Il Piumaccio d’Oro e il cervello vergine

Su una bancarella alla Verzaia, sfoglio un introvabile libretto, pubblicato da una piccola casa editrice locale.

La venditrice mi dice che stava per chiamare un cliente che colleziona queste cose, ma oggi resterà a bocca asciutta, e così mi piglio L’Oltrarno di Bonsanti, con testi di Francesco Gurrieri e acquerelli di Luciano Guarnieri.[1]

Una piccola antologia di storie di artigiani del Rione, raccolte nel 1980.

Vedo il nome, Piumaccio d’Oro. Oggi c’è una bottega a pochi metri da casa mia, in San Frediano, con questo nome; ma scopro che prima era in Santo Spirito.

Piumaccio d’Oro era il soprannome di Malenotti Emilio, e nel 1980, faceva l’artigiano già da sessant’anni, era del mestiere da quando di anni ne aveva sette: principiò dal mitico Tacchi all’Ardiglione, dove imparò a usare la sponderuola, la sponderuola a bastone, lo sgrossino, la gola, l’incorsatoio… Per non parlare, appunto, del piumaccio.

Piumaccio d’Oro, in guerra, si trovò a fare il partigiano sui monti, e qui ci sarebbe da riflettere su una frase dell’autore:

“L’antifascismo, per Piumaccio, come per tanta gente di Santo Spirito, non fu una rivolta morale o spirituale, ma una condizione naturale. Come per levarsi la sete bisognava bere o per lavarsi la fame mangiare, per vivere, semplicemente per essere persone vive, bisognava stare lontano dal ‘fascio'”.

Sull’antifascismo oltrarnino, ci ritorneremo: a differenza della Firenze borghese, largamente fascista, ma anche di quella operaia che alla fine ha accettato il fascismo senza troppi problemi, l’Oltrarno fu in gran parte irriducibile perché rifiutava di farsi modernizzare.

Il libero artigiano, che faceva le cose come voleva lui, anche a dispetto del cliente, che non lavorava “co’ l’orologio al braccio”, che sullo sporto, rifletteva e discuteva di tutto, non sopportava le bischerate di regime.

Il Piumaccio d’Oro

accarezzava una splendida colonna, monolitica, in pietra serena, con un meraviglioso capitello rinascimentale. Una colonna di grande dignità, ma prigioniera di una corticina intasata, una ‘chiostrina’, come tante ce ne sono nel centro della città per dar sfogo ai finestrini dei gabinetti o degli stanzini delle scale vicine.

“La vede questa? L’è la colonna che cercava i’ Nando Vitali, indove fu ammazzato i’ marito della Bianca Cappello. Qui prima ci aveva a essere un vicolo…”

Ora, penserete, il Piumaccio d’Oro doveva essere un presuntuoso intellettuale che voleva sfoggiare le sue conoscenze della tragica storia di Bianca Cappello. [2]

Palazzo Bianca Cappello

E invece, il Piumaccio d’Oro…

“Io sono fresco di memoria e mi rammento ogni cosa perché ‘un ho mai letto nulla e i’ cervello l’ho fatto solo riposare…

Capito? Ho fatto solo la seconda elementare e i’ cervello l’è vergine, ‘un l’ho impressionato.”

“Sicché, Malenotti, libri nulla?!”

“No davvero. Anzi, uno sì: I’conte di Montecristo, l’ho cominciato a leggere ni’ ’33, ma l’ho ancora da finire. E lo ripiglio in mano solo quando son malato….”

Nota:

[1) Non so chi siano, ma il cognome Gurrieri mi ricorda un fabbro siracusano che mi insegnò l’insulto siciliano supremo, da dire tutto di un fiato:

“sbirrazzu-‘nfamuni-cunfirenti-i-carrabbineri”

E mi spiegò che i carabinieri sono quelli che rovinano la gente perbene.

[2] Nel bellissimo palazzo di Bianca Cappello, c’è oggi un’amica antiquaria che avrà molte volte i soldi che ho io, però fa con entusiasmo tante cose belle nel nostro rione. E anche questa storia è molto fiorentina.

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4 risposte a Il Piumaccio d’Oro e il cervello vergine

  1. PinoMamet scrive:

    ” Come per levarsi la sete bisognava bere o per lavarsi la fame mangiare, per vivere, semplicemente per essere persone vive, bisognava stare lontano dal ‘fascio’”.”

    Non so troppo il perché, ma mi ricorda la massima del mio povero papà (o perlomeno io l’ho appresa da lui):

    Troppa amicizi col prete e il medico: vivi sempre ammalato, e muori eretico.

  2. mirko scrive:

    E troppa amicizia col rabbino? 😉

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