Comincio ad avere qualche problema con la gente che si dice anticapitalista, come se il capitalismo fosse qualcosa da cui ci si puo distaccare come ci si distacca (oggi) dalla Chiesa cattolica: “io non credo ai miracoli di Padre Pio e non faccio battezzare i miei figli!“
Il capitalismo non funziona così.
Il capitalista è un tizio che investe soldi in qualunque cosa, allo scopo di ricavare più soldi.
Questa è un’azione che fanno sicuramente anche molti che si dichiarano anticapitalisti, diciamo più o meno chiunque abbia un conto in banca.
Il vero capitalista però è uno che fa di questa attività il centro della propria esistenza: quindi il capitalismo è anche uno stile di vita.
Il suo modo molto pratico di fare, privo di qualunque apparente ideologia, sbucalta però il mondo. Come non si dimenticano mai di ricordarci gli apologeti, c’è uno stretto rapporto tra capitalismo e il fatto che quando abbiamo una carie, c’è l’anestetico e non, come nell’Italia di settant’anni fa, il cavadenti che arrivava con i tamburi e una sedia in piazza e tirava via quello che il mio odontoiatra chiama il “dentino”.
Ma se il mondo si divide tra soldi e qualunquecosa, solo i soldi hanno valore; qualunquecosa è un’informe palla di roba che contiene minerali, spiagge, luoghi sacri e profani, animali, cattedrali, storie, popoli, manodopera e consumatori.
Il capitalista, per capirci, è un signore cinese a cui non interessa né la Madonna né il Rinascimento, ma che produce in massa immagini della Madonna di Guadalupe mandando in rovina i tipografi messicani; e poi investe gli stessi soldi per acquistare palazzi nel centro di Firenze sfrattandone gli abitanti.
Ogni investimento deve rendere di più di ciò che è stato investito, e quindi le qualunquecosa devono venire spremute fino in fondo e poi bisogna trovarne di nuove. Ciò comporta necessariamente la morte della gallina dalle uova d’oro, che è ciò cui diamo il nome eufemistico di “questione ambientale”.
Però attenzione: il processo che permette di diventare capitalisti è selettivo, e seleziona un preciso tipo umano.
Il capitalista che vuole fare il capitalista è innanzitutto un giocatore, in due sensi.
Deve giocare in ogni istante con la massima astuzia contro la natura, contro i propri clienti, contro i propri concorrenti e contro le leggi. Dove contro significa sfiorare sempre il limite (e anche superarlo, quando nessuno lo vede).
Ma il capitalista è anche un giocatore in un altro senso: scommette sul futuro, perché è lì che il suo investimento deve rendere. Però il suo futuro è molto più imprevedibile di quello del meteorologo: ci sono anche mille altri come lui che barano e truccano le carte.
Quindi, il capitalista è sostanzialmente un giocatore d’azzardo.
Anni fa lessi dei problemi cardiaci di cui soffrivano i capi della ‘Ndrangheta calabrese; e ho riconosciuto subito la sindrome da sovreccitazione che ho visto in tanti imprenditori.
Infatti, la maggior parte degli aspiranti capitalisti finisce male: dal 2012 al 2019, ci sono stati in Italia mille suicidi per “motivi economici” – il 41,8% erano imprenditori, il 40,1% disoccupati.
La differenza però tra un mafioso e un capitalista sta nel fatto che il mafioso deve curare ogni giorno la propria aura, il detto-e-non-detto, la sottile capacità di mescolare generosità e terrore, di ispirare fiducia e rispetto, di curare mille rapporti, la memoria che sostituisce lo scritto.
Il capitalista invece deve badare solo ai soldi; ed è garantito dalle stesse leggi che vorrebbe ogni giorno infrangere. Come le foche hanno perso i piedi, il capitalista quindi perde in profondità psicologica.
E allo stesso modo risparmia sulle energie intellettuali che creano l’aura del prete o dell’ideologo.
Ma se può lasciare atrofizzare aura e intelletto, deve fare ogni sforzo per sembrare un buon giocatore.
I soldi veri non dormono sotto il materasso, ma girano incessantemente nel mondo virtuale: il capitalista deve saperli acchiappare al volo, proprio per poterli investire.
Quindi ha bisogno che altri capitalisti li affidino a lui.
Per fare i soldi, deve far credere di averne, e qui subentra un’enorme spesa in oggetti, animati o non: macchinoni, jet privati, quadri e donne.
Mentre nel paleolitico, possiamo immaginare che l’uomo si prodigasse a riportare all’accampamento le prede per fare colpo sulle donne, il capitalista usa le donne per far colpo sulle prede.
Qui potete ammirare il signor Eike Fuhrken Batista, brasiliano, già venditore di polizze porta a porta, poi imprenditore nel variegato campo del petrolio, del gas e dell’oro e settimo uomo più ricco del mondo, secondo Forbes. E ovviamente marito/compagno/poligamo seriale di un gran numero di signore appariscenti, assieme alle quali ha avuto cura di farsi fotografare.
Il signor Eike lo scorso agosto è stato condannato a trent’anni di carcere.
Prima di scrivere qualcosa di più articolato, una cosa al volo.
Come rientrano nello schema capitalisti come cuccia che certo non era noto per macchinino, jet, donne e quadri?
Sospetto che i cuccia siano la stragrande maggioranza dei capitalisti e i Briatore o i cavalli solo la copertina del libro
Per roberto
“Come rientrano nello schema capitalisti come cuccia che certo non era noto per macchinino, jet, donne e quadri?”
Certo, prevedevo questa obiezione mentre scrivevo, poi ho deciso di non mettere troppa carne al fuoco.
Ciò che conta è l’immagine che il capitalista ha agli occhi degli altri capitalisti: un Cuccia era percepito come uno “scommettitore su cui puoi scommettere” e non aveva bisogno di dimostrarlo con macchinino o donne.
Di cuccia ce n’è stato uno.
Di piastrellai di Sassuolo[*], stracciai pratesi e padroncini di fabrichéta in Brianza ce ne sono a cassettate.
O meglio, ce n’erano.
Diciamo che il libro aveva più copertine che fogli, in parecchi settori.
[*] L’ispirazione me l’ha data “L’isterico a metano” di Filippo Scòzzari e nipote, Milano 1998.
Il nipote si è trasferito in Giappone e ha il blog “Un italiano a Okinawa”.
Per INSCO
” piastrellai di Sassuolo”
fantastica definizione 🙂
“Di cuccia ce n’è stato uno.”
è proprio questo che non condivido.
ne conosciamo uno, perché gli altri non briatoreggiano tra yacht e bambole gonfiabili, e quindi non vanno in televisione o sui giornali, non fanno risse sotto casa di miguel, non hanno cuscini leopardati
E comunque i veri capitalisti sono sempre meno, quindi non conta tanto il numero, ma l’entità del potere che hanno.
cito peucezio qui sotto
“il vero capitalista è un personaggio grigio, spesso anche poco noto.”
la penso pure io così
Montanelli molti anni fa, parlando di Berlusconi, lo citava come tipico esempio di capitalista cattolico, dal volto umano e caloroso e godereccio.
A differenza dei capitalisti anglosassoni di impronta calvinista, descritti come glaciali e freddi, moralistici.
Per Mirkhond
” capitalista cattolico, dal volto umano e caloroso e godereccio.”
Il capitalista è quello che riesce a sopravvivere, in un ambiente di cannibali.
Questo è il dato essenziale.
Poi può darsi che in un ambiente cattolico, un Berlusconi sia più adatto a sopravvivere; ma non è che i capitalisti anglosassoni abbiano una “impronta calvinista”. Hanno una rigorosa impronta darwiniana, e senza avere la minima idea ovviamente di chi fosse Darwin.
Per roberto
“la penso pure io così”
Il vero capitalista è quello che sopravvive.
Cuccia, Berlusconi, Squinzi, Cavalli e Trump sono tutti sopravvissuti.
Occupano nicchie diverse.
Ah ecco, allora siamo d’accordo. E possiamo anche buttare via Darwin, almeno nell’uso volgare che se ne fa.
🙂
Beh, fatta la tara all’infinita varietà dei tipi umani, e sempre premesso che discuterne così è un esercizio di determinismo un po’ fine a se stesso, credo che se dovessi cercare una persona che mi guida negli investimenti cercherei uno che somiglia a Cuccia, se dovessi cercare uno che lancia il mio prodotto vistoso e inutile cercherei uno che somiglia a Briatore o a Cavalli.
Immagino non scarseggino dell’uno, né dell’altro tipo, e a dire il vero credo che Calvino c’entri, ma molto relativamente dopo tutto.
“a dire il vero credo che Calvino c’entri, ma molto relativamente”
Beh in Italia no, visto che non siamo un paese a maggioranza protestante.
Infatti in Italia non esiste un capitalismo serio: l’Italia vive essenzialmente di assistenza pubblica e di pseucocapitalismo assistito (vedi la Fiat).
E forse, se l’alternativa è il modello americano, è meglio così.
per Peucezio
“E forse, se l’alternativa è il modello americano, è meglio così”
Cioè stato che obbliga chiunque costruisca una casa, a farci un parcheggio in modo da finanziare l’industria automobilistica; e che spende in appalti per guerre internazionali somme che superano tutta l’economia italiana.
cosa hai contro Henry Ford?
😀
Per PinoMamet
“Immagino non scarseggino dell’uno, né dell’altro tipo, e a dire il vero credo che Calvino c’entri, ma molto relativamente dopo tutto.”
Soprattutto, dubito che Cuccia o Briatore sappiano chi fosse Calvino.
Post molto bello, come sempre.
Non mi ritrovo molto nell’ultima parte: donne, auto, jet, quadri…
Quello è folclore: il vero capitalista è un personaggio grigio, spesso anche poco noto.
Anche perché oggi il vero capitalista non è più l’imprenditore, che agisce comunque su scalal limitata e se la sua impresa diventa una vera multinazionale, diventa per azioni, quindi non ne è più il proprietario. Il vero capitalista è l’altissimo dirigente.
Le macchine, le donne, sono gli aspetti in cui nel capitalismo moderno resiste, in forma degradata esteticamente e culturalmente, lo spirito rinascimentale (ho i soldi e il poetere, li devo godere ed esibire), che in fondo in fondo è l’opposto dello spirito capitalista moderno, che è invece ascetico.
Comunque questo è un temone.
In pratica tu interpreti la contemporaneità come libertinaggio volgare e depravazione, io come moralismo repressivo.
Probabilmente c’è l’uno e l’altro.
Non è che io non ci veda la depravazione, ma non mi spaventa la depravazione in sé, ma la sua legittimazione sociale e ufficiale, perché è una vera inversione di ogni ordine.
Le società non sono buone o cattive per quello che c’è o non c’è: in ogni società c’è più o meno tutto. Ma per dove si collocano i vari pezzi.
Ciò che fa la struttura è la disposizione. E la struttura è la sostanza delle cose: immaginati un motore con tutti i pezzi disposti alla cazzo di cane.
Per Peucezio
“In pratica tu interpreti la contemporaneità come libertinaggio volgare e depravazione, io come moralismo repressivo.”
Ma direi che l’essenziale è un’altra cosa: il capitalista non è intrinsecamente né licenzioso né moralista.
L’essenziale è lo spirito della scommessa, come aveva già colto un secolo fa Werner Sombart, quando si accorse che le gare sportive a New York non avevano nulla a che vedere con il corpo umano, ma erano soltanto una scusa per la vera eccitazione della scommessa in soldi.
Se cogli questo, il resto viene di conseguenza: tanto l’assoluta amoralità quanto la diffusa mentalità superstiziosa.
Però c’è qualcosa che non torna.
Se consumi tutto il tuo tempo e le tue energie per accumulare una quantità di soldi che non sarai mai in grado di utilizzare in tutta la tua vita nemmeno andando in giro con una macchina diversa ogni giorno dell’anno, sei un asceta: non ci piove.
Per Peucezio
“Se consumi tutto il tuo tempo e le tue energie per accumulare una quantità di soldi che non sarai mai in grado di utilizzare in tutta la tua vita nemmeno andando in giro con una macchina diversa ogni giorno dell’anno, sei un asceta”
Certo, ma non è l’ascetismo che crea il capitalismo. E’ che il margine che ti permette di sopravvivere e far fuori qualcun altro è molto, molto stretto.
Per Peucezio
“Il vero capitalista è l’altissimo dirigente.”
E’ un’ipotesi cui si potrebbe rispondere solo con un serio studio sociologico, come quelli fatti negli anni Cinquanta negli Stati Uniti.
A pelle, penso che ci siano tre passaggi (parlo soprattutto per gli USA): “l’imprenditore” nel senso dell’artigiano, o del truffatore; poi la “organizzazione” che è quello che dici tu, che nasce con Rockefeller e Ford, il grande esercito con generali e colonnelli e caporali e soldatini a vita alle catene di montaggio. E in questo forse c’era qualcosa di ascetico, almeno in senso militare.
Poi questo si dissolve; e oggi abbiamo qualcosa di molto più fluido, con capitali virtuali che fluttuano e scompaiono e scommettitori folli che corrono dietro a loro – la vita già descritta da Tom Wolfe.
In questo mondo non tutti devono apparire, e quindi non tutti ostentano, ma è un mondo inebriante e psicotico, in cui si coglie l’attimo prima di affogare.
Beh, ma allora, se è vero questo, c’è ancora il capitale, ma non ci sono più i capitalisti, perché il sistema va avanti da sé. Cioè sono tutti subalterni, a vari livelli, di una macchina potentissima che si autoalimenta.
Per Peucezio
“Cioè sono tutti subalterni, a vari livelli, di una macchina potentissima che si autoalimenta.”
Hai colto il punto fondamentale.
Noi non viviamo in un “sistema voluto dai capitalisti”.
Noi viviamo in un “sistema adatto dove solo chi è capitalista nell’animo può cavarsela”.
Ecco che emergono, a milioni (ma non a miliardi, quindi parliamo di uno su mille), quelli che sono capitalisti nell’animo. La maggior parte finisce in bancarotta o in galera.
Per Peucezio
“(ho i soldi e il poetere, li devo godere ed esibire),”
Attenzione, però, ho detto il contrario: l’esibizione serve per ottenere soldi.
“Anche perché oggi il vero capitalista non è più l’imprenditore, che agisce comunque su scalal limitata e se la sua impresa diventa una vera multinazionale, diventa per azioni, quindi non ne è più il proprietario. Il vero capitalista è l’altissimo dirigente.”
I dirigenti vengono silurati con molta disinvoltura. Ti assicuro che da queste parti anche le multinazionali sono controllate dal paròn.
Se, invece, parli di aziende di altro tipo (le banche, per esempio), dove il capitale appartiene a fondi che appartengono a fondi, allora anche qui a contare sono gli amministratori (che non sono la dirigenza, ma proprio una categoria a sé). Qui, in effetti, a volte capita che la struttura si autoguidi.
Sì, intendevo i livelli dirigenziali altissimi, non i quadri.
Poi, certo, il Veneto è altra cosa rispetto alla Silicon Valley, per dire.
perchè, quelli della Silicon Valley, fondatori di imprese in cui solo loro credevano, ti sembrano poco veneti?
forse i finanzieri di NY e di Londra sono diversi
Circa l’incipit:
“Comincio ad avere qualche problema con la gente che si dice anticapitalista, come se il capitalismo fosse qualcosa da cui ci si puo distaccare come ci si distacca (oggi) dalla Chiesa cattolica: “io non credo ai miracoli di Padre Pio e non faccio battezzare i miei figli!“”
Verissimo.
L’anticapitalismo è come l’ostilità alla modernità in genere o alla civiltà industriale: non possiamo fare a meno di queste cose, per come viviamo (tranne pochissimi che vanno in cima alla montagna, senza elettricità, e ci coltivano l’orticello), ma ci dichiariamo ad esse ostili in senso puramente astratto.
Si possono fare piccole incrinature. I dazi per esempio sono contrari a ogni logica dell’accumulo e dello scambio all’infinito. Funzionano bene in una fase iniziale, per proteggere un’economia nuova in crescita. Ma in una fase di capitalismo avanzato, sono quantomeno un sintomo di regressione.
La cosa che diverte molto il signore della foto deve essere il fatto che il pezzo di ferro costosissimo piazzato in quel salotto è fabbricato da una cosa che si chiama Mercedes.
Il volume fotografico poggiato sul tavolinetto, invece, riporta scritto Porsche.
E quelli della Mercedes e quelli della Porsche si detestano, o anche no, insomma, chi se ne frega.
E’ appena morto Squinzi, un tizio così riservato che manco so il nome. Ecco, credo che gli imprenditori siano molto più come lui che non come i briganti che ha in mente Miguel.
Un pò la differenza che c’è tra i preti in gamba e i predatori di bambini.
Anche perchè senza spirito imprenditoriale non avremmo mai immaginato come catturare i mammouth, altro che aspettare Adamo Smith. Far rendere quello che abbiamo che ottenerne un sovrappiù è molto più fondamentale per l’essere umano di quanto scrivi, Miguel.
Ciao
Per Francesco
“Squinzi”
https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Squinzi
Mi sembra una via di mezzo tra l’artigiano e il capitalista. Nel senso che parte da una conoscenza tecnica precisa (la micidiale applicazione della plastica alla vita quotidiana), per andare oltre.
Un personaggio riservato quanto il signor Salvatore Riina, che tra i suoi numerosi difetti, non ha mai cercato mai la pubblicità, né ostentato donne tettute.
ha anche lasciato un ricordo molto positivo, alla morte si è scoperto che frequentava ambienti ben poco sospettabili (e NON intendo discoteche e bordelli)
dire che dimostra che si può essere capitalisti e brave persone, come ho sempre sospettato
ciao
il mafioso deve curare ogni giorno la propria aura
Il capitalista invece deve badare solo ai soldi
E’ l’esatto opposto. Al mafioso basta fare paura, colpirne uno per educarne cento, il capitalista ha bisogno di un’intero apparato di cortigiani (che costano molto di più di un killer della mafia) che ripetano ogni giorno che fare soldi è la cosa più bella, che chi li fa è un grande uomo e chi non li fa un fallito. Senza costoro il capitalista non potrebbe proprio esistere. Se chiunque sia dotato della capacità dell’uso dell’intelletto per scrivere bene e quindi farsi capire dalla massa avesse anche l’onestà intellettuale di ripetere ogni giorno la semplice ovvietà che chi accumula più soldi di quanti ne potrà consumare in tutta la sua vita E’ IL PIU’ GRANDE IMBECILLE DI TUTTI (perchè il lavoratore dipendente o il piccolo imprenditore i soldi fanno la fatica necesssaria per avere di che vivere dignitosamente, e non di più, lavorano per vivere, e non vivono per i soldi come il capitalista), il capitalista esisterebbe ancora? Senza Calvino che spara cazzate sul successo mondano come segno della benevolenza divina (idiozie che accomunano tutti i capitalisti, anche quelli che millantano di essere altro, i capitalisti cattolici NON ESISTONO, sono calvinisti che si sono trovati a vivere in paesi in cui dirsi apertamente tali voleva dire perdere la testa, e quindi si dicono cattolici anche se non lo sono, Berlusconi di cattolico non ha un cazzo, il suo esibizionismo è quello del ricco wasp, che si vanta di aver fatto i soldi perchè benedetto da dio) e senza i suoi seguaci che hanno speso più soldi a diffondere quelle idiozie che ad arricchirsi il capitalismo non sarebbe mai potuto nascere.
Per Giovanni
“E’ l’esatto opposto. Al mafioso basta fare paura, colpirne uno per educarne cento”
Hai messo molta (interessante) carne sul fuoco. Ti suggerirei la prossima volta di spezzare meglio il testo in paragrafi, per renderlo più leggibile.
Ti rispondo solo su un punto. Avendo vissuto in Sicilia, credo di poter dire che questo.
Il mafioso non ha nulla di materiale, che non abbiano gli altri. Tutto ciò che lui ha la capacità di “talìare“, di guardare negli occhi l’altro, finché l’altro non abbassa lo sguardo.
veramente di gente che faceva più soldi di quanti ne potesse mai spendere ce n’era anche moooolto prima di Calvino
ritengo che ti stia confondendo un fatto antropologico con uno storico
Berlusconi è moltissimo cattolico, nel bene e nel male.
Capisco che si possono dire tante cose contro Trump, ma non mi sarei mai sognato un presidente degli Stati Uniti che parla così:
https://twitter.com/i/status/879758632434323456
Grande!