.

      • Francesco scrive:

        >>> Anche il divieto di uccidere è una regola. Ma mica è burocrazia!

        certo che sì, prova tu a dire a un guerriero azteco o germanico o mongolo che non può uccidere! e che c’è una legge apposita che lo vieta

        altro che lamentarsi dell’oppressione burocratica, ti impala

        • Peucezio scrive:

          Francesco,
          burocrazia significa insieme farraginoso di cavilli e complicate procedure slegate da un vero scopo pratico o quantomeno enormemente sovradimensionate ad esso.

          Non vedo cosa c’entri la legge che punisce l’omicidio.

      • roberto scrive:

        peucezio

        “Qui si parla di infinite regolette di dettaglio ”

        nonono, miguel dice proprio
        “OGNI regola è per definizione una restrizione e una libertà in meno”

        • firmato winston scrive:

          La frase di Miguel e’ tautologica.

          Il fatto che poi le regole siano imposte per evitare (o promuovere) non il comportamento regolato in se’, ma le sue conseguenze, e’ il nocciolo della questione: perche’ il disaccordo c’e’, e spesso e’ totale, proprio sul rapporto fra il comportamento regolato e le sue infinite conseguenze, che si diramano in un effetto catena interminabile di “esternalita’” positive e negative, dove ognuno evidenzia, a suo libero arbitrio, cio’ che gli sembra giusto o gli fa comodo.

          Tu per deformazione professionale cerchi sempre la ratio della regola, altri invece che la subiscono ne evidenziano gli assurdi. Chi ha ragione?

          • Francesco scrive:

            Roberto direi, visto che col suo approccio salva la ragione per cui la regola esiste e apre alla correzione che ne eviti i danni imprevisti.

            • firmato winston scrive:

              Guarda che per roberto la regola e’ sempre giusta, o perlomeno qui lui e’ quello che si sforza sempre di dimostrarla tale: ci vogliono anche quegli altri.

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Fw

                Vuoi un paese senza regole?

                Puoi scegliere.

                Afghanistan, Sierra Leone, Somalia…

                Io mi tengo le regole.

                Civiltà non è assenza di regole. Civiltà è riuscire a farle funzionare bene.

                È la differenza fra l’Homo civilus (appunto) e il silvaticus.

                Vivremo sempre meglio in un giardino che in una giungla.

                Ciao!

                Andrea Di Vita

              • Miguel Martinez scrive:

                Per ADV

                “Vuoi un paese senza regole?

                Puoi scegliere.

                Afghanistan, Sierra Leone, Somalia…

                Io mi tengo le regole.”

                Sierra Leone non saprei.

                Credo che l’Afghanistan e la Somalia abbiano delle regole rigorose da tempo immemorabile, anzi è una delle cose di cui gli “occidentali” si lamentano di più.

                Anche nei campi Rom si vive in una vita con regole abbastanza rigorose, certamente molto di più di quelle che vigono tra sanfredianini.

                Casomai, non sono culture in cui c’è una casta specifica che detta le regole per il resto della popolazione, e il resto della popolazione deve obbedire.

                Anche nei mercati orientali, gli imam/giudici sono in genere mercanti anche loro, non sono una categoria sociale a parte.

              • Francesco scrive:

                1) in Afghanistan regole ce ne sono, e anche stringenti
                2) forse meno in Somalia, ad Haiti, in Sierra Leone. O forse sono diverse da quelle che ci aspettiamo noi.
                3) OK sulla civiltà … ma vorrei regole per il bene, chè anche Auschwitz funzionava come un orologio svizzero
                4) Non ci metterei la mano sul fuoco, ci sono giardini pessimi.

          • roberto scrive:

            FW

            ” Chi ha ragione?”

            ovviamente io

            no, ti prego non attaccare pure tu con la solfa “per roberto la regola e’ sempre giusta” sennò ti seppellisco sotto una valanga di regole che per me sono stupide, inutili, scritte a cazzo, dannose, da eliminare, da modificare….

            il che non vuol dire “tutte le regole sono inutili e/o dannose” come sostenete tu e miguel

            • Miguel Martinez scrive:

              Per roberto

              “il che non vuol dire “tutte le regole sono inutili e/o dannose” come sostenete tu e miguel”

              Credo di aver detto l’esatto contrario, tanto che ho messo le mani avanti citando subito due regole con cui sono d’accordo personalmente.

              Non mi interessano le regole “stupide, inutili”, ecc. Anzi, come te, credo che tutte le regole abbiano una motivazione valida, che deve essere per forza resa subito universale, come spiego nell’altro post.

              Parlo di un MECCANISMO, non me la prendo con il “cattivo burocrate”.

              • Francesco scrive:

                è questo il problema: tu chiami meccanismo il comportamento di una piccolissima parte della burocrazia mondiale, che prende scuse per non fare bene il suo lavoro.

                credo stia qui la questione

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “comportamento di una piccolissima parte della burocrazia mondiale, che prende scuse per non fare bene il suo lavoro.”

                Dunque, tu dici che il burocrate che fa bene il proprio lavoro non deve:

                1) rispondere a un problema reale che sorge (tipo lancio frisbee in un’area cani)

                2) imponendo un divieto di natura generica (“lancio di qualunque cosa”)

                3) a tutta una categoria di luoghi (“tutte le aree cani del Comune”)

                4) e dovrebbe di conseguenza farsi denunciare lui?

              • Miguel Martinez scrive:

                Sempre per Roberto

                Per me non esistono categorie cattive (o buone) di esseri umani, si diventa cristiani/ebrei/neri/fascisti/burocrati/omosessuali/preti/avvocati/traduttori/migranti/atei/colti/operai/imprenditori privati per una serie di motivi infinitamente complessi – ad esempio se nasci in Somalia, sei musulmani e della tribù X, ma mica sei nero!

                Se nasci negli Stati Uniti, sei nero anche se hai la pella chiara come la mia,

                c’è gente chi è diventato comunista perché era un contadini che ce l’aveva con il latifondista, e chi lo è diventato perché era il figlio del latifondista che all’università voleva fare l’alternativo, e chi perché non sopportava le violenze dei fascisti, e chi perché voleva diventare torturatore nell’NKVD.

                Io sono estremamente stanco dell’approccio tifoso alla storia, che stiamo vivendo.

              • Francesco scrive:

                no Miguel

                dico che in quel caso fa esattamente la cosa giusta che spiega perchè esiste il suo ruolo sociale

                studia un singolo incidente e ne trae logiche conclusioni generali, che traduce in norme di comportamento opportune

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “dico che in quel caso fa esattamente la cosa giusta che spiega perchè esiste il suo ruolo sociale

                studia un singolo incidente e ne trae logiche conclusioni generali, che traduce in norme di comportamento opportune”

                Bene, siamo pienamente d’accordo.

                Io non sto parlando di “pochi burocrati”, sto parlando della natura strutturale del loro ruolo, a prescindere da buone o cattive intenzioni.

              • Francesco scrive:

                sì ma stai anche sostenendo a gran voce che è un disastro!

                invece ci sono burocrazie che prima di decidere studiano davvero le questioni – pare

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          “nonono, miguel dice proprio
          “OGNI regola è per definizione una restrizione e una libertà in meno””

          Ed è vero.
          Il che significa che la restrizione della libertà dev’essere commisurata al vantaggio che ne consegue, cioè a una maggiore libertà complessiva (se un tizio mi sequestra, non sono più libero, quindi lo stato gli deve togliere la libertà di sequestrarmi).

          La burocrazia da questo punto di vista è solo dannosa, perché per definizione è proprio la sproporzione fra l’una e l’altra cosa.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “Roberto,
            “nonono, miguel dice proprio
            “OGNI regola è per definizione una restrizione e una libertà in meno”””

            Confermo. Altra cosa (molto soggettiva) è se tale restrizione sia benefica o no.

  6. roberto scrive:

    poi se vuoi dirmi che ci sono regole profondamente sbagliate, sfondi una porta aperta
    (al divieto di sedersi sulle panchine se non lo dicesse pino e se non fosse italia non ci crederei, ma appunto lo dice pino dell’italia….)

    • Peucezio scrive:

      Il punto non è che siano sbagliate (dipende anche a quali valori si dà priorità, se per esempio alla comodità di circolazione o alla qualità dell’aria).
      Il punto è che sono troppe e disciplinano aspetti di dettaglio.
      E spesso sono puramente procedurali, astratte.

      Stabilire che un ricorso all’assegnazione di un appalto o un conflitto di competenze blocchi un lavoro pubblico strategico per anni è palesemente antieconomico: la collettività sarebbe molto più avvantaggiata dal realizzare l’opera risarcendo l’eventuale danneggiato che non avendola a disposizione.

      La Corte dei Conti ha bloccato, per questioni contabili appunto, lo sviluppo del vaccino anti-covid italiano.
      Chi ci guadagna? Curioso che in quel caso il moralismo vaccinista non abbia detto nulla. Eppure è infinitamente più grave delle folcloristiche manifestazioni dei no-green pass e persino del bloccare qualche treno.
      Uno stato serio cambia le regole o sistema i conti in modo che si possa continuare lo sviluppo del vaccino.

      In tutto ciò non c’è una parte tutelata al prezzo di limitare la libertà di un’altra parte. C’è un mero vincolo burocratico, appunto, fine a sé stesso.

      Se si stabilisse che ogni volta che vado a fare pipù in un bagno pubblico devo riempire un modulo col mio nome e cognome, ecc., questo non avvantaggerebbe nessuno, ma appagherebbe il bisogno di controllo del burocrate e del legislatore medio.
      E la burocrazia sostanzialmente funziona così; la maggior parte dei problemi nascono da regole più o meno di questo tipo.

    • Peucezio scrive:

      E il caso di divieto di sedersi sulle panchine (che sembra da romanzo distopico o da giochino paradossale) è proprio l’esempio perfetto, paradigmatico di ciò di cui stiamo parlando.

      La burocrazia non è l’obbligo di assicurazione dell’auto o il divieto di fumo nei locali.
      La burocrazia sono precisamente le regole surreali di questo tipo.
      Che, almeno in Italia, condizionano la società al punto di paralizzarla, rendono la vita una corsa a ostacoli, rendono l’imprenditoria o la gestione di un’attività un atto eroico.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “La burocrazia non è l’obbligo di assicurazione dell’auto o il divieto di fumo nei locali.”

        Non sto parlando dell’utilità o meno delle singole regole.

        Sto parlando di un sistema in cui esiste una casta di professionisti che ha il compito di imporre delle regole (giuste o demenziali non importa) alla grande maggioranza della popolazione, che non viene consultata ma deve obbedire, a rischio di vari tipi di punizione.

        Io questo sistema lo chiamo “burocrazia”.

        Poi so che è più normale usare questo termine solo per le forme di questo sistema che non ci piacciono personalmente.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Io lo chiamo diritto comune medievale, invece.

        • firmato winston scrive:

          @miguel

          Uno che di professione vive di regole cosa vuoi che faccia, se non regole?

          Chi sa usare il martello vede tutto in forma di chiodo.

          Qualunque specialista ha una visione parziale del mondo, senno’ non sarebbe specialista.

          Vi avevo gia’ consigliato un ottimo libretto di Lucio Russo, “la cultura componibile”, che tratta proprio di questa deriva che peraltro sta provocando il rigetto del parere degli specialisti e degli esperti da parte dell’uomo comune, con ultimamente una certa tendenza alla minaccia se non ancora all’uso della violenza difensiva.

          Chi la fa l’aspetti.

          🙂

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ peucezio

        “tipo”

        Tu sei come quel tipo che parlando del mare parla solo del mar di mare.

        Guarda che se hai una tessera sanitaria che ti dà diritto all’assistenza in tutta la UE (e il l’ho provato) lo devinpriprio alla burocrazia.

        Poi è chiaro che il troppo stripoua; ma non buttare via il bambino con l’acqua sporca.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Andrea,
          è l’esatto contrario.
          Ciò di cui parli tu è una semplificazione, è uno snellimento, è l’abbattimento di barriere, vincoli.
          È l’antiburocrazia.

    • Peucezio scrive:

      Molte regole poi servono solo ad alleggerire il lavoro dei burocrati stessi, cioè pongono limitazioni agli utenti per rendere più facile la vita a chi è pagato dagli utenti stessi, cioè dai cittadini con le proprie tasse, per occuparsene ed essere al loro servizio.

      Perché gli esercenti e gli imprenditori devono avere un’infinità di adempimenti?
      Perché per pagare le tasse il cttadino deve preoccuparsi lui di dichiararle?
      Non solo devo pagarti, ma devo avere io l’onere di calcolare quanto ti devo? E spenderci magari pure dei soldi, che nemmeno mi risarcisci? Ma siamo pazzi? Tu hai stabilito le regole, la tassazione, le esenzioni, le aliquote e tutto il resto, tu fai il calcolo e mi dici quanto ti devo e, anzi, se ho scelto di domiciliare in banca le tasse, me le prelevi e basta.

      Vi immaginate l’amministratore di condominio che dicesse ai condomini: calcolate quanto dovete pagare di bolletta e poi fatemi un bonifico??

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ peucezio

        C’è una cosa che si chiama dichiarazione dei redditi precompilata.

        Un’altra si chiama autocertificazione.

        Una terza in passato era l’abluzione del certificato di esistenza in vita.

        Poi c’è stata la liberalizzazione delle parafarmacie, l’abluzione della tassa di passaggio sui cellulari…

        Eh, ma sono tutte cose fatte dalla “sinistra che ha tradito i lavoratori”, mica l’hanno fatte i Difensori dei Valori: dunque non contano… 🙂

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Miguel Martinez scrive:

          Per ADV

          “C’è una cosa che si chiama dichiarazione dei redditi precompilata.”

          Giustissimo notare queste cose.

          Infatti, da destra io vedo una critica caricaturale alla burocrazia. Come se fosse una imposizione deliberata, e non un sistema. Il burocrate per la destra è quel particolare tizio che ama vessare gli altri così, per sadismo.

          Per me il burocrate è una fuzione sociale, una persona scelta con un meccanismo impersonale (in genere concorso) che ha come lavoro quello di decidere del destino degli altri.

          Può essere una brava persona o uno che cerca di fare i propri interessi, può prendere decisioni “buone” o “cattive” (e qui le opinioni diventano del tutto soggettive, e non mi interessano).

        • Peucezio scrive:

          Andrea,
          “C’è una cosa che si chiama dichiarazione dei redditi precompilata.”

          E infatti va nella direzione che io auspico.

          Per fortuna non c’è solo la spinta burocratica: esiste la spinta opposta. Per la pressione della società a vivere decentemente. C’è il consenso; inoltre c’è il fatto che anche gli amministratori pubblici incorrono negli stessi problemi, quindi alla fine un minimo nasce anche in loro l’esigenza di avere un sistema meno vessatorio e più efficiente.

          La sinistra capita che se ne faccia interprete, benché sia in contrasto col suo DNA, perché ha le pmi più libere: se lo si fa a destra ci si prende dei fascisti. E la destra, diversamente dalla sinistra, ha soggezione e complesso d’inferiorità.

      • roberto scrive:

        peucezio

        “Molte regole poi servono solo ad alleggerire il lavoro dei burocrati stessi, cioè pongono limitazioni agli utenti per rendere più facile la vita a chi è pagato dagli utenti stessi, cioè dai cittadini con le proprie tasse, per occuparsene ed essere al loro servizio.”

        questo è secondo me un problema molto interessante

        in effetti è vero, esistono regole che servono solo a questo, rendere facile il lavoro di chi le regole le deve far applicare.
        è un male in se?

        non lo so, non è detto, perché, ritrono al punto di prima, bisogna vedere perché e se l’obbiettivo viene raggiunto

        per fare un esempio di cosa che ritengo profondamente sbagliata, cosi FW è contento, sai che sono stato assolutamente contrario ai coprifuoco che avevano come unico scopo quello di facilitare i controlli.
        ora io credo che la mia libertà personale di rientrare a mezzanotte prevalga sulla necessità di facilitare i controlli (soprattutto dopo un’anno e mezzo di pandemia….) quindi che si fottano i controllori (syesso discorso per tutte le odiose autocertificazioni)

        esempio contrario: ci sono un sacco di regolette sulle formalità di presentazione dei documenti (tipo “solo in fomato elettronico”).
        ora sono certamente delle scocciature per chi le deve subire ma il vantaggio di accellerare e facilitare il lavoro dell’amministrazione mi sembra che prevalga sulla scocciatura del cittadino pigro.
        posso raccontarti che ho ricevuto anni fa un atto scritto da un avvocato a mano….non credo che tu, da contribuente, sia stato particolarmente soddisfatto di pagarmi il mio stipendio per le 15 ore che mi ci sono volute per decifrare quella porcata che all’epoca non avrei potuto cestinare proprio perché mancava una regola che imponeva di mandare i documenti rispettando certe formalità

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          “ora io credo che la mia libertà personale di rientrare a mezzanotte prevalga sulla necessità di facilitare i controlli ”

          Sai che ancora questa cosa non l’ho capita?
          (Mera curiosità, nient’altro…)
          Facilitare i controlli rispetto a quale ipotesi alternativa?
          Se non fai il coprifuoco non hai nulla da controllare.
          Di giorno non lo puoi fare, perché la gente va a lavorare, a fare la spesa… a quel punto sarebbe un “lockdown”.
          Rispetto a evitare assembramenti? Ma perché di giorno sarebbe più difficile controllarli? Eppure c’è molto più personale in servizio rispetto alla notte.
          O invece, se ci si riferisce ad assembramenti notturni, è più facile sanzionare venti persone in una volta, che andare a rincorrerle in giro per la città una per una.
          Cosa che infatti non veniva fatta: a me è capitato di passare in macchina davanti alla macchina della polizia all’una di notte e non mi hanno detto niente, anzi, non mi hanno cagato manco di striscio.

          • roberto scrive:

            credo che sia “Rispetto a evitare assembramenti? ” che di notte tendono ad essere più alcolizzati e tutto sommato superflui

            ma ripeto, l’ho trovata una regola odiosa & inutile che ho rispettato solo perché qui facevano controlli e multe e non ho voglia di spendere soldi inutilmente

    • Peucezio scrive:

      Cioè, e questo non ale solo per il disco, ma un po’ per tutto, non solo lo stato crea una selva inestricabile di regole, ma sta al cittadino, è un suo onere, materiale ed economico, districarvisi, per ottenere ciò che gli spetta in termini di servizi o per adempiere ai propri doveri.

      Se ci pensiamo è mostruoso.
      Dà il senso di come lo stato moderno ha probabilmente molti vantaggi pratici, ma in certe sue manifestazioni ha un che di demoniaco, di teratologico.

  7. roberto scrive:

    last one, su “utilizzare attrezzi da gioco ”

    ho una esperienza limitatissima di cani e parchetti, che consiste nel fatto che quando vado (cioè andavo,#fuckcovid) a boston, tengo i due cani di mio fratello

    effettivamente la regola del “no toys” è universalmente applicata negli spazi per cani (anche se li non la chiamano “regola” ma “park etiquette”) ed è giustificata non dal fatto dell’eccitazione (che mi sembra abbastanza ridicolo in effetti) ma dal fatto che i cani tendono ad essere possessivi con i loro giocattoli. cioè se io porto la pallina preferita di bess, la tiro nel parchetto ed un altro cane la prende, bess si mangia l’altro cane

  8. Miguel Martinez scrive:

    Fantastico, il Partito Unico propone di creare il… Partito Unico!

    Source : https://firenze.repubblica.it/cronaca/2021/09/01/news/politica_nardella_pd_leu_5stelle_forza_italia_alleanza_ursula-316061080/?ref=RHTP-VS-I287409039-P7-S1-T1
    Firenze
    Firenze
    Firenze, Nardella lancia l’alleanza “Ursula”: “Andiamo oltre i confini del Pd”
    01 Settembre 2021 2 minuti di lettura

    “Ursula” si fa viva a Firenze. O almeno è Dario Nardella che ci prova. Il sindaco martedì sera ha invitato sul palco della festa dell’Unità del Galluzzo un parterre inedito con 3 ministri – Luigi Di Maio dei 5 Stelle, Roberto Speranza di Leu e Mara Carfagna di Forza Italia – approfittandone per tracciare un’ipotesi di rotta politica per il Pd e il centrosinistra: e se l’alleanza parlamentare e di governo si trasformassero in un esperimento politico? Se Pd, sinistra, 5 Stelle e moderati liberali provenienti dal centrodestra stessero insieme, proprio come si ritrovarono a fare per l’elezione di Ursula Von Der Leyen?

    “Oggi esiste la categoria della destra e della sinistra, ma ci sono anche ulteriori elementi su cui si sta giocando l’evoluzione della politica italiana ed europea. E’ vero o no che in Italia come in Europa si delineano due schieramenti sull’Europa? Ci sono due idee diverse, due blocchi su temi come i diritti sociali, la politica estera, la lotta al cambiamento climatico. Ci sono due grandi blocchi, c’è un blocco conservatore e sovranista e uno innovatore. Non dobbiamo aver paura. La politica deve innovare, non siamo followers ma pionieri” riflette Nardella.

    “Io credo che l’Italia possa essere un laboratorio politico, sulla gestione della pandemia, su un ideale politico,. Quella che è un’alleanza parlamentare può diventare un’alleanza politica, io su questo palco ho sentito la stessa idea di Paese. Se c’è un’idea comune si può costruire una prospettiva, non parlo di formule. C’è già nel Paese un’intesa su cui costruire qualcosa di serio. Io credo che dobbiamo andare oltre i nostri confini. Ci saranno prossimi appuntamenti politici, non dobbiamo costruire cartelli elettorali e alleanze tattiche ma chiamare a raccolta gli europeisti. Le persone di buon senso devono stare insieme” propone Nardella. E un missile nello scacchiere del dibattito nazionale è lanciato.

    Di Maio non dice no: “Posso dire che quando è arrivata la pandemia le forze politiche si sono divise in due categorie, quelle che cercavano di mettere in comune le energie e quelle che hanno iniziato a speculare sull’emergenza. Questi ultimi hanno perso. Però questo è un governo dove i ministri lavorano senza screzi. Io non credo che ci ritroveremo nella stessa forza politica ma ci sono persone che fanno parte della stesa categoria come noi: nei momenti di difficoltà non ci vedrete mai speculare”.

    Speranza rilancia sul Pd: “La provocazione di Nardella non deve essere lasciata cadere. Penso che è cambiato tanto. Possiamo immaginare che è cambiata la vita delle persone e noi facciamo finta di nulla? Noi siamo una piccolissima forza ma il Pd che è il più grande partito di questo campo democratico dovrebbe fare una grande operazione di cambiamento e di apertura, le Agorà sono un primo passo e noi ci staremo ma c’è bisogno di un passo in più e tocca al Pd”.

    Carfagna prende tempo: “Suggestione ambiziosa e coraggiosa quella di Nardella ma consentitemi di svicolare altrimenti mi diranno che parlo come Prodi. Se questa sintonia si trasformerà in un’alchimia politica è troppo presto per dirlo”.

    • Francesco scrive:

      beh, in Italia il Partito non Unico sta tra il 40 e il 45% nei sondaggi

      mica siamo tutti fiorentini!

      in effetti l’unica notizia è la disperazione di alcuni di FI che stanno pensando di buttarsi a sinistra (e coi Pentas) e l’irrilevanza dei comunisti, che ormai stanno con chiunque sempre

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      Nardella che dice una cosa intelligente contro i sovranisti?

      Beati voi!

      Noi a Genova abbiamo un sindaco che intitola i vialetti ai repubblichini…

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Li intitola al cardinale Siri? 😀

      • Francesco scrive:

        anti sovranista non coincide con intelligente

        anzi, in questa stagione storica comprende una gran maggioranza di stronzate colossali

        appena meno che quelle dei sovranisti!

        non facciamoci accecare dal tifo, svp

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “Noi a Genova abbiamo un sindaco che intitola i vialetti ai repubblichini…”

        Questo sì che è un problema grave, altroché vaccini, euro, immigrazione, licenziamenti, delocalizzazione, cementificazione, crisi climatica, lockdown…

        Veramente io sarei contentissimo se Nardella facesse una piccola pista per deltaplani e lo chiamasse “Flugplatz Rudolf Hess”. Basta che non faccia l’espansione dell’aeroporto di Peretola.

        • PinoMamet scrive:

          Vedrai che invece farà il mega-aeroporto Nelson Mandela.
          😉

          E Andrea, sia detto sine ira et studio, ci verrà a spiegare che è cosa buona e giusta, inoltre è intitolato a un grande uomo, che vuoi di più? 😉

  9. Fuzzy scrive:

    https://it.sputniknews.com/20210830/crisi-dei-microchip-gli-esperti-si-sbilanciano-proseguira-almeno-fino-al-2023-12721981.html
    “vigerà il divieto di accesso a cani non identificati mediante microchip all’anagrafe canina”
    Speriamo che di chip ce ne arrivino abbastanza anche per i cani.

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